POESIE IN LIBERTA'


Giorgia Spurio

I - II

Ustioni di silenzio

Sbattono ali di vento
Piove neve in rugiada
E poserò bacio sugli occhi del sole
E ustioni colpiranno la mia rosea bocca

Perché non mi leghi al tuo pensiero?
Perché non mi doni le corde delle tue ragnatele?
Perché non in un solo sogno mi accogli?

Sbattono ciglia di fate
Agli occhi dono di lucciole e stelle
E nella notte poserò placata agonia
Sul talamo del tuo silenzio.

A sfiorar intemperie

A sfiorar silenzio
in questa notte
a cercar la tua voce
senza volto

A illudermi
che la tua ombra
mi stia pensando

Che stelle possano
di maledizione sposarsi
come luna perire
d’amore

È il sole del sagittario
che senza arco né frecce
non sa che è figlio di nessuno

Nel cuore che ha pelle d’uomo
solo per metà d’essere
e mezza mela è già marcia.

Il Nome

Madri strette al loro scialle nero
come gazze pronte
a rubar chicchi d'uva al silenzio

Fiere lupe
che ringhiano d'ira
al passo del pavido vento

Soldati senza nome
son ricordati su pietra
e nemmeno i papaveri gridano d'eco
il loro passaggio
lasciando all'aria la carezza del pianto

Non importa alla pioggia alcuna tomba
che accolga ogni sua goccia

Chi fossero quelle donne?
Mogli, figlie, promesse spose...
Che fossero angeli vestiti in lacrime...

L'aria può solo consolare spighe di grano
che pungono il fato
e dare un nuovo nome al buio d'anima
rapita come miele in botte di legno

Aprono ali di corvo le nuvole
dando una nuova ombra al morto Amore,
eppure un tuono ebbe il primo nome,
e fu la nascita di un bimbo.

La fattucchiera degli angeli

Pioggia di miracoli impiccati
alla corte di re ubriachi
che cercano vergini spose da sacrificare
poi per un regno in eterna guerra

Sale il mare e ingoia la fame,
speme che canta senza ingordigia alcuna
cercando onde da acclamare
e da distruggere contro scogli
e derive di scheletri naufraghi

Amanti di navi che solcano gli oceani
di universi senza pianeti
Amanti di quelle divinità
che nuotano nel lembo di uno straccio
che accoglie fra i suoi tessuti di braccia
il silenzio dei viaggiatori

Voglio ora stoppare
questa processione di anime
che come fantasmi
sussurrano incubi
alle orecchie di chi ancora cammina
seguendo la via di un sogno.
Mi metteranno a rogo?
Come fattucchiera che non ha più usato
vender bugie di filtri
elisir che donano il veleno dell'ebbrezza...

E così nel fuoco
l'ultima parola sarà persa
come ultima nota di una melodia
che riusciva a toccare le piume degli arcobaleni

Pezzi di ceramica e pelle

Silenzio in frammenti di bocche
che respirano ansimando
in vasi di cristallo
tra mani rivestite di reti

Stupro di mare e onde di roccia
fra pescherecci e urla di gabbiani
Fra pioggia e nubi
che corrodono la pelle del tempo

Consumata è la ceramica delle lacrime
ed un grido sovrasta l’anima.

Delirio

Dolci nebbie di mesi
di miele d'autunno
scendono come veli
sui cieli
della perduta mortal città

Aspri colli di divini
scempi d'inverni
e di donne che baciano
la pelle nuda
delle rugiade
che gli aghi
rubano ai fiori

Ladra di delirio
sarà la luna
Ogni labbra sarà bacio
capace di nutrirsi
di pazzie d'amore

Scempio di passioni
che controllano la ragione
e inchiodano il senno della cagione

Dammi la mia prigione
E corde bianche per i polsi bianchi
di colei a cui strappasti il seno

Il dolore dello sposo

I fiori del buio
baciarono il respiro
delle anime del silenzio

La luna cantò
come un rintocco nell'eco
Lirico suono di voce
che si perde nel diafano essere
Ali che si aprono
e piume fantasma si perdono
cadendo come foglie
che urlano in segreto

Il vento cercò la sua sposa
Il suo soffio cercò il suo corpo
E la trovò come rosa morente
distesa sul cemento

Fu amore staccato dall'albero
Fu linfa che gocciolava lenta
come sangue dal rubinetto

Raccapricciante dolore
di chi amava il suo amore

Mea culpa

Mea culpa
Mea culpa
Mea culpa
E il sangue cade
sulle ciglia bianche

Mea culpa
Mea culpa
Mea culpa
E il tormento sporca
di vendetta le dita stanche

Mea culpa
Mea culpa
Mea culpa
Fu il cielo a piangere
sogni morti del colore del latte

I lineamenti del buio

Le nuvole all’orizzonte
e ti perdi nell’olimpo dei cieli
Nel baratro dei pensieri
tra onde anomale e temporali improvvisi

-Tu sei un quadro astratto
in una tela futurista
dipinta da mano simbolista-

Dio dei miei sfregi,
mangiami i colori
che a tempera
festeggiano e adornano il mio corpo
e ad olio
illuminano i miei contorni…
lineamenti che accecano il buio.

