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Si cartuscella volat, tota scientia squagliat (latino maccheronico)
Se il foglietto vola via, scompare tutta la preparazione “Video meliora proboque, deteriora sequor” (Ovidio) Vedo le cose migliori ed approvo, seguo le cose deteriori Homo quisque faber ipse fortunae suae Ogni uomo è artefice della propria fortuna Qui gladio ferit, gladio perit Chi di gladio ferisce, di gladio perisce Errare humanum est, perseverare diabolicum Sbagliare è umano, perseverare è diabolico Mater sempre certa est, pater nunquam La madre è sempre sicura, il padre mai Gutta cavat lapidem La goccia scava la pietra Excusatio non petita, accusatio manifesta Una scusa non richiesta è una palese auto accusa Impossibilia nemo tenetur Nessuno è tenuto a cose impossibili Do ut des Do affinché tu dia Verba volant, scripta manent Le parole volano via, gli scritti rimangono Omnia munda mundis Tutte le cose sono pure per coloro che sono puri Mors omnia solvit La morte scioglie ogni cosa Non ite mittere margaritas ante porcos Non mettete perle davanti ai porci Talis pater, talis filius Tale padre, tale figlio Mala tempora currunt Tempi cattivi attraversiamo Mens sana in corpore sano Mente sana in un corpo sano Beati monoculi in terra coecorum Beati coloro che hanno un solo occhio in una terra di ciechi Risus abundat in ore stultorum Il riso abbonda sulla bocca degli stolti Studere, studere, post mortem quid valere? Studiare, studiare, ma dopo la morte a cosa serve? Fortuna iuvat audaces La fortuna aiuta gli audaci Spes ultima dea La speranza è l’ultima dea Ob torto collo Costretto (col collo torto) Habent sidera lites Anche le liti sono influenzate dalle stelle Onus probandi incumbit ei qui dicit L’onere della prova spetta a colui che afferma Ubi maior, minor cessat Dove il maggiore, cessa il minore Legibus solutus Al di sopra delle leggi Cicero pro domo sua Perorare la propria causa (Cicerone per la sua casa) Carpe diem (Orazio) Afferra l'attimo Homo, homini lupus L’uomo è lupo per l’altro uomo In vino veritas Nel vino la verità Nemo iudex in causa sua Nessuno può esser giudice nella propria causa Alea iacta est Il dado è tratto Quod nullum est, nullum producit effectum Ciò che è nullo, non produce alcun effetto Pecunia non olet Il danaro non ha odore De rustica progenie, semper villana fuit Colui che discese da stirpe rustica, rimase sempre un rozzo Cui prodest? A chi giova? De gustibus non est disputandum Circa i gusti non si deve discutere Nemo propheta in patria Nessuno è profeta in patria Repetita iuvant Le cose ripetute giovano Melius abundare, quam deficere Meglio sovrabbondare che mancare Semel in anno licet insanire Una volta all’anno è lecito fare pazzie Tempus regit actum Il tempo regola l’atto Magistratibus opus est, sine quorum prudentia ac diligentia esse civitas ulla non potest C’è bisogno di magistrati, non potendo alcuna società esistere senza il loro saggio buon senso e la loro coscienziosa scrupolosità Lupus in fabula Chi arriva inaspettato mentre si parla di lui (Il lupo della favola) A latere. A fianco… Presso a... Si dice specialmente dei cardinali scelti dal Papa per missioni diplomatiche. Ab absurdo. Che discende da una promessa assurda. Frase usata specialmente in geometria, nella quale si fanno spesso dimostrazioni "ab absurdo", provando le conseguenze false che derivano da ipotesi o premesse erronee. Ab aeterno. Fin dall'eternità, da sempre. Frase italianizzata nella forma: Ab eterno. Ab assuetis non fit passio. Le cose comuni (abituali) non fanno impressione. E’ solo l’imprevisto che suscita la meraviglia. Principio filosofico d’uso molto frequente, che ha riscontro nella sentenza di Aristotele: