LATINO e AFORISMI 2
1 .. 3
Hic et illic.
Qua e là, un po' ovunque.

Hic et nunc.
Immediatamente.
Si usa per indicare che una cosa deve essere fatta subito. Lett. "qui e ora".

Hic manebimus optime.
Qui molto bene resteremo. Livio

Hic sunt leones.
Qui stanno i leoni.
Si usa, per lo più in senso scherzoso, per indicare un possibile pericolo, insito in una situazione. Propr. l'espressione, nelle antiche carte geografiche, indicava le zone inesplorate dell'Africa.

Hoc opus, hic labor est.
Qui è la fatica, qui è la difficoltà. Virgilio

Hoc opus, hic labor:
Ecco la difficoltà, ecco ciò che v’ha di faticoso. Virgilio (Eneide, VI, 129)
È la Sibilla Cumana che ricorda ad Enea le difficoltà di ritornare dall’ Averno. La frase va messa in relazione con quella citata: Facilis descensus Averni. Si usa per dire dove sta il nocciolo della difficoltà.

Hoc unum scio, me nihil scire.
So una sola cosa, di non saper nulla. Socrate

Hoc volo, sic iubeo; sit pro ratione voluntas.
Così voglio, così comando; invece di un motivo ragionevole valga la volontà. Giovenale

Hodie mihi, cras tibi.
Oggi a me domani a te.
È il monito d’oltretomba che par di leggere su ogni lapide del Cimitero. Nel linguaggio ordinario, però, s’indirizza a persone che dovranno passare per le stesse difficoltà nelle quali qualcuno attualmente si trova. Si usa in senso ironico in occasione di onorificenze o ricompense straordinarie

Homo doctus in se semper divitias habet.
L’uomo dotto ha sempre seco le sue ricchezze. Fedro
La sentenza si trova nella favola di Simonide che, fatto con altri naufragio, per il suo sapere ottenne vesti, denari, servi ed onori, mentre gli altri naufraghi, perdute le ricchezze che avevano, rimasero al verde.

Homo faber fortunae suae.
L'uomo è artefice del proprio destino.

Homo homini lupus.
L'uomo è un lupo per l'altro uomo. Plauto (Asinaria, II, 4)
Cioè l’uomo è nemico dei suoi simili, fa loro del male.

Homo in periclum simul ac venit callidus, reperire effugium quaerit alterius malo.
L’uomo astuto, quando si trova in qualche pericolo, suole uscirne con danno degli altri. Fedro
Fedro lo conferma con la favola della Volpe caduta nel pozzo, cui il Caprone dall’orlo domandò di che sapore fosse l’acqua. "Tanto dolce, rispose la Volpe, che non riesco a saziarmene". Calatosi quello nel pozzo, la volpe, arrampicandosi sulle sue corna, riuscì a fuggire, lasciandolo sul fondo.

Homo mundus minor.
L'uomo è un mondo in miniatura. Boezio

Homo proponit sed Deus disponit.
L'uomo propone, ma Dio dispone. Tommaso di Kempis

Homo sine pecunia est imago mortis.
L'uomo senza denari è l'immagine della morte.

Homo sum, nihil humani a me alienum puto.
Io sono uomo e nulla di ciò che è proprio dell’umanità, mi è estraneo. Terenzio (Il punitore si sé stesso, I, 1, 25)
Terenzio vuol dire che sente tutta la nobiltà della solidarietà umana, e che le gioie e i dolori dei suoi simili lo toccano profondamente. In generale, però, si cita la sentenza deturpandone il significato: «Sono uomo, e come tale sono soggetto a tutte le miserie dell’umana natura; quindi compatitemi se talvolta cado in errori o in difetti »

Horresco referens.
Mi vengono i brividi a raccontarlo. Virgilio (Eneide, II, 204)
Si usa, per lo più scherzosamente, per introdurre un fatto che non fa piacere riferire. Lett. "inorridisco mentre lo racconto", dal secondo libro dell'Eneide.

Horribile visu.
Orribile a vedersi.

Hosti non solum dandam esse viam ad fugiendum, sed etiam muniendam.
Al nemico non solo bisogna concedere una via per scappare, ma anche rendergliela sicura. Scipione l'Africano

Hostis humani generis.
Nemico del genere umano. Eutropio (Breviario, VIII, 15)
È una specie di lapide d’infamia che lo storico appone alla memoria di L. Antonino Commodo, imperatore Romano, che in vita ed in morte si attirò, per i suoi vizi bestiali, l’esecrazione universale.

Humanitati qui se non accommodat, plerumque poenas oppetit superbiae.
Chi non si adatta alla gentilezza, per lo più paga il fio della propria superbia. Fedro
Massima tratta dalla favola della Cicala e della Civetta: La Cicala dava noia insopportabile alla civetta di notte con i suoi canti. Pregata di starsene zitta, si mise a gridare sempre più. Allora la Civetta, dicendole che ne ammirava la voce, l’ invitò a bere il nettare donatole da Pallade. La Cicala si recò alla dimora della Civetta,che uscita dalla sua buca, la fece tacere per sempre, uccidendola.

Humiles laborant, ubi potentes dissident.
Sono gli umili che soffrono, quando quelli che comandano sono in discordia. Fedro
Simile al motto di Orazio: Quidquid delirant reges, plectuntur Achivi. Fedro illustra la sentenza coll’episodio delle rane che, vedendo i tori in furibonda lotta per la supremazia sull’ armento, cominciarono a gemere sulla propria disgrazia, sapendo che il toro sconfitto sarebbe venuto a cercar riparo nei nascondigli della palude, schiacciandole.

Humus.
Terreno, suolo.

Iam proximus ardet Ucalegon.
Brucia già il vicino palazzo di Ucalegonte. Virgilio (Eneide, II, 311)
È il grido di Enea quando, svegliandosi di soprassalto, vede Troia in un mare di fuoco e le fiamme già vicine alla sua casa. La frase viene a proposito quando si parla d’un pericolo grave, imminente.

Ibidem .
Nello stesso luogo.

Ibis redibis.
Un enigma.
Si usa per indicare una frase sibillina, un discorso o un fatto ambigui. L'espressione deriva dalla profezia: ibis redibis non morieris in bello (andrai tornerai non morirai in guerra) data da un oracolo a un soldato che, accingendosi a partire per la guerra, voleva conoscere il proprio destino. La frase veniva citata a dimostrazione dell'ambiguità degli oracoli, perché assume due significati diversi a seconda che si faccia pausa prima del non (andrai tornerai, non morirai in guerra) o dopo il non (andrai, non tornerai, morirai in guerra).

Ictu oculi .
A colpo d'occhio.

Id est.
Ciò vuol dire, cioè.

Idem.

La stessa cosa, come sopra, lo stesso.

Ignis et aquae interdictio.
Interdizione dall'acqua e dal fuoco.

Ignorantia legis non excusat.
L'ignoranza delle leggi non scusa.

Ignorantia legit non excusat.
L' ignoranza della legge non scusa.

Ignoti nulla cupido.
Di ciò che non si conosce non c'è desiderio.

Ignoti nulla cupido:
Non si desidera ciò che non si conosce. Ovidio (Ars amat., III, 397)
In altre parole: non si desiderano che le cose che hanno fatto impressione sui nostri sensi. E' il principio su cui si basa il consumismo.

Ignoto militi.
Al milite ignoto.
È la nota epigrafe incisa sulla tomba del Milite ignoto, simbolo dei 650.000 caduti italiani nella prima guerra mondiale. La salma di un combattente sconosciuto, nel novembre del 1921, fu trasportata da Aquileja a Roma e tumulata nel monumento a Vittorio Emanuele Il, sotto l’Altare della Patria.

Iliacos intra muros peccatur et extra.
Si pecca sia entro le mura di Troia che fuori di esse. Orazio (Epist., I, 2)
Cioè si pecca da tutti, e in tutti i luoghi, perchè tutti siamo impastati con la creta di Adamo. Per questo Ovidio con una punta d’ironia afferma che se Giove dovesse scagliare i suoi fulmini ogni volta che uno pecca, presto ne rimarrebbe privo.

Ille terrarum mihi praeter omnes angulus ridet.
Quell'angolo di terra di più di ogni altro a me ride. Orazio

Illico et immediate.
Immediatamente, subito.
Si usa per lo più scherzosamente. Lett. "lì sul posto e immediatamente".

Impavidum ferient ruinae.
Invano lo colpiranno le rovine. Orazio (Odi, III, 3, 8)
Il poeta parla dell’uomo di carattere, retto e tutto d’un pezzo, che, anche se le rovine del mondo intero gli cadessero addosso, rimarrebbe impavido e stretto al suo dovere, alle sue opinioni.

Imperium in imperio.
Uno Stato nello Stato.
Uno Stato nello Stato.Locuzione antica per significare qualche ceto o classe dicittadini esenti dalle leggi di uno Stato nel quale si trovano.

Impossibilium nulla obligatio est.
Non v'è nessun obbligo nei confronti delle cose impossibili. Celso il Giovane

Impunitas semper ad deteriora invitat.
L'impunità invita a delitti peggiori.

In articulo mortis.
All'atto della morte.
Locuzione presa dal frasario ecclesiastico, che s’adopera per indicare le azioni che uno compie quando è in pericolo di vita, ossia sul letto tu morte.

