POESIE IN LIBERTA'


VINCENZO BELMONTE

Sono nato nel 1945 a San Cosmo Albanese (Cosenza), in una delle tante piccole comunità degli arbërèshë, presenti in Italia dal secolo XV.
L’albanese, in una sua forma dialettale, è stato per me la lingua materna. A poco più di vent’anni ho pubblicato qualche poesia in italiano, ma ho capito subito, per fortuna, che non era quella la mia strada. Da allora ho composto qualcosa, molto poco, esclusivamente in albanese. Questa raccolta comprende praticamente quanto ho scritto negli ultimi 30 anni. Naturalmente l’ordine finale è del tutto diverso da quello di composizione.
Dal 1972 al 2002 ho insegnato Filosofia e Storia nei Licei. Negli anni 2002-2004 ho tenuto un corso di Letteratura albanese nelle università di Messina e Bari.
Sono autore di un dizionario elettronico dei sinonimi albanesi (Thesaurus Albanicae Linguae, 1997).
Ho curato l’edizione e la traduzione italiana dei maggiori poeti arbëreshë (Giulio Variboba, Girolamo De Rada, Giuseppe Serembe) e del poemetto latino “Polymetron” di Giovanni Andrea Vinacci.
Il Lacus è già presente nella rete nel “Porto di Toledo” e in vari siti calabresi.

Vincenzo Belmonte

Fonte: www.facebook.com/note.php?note_id=393022806945 - www.calabresi.net//files/LACUS LUMINIS FLAMMANTIS.pdf

Thesaurus Albanicae Linguae - Dizionario elettronico dei sinonimi albanesi:
www.jemi.it/biblioteca/cat_view/1371-strumenti-linguistici/1409-dizionari

Il segreto del De Rada – Il dramma del De Rada, omosessuale e credente: (pdf-zip)
www.jemi.it/biblioteca/cat_view/1388-documenti-vari

LACUS

LUMINIS

FLAMMANTIS

un itinerario spirituale

NOTA SU LINGUA E STILE

Questi versi si ispirano a una poetica dell'allusione e dell'armonia. Il commento chiarisce ciò che, in testi dalla brevità sconfinante nell'aforisma, non a tutti può essere, di primo acchito, perspicuo, mentre gli accenti, che in albanese non si usa segnare, vogliono consentire un approccio meno imperfetto ai valori fonici dell'originale a quanti ne ignorano la lingua.

La traduzione non presume certo di rendere la già presente nel titolo trama di continui richiami e contrasti di suoni, le frequenti allitterazioni (26: lartas i stisur syri i rrosht' jashtriset - 27: bën botën buhua - 29: deh hon e ngreh, / fsheh hon e shkreh, dove la successione, anche immediata, di aspirate evoca la vastità dell'abisso - 39: qersingë, angos, i shpenguar - 39: e hap'sirës hajdheps), le forti paronomasie (7: Hyjin-hijen - 23: kullot-të kulluar - 38: përshkruaj-përshkrëndem), effetti particolari (10: nëpër kith të bërthongët / çap, il rumore ovattato dei passi nella nebbia), giochi di rime e consonanze (33: Balt' urrej, sharrnjej / per drit', got' e kristalt').

Il lessico dell'albanese standard viene ampliato con il ricorso all'arbërishte colta e popolare (ndomos se, ngallimë, pitabofë, shtëfros, serpos, qetëmi, mbrëndem, hivur, hilnar, flluhet, yej, yeme, i rrakën, monofill, ndorri se, vrundullerë, gërmë "grido", i stisur "fisso", buhua, skandresha, jonë "concento", vrëhet, errëbi, shkënd, ahjt, hatë, qersingë, angos, skolladhefër, hajdheps - in particolare, dal Lessico italiano e macedone del Chetta, 1779, sono tratti termini come mblom, përmishet, zmeksem, rroisem, jashtrisem, zdripem, piks "generare", metërthori, horë "armonia") e a termini dialettali dell'Albania (shollomotkë, ballje, mlutas "di nascosto", i bërthongët, pështjellcë, fërtymë, tëbanishtoj, zgamth, sharrnjej, opt) e della Kosova (skutohem, bruinë, i rroshtë, krajatë). Per bind di 1 si è tenuto conto delle ricerche del prof. Ruzhdi Ushaku dell'Università di Prishtina. Il llambadhe di 34 trova un antecedente sintattico nell'I zoì en tàfo della liturgia bizantina. La composizione n. 40 si richiama al Pange Lingua di S. Tommaso d’Aquino.

