ECONOMIA E SOCIETA'
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LA FINANZA ISLAMICA
Una visione d'insieme

Per capire in maniera approfondita la tematica della finanza islamica, dobbiamo porci delle domande fondamentali: Cosa è l’Islam? Come influisce l’Islam sulla vita quotidiana e quindi economico-sociale di un individuo? Quali sono le fonti attraverso le quali la finanza islamica si è sviluppata e si sta sviluppando? ed infine quali sono i principi sui quali è strutturata la finanza islamica? Solo dopo aver risposto in maniera adeguata a tali quesiti, possiamo capire il perché la finanza islamica sta destando molto interesse da parte di istituzioni bancarie ed imprese occidentali.

La parola Musulmano, deriva dal termine arabo Muslim, participio del verbo ‘aslama (sottomettersi), il cui infinito sostantivato è Islam (che ha come significato “sottomissione a Dio”); dunque il musulmano è colui che si sottomette ad Allah (Dio).

La religione Islamica trae le proprie origini dalla storia dell’Arabia centrale del VII secolo d.C. periodo storico in cui nacque la prima comunità islamica (Ummah) che riconobbe il messaggio di Dio rivelato al Profeta Muhammad (spesso italianizzato con Maometto, ma per i musulmani viene sempre pronunciato in lingua araba).

L’Islam si differenzia dalle altre religioni monoteistiche (ebraismo e cristianesimo) per una più stretta relazione tra principi teologico-morali e principi normativi, riguardanti qualsiasi aspetto della vita dell’essere umano; infatti accanto alla Fede in Dio, vi è la Shari’ah (via per giungere alla salvezza), il codice dettagliato di condotta, i cui canoni descrivono i criteri della morale e della vita, le azioni lecite ed illecite, i modi del culto e la disciplina di tutte le sfere che interessano l’uomo considerato come tale.

Le principali fonti dalle quali la legge di Dio (shari’ah) trova le sue fondamenta sono il Nobile Corano e la Sunna. Il Sacro Corano, suddivide in cinque categorie le azioni umane: atti obbligatori, consigliati, sconsigliati, proibiti (haram) e ciò che può essere compiuto liberamente poiché è lecito (halàl). Accanto alla shari’ah c’è il Fiqh, cioè la conoscenza della legge religiosa che permette ai fedeli una interpretazione della shari’ah (si può più semplicemente sintetizzare come giurisprudenza islamica), la quale è suddivisa in quattro scuole principali.

La seconda fonte è la Sunna del Profeta, intesa come Tradizione, ed è intesa come tutto ciò che riguarda la vita ed i comportamenti di Muhammad (pace e benedizioni su di lui). Tutto ciò è ricostruito attraverso racconti di ciò che faceva e come viveva il Profeta (cosiddetti Hadith) e raccolgono le parole e le azioni di Muhammad (pace e benedizioni su di lui), i quali sono suddivisi in due parti: il testo e la catena di coloro che lo tramandano, che attraverso testimonianze, ne fanno risalire il contenuto fino al Profeta stesso.

Il primo accenno ed aspetto economico previsto dall’Islam è riscontrabile nella Zakât (Nobile Corano, Al-Baqara, 43: Assolvete all’orazione, pagate la decima e inchinatevi con coloro che si inchinano), imposta annuale a titolo di assistenza pubblica per tutti i musulmani, o chi ne ha la capacità contributiva: non si tratta di un contributo a carattere volontario, bensì è un obbligo religioso dal cui inadempimento il fedele dovrà rispondere direttamente a Dio. Il minimo imponibile è l’elemento che ne distingue chi dovrà effettivamente pagare l’imposta e chi no, ed è pari al valore di 85 grammi d’oro; mentre la misura dell’imposta è pari al 2,5% dei cespiti patrimoniali che hanno un valore superiore al minimo imponibile. La Zakât oltre ad avere come obiettivo la redistribuzione delle risorse conforme all’idea islamica di giustizia ed equità, vuole anche purificare la ricchezza posseduta e il cuore dell’individuo dall’egoismo.

Nobile Corano, At-Tawba, 60: “Le elemosine sono per i bisognosi, per i poveri, per quelli incaricati di raccoglierle, per quelli di cui bisogna conquistarsi i cuori, per il riscatto degli schiavi, per quelli pesantemente indebitati, per [la lotta sul] sentiero di Allah e per il viandante”.