In cauda venenum.
Nella coda c'è il veleno.

In cauda venenum.
Nella coda sta il veleno.
Allusione alla natura dello scorpione che porta il veleno all’ estremità della coda. Il detto si ripete per certe lodi che incominciano con un "bene, ottimamente..." e finiscono con un "ma..." Oppure per certi discorsi elogiativi che finiscono con una richiesta di danaro, o simili: è la morale della favola di Fedro, in cui la Volpe loda il candore del Corvo e la sua bella voce, per strappargli di bocca il formaggio.

In claris non fit iterpretatio.
Nelle cose chiare non si dà adito a interpretazione. 

In corpore vili.
Nel corpo di uno da poco (dal linguaggio medico).

In crastinum differo res severas.
Differisco a domani gli affari importanti. Cornelio Nepote (Pelopida, III)
E' la massima del gaudente che vorrebbe non aver mai preoccupazioni gravi e che si arresta davanti alle più piccole difficoltà.

In diebus illis
In quei giorni.
Così incominciano molti brani dei Vangeli quando la Messa è celebrata in latino. Altri iniziano con "In illo tempore" (In quel tempo); ma ambedue le formule non appartengono al latino classico in cui quell’ "in", con l’ablativo del complemento di tempo non è da usare.

In dubio abstine.
Nei casi dubbi rinuncia ad agire.
Si usa per invitare a non prendere decisioni o a non fare qualcosa quando non esistono elementi sufficienti per valutare le cose. Lett. "nel dubbio astieniti".

In dubio pro reo.
In caso di dubbio il presunto colpevole va assolto.
L'espressione invita i giudici, nei casi dubbi, ad assolvere un presunto colpevole per non correre il rischio di condannare un innocente; si usa nel linguaggio corrente per invitare a non prendere decisioni affrettate. Lett. "nel dubbio, a favore del colpevole".

In dubis abstine.

Nelle situazioni ambigue astieniti.

In exitu Israel de Aegypto.
All'uscita di Israele dall'Egitto (Salmo CXIII)
È il canto della liberazione dopo il passaggio del Mar Rosso, compiuto dagli Ebrei sotto la guida di Mosè. Nel linguaggio familiare equivale a cantar vittoria, ad aver, cioè, superata qualche difficoltà.

In extremis.
All'ultimo momento.

In fieri.
In corso di divenire.

In hoc signo vinces.
Con questo segno vincerai.
Sono le profetiche e misteriose parole che la tradizione dice esser apparse in cielo a Costantino, contornanti una croce, mentre egli si accingeva a marciare contro Massenzio; parole che fece poi dipingere sui suoi vessilli. Nello stile familiare si cita per dire che con questo o quel mezzo si riuscirà a superare qualche difficoltà.

In loco.
Sul posto.

In magnis et voluisse sat est.
Nelle grandi cose anche l'aver voluto è sufficiente. Properzio

In medio stat virtus.
La virtu' sta nel mezzo.
È una sentenza dei filosofi scolastici medievali, già espressa da Orazio, nella sua classica forma:"Est modus in rebus...

In mente Dei.
Nella mente a Dio, di là da venire.
Si usa a proposito di qualcosa, progetto, idea, desiderio, che ci si augura accada ma che è lungi dal realizzarsi anche perché non dipende da noi. Di persona, non essere ancora nato: in quegli anni eri ancora in mente Dei.

In pari causa turpitudinis melior est condicio possidentis.
A pari colpa, la condizione migliore è del proprietario.

In partibus infidelium.
Nelle regioni degli infedeli.
Frase di stile ecclesiastico usata per designare un titolo onorifico, privo però di ogni giurisdizione, concesso ai Vescovi per meriti speciali. Ironicamente lo si appioppa a funzionari messi a riposo.

In praetoriis leones, in castris lepores.
Nel palazzo leoni, nell'accampamento lepri.

In primis.
Soprattutto.
Si usa quando, fra varie cose, se ne vuol mettere in evidenza una di particolare importanza; oppure, in un ragionamento, quando si mette un argomento come base di tutti gli altri.

In principatu commutando saepius nil, praeter domini nomen, mutant pauperes.
Nei mutamenti di governo i poveri spesso non cambiano che il nome del padrone. Fedro
Conseguenza tratta dalla favola L’ Asino e il Pastore: Un pastore che pascolava un asinello, atterrito dalle grida dei ladri sopravvenienti, consigliò al paziente animale di fuggire.- Forse - domandò l’asino- mi metteranno due basti? - Oh, no! - E allora che m’ importa di cambiar padrone?

In re.
Nella realtà delle cose, nei fatti.

In rebus dubis plurimum est audacia.
Nelle situazioni incerte vale moltissimo l'audacia.

In rerum natura.
Nella natura delle cose.
Un fatto si verifica in rerum natura quando avviene secondo il consueto svolgersi degli avvenimenti, senza cioè alterare l’ordine delle cose naturali. Il motto è tanto comune, che lo adoperò anche il letterato don Ferrante, al cap. XXXVII dei Promessi Sposi.

In saecula saeculorum.
Nei secoli dei secoli.

In silvam non ligna feras insanius.
Non esser così insensato da portar legna in una foresta. Orazio (Satire, I, 10, 34)
Vuol dire non far cose inutili. In italiano abbiamo vari proverbi analoghi: "Portar pipistrelli ad Atene, portare vasi a Samo, portare acqua al mare ..."

In situ.
Sul luogo.

In utroque iure.
In entrambi i diritti.
Dicesi dei Dottori laureati in Diritto Civile e in Diritto Canonico. Il motto vien spesso riportato negli Atti vescovili e curiali.

In vino veritas.
Sotto l'effetto del vino, viene fuori la verità.
Tante cose che un uomo sobrio sa tener segrete, un uomo brillo facilmente le propaga ai quattro venti; è in questo senso che va accettato il proverbio.

In vitrio.
Sotto vetro, in provetta.

Incidis in Scyllam, cupiens vitare Charybdin.
Se cerchi di evitare Cariddi, cadrai in Scilla. Gualtier de Lille (Alessandreide, V, 5, 301)
Scilla e Cariddi sono un vortice ed uno scoglio un tempo ritenuti pericolosissimi presso lo Stretto di Messina. La frase si applica a persone prese, come si suoi dire, fra due fuochi, che per evitar un male cadono in uno maggiore. Corrisponde al nostro proverbio: Dalla padella alla brace.

Incohatio delicti.
Inizio dell'esecuzione dell'attività criminosa.
Termine giuridico

Inde irae.
Da questo (provengono) le ire. Giovenale (Satire, I, 168)
Si cita la frase per accennare al motivo che provoca lo sdegno, la collera.

Indocti discant et ament meminisse periti.
Imparino gli ignoranti e, quelli che sanno, amino di ricordare. Charles Jean Hénault, storico francese 1685-1770
Verso notissimo d’autore poco conosciuto. Di tutta la sua opera " Nuovel Abrégé chronologique de l' histoire de France jusqu'a la morte de Louis XIV" non rimane che questo verso riportato in moltissimi trattati di cultura generale, in enciclopedie e in libri scolastici.

Inexpertis enim dulcis est pugna. 
Per chi è inesperto la guerra è cosa dolce. 

Infandum, regina, iubes renovare dolorem
Tu mi costringi, o regina, a rinnovare un indicibile dolore. Virgilio (Eneide, II, 3)
È Enea che parla così a Didone, quando essa vuoi sentir da lui la narrazione della caduta di Troia.

Infidum hominem malo suo esse cordatum.
L'uomo che non si illude è assennato a suo danno. Sant'Agostino

Iniuria illata iudici videtur ipsi regi illata.
L'aggressione fatta al giudice è come se fosse fatta al re.

Inops, potentem dum vult imitari, perit.
Il debole, quando vuole imitare il potente,va in rovina. Fedro
È la morale della notissima favoletta esopiana: La Rana crepata e il Bue. La frase concorda con un’analoga sentenza di Publilio Siro:"Ubi coepit ditem pauper imitari, perit"(Quando il povero vuoi fare il passo del signore, va certamente in rovina).

Intelligenti pauca.
A chi sa capire bastano poche parole.
Si usa per indicare che al saggio e all'intelligente basta poco per capire come stiano le cose. Fig. Si usa per avvertire e intimidire qualcuno su ciò che si lascia sottinteso ma che a quel qualcuno risulta sicuramente chiaro. Lett. "all'intelligente poche cose".

Inter Divos relatus est.
Fu annoverato tra gli dei. Eutropio (Breviario, VII, 22)
È il panegirico finale che lo storico fa a Tito, soprannominato deliciae humani generis, e ad altri imperatori o re, benemeriti dello Stato e del genere umano. La frase si cita a proposito di persone costituite in alte cariche.

Inter nos.
Tra di noi.
Corrisponde in un certo senso al "in camera caritatis", (qui fra noi, in tutta segretezza).

Invenit forte calvus in trivio pectinem.
Per caso un calvo trovò un pettine in un incrocio. Fedro
È la favola dei due calvi che, avendo trovato un pettine, stabiliscono di dividere il tesoro a metà, ringraziando ironicamente gli dei, per questo dono inutile. È come la grazia che arriva all’impiccato appena morto.

