ARTE ANTICA MODERNA CONTEMPORANEA


I Nirvana: la coscienza coerente della propria contingenza

I Nirvana e la crisi del capitalismo

L’importanza dei Nirvana sta nel fatto che meglio di chiunque altro hanno espresso il rapporto tra musica e società, e dunque la natura di questa società negli anni ‘90. Cobain è stato il più coerente cantante degli anni ‘90. Quando si dice che le regole dello show business attuale costringono i cantanti/musicisti a pochi anni di gloria, si descrive il fenomeno in modo idealistico. È la società stessa a costringere gli artisti a bruciare come un foglio di carta, alla velocità della luce. Cobain, a differenza degli altri, è stato cosciente sin dal primo momento che la sua carriera sarebbe durata pochissimo. La differenza con gli altri è che quasi tutti i gruppi preferiscono sopravvivere a se stessi e vanno avanti stancamente, ripetendo sempre le stesse cose per anni. Parlando di suicidio, di depressione, di rabbia senza crederci e senza nemmeno riderci sopra. Cobain, una volta resosi conto, con Nevermind, di aver dato quello che poteva alla musica, ha deciso di farsi da parte in modo definitivo. Non per nulla scrisse: “Meglio andarmene con una vampata che morire giorno dopo giorno”. Pensa ai testi degli Whitesnake: sempre le stesse frasi da vent’anni.

I testi dei Nirvana sono allucinati, realisti come sono realisti i libri di Calvino, che riescono a rappresentare questo periodo parlando di baroni e cavalieri. Certo, tecnicamente parlando i Nirvana non hanno segnato nessuna svolta nella musica. Ma sarebbe come dire che la carta su cui Dante ha scritto la Divina Commedia era molto fragile e a buon mercato. Con questo non voglio dire che la tecnica impedisca la rappresentazione artistica. Hendrix, che è forse stato il più grande chitarrista rock della storia, ha rappresentato degnamente il suo tempo, e la sua famosa distorsione elettrica dell’inno americano rappresenta i soldati americani in Vietnam meglio di qualsiasi trattato politico. Ma all’artista non serve per forza la “tecnica” per comunicare. La questione centrale è che nessun gruppo, nessun artista può, in questo periodo di crisi profonda del capitalismo, sperare di coprire un’intera epoca, e neanche un intero decennio, forse a malapena qualche anno. Il capitalismo attraversa una crisi epocale e sconvolgimenti continui. Questo non vale soltanto e meccanicamente, per questa epoca. C’è anzi una ovvia tendenza alla ripetitività anche nell’arte.

Questa tendenza ha varie componenti, sia spicciole (stabilizzazione del proprio pubblico) sia ideologiche (nessuna spinta a dire cose nuove). Così anche i Van Halen fecero un album eccellente, il primo (1978), e poi continuarono a ripetersi senza sosta. Ma in questa epoca questa non è solo una tendenza, ma un’inevitabile caratteristica del vero artista. Un artista che voglia rimanere fedele al suo tempo deve dunque attraversare anche lui sconvolgimenti continui, e in questo Cobain è stato addirittura impeccabile. Forse, come aveva capito, ogni gruppo può permettersi solo un buon disco, tutta la sua creatività artistica può al più aspirare a stare comoda in un disco. Questo deriva, come detto, semplicemente ma non meccanicamente dalla crisi della società. Negli anni ‘50 la vita della maggior parte degli occidentali era una bella autostrada ampia e confortevole e agli artisti non serviva che celebrare questa autostrada per rappresentare degnamente il proprio tempo.

Negli anni ‘90 i più lungimiranti possono sperare di sapere cosa gli succederà a fine anno; molti a malapena immaginano cosa faranno il giorno dopo. Come può un artista sperare di rappresentare una realtà così mutevole senza bruciarsi anche lui? Il merito dei Nirvana è stato quello di buttarsi nel fuoco del reale, piuttosto che commentare da lontano il nostro mondo. Così sono durati meno di tanti altri, ma hanno dato un senso alla propria musica, una cosa che nel 99% dei gruppi e dei cantanti di oggi non esiste o appena affiora dalle loro cose migliori. Non ho dubbi che della stragrande maggioranza dei gruppi che vanno avanti a suonare dagli anni ‘80, fra qualche decennio nessuno sentirà parlare, mentre i Nirvana rappresenteranno sempre un punto di riferimento, artisticamente parlando (e non tecnicamente). In questo possiamo accostarli a Hendrix, ai Doors, al blues. La differenza con molta musica anni ‘70 è che lì si respira spesso l’atmosfera annoiata e stucchevole di qualche riccone svegliato bruscamente dalle nuove vampate della lotta di classe. Nei Nirvana c’è molta più disperazione, ma la noia, che pure è descritta, non ha niente a che vedere con Morrison che si spoglia in pubblico, piuttosto è terrore di fronte al futuro, è la fucilata che Cobain si è, in piena coerenza e coscienza, sparato addosso.

