ARTE ANTICA MODERNA CONTEMPORANEA


CARAVAGGIO, MORTE DELLA VERGINE

Caravaggio, Morte della Vergine, Museo del Louvre

Premessa

L'opera "Morte della Madonna", conosciuta anche come "Morte della Vergine", è stata sicuramente una delle tele più contestate tra quelle realizzate da Michelangelo Merisi da Caravaggio (tra il 1605 ed il 1606, ma il contratto ritrovato alla fine del secolo scorso porta la data del 14 giugno 1601). Stessa sorte sarà destinata alla “Vergine del serpente”, del 1605.
Il dipinto è considerato il migliore compiuto a Roma dal Caravaggio, che dovrà presto fuggire dalla città, a causa dell'omicidio, compiuto il 28 maggio 1606 (cui seguirà la sentenza capitale), del caporione Ranuccio Tomassoni da Terni, in una rissa per motivi di gioco, da cui lo stesso pittore uscirà gravemente ferito.

Un dipinto scandaloso

Il dipinto fu rifiutato dai Carmelitani Scalzi che lo avevano commissionato per decorare la cappella privata della famiglia Cherubini, nella chiesa di Santa Maria della Scala a Trastevere (Roma), in quanto considerato indecoroso e sconveniente.
Secondo il Baglione, pittore e rivale di Caravaggio, il quadro scandalizzò in quanto ritraeva la Madonna gonfia e con le gambe scoperte. Da tempo in effetti il pittore - secondo quanto narra il Bellori -, spinto dal suo crescente interesse per la raffigurazione degli aspetti più realistici della natura, “cominciò l’imitazione delle cose vili, ricercandosi le sozzure e le deformità, come sogliono fare alcuni ansiosamente [...] e così nell’imitare li corpi si fermano con tutto lo studio sopra le rughe, e i difetti della pelle e dintorni, formando le dita nodose, le membra alterate da morbi. Per li quali modi il Caravaggio incontrò dispiaceri, essendogli tolti li quadri da gli altari”.

Le regole formali della committenza

Nel contratto di commissione del dipinto vi erano precise disposizioni secondo cui la Vergine avrebbe dovuto essere raffigurata rispettando sia iconograficamente che formalmente le rigide direttive controriformistiche allora vigenti, soprattutto in considerazione del fatto che l’opera era destinata ad essere esposta in un luogo sacro.
Caravaggio, che non credeva più nel valore di regole formali che contrastavano con la corruzione della chiesa romana controriformista, si dimostrò artista indipendente e coraggioso, rischiando di non essere pagato e di veder l’opera finire chissà dove (d’altra parte la sua è una pittura molto soggettiva, fuori da qualunque canone, lontanissima anche dalla composta e simbolica "Dormitio Virginis" di bizantina memoria e che al suo tempo veniva ancora dipinta nel mondo slavo).

Le innovazioni realistiche

L’opera era priva di qualsiasi attributo mistico (a parte la convenzionale aureola dietro il capo della morta). La Madonna ha la faccia livida, è ancora molto giovane (sembra la sorella della Maddalena), il braccio, steso su un cuscino, toglie ogni dubbio sul rigor mortis del corpo, il ventre gonfio fa pensare a una gravidanza, i piedi, ritratti nudi fino alla caviglia, sporgono stranamente fuori da un tavolaccio, da uno spoglio catafalco su cui essa giace (non sembra neppure un letto).
Dov’era il corpo incorruttibile della madre di Cristo? Questo sembra un cadavere del tutto scomposto, abbandonato a se stesso. Addirittura si diceva ch’egli avesse scelto una prostituta trovata morta vicino al Tevere, non reclamata da nessuno: l’annegamento può forse spiegare il ventre gonfio.
Già Mancini avanzò l’ipotesi che Caravaggio avesse ritratto una cortigiana, cioè una delle prostitute da lui frequentate, forse quella stessa Anna Bianchini, con capelli lunghi e rossi, che aveva posato per il “Riposo nella fuga in Egitto” e per la “Maddalena penitente”, morta di gravidanza nel 1604, a 24 anni. Secondo altri studiosi, invece, Caravaggio si sarebbe ispirato alla edificante vicenda di Caterina Vannini, ex prostituta ammirata dal cardinale Borromeo, morta nel 1606 per idropisia in odore di santità.

