PAOLO VOLPONI: IL CORAGGIO DELLA DIVERSITà


IL LANCIATORE DI GIAVELLOTTO


Sfilata fascista (www.webdolomiti.net)

Pubblicato da Einaudi nell'aprile del 1981, narra la storia di una formazione giovanile incompiuta e terminata in tragedia, di un complesso edipico irrisolto vissuto in uno scenario di provincia marchigiana degli anni '30, durante il fascismo. Nonostante il linguaggio e la struttura fossero semplici, non sperimentali, non fu gradito molto sia dal pubblico che dalla critica, eccetto Carlo Bo, a cui piacque e parlò di "canto disperato", Giudici e Raboni, che apprezzarono l'alto tasso metaforico nel testo, ed altri che hanno sottolineato l'importanza del tema psicoanalitico trattato: la malinconia giovanile.

Protagonista è il ragazzo Damìn Possanza, che appartiene a una antica famiglia di artigiani vasai. Affezionato al nonno Damiano, destinato a salvarsi come artigiano e artista, insieme a lui avverso a suo padre Dorino, uomo debole eppure ambizioso nel voler superare il lavoro artigianale a favore di una attività allargata di piccola industria, legatissimo a sua madre Norma, bella forestiera (nata a Urbino, ha sposato Dorino che vive a Fossombrone) dall'animo inquieto e sensuale, e alla sorellina Lavinia... sembra vivere felicemente la sua adolescenza, fino a quando non scopre che la madre se l'intende con il bel Traiano Marcacci, il capo dei fascisti di Fossombrone.

Li vede entrambi lanciarsi sguardi di intesa in chiesa, poi li spia mentre fanno l'amore di notte in un rudere vicino casa Possanza. Anche il nonno "sa", ma al contrario di Damìn, non giudica la nuora, perché comprende che Dorino non la soddisfa. Del resto, nonno Damiano, uomo ancora vigoroso, non è immune al fascino di Norma, e cerca di non incontrarla per casa, imbarazzato dalla sua bellezza.

Damìn soffre e si impedisce di vivere le prime esperienze amorose, che sembrano invece così facili ai suoi amici. Nasce nel ragazzo una avversione verso il sesso femminile, e a nulla valgono il tacito esempio di tolleranza del nonno e le "lezioni" di sesso del calzolaio anarchico Occhialini, che insegna ai ragazzi del paese ad avere rispetto per le donne, a considerarle capaci e meritevoli di godere liberamente del proprio corpo, a non considerarle "puttane" anche quando si abbandonano agli atti sessuali più arditi.

Damìn, a tu per tu con l'anarchico consigliere, chiede, senza fare il nome della madre, se una moglie infedele è una puttana. Quello gli risponde che dipende da chi è il marito, chi l'amante, quali sono le condizioni di vita di questa donna, che può anche essere maltrattata o trascurata dal marito e quindi cerca altrove la giusta soddisfazione dei sensi. E se lo fa con un fascista? domanda ancora Damìn. L'altro gli risponde che allora è una illusa, perché un fascista userà il suo corpo e poi la sputtanerà anche, perché un fascista è incapace di amare e pensa solo alla sua soddisfazione e reputazione di toro da monta.

Eppure il ragazzo prova, non solo avversione ma anche una torbida ammirazione verso il fascista Marcacci, il quale, peraltro, dirige il gruppo di atletica di Fossombrone e paesi vicini. Damìn, che ha problemi di integrazione a scuola, è invece bravissimo nel lancio del giavellotto, e Marcacci lo prende per questo in simpatia e lo porta alle gare regionali ad Ancona, che Damìn vince.

La relazione tra Marcacci e Norma è tormentata e fa soffrire la donna, che piange in casa senza dare spiegazioni (del resto, in città tutti sanno della sua infedeltà). Damìn spera che la sua sofferenza la metta dinanzi alla colpa (egli non riesce a considerarla innocente) e in qualche modo la redima. Ma lei non cessa di amare il virile Traiano, nemmeno quando scoppia uno scandalo a causa di estorsioni da lui commesse ai danni di possidenti, per le quali viene espulso dal partito e fugge a Roma; in seguito, dopo la guerra d'Africa, tornerà al paese decorato e con una ricca e nobile sposa al fianco, suscitando ancor più la sofferta gelosia di Norma.

