Galarico, Un amore sognato
Un amore sognato quello di Galarico, quasi fiabesco, che trova nella leggerezza la sua tipologia preferita di espressione; leggerezza che pervade tutta la scrittura del libro, sospeso tra l'allucinazione dell'esperienza onirica e la concretezza delle immagini in cui questa si cristallizza.
Proprio come accade nell'innamoramento, qui il mondo esterno assume il carattere del gioco e dell'ironia, un'ironia buona, senza sarcasmo che accompagna le relazioni del poeta e sua moglie con tutto ciò che è al di fuori della coppia.
Così, per esempio, il nome delle Torri Gemelle, saturo di memorie tragiche recenti, ritorna totalmente privo del significato originario nell'omonimo componimento: questo nome, non edulcorato né sdrammatizzato il fatto che richiama alla mente, viene ripreso dal poeta e portato in un campo semantico totalmente estraneo a quello di partenza, su un morbido sofà di alcantara dove marito e moglie si abbandonano ai teneri giochi dell'amore.
Allo stesso modo delle Torri Gemelle, anche il mondo della letteratura è strumento per esprimere il rapporto coniugale: nei versi di In libreria, i titoli di classici delle letteratura e della filosofia sono usati come metafore per descrivere l'amata, in un processo di risignificazione in cui è coinvolto anche un passo biblico.
La semplicità con cui questo avviene lascia che il lettore sorvoli sul modo irrispettoso in cui sono stati trattati testi di tanta importanza e fama, annullando la giustificabile irritazione verso un atteggiamento così dissacrante.
Questa stessa semplicità, però, è anche la pecca più grande di Galarico, che, dopo la prima lettura, può sembrare troppo piatto e scontato, a volte banale.
Questo scoraggia facilmente un lettore che alla parola poetica chieda profondità, slancio, ed è proprio ciò che accaduto a chi scrive queste righe.
Ma solo inizialmente, perché, ad un'attenta lettura, il poeta mostra delle qualità insospettate che inducono a revisionare il giudizio iniziale. Sei tutto ciò che non è offre un ottimo esempio di quanto detto. Penso che la chiusa di questa poesia ("sei tutto ciò che non è/ perché nulla è come te") possa lasciare molti lettori interdetti per la sua banalità, e, complessivamente, anche il componimento in sé non sembra presentare momenti di particolare originalità. Piuttosto che dalla penna di un poeta contemporaneo, il testo sembrerebbe provenire da quella dell'autore di una boy-band.
Eppure, leggendolo con più attenzione, almeno uno spunto di reale interesse lo si può ben trovare, negli ultimi tre versi prima del distico finale: "Sei l'abisso degli oceani/ dove posso illuminarmi/ per venirti a cercare".
A mio avviso, in queste parole è contenuta una grande verità sui rapporti tra uomo e donna: la terzina ci ricorda, che spesso, quando cerca di capire la donna, per sondare appunto i suoi abissi, l'uomo arriva a conoscere se stesso; quando cerca di dissipare le tenebre che avvolgano il femminile, egli scopre che l'oscurità è tutta intorno a lui e che dovrà prima illuminare se stesso, fare luce su di sé, se vorrà sperare di comprendere la sua compagna.
Lorenzo Franceschini