Living Theatre

Dall'esperienza teatrale al codice
La trasformazione spettacolare del Living Theatre

Fabia Zanasi


A New York, nel 1943, Judith Malina, diciassette anni, e Julian Back, diciottenne, si incontrano. Cinque anni dopo, il loro matrimonio coincide anche con l'esordio della avventura artistica concepita all'unisono: proprio nel 1948 prendono avvio le rappresentazioni del Living Theatre, in uno scantinato in Wooster Street. Si tratta di un teatro ad abbonamenti, che prevede un repertorio di Nô giapponesi, tradotti da Ezra Pound, sacre rappresentazioni medievali, testi di Strindberg e Ibsen. Il programma consente perciò una diversificazione serale degli spettacoli, che contrasta intenzionalmente con le ossessive repliche del cartellone di Broadway, incentrato per mesi sulla messa in scena della medesima commedia.

La contestazione nei confronti del teatro commerciale e istituzionale era del resto già stata prefigurata in senso estetico da Antonin Artaud: secondo l'artista il processo di disintegrazione del teatro tradizionale doveva scalfire il monopolio del parlato, per riqualificare la spontaneità della tensione drammatica manifestabile mediante il gesto, il suono e l'espressività corporea in senso lato. La concezione crudelmente surrealista di Artaud identificava gli stessi attori nel ruolo di vittime sacrificali, "da bruciare sul rogo": anche la ritualità tribale degli spettacoli del Living Theatre ha ereditato qualche aspetto di tale esasperata ossessione oblativa.

Negli anni sessanta, Beck e Malina infatti offrivano e rappresentavano sulla scena se stessi, comprovando, quell'identità iconica tra segno e oggetto che costituisce la peculiarità semiotica del teatro.

Julian Beck ha inoltre ampliato i confini della performance, al punto da includere il pubblico: anche questa è una scelta che contrasta con gli assunti del teatro borghese, dove le reazioni degli spettatori possiedono una responsività per così dire limitata e discretamente prevedibile.

Peraltro tale scelta implica una sospensione delle categorie architettoniche tradizionali, palcoscenico e platea: l'annullamento dei determinanti spaziali, della cosiddetta quarta parete, si riflette sulla comunicazione prossemica, e dunque sulle nuove vicinanze corporee istituibili tra attori e spettatori, in una dinamica che rende più fluido il confronto tra emittente e ricevente.

La rinuncia alla spazialità rigida, imprigionata nelle strutture sceniche precostituite, indica altresì la ricerca di una dimensione rappresentativa che si qualifichi soprattutto quale luogo di riunione e scambio tra partecipanti. In questo senso il teatro riscopre e afferma anche la propria eredità storica e le sue lontane ascendenze nelle celebrazioni dei sacri misteri d'età medievale.

Nel corso della rappresentazione di Mysteries and smaller pieces (1964), la prevalenza interattiva e dunque il coinvolgimento fisico potevano persino essere recepiti dagli spettatori quale forma di cogente aggressione da parte degli attori.

"Crediamo in un teatro come luogo d'esperienza intensa fra sogno e rituale, durante il quale lo spettatore perviene ad una comprensione intima di se stesso, al di là del conscio e dell'inconscio, sino alla comprensione   della natura delle cose. Ci pare che solo il linguaggio della poesia arrivi a questo: solo la poesia o un linguaggio carico di simboli e molto distante dal nostro linguaggio quotidiano può condurci al di la del presente che non ha la chiave della conoscenza di questi regni". Questa affermazione di poetica da parte di Julian Beck - desunta dal numero di dicembre 1961 di Theatre Arts - comprova un'istanza riformista che coinvolge, insieme al codice gestuale e prossemico, anche il linguaggio, così come era già accaduto per le altre arti visive, ad opera di Duchamp, Ernst, Leger, Chagall e Jackson Pollock, ossia gli artisti che Beck aveva incontrato negli anni '40 a New York.

La rivoluzione teatrale di Julian Beck e Judith Malina costituisce pertanto un veicolo comunicativo della loro azione rivoluzionaria non violenta: The brig (1963), la galera, è ad esempio un atto di accusa contro la degradazione umana, riscontrabile in una prigione della Marina, che chiama in causa la necessità di una radicale riforma militare.

Ideologia e spettacolo del Living realizzano una sintesi tra intendimenti di stampo anarco-pacifista e azione politico-artistica antimilitarista, che solidarizzano con le rivolte parigine del '68 e prendono corpo in un rinnovamento del movimento anarchico a coinvolgimento mondiale, col nome appunto di Collettivo Anarchico.

"Rimprovero vivente" della cultura, della politica e dell'economia vigenti, il successo del Living Theatre si è infatti affermato in tutta Europa, e dunque in Germania, Francia e Italia, proprio negli anni della contestazione studentesca.

Tuttavia l'allestimento italiano di Paradise now consente al gruppo di prendere coscienza di una inevitabile sconfitta: per quanto struttura aperta e dunque suscettibile di generare momenti interattivi da parte di un pubblico, assunto al nuovo ruolo di attore, il teatro non ha comunque il potere di cambiare le istituzioni sociali. Oltretutto gli attori e la compagnia stessa sussistono in virtù del tradizionale scambio commerciale, grazie al pagamento dei biglietti, grazie soprattutto a quelle dinamiche di profitto che il consenso massivo rende più proficue.

La scissione del Living Theatre ha originato, fin dal 1969, altre ipotesi di ricerca: teatro di strada, teatro rituale, teatro documento e teatro di vita. Significativamente, alle soglie del terzo millennio, queste linee d'indagine sussistono non soltanto in ambito esecutivo, ossia nella messa in atto dei testi e delle opere, ma soprattutto come "codici spettacolari", identificativi di un discorso meta-teatrale, che ha più a cuore, forse, una dilazione descrittiva sulle modalità di fare teatro, rispetto all'esperienza dello spettacolo in sé.

Nell'Edipo re realizzato da Pier Paolo Pasolini, Julian Beck impersonava il ruolo di Tiresia e sicuramente la carica intuitivamente profetica, che caratterizza ogni personalità artistica, non poteva trovare cifra culturale migliore di quella radicata nel mito greco.


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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Letteratura
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Aggiornamento: 10-02-2019