Quod consuetum est, velut innatum est (Ciò che è consueto è come istintivo). Ab imis (fundamentis). Dalle più profonde fondamenta. Qualche volta significa: totalmente; in tutte le parti, come nelle frasi: riformare un Istituto, rinnovare un’amministrazione ab imis. Ab imo pectore. Dal profondo del cuore. Si usa per indicare l'erompere improvviso e incontenibile di espressioni di sdegno e di ira oppure dí amore e di passione. L'espressione era molto diffusa nei poeti latini. Ab Iove principium. Cominciamo da Giove. Virgilio (Egloghe. III, v. 60) Nel significato corrente vuol dire che bisogna incominciare da Dio. La frase significa anche che prima devono essere trattate le cose di maggior importanza, e successivamente le secondarie. Ab irato. Con ira, in preda all'ira. Si usa per indicare qualcosa che viene detto o fatto in un momento d'ira. Ab ovo. Dall'uovo, dalle origini. Orazio (Ars poetica, 147) Nel linguaggio comune si suole citare quando qualcuno incomincia a raccontare una storia molto alla lontana, risalendo magari... ad Adamo ed Eva.Altrove (Satire, 1, 3) il Poeta usa anche la frase: Ab ovo usque ad mala (Dall’uovo fino alle mele, in pratica: dall’antipasto alle frutta, ossia dal principio alla fine). Ab tam tenui initio tantae opes sunt profligatae. Da così modesto inizio furono sconfitte ricchezze così grandi. Cornelio Nepote (Pelopida, lI) Spesso la virtù, che alberga anche nell’uomo povero e modesto, è superiore alle ricchezze, ed ha il sopravvento su di esse. Ab uno disce omnis. Da uno capisci come sono tutti. Virgilio (Eneide, III) Ab uno disces omnes. Da uno li conosci tutti. Virgilio Ab urbe condita. Dalla fondazione di Roma. Per i Romani l'Urbe per eccellenza era Roma,(caput mundi.). La fondazione di Roma generalmente si fa coincidere con il 21 aprile dell’anno 753 o 754 A.C. Absit iniuria verbo. Sia detto senza intenzione di offendere. Tito Livio (Storie) Si usa per attenuare la portata di una osservazione o di una considerazione che potrebbero suonare offensive per chi le ascolta. Absolutio ab actione. Assoluzione dall'azione. Abusus non tollit usum. L'abuso non vieta l'uso. Massima del diritto antico.Significa che una cosa si può usare, anche se può essere chi ne faccia abuso. Es: il fatto che alcuni abusino del vino, non significa che il suo uso moderato non sia legittimo. Accessit huic patellae... dignum operculum. Questa pentola trova il suo degno coperchio. San Gerolamo Accidere ex una scintilla incendia passim. A volte da una sola scintilla scoppia un incendio. Lucrezio Acta est fabula. Lo spettacolo è finito. Augusto Acta exteriora indicant interiora secreta. Gli atti esteriori manifestano i segreti interiori. Actor debet venire instructior quam reus. L'attore deve andare in giudizio più preparato del convenuto. Ad abundantiam. In più, per giunta, per di più. Propriamente si usa nel linguaggio giuridico per indicare argomenti, prove e simili, addotti per dimostrare un fatto già sufficientemente chiarito e quindi non necessari. Più in generale si usa per indicare qualcosa che, con il suo determinarsi, aggrava una situazione. Ad augusta per angusta. Alle cose eccelse si arriva solo attraverso le difficoltà. La gloria, il successo, costano sacrifici. Ad bestias. Condanna alle bestie feroci del circo (linguaggio giuridico). Ad calendas graecas. Alle calende greche, cioè mai, perché i greci non avevano calende nel loro sistema di computo del tempo. Si usa riferito a qualcosa che non avverrà mai. Ad hoc. Per questo. Per esempio citare un verso ad hoc, significa riportare un verso appropriato al contesto del discorso. Ad impossibilia nemo tenetur. Nessuno è obbligato a fare ciò che non può. Ad litteram. Alla lettera. Si