POESIE IN LIBERTA'


Alessandro Lentini

Alessandro Lentini, conosciuto in rete come Mr. Sefossiaria, è nato a Roma nel 1977, diplomato alberghiero e sottocapo della Marina Militare. Dopo anni di navigazioni (tra cui cinque sull'Amerigo Vespucci) ora lavora all'Ufficio Stampa della Marina Militare a Roma. Scrive poesie da sempre. Ha un blog dove chiunque può leggere ciò che scrive: sefossiaria.wordpress.com/

Contatto

Dama col sorriso (Dama con l’ermellino)

Che splendido animaletto,
tra le tue braccia,
anima, a letto,
ti aspetto.
poco conta il tuo abito,
stile antico, fuori moda
nel momento esatto in cui nacque.
Fuori moda come te,
sensibile amante,
timorata, timorosa della nuda
intimità.
Ma...
io...
lo so, lo so dove nascondi l'altra mano;
è dove t'ho chiesto di metterla,
dove non riesci a fermarla,
nelle labbra tue più calde,
che fremono
mentre la tua bocca si crepa
in un gemito
che nascondi col sorriso.

Immagino adesso...

Immagino adesso
La soffice vestaglia
Candida, trasparente
Chiusa, ma non troppo.

Immagino i tuoi piedi
Nudi, le unghia dipinte
Freddi sul pavimento
E un neo inconfondibile.

E poi le tue mani,
sistemi i capelli,
via gli orecchini
addrizzi gli occhiali.

E vedo ora un piccolo
Raggio di sole
Obliquo, polveroso
Sbirciare dalla finestra;

sale di nascosto
dal bracciolo del divano
s’arrampica sul cuscino
e studia le mosse.

Silenzioso rotola piano
E s’inoltra tra i capelli
Penso d’averlo perso
E invece come goccia, come..

.. rugiada di foglia
Scivola fino all’occhio
E la sua linea retta gli concede
Solo quello.

Occhi chiusi, nervosi
Non ricordo il colore;
ma il raggio di sole
è già sul naso.

Non si può fermare
Neppure lo vuole
Taglia di netto in due
La tua socchiusa bocca,

appena appena aperta
Piccoli movimenti
Tu già sogni
E il sole, birichino raggio

Si tuffa dal mento:
oh.. il collo,
leggera collana
ma non una catena.

Il raggio scende
Nel profondo dei luoghi
Nel vasto lago
Sul tuo petto pallido;

questa maldestra vestaglia
aperta sui tuoi seni
morbidi capezzoli
e respiro regolare.

E costole come onde del mare
La ripida discesa verso
Il maelstrom della tua pancia
E piccolo ombelico.

Ma neanche il vortice
Potrà fermare il sole
Che finalmente comprende
E si strugge al pensiero

Di vedere laggiù
Gambe d’avorio
E piedi incrociati e più su
Nascosto, caldo e umido

Il tropico del tuo corpo
Prigione della ragione
Elogio, in questo
Elogio della malinconia.

E il sole capisce
E s’aggrappa ai fianchi
Si tiene come può, sciocco,
misero, non potrà.

Cade veloce di lato
Sull’ultimo lembo di pelle
Silenzioso,
disperato tonfo sul divano.

L’IMMAGINABILE MISTERO

L’immaginabile mistero
È la forma
Delle rughe degli occhi sorridenti,
è il colore di labbra
spogliate
d’untuosi orpelli.

L’immaginabile mistero
È la linea
Tratteggiata, punteggiata
Della schiena e della
Colonna e
La sensazione di seguirla
A mano aperta.

L’immaginabile mistero
È il cerchio
Concentrico che la mano destra
Farà sul seno sinistro
E la sinistra sul seno destro
Mentre
Ti sei già persa i dettagli
E vorace
Vuoi divorare bocca e
Lingua e collo e ansimi
Come il mare e profumi
Di sole e se non fossi dentro te
Sarei riverso,
boccheggiante
nell’immaginabile tuo mistero.

QUATTRO LUGLIO, NEW YORK

Le quattro di mattina;
la scritta Sony argentata della sveglia,
l’ora illuminata di rosso.
Le quattro di mattina a New York.

Dodici ore fa stavo lavorando,
in una cucina minuscola.
Poi una doccia
Ed è stato IV luglio anche per me.

Le quattro e dodici;
abbiamo cenato per strada,
hot-dog e birra,
poi trovammo una festa.

A quel party ho perso di vista i miei amici,
ballavo solo, con un drink in mano.
Certo, perché no..
Ero felice.

Beth l’ho conosciuta li
A quella festa.
-di chi sei amico tu?- mi chiede
-di nessuno- rispondo.

Lei ride, di gusto.
-sei un imbucato- mi fa
-si, bravo vero?- le dico.
Lei ride, di gusto.

Le quattro e trentuno.
Non ci piaceva la festa,
Beth ha guidato fino ad un bar,
erano pressappoco le undici.

-il marinaio!- sgrana gli occhi.
-si, ti sconsiglio una storia con me- le rispondo.
Ma lei beve birra senz’alcool
Ride e parla. Mi piace.

Mentre mi spoglia me lo dice
Che lo sa, non mi rivedrà più.
Ma non ha paura, mi bacia.
I baffi le fanno solletico, ride.

La cinque e undici di mattina,
io mi dovrei rivestire. Passa una macchina sparata.
Qui però si sta così bene a far scivolare
Le dita sui suoi fianchi.

Beth dorme, silenziosa.
Non sa che sono sveglio.
Mi aspetta un giorno di lavoro.
Duro. È duro questo lavoro.

Anche perché domani mi porterà via,
mi porterà a Boston e
io
non glielo dirò.

Perché lei potrebbe anche raggiungermi
Ma tra meno di un mese sarò
dall’altra parte del mondo.
Le cinque e ventitrè. Mi serve la forza.

Mi serve forse il coraggio
Di mollare tutto, buttare tutto.
Potrei restare qui,
vuoi che non trovi un lavoro?

Potrei restare a ridosso di questo favoloso culo
Fino alle nove,
poi andare in nave, congedarmi
e cercare lavoro. E tornare da Beth.

Guardo la sveglia, cinque e trenta.
Mi allontano dalla schiena e dai suoi nei,
dai suoi profumi frammisti
ai miei odori.

Mi vesto, lascio un biglietto,
una poesia, un saluto.
Tra mezz’ora mi dimenticherai,
ma lo strappo nel lasciare il tuo letto..

m’accompagnerà in tutti i miei giorni;
Morire è un colpo di pistola
Ma lo sparo dura tutta una vita;
Chiudo la porta, le sei e otto minuti.

CERCO RIPARO

Colori ce n’è
Anche troppi, di troppo disordine
Limoni e porti sepolti
Tutto gettato così.

Io prima o poi
Dovrò anche uscire da qui
Sarà meglio avere
Idee chiare e obiettivi.

Cerco riparo sotto le ciglia
Ma è li che il temporale
Getta le sue gocce più pesanti.

Parlerò al mondo
O ad una classe
In migliaia mi ascolteranno
Con le spade tremanti.

Ma non sono un conquistatore.

Colori ce n’è
Ma non saprei, non vorrei
Dare nomi che non posso sostenere
L’azzurro è del cielo.

Il rosso è di una rosa
E in questa casa, di rose,
non se ne vedono più.
Ancora un minuto..

Cerco riparo sotto le ciglia
Ma è li,
che il temporale si fa più forte.

DELL’AMORE PREFERIREI NON PARLARE

Non ti voglio guardare,
Tevere,
gonfio e rabbioso
coi rami che porti via
e il grigio marrone
limaccioso
tuo essere fango
m’attira
che non vedo il fondo, non so chi sei
cos’hai, cosa porti, cosa nascondi,
ma non ti voglio guardare
che mi riporti ad un abbraccio
e dell’amore preferirei non parlare.

Non ti voglio parlare,
Roma,
bagnata e raffreddata
con gli alberi spogli
e il traffico impazzito
nei vicoli ti spogli
m’offri sigarette
un drink, ma no, meglio di no
che sei sporca come una donna
ma fuori risplendi come una donna
e non ti voglio parlare
che mi riporti ad una storia
e dell’amore preferirei non parlare.

Non ti voglio ascoltare,
pioggia mia,
triste e continua,
pesante sulla testa,
leggera nei vestiti
col tuo cicalare e ribollire
scorrere e ristagnare
con la particolarità di diventare
fango, nebbia,
mare, lacrima, e di nuovo pioggia
non ti posso ascoltare
perché t’amo e
… dell’amore preferirei non parlare...

La donna nuda

Qualcosa è in viaggio
verso di te..
Arriverà quando meno te lo aspetti
e nemmeno io so quanto ci impiegherà.
Qualcosa di te, invece,
è qui. sempre qui.
Non sono le tue foto,
nemmeno le tue lettere;
non sono le tue risate,
neanche le tue mani.
La vita è troppo corta,
il tempo passato insieme è stato una briciola di vita,
ma non l'ho sprecato;
sono sceso all'essenza,
ho trovato il segreto,
ho spolverato il tuo cuore
da meschina miseria di amori;
poi via l'orgoglio, il pudore,
il timore dei sentimenti,
la paura dell'amore,
l'inutile nascondiglio delle parole
che vorresti dire ma non ti senti.
ti ho tolto tutto e cosa è rimasto..
cosa sobbalza quando ho il singhiozzo:
quello che ho tenuto per me è
una donna nuda
che inchioda gli occhi nei miei.
e non andrai più via.

LE COSE CHE HO SCRITTO SULLA SCHIENA DI UNA RAGAZZA

Spalle come colline
lussureggianti,
mi portano al collo,
il tuo, che amo baciare.
Guardi la televisione,
seria, sorridente,
non ti accorgi che scrivo su di te,
ti credi siano i soliti massaggi.
Il nero ti dona,
tra le scapole lascio una goccia
d’inchiostro,
la vedo scivolare piano
tra le vertebre; se non ti avessi qui
non saprei nulla dell’amore,
niente del sesso.
Invece sei qui sdraiata,
il sole asciuga prima
tutte queste mie parole
e ho bisogno della tua pelle
sulle mie labbra,
del tuo odore nel naso,
mentre ti bacio.
Ridi, ma che ti ridi;
io qui che scrivo quel che mi viene
sono ormai a mezza schiena.
Vorrei vedessi questo spettacolo,
vorrei fossi capace di sentire
come mi fai stare,
così mi potresti credere
quando ti dico certe cose;
ma tu cambi canale, perdi interesse;
no, non ti girare.. non ho ancora finito questo
mio messaggio.
Ho ancora delle cose da dire,
ho ancora tempo
prima di partire;
ho ancora pelle
su cui scrivere;
cosicché avrai da leggere
qualcosa di mio
quando il treno
mi porterà un’altra volta via.
Ma non resisto più ormai, alle tue
Nudità non resisto mai;
come sempre la cosa più difficile
è mettere il punto,
decidere che una poesia è finita;
vorrei essere quest’ultimo verso
e morire
finire
essere parole,
poi solo una,
poi più niente,
assorbito ormai
dalla tua pelle.

Nontiscordardime

Sulla riva di un lago
Esterno giorno
Luce calda, sole splendente
Nontiscordardime.

Tommy che corre,
le anatre che scappano
le foglie a terra
io e te
e una fotografia.

Quello era un momento
Per cui vivere
Ce l’ho qui,
sul cuore,
post-it giallo di rosso amore.

Ti chiedevo che posto fosse
Io che conosco solo il mare,
ti chiedevo il nome degli animali,
dell’isolotto nel lago,
il lago maggiore.

Non ti sei mai chiesta
Quali erano le cose che sapevo;
non mi hai mai chiesto
cosa credevo.

E li, sulla riva del lago
In un esterno giorno eterno
Un fiore tra i tuoi capelli
Che spio con l’occhio socchiuso
Distratto dal Bacio,
mi chiedo come si chiami..
che scemo..
Nontiscordardime.

ALDA VOLO’

Alda volò,
tra amici e scrittori
tra navigli e pastiglie.

Se ne fregò
Di sterili consigli
Cedette agli abbagli.

In alto,
sopra città inventate
attraverso nubi di baci
piovendo lacrime e...

ora non piange più;

tra storie mai iniziate
che non riesce a far finire
perché
fa più male il dubbio
della certezza del non amore;
fa più male un bacio mai dato
che un sorriso negato.

Alda volò,
attraverso dottori ed ospedali,
versando parole.
E vola ancora
E verseggia ancora parole,
parole d’amore;
solo quelle.


Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Letteratura
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Aggiornamento: 27/11/2012