Sito della Biblioteca Malatestiana

LA BIBLIOTECA MALATESTIANA
L'AULA DEL NUTI
UN TEMPIO LAICO IN MINIATURA

Sito del Comune di Cesena


CRONISTORIA (I, II, III)

(Tutte le immagini riguardano il chiostro di s. Francesco visto da varie angolazioni)

L'idea di costruire una biblioteca, a Cesena, venne ai francescani (o frati Minori), che sin dal 1226 pare si fossero insediati nella città. Per certo però si sa soltanto che l'opera di costruzione del loro convento e della chiesa risale al 1250, in un'area di proprietà episcopale, all'epoca marginale rispetto all'aggregato urbano (contrada Trova). Papa Innocenzo IV concesse un’indulgenza di quaranta giorni a quanti intendevano dare il loro contributo ai lavori. La nuova chiesa dedicata al loro fondatore viene consacrata nel 1290 (poi ampliata nel 1368 e ampiamente ristrutturata nel 1758). Un tempo così lungo ha fatto pensare a una iniziale ostilità al progetto francescano da parte del clero e dall’episcopato locali.

All'inizio non si trattava di una biblioteca "pubblica" ma di uno studium privato (sorto sicuramente prima del 1382), ad uso dell'ordine religioso, una vera e propria scuola di teologia e filosofia, con annessa una libreria. Fu verso il 1450 che s'impose la costruzione di un nuovo edificio per conservare tutti i codici manoscritti posseduti dal convento (già nel 1445 i frati avevano richiesto ed ottenuto da papa Eugenio IV il permesso di utilizzare il lascito di un cittadino in favore della libreria).

Ed è a questo punto che entra in scena Domenico dei Malatesti detto Malatesta Novello, signore della città, fratello di Sigismondo, che regnava in Rimini e dintorni. I Malatesti avevano preso possesso della città sin dal 1379, esattamente due anni dopo lo spaventoso massacro della popolazione, perpetrato dalle soldatesche del cardinale di Ginevra (Sacco dei Bretoni), che avevano ridotto la città in macerie.

Malatesta Novello, che nella seconda parte della sua vita si dedicò esclusivamente alla valorizzazione dell'arte e dell'architettura della città, volle intervenire sin dall'inizio nella progettazione della biblioteca, avendo intenzione di donare all'edificio tutti i codici che aveva fatto scrivere dai suoi amanuensi privati. (Da notare che pochissimi codici sono riferibili direttamente alla committenza della famiglia Malatesta, precedentemente a Novello).

Si decise di ingaggiare lo stesso architetto umbro-marchigiano, Matteo Nuti, che stava lavorando alla costruzione del Tempio Malatestiano di Rimini, sotto la direzione dell'Alberti.

La biblioteca fu terminata nel 1452, dopo circa un quinquennio di lavori: in pratica fu il prolungamento dell'ala orientale che separava i due chiostri e che conteneva il refettorio e il dormitorio dei frati.

Allora si chiamava "Libreria di S. Francesco" o "Libraria Domini" (l'opera "umanistica" del principe di Cesena), e ci vollero altri due anni per la sistemazione dei codici e la realizzazione del portale in noce, sicché solo nel 1454 il nuovo studium poté essere aperto al pubblico. Il portale, in particolare, aveva la caratteristica di poter essere aperto solo con una doppia chiave, di cui in origine una spettava al Comune, proprietario della biblioteca, mentre l'altra veniva affidata ai francescani, gestori a tutti gli effetti della stessa.

La biblioteca Malatestiana viene anche definita "prima biblioteca civica italiana", ma è impossibile sapere con esattezza, a causa della quasi totale dispersione dell'Archivio privato Malatestiano, quando Malatesta Novello decise di legare la biblioteca alla dipendenza amministrativa del Comune. Dai documenti rimasti dell'Archivio comunale si può pensare sin dagli anni '60 del Quattrocento.

Inoltre il testamento di Malatesta Novello (redatto a Venezia nel 1464) affida di diritto alla sorveglianza del Comune la biblioteca, ritenendo che con ciò fosse possibile assicurarne una migliore valorizzazione. In questa decisione egli fu senza dubbio molto lungimirante, se si pensa p.es. che la biblioteca del convento di S. Marco a Firenze, consegnata da Cosimo de' Medici ai domenicani, e ricostruita in seguito a un terremoto nel 1453, ha in gran parte disperso il proprio fondo librario.

Novello lasciò 100 ducati annui in perpetuo al convento per l'acquisto di nuovi libri e per altre spese; garantì al lettore dello studio una somma di 30 ducati annui a favore di 10 studenti indigenti, laici o ecclesiastici, di Cesena o forestieri, che volessero studiare nella biblioteca una qualunque delle discipline universitarie dello Studio ivi annesso (teologia, medicina, giurisprudenza, grammatica...). Queste opere meritorie scomparvero già verso la metà del Cinquecento.

Lo stesso Studio, trasformato in Università, si trasferiva in altra sede, continuando un'esistenza stentata per oltre due secoli, finché Napoleone non lo chiuse. Solo la biblioteca resistette. L'ambito conventuale aveva raggiunto il suo massimo sviluppo durante la Controriforma del Seicento: già alla fine del XVII secolo erano iniziate le demolizioni.