L'utilizzazione delle più disparate risorse lessicali, oltre che un'impronta panalbanese al di fuori di ogni limite spaziale e temporale, intende conferire ai versi, con l'uso di termini rari o desueti, un tono di sacrale solennità, consono all'impresa di dare impulso all'ala dell'anima nella tensione ascensionale.

BIND

Harmonì, lùle e hèshtjes, mistèr netsh
domethënës posì radhìm planèt’sh,
nga ngjỳrë, flàkë, tìngull – më të rràllë –
fluturìm del në bòtë mblom i gjàllë.

PRODIGIO

Armonia, fiore del silenzio, mistero notturno
allusivo come allineamento di pianeti,
da colore, fiamma, suono – rare volte –
agile balza una sostanza viva.

Il cammino verso la luce
avviene al ritmo della poesia che educa lo spirito a generare e diffondere armonia.
La poesia è una creatura rara, perché in essa si condensa
– conferendo alle parole una inusitata carica di significato –
l’esperienza della meditazione e l’esplorazione delle tenebre dell’io.
I suoi tre caratteri basilari sono individuati
nell’immagine (colore), nel sentimento (fiamma) e nella musicalità (suono):
il sentimento si incarna in immagini che a loro volta si rivestono di suoni propri di ciascuna lingua.
Ogni traduzione è, di conseguenza, tradimento.

SHÌJE

Lùmë me lỳshtra s ’dùa, ndomòs se t’ gjèrë.
Shollomòtkë nuk pi, por bàllje vèrë.

GUSTO

Fiume fangoso aborro e sia pur vasto.
Non bevo intruglio, ma vino squisito.

Il miracolo di perfezione e di equilibrio tra i vari elementi non si ripete spesso.
Gli scaffali rigurgitano di opere ricche della più vasta erudizione e delle più minuziose cognizioni tecniche.
Vasti poemi si lasciano ammirare senza essere in grado di suscitare emozioni profonde e incancellabili.
Smisurati contenitori di parole vuote e di costruzioni sbilenche.

FJÀLË

Për rret’
          e së pathënshmes
lëvàre
          kur e tek.

PAROLE

Per i sentieri
          dell’indicibile
tracce
          di tanto in tanto.

È la parola poetica il vero strumento della sapienza, il tramite a una realtà altrimenti inaccessibile.
La sua caratteristica è l’allusività.

VÀRGU

Flàke
     ngallìmë
          mlùtas
               në damàrët.

IL VERSO

Seme
     di fiamma
          occulto
               nelle vene.

Il verso depone un seme nascosto, destinato a svilupparsi in fiamma dell’Eros platonico,
grazie al quale l’anima spiccherà il volo alla ricerca dell’eterno.

THIRRJA E PROFÈTIT

- Hesht!
- Dhe ùnë them se m’ the “Hesht!”.

LA VOCAZIONE DEL PROFETA

- Taci!
- E io dico che mi dicesti “Taci!”.

Il vate. Smania di protagonismo, horror silentii.
L’invito divino a tacere viene distorto e disatteso.

NDËRGJÈGJJA E PROFÈTIT

Si m’ fòle fòla, si m’ diktòve shkròva.

LA COSCIENZA DEL PROFETA

Parlai come mi parlasti, scrissi come mi dettasti.

Il delirio della presunzione ammantato di umile abnegazione.

ZHGJËNDRRA E PROFÈTIT

Jo Hỳjin, por të vètes hìjen ndòqa.

IL DISINGANNO DEL PROFETA

Non Dio seguii, ma di me stesso l’ombra.

Talora - ma solo talora - il sedicente profeta ha la ventura di confessare
l’ipertrofia del suo io.

AD MAIOREM MEI GLORIAM

I papërsòsur i përsòsshëm, pas përsòsjes sìme
tër’ jètën u përhùmba.
Vèten dèsha e ndërtòva,
horizòntet i shtrìva,
njèrëz dhe ideàle i pàta shkas.

Mbi ltèrin e vetvètes bìem fli.
Qùanie, nësè dòni, dashurì.

AD MAIOREM MEI GLORIAM

Imperfetto perfettibile, al mio perfezionamento
tesi per tutta la vita.
Me medesimo amai e costruii,
allargai gli orizzonti,
uomini e ideali ebbi a pretesto.

Sull’altare dell’io ci immoliamo.
Chiamatelo, se volete, amore.