utilizza specialmente parlando di traduzioni o citazioni. Una traduzione può essere fatta ad litteram, oppure ad sensum: a senso. Ad majora. A successi più grandi. Si tratta di una formula usata per augurare nuovi successi a chi ne ha già avuti. Ad multos annos. Possa tu vivere per molti anni ancora. Propriamente è una formula dí augurio che nella liturgia cattolica viene rivolta dal vescovo consacrato al vescovo consacrante. Si usa spesso come forma di augurio generico. Ad perpetuam rei memoriam. A perenne ricordo dell'avvenimento. Si suole incidere sulle medaglie commemorative, su monumenti, lapidi, ecc. Si utilizza ironicamente per fatti di nessuna importanza che ad ogni costo si vuole che vengano ricordati. Ad quid? A quale scopo? Per quale motivo? Ad unguem. In modo preciso, alla perfezione. Orazio (Satire, I, 5) Si usa riferito a cosa rifinita perfettamente, eseguita in modo meticoloso. Ad usum Delphini. Ad esclusivo uso del Delfino. Con questa locuzione venivano contrassegnate le edizioni purgate dei classici latini edite ad hoc per il figlio del Re Sole. Si cita ironicamente per qualsiasi cosa che venga falsata a sostegno di qualche tesi. Adducere inconveniens non est solvere argumentum. Portare eccezioni non è mai risolvere la questione. Adhuc sub iudice lis est. La lite è ancora presoo il giudice, ossia la sentenza non è ancora stata emessa. Orazio (Ars poetica, 78) .Si cita nelle questioni controverse, sulle quali non si riesce a conseguire un accordo. Advocatus diaboli. Avvocato del diavolo. Si usa per designare chi, in una discussione, è teso a trovare il maggior numero di obiezioni possibili su ciò che viene dato per scontato o affermato troppo frettolosamente. Propr. Tale espressione deriva dai processi di canonizzazione della Chiesa cattolica e indica l'ecclesiastico che, contrapponendosi dialetticamente al postulator Dei (colui che sostiene le ragioni della beatificazione), cerca tutti i cavilli perché la santificazione sia ponderata. Aequo pulsat pede. (La morte) colpisce con piede imparziale: Orazio (Odi, I, 4, 13) La morte non fa distinzione fra monarchi e sudditi, fra ricchi e poveri, fra giovani e vecchi. Aere perennius. Più duraturo del bronzo. Orazio (Odi, III, 30 1) Il poeta dice d’aver eretto un monumento, con i suoi poemi, che nei secoli sarà più duraturo del bronzo e ne renderà immortale fama e memoria. La frase completa era: Exegi monumentum aere perennius. Aeris confessi rebusque iure iudicatis XXX dies iusti sunto. Post deinde manus iniectio esto. In ius ducito. In caso di riconoscimento del debito in giudizio o di condanna pronunziata, vi saranno trenta giorni fissati dalla legge [per l'adempimento]. Dopo tale termine abbia luogo la cattura [del debitore]. Venga condotto davanti al magistrato. (La legge delle XII Tavole, Tabula III, 1, 2) Affectio maritalis. L'affetto che lega i coniugi. Age quod agis. Fa bene quanto stai facendo. È un richiamo al presente che solo è in nostro possesso e dal quale dipende l’avvenire. Age, si quid, agis. Se fai qualcosa, falla. Plauto Agnosco veteris vestigia flammae. Conosco i sintomi dell'antico amore. Virgilio (Eneide, IV, 23) Didone vedova di Sicheo, confessando alla sorella il suo amore per Enea, afferma di provare per lui la stessa passione che aveva nutrito per il marito defunto. Agnus Dei. Agnello di Dio. San Giovanni Apostolo (Nuovo Testamento, I, 29) L’Apostolo parla di Gesù Cristo raffigurato sotto le forme dell’agnello, per insegnarci la mansuetudine. Queste parole ricorrono nella liturgia della Messa Agrum... manibus suis colebat. Coltivava il campo con le proprie mani. Eutropio (Breviario, I, 17) È l’elogio che lo storico fa a L. Quinzio Cincinnato che, da