Invidia gloriae comes.
L'invidia compagna della gloria. Cornelio Nepote (Cabrai, III)
Come l’ombra segue l’uomo, così l’invidia segue la gloria, la fama.

Invita Minerva.
Contro la volontà di Minerva. Orazio (Ars poetica, 385)
Essendo Minerva la dea della Sapienza, scrivere "invita Minerva" significa mancar d’estro, d’ispirazione. In senso più lato si dice di tutti quelli che si dedicano a studi o ad arti per le quali non hanno disposizioni naturali.

Ioci causa.
Per scherzo.

Ipsa olera olla legit.
La pignatta sceglie da sé le sue verdure. Catullo

Ipse dixit
L'ha detto lui in persona. Motto dei discepoli di Pitagora

Ipso facto.
Per il fatto medesimo - Nel medesimo istante.
Locuzione ecclesiastica molto in uso nel Codice di Diritto Canonico, nel quale vi sono diverse pene nelle quali si incorre "ipso facto", cioè nell’istante in cui si compie il reato, senza bisogno che intervenga il giudice o una sentenza di condanna.

Ira brevis furor.
L'ira è un breve momento di follia.

Ira furor brevis est.
L'ira è un furore di breve durata. Orazio (Epist., I, 2, 62)
Cioè una passeggera follìa.

Ire ad patres.
Morire, detto in forma eufemistica.
Lett. "andare dagli antenati", da un verso della Genesi.

Is fecit cui prodest.
Ha commesso (il delitto) colui al quale (il delitto) è utile. Cicerone (Pro Milone)
Assioma di Diritto che spesso mette la Giustizia sulla vera pista per la ricerca del reo, ma va presa "cum granu salis".

Ita amare oportere, ut si aliquando esset osurus.
Bisogna volere bene come se un giorno si dovesse arrivare a odiare. Cicerone, De Amicitia

Ita di(vi)s est placitum, voluptatem ut maeror comes consequator.
Agli dei è piaciuto far sì che il dolore fosse compagno del piacere. Plauto

Iucundum... nihil agere.
Il piacevole non far nulla. Plinio il Giovane

Iudex damnatur ubi nocens absolvitur.
Quando il colpevole è assolto, è condannato il giudice. Publilio Siro

Iurare in verba magistri.
Fidarsi ciecamente di qualcuno. Orazio (Epist., I, 1)
Si usa per indicare chi accetta acriticamente l'opinione espressa da una persona autorevole. Lett. "giurare sulle parole del maestro".

Labor omnia vincit improbus.
Una fatica tenace supera ogni difficoltà. Virgilio (Georgiche, I, 144)

Lapsus calami.
Errore di penna.
Ossia commesso dallo scrivente per distrazione o per fretta quando si scrive "Currenti calamo"

Lapsus linguæ.
Uno scivolone della lingua.
Facile nelle persone distratte. Si tratta sempre di parole pronunciate senza intenzione, che talvolta, tuttavia, possono aver tristi conseguenze, perchè, come dice il Metastasio: "Voce dal sen fuggita poi richiamar non vale; non si trattien lo strale quando dall’arco uscì".

Latet anguis in herba.
Nell'erba sta nascosta una serpe. Virgilio (Egloghe. III, 93).
Si usa, in senso traslato, per ammonire circa l'esistenza di un pericolo inatteso perché celato sotto apparenze tranquille e piacevoli. Da un'immagine presente in senso letterale.

Lato sensu.
In senso lato.
Si usa per indicare il significato di qualcosa non nella sua accezione letterale ma in quella più ampia: è un'espressione da intendere lato sensu.

Laudatis utiliora, quae contempseris, saepe inveniri... asserit narratio.
La favola insegna che spesso si scopre esser più utili le cose da noi disprezzate che quelle apprezzate. Fedro
Un cervo specchiandosi alla fonte, ammirava le proprie corna ramose disprezzando invece le gambe perchè troppo magre, nel fuggire poi dai cani si accorse dell’utilità di queste ultime e, quando trattenuto dalle corna impigliate nei rami, finì miseramente, constatò a sue spese la veridicità di questa frase

Laudatores tempore acti.
Nostalgico del tempo passato. Orazio (Arte poetica, 173)
Il poeta scrisse la frase parlando dei vecchi che, non potendo far retrocedere gli anni passati, vi ritornano volentieri con la memoria.

Lectio brevis.

Lettura, lezione breve.

Leges bonae ex malis moribus procreantur.
Le buone leggi nascono talvolta dai cattivi costumi. Macrobio

Legibus solutus.
Sciolto dall'obbligo di osservare la legge.

Legis virtus est imperare, vetare, permittere, punire. 
Proprietà della legge è di comandare, vietare, consentire, punire.

Leonina societas.
L'alleanza col leone. 

Lepores duo qui insequitur, is neutrum capit.
Chi insegue due lepri, questi non prende né l'una né l'altra.

Lepores duos insequens neutrum capit.
Chi insegue due lepri non ne prende nessuna (Apostolio). Apostolio

Leve aes alienum debitorem facit, grave inimicum.
Un piccolo debito crea un debitore, uno grande un nemico. Seneca

Levis est fortuna; cito reposcit quod dedit.
sentenza proverbiale.La fortuna è instabile; presto chiede indietro ciò che ha dato.

Levius fit patientia quidquid corrigere est nefas.
Con la pazienza si rende più tollerabile ciò che non si riesce a correggere. Orazio (Odi, I, 24, 19)
In altre parole, quando non si può raggiungere l’ottimo, bisogna contentarsi del bene. Cioè i pesi che non si possono allontanare, rimuovere, si sopportano più facilmente se uno vi si sottomette con rassegnazione e pazienza.

Lex est araneae tela, quia, si in eam inciderit quid debile, retinetur; grave autem pertransit tela rescissa.
La legge è come una ragnatela: se vi cade qualcosa di leggero essa lo trattiene, mentre ciò che è pesante la rompe e scappa via.
Valerio Massimo

Lippis (notum) et tonsoribus.
(Cosa conosciuta) dai miopi e dai barbieri. Orazio (Satire, 1, 7)
Si dice di cosa più nota della luce del sole. La frase si suol citare con le sole parole "Lippis et tonsoribus". Per esempio: Bella novità! Lippis et tonsoribus!.

Lis est cum forma magna pudicitiae.
C’è contrasto tra il pudore e una grande bellezza. Ovidio

Longe fugit quisquis suos fugit.
Fugge lontano chi fugge i suoi. Petronio

Loqui qui nescit discat aliquando reticere.
Chi non sa parlare impari di tanto in tanto a star zitto. San Gerolamo

Lucidus ordo.
Ordine limpido e chiaro. Orazio (Ars poetica, 41)
Il poeta elenca questa dote fra quelle essenziali ad uno scrittore, e spiega in che cosa consista quest’ordine: conoscere quali parti nella trattazione vanno prima, quali dopo; che cosa si deve omettere e che cosa trattare più a lungo e l’uso genuino delle parole.La frase si cita genericamente per richiamare all’ordine, ed è più classica del proverbio popolare: "Serva ordinem et ordo servabit te".

Lucri bonus est odor ex re qualibet
Il profumo del guadagno è buono, qualunque sia la sua provenienza Giovenale

Lucus a non lucendo.
Bosco deriva da senza luce.

Ludus animo debet aliquando dari, ad cogitandum melior ut redeat tibi.
Di tanto in tanto bisogna dar riposo all’animo, affinchè poi sia più sveglio nel pensare. Fedro

Lupus in fabula.
Il lupo nella favola.
Si usa per indicare qualcuno che sopraggiunge proprio mentre si sta parlando di lui. Lett. "lupo nel discorso", con allusione alla frequente presenza del lupo nelle favole.

Lux veritatis.
(La storia) è la luce di verità. Cicerone (De Oratore, II)
La Storia finisce sempre col mettere nella loro luce i meriti o demeriti degli uomini.

Labor omnia vincit improbus.
Una fatica tenace supera ogni difficoltà. Virgilio (Georgiche, I, 144)

Lapsus calami.
Errore di penna.
Ossia commesso dallo scrivente per distrazione o per fretta quando si scrive "Currenti calamo"

Lapsus linguæ.
Uno scivolone della lingua.
Facile nelle persone distratte. Si tratta sempre di parole pronunciate senza intenzione, che talvolta, tuttavia, possono aver tristi conseguenze, perchè, come dice il Metastasio: "Voce dal sen fuggita poi richiamar non vale; non si trattien lo strale quando dall’arco uscì".

Latet anguis in herba.
Nell'erba sta nascosta una serpe. Virgilio (Egloghe. III, 93).
Si usa, in senso traslato, per ammonire circa l'esistenza di un pericolo inatteso perché celato sotto apparenze tranquille e piacevoli. Da un'immagine presente in senso letterale.

Lato sensu.
In senso lato.
Si usa per indicare il significato di qualcosa non nella sua accezione letterale ma in quella più ampia: è un'espressione da intendere lato sensu.