L’amore oblativo è attributo esclusivo di Dio, sole che non può trattenere i suoi raggi.
Il destino di ogni creatura, imperfetta per natura, è di tendere al meglio, vero o presunto che sia.
L’amore per gli altri e per Dio non è che un mezzo
per raggiungere l’imprescindibile obiettivo della propria perfezione.

TRASHËGÌM

N’ àrkë të ndrỳrë
                    ble
          të palëvrùar.

EREDITÀ

In scrigno chiuso
                    volume
          non vergato.

Smessi i paludamenti del ruolo, il profeta deluso comprende
che il libro della sapienza non si può trasmettere.
Esso è composto dalle pagine vergate da ogni uomo nella sua ricerca personale,
nei vari frangenti della vita.

ÇAP

Rrëshàjët lëbỳrën.

Shèkullin asnjë
shtìjë shporòi.

Nëpër kith të bërthòngët
                              çap.

AVANZO

Pentecoste abbagliò.

Nessun raggio
il secolo trafisse.

Tra grigia nebbia
                              avanzo.

L’itinerario verso la luce inizia dal suo opposto,
in un mondo lontano dal fulgore pentecostale.

I PAKÀPSHËM

“Ku skutòn ti lëvìra rruvìja
thërrìme të nùrit?”.

Pỳenim pështjèllcën
rètë gjëmat për ty.

Po Ỳlli i Mbrëmjes
ndrìnte i pakàpshëm.

INAFFERRABILE

“Dove celi vestigia
linee frammenti del volto?”.

Di te chiedevamo
al turbine ai tuoni alle nubi.

Ma Espero
brillava inafferrabile.

Esiste un’abissale sproporzione, una totale incommensurabilità
tra la nostra miseria e la perfezione divina, inconoscibile nella sua immensità.
Di Dio non percepiamo che un barlume,
sappiamo solo che è amore.

BRÈNDA LËMSHIT TË ZBRÀZËT

Brènda lëmshit të zbràzët hèrët përvetësòve
gjeografìn’ e zỳmtë, ànkthin e rrjètit t’ dèndur,
kùrset që përfundòjnë gjithnjë në pikënìsje.
Për trèva, dète e màle kot rreh flàtrat e tùa.

Shùfrat matematìke të prrìdhin, ti ëndërròn
rravgìme ndëryjòre, mjegullnàjën e s’ Mìrës,
yjëzìmin e Gàzit, sistèmin e së Drèjtës,
rrèzet e Dhembshurìsë, komètën e së Mbàrës.

ENTRO LA SFERA CAVA

Entro la sfera cava per tempo assimilasti
la triste geografia, l’angoscia del reticolo,
le rotte che ritornano al punto di partenza.
Per piagge, mari e monti batti le ali invano.

Le sbarre matematiche ti soffocano e sogni
tragitti interstellari, la nebula del Bene,
le stelle della Gioia, il sistema del Giusto,
i raggi caldi e teneri, propizia la cometa.

Meridiani e paralleli contrassegnano la sfera cava,
come sbarre della gabbia che stronca ogni slancio verso il libero cielo.
La condizione dell’uomo abbandonato alla sua miseria.

LAMTUMÌRË

Fryn frullì.
Kòhë të lë.

ADDIO

Soffia tormenta.
Ora del distacco.

Il filo viene reciso proprio mentre i problemi si accavallano.

PSE?

- Pse bàlta e àri, pitabòfa e mìza?
Pse mjal’t nga hùalli e del gjëmbi nga drìza?

- Bëra siç dèsha e s’ pat vullnèti arsỳe,
por hìri drit’ në gjërat u përthỳe.

PERCHÉ?

- Perché il fango e l’oro, la balena e la mosca?
Perché miele emana dal favo, spina dal pruno?

- Feci come volli e il mio volere non ebbe motivo,
ma in ogni cosa luce di grazia si rifranse.

Se l’uomo agisce sempre in vista della propria perfezione,
Dio sceglie di elargire in varia misura, liberamente non meno che liberalmente, i suoi tesori.
Non c’è essere o avvenimento che non ne partecipi.

VRUJÒN

Tekù gòzhda u përmìsh vrujòn gazmènd.

EROMPE

Dove il chiodo s’infisse erompe gioia.

Alla luce del principio “Tutto è grazia” anche il dolore viene riscattato.

FËRTỲMË HYJNÒRE

Fërtỳmë hyjnòre më shtëfròsi
tekù drìta buròn.
Harè qe, bir, serpòsi.

VENTO DIVINO

Vento divino mi rapì
verso la sorgente di luce.
Figlio, fu gaudio la mia fine.

