ARTE ANTICA MODERNA CONTEMPORANEA


L’arte del Gandhara

Monaco buddhista. Arte del Gandhara, forse I secolo d.C.. Museo archeologico di Milano.

Dario Lodi

Il Gandhara era una regione antica posta fra Pakistan e Afghanistan. Ebbe un grande sviluppo dal II sec. a.C. al II d.C. dovuto alla contaminazione ed elaborazione di varie civiltà nella regione, con la presenza della novità assoluta di quella greca.

Un legame fra Occidente e Oriente così stretto si ebbe grazie all’impresa di Alessandro Magno che quasi a metà del IV sec. a. C. diede il via a una delle maggiori invasioni della storia e sicuramente alla più notevole. Secondo gli storici antichi, (Diodoro Siculo, Callistene, Giustino) Alessandro partì dalla Macedonia con soli 40.000 soldati e conquistò tutto il mondo antico in pochi anni, morendo poco più che trentenne, forse di veleno, al culmine della sua gloria. I suoi soldati arrivarono sino alle foci del Gange e quindi iniziarono la ritirata.

Ma intanto si era materializzato il mondo ideale dei Greci ed era avvenuta una prima globalizzazione civile. La missione alessandrina aveva portato ovunque la superiore mentalità dei greci che ovunque aveva attecchito o comunque condizionato il corso del futuro di quella popolazione. D’altro canto, la precedente dominazione persiana era vista come un residuo di antichi imperi orientali con un re e un sistema di vassallaggio primitivo, schiavistico.

La disaffezione verso il sistema si era manifestata chiaramente nelle grandi battaglie di Dario III contro Alessandro, soprattutto in quella determinante di Isso (per gli storici moderni, nei pressi dell'attuale Alessandretta in Turchia) dove 30.000 macedoni combattenti effettivi si videro contro 400.000 avversari (Diodoro Siculo, Giustino) ridotti a 100-120.000 combattenti effettivi per la fuga precipitosa degli altri. Arma vincente dei persiani fu la cavalleria, dotata della micidiale “sarissa” (una picca lunga sino a 6-7 metri manovrata da abili cavalieri). Per la mentalità del tempo, le battaglie venivano combattute quasi esclusivamente dalla fanteria e consistevano invariabilmente nel tentativo di aggiramento dell’avversario con lo scopo di circondarlo impedendogli fughe e aiuti dall’esterno.

Alessandro aveva invece coniato un metodo di battaglia basato sulla “falange”, una formazione a cuneo lanciata a cavallo contro il centro della formazione nemica per sconcertarla e obbligarla alla fuga. Vero scopo dei Macedoni era di disperdere l’esercito nemico più che di massacrarlo (cosa peraltro impossibile data la cronica differenza del numero dei combattenti da una parte e dall’altra, nettamente a sfavore dei Macedoni). La novità combattiva ebbe un rapido successo. La vittoria ad Isso diede ad Alessandro la chiave dell’Asia.

Il condottiero macedone decise di percorrerla tutta. I suoi generali lo obbligarono a non andare oltre l’India del Nord e ad iniziare la marcia di ritorno. L’impresa di Alessandro fece da spunto alla concezione ecumenica romana del Circolo degli Scipioni (metà II sec. a.C.) e più tardi quella dell’impero romano, sebbene, nel secondo caso, animata più da interesse speculativo materiale che da spirito di uguaglianza: si ricordi l’Editto di Caracalla del 212 d.C. che dava la cittadinanza romana a tutti i popoli soggetti a Roma: la finalità autentica era di far pagare le tasse a tutti e allo stesso modo.

Indubbiamente l’intento di Alessandro non era dissimile dall’ottenimento del solito dominio sul prossimo e relativo sfruttamento, ma egli, pur barbaro, portò la voce sublime della Grecia nel mondo, cosa che lo fece cambiare. Questa voce fu udita e il suo suono apprezzato persino in India, com’è provato dall’Arte del Gandhara. Tutto questo porta il nome di “Ellenismo”, termine coniato nell’Ottocento dallo studioso tedesco Johann Gustav Droysen.

L’arte indiana basata sul buddhismo non ha età, è uguale per secoli perché scopo dell’artista è di ripetere come un mantra apparentemente monocorde l’insegnamento del Maestro: esso non viene neanche sublimato, ma proposto come una sorta di testimonianza della sua comprensione.

Non è così, le problematiche avvengono all’interno dell’animo del buddhista, ma sono problematiche di natura esecutiva e non interpretativa: cioè come recitare alla perfezione le regole del Buddha.

Altra cosa è l’espressione greca, dove esiste una problematicità intellettuale e quindi una continua revisione dell’opera proposta: il fenomeno avviene all’esterno e, quando la tensione è perfetta, si ripercuote all’interno, facendo migliorare l’espressione (Michelangelo dirà che il vero artista deve recuperare il soggetto nel marmo, recuperare la sua immagine e il suo spirito).

Nella regione del Gandhara, oltre agli influssi artistici iraniani, ci furono, come conseguenza della pur fulminea occupazione militare macedone, influenze greche che portarono la statuaria ad una maggiore grazia, ad una straordinaria levigatezza delle opere e ad una loro maggiore capacità rappresentativa della “fede” buddhista.

D’altro canto, la religiosità buddhista evitò alle opere del Gandhara contenuti intellettualistici eccessivi. Rimangono prove di un’arte assolutamente singolare fatte di spiritualità genuina e profonda con il corredo di un’insuperabile grazia esecutiva dovuta certamente alla mentalità greca. Il connubio porta a gioielli artistici di raro splendore e di preziosa raffinatezza.

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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Arte
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Aggiornamento: 09/02/2019