Laudatis utiliora, quae contempseris, saepe inveniri... asserit narratio.
La favola insegna che spesso si scopre esser più utili le cose da noi disprezzate che quelle apprezzate. Fedro
Un cervo specchiandosi alla fonte, ammirava le proprie corna ramose disprezzando invece le gambe perchè troppo magre, nel fuggire poi dai cani si accorse dell’utilità di queste ultime e, quando trattenuto dalle corna impigliate nei rami, finì miseramente, constatò a sue spese la veridicità di questa frase

Laudatores tempore acti.
Nostalgico del tempo passato. Orazio (Arte poetica, 173)
Il poeta scrisse la frase parlando dei vecchi che, non potendo far retrocedere gli anni passati, vi ritornano volentieri con la memoria.

Lectio brevis.
Lettura, lezione breve.

Leges bonae ex malis moribus procreantur.
Le buone leggi nascono talvolta dai cattivi costumi. Macrobio

Legibus solutus.

Sciolto dall'obbligo di osservare la legge.

Legis virtus est imperare, vetare, permittere, punire. 
Proprietà della legge è di comandare, vietare, consentire, punire.

Leonina societas
.
L'alleanza col leone. 

Lepores duo qui insequitur, is neutrum capit.
Chi insegue due lepri, questi non prende né l'una né l'altra.

Lepores duos insequens neutrum capit.
Chi insegue due lepri non ne prende nessuna (Apostolio). Apostolio

Leve aes alienum debitorem facit, grave inimicum.
Un piccolo debito crea un debitore, uno grande un nemico. Seneca

Levis est fortuna; cito reposcit quod dedit. sentenza proverbiale.
La fortuna è instabile; presto chiede indietro ciò che ha dato.

Levius fit patientia quidquid corrigere est nefas.
Con la pazienza si rende più tollerabile ciò che non si riesce a correggere. Orazio (Odi, I, 24, 19)
In altre parole, quando non si può raggiungere l’ottimo, bisogna contentarsi del bene. Cioè i pesi che non si possono allontanare, rimuovere, si sopportano più facilmente se uno vi si sottomette con rassegnazione e pazienza.

Lex est araneae tela, quia, si in eam inciderit quid debile, retinetur; grave autem pertransit tela rescissa.
La legge è come una ragnatela: se vi cade qualcosa di leggero essa lo trattiene, mentre ciò che è pesante la rompe e scappa via.
Valerio Massimo

Lippis (notum) et tonsoribus.
(Cosa conosciuta) dai miopi e dai barbieri. Orazio (Satire, 1, 7)
Si dice di cosa più nota della luce del sole. La frase si suol citare con le sole parole "Lippis et tonsoribus". Per esempio: Bella novità! Lippis et tonsoribus!.

Lis est cum forma magna pudicitiae.
C’è contrasto tra il pudore e una grande bellezza. Ovidio

Longe fugit quisquis suos fugit.
Fugge lontano chi fugge i suoi. Petronio

Loqui qui nescit discat aliquando reticere.
Chi non sa parlare impari di tanto in tanto a star zitto. San Gerolamo

Lucidus ordo.
Ordine limpido e chiaro. Orazio (Ars poetica, 41)
Il poeta elenca questa dote fra quelle essenziali ad uno scrittore, e spiega in che cosa consista quest’ordine: conoscere quali parti nella trattazione vanno prima, quali dopo; che cosa si deve omettere e che cosa trattare più a lungo e l’uso genuino delle parole.La frase si cita genericamente per richiamare all’ordine, ed è più classica del proverbio popolare: "Serva ordinem et ordo servabit te".

Lucri bonus est odor ex re qualibet
Il profumo del guadagno è buono, qualunque sia la sua provenienza Giovenale

Lucus a non lucendo.
Bosco deriva da senza luce.

Ludus animo debet aliquando dari, ad cogitandum melior ut redeat tibi.
Di tanto in tanto bisogna dar riposo all’animo, affinchè poi sia più sveglio nel pensare. Fedro

Lupus in fabula.
Il lupo nella favola.
Si usa per indicare qualcuno che sopraggiunge proprio mentre si sta parlando di lui. Lett. "lupo nel discorso", con allusione alla frequente presenza del lupo nelle favole.

Lux veritatis.
(La storia) è la luce di verità. Cicerone (De Oratore, II)
La Storia finisce sempre col mettere nella loro luce i meriti o demeriti degli uomini.

Macte animo!
Coraggio. Virgilio (Eneide, IX, 641)
La frase, usata spesso anche da Voltaire, è un invito ad essere coraggiosi: "Macte nova virtute, puer, sic itur ad astra"  (Coraggio, fanciullo, è così che si arriva alla gloria).

Magistra vitae.
Maestra di vita. Cicerone (De Oratore, II)
È un epiteto che si dà alla Storia, la quale, con gli ammaestramenti del passato insegna come regolarci per l’avvenire.

Magna pars
L'artefice principale.
Si usa, anche in senso ironico, per indicare chi ha avuto un ruolo di rilievo in qualcosa. Lett. "parte grande".

Magnae spes altera Romae.
Seconda speranza della grande Roma. Virgilio (Eneide, XII, 167)
Il verso allude ad Ascanio o Iulo, figlio di Enea, astro nascente di Roma, considerato il capostipite della gente Giulia. Si applica a persone che che gerarchicamente occupano il secondo posto dopo il capo.

Magni minores saepe fures puniunt.
Spesso i grandi ladri puniscono i piccoli ladri.

Magni nominis umbra.
L'ombra di un grande nome. Lucano (Fars., I, 135)
La frase è allusiva a Pompeo che, sotto la toga, aveva perduto le sue virtù belliche. Comunemente si cita a proposito di persone che hanno avuto il loro quarto d’ora di gloria, ma che al presente riposano su gli allori passati.

Magnis itineribus.
Il più in fretta possibile. Lett. "a tappe forzate".

Magnos homines virtute metimur, non fortuna.
I grandi uomini non si misurano dalla fortuna, ma dalla virtù. Cornelio Nepote (Eumene, I)

Maior e longinquo reverentia.
La lontananza aumenta il prestigio. Tacito (Annali, I, 47)
È il complemento della frase: "nemo propheta in patria"; spesso le persone sono stimate e apprezzate in lontananza. Si vede che anche ai tempi di Tacito, tutto il mondo era paese... come adesso.

Maiora premunt.
Urgono questioni più importanti. Lucano
Si usa come invito a tralasciare un lavoro, un impegno e sim. per dedicarsi a qualcosa di più serio e pressante. Lett. "premono cose maggiorií".

Maiores pennas nido.
Ali più grandi del nido. Orazio (Epist., I, 20)
Frase che, come Orazio diceva della sua vita, si applica a quelli che hanno aspirazioni superiori alla loro condizione mediocre.

Mala tempora currunt.
Corrono brutti tempi.
Si usa per lamentare la durezza o la corruzione del tempo in cui si vive. Talvolta si usa anche in senso scherzoso per indicare una situazione non particolarmente piacevole.

Malesuada fames.
La fame cattiva consigliera. Virgilio (Eneide, VI, 883)
Il poeta mette la fame fra i mostri che sorvegliano l’ingresso dell’ Inferno. Anche in italiano vi sono proverbi analoghi, per es.: "La fame caccia il lupo dal bosco".

Malum est mulier sed necessarium malum.
La donna è un male, ma un male necessario.

Mane, thecel, phares.
Pensato, contato, diviso. (Libro di Daniele, capitolo V)
Sono le terribili parole registrate nella Bibbia (non però di origine latina) che una mano misteriosa scrisse su una parete del salone ove Baldassarre celebrava la sua ultima orgia, mentre Ciro assaliva Babilonia. Nell’uso comune si riferiscono a persone già giudicate e condannate.

Manibus date lilia plenis.
Versate gigli a piene mani. Virgilio (Eneide, VI, 883)
Splendido verso, che viene talora inciso su lapidi mortuarie di bambini, recisi nella primavera della vita.

Manu militari:
Con l'aiuto della forza militare.
Locuzione del linguaggio giuridico, che vuol dire usare la forza armata, ricorrere ai gendarmi, ecc.

Manus manum lavat.
Una mano lava l'altra. Seneca

Marcet sine adversario virtus.
Il valore senza avversario ristagna. Seneca

Margaritas ante porcos.
La pietre preziose ai porci. San Matteo VII, 6
L’apostolo intende che non bisogna profanare le cose spirituali dandole in pasto a persone materiali e scettiche.

Materiam superabat opus.
Il lavoro vinceva la materia. Ovidio (Metamorfosi, II, 5)
Si dice di tutte quelle opere, specialmente dell’ ingegno nelle quali, l’argomento trattato, è superato dalla finezza e dall’arte con cui si eseguisce il lavoro stesso.

Maxima debetur puero reverentia.
Al fanciullo si deve il massimo rispetto. Giovenale (Satire, XIV, 47)
Sentenza divenuta celebre che forma il motto di varie organizzazioni e società filantropiche aventi per scopo la cura e protezione del fanciullo.

Maximo periculo custoditur quod multis placet.
Con gravissimo pericolo si custodisce ciò che piace a molti. Publio Siro

Me, me adsum qui feci.
Io, sono io che l'ho fatto. Virgilio (Eneide, IX, 426)
Grido disperato di Niso che scopre sè stesso per stornare i colpi dal suo carissimo Eurialo. La frase può servire per confessare una colpa e per proclamarsi reo; molto spesso viene citata in senso familiare o ironico.