La morte stessa è gioia, approdo alle rive della luce.

BËN TRÌLLE

Kòhë pas kòhe shtrìgën fjalëtòre
më nìsje, nënë, vjet nga àna e ànës.
Bor’ e bàrdhë, tanì më kalòn ànës
një flùtur dhe bën trìlle në dritòre.

VOLTEGGIA

Di tanto in tanto l’atropo nunzio di morte
da luogo remoto m’inviavi, madre, or è un anno.
Candida come neve, oggi mi passa accanto
una farfalla e volteggia alla finestra.

La farfalla (in greco, psychē = anima, farfalla) che porta il messaggio della madre morta è candida,
ben diversa dall’atropo (testa di morto) che nell’ultima fase della malattia
faceva presagire imminente la fine.

FLÙTURA

          Rràhu dhèra,
çàu mur t’ err’,
          mandèj m’ u prë te dòra.

LA FARFALLA

          Percorse terre,
ruppe un muro buio,
          poi riposò nella mia mano.

Un’altra farfalla ricorrentemente reca muti messaggi della madre morta.
Stanca del viaggio e della barriera varcata,
riposa nella mano del figlio.

NGJÌTJE

Maj’ e màlit të fjàlëve - hèshtja.

ASCENSIONE

Vetta del monte delle parole - il silenzio.

La farfalla ha dato prova di una comunicazione senza parole.
Se vogliono avere un senso, le parole devono culminare nel silenzio.

LARG

Larg kàbllove,
maj’ kàrmës
së qetëmìs’
tëbanishtò.

LONTANO

Lontano dai cavi,
sulla rupe
del silenzio
pianta la tenda.

Lìberati dal groviglio dei cavi della comunicazione frivola. Guadagna la tua libertà.

RREZÌK

Verbìm në gòrgën
apò drit’ të fshèhur.

RISCHIO

Cecità nella caverna
o luce nascosta.

L’esplorazione dell’anima è rischiosa. Potrebbe risolversi in un insuccesso.
Ma anche consentire l’accesso a un regno incantato.

NË HIVÙRIN E VÈTES

Kur, ngjỳrat tue braktìsur, mbrende
në hivùrin e vètes,
err’sìrës mos iu zmeks. Hilnàr
ke sỳrin.

NELL’ANTRO DEL TUO ESSERE

Allorché, abbandonando i colori,
ti addentri nell’antro del tuo essere,
non temere l’oscurità. Lucerna
è l’occhio.

A rassicurare l’entronauta basta il pensiero che a fugare le tenebre è il suo stesso occhio.

KULLÒT

Në humbòre
     kullòt
          qìell të kullùar.

MI PASCO

Nel deserto
     mi pasco
          di limpido cielo.

Nessuno gode meglio il cielo stellato di chi abita il deserto.

LATHE BIOSAS

Jèta,
     bruìn’ e fshèhur,
fllùhet
     me frùshull t’ ëmbël.

LATHE BIOSAS

La vita,
     ascoso rivolo,
scorre
     con dolce murmure.

O beata solitudo, o sola beatitudo!

TAKTÌKË

Çast më çast përbàll
kòhën armìke, shmàn-
giu plàndrës.

TATTICA

Attimo per attimo affronta
il tempo nemico, sottraiti
al peso schiacciante.

Chi non vuole essere soffocato dai ricordi o dalle aspettazioni
deve imparare a vivere in pienezza il presente.

JASHTË RRỲMËS

Fundòset kòha, vorbullòn, rroìset.
Làrtas i stìsur, sỳri i rrosht’ jashtrìset.

FUORI DELLA CORRENTE

Frana il tempo, turbina, si rigira.
Fisso in alto, l’occhio rotondo si allieta.

Sottrarsi definitivamente al tempo è contemplare
passato, presente e futuro con distacco dall’alto,
come punti equidistanti.

NÀTËN

Hëna mbi det.
Atë që s’ kam s’ e dùa.
Nj’ e shkrèhur gàzi
bën bòtën buhùa.

DI NOTTE

La luna sul mare.
Ciò che non ho non bramo.
Uno scroscio di risa
riduce il mondo in polvere.

Il distacco dal tempo comporta la fine del desiderio.
Una risata smantella il castello delle nostre ambizioni (metodo zen).

ỲEJ

Vàru, mas, hìpu, zdrìpu,
ỳej ỳemen tënde të rràkën
monofìlle, merimàngë,
ndorrì se vrundullèra fryn.

