L’impegno di Antonio Gramsci

L’impegno di Antonio Gramsci

Dario Lodi


Il valore di Antonio Gramsci (1891-1937) viene con chiarezza dai suoi Quaderni dal carcere, dove è esposto il suo pensiero il maniera ordinata. L’autore non aveva espresso il desiderio che fossero pubblicati, ma ciò avvenne attraverso il loro recupero da parte della cognata Tatiana Schucht, quindi pervenuti a Togliatti e da questi affidati a Felice Platone che li sistemò e li fece pubblicare da Einaudi in sei volumi, fra il 1948 e il 1951: Il materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce, Gli intellettuali e l’organizzazione della cultura, Il Risorgimento, Note sul Machiavelli, sulla politica e sullo stato moderno, Letteratura e vita nazionale, Passato e presente, cui seguirà l'edizione critica del 1975 a cura di Valentino Gerratana.

Gramsci vi si conferma attento ed acuto osservatore della realtà culturale del tempo, sia in senso filosofico che in senso politico, recuperando e arricchendo concettualmente i propri interventi giornalistici sull’Avanti, su Ordine Nuovo e sull’Unità (di cui fu co-fondatore). Scrisse i Quaderni fra il 1929 e il 1935 mentre era detenuto nel carcere di Turi. All’esperienza carceraria egli era giunto, nonostante l’immunità parlamentare, nel novembre 1926 a seguito del giro di vite voluto da Mussolini dopo che aveva subito l’attentato Zamboni (un flop totale e dunque un pretesto, il giro di vite, da parte del Duce).

Affetto da tubercolosi ossea sin da bambino (perciò la sua bassa statura e le sue difficili condizioni di salute), Gramsci finì i suoi giorni alla clinica Quisisana di Roma: grazie a insistenze di amici ed ammiratori, nel 1935 gli era stata concessa la libertà condizionata e la possibilità del ricovero nel prestigioso nosocomio, dove almeno, pur male, visse quasi altri due anni. Nel suo caso, si può dire che la passione civile superò quella politica e sollecitò un’ampia trattazione culturale tesa alla ricerca di radici della evoluzione della cultura da ribadire e da sottolineare per una felice affermazione della dignità umana.

Difficile districarsi nel pensiero gramsciano in quanto è frutto di un tempo di cambiamenti epocali scanditi dal successo della Rivoluzione russa. Le teorie di Croce e di Salvemini – frequentate dal Nostro con estrema passione, specie la seconda  – e le strategie di Giolitti (uno dei migliori statisti della storia italiana) – dovettero sembrare poca cosa di fronte alle vittorie di Lenin e di Stalin.

Gramsci respirava un’atmosfera internazionale rimanendo, suo malgrado, in una bolla provinciale.

Egli cerca di far toccare i due estremi elaborando un’ampia serie di argomenti dove la rigorosità analitica sia prova di una riuscita evasione dalle ristrettezze speculative che il provincialismo comporta. Gramsci compie dei veri e propri miracoli, nei Quaderni, considerando il suo ambiente originale. Che nelle sue opinioni vi sia una tensione verso la ricerca della perfezione è avvertibile in ogni pagina: egli quasi teme di non essere all’altezza, ma subito dopo raddoppia la propria capacità speculativa emettendo giudizi che sono profondi e sensati, talvolta più dei giudizi meglio accreditati.

Per arrivare a tutto questo, egli si avvale di una scrittura limpida e articolata, ne inventa un propria, chiara ed incisiva a sostegno di una presa di posizione doverosa (memorabili i suoi interventi sul teatro di Pirandello, nei quali non esiste sottomissione all’autore, ma disamine pure rivolte esclusivamente all’opera in questione). Il desiderio di una considerazione significativa dei propri scritti – considerazione significativa agli occhi dello scrivente (grande prova di serietà e di umiltà) – porta Gramsci ad un impegno straordinario delle trattazioni. Questo impegno viene rivelato dal ricorso a tesi di forte pregnanza filosofica, involontariamente retorica, che travalicano la realtà per la valorizzazione assoluta dell’ideale.

Come tanti intellettuali del tempo, Gramsci sogna un mondo perfetto che il Comunismo sembra poter realizzare con la sola volontà individuale. La catarsi è nelle parole di Marx (e nella rivoluzione di Lenin, in quella di Trotzkij), il resto è errore.

Il fenomeno è sorretto dal fascino di un abbraccio sociale, umanistico e umanitario, che in quel momento si doveva fare veramente fatica a trattenere. Che l’abbraccio sia eccessivo ed irrazionale, è dimostrato dalla resistenza del sistema che, civilmente, ha il solo torto (torto che non va minimizzato) di non aprire trattative con la controparte plebea adducendo la scusa che quest’ultima non è preparata, se non sentimentalmente (ma il pragmatismo non vuole sentimenti, non funziona con essi: per lo meno non ha mai funzionato, chissà se funzionerebbe ugualmente e magari meglio), non è preparata al realismo.

D’altro canto, la plebe alla catarsi ha chiesto – praticamente – soltanto migliori condizioni di vita, maggiore benessere, non assunzioni di responsabilità primarie. Tutto ciò non significa affatto giustificare il capitalismo, la conservazione, tutto ciò è un invito ad aprire gli occhi sul funzionamento del mondo. Se, come Marx, parto per distruggere un sistema basandomi sulla pena che provo per il lavoratore sfruttato, non saprò mai affrontare il problema alla radice. Il lavoratore non deve essere sfruttato come uno schiavo, ma perché ciò accada sono molte le cose che devono cambiare, non soltanto il padrone di turno. Le differenze sociali sono create dall’antropologia, dalla storia prodotta dalla forza bruta: per rimuoverle occorre una ragione matura e responsabile in senso generale.

Gramsci, nei Quaderni, adombra questa necessità, invitando le classi subalterne, direttamente ed indirettamente, ad emanciparsi culturalmente: lo fa seguendo una traccia tradizionale, quella che ha contribuito proprio a creare le differenze sociali, pensando, insomma, ad una sorta di processo all’incontrario, ovvero, pensando ad un processo basato sull’arricchimento culturale vero, così come è nel patrimonio ideale di riferimento dell’umanità. A questo patrimonio, Gramsci immola se stesso con un fervore lucido e determinato che contagia e affascina.

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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Letteratura
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Aggiornamento: 10-02-2019