Se i Nirvana fossero ancora tutti vivi sarebbero diventati qualcosa come i Green Day. Poiché Cobain non ce l’ha fatta, questo mutamento di attitudine ha dovuto prendere corpo in un altro gruppo. Prevedere cosa sostituirà i Nirvana è ben difficile. Possiamo solo notare che nella musica, come nella scienza, nella società e nella natura, ci sono improvvise rivoluzioni e poi un “band wagon” di imitazioni, di “sound alla” che ripetono in forma manieristica le caratteristiche rivoluzionarie del tempo. Sebbene a noi interessi comprendere le determinanti delle rivoluzioni, non bisogna fare l’errore di credere che nulla si possa salvare del periodo di maniera. Proprio come nella scienza i periodi “normali” (according to Kuhn) hanno un’importanza notevole.

La parabola dei Nirvana

Cobain non suonava per diventare famoso, per questo se n’è sempre fregato della qualità tecnica del proprio lavoro. Scelse di essere prodotto da una casa seria solo per poter far arrivare la propria musica al pubblico, ma si rese subito conto che la faccenda gli sfuggiva di mano “ed eravamo ormai in preda allo show business”. Con il tour in Italia i Nirvana sono finiti. Cobain non accetta di diventare una macchina per fare soldi, il successo gli ha tolto entusiasmo e sincerità. La musica non gli sembra più sincera. Potrebbe rinunciare alla musica, ma in un certo senso sarebbe come disconoscerla. Preferisce tenersi la musica e rinunciare alla vita.

Kurt Cobain

Socialmente parlando Cobain è l’esegesi del proletario agiato americano (che coerentemente si sente un piccolo borghese), con genitori separati e nessun futuro davanti. Da quanto si può capire Cobain era di base un introverso depresso, ma la separazione dei suoi ha agito come definitiva forza di disgregazione. A 17 anni Cobain era di fatto già uno sbandato, che lavorava essendo stato cacciato di casa (siamo nell’84). Fra l’altro il fatto che fosse costretto a vagare da un parente all’altro mostra chiaramente che i suoi dovevano avere dei seri problemi. È difficile sapere, da lontano e dal di fuori, come i caratteri dei genitori abbiano agito sul giovane Kurt. Una cosa però è trasparente: nella sua testa l’inadeguatezza sociale e personale si esprime da subito come una inadeguatezza sessuale, ovvero di ruolo del sesso a cui si appartiene nella società.

Cobain scrive che da adolescente pensava di essere gay. La mia opinione è che in lui questo significava solo che aveva un barlume di coscienza di quanto, ragazzi e ragazze del suo tempo e del suo paese, fossero inadeguati alla propria realtà, nel senso di alienati e incapaci di reagire. Questa tematica del sentirsi donna nel senso di fuori posto, alienato, ricorre spesso nei testi, come vedremo. Il ricorso alle droghe è quasi scontato. In Cobain questo non è solo un espediente artistico per accelerare la creatività, ma la semplice continuazione della propria vita. L’unica cosa che lo differenziava dalla maggior parte degli altri ragazzi è che Cobain eccedeva sempre, non si poneva mai un limite nelle sue assunzioni, piuttosto preferiva che esse limitassero lui.

Pensando a quanti famosi cantanti e musicisti sono finiti male per la droga (Hendrix, Morrison, Bolin, Bonham ecc. ecc.), non ci si dovrebbe sorprendere della vita che Cobain conduceva. Indubbiamente le testimonianze della moglie lasciano supporre che Cobain aveva un fortissimo senso di autodistruzione che si manifestava in una totale incoscienza nell’assunzione di droghe. Cobain non voleva solo sperimentare o uscire di testa, voleva proprio che le droghe gli riempissero ogni angolo di vita, arrivando in ogni parte del suo corpo. Eppure Cobain non è morto di overdose o di un cocktail farmacologico, ha deciso coscientemente di spararsi. Questo fa una differenza rilevante. Penso che se si fosse chiesto a Jimi Hendrix se voleva o no morire, la sera che il proprio vomito lo soffocò, la risposta sarebbe stata inequivocabilmente no grazie. Non così con Cobain: il ragazzo ha preso una decisione cosciente, con sua moglie che lo aspettava fuori dalla stanza.

