ARTE ANTICA MODERNA CONTEMPORANEA


Il Brunelleschi e l’Alberti

Pier Paolo Vaccari

Filippo di Brunellesco Lapi non ha lasciato testimonianze letterarie o filosofiche; neppure matematiche  o scientifiche; tanto meno politiche o religiose. E’ stato un architetto costruttore. La sua biografia e le sue idee le ha fatte raccontare da Antonio Manetti, collaboratore e amico, nonché architetto anch’egli (suo il bel chiostro di S. Lorenzo).

L’opera principale di Filippo è stata la cupola di S. Maria del Fiore, la più grande cupola in muratura mai realizzata (54 mt di diagonale alla base) portata a compimento vincendo grandi difficoltà tecniche e ogni sorta di ostacoli frapposti dall’incomprensione cieca e ostinata dei committenti.

Ora la cupola è là, quando apri la finestra, a darti sicurezza.

Nato ventisette anni, cioè una generazione, dopo di lui, L. Battista Alberti ha scritto di tutto e di più. E’ stato un architetto scrittore. La sua specialità erano le idee, i progetti, i sogni.  Come non poco malignamente ha osservato il Vasari, si acquista più fama a scrivere che a operare, anche perché si sbaglia di meno.

I suoi interventi architettonici in generale si fondono con opere già avviate da altri, sviluppandole in modo spesso innovativo e geniale; ma mai, che io sappia, partendo da zero.

Così nella tribuna della Nunziata dei Servi, iniziata da Michelozzo, ha fatto una cupola, pensando al Pantheon. Ma quanto più precisamente di quest’opera sia dovuto a lui, quanto a Michelozzo e quanto ad altri, francamente non sono riuscito a capirlo. Il suo è il nome più illustre, quindi il primo citato.

I lavori della tribuna sono iniziati quando sulla cupola del Brunelleschi si lavorava ancora alla costruzione della lanterna; le due opere quindi sono da considerarsi pressoché contemporanee, anche se a guardarle non sembra proprio.

Lo scorcio fotografico ne fornisce una curiosa combinazione prospettica che le sovrappone parzialmente, e nello stesso tempo le isola dal contesto urbano, come due parti di un discorso in se stesso irrisolto.

Fiumi di parole possono essere spesi intorno a quel muto dialogo.

E’ l’Alberti, naturalmente, a prendere la parola, e a riconoscere senza mezzi termini il carattere “umano”, o umanistico, della cupola brunelleschiana, quando dice: “…una struttura così grande e erta nel cielo, ampia da coprire con la sua ombra tutti i popoli della Toscana…”.

Ma è lo stesso Alberti a rimangiarsi quel primo slancio di entusiasmo e a ritornare nell’alveo delle proprie convinzioni ideologiche, precisando in una lettera successiva: “…ma quanto tu mi dici che il Manetto afferma che le cupole devono essere due larghezze alte, io credo più a chi fece Terme e  Pantheon…”.

Il dialogo rimane aperto e inchiodato, e forse sta bene così.

Ci si può anche domandare, in definitiva, quale significato possano avere per l’uomo di oggi certe vecchie diatribe.

Quasi certamente nessuno, a parte tenere aperti possibili giuochi di ruolo, e di memoria.

Dell'Autore vedi:

Fonti


Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Arte
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Aggiornamento: 09/02/2019