Figura 1. Paesi con maggioranza di popolazione musulmana

La Finanza Islamica è quel complesso di transazioni, processi e contratti finanziari fondati sui principi della Shari’ah, codice di condotta al quale ogni musulmano deve fare riferimento. Le regole fondamentali shariatiche sulle quali la finanza islamica è basata sono: il divieto di applicare un interesse, i divieti dell’incertezza e della speculazione, l’adesione al principio di condivisione del rischio e condivisione dei profitti (profit and loss sharing), la promozione di investimenti etici che possono migliorare la società e la strutturazione della finanza in modo tale da essere esclusivamente strumentale all’economia reale e non essere finalizzata a se stessa creando circoli viziosi.

Background

Gli strumenti finanziari islamici (Shari’ah compliant financing, SCF) costituiscono pratiche finanziarie conformi ai canoni di condotta della legge islamica. La finanza islamica è basata su cinque principi:

- proibizione dell’interesse (ribà): l’Islam rende lecita la libertà di attività imprenditoriale (Nobile Corano, Baqara, 275) e la possibilità di concludere accordi bilaterali (Nobile Corano, An-Nisa, 29), ma impone i limiti entro i quali tali attività possono essere esercitate. Il principale e più famoso divieto dettato dalla Shari’ah in ambito economico-finanziario è la proibizione dell’interesse (ribà), con l’obiettivo di prevenire ogni tipo di sfruttamento perseguendo l’equità e la giustizia sociale. Il termine ribà comprende il divieto dell’interesse in tutte le sue implicazioni senza distinzioni tra le diverse tipologie di prestito o tra la diversa natura dei soggetti debitori o creditori. Gli stati islamici, non possono accettare prestiti internazionali da parte di istituzioni come il Fondo Monetario Internazionale o la Banca Mondiale, poiché applicano tassi di interesse; perciò da qui nacque la necessità di creare un organismo sovranazionale capace di cooperare allo sviluppo di quei paesi islamici che necessitano di aiuti finanziari, e nel 1973 a Lahore, l’OCI (Organizzazione della conferenza islamica) decise di fondare l’Islamic development Bank. Tale limite è basato sul principio che non può esserci guadagno senza rischio, infatti l’interesse non può essere inteso come una remunerazione per il differimento dell’attività di consumo.

- divieto dell’incertezza (ghàrar) e della speculazione (maysìr): l’incertezza/rischio (ghàrar) nei termini e nelle condizioni contrattuali non è lecita, a meno che tutte le tipologie di rischio connesse alla transazione finanziaria siano chiaramente conosciute dalle parti contraenti, dunque tale divieto si manifesta in presenza di informazione incompleta (sul prezzo, sull’oggetto di vendita, ecc.) e di incertezza intrinseca (eventi aleatori). Mentre la proibizione dell’interesse è assoluta, il ghàrar è proibito solo se è rilevante. Il maysìr corrisponde al tentativo di scommessa sul risultato futuro di un evento. I divieti sopra descritti hanno un ruolo fondamentale nella definizione sia dell’assicurazione islamica (takàful) che deve avere una struttura molto simile ad un sistema mutualistico, sia del divieto degli strumenti finanziari derivati (ad esempio nelle options, il prezzo è certo mentre la controprestazione o profitto dell’esercizio dell’option sono incerti): ancora una volta si vuole evidenziare quanto sia importante per l’economia islamica il rapporto tra economia reale ed economia finanziaria.

- Profit and loss sharing (condivisione dei profitti e delle perdite): il rifiuto di ricevere un ritorno determinato ex ante su una attività finanziaria ha fatto si che economisti e giuristi islamici abbiano avuto la necessità di studiare metodi alternativi per garantire un equo rapporto rischio-rendimento; da qui nasce il principio di partecipazione/condivisione ai profitti e alle perdite, che è un elemento caratterizzante la finanza islamica ed è alla base di contratti (mudàraba e mushàraka) utilizzati in diversi strumenti finanziari e assetti di corporate governance (partnerships). Le parti contraenti di una transazione finanziaria devono condividere sia le perdite che i profitti associati all’andamento di una attività (le specifiche condizioni di chi dovrà sopportare i rischi cambieranno in base alle diverse modalità contrattuali adottate).