TESSI

Sospenditi, misura, sali, scendi,
tessi, ragno, la tela
trasparente sottile,
quantunque infuri la tempesta.

Lo spirito contemplativo non è inerte. Ciò che il dovere gli impone
lo costruisce col massimo impegno, pur consapevole della fragilità dell’opera.

HON

Deh hon e ngreh,
fsheh hon e shkreh.

ABISSO

Inebria abisso e carica,
occulta abisso e lancia.

L’esperienza dell’abisso del nulla che ci costituisce e ci circonda,
se da una parte ci lascia in preda alla vertigine, facendoci sentire perduti,
dall’altra ci carica e lancia in direzione di Dio, unica garanzia di stabilità.

MÀNDALAN

Nga vìja të hèqura skandrèsha
màndalan stìsa, shëmbëlltỳrë
të rrokullìs’, kalà.

IL MANDALA

Da linee tracciate alla rinfusa
ho costruito il mandala, figura
dell’universo, roccaforte.

Nel rapporto con Dio l’io si struttura in maniera sicura e armoniosa.
Ne è simbolo il mandala, un quadrato inscritto in un cerchio.

HÒRË

Zgamth,
     mbaj frỳmën, piks
metërthorì,
     piks hòrë.

ARMONIA

Petto,
     trattieni il respiro, genera
simmetria,
     genera armonia.

Nella sospensione del tempo l’armonia interiore si trasferisce nell’ambiente umano che ci circonda.

KTHJÈLLET

Kthjèllet gërma e krajàtës
në jònën e gjith’sìsë.

SI RASSERENA

Si rasserena il grido di dolore
nel concento del mondo.

Il dolore non è più un elemento dissonante, ma concorre all’armonia universale.

LAKMÌ

Balt’ urrèj, sharrnjèj
për drit’, got’ e kristàlt’.

BRAMA

Detesto il fango, per la luce
spasimo, coppa di cristallo.

Un puro cristallo perfettamente permeabile alla luce.

ZHDÙKJE

Llambàdhe lehtë-
sòhu në drìtë.

SPARIZIONE

Da candela trapassa
in luce lieve.

La pesantezza della materia si trasforma nella levità della luce.

ÒPTI

Kur vrëhet,
     vegullòn,
bën drit’ òpti,
     drit’ bëhet.

IL VOLTO

Quando il cielo s’annuvola,
     balugina,
emana luce il volto,
     in luce mutasi.

Nei frangenti drammatici si prova la natura luminosa del credente.

DÌELL

Ngrin, sterròn errëbìa.
E ti më shkënd, më ngroh.

SOLE

Gelido e fosco è il buio.
E tu più splendi e scalda.

Luce che scalda le tenebre più desolate.

FRỲMËN TËNDE

Ahjt në mua frỳmën tënde,
ëm’ t' pështìllem me flàkë,
hùmbmë që t’ bëhem drìtë.

IL TUO SPIRITO

Alita in me il tuo spirito,
avvolgimi di fiamma,
annientami perché divenga luce.

Trasmette luce e fiamma solo chi si è annientato nella fornace dell’amore divino.

PËRVÒJË

Zjàrrin u’ nuk përshkrùaj,
në zjarr përshkrëndem.

ESPERIENZA

Il fuoco io non descrivo,
in fuoco mi svuoto e tramuto.

Mentre il teologo disserta, il mistico si perde in Dio.

I SHPENGÙAR SKOLLADHÈFËR

Krùa t’ pashtèrshëm, det, dìell
them atë që këpùti
verìgën që me hat’ e me qersìngë
angòs. Por Hyj e them, nësè, i shpengùar
skolladhèfër, n’ vetmìnë
e hap’sìrës hajdhèps.

LIBERA AQUILA

Fonte inesausta, mare, sole
chiamo colui che ha spezzato
la catena che soffoca
con bisogno e necessità. Ma Dio lo chiamo,
se nella solitudine dei cieli
gode, libera aquila.

Può davvero donare solo chi spazia nei cieli, libero da vincoli.

LACUS LUMINIS FLAMMANTIS

Cordis atras peramantis
more noctes vigila.
Avis solem inhiantis
instar i per aethera.
Lacus luminis flammantis,
late lucet patria.

LACUS LUMINIS FLAMMANTIS

Al pari di cuore smanioso,
veglia nel buio notturno.
Come uccello bramoso di sole,
su, librati in cielo.
Distesa di luce avvampante,
ampia la patria sfavilla.

L’ultimo orizzonte


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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Letteratura
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Aggiornamento: 27/11/2012