quanto raccontano, passava con naturalezza dalle fatiche dei campi a quelle di condottiero e viceversa. Albo signanda lapillo (dies). Data da segnare con una pietra bianca. Album. Foglio bianco. Alea iacta est. Il dado è tratto. Svetonio, Vita di Cesare (32). Si usa a commento di un'iniziativa che appare irreversibile. L'espressione, tradotta da un proverbio greco, sarebbe stata pronunciata da Cesare nell'atto di attraversare col suo esercito il fiume Rubicone (in Romagna), atto di ostilità verso il Senato, gravido di conseguenze, che implicava di per se stesso la violazione di una precisa legge di Roma. Alibi. Altrove. Aliena vitia in oculis habemus, a tergo nostra sunt. Abbiamo davanti agli occhi i vizi degli altri, mentre i nostri ci stanno dietro. Seneca Alieno more. Secondo le usanze altrui, come piace agli altri. Aliquam reperitis rimam. Trovate qualche fessura. Plauto Alius et idem. Diverso e uguale. Alma mater. Madre fertile. Virgilio (Passim) D’uso molto frequente presso i poeti, che chiamano la terra fertile, considerandola come madre di ogni essere vivente, animale e vegetale Alter ego. Un altro me stesso. Alterius non sit qui suus esse potest. Non appartenga a un altro chi può appartenere a se stesso. Cicerone Ama et fac quod vis. Ama e fai ciò che vuoi. Sant'Agostino Amici vitia si feras, facis tua. Tollerando i vizi dell'amico, rendi palese i tuoi. Amicus diu quaeritur, vix invenitur, difficile servatur. L'amico si cerca a lungo, si trova a stento, si conserva difficilmente. San Gerolamo Amicus Plato, sed magis amica veritas. Sono sì amico di Platone, ma ancora più della verità. Ammonio (Vita di Aristotele) Sentenza che significa doversi a volte sacrificare anche le amicizie personali, se contrarie alla verità, e alla giustizia. Amittit merito proprium qui alienum appetit. Perde giustamente il proprio chi desidera l'altrui. Fedro È la morale della favola: Il Cane che porta la Carne attraverso il fiume. L'animale, per afferrare l’ombra più grande riflessa nell’acqua, finì col perdere anche il pezzo di carne che teneva tra i denti. Amor et deliciae humani generis. Amore e delizia del genere umano. Eutropio Soprannome che l’imperatore Tito Vespasiano meritò per la sua bontà e benevolenza verso i sudditi. Accorgendosi un giorno di non aver beneficato alcuno, disse addolorato: Amici, hodie diem perdidi. Amor et dominium non patiuntur socium. L'amore e la proprietà non tollerano soci. Viene citata a proposito di divisioni. Angulus ridet. Quest'angolo di terra mi rende felice. Orazio (Odi, III, 6, 13) La frase completa é: ”ille terrarum mihi semper praeter omnis angulus ridet” Si dice delle cose piccole e graziose, dei luoghi appartati nei quali, lontano dal caos, si ritrova la felicità. Animus meminisse horret. L'animo inorridisce nel ricordare. Virgilio (Eneide, II, 12) Sono le parole di Enea quando incomincia a raccontare l’odissea della guerra di Troia. Anno domini. L'anno del Signore. Ante litteram. Prima che una cosa fosse scritta, che fosse ufficiale, che fosse nota o di moda. Apertis verbis. A chiare lettere. Aquae et ignis interdictio. Interdizione dall’acqua e dal fuoco. Usata in linguaggio giuridico. Aquila non captat muscas. L'aquila non va a caccia delle mosche. Significa che non si può pretendere che persone altolocate s’interessino a controversie o a fatti di nessuna importanza. Arbiter elegantiarum. Giudice del comportamento, dei modi, dei costumi eleganti. Tacito Si usa a proposito di chi ama una particolare ricercatezza nel vestire e apprezza i piaceri raffinati. Lett. "arbitro delle eleganze", appellativo dato da Tacito (Annali, XVI, 18) a un tal Caio Petronio probabilmente l'autore del Satyricon. Arcades ambo. Due