Cobain decise coscientemente di fare una musica che si rivolgesse a chi soffre, nel senso di chi dalla realtà quotidiana ha solo calci in culo, mentre il rock standard narra di avventure di coglioni che scopano con troiette e di coglioni delusi dopo che hanno scopato con le troiette di prima. Sebbene non mi sembra che il cinismo sia riscontrabile nei testi dei Nirvana, è comunque indubbio che Cobain non arrivò mai a un livello seppur minimo di coscienza sociale, restando sempre un semplice pittore della atroce realtà che aveva davanti.

Analisi dei testi

Concludiamo con questo. La validità e la forza dei testi di Cobain risiedono proprio in una totale incoscienza politica. Cobain è quanto di più lontano si possa pensare dall’artista engagé, legato a una qualche ideologia, figurarsi poi a un’ideologia socialista. Nei testi la parola comunista appare due volte, in due canzoni che sono una lo sviluppo dell’altra, sempre connessa a quella di padrone (curioso!) e comunque i riferimenti sociali sono sempre e solo indiretti. Ma attenzione: indiretti non significa affatto deboli o incolori, tutt’altro, significa ancora più chiari e incisivi, proprio perché astratti. Cobain non è Bruce Springsteen che si incarica, onorevolmente, di rappresentare coscientemente quello che pensa la classe operaia. Cobain pensa sinceramente di avere qualcosa di interessante da dire alla gente che lo ascolta, ma non sa che ha ragione solo in quanto essi prima hanno detto qualcosa di significativo a lui, e lui lo ha trasformato con la capacità artistica espressa in musica.

Bleach:: il primo album. Già ricco di tutti i temi poi sviluppati in seguito.

- Blew (sniffata): la vergogna per quello che si è, una vergogna disperata e senza nessuna possibilità di redenzione. La canzone si chiude notando: “You could do anything” (ovvero: non potresti farci niente).

- Floyd the barber: la connessione tra shaved e shamed è curiosa. Potrebbe indicare l’umiliazione endemica dei rapporti tra le persone e dunque la presenza, anche in un gesto così familiare e comune come andare a farsi tagliare la barba, di una relazione di umiliazione. Potrebbe anche essere la rappresentazione del rito del riconoscimento dell’adulto che Cobain rifiuta. Questo spiegherebbe la presenza che Cobain “intuisce” di suoi parenti che “fanno a turno per farmi a pezzi” fino a ucciderlo. Nota il verbo to take turns, che è comune.

- About a girl: tutto si condensa all’inizio: ho bisogno di un amica tranquilla che mi stia a sentire. Ma guarda caso questa amica non si può vedere gratis (modo molto poetico per parlare della prostituzione).

- School: non ho ancora capito che cosa intenda qui per “mia scuola”. Escludo che sia semplicemente la propria persona, ma forse invece è proprio un’allusione complessa a un rapporto omosessuale.

- Love buzz (mormorio amoroso): sembra che lo scapestrato Cobain non esprima i propri sentimenti con forza e violenza. Anzi, chiede se la donna riesce a sentire il suo love buzz. Il rapporto si caratterizza così: non mi ingannare, ti prego, quando ti ferisco. Una richiesta di esprimere sempre quello che si pensa. Una richiesta di avere un rapporto vero.

- Paper cuts (palle di carta): la canzone parla evidentemente di Cobain come carcerato. È l’unica canzone dove si cita la parola Nirvana e molto spesso, si parla anzi di diritto al Nirvana. Con ciò intendendo ovviamente che il nome del gruppo ha una diretta origine nell’atarassia, nel distacco che la filosofia del nirvana implica. Nota questo pezzo: I see others just like me/ why do they not try to escape?”, perché non cercano di scappare?, eppure sono come me. Poiché questo è un carcerato che parla di uomini liberi, Cobain sta dicendo che la vita degli uomini “liberi” è un carcere, e non si spiega perché gli uomini non cerchino di sfuggirla. La galera è una spiegazione “tecnica”, meccanica dell’impossibilità di fuggire a questa vita. Ma fuori dalla galera cosa ferma la fuga? Questo Cobain non può chiederselo.