Medice cura te ipsum.
Medico cura te stesso. San Luca
È citata, questa frase, nel Vangelo di S. Luca, ma è di data più antica e di uso universale. Ricorre spontanea quando qualcuno vuol correggere negli altri i difetti di cui abbonda egli stesso, o vuol dar consigli, che dovrebbe metter egli in pratica per primo. È il caso della gamberessa che rimproverava la figlia perché camminava a ritroso

Medio tutissimus ibis.
Nel mezzo camminerai sicurissimo. Ovidio (Metamorfosi, II, 137)
È il consiglio dato da Febo a Fetonte, suo figlio, che si accingeva a guidar il carro del Sole. In senso più generale si intende che la via di mezzo, lontana da ogni estremo, è la più sicura, ma ovviamente il figlio ignorò il consiglio, con le conseguenze che tutti conoscono.

Melioribus annis.
Negli anni più felici. Virgilio (Eneide, VI, 649)
Nostalgico rimpianto di tempi migliori.

Melius est abundare quam deficere.
Meglio eccedere che scarseggiare.
Si usa per giustificare la scelta di sovrabbondare in qualcosa.

Memento audere semper.
Ricordati di osare sempre. Gabriele D'Annunzio

Memento mori.
Ricordati che devi morire.

Mens agitat molem.
Lo spirito vivifica la materia. Virgilio (Eneide, VI, 727)
Concezione panteistica secondo la quale l’universo sarebbe animato da un principio intrinseco che darebbe forma e moto agli enti. Oggi si adopera con significato diverso, per esprimere la supremazia e le vittorie dello spirito sulla materia bruta.

Mens sana in corpore sano.
La salute fisica è necessaria, anzi indispensabile per la salute morale e intellettuale, e viceversa. Giovenale (Satire, X, 356)
Lett. "mente sana in corpo sano".

Mihi heri et tibi hodie.
A me ieri a te oggi.

Mihi pinnas inciderant.
Mi avevano tarpato le ali. Cicerone

Militia est vita hominis super terram, et sicut dies mercenarii dies eius. 
La vita dell'uomo sulla terra è una milizia, e i suoi giorni simili a quelli di un mercenario. (Libro di Giobbe, 7.1)

Minus habens.
Minorato, incapace; stupido.
Si usa per indicare eufemisticamente una persona poco dotata intellettualmente, se non del tutto deficiente. Lett. "avente meno", locuzione non attestata nei classici.

Mirabile dictu.
Mirabile a dirsi.
Si usa, per lo più in senso scherzoso, per introdurre qualcosa di eccezionale.

Miscere sacra profanis.
Mischiare cose sacre e profane. Orazio

Miserere!
Pietà!

Miserere.
Abbi pietà.

Modus vivendi.
Modo di vivere.
Nel linguaggio usuale significa l’andamento della vita familiare, il modo di sbarcare il lunario.

Mons parturibat…
Un monte stava per partorire. Fedro
È l' inizio della favola in cui si narra la grande attesa in tutta la terra per le mirabolanti promesse del monte, che andò completamente delusa al nascere di un topolino! Collima coll’oraziano: "Parturiunt montes, nascetur ridiculus mus (Ars poet., 139)".

Monstrum horrendum, informe, ingens.
Mostro orribile, deforme, colossale. Virgilio (Eneide, III, 658)
È la descrizione del ciclope Polifemo; ma nel linguaggio corrente si suol citare la frase scherzosamente per burlarsi di qualche enormità detta o fatta da qualcuno.

More maiorum.
Alla maniera degli antichi.
Si usa, anche in senso scherzoso, per indicare l'importanza del rispetto delle tradizioni. Lett. "secondo il costume degli avi".

More uxorio.
Come se fosse un matrimonio.

Mors et fugacem persequitur virum.
La morte raggiunge anche l'uomo che fugge. Orazio

Mors omnia solvit.
La morte scioglie tutto. Giustiniano

Mors tua vita mea.
Morte tua vita mia.

Mors ultima linea rerum est.
La morte è l’ultima linea di tutte le cose. Orazio (Epist., I, 16, 79)
Più cristianamcnte, è la fine dì tutte le cose terrene.

Mors ultima ratio.
La morte è la ragione finale (di ogni cosa).
Frase che equivale al noto ed egoistico proverbio: "Morto me, morto il mondo": Inutili quindi tanti affari, preoccupazioni...

Mortui non mordent.
I morti non mordono.

Motu proprio.
Di propria iniziativa.
Locuzione d’origine ecclesiastica: si dicono atti di "Motu proprio" del Papa, quei decreti, Bolle, ecc., che egli emana esclusivamente da parte sua, senza che siano suggeriti o presentati da cardinali, ecc. In seguito la frase passò nello stile popolare, ad indicare qualsiasi azione fatta di propria iniziativa, senza aver consultato altri in proposito.

Motus in fine velocior.
Il moto è più veloce alla fine.

Motus in fine velocior.
Il moto è più veloce verso la fine.
Detto antico che può intendersi sulla caduta dei gravi che aumentano progressivamente la velocità. Può riferirsi alla vita umana, che verso la fine sembra proprio precipitare. ;

Mulier recte olet ubi nihil olet.
La donna ha un buon profumo quando non ha nessun profumo.

Multa paucis.
Molte cose in poche parole.

Multa renascentur.
Molte cose rinasceranno.

Multi sunt vocati, pauci vero electi.
Molti sono chiamati, ma pochi eletti. San Matteo, XX, 16
L’apostolo parla della Patria celeste; ma l’uso quotidiano dà alla frase un significato più terra terra, applicandola ad ogni sorta di circostanze: cariche, concorsi, posti da coprire, ecc., e in questo senso significa che molti incominciano le loro imprese, ma pochi le conducono a termine.

Mutatis mutandis.
Cambiando ciò che si deve cambiare.
Frase di largo uso sia nel linguaggio, legale, che in quello volgare e comune.

Mutato nomine, de te fabula narratur.
Cambiando nome, è di te che si parla nella favola. Orazio (Satire, I, 69)
Concetto che si trova spesso anche in Fedro. Si cita con ironia o per scherzo quando si parla con persona che non si accorge o finge di non accorgersi d’esser l’oggetto del discorso e, più spesso, della critica.

Mutuum muli scabunt (o scalpunt).
I muli si grattano a vicenda. 

Nascimur uno modo, multis morimur.
Nasciamo in un solo modo, ma moriamo in molti. Cestio Pio

Natura abhorret a vacuo.
La natura ha orrore del vuoto. Cartesio
Massima cui si ricorreva ai tempi del Descartes e anche in seguito, per spiegare alcuni fenomeni naturali, come l’impossibilità d’ottenere il vuoto assoluto, l’innalzarsi dell’acqua in un tubo producendo la rarefazione dell’aria soprastante, ecc. Nello stile burlesco si cita per dire che lo stomaco vuoto ha bisogno di alimento, o che il borsellino ha bisogno di danari. 

Natura expelles furca tamen usque recurret.
Potrai scacciare la natura col forcone tuttavia sempre tornerà.

Natura non facit saltus.
La natura non fa salti. Leibnitz (Nuovi Saggi, IV, 16)
Nella natura tutto è progressivo ed ordinato, e fra i vari generi e le varie specie non v’è un taglio netto e assoluto, ma vi è sempre un essere intermediario che forma come l’anello di congiunzione nella catena umana.

Naturaliter.
Naturalmente, secondo natura.

Naturam expellas furca, tamen usque recurret.
Anche se caccerai la natura con la forca, essa ritornerà. Orazio (Epist., I, 10, 24)
Significa che non vi è cosa più difficile che spogliarsi delle proprie abitudini naturali. Corrisponde al proverbio: Il lupo perde il pelo, ma non il vizio.

Ne bis in idem.
Non due volte nel medesimo fatto.

Ne gloriari libeat alienis bonis.
Affinchè qualcuno non si vanti dei meriti altrui. Fedro
È il primo verso della favola: La Cornacchia superba e il Pavone. La Cornacchia, vestitasi con le penne del Pavone, quando venne riconosciuta fu rifiutata sia dai Pavoni che dalle altre Cornacchie. 

Ne quid nimis.
Nulla di troppo. Si usa come invito a non esagerare.

Ne supra crepidam sutor iudicaret.
Che il calzolaio non giudichi su qualcosa al di sopra della calzatura. Plinio il Vecchio

Ne sutor ultra crepidam.
Che il calzolaio non giudichi oltre la scarpa.

Nec aures me credo habere nec tango.
Mi sembra di non avere orecchie e di non poter toccare. San Gerolamo

Nec mortale sonans.
(Voce che) non ha l’accento di quella dei mortali. Virgilio (Eneide, VI, 50)
Il Poeta parla della Sibilla invasata dallo spirito profetico. La frase si usa per elogiare grandi oratori o poeti che con alate parole hanno elettrizzato gli uditori.
Nec plus ultra.
Non più avanti.
Iscrizione scolpita da Ercole, secondo la mitologia, sui monti Calpe ed Abila, creduti i limiti estremi del mondo, oltre i quali era vietato il passaggio a tutti i mortali. Nell’uso comune la frase, modificata in "Non plus altra", serve ad indicare il limite estremo, cioè il massimo, della perfezione, dell’eleganza, dell’arte con cui si è finito qualche lavoro.  