Le funzioni affidate al Comune erano quelle di controllo dell'integrità del patrimonio librario (che si verificava, in maniera rigorosa da parte del Consiglio degli Anziani, ogni bimestre); di inventariazione dei codici (gli inventari eseguiti nel 1461 e nel 1474 sono ora dispersi); di controllo minuzioso dei prestiti; di manutenzione dell'edificio; di assunzione del custode-bibliotecario scelto tra i frati francescani, coadiuvato spesso da due probiviri del gruppo consiliare (questo perchè il lavoro del custode era considerato particolarmente importante e delicato, tant'è che vi furono casi di licenziamento).

Il Comune ottenne da papa Paolo II nel 1466 che la biblioteca fosse dichiarata "inamovibile" e venisse scomunicato chiunque ne asportasse o trafugasse i preziosi codici. Ciò tuttavia non impedì che alcuni codici venissero dati in lettura ad alti prelati, in cambio del versamento di cospicue cauzioni.

Nove anni dopo la morte di Malatesta Novello il suo medico personale, il riminese Giovanni di Marco, lasciò alla bblioteca la propria raccolta libraria, costituita da ben 119 codici.

I rapporti tra i frati francescani e il Comune, per la gestione della biblioteca, a volte furono piuttosto tesi. P. es. nel 1671 i frati non vollero più consegnare, come di regola, al Comune una delle due chiavi della Malatestiana e in conseguenza a questo fatto il Comune cessò i finanziamenti in favore della biblioteca.

Il motivo della diatriba era che i frati volevano rimettere in discussione i diritti di proprietà del Comune. La tregua fu ottenuta grazie all'intervento di alte gerarchie romane, che promisero ai frati una cattedra di teologia presso l'università attigua.

Va detto che lo stipendio del bibliotecario era piuttosto misero: nella seconda metà del Seicento era di 12 lire l'anno (contro p.es. le 240 lire di un medico condotto). Non solo ma il bibliotecario, per poter esercitare il suo mestiere, doveva versare un'adeguata cauzione o fidejussione.

La querelle comunque si trascinò sino all'arrivo, nel 1797, delle truppe napoleoniche, che permisero al Comune di ripristinare la propria sovranità.

Tuttavia i francesi decretarono la soppressione di alcune congregazioni religiose, tra cui quella francescana, e la chiusura dei rispettivi conventi. Questo provvedimento fu una tragedia per la biblioteca: il convento dei frati Minori fu infatti trasformato in una caserma.

L'Aula del Nuti, sgombrata dai banchi e dai libri, fu imbiancata con una mano di calce e adibita a dormitorio per le truppe; al piano terra il refettorio fu trasformato in stalla per i cavalli.

I banchi e i libri, depositati provvisoriamente, durante l'occupazione francese, presso l'ospedale di S. Tobia, poterono tornare alla loro sede naturale solo nel 1804. Purtroppo due splendidi incunaboli (ora alla biblioteca nazionale di Parigi) furono sequestrati nel 1797 per ordine del generale Berthier (uno di essi era la magnifica Cosmographia di Tolomeo, il primo atlante edito in Italia, stampato a Bologna con la falsa data del 1462; l'altro era l'Ortographia dictionum del Tortorelli).

Nel 1812 le spoglie di Malatesta Novello furono traslate dalla chiesa di S. Francesco al centro della parete di fondo della biblioteca, sotto il rosone, accompagnate dalla epigrafe marmorea: D(IS) M(ANIBUS) S(ACRUM) / PRINCIPUM / MALATESTAR(UM) / SENIORIS NOVELLIQUE / CINERES QUOS DOMI / ET FORIS / CLARISS(IMA) VIRTUS / CAELO DICAVIT.

Forse solamente da questo momento la Libraria Sancti Francisci, come veniva chiamata, divenne a tutti gli effetti Libraria Domini.

La chiesa di S. Francesco fu talmente danneggiata dai soldati acquartierati che nel 1842-44 dovette essere definitivamente abbattuta (l'abside, le testate laterali con due monofore vennero inglobate nella casa Bufalini) e al suo posto si fece la piazza, dedicata nel 1883 a Maurizio Bufalini.

Dei due chiostri solo uno, e solo in parte, s'è conservato: quello detto attualmente i s. Francesco, la cui costruzione terminò dopo la morte di Novello. E' di forma quadrangolare, con lati di 12 e 14 campate con archi a tutto sesto, sostenute da eleganti colonne.

I muri dell'Aula furono scrostati dalla calce solo nel 1926. Si approfittò del restauro per togliere ai banchi la brutta vernice nera con cui in precedenza si era ritenuto utile proteggerli. Fu rimesso a nudo il cotto delle colonne semiperimetrali e alle finestrelle gotiche rimessi i vetri di Murano.

Proprio a questo periodo risalgono i primi dati scientifici sulla storia architettonica del monumento e il primo fondamentale contributo storico-descrittivo fu quello di Augusto Campana.

Altri studi significativi hanno trovato pubblicazione in Atti di Convegni: quello per il V Centenario della Malatestiana (1947-48/1952-54), quello internazionale "Libraria Domini" (1989) e quello del marzo 2003, "Il dono di Malatesta Novello".

La biblioteca Malatestiana è impegnata dal 2003, in collaborazione con l'Università di Cassino, in un progetto ambizioso che intende mettere on line descrizioni catalografiche, bibliografia e immagini di 429 antichi manoscritti, consultabili sul sito internet www.malatestiana.it


Si ringrazia per la collaborazione la vicedirettrice della Biblioteca Malatestiana Paola Errani.
La musica è tratta da Intabulatura di Valentin Bakfark (1507-76), arrangiata da Harald Lillmeyer

Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Arte
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Aggiornamento: 01/11/2006