persone molto simili di carattere. Virgilio (Egloghe, VII, 4) Si usa, per lo più in senso spregiativo, per indicare persone appartenenti alla stessa cerchia ristretta o, più frequentemente, aventi lo stesso carattere. Lett. "entrambi arcadi", espressione derivata dalla settima bucolica di Virgilio (v. 4) dove vengono così definiti i pastori Tirsi e Coridone, che abitavano la mitica regione dellíArcadia. Ars gratia artis. L'arte per l'arte. Ars longa, vita brevis. L'arte è lunga, la vita è breve. Sentenza che derivata da un aforisma di Ippocrate. Il senso è questo: in tutte le arti, la vita di un uomo è insufficiente per raggiungere la perfezione, che suppone l’esercizio progressivo di più generazioni. Asinus asinum fricat. L'asino accarezza l'asino È un motto che ricorre spesso alla mente quando si vedono atti continui di mutua incensazione fra due persone di scarsa intelligenza. Asinus portans mysteria. Un asino che porta i misteri. Locuzione derivata dalla vita dei primitivi Cristiani che, costretti a celare alla curiosità dei pagani le Sacre Specie, venivano così definiti.Si applica alle persone saccenti che si arrogano la missione di illuminare il mondo e che si mostrano gelose ed orgogliose dei loro segreti scientifici o professionali. Audaces fortuna iuvat. La fortuna favorisce chi ha il coraggio di rischiare. Si usa come incoraggiamento allíaudacia. Lett. "la fortuna aiuta gli audaci", massima molto ricorrente, seppur con formulazioni diverse, nella letteratura latina. Nell'uso medievale essa è stata ampliata con l'aggiunta: timidosque repellit: "e respinge i timidi". Audacter calumniare, semper aliquid haeret. Calunnia con spudoratezza, qualche cosa resterà sempre. F. Bacon Audax Iapeti genus. L'audace progenie di Giapeto. Orazio (Odi, I, 3) Il poeta parla qui di Prometeo, il dio del fuoco; ma la citazione si riferisce al genere umano, che con le sue attuali e continue scoperte, ne giustifica appieno l’applicazione. Audentes fortuna iuva. La fortuna aiuta gli audaci. Virgilio (Eneide, X, 284) Il poeta raccomanda di non lasciarsi abbattere dai colpi avversi di fortuna, ma di andare sempre avanti con coraggio e con maggiore audacia. Aura seminalis. Aura fecondatrice. Aurea mediocritas. Mediocrità aurea. Orazio (Odi, II, 10, 5) Nel contesto oraziano significa che la condizione media, deve essere preferita ad ogni altra. Auri sacra fames! Esecrabile desiderio dell'oro. Virgilio (Eneide, III, 57) Aut amat aut odit mulier: nil est tertium. Una donna o ama o odia, non c'é una terza possibilità. Publilio Siro Aut Caesar aut nihil. O Imperatore o niente. Cesare Borgia Aut regem aut fatuum nasci oportere. Conviene nascere o re o stupido. Seneca Avarus nisi cum moritur, nihil recte facit. L'avaro non fa nulla di buono se non quando muore. Ave Cæsar, morituri te salutant. Salve, Cesare, coloro che stanno per morire ti salutano. Svetonio (Claudio, 21) È l’estremo addio dei gladiatori romani prima del combattimento, passando davanti alla tribuna dell' imperatore. Barba non facit philosophum. La barba non fa il filosofo. Barbaque erat promissa. La barba era lunga. Cornelio Nepote (Dtame, III) La frase si cita volentieri per discorsi, conferenze o altre cose noiose che hanno fatto crescere la barba. Beati monoculi in terra cæcorum . Beati i guerci nel paese dei ciechi. Beati qui lugent. Beati quelli che piangono. San Matteo (V, 5) È la terza Beatitudine: Beati qui lugent quoniam ipsi consolabuntur. Ironicamente si dice di chi ha le lacrime in tasca. Beatus ille qui procul negotiis… Beato colui che sta lontano dagli affari. Orazio (Epodi, ode 2a) Fa ricordare la frase del Manzoni, (cap. XXXVIII dei Promessi Sposi): "Son quei benedetti affari