Nec spe nec metu.
Nè con speranza nè con paura.

Nec vi, nec clam, nec precario.
Né con la violenza né di nascosto né in modo revocabile.

Necesse est multos timeat quem multi timent.
Deve temere molti chi molti temono. Laberio

Necesse habent cum insanientibus furere.
Tra i pazzi devon necessariamente impazzire. Petronio

Necessitate cogente.
Sotto la spinta della necessità.

Nemo ad impossibilia tenetur.
Nessuno può essere costretto all' impossibile.

Nemo beneficia in calendario scribit. 
Nessuno scrive benefici nel calendario.

Nemo mortalium omnibus horis sapit.
Nessun mortale è saggio a tutte le ore. Plinio il Vecchio

Nemo plus iuris in alium trasferre potest quam ipse habet. 
Nessuno può trasferire ad altri più diritti di quelli di cui è titolare. 

Nemo potest duobus dominis servire.
Nessuno può servire due padroni. Vangelo secondo Matteo

Nemo pro parte testatus pro parte intestatus decedere potest.
Nessuno può morire avendo in parte fatto testamento e in parte non avendolo fatto.

Nemo propheta in patria.
Nessuno è profeta nella sua patria.

Nemo Romanorum pacis mentionem habere dignatus est.
Nessuno dei Romani si degnò far menzione della pace. Eutropio (Breviario, III, 10)
Frase che dimostra tutta la grandezza dei Romani antichi, quando, dopo la disfatta di Canne, non vi fu un solo Romano che osasse parlare di pace, ma tutti, solidali, si prepararono virilmente e romanamente alla riscossa.

Nemo sua sorte contentus.
Nessuno è mai soddisfatto della sua condizione. Orazio (Satire, I, 1)

Neque imbellem feroces progenerant aquilae columbam.
Le feroci aquile non generano mai una pacifica colomba.

Neque semper arcum tendit Apollo.
Apollo non sempre tende il proprio arco. Orazio (Odi, II, 10, 19)
Cioè non scaglia sempre contro gli uomini le sue frecce come contro gli Achei. Ma il significato corrente che si dà alla frase è che anche Apollo ogni tanto si riposa, cioè che anche i più robusti, i più acculturati hanno bisogno di riposo.

Nervi belli pecunia.
Il denaro è il nerbo della guerra.

Nescio vos.
Non vi conosco. San Matteo, XXV, 12
È la risposta dello sposo alle vergini sprovvedute che arrivano troppo tardi. Si usa per rifiutare qualche favore o il concorso della propria borsa a qualche amico scocciante, ma quasi sempre in tono di scherzo.

Nescit vox missa reverti.
La parola, una volta pronunciata, non si può più richiamare. Orazio (Ars poetica, 390)
Il Poeta consiglia lo scrittore a riflettere bene prima di inviare alle stampe le proprie opere. Ma generalmente si cita per indicare i danni d’una lingua incauta. 

Nigro notanda lapillo.
(Giorno) da seganre con una pietruzza nera.
Allusione in uso nei Romani di segnare i giorni felici con sassolini bianchi, e quelli avversi con pietruzze nere.

Nihil admirari.
Meravigliarsi di niente. Orazio (Epist., I, 6, 1)
Massima che, secondo gli stoici, sarebbe la base della felicità. .

Nihil de principe, parum Deo.

Niente del principe, poco di Dio.

Nihil difficile amanti.
Niente è difficile per chi ama.

Nihil difficile volenti.
Niente è difficile per chi vuole.

Nihil est in intellectu quod non fuerit prius in sensu.
Nell'intelletto non vi è nulla che non sia stato prima nei sensi. San Tommaso d'Aquino

Nihil inimicus quam sibi ipse.
Niente vi è di più nemico di sé stessi. Cicerone

Nihil morte certium.
Niente è più certo delle morte.

Nihil obstat.
Nulla osta, non c'è niente in contrario.
Si usa anche in senso scherzoso, per indicare il consenso a che si faccia qualcosa. Propr. è la formula di rito delle autorizzazioni ecclesiali.

Nihil sub sole novum.
(Non v'è) nulla di nuovo sotto il sole. (Ecclesiaste, cap. I, 10)
Cioè sulla terra tutte le vicende, liete o tristi, si ripetono. 

Nil est dictu facilius.

Niente è più facile che parlare. Terenzio

Nimium ne crede colori
Non fidrati troppo del colore. Virgilio (Bucoliche, Egl. II)
Cioè non bisogna credere alla prima impressione, alle apparenze. Molte volte è il caso di ripetere l’esclamazione della Volpe di Fedro alla maschera: "O quanta species!... cerebrum non habet". Quindi è necessario usare prudenza nel giudicare. 

Nimium ne crede colori.

Non fidarti troppo del colore. Virgilio

Nisi caste saltem caute.
Se non castamente almeno con cautela.

Nitimur in vetitum semper cupimusque negata.
Aspiriamo sempre a ciò che è proibito e desideriamo le cose che sono negate. Ovidio (Amor., III, 4, 17)
È una legge di natura che rimonta alla progenitrice del genere umano, che per una mela...!

Nitimur in vetitum semper cupimusque negatum.
Propendiamo sempre per ciò che è vietato e desideriamo ciò che ci è negato. Ovidio

Nocte latent mendae.
Di notte i difetti stanno nascosti. Ovidio

Noli adfectare quod tibi non est datum, delusa ne spes ad querelam recidat.
Non aspirare a ciò che non ti è stato dato, affinchè la tua speranza delusa non abbia motivo di lamentarsi. Fedro
Il Pavone invidioso dell’Usignolo che lo superava nel canto, se ne lamentò con Giunone. Ma la dea gli rispose che a tutti era stato elargito un privilegio particolare: a chi la bellezza e a chi il canto...

Nolite mittere margaritas ante porcos.
Non gettate perle davanti ai porci. San Matteo 7.6

Nomen est omen
Il nome già contiene un presagio. Plauto

Nomen omen.
Il nome è un presagio.

Nomina sunt consequentia rerum.
I nomi sono corrispondenti alle cose. Giustiniano

Non aetate verum ingenio apiscitur sapientia.
Non con l’età ma con l’ingegno si raggiunge la sapienza. Plauto

Non causa pro causa.
Una non-causa spacciata per causa.

Non erat hic locus.
Non era qui il suo luogo. Orazio (Ars poetica, 19)
Il poeta parla delle disgressioni che si fanno fuori d’ argomento. Viene a taglio tutte le volte che si fa o si dice una cosa a sproposito, cioè fuori luogo.

Non expedit.
Non lo si deve fare.

Non ignara mali, miseris succurrere disco.
Conoscendo io stessa il dolore, so venire in aiuto agli infelici Virgilio (Eneide, I, 630)
Sono parole di Didone, nel ricevere Enea ed i suoi compagni di sventura. In realtà nessuno è più sensibile alle sventure altrui di chi ha provato le stesse sofferenze. 

Non liquet.

Non è chiaro.
Propr. in diritto indica l'impossibilità di emettere un giudizio per mancanza di elementi.

Non multa sed multum.
Non molte cose, ma molto (bene). Quintiliano (Instit., X, I, 59)
Proverbio già conosciuto dagli antichi Romani, che in sostanza vuol dire non esser conveniente studiar molte cose, ma poche e bene. Il detto si estende in genere a tutte le azioni umane, nelle quali la perfezione non sta nel verbo fare, ma nell’ avverbio bene.

Non omnia possumus omnes.
Non tutti possiamo fare ogni cosa. Virgilio (Egloghe, VIII, 83)
Cioè non abbiamo tutti le stesse doti, la stessa capacità, ma, come dice il Vangelo: "divisiones gratiarum sunt", ciascuno ha i suoi doni, i suoi particolari privilegi.

Non omnia possumus omnes.
Non tutti possiamo tutto. Virgilio

Non omnia possumus.
Tutti non possiamo fare tutto. Lucilio

Non omnis moriar.
Non morirò interamente. Orazio (Odi, III, 30,6)
Orazio parlava dell’opera sua poetica che sarebbe sopravvissuta alla sua morte.  

Non omnis moriar.
Non morirò del tutto. Ovidio

Non plus ultra.
Non più in là. Vedi "Nec plus ultra".

Non posse bene geri rempublicam multorum imperiis.
Non si può governare bene uno Stato sotto il comando di molti. Cornelio Nepote (Dione, VI)
In ogni situazione il numero di coloro che comandano dovrebbe sempre essere dispari ed inferiore a due!

Non scholae sed vitae discimus.
Non impariamo per la scuola ma per la vita. Seneca (Epist., 106)
La frase si trova riportata spesso nel frontespizio di opere scolastiche.

Non semper ea sunt, quae videntur, decipit frons prima multos: rara mens intelligit quod interiore condidit cura angulo.
Le cose non sono sempre come si mostrano, il loro primo aspetto inganna molti: di rado la mente scopre che cosa è nascosto nel loro intimo. Fedro
Il poeta prova la veridicità del suo asserto con la favola della Donnola che si coprì di farina e si finse morta per ingannare e cogliere a tradimento i sorci; e infatti tre vennero uccisi, ma il quarto, più furbo, non si lasciò imbrogliare e sfuggì all’insidia.

