Critica di Nacher

GIUSEPPE PELLIZZA DA VOLPEDO


IL QUARTO STATO

Olio su tela m.2,3 x m. 5,45

Civica Galleria d’Arte Moderna, Milano

L'opera, considerata attualmente come il più sublime omaggio pittorico ai lavoratori, fu terminata nel 1901, dopo vari bozzetti e studi preliminari, che cominciarono con "Gli Ambasciatori della Fame", quindi con "Fiumana" e finalmente con il titolo di "Il Cammino dei Lavoratori" che poi ebbe quello attuale di "Il Quarto Stato".

Si tratta di una protesta sociale di lavoratori in sciopero che avanzano verso chi osserva il quadro. Uomini, ma anche donne e qualche bambino, alcuni gesticolano parlando tra loro, ma la maggior parte è silenziosa, e sembra di udire la cadenza scandita dei loro passi sul selciato. 

Sono operai che denunciano dai loro vestiti l’origine contadina e popolare. Vestiti scuri, dai vari toni del marrone, con qualche pennellata bianca che rompe appena la cupa atmosfera cromatica dell’insieme. 

Due uomini e una donna con un bambino in braccio sono schierati in prima fila, davanti agli altri, aprendo il cammino, guidando la massa compatta. Dietro di loro il cielo s’oscura, sembra un tramonto, tramonto che simbolizza la fine d’una epoca d’ingiustizie e d’oppressione, e che contrasta violentemente con la luce frontale che li illumina, splendore d’una alba che dovrebbe simbolizzare il sorgere di una nuova età di giustizia.

Al suo apparire, alla Quadriennale torinese del 1902, pochi ne furono soddisfatti, come troppo spesso succede: gli uni lo avrebbero voluto più impegnativo, più chiaramente 'engagé', capace di denunciare senza mezzi termini la situazione economico-politica dell’Italia negli anni successivi all’unificazione nazionale; gli altri si scandalizzarono per il tema considerato ‘volgare’ (come succedeva anche in Francia all’apparizione delle opere ‘contadine’ o popolari di Courbet) o addirittura rivoluzionario, sovvertitore della società.

Sicuramente Pellizza voleva rappresentare le verità sociali di quegli anni, ma solamente con una visione appassionatamente umanista, seguendo la corrente verista che andava di moda, dopo l’apparizione del realismo di Courbet e di Daumier, però con influenze simboliste. 

Soffrì certa influenza del divisionismo (versione italiana affine al puntinismo di Seurat e Signac), seguendo la scia di Segantini, nell’ultimo decennio del 1800, ma l’abbandonò posteriormente, quasi completamente dal 1906, pur conservando gli effetti luminosi della natura e la giustapposizione dei colori puri.

Giancarlo v. Nacher Malvaioli