Damìn non ha il coraggio ancora di corteggiare una ragazza, è inibito dal suo dolore; anche una lavorante del nonno, la quarantenne Lena, non riesce a sbloccarlo. Lo invita a casa sua, all'inizio sembra andare tutto bene, ma quando lei cerca di passare dai baci a qualcosa di più intimo, il ragazzo rimane offeso e va via.

Intanto ha già vissuto i primi tradimenti autodistruttivi, perché nel momento in cui tradisce il "maestro" Occhialini e un suo compagno di classe, è come se facesse del male a se stesso. Verso Occhialini prova una irresistibile antipatia, perché crede che si prenda gioco di lui e, come gli altri, goda della sua sventura familiare (non è così naturalmente). Ruba un flacone di tintura dalla sua bottega e va a scrivere scritte offensive verso il fascismo e il duce, sui muri della città, lasciando poi vicino il flacone per far incolpare l'anarchico, che infatti verrà picchiato dai fascisti e imprigionato in un carcere vicino Roma.

Il compagno di classe, prima di partire per l'Argentina, gli lascia un biglietto da consegnare a una ragazza della loro stessa classe di cui è innamorato, ma Damìn non rispetta l'impegno e lacera il biglietto buttandone via i pezzi, dopo averlo letto.

Quando comincia a frequentare la scuola d'arte di Urbino, dà prove di grande abilità nel disegno, ricevendo l'ammirazione di professori e alunni. Lena comprende che è destinato a qualcosa di superiore, lo invita nuovamente a casa sua per una seconda prova sessuale, ma il dolore morale impedisce a Damìn di andare dalla donna. Egli si accontenta della masturbazione, immaginando una serie di figure femminili, e tutte gli ricordano la madre.

Quando ormai la sorella è divenuta ragazzetta piacente, a una festa in cui si balla e si ride, quella sorella che lui ha così tanto amato come figura pura da contrapporre alla madre traditrice e puttana, quando Lavinia comincia a cedere agli sguardi di libidine del compagno di ballo, in quel momento Damìn non ci vede più dalla rabbia e, riconoscendo in lei gli stessi gesti lascivi della madre sotto il corpo di Marcacci, la colpisce con una roncola al collo uccidendola. Poi fugge via lanciandosi dal parapetto di un ponte, facendo di se stesso un giavellotto con una bravura che, nella sua mente turbata, dovrà annientare persino il dolore.

Poco tempo dopo, Occhialini, che uscito di prigione si era rifugiato in Francia, torna a Fossombrone per lottare nel partito comunista clandestino. Va a visitare la tomba dello sfortunato amico, seppellito dal nonno accanto alla sorellina, e capisce che è stato vittima della società borghese fascista, che lo ha ammaliato con i suoi falsi miti, e per una sorta di riscatto della figura dell'adolescente ritenuto in paese un artista mattoide, prende il suo nome nella lotta politica clandestina.

Il nonno, intanto, vive e lavora con la nuora, chiusa definitivamente in un dolore silenzioso e schivo. Lavorando da artigiani artisti, cioè con amore e rispetto delle cose, possono salvarsi.

Resta il monito di Occhialini nella mente, magari di un giovane lettore, che molto avrebbe da imparare da questo romanzo bellissimo: una donna che ama senza secondi fini, cioè senza vendere il suo corpo, ama con desiderio e gode e fa godere il suo compagno innamorato e per questo mai egoista, capace di riconoscere a lei il pari diritto al godimento sessuale, una donna così... non è mai puttana.

Eppure ci si domanda: questo libro è attuale? La cultura di massa ha ormai reso la maggior parte dei ragazzi vittime di una società ben peggiore di quella fascista: la società della alienazione tecnocratica. Così accade che giovani belli e seducenti usino il loro corpo come mezzo di profitto economico, sia maschi che femmine. Ormai non c'è una salvezza collettiva una volta per tutte: un duro scavo interiore occorre fare, lavorare dentro se stessi, leggendo testi non banali (come anche questo di Volponi) e meditando con attenzione sugli eventi privati e pubblici... Non c'è salvezza se non individuale: e non sarà codificata, non sarà ultimativa.

Niente è più triste di dover morire senza essere nati una seconda volta, attraverso una nascita culturale.


a cura di Leonardo Monopoli

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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Letteratura
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Aggiornamento: 10/12/2012