Non sunt nova veteribus substituenda, sed perpetuo iungenda foedere.
Non sostituiamo subito le cose nuove con quelle vecchie, ma aggiungiamole poco alla volta con cognizione.

Non virtute hostium, sed amicorum perfidia decidi.
Debbo la mia rovina non al valore dei nemici, ma alla perfidia degli amici. Cornelio Nepote (Eumene, XI)
Equivale al nostro antico proverbio: " Dagli amici mi guardi Iddio, chè dai nemici mi guardo io".

Nondum matura est, nolo acerbam sumere.
Non è ancora matura, non voglio mangiarla acerba. Fedro
Tratta dalla famosa favola della Volpe e dell’uva. Si cita di frequente solo la seconda parte:"Nolo acerbam sumere".  

Nosce te ipsum.
Conosci te stesso. Socrate
Traduzione dell’iscrizione greca incisa sul frontone del tempio di Delfo.

Notumque furens quid femina possit.
E' noto di che cosa sia capace una donna infuriata. Virgilio (Eneide, V, 5-6)
Anche gli antichi romani avevano i loro piccoli grattacapi…

Noxa.
Danno.

Nulla dies sine linea.
Nessun giorno senza una linea. Plinio (Storia Nat., 35)
La frase è riferita al celebre pittore Apelle, che non lasciava passar giorno senza tratteggire col pennello qualche linea. Nel significato comune vuol inculcare la necessità dell’ esercizio quotidiano per raggiungere la perfezione e per progredire nel bene.

Nulla poena sine lege
Nessuna pena (venga inflitta) senza una legge. Digesto

Nullam adhibuit memoriam contumeliae.
Non si ricordò affatto dell'offesa (subita). Cornelio Nepote (Epaminonda, VII)
Cornelio loda Epaminonda di non essersi vendicato di chi l’aveva offeso. Per un pagano è già una bella lode 

Nulli nocendum: siquis vero laeserit, multandum simili iure…
Non si deve nuocere a nessuno: se qualcuno l'avrà fatto, sarà castigato allo stesso modo. Fedro
La Volpe aveva invitata la Cicogna, offrendole in una ciotola una bevanda che quella, data la forma del becco, non potè nemmeno assaggiare. Questa a sua volta invitò la Volpe, e le offrì un intruglio liquido in una bottiglia dal lungo collo, che la Volpe dovette guardare solo dal vetro, mentre la Cicogna beveva allegramente. Equivale al "render pan per focaccia". 

Nullius boni sine socio iucunda possessio est.
Nessuna cosa è bella da possedere se non si hanno amici con cui condividerla. Seneca

Nullum magnum ingenium mixtura demientiae .
Non c'è mai grande ingegno senza una vena di pazzia.

Nullus dolor est, quem non longinquitas temporis minuat ac molliat
Non vi è nessun dolore che un lungo lasso di tempo non diminuisca o ammansisca. Cicerone

Numera stellas, si potes.
Conta le stelle se puoi. (Genesi, XV, 3)
Parole che Dio disse ad Abramo per annunziargli la moltitudine dei suoi figli e discendenti.  La frase si cita parlando di riunioni molto numerose o anche di cose impossibili a numerarsi completamente.  

Numero Deus impare gaudet.
Dio ama i numeri dispari. Virgilio (Egloghe, VIII, 75)
Credevano gli antichi che i numeri dispari avessero speciali virtù. Dante stesso non riuscì a sottrarsi a questa corrente del tempo, e strutturò la Divina Commedia sul numero tre e i suoi multipli: tre cantiche, tre fiere che gli sbarrano il passo, tutta l’opera in versi legati a tre a tre (terzine), il viaggio oltramondano suddiviso in tre regni, ecc.

Numquam est fidelis cum potente societas.
Non è mai sicura l'amicizia con un potente. Fedro

Numquam est fidelis cum potente societas.
L'alleanza con il potente non è mai sicura. Fedro
Primo verso e morale della favola esopiana, nella quale il leone, dopo esser andato alla caccia con altri animali più deboli, nel far le parti, finisce, accampando pretesti di ogni genere, coll’attribuirsi tutta la preda.  

Numquam periclum sine periclo vincitur .
Il pericolo non lo si vince mai senza pericolo.

Nunc dimittis servum tuum, Domine.
Ora licenzia il tuo servo o Signore. (Vangelo, Luca, lI, 25)
Parole preferite dal santo vecchio Simeone, dopo aver visto il Redentore del mondo. Sono state ripetute da personaggi storici, che con le loro vittorie consideravano concluso il loro ciclo terreno, o da Santi al momento della morte. Scherzosamente si ripete per prender commiato da qualcuno.

Nunc est bibendum.
Ora finalmente di può bere. Orazio (Odi, I, 37, 1)
La frase completa è "nunc est bibendun, nunc pede libero pulsanda tellus" (Adesso finalmente si può bere e danzare, cioè ci si può dare alla pazza gioia.) Ovviamente Orazio non intendeva parlare di acqua ma di buon vino. Trattandosi di celebrare la vittoria di Azio, un brindisi col calice alla mano, era proprio d’occasione. Si può ricordare il motto agli amici, dopo qualche successo, per il tradizionale brindisi

O cives, cives, quaerenda pecunia primum est, virtus post nummos.
O cittadini, cittadini, prima si deve cercare il denaro, e dopo il denaro la virtù. Orazio (Epist., I, 1)
Cioè prima l’utile, poi l’onesto. È una morale sbagliata, ma nella vita spesso la realtà è questa, ed è perciò che il Poeta da ironicamente tale consiglio. 

O felix culpa.
O colpa felice. (Liturgia)
La Chiesa arriva a definire "beata" la colpa di Adamo, perchè essa ci procurò i vantaggi infinitamente superiori del Redentore. L’esclamazione si applica a quegli sbagli che casualmente sono fonte di qualche beneficio.

O fortunatos nimium, sua si bona norint, agricolae.
Troppo fortunati sarebbero i contadini, se conoscessero i loro beni. Virgilio (Georgiche, II, 458)
Il poeta amava moltissimo la bellezza e l’incanto della vita campestre.

O tempora! o mores!
Che tempi...! Che costumi...! Cicerone (Catilinaria, I)
Nella foga del discorso contro Catilina, che aveva tentato di farlo assassinare, Cicerone deplora la perfidia e la corruzione dei suoi tempi. La frase si ripete per criticare usi e costumi del presente, ma per lo più in tono scherzoso.

O terque quaterque beati! 
O voi beati tre e (anche) quattro volte. Virgilio (Eneide, I, 94)
Lode che Enea rivolge ai Troiani morti per la difesa della loro patria. Imitazione di un analogo passo di Omero.       

Obsequium amicos, veritas odium parit.
L'adulazione procura gli amici, la sincerità i nemici. Terenzio (Andria, a, I)

Obtorto collo.
Con il collo torto. Una cosa fatta contro voglia.

Oculum pro oculo, et dentem pro dente.
Occhio per occhio, dente per dente.

Oculus domini saginat equum.
L'occhio del padrone ingrassa il cavallo.

Oderint, dum metuant.
(Mi) abbiano in odio, purché (mi) temano. Cicerone (De off, I, 28, 97)
Cicerone cita la frase attribuendola al poeta tragico Accio; si adatta a personaggi dispotici e tiranni, che si attirano avversione e odio, anzichè fedeltà ed amore, finendo col danneggiare se stessi.

Odi et amo.
Odio ed amo. Catullo

Odi profanum vulgus et arceo.
Odio la massa ignorante e la tengo lontana. Orazio (Odi, III, 1, 1)
Il significato che si ricava dalla lettura dell’ ode, è che il Poeta aveva in disprezzo gli uomini del popolo rozzi ed ignoranti, che non arrivavano a capire e a gustare le bellezze della poesia.

Odium generis humani
Odio gli uomini. Tacito (Annali)

Oleum et operam perdidi.
Ci ho rimesso l'olio e la fatica! Plauto (Poenulus, a, I)
Si dice di lavori lunghi e faticosi che non ottengono il risultato sperato, che ci lasciano cioè a mani vuote col danno e le beffe.  

Ome vivum ex ovo.
Ogni essere vivente dall' uovo.

Omne ignotum pro magnifico.
Tutto ciò che è sconosciuto è sublime. Tacito (Viat di Agricola, 30)

Omne trinum est perfectum.
Ogni triade è perfetta.
Si usa, anche in senso ironico, con allusione al valore sacro del numero tre. Espressione di origine medievale.

Omne tulit punctum, qui miscuit utile dulci.
Ha raggiunto la perfezione chi ha saputo unire l'utile al dilettevole. Orazio (Ars poetica, 343)

Omnes feriunt.
Tutte feriscono.
Motto inciso su meridiane con allusione alle ore che passano portando ciascuna la sua pena, piccola o grande. 

Omnia fert aetas.
Il tempo porta via tutte le cose. Virgilio

Omnia mea mecum porto.
Tutte le mie cose porto con me. Diogene

Omnia munda mundis.
Tutto è puro per quelli che sono puri. Alessandro Manzoni (Promessi Sposi, cap. VIII)
Si usa per condannare il moralismo e per indicare che la purezza dipende dall'integrità della coscienza. Lett. "tutto è puro per i puri", espressione derivata dallíEpistola di S. Paolo a Tito (I, 15), che deve la sua fortuna alla citazione di Manzoni nei Promessi Sposi (VIII, 78).

