POESIE IN LIBERTA'


FABIO SOMMELLA

Fabio Sommella è nato a Roma nel 1958 dove vive e lavora. Pur biologo, lavora nell’informatica da tempo immemore e, fedele a un principio di rifiuto delle specializzazioni unilaterali, viceversa favorevole alle sane contaminazioni culturali, si è parallelamente interessato a numerosi altri eterogenei ambiti, approfondendo autonomamente, secondo i propri metodi, la composizione musicale, la poesia, scrivendo di saggistica e narrativa, appassionandosi ad argomenti artistici e scientifici.

Le sue pubblicazioni, insieme ad altre produzioni e informazioni, sono citate nel suo sito www.fabiosommella.it

E’ contattabile ai seguenti indirizzi email: qui o qui

Mattino

Chiaror di luce
all'orizzonte sale,
oltre quell'ombre
gigantesche all'alba,
e di fulgor vermiglio
irrora lesto il cielo che,
trasecolato quasi
da soppiatto ratto,
notte saluta
cedendo al giorno fatto.

[18 dicembre 2007]

Trasfigurazione

Bella,
come la notte
stendi il tuo manto su me
e le tue stelle,
mirabili misteri nell’oscurità del cosmo,
dischiudono all’eterno.

[14 gennaio 2008]

Separazione (a una coppia amica)

Limpida luce di chiare albe
erano a me i tuoi occhi
e il fresco tuo sorriso,
leggero e gaio incedere
di fine adolescenza
aprivano alla vita
coi nostri studi,
benevoli presagi luminosi
ai radiosi futuri.

Trascorsi son gli anni
e per età, abitudine,
verità, inganno,
o forse per errore solo,
finito è amore e
né carezze pigre,
né sguardi distratti
ma odio e avidità restano ora,
dai generati affetti separando.

Di tenebra maligna
ci avvolge il gorgo,
i nostri risvegli aspettando.

[16 gennaio 2008]

Ma non è definitivo (a mio cugino)

Discende il sole,
ma non definitivo,
dolce su noi
ragazzi nel '60.

Permane luce
vitale ancora
anche dopo tua morte,
come un tramonto lieve
per vie solitarie
di Roma provinciale
e popolare, del quartiere
in bianco e nero,
d'immigrati
e vecchi romani
sempiterni, comuni,
come in antichità
dai nonni narrata,
adesso e prima quando,
nei quieti ricordi
guerra finita,
l'Italia edificando
durante e prima il '68,
giorni lontani,
tra sapori di giovani dossier
TV su noi dissertando
coi lunghi capelli,
un Sanremo ascoltando
di melodie struggenti,
tra strade bianche
di cuori matti e sale.

Tramonta il sole,
ma non è definitivo
il dipartire tuo.
Ancora cerchi e chiedi
significati sul continuo
arrabattar d'allora,
or che sei andato,
come fumo
di note
e nulla più rimane.

C'incontreremo
ancora
in un buco nero
o nello spazio-tempo,
in un crepuscolo o in un film
da cantici storditi,
colonne musicali
di storie sempre amate,
o al limitare
di marciapiedi e strade,
tra onde salate
di Anzio o Fiumicino,
nei mari lunghi
e assolati,
di polveri terrose
di giardini,
tra suoni di juke-box
notturni o mattutini,
lasciati a naufragare,
arrugginiti,
d'inesplorati avvenire
generazionali ragionando,
tra formule di scienze matematiche
che schiudono al mistero
di luce e notte
fino alle stelle,
scorte sole e furtive
da un terrazzo di tenebra,
mentre una musica
solennemente leggi
e, trasognato,
sul futuro
favoleggi.

[30 gennaio 2008]

Canali di Venezia

Su legno certo
segui pervio canale e,
similmente al moto antonioniano,
il guardo muovi per sagomato ferro (1).

In grevi acque
fluttuanti limacciose,
baluginanti scabre facciate,
continua il corso
e lieve ora s’incurva.

Odi i vociar di veneziane genti
e il guardo ancor
discreto getti agli usci
e alle aperte verande.

Solo silenzio,
poi:
stormir di fronde
all’aumentar del vento e,
quando l’aria
di sale intorno è intinta,
trasècolando quasi,
e infine inebriando,
giaci nel sol
che fiero a picco cade.