- Negative creep: Cobain si da del balordo, “negative creep”. Nota due frasi: quella iniziale “questo è fuori dalla nostra portata” e quella finale “la bambina cocca di papà non è più una bambina”.

- Scoff (derisione): comincia dicendo “In my eyes, I’m not lazy”, ovvero io non mi vedo pigro. Più avanti si vedrà ancora il tema della pigrizia. Le “qualità” che si enumerano alla fine: ne guarisce ne uccide, ne saggia ecc., un milione, è per me un giudizio sulla droga in genere.

- Swap meet: una palese presa in giro dei borghesi, soprattutto della media borghesia professionale, probabilmente quella che Cobain ha visto più da vicino. Ma se dal lato sociale Cobain li deride, li comprende però nei loro affetti, che sembrano uguali ai suoi. Anche loro infatti “tengono le loro amarezze vicino al proprio cuore”.

- Mr. Moustache: forse anche questa è un attacco alla borghesia. Strofa memorabile: “wake me up with indecision”, svegliami con indecisione

- Sifting: le frasi rovesciano verità acquisite (“che il sole senta freddo non sarebbe divertente?”), ma sembra che la parte finale, con un “non ho niente per te”, neghi la possibilità di un rovesciamento che “sarebbe divertente” ma non è possibile.

- Big chesse: per me si riferisce alla attività lavorativa di Cobain. Così “il mio capo” sarebbe proprio il suo vero vecchio capo. Cobain però appare confuso: “il nero è nero” (forse il colore della pelle) “eravamo nemici” (coi neri? o col capo?), “ma cosa sono io?”.

- Downer: e non può mancare ovviamente un testo sulla depressione. Il testo però non esprime affatto una depressione individuale, elitaria. Non è il “re lucertola” di Jim Morrison, ma è la depressione di una generazione. L’inizio è splendido: “mostrati sincero, agisci con slealtà”, e prosegue “difendi la tua vera patria” ovvero “distribuisci lobotomie”. La seconda strofa è ancora più incisiva: “infido pessimista, maestro di ipocrisia, comunista conservatore, bastardo apocalittico” (ma forse i quattro termini della seconda frase sono da intendersi staccati: “conservatore, comunista, apocalittico, bastardo”).

Comunque sia nella mente di Cobain si formano questi poli che lui unifica: conservatore-comunista. Dice ancora “non sentirti colpevole del destino che il padrone chi ha dato” e finisce “qualcuno ha detto che non assomigliano molto a me/ Io so di poter inventare abbastanza parole che tu possa seguire/ Io affondo e poi qualcosa avverrà”. Che tutto ciò si riferisca alla situazione di una generazione di proletari americani mi sembra scontato. Si tratta di vedere cosa vuole dire Cobain. Sa di poter dire qualcosa a qualcuno, qualcosa “to follow along”, fa ironia sulla vita “da privilegiato” che deve fare. Non ci si spiega l’accenno al comunista. Si riferisce a dio? A quello che per difendere la patria distribuisce lobotomie? Al padrone che ci ha dato il destino? Probabilmente nemmeno Cobain lo poteva sapere, non aveva un grado così elevato di coscienza. Sa solo che affonda ma qualcosa rimarrà.

Nevermind: è sicuramente l’album migliore, quello decisivo. Lo stesso Cobain riteneva che fosse il culmine della propria carriera e della propria creatività. I brani sono tutti significativi e rilevanti, ma ritengo che i due testi fondamentali, quelli che rappresentano il culmine artistico (e musicale) del gruppo siano Smells like teen spirit e Lounge act.

- Smells like teen spirit: il titolo rappresenta già tutto. L’artista non si “sente” o non “sente” adolescente/i, piuttosto sente “odori” di adolescenti, come se la qualifica di giovane fosse desumibile solo indirettamente, per via olfattiva anziché diretta. “Lei è ultra-annoiata e piena di sé”, ma questa strofa è veramente l’apogeo: “I’m worse at what I do best/ and for this gift a feel blessed”: sono peggiore in ciò che faccio meglio e per questo dono mi sento benedetto. Quale splendida contraddizione racchiude questa frase! Il ritornello è anch’esso significativo: “how low?”, ci si chiede. Non meno significativa la seconda strofa che riprende il tema della confusione, dell’incomprensione di quello che fa bene o è bello, della difficoltà di decidere e mantenere la decisione, e comunque Cobain taglia la testa ancora confusa al toro che pensa: “whatever, never mind”, qualsiasi cosa fosse non è importante, tanto per noi fa lo stesso.

