PAOLO VOLPONI: IL CORAGGIO DELLA DIVERSITà


Il realismo di Paolo Volponi

I - II

Dario Lodi

Da buon comunista, Paolo Volponi (1924-1994) sognava una società di pari, ma era costretto a vivere in un sistema che non sembrava per niente orientato in quella direzione, per quanto si dicesse democratico.

Lo scrittore marchigiano, nei suoi due romanzi considerati i migliori, “Memoriale” e “Corporale” descrive realisticamente ciò che sta avvenendo grazie al boom economico italiano di fine anni Cinquanta - primi anni Sessanta del secolo scorso, ricamandoci sopra in due direzioni: quella pessimistica che vede la vittoria dell’individualismo sfrenato, strettamente pragmatico, e quella idealistica che si batte per la valorizzazione a favore di tutti dei frutti del progresso industriale. Il suo è un discorso basato su un proposito di solidarietà che prescinde dalle considerazioni naturali legate al concetto di individuo per abbracciare il concetto molto più avanzato di umanità. La fratellanza umana è vista da Volponi come qualcosa sì di romantico, ma anche di logico per la tutela stessa dell’uomo in quanto essere, tutela che la lotta individuale mette a repentaglio. Lo stesso ambiente, sotto le pretese particolari e innaturali del sistema in atto, rischia il disastro con tutto ciò che ne consegue anche per la genia umana.

Entro questo ambito, si riverbera una preoccupazione a largo raggio per quanto riguarda l’intera personalità umana. Volponi, nei suoi scritti, assume un tono saggistico, ammonitorio, che gli consente di porre in evidenza la necessità di provvedere al mantenimento di tutte le peculiarità umane, andando ben oltre quella robotica che la macchina produttiva esige. La cosa si apprezza chiaramente nel “Memoriale”, dove lo scrittore descrive le difficoltà d’inserimento di un reduce, mezzo malato, in una grossa fabbrica. Non ci riuscirà, la fabbrica deciderà di respingerlo, oppure sarà lui a prendere questa dolorosa decisione. Il fallimento è la prova della insensibilità del sistema, della sua disumanità. Volponi, nel romanzo, insiste sui tentativi del poveretto (in partenza poco convinto di farcela) ed è lieve sulla delusione finale, accettando la rassegnazione all’ingiusto accantonamento. “Corporale” è un romanzo più complesso e più articolato. Il personaggio pencola qua e là: è attratto dal sistema e ne è respinto. Cerca una salvezza, se la crea con le proprie mani, ma si rende conto che è effimera.

Volponi sembra arrendersi all’evidenza e dare ragione al suo amico Pasolini: quest’ultimo s’era battuto, con armi spuntate, con mentalità obsoleta, contro lo strapotere industriale, vaticinando disastri per il genere umano e per il mondo stesso.  Ma lo scrittore marchigiano crede nel valore del progresso produttivo: i suoi interventi sono per il sogno dell’equità, o quanto meno, della ridistrubizione dei guadagni saggia e rispettosa del lavoro e della persona. Così, la protesta pasoliniana appare vaga e infruttuosa, mentre quella di Volponi costruttiva, per quanto sentimentale. Pasolini è fuori della storia, Volponi ci sta con un solo piede, ma ostinatamente. La sua ostinazione è condizionata da un programma con pochi appoggi solidi e da una volontaria mancanza di analisi approfondita dei motivi che sorreggono in modo robusto il sistema capitalistico. Esso non è un’invenzione della rivoluzione industriale, ma i suoi prodromi sono radicati nell’animo umano, quello preistorico. Non è una questione genetica, ma un fenomeno culturale primitivo che ha guidato, male, l’evoluzione dell’umanità. Realmente, un perfezionamento della primitività.

Il fenomeno comunista è più romantico che intellettuale, è più filosofico che realistico. Oggi è più credibile lo sviluppo di una disuguaglianza nell’uguaglianza fra gli uomini e l’avvento, finalmente, di una consapevolezza più profonda del tutto, un Nuovo Umanesimo insomma, laico questa volta:  cosa che probabilmente Volponi covava nel suo animo.

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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Letteratura
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Aggiornamento: 10/12/2012