Omnia mutantur.
Tutto cambia. Ovidio

Omnia tempus habent.
Ogni cosa ha il suo tempo. (Ecclesiaste, III,I)
Tutte le azioni si devono eseguire nel tempo che, o le circostanze o il dovere, ci indicano come migliore per la buona riuscita.

Omnia vincit amor.
L'amore non conosce ostacoli.
Virgilio (Egloghe, X, 69)
L'amore non conosce ostacoli. Si usa in riferimento all'onnipotenza dell'amore che supera ogni difficoltà. Lett. "l'amore vince ogni cosa".

Omnis homo mendax.
Tutti gli uomini sono bugiardi. Salmo CXV
È una sentenza della più larga comprensione. Anche Fedro nelle sue favole stigmatizza sovente il vizio della menzogna.

Onus probandi incumbit ei qui dicit.
L'onere della prova spetta a chi afferma.

Opes invisae merito sunt forti viro, quia dives arca veram laudem intercipit.
Le ricchezze sono giustamente disprezzate dall'uomo saggio, perchè uno scrigno ricco impedisce la lode genuina. Fedro
Dante loda appunto Fabrizio per aver preferito alle ricchezze una onorata povertà.

Ora et labora .
Prega e lavora!.

Orator fit, poeta nascitur.
Oratore si diventa, poeta si nasce.

Orbis terrarum divitias accipere nolo pro patriae caritate.
A tutte le ricchezze del mondo preferisco l'amore per la patria. Cornelio Nepote (Epaminonda, IV)

Ore rotundo.
Con magniloquenza. Orazio (Ars poetica)
Si usa in riferimento a chi, parlando o scrivendo, si esprime con solennità, con ornata eloquenza. Spreg. A proposito di chi, a tale ricercatezza espositiva, non fa corrispondere un'adeguata sostanza del contenuto. Lett. "con bocca rotonda".

Otium cum dignitate.
"Otium" con dignità. Cicerone (De Oratore, I, 1, 1)

Pacta sunt servanda.
I patti vanno rispettati.

Pactum sceleris.
Patto delittuoso.

Paete, non dolet !

O Peto, non fa male! Plinio il Giovane

Palam et clam.

Apertamente e in segreto.

Panem et circenses.
Pane e feste. Giovenale (Satire (X, 81))
Si usa per indicare un atteggiamento popolare privo di aspettative ma, ancor più, gli allettamenti proposti, a fini demagogici, dai governi dispotici per assicurarsi il favore delle masse. Lett. "(il popolo ormai chiede due cose soltanto) pane e giochi del circo".

Panta rei.
Tutto scorre. Eraclito

Parce sepulto!
Perdona al sepolto. Virgilio (Eneide, III, 41)
Perdona a chi è morto: Inutile continuare ad odiare dopo la morte.

Parce sepulto.
Lascia in pace chi è morto. Virgilio (Eneide, III, 41)
Si usa come invito a non parlar male dei defunti, a non infierire su chi ha già avuto la propria pena e non è più in grado di nuocere. Lett. "perdona a chi è sepolto".

Parcere subiectis et debellare superbos.
Perdonare a quelli che si sottomettono e sconfiggere i superbi. Virgilio (Eneide, VI, 853)
È il monito che Anchise dà ad Enea, riguardo alla sua missione futura.

Pares cum paribus facillime congregantu.
Ognuno con grande facilità frequenta i suoi simili. Cicerone (De Senectute, III)

Paritur pax bello.
La pace si ottiene con la guerra. Cornelio Nepote (Epaminonda, V)

Parturiunt montes, nascetur ridiculus mus.
I monti partoriranno ma ne nascerà un topolino. Orazio (Ars poetica, 139)
Si usa con riferimento a ciò che si rivela assai inferiore alle aspettative. Espressione costruita su un'immagine tratta da una favola di Esopo.

Parva libeIIum sustine patientia.
Sopporta con un pò di pazienza il mio libretto. Fedro
Fedro parla del suo volumetto di favole, che, lungi dall’essere tollerato con pazienza, ebbe tale successo che fu tradotto in quasi tutte le lingue e commentato dai migliori autori.

Parva sed apta mihi.
Piccola ma adatta a me.

Parvulae serpentes non nocent.
Le serpi da piccoline non fanno male. Quintiliano

Passim.
Qua e là.
Vocabolo molto in uso fra gli scrittori per citare qualche personaggio o argomento di cui si tratta in più parti dell’opera e che sarebbe troppo lungo o laborioso recensire volta per volta.

Paterna paternis, materna maternis..
I beni del padre ai parenti del padre, i beni della madre ai parenti della madre. Norma giuridica medievale.

Patria est ubicumque est bene..
La patria è dovunque si stia bene. Pacuvio (Cicerone. Tusc., V, 37, 108)
La frase viene ripresa da don Abbondio nel cap. XXXVIII dei Promessi Sposi: (e io non lo saprei cosa dire: La patria è dove si sta bene).

Paucis temeritas est bono multis malo.
La temerarietà è utile a pochi, e nociva a molti. Fedro
Tito Livio sosteneva che "la temerarietà non è sempre fortunata", e Cicerone aggiungeva: "se la prudenza è propria della vecchiaia, la temerarietà è propria della giovinezza".

Paulo maiora canamus.
Cantiamo cose alquanto più complesse. Virgilio (Egloghe, IV, 1)
Si cita la frase per passar da argomenti frivoli a cose più interessanti, o da qualche argomento doloroso ad altro più consolante.

Paupertas impulit audax.
(Mi) spinse la povertà audace. Orazio (Epist., II, 2, 51)
Il Poeta dice che fu l’indigenza che lo spinse a far versi; ma nel significato generico la frase vuoi dire che la povertà spinge a far cose temerarie, che non si farebbero senza il suo stimolo.

Pecca fortier, sed fortius fide et gaude in Christo.
Pecca fortemente, ma ancor più fortemente confida e godi in Cristo. Sant'Agostino

Pecunia non olet. .
I soldi non puzzano.
Con l'intento di aumentare gli introiti l' imperatore Vespasiano inventò quei piccoli monumenti che portano appunto il suo nome stabilendo una tassa per chi li usava ed una contravvenzione per chi non li usava. Al figlio Tito che protestava - puritano e pieno di scupoli - mettendogli sotto il naso una manciata di sesterzi chiese: puzzano ?

Pecuniae obediunt omnia.
Tutto obbedisce al denaro. (Ecclesiaste X, 19)
Credo di buona parte dell’umanità.

Pecuniia fidens.
Confidando nel denaro. Cornelio Nepote (Lisandro, III)
Solita teoria dell’onnipotenza del danaro, che talvolta diventa un vero culto.

Per aspera ad astra.
Solo con la fatica si ottiene il successo.
Si usa per sottolineare che la strada che conduce al successo, alla virtù e sim. è piena di difficoltà e di ostacoli. Lett. "attraverso le asperità (si arriva) alle stelle", l'espressione trae spunto dall'immagine mitologica dell'assunzione degli eroi, in particolare di Eracle, in cielo.

Per fas et nefas.
Con tutti i mezzi, leciti e illeciti. Lett. "attraverso il giusto e l'ingiusto".

Per os.
Per bocca.
Nelle ricette mediche indica che un determinato farmaco deve essere assunto oralmente.

Peras imposuit Iuppiter nobis duas.
Giove ci ha imposto due bisacce. Fedro
Una bisaccia è quella dei vizi altrui che portiamo dinanzi e bene in vista. L'altra è quella dei nostri, che portiamo nascosti sulla schiena.

Pereant amici, dum inimici una intercidant. 
Muoiano pure gli amici, purché i nemici muoiano con loro. Cicerone

Perinde ac cadaver.
Proprio come un cadavere.
Si usa per indicare una completa e acritica sottomissione a un'autorità. Propr. è la formula con cui i Gesuiti esprimono l'obbedienza alla regola e ai superiori; la sua origine deriva da un'espressione di S. Francesco che esortava a seguire il Vangelo sub figura corporis mortui, "a guisa di cadavere".

Pluralis modestiae.
Plurale di modestia.
Indica l'uso della prima persona plurale in uno scritto o in un discorso per attenuare il valore personale delle proprie affermazioni o per rendere partecipi i lettori o gli ascoltatori delle proprie parole.

Poenae mora longa.
A volte il castigo è lento ad arrivare. Ovidio (Metamorfosi, VI, 215)
Non sempre alla colpa segue immediatamente la pena, ma presto o tardi verrà. Il popolo esprime questo concetto col noto proverbio: Dio non paga il sabato. Cioè non castiga a scadenze fisse.

Poeta nascitur, orator fit.
Poeti si nasce, oratori si diventa.

Pons asinorum. .
Ponte degli asini.

Post coitum omne animal triste .

Dopo l'accoppiamento ogni essere animato è triste.

Post equitem sedet atra cura.
Il nero affanno siede dietro al cavaliere. Orazio (Odi, III, 1, 40)
Il significato del verso oraziano è che in questo mondo si cerca invano di sottrarsi, con distrazioni e divertimenti, agli affanni e dolori dell’esilio: essi montano in groppa e cavalcano assieme al cavaliere

1 .. 3