Il magnetismo di Georges I. Gurdjieff

Il magnetismo di Georges I. GurdjIeff

Dario Lodi


Tuttora vivono e in qualche modo prosperano gli insegnamenti di Georges Ivanovic Gurdjieff (1877?-1949), filosofo, scrittore, mistico e maestro di danze armeno (pare sia stato il creatore di quella spettacolare danza dei dervisci, tanto cara, fra gli altri, al nostro Battiato). Gurdjieff, operante in varie località nel tempo e infine approdato nei pressi di Parigi, tramandava i suoi insegnamenti oralmente e li corredava con esibizioni musicali e danzanti permeate volutamente di misteriosofia: era una sorta di tributo all’ineffabile cui questo personaggio singolare ricorreva per cercare di familiarizzare con il soprannaturale.

Siamo, con lui, nei dintorni dell’ermetismo classico, reso “casalingo” da creazioni in sedicesimo di quella disciplina mentale e fisica tanto presente in ogni cerimonia trascendentale. Gurdjieff passò alla descrizione letteraria della sua formazione esoterica dopo aver subito un grave incidente automobilistico nel 1924, sicuramente nel timore che la sua lezione di vita potesse andare perduta. Il suo libro forse più importante (pubblicato postumo) è “Incontri con uomini straordinari”. Vi si narra con uno stile del tutto personale, ammantato di stilemi favolistici, tipici della letteratura orientale (basti pensare alle “Mille e una notte), dell’incontro fra il Nostro e molteplici, variegatissimi, personaggi, nel corso del suo apprendistato esistenziale. La lettura, semplice, naturale, è incantevole e sotto sotto impegnata.

Gurdjieff, in fondo, parla di esistenza: la vita individuale è al servizio della stessa, non può prevalere. D’altra parte, una comunione con il concetto esistenziale, con il tutto insomma, va a sostenere la stessa idea vitale, promuovendola a fatto primario e non secondario come è nella realtà tradizionale. Il mistico armeno raccomanda un’autoanalisi che porti alla coscienza di sé nella sua totalità, nel suo essere nell’essere. L’autoanalisi non è solo di tipo intellettuale, ma deve essere anche fisico, nel senso che il proprio corpo deve essere portato ad interagire con la mente.

Così facendo, il soggetto acquista una consapevolezza personale e arriva a comportarsi con convinzione vissuta, con scelta ben ponderata, nei confronti delle proprie idee e delle proprie azioni.

All’inizio del libro, Gurdjieff pone bene in evidenza la necessità di una conoscenza aperta della realtà in essere e da costruire, contrastando adeguatamente il sistema vigente che poggia sulla sola intelligenza mercantile. Nei pressi di Parigi, egli riuscì a resistere circa una decina di anni, poi dovette fare le valigie. Il problema economico era ormai irrisolvibile. Il suo “Istituto per lo sviluppo armonico del mondo” rimase tuttavia ben presente nell’immaginazione del tempo, dando vita a vari presidi, grazie soprattutto ai suoi allievi Henri Thomasson e Jeanne dei Salzmann (quest’ultima vissuta 101 anni, mostrando sino all’ultimo grande dedizione al maestro).

Nel 1945, dopo la guerra, Gurdjieff ridiede vita ad un intenso lavoro di proselitismo nel suo appartamento di Parigi: il proselitismo veniva spontaneo nel corso della sue lezioni. L’uomo era credibile, magnetico. Non disdegnava il ricorso ad un’ampia gamma esoterica, includendo qualcosa di alchemico: ma tutto era fatto in buona fede. Il libro citato trasuda di questa buona fede e trasmette un entusiasmo per la narrazione di fatti puntualmente mirabolanti (ma conta lo spirito, non il fatto in sé) che non è mai dozzinale. Personalità di spicco, anche italiane (Franco Battiato ad esempio), furono attratte dal suo felice magnetismo: fra esse, il grande architetto Frank Lloyd Wright, il regista teatrale Peter Brook (che dal libro cavò un film), lo sfortunato scrittore e filosofo René Daumal (morì a 36 anni per un’infezione polmonare), Katherine Mansfield, la maggiore scrittrice neozelandese.

Quest’ultima, volle vivere gli ultimi mesi in una casetta messagli a disposizione di Gurdjieff. La Mansfield era ammalata di TBC al’ultimo stadio. Sulla sua morte, ci sono tuttavia delle ombre. Il nostro Pietro Citati, uno scrittore e intellettuale di sicuro affidamento, rivelò certi metodi usato da Gurdjieff per scuotere la poveretta. Ad esempio, la convinse a denudarsi e a stare così, nuda, in un recinto di maiali per appropriarsi dello spirito naturale emanato dagli animali. La rivelazione, insieme ad altre, crea intorno alla sua figura un che di sciamanico che va a scontrarsi con il suo impegno sincero. Forse è più vera la buona fede di questo interessante cultore della personalità umana calata nel tutto e aspirante al tutto con buone probabilità di riuscita a patto di frequentazioni gnostiche sia palesi, sia probabili da raggiungere, sia segrete.

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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Letteratura
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Aggiornamento: 10-02-2019