Il boato

Slavine di parole
Di silenzi
Di pause
E sorrisi
Occhi verdi dove le candele si accendono
Pupille nere dove risplende il sole

Catrame di petrolio
Nel silenzio un boato
di mani di ghiaccio

L’unicorno

Bianco il cielo
nevica le sue stelle
E nera la notte
bacia suo figlio
il vento
che silenzioso abbraccia
i nostri corpi nudi e freddi

La neve che le labbra
baciano all'alba
E i fiori che gli occhi
baciano al tramonto
Come il mare che in autunno
vuol sposare le nuvole
Così ora il cuore
abbaia il suo muto amore

L'unicorno che corre
tra i nostri sogni
bacia il nostro orologio
Le lancette
che il tempo fa
come proprie figlie
corrono tra i nostri ricordi

Un sospiro e un'immagine
si scontrano nella casa del fato
E il desiderio ecco che corre
baciandoci la fronte.

Passi nudi

Mi avvicino a passi nudi
verso il tuo nudo corpo,
guerriero che giace stanco
sul letto delle passioni volute e segregate
nel cuore di quella mia anima
che infreddolita tende la mano

Toccherò in lenti sorsi
le tue dita
leccando ferite e cicatrici

Ti farò mio
e mi imprigionerò in catene di mare

Mi farò tua,
lenta ala che ti accarezzerà
in sussulti che le onde ricoprono come sabbia

Strappami piume di veli
dipingimi nei tuoi respiri.
Sarò quadro che si farà ammirare,
inclinerò il mio collo
e ingoierò salive di peccato,
dolce miele che scivola lento nella gola del pensiero
lento come le tue mani sulla mia pelle.

Fili di luna

Rose che aprirono ali
furono le parole scritte
in graffiti
su muri di pece e cenere

Abbracci di foglie d’inverno
e di pianti d’estate
furono presi e custoditi
nel segreto di un magico sogno

Rose che aprirono i petali
furono come lettere di un lontano alfabeto
in graffiti
incisi come ologrammi di un amore
stampato nella memoria dell’infanta

Salutarono i silenzi
e le bambole partirono
mano per la mano con i sogni cavalcando
l’unicorno dei bimbi
che dormono travolti da incubi

Fai silenzio, amore,
stringimi fra dita
di cui non avrò paura

Fai silenzio, amore,
stringimi fra i fili di luna.

Squame

Squame di pensieri
la pelle lecca
Frammenti in foglie di specchi
come scaglie rosse
di bocche che sorridono

Al nulla fu invocato
il figlio del pensier finto
Lì annullato fu il cuore
di uno spezzato gemer di pianto
incastrato sul giaciglio

Labirinti in fiore

Sabbie salgono nella gola
dei fossi che le ali
in corvi e angeli
portano via
granelli di te
nel sogno che nero
prende gambe
per camminare
arrampicarsi come granchio
su scogli lisci e umidi

Abbraccio sarà voluttuoso bacio
timido e bianco
come bocca vergine
che chiusa
non piange
nella vergogna
di un amore...
che il bastone farà sentire su schiena
gocce di piogge
che tappano bocche alle foglie
urla dell'autunno
tradito preso e abbandonato
dove la primavera
gira e vaga decapitata

Ridammi il silenzio
che ti avevo donato
in scrigno d'argento
in zanne d'elefante
in avorio intarsiato

Ridammi il buio
che ti avevo dato
in luce d'ombra
afferrata dal mio petto...

Camminerò scalza
cercando di rapire
tra unghie e dita
i profumi che lasciasti
sui sentieri
dei labirinti in fiore.

Speme

Le campane suonavano ogni rintocco
Come per avvertire una sciagura

Il pianoforte confortava le mani tremanti
Il vento spalancò la finestra
Rabbrividii seguendo l'incubo di quando ero bimba

Il giornale è sul tavolo
Vicino la tazza di latte

E tu dove sei ora?
Rose di pesco volano
Come danza di gelida neve

Neve di pesco vola
come danza di gelida speme

La casa della lumaca

Come gocce
Vanno giù gli schizzi d’acqua cristallina

Ridono i bambini
Piange la panchina
Profumo di quercia
di dolce uva
del morbido abbraccio del mosto
Voglia di desiderare la vita

Bacia la casa della lumaca distrutta
Senti il sale del mare sulle labbra
e i lunghi riccioli che nascondono
le dolci forme della mia ombra

Fatta di pioggia è la sua veste
Di nera cenere bianca
la sua pelle sfiorata
dallo sguardo della luna
Di bianca neve rossa
è la sua patetica ingenuità
intangibile se non dagli occhi della pietà

Pura e casta è la sua compassione
sverginata dall’illusione
Pure e caste le sue urla
Buio e silenzio è il suo letto
Scuri e morti sono i suoi fiori
Opachi e stufi sono i suoi occhi
Lucidi e ciechi in questa notte nuda
come un’antica statua d’ebano
fiorita nella savana dei nostri perché.

Si posano

Odori degli aranci
come il profumo giallo che sorge
dal mare dell’inverno

Odori delle foglie
rosse come le ali di un fiore
si posano sui capelli

Odori delle luci
sospese come foto
si posano sull’anima

 

I miei siti:

Contatto


Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Letteratura
 - Stampa pagina
Aggiornamento: 27/07/2017