La luce

La scena è ambientata in un luogo di desolata povertà, con un'intonazione cromatica molto scura: l’illuminazione arriva da un’alta finestra a destra, scende obliquamente e colpisce le teste calve di apostoli piuttosto anziani, per poi distendersi sulla figura di Maria e sulla Maddalena china davanti a lei.
La luce, che qui rappresenta la flebile verità ancora rimasta, rende drammaticamente evidenti le espressioni dei volti, mentre scivola veloce sui corpi, relegandoli volontariamente nella penombra.
La scena sembra svolgersi su un palcoscenico, in cui vi sono elementi autentici e altri formali, convenzionali, che contrastano col dolore della morte.
Allineati verticalmente davanti al feretro, gli apostoli formano, in linea col corpo e col braccio di Maria, una croce perfetta.

Il catino

Il catino di rame collocato ai piedi degli apostoli e contenente la soluzione d’aceto necessaria al lavaggio del cadavere, da qualcuno è stato interpretato come un’inconscia attestazione di sfiducia nella resurrezione, da parte del pittore. D'altra parte qui non c'è nulla di simbolico che faccia pensare alla morte come a un "transito" verso l'aldilà.

Il drappeggio

Il tendaggio rosso cardinale, molto chiaroscurato, dal drappeggio voluminoso, lussuoso, tipicamente barocco, sollevato come un sipario sinistro, che impegna quasi metà del dipinto, sembra rappresentare un potere minaccioso, che incombe dall’alto, inesorabile, e che contrasta drammaticamente con i personaggi umili rappresentati (sono tutti scalzi), dei quali però il vero antagonista (sconfitto) è la stessa Vergine col suo vestito rosso scarlatto (ribelle, provocatorio), slacciato sul petto.
Lo stesso Caravaggio viveva in una casa molto misera, cui pare rassomigliare l'ambientazione del quadro, non tanto perché era vicino alle posizioni pauperistiche di alcuni movimenti religiosi dell’epoca, quanto perché il suo carattere aggressivo e scostante lo rendeva inviso alla cittadinanza, costringendolo all’isolamento, per quanto molti gli riconoscessero una grande capacità artistica.
Lo stesso drappeggio comparirà poi in uno dei primi dipinti ch'egli realizzerà a Napoli, la “Madonna del Rosario”.

La Vergine è il Caravaggio?

Il dolore sembra sconvolgere gli apostoli e la Maddalena, seduta su una semplice sedia, che piange a capo chino, coprendosi il volto con una mano: notevole resta il contrasto tra la sua capigliatura perfetta e i capelli completamente disordinati della Vergine, che sembra appena morta davanti a tutti gli astanti.
Molte persone anziane, barbute, semicalve, col volto rugoso, le stanno attorno (l’apostolo Giovanni, il più giovane, le è accanto in piedi, pensieroso come un filosofo); ma più che per piangere sinceramente, esse sembrano svolgere un ruolo di rito, teatrale (uno degli apostoli, tenendo i pugni sugli occhi, sembra piangere come un bambino).
Raffigurati come uomini qualsiasi, senza nulla di gradevole e sacrale, gli apostoli rappresentano la società, che si addolora, certo, però in maniera poco convincente, in quanto, durante la vita di Maria non hanno fatto nulla di veramente significativo per assicurarle un’esistenza decente, consona al valore della sua persona.
Maria insomma sembra essere lo stesso Caravaggio, che si sente abbandonato, oppresso o comunque poco apprezzato, e che si sta guardando allo specchio o come su un palcoscenico, come se per lui la vita non fosse altro che una tragedia già scritta da qualcuno.
L’unica sua consolazione non sono gli uomini ma le donne, rappresentate dalla Maddalena, che in effetti nel dipinto è quella meglio rappresentata, quella in cui il senso della drammaticità si attenua, pur essendo il soggetto molto addolorato. Lo stesso abito possiede una tonalità che più si avvicina a quello della Vergine.

Il vicende del dipinto

La tela, dopo essere stata rifiutata dai committenti, fu messa in vendita e venne acquistata nel 1607, per 300 scudi, dal duca di Mantova, consigliato dal lungimirante parere del suo pittore di corte: Pieter Paul Rubens, che la ritenne una delle opere più riuscite del pittore lombardo. Nell’aprile del 1607 prima che il quadro giungesse alla corte di Vincenzo Gonzaga, venne esposto al pubblico a grande richiesta e con incredibile successo.
Successivamente (1627–28) essa finì nella raccolta del re Carlo I d'Inghilterra e nel 1649 in quella del banchiere Iabach, che nel 1671 lo cedette a Luigi XIV per Versailles: da qui, nel 1793, dopo la rivoluzione francese, finì al Musée Central des Arts e, infine, al Louvre di Parigi.

Fonti

Testi

SitiWeb


Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Arte
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Aggiornamento: 09/02/2019