- In bloom: qualche nota di pessimismo e perfino di cinismo. “Vendi bambini per mangiare”, “La natura è una puttana”, incoscienza del significato dei rapporti sessuali.

- Come as you are: sebbene sia una canzone relativamente tranquilla e piacevole, non può non inquietare la strofa finale che anticipa la fine di Cobain: “No, I don’t have a gun”, con una negazione a se stessi evidentemente inutile.

- Breed: qui la depressione arriva a una qualche forma di coscienza. Dopo aver ripetuto svariate volte che non importa, l’autore nota: “i don’t mind, if I don’t have a mind” (bel gioco di parole per dire “non mi frega di non avere cervello”), che significa: a questa società non interessa che io abbia cervello.

- Lithium: quasi un’ammissione di schizofrenia: “Sono veramente felice perché oggi ho trovato i miei amici; sono nella mia testa”.

- Polly: una specie di resoconto di gesta sessuali a sfondo sadico.

- Territorial pissing: due strofe memorabili: “Non ho mai incontrato un uomo saggio; e semmai era una donna” e anche “solo perché sei paranoica; non significa che loro non sono sulle tue tracce”, che significa solo che neanche “fingendosi pazzi” o diventandolo davvero (cioè drogandosi, alienandosi ecc.) si può sperare di sfuggire alla situazione.

- Drain you: da quanto si capisce una rivisitazione a sfondo autobiografico.

- Lounge act: personalmente la ritengo la migliore canzone del gruppo. L’unica che valga perfino musicalmente qualcosa. Emana poesia notevole da ogni strofa. Queste due strofe sono sublimi: “I can’t let you smother me/ I’d like to but it wouldn’t work” (non posso lasciare che tu mi soffochi/ mi piacerebbe ma non funzionerebbe) che esprimono l’esteriorità delle forme morali che perfino Cobain è costretto a darsi nei suoi rapporti, e comunque “non mi pento di nulla”. Sebbene la canzone parli di pigrizia, le parole cercano di lottare contro questa pigrizia che sembra più impotenza: “Non dirmi quello che voglio sentire” e “volevo più di quanto potevo rubare”. Notevole anche il brano finale: “Abbiamo fatto un patto/ per imparare da chiunque vogliamo/ senza nuove regole/ metteremo da parte quello che è perso/ e quello che è venuto su”. L’unica cosa che rimane da spiegare è la persistenza dell’odore. Potrebbe essere un riferimento al primo brano o anche una prova sensibile dell’influenza.

- Stay away: nota la frase “Preferirei essere morto che freddo”, una specie di testamento, visto ora.

- On a plain: una serie di autoaccuse alquanto strampalate, ma con una logica. Cobain si rimprovera: la droga, l’egoismo, l’insincerità. Ma poi rigetta tutto: “Cosa cazzo sto cercando di dire? È tempo di renderlo poco chiaro/ di cancellare versi/ che non hanno senso”, ovvero una critica alla vena artistica già in fase calante.

- Something in the way: forse una caricatura dei propri fan.

Incesticide

- Dive: una descrizione sessuale? Comunque delicata.

- Sliver: semplicemente la descrizione della separazione familiare e dell’abbandono a cui Cobain dovette sottostare.

- Stain: tutta la canzone è una descrizione di uno sfigato che nell’ultima strofa viene invece identificato come sé.

- Been a son: questa canzone rappresenta benissimo il problema dell’inadeguatezza come “sbaglio” di sesso di cui dicemmo. Ogni strofa è un errore di inadeguatezza della donna e la fine, assolutamente coerente, è “Sarebbe dovuta essere un figlio maschio”. È anche autobiografica, nella misura in cui in Cobain il tema dell’omosessualità e dell’inadeguatezza si rispecchiano.

- Turnaround: è anch’essa fortemente autobiografica e si riferisce proprio al momento in cui viene scritta. La svolta è quella della casa discografica “the’re gonna try and get behind of you” (vogliono farti fare quello che non vuoi) ecc. Cobain si ribella alle costrizioni commerciali e l’unica soluzione che vede, e che poi realizzerà, è “Esci dal pianeta”, più chiaro di così!

- Molly’s lips: no comment needed

- Son of a gun: ncn

- NW Polly: come l’altra sempre su Polly.