che imbrogliano gli affetti". Bella matribus detestata. Guerre detestate dalle madri. Orazio (Odi, 1, 1, 24) Frase che sintetizza gli orrori della guerra. . Bellum punitivum. Guerra di punizione, di ritorsione. Bene vixit qui bene latuit. Ha vissuto bene chi ha saputo stare ben nascosto. Beneficium accipere, libertatem est vendere. Accettare un beneficio equivale a vendere la libertà. Publio Siro Bis dat qui cito dat. Da' due volte chi da' presto. Ossia il soccorrere con sollecitudine il povero, raddoppia il beneficio. Bis repetita placent. (Le cose utili) ripetute due volte piacciono. Orazio (Ars poetica) Al "placent" alcuni sostituiscono iuvant (giovano). Bis vincit qui se vincit in victoria. Vince due volte chi domina se stesso nella vittoria. Bis. Due volte. Bonae fidei non congruit de apicibus iuris disputare. Non risponde a buona fede il cavillare sulle sottigliezze del diritto.. Boni iudicis est lites dirimere. E' compito del buon giudice di por termine alle liti (decidendole). Boni pastoris esse tondere pecus, non deglubere. E' proprio del buon pastore tosare le pecore, non scorticarle. Svetonio Bonum certamen certavi, cursum consummavi, fidem servavi. Ho gareggiato in una bella gara, ho concluso la mia corsa, ho mantenuto la mia fede. San Paolo Bonum comune est melius quam bonum unìus. Il bene comune è migliore del bene del singolo. Brevi manu. Da mano a mano. Brevis esse laboro, obscurus fio. Cerco di essere breve, ma divento oscuro. Orazio (Ars poetica, 25) Locuzione che, in altre parole, significa esser spesso la brevità causa di minor chiarezza. Caesarem vehis. Porti Cesare. Frase con la quale Cesare,durante una burrasca, esortò il capitano che pilotava la nave sulla quale si trovava. Si usa per incoraggiare quanti lavorano per una causa giusta e nobile. Caligat in sole. Non ci vede in pieno sole. Quintiliano Capitis deminutio. Menomazione personale, perdita di dignità. Si usa per indicare un cambiamento in negativo subìto da qualcuno, so-prattutto nell'ambito della carriera. Lett. "diminuzione di persona", formula con cui nella giurisprudenza romana si indicava originariamente la perdita di un individuo da parte della comunità e, poi, la perdita dei diritti civili da parte di un cittadino. Caput imperare, non pedes . A comandare è la testa, non i piedi. Caput orbis / Caput mundi. Centro del mondo. Appellativo dato da molti autori (Cicerone, Orazio, Ovidio, Virgilio, ecc.) alla Città Eterna. Carmina non dant panem. Le poesie non danno pane. Carpe diem ( ... quam minimum credula postero). Cogli il giorno o l'attimo fuggente (e nel domani credi il meno possibile). Orazio Carpe diem. Cogli l'attimo fuggente, cioè le gioie, non solo di ordine materiale, che la vita offre, giorno per giorno. Orazio (Odi, I, II, 8) Si usa, anche nel linguaggio comune, come invito a godere la vita, senza preoccuparsi del futuro. Estens.: Indica un atteggiamento di vita libero da preoccupazioni e scrupoli. Lett. "afferra il giorno", espressione desunta dalle Odi di Orazio (I, 11, 8) che sintetizza l'ideale della filosofia stoico-epicurea. Carpent tua poma nepotes. I nipoti raccoglieranno i tuoi frutti. Virgilio Si può intendere nel significato che altri mieteranno dove noi abbiamo seminato, ed anche nel senso meno egoistico che l’uomo non deve lavorare solo per sè stesso, ma anche per le generazioni future. Castigat ridendo mores. Scherzando sferza i costumi. Jean de Santeuil Questa iscrizione, posta sul frontone di vari teatri, è dovuta al poeta latinista francese. La commedia e la satira, spargendo il ridicolo sui vizi e difetti umani, sono un apporto importante per la riforma dei costumi. Casus belli. Caso (causa) di guerra. Propriamente è un atto