- Investimenti etici: se un musulmano desidera investire o un fondo d’investimento islamico vuole strutturare il proprio portafoglio, può farlo solo nei limiti in cui ciò sia considerato legittimo; sono dunque proibiti investimenti in imprese che operano in settori quali l’alcool, la pornografia, il gioco d’azzardo, la produzione, la macellazione e la distribuzione di carne di maiale, la produzione e la trasformazione di tabacco, i servizi finanziari convenzionali (banche, assicurazioni ecc.), la difesa militare e le armi e tutte quelle aziende che hanno sopravvenienze attive da interessi bancari superiori al 5% delle entrate a meno che non siano destinate a scopi sociali. Il paniere delle azioni che compongono il Dow Jones Islamic Market (quotato alla borsa di New York, indice di confronto benchmark, in grado di misurare le performance di panieri di titoli selezionati da comitati etici islamici), è il risultato di una sottrazione dagli indici principali in base a ciò che sia shari’ah compliant; una volta definite le aziende lecite, che possono essere oggetto di investimento da parte di fondi islamici o da parte di investitori islamici, queste vengono a loro volta filtrate per eliminare rapporti finanziari inaccettabili, sono eliminate quelle in cui: Debito totale/patrimonio totale maggiore o uguale al 33%; somma di cassa e di titoli che danno diritto a una parte di utile in forma di dividendo/patrimonio totale maggiore o uguale al 33%; crediti vs clienti/totale attivo maggiore o uguale al 45%. Oggetto di investimento possono, ad esempio, essere l’Eni e l’Enel, le quali hanno superato i difficili paletti per essere ammesse tra le società conformi alla shari’ah.

- Asset-backing: ogni transazione finanziaria deve essere legata ad una tangibile e identificabile attività reale. Secondo la shari’ah la moneta non è considerata un’attività reale poiché non è tangibile e dalla quale non si potrebbe avere una remunerazione. In sintesi la moneta è intesa come unità di conto e come mezzo di scambio, non considerandola invece riserva di valore.

Campo di applicazione internazionale della Finanza Islamica

La finanza islamica moderna si è diffusa a livello internazionale dagli anni ’70. Attualmente, le transazioni e le principali strutture contrattuali islamiche rappresentano un modesto ma crescente segmento dell’industria finanziaria globale. Le transazioni finanziarie islamiche hanno raggiunto un’ importante dimensione in termini assoluti (750 miliardi di dollari in assets) ed il mercato internazionale finanziario islamico ha un tasso di crescita tra il 10% e il 15% annuo. Il mercato delle obbligazioni islamiche (sukuk) conta circa 100 emittenti corporate e pubbliche, e ha attualmente una dimensione di 70 miliardi di dollari (in base ai certificati emessi) e ci si aspetta che cresca a 100 miliardi di dollari nel 2010. L’emissione globale di sukuk è quintuplicata nel periodo 2004-2007 (vedi figura 2). La finanza islamica storicamente è stata concentrata nei paesi del Golfo Persico ma si è diffusa a livello internazionale sia in paesi islamici che in paesi con popolazione non islamica (ad esempio c’è un ristretto ma crescente mercato di strumenti finanziari islamici negli USA ed in UK); in molti paesi le istituzioni islamiche hanno assunto e stanno assumendo un ruolo di particolare importanza rispetto alle strutture tradizionali:

  • 9% paesi del Golfo (Gulf cooperation council countries)
  • 7% Malaysia
  • 6% Bangladesh

Inoltre, vi sono paesi in cui il sistema finanziario è totalmente islamizzato, come l’Iran, il Sudan ed il Pakistan, dove le banche islamiche sono le principali istituzioni finanziarie. Negli altri paesi islamici, lo Shari’ah compliant financing (SCF) convive con strutture bancarie convenzionali.

Il Golfo Persico e la regione del sud-est asiatico, guidata dalla Malaysia, sono i maggiori centri per lo SCF. I paesi produttori di petrolio nell’area del golfo, possono trovare nella finanza islamica una valida opportunità di investimento per le loro ingenti quantità di liquidità derivanti dalle esportazioni di petrolio. Sta anche crescendo una consapevolezza e incrementando la domanda di prodotti finanziari islamici strutturati da parte di consumatori musulmani. Recentemente lo SCF si è diffuso e sviluppato in Africa (particolarmente in Sudan).

La situazione in medio-oriente è però varia, poiché il sostegno e l’impegno nello sviluppo della finanza islamica non è uniforme. In alcuni paesi, come la Libia e il Marocco, le banche islamiche sono considerate da alcuni come un collegamento ai partiti politici islamici e conseguentemente gli vengono rifiutate le autorizzazioni. Altri paesi, come Giordania, Tunisia e Sudan, sono stati più aperti nei confronti della finanza islamica, interpretando nei prodotti finanziari islamici opportunità per creare capitale e promuovere lo sviluppo economico. In totale le istituzioni finanziarie islamiche sono oltre 600 e i fondi comuni di investimento che seguono i principi dellaShari’ah (shari’ah compliant) sono 500.

Molte banche d’investimento internazionali (come ad esempio HSBC, Citibank, BNP Paribas, ABN Amro, Société Generale, UBS, Pictet&Cie, Barclays) hanno aperto singole divisioni, sportelli islamici o subsidiaries che operano conformemente alla Shari’ah (islamic banking units). 

La finanza islamica sta crescendo in Europa e in Nord America, aree in cui i musulmani sono una minoranza. Nell’agosto 2004, l’Autorità di servizi finanziari del Regno Unito (FSA) ha approvato la licenza bancaria per l’Islamic Bank of Britain (IBB), la prima banca islamica in Gran Bretagna. La IBB potrebbe essere utile agli investitori (musulmani e non musulmani) con prodotti shari’ah compliant. Nel marzo 2006 lo FSA ha autorizzato l’European Islamic Investment Bank come la prima banca indipendente della Gran Bretagna per investimenti conformi alla shari’ah.

Figura 2. Emissione globale di obbligazioni islamiche, sukuk, 2004-2007

Regolamentazione della Finanza Islamica

Le istituzioni finanziarie che offrono prodotti finanziari shari’ah compliant hanno tipicamente un consiglio di vigilanza – shari’ah board (o come condizione minima un consulente), composto da esperti dotati di qualifiche adeguate. Lo shari’ah board ha il compito di revisionare ed approvare pratiche ed attività finanziarie affinché possano essere considerate conformi con la legge islamica. Tali competenze e tale consiglio di sorveglianza sono una garanzia ed aumentano l’attrattiva dei prodotti islamici da parte degli investitori.

I principi su cui si basa la finanza islamica sono suscettibili di essere interpretati e gli shari’ah scholars (esperti di fiqh, giurisprudenza islamica) non sono spesso d’accordo riguardo a ciò che può essere considerato “compliant”.

Le regolamentazioni e le legislazioni dei vari paesi in cui la finanza islamica opera, sono vari e possono differire tra di loro, rendendo molto complessa l’operatività di tali pratiche contrattuali (l’Italia ne è un esempio); la mancanza di punti di vista e di regolamentazioni standardizzate rende a volte non semplice l’islamic financing.

Infatti molti osservatori guardano ad una standardizzazione della regolamentazione della finanza islamica come un importante passo per la crescita commerciale e di gradimento dei prodotti islamici. A causa di queste problematiche comuni, sono state costituite istituzioni internazionali per promuovere la consistenza e la omogeneità della finanza islamica. A titolo puramente esemplificativo, l’Islamic Financial Services Boards (IFSB) rilascia norme sulla supervisione e regolamentazione. Un altro esempio è rappresentato dall’Accounting and Auditing Organization for Islamic Financial Institutions (AAOIFI), che emette standard internazionali riguardanti la contabilità, la revisione e la corporate governance (molto simili ai nostri principi contabili IAS/IFRS).

Molti centri finanziari islamici di tutto il mondo hanno adottato principi standard conformi allo SCF. La regolamentazione bancaria federale degli USA ha cercato di fornire una regolamentazione sui prodotti islamici. Ad esempio l’Office of the Controller of the Currency (OCC) ha emesso due direttive riguardanti prodotti ipotecari conformi alla shari’ah:

Nel 1997, l’OCC ha emanato una regola circa l’ijara (lease), una struttura finanziaria con la quale un intermediario finanziario acquistava un’attività e successivamente la affittava ad un utente in cambio di una “rata” mensile.

Nel 1999, l’OCC ha riconosciuto il murabaha, attraverso il quale un intermediario finanziario comprava un’attività per un cliente, il quale, secondo le condizioni contrattuali si impegnava a riacquistare l’asset ad un prezzo superiore.

Fonti bibliografiche:

  • CORANO, edizione a cura di Hamza Roberto Piccardo, New Compton Editori, 1994
  • GIUSTINIANI, Enrico: "Elementi di finanza islamica". Marco Valerio Editore, 2006
  • HAMAUI Rony, MAURI Marco: "Economia e finanza islamica". Il Mulino, 2009
  • MAUDUDI Abul A’la: "Conoscere l’Islam". Edizioni Al Hikma, 2000
  • MUFTI Muhammad Taqi Usmani: "An introduction to Islamic Finance". 1999
  • MAUDUDI Abul A’la: "Vivere l’Islam". International Islamic Federation of Student Organizations (IIFSO), 1980
  • MASULLO, S.: "Finanza Islamica e Bahrain". Assoconsulenza, 2008
  • “Islamic Finance: overview and Policy Concerns”. CRS Report for Congress, 2008

Siti internet:

FONTE: economistiinvisibili.splinder.com/tag/finanza+islamica


Le immagini sono prese dal sito "Foto Mulazzani"

Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Economia -  - Stampa pagina
Aggiornamento: 10/02/2019