- Downer: ha un testo che è molto simile, come assonanze, all’altra canzone con lo stesso titolo e un testo simile e ne rappresenta un’evoluzione contenutistica. Qui l’accento sociale è ancora più acceso: “Non essere colpevole di grandi sommosse”, e “Society of pessimists/ stricken to masters/ Suffered as communists/ Apocalyptic bastards/ Thinking he was God/ Putting me on this earth…”. Tutto ciò significa: “società di pessimisti sottomessa ai padroni”, e qui è chiaro che più chiaro non si può, “diabolici (o sofferti) come comunisti” (ovvero la confusa mente di Cobain riesce a vedere i padroni come nemici e dunque li paragona ai classici nemici americani, i comunisti); “credendo che fosse dio mi ha messo su questa terra” (forse un riferimento al padre). Tutto il testo è una desacralizzazione della religione e anche del proprio mito.

- Mexican seafood: un riferimento al proprio stato fisico.

- Hairspray queen: l’invidia tra donne?

- Aero zeppelin: un altra presa in giro dei fan, con un riferimento chiaro nel titolo a un gruppo classico da fan.

- Big long now: ncn

- Aneurysm: ncn

In Utero

- Serve the servants’: ovvero Cobain costretto a obbedire ai servi del mercato. Qui Cobain ha raggiunto una chiara coscienza di aver finito la propria vena poetica. Infatti il brano si apre così: “L’angoscia adolescenziale mi ha dato il benservito/ adesso sono vecchio e annoiato” (e questa è la dichiarazione su se stesso), “giudici autonominati sentenziano più di quello che hanno venduto” (e questo è contro i manager).

- Scentless apprentice: ncn

- Heart- shaped box: nuovi inevitabili lamenti.

- Rape me: a occhio e croce una disperata analisi della propria relazione.

- Frances Farmer…: ancora problemi con casa discografica e donna. Ma nota questo brano “I miss the comfort in being sad” che significa sia che non ha più la tristezza come musa, sia che non prova più un piacere autolesionistico a farsi guidare dalla tristezza.

- Dumb: tutta la canzone è un tentativo di dimostrare a se stesso che la vita come è va bene e si conclude come deve: “Penso di essere un idiota”.

- Very arpe: la canzone continua quella prima, con questo piccolo capolavoro di dialettica: “I am buried up to my neck/ in contradictionary flies”.

- Milk it: l’inizio resterà nella storia: “Sono il parassita di me stesso/ non ho bisogno di un ospite per vivere”.

- Penny Royal tea: Cobain ci sta dicendo: sono alla frutta.

- Radio friendly…: bello questo pezzo: “Ti amo per ciò che non sono/ non voglio quello che posseggo”. Nota che la seconda strofa è una sintesi incredibilmente efficace della teoria dello scambio di Aristotele e Marx.

- All apologies: è proprio la giusta canzone per chiudere la vita artistica di Cobain. Non c’è proprio niente da fare, ma per nessuno. Infatti Cobain dice “Tutti siamo gay”, che significa inadatti, alienati. E dopo “mi assumerò ogni colpa” e così fece.

Conclusione

Dividiamo le tematiche dei testi in tre:

a) rapporti umani/sessuali. La disperazione dilaga. Nota anche una differenza con i testi rock classici: lì l’aspetto negativo è personale e quello positivo è universale, il che significa che se lei ci sta è per doti sue o nostre generali, mentre se rifiuta è perché è stronza o noi siamo sfigati. Qui la prospettiva è rovesciata: quando va bene si descrive solo la situazione e non un principio generale, che invece è espresso nel caso negativo;

b) rapporti sociali: come visto Cobain non si avvicinò mai a una coscienza del carattere del capitalismo. L’unica critica cosciente che riesce a concepire è quella che muove ai propri manager, ma si vede chiaramente che non rimprovera a loro di aver terminato la vena artistica, ma solo di voler sfruttare il gruppo proprio quando esso è ormai alla frutta. A Kurt dava fastidio il fatto di non venir considerato per quanto faceva ma solo in quanto merce che si vendeva bene;

c) autoanalisi: la descrizione di sé e della propria attività. I temi dominanti sono la depressione, la droga, la pigrizia. Negli ultimi due anni abbondano le richieste di aiuto sotto forma di dichiarazioni di depressione cronica e di volontà suicida. Perché non furono colte? Probabilmente perché i manager erano, e sono, abituati a valutare i testi per quello che normalmente essi rappresentano, un mezzo per riempire l’album e dunque fare soldi. In Cobain essi invece erano un veicolo di autoespressione.

(febbraio 1996)

Csepel - Xepel


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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Arte
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Aggiornamento: 09/02/2019