grave che provoca la dichiarazione di guerra fra due nazioni; ma per estensione e ironicamente si dice di cose minuscole che, per l’esagerazione delle persone interessate, diventano altrettanti casus belli. Causa patrocinio non bona, peior erit. Una causa cattiva, peggiora se la si difende. Ovidio Corrisponde all’altro proverbio dialettale veneto: Pezo el tacòn del buso (È peggio il rammendo che lo strappo). Cave canem. Attenti al cane! Si usa come avvertimento, in genere affisso su una porta, un cancello e simili, per segnalare la presenza di un cane da guardia. Fig.: Espressione in cui si consiglia genericamente di essere prudenti. La scritta appariva spesso nei mosaici dei pavimenti delle case romane insieme alla rappresentazione di un cane furioso. Caveant consules. I consoli stiano attenti. Inizio d’una raccomandazione che il Senato romano faceva ai consoli quando lo Stato era in pericolo, e continuava: ne quid respublica detrimenti capiat (affinchè la repubblica non riceva danno); ma generalmente si citano solo le due prime parole, per dire: " Provveda chi è alla testa; se la sbrighi chi comanda!" Caveat Emptor. Stia attento chi compra. Cedant arma togae. Le armi lascino posto alle toghe. Cicerone (De off. I, 22) Frase pronunciata da Cicerone in memoria del suo consolato. Si cita la frase come auspicio per esprimere il desiderio che il governo militare, simboleggiato nelle armi, faccia posto al governo civile, rappresentato nella toga. Cerebrum non habet. Non ha cervello. Fedro È l’esclamazione della volpe che, avendo trovata una maschera teatrale, la trova molto bella ma... priva di cervello. Corrisponde al nostro proverbio: L’abito non fa il monaco o all’altro: Le apparenze ingannano Cessat. Rimane. Ceteris paribus. A parità di tutte le altre circostanze. La frase è d’uso frequente nei paragoni, quando si vuoi stabilire una base comune di uguaglianza fra due oggetti, e far risaltare il punto di divergenza, oppure nelle leggi e nei contratti per fissare le condizioni. Si trova anche nei Promessi Sposi al cap. XXVII. Ceterum censeo Carthaginem esse delendam. Comunque penso che Cartagine è da distruggere. Catone Cibi condimentum esse famem. La fame è il condimento del cibo. Cicerone Cicero pro domo sua. Cicerone in difesa della sua casa Ciceerone Titolo di un’ orazione tenuta dal sommo oratore per riavere l’area e i fondi per rifabbricare la sua casa, confiscatagli durante l’esilio. Si cita volentieri all’indirizzo di chi difende con fervore una causa propria, o di chi si esalta nel far valere le proprie ragioni. Civis Romanus sum. Sono cittadino romano. Cicerone (In Verrem, 11, V, 62) Frase ripetuta con orgoglio da vari personaggi latini, per far valere i privilegi che loro erano concessi dalla cittadinanza Romana. Anche ai prigionieri, se potevano vantare tale prerogativa, veniva riservato un trattamento di favore. Claudite iam rivos, pueri. Chiudete i ruscelli o fanciulli, i prati hanno bevuto a sufficienza. Virgilio (Egloghe, III, 111) Si cita per invitare qualcuno a tacere dopo un lungo discorso, o a finire qualche noiosa o laboriosa occupazione. Clausulae insolitae indicunt suspicionem. Le clausole insolite sono sospette. Coactus volui. Volli, ma costretto. Coelo tonantem credidimus Iovem regnare. Abbiamo creduto che Giove regnava in cielo quando lo abbiamo sentito tuonare. Orazio (Odi, III, 5, 1) La massima si applica a coloro che diventano religiosi solo quando si trovano in qualche necessità, come si dice dei marinai che fanno voti durante la burrasca: promesse da marinaio! Coeteris paribus Legislazione vigente Cogito ergo sum. Penso, dunque sono (esisto). Cartesio È la massima fondamentale del sistema filosofico che da Descartes prese il nome di cartesianismo, sintetizzato in questo principio: "Per raggiungere la verità, bisogna almeno una volta nella vita disfarsi di tutte le opinioni ricevute e ricostruire di nuovo e dalle fondamenta, tutti i sistemi delle proprie conoscenze ". Compos sui. Padrone di sé. Concordia parvae crescunt, discordia maximae dilabuntur. Con la concordia le piccole cose crescono, con la discordia anche le più grandi vanno in rovina. Sallustio (Giugurt. 