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DEIRICCHI

Il debito pubblico come mezzo per contenere la tassazione

Il racconto del servo che presta al padrone i soldi perché paghi il suo stipendio (Il servo e il padrone) ci introduce alla storia del debito pubblico, lo strumento con quale gli Stati finanziano molte delle loro operazioni ipotecando i risparmi dei cittadini. Nella sostanza, una nazione chiede in prestito i soldi per pagare i servizi resi; lo fa rivolgendosi direttamente ai cittadini o alle banche che ne raccolgono i risparmi. In questo modo il cittadino pensa di avere depositato in banca una certa cifra di denaro, mentre invece essa è stata spesa non appena lo Stato ne è venuto in possesso. Formalmente l'estratto conto che il cittadino si vedrà recapitare riporterà sempre la cifra che da lui depositata, in realtà quella somma non esiste più perché in parte utilizzata per pagare i debiti nazionali. Questo però permette allo Stato di non chiedere le tasse nella quantità sufficiente a coprire le spese necessarie. In questo modo il prelievo fiscale può essere mantenuto basso, utilizzando anche sistemi proporzionali che fanno sì pagare di più ai cittadini meno abbienti, ma tengono le tasse ad un livello relativamente sopportabile.

La pratica del debito pubblico è piuttosto moderna, in quanto necessita di un intermediario (le banche) che faccia arrivare i soldi dal cittadino allo Stato. Se ne servì per esempio l'Inghilterra dal 1690 in poi, con il risultato che il debito che passò da un valore praticamente nullo a più di 200 milioni di sterline dopo appena 100 anni. Ogni aumento per altro era conseguente ad una guerra in corso: "lo strumento del debito pubblico fu utilizzato con larghezza dalla monarchia inglese per finanziare la propria politica di potenza. Per assicurare il pagamento degli interessi il governo aumentò progressivamente le imposte indirette, che gravavano sui ceti meno abbienti. Ciò costituì un ulteriore stimolo all'accumulazione di ricchezza delle classi dominanti." [1]

Un grafico emblematico di come, in Italia, l'aumento della proporzionalità nella tassazione sia andata di pari passo con l'aumento del debito pubblico è rappresentato dalla seguente figura:

Figura 1 [2]

Via via che aumentava la proporzionalità del prelievo fiscale (e diminuivano perciò la progressività e la tassazione delle fasce più ricche della popolazione), il debito pubblico è andato accumulandosi in maniera abnorme. Ciò ha permesso di contenere l'aumento della pressione fiscale sotto i valori che avrebbero impoverito le fasce a bassa ricchezza ma creando ben altri problemi: il risultato è che la pressione fiscale "cresce a fronte di servizi pubblici in calo perché, attraverso una colossale partita di giro o di raggiro, le tasse prelevate sulla produzione del reddito non servono più per il funzionamento dello Stato, ma per la remunerazione della rendita: circa 200.000 miliardi [in lire] di gettito annuale Irpef, Irpeg, Ilor servono infatti, per pagare circa 200.000 miliardi di interessi, dovuti su di un debito pubblico ormai pari a qualcosa come 2 milioni di miliardi." [3]

La diminuzione del debito in rapporto al PIL, come riportato nella figura precedente, è di una lentezza disarmante se paragonata alla sua crescita e valore che le notizie ci dicono crescere di continuo in termini assoluti: a febbraio 2002 "secondo i dati contenuti nel supplemento al bollettino statistico della Banca d'Italia - ha toccato quota 1.358.835 milioni di euro, un valore pari a 2.631.072 miliardi di vecchie lire. In un anno il debito delle amministrazioni pubbliche è aumentato del 3,7%, di oltre 48.000 milioni di euro." [4]

La speranza dei nostri amministratori è che non scoppi alcuna crisi così da impegnare le generazioni future a recuperare negli anni i risparmi custoditi dalle nostre banche di fiducia. Gli effetti del debito pubblico, come vedremo tra poco, possono essere infatti di una pericolosità inaudita.


[1] Cfr. [Capitalismo] pag. 84.

[2] La curva della proporzionalità è stata disegnata utilizzando il rapporto tra la differenza delle aliquote e quella degli scaglioni nelle tabelle riportate in appendice, i cui valori si leggono sulla scala di destra. Questo rapporto, rappresentando la pendenza della curva delle aliquote, tende a zero per un sistema progressivo ed aumenta ma mano che la progressività lascia il posto alla proporzionalità. Il debito pubblico è rappresentato come percentuale rispetto al PIL e se ne leggono i valori sulla scala di sinistra.

[3] Cfr. [Tremonti] www.santoro.it/forum/riv1994/riv1994_n4art26.htm.

[4] Cfr. [Ansa] 10/05/2002.


ultima modifica 05/07/03

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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Economia
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Aggiornamento: 12/09/2014