[5 febbraio 2008]

(1) L’autore si è ispirato ad una foto, di una collega fotografa, raffigurante un canale di Venezia osservato dalla sagomata balaustra in ferro d’un ponte. La similitudine riferita, del moto di una barca o gondola, è con il movimento di macchina (“attraverso” le grate della finestra) della famosa sequenza finale del film “Professione reporter” di Michelangelo Antonioni. Da ciò prende piede, poi, il successivo sviluppo della lirica.
Intonazioni

Canti di uccelli,
in grigio aere aperto
da vento percosso,
verso fremente
di gracchianti stormi,
anelare continuo
si diffonde intorno
rilasciato in aria,
mentre d’eterni
cipressi le alte cime
solenni ondeggian
sotto al transitar
di nubi lente,
cariche e incerte,
come scrutanti occhi
di coscienza che
lo spazio percorron.

Un sussulto poi,
un fischio,
in lontananza
di motore il passaggio,
al silenzio induce
quella gran folla,
al suo acquietar completo
sì improvviso.

Così ora un volo
lo stormo lesto spicca
in ordinata squadra,
e un volteggiar risalta denso
fino a posarsi ancora
giù, laggiù nel verde
e sé mimetizzando,
nuovamente così
rinnovellando
al cielo affranto
quell’accorato canto.

[Val Cannuta, 29 ottobre 2008]

La Musica

Ti sovviene improvvisa
e in un lampo balena,
dea e musa indivisa
di gaiezza e di pena.

Lesta s’erge e s’affisa
inondando la scena
inebriante e decisa.
Fiume, quindi, si frena,

distendendo il suo corso,
quasi voglia dormire,
allentando quel morso,

il tormento a lenire
e, estasiando in un sorso
d’ambrosia, … gioire.

[1° Aprile 2009]

Oltre il verde dell’erba

Oltre il verde dell'erba,
e le alture,
a osservare indugi
il giallo dei fiori e,
tra i fruscii nei pruni
e lo stormir del vento,
t'accolgon cielo
e i cinguettii sonanti,
dei corvi il gracchiare,
e dei gabbiani
i canti
che fan corona ai rombi
di traffico lontano
come tuono d'aeroplano
che appare, misto al sole,
dissolversi in chiarore.

[Caffarella, 7 novembre 2009]

Il viaggio trasfigurato

Sarà
come il pensiero
d’un pomeriggio
in primavera,
scrutato tra feritoie di persiane malchiuse
mentre fuori, nell’aria intiepidita,
s’avvertono profumi di fiori
e aromi di rinascita
che a mari estivi preludono,
e le memorie del tempo
riemergono pregnanti
a risvegliar lo spirito
tornato bambino,
tra raggi di sole
e il verde di rami più fitti;
allora
d’un canto gli echi
fenderanno il cuore
fin quando quella crepa
cederà alla nostalgia
del tuo giardino fiorito,
dove ancora suoni e colori consueti
si perpetueran medesimi
in un eterno carosello
di luci, musiche e parole
mirabilmente intenerito
dalle vite che seguiranno,
a te,
trasognato assente
di quel perenne girotondo.

[28 gennaio 2010]

Amore ti amo

Amore ti amo,
nel ritrovarti
in questi miei frammenti di lavoro,
brandelli e tessere
di mosaici
in corso di ricomposizione,
sprazzi di luce
in bui panorami
che illuminano le tenebre di quest’essere,
ignoto,
che mette sgomento
con sue notizie di morti ignominiose;
reintegrano unità,
in uno sguardo e abbraccio
avvolgente il mondo;
in questa volontà di capire,
che dal particolare
ritorna all’assoluto.

Amore ti amo.

[10 febbraio 2010]

Estratte da “La Città e il Cosmo” (LULU, 2010)

Di verità rosso nella sera d'agosto

Luce solare
persiste nel rossore
dell'agosto serale, ancora
lasciandoti indugiare
nel di città placido
chetare,
adesso che più lieve
l'ora è assaporare;
docile, languida,
nei dilatati spazi
tra il verde dei semafori
e file d’alberi,
nel dolce respirare
oltre finestre
al cielo infine
e,
in un tenue motore,
cogliere come
di verità quel briciolo,
lì,
nel suo remoto
andare.

[18 agosto 2010]


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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Letteratura
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Aggiornamento: 27/11/2012