10, 6) Con la concordia crescono le piccole cose, con la discordia vanno in malora anche le più grandi.Tito Livio nelle sue Storie ripete sotto altra forma il medesimo concetto: "Duas ex una civitate discordia facit (Il, 24)" (La discordia divide la città in due), e "Nihil concordi collegio firmius ad rempublicam tuendam (X, 22)" (Non vi è niente di più sicuro per la tutela d’uno Stato, che un consiglio di governanti concorde). Conditio sine qua non. Condizione indispensabile. Si usa per indicare una condizione necessaria perché una cosa avvenga o perché si raggiunga un determinato scopo. Lett.: "condizione senza la quale non", locuzione usata negli antichi trattati di logica. Conscia mens recti famae mendacia risit. La coscienza retta si ride delle bugie della fama (ossia delle mendaci ciarle del pubblico). Ovidio Consilia qui dant prava cautis hominibus, et perdunt operam et deridentur turpiter. Quelli che danno cattivi consigli a uomini prudenti perdono il tempo e sono oggetto di derisione. Fedro Un coccodrillo vedendo un cane dissetarsi, correndo, alle acque del Nilo, gli disse di fermarsi e di bere con tutta tranquillità. Il cane gli rispose: Lo farei, se non sapessi quanto ti piaccia la mia carne. Vi corrisponde il proverbio: Guardati da chi ti consiglia a scopo di bene... |
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Consummatum est. (Tutto) è compiuto! San Giovanni Apostolo (Nuovo Testamento, XIX, 30) Sono le ultime parole del Redentore sulla croce. Si citano a proposito di qualche disastro, d’un grande dolore, della morte d’un caro parente, ecc. Contra legem. Contro la legge. Contra potentes nemo est munitus satis. Nessuno è abbastanza difeso contro i potenti. Fedro (L'Aquila e la Cornacchia) Sentenza quasi parafrasata dal Manzoni nel cap. VII dei Promessi Sposi: « Le parole dell’iniquo che è forte, penetrano e sfuggono. Può adirarsi che tu mostri sospetto di lui, e, nello stesso tempo farti sentire che quello che tu sospetti è certo: può insultare e chiamarsi offeso, schernire e chieder ragione, atterrire e lagnarsi, essere sfacciato e irreprensibile Contra spem. Contro (ogni) speranza. Contraria contrariis curantur. Curino i contrari con i contrari. È un principio della così detta medicina allopatica o classica; mentre quello della omeopatica suona: "Similia similibus curantur" (Le malattie si guariscono con rimedi simili). Coram populo. Davanti a tutto il popolo. Orazio (Ars poetica, 185) In pubblico, alla presenza dì tutti. Lo si usa quando si vuole indicare che una notizia, deve essere proclamata ai quattro venti. Corruptio optimi pessima. Ciò che era ottimo, una volta corrotto, è pessimo. San Gregorio Magno Corruptissima republica plurimae leges. Le leggi sono moltissime quando lo stato è corrottissimo. Tacito Credere est cum assensione cogitare. Credere è pensare con libera adesione. Sant'Agostino Credo quia absurdum. Credo perchè è assurdo. Tertulliano Credo ut intelligam, non intelligo ut credam. Credo per comprendere, non comprendo per credere. Sant'Anselmo Crescit eundo Cresce a mano a mano che avanza. Lucrezio Si usa in senso generico per indicare che qualcosa, un fatto, un movimento o una corrente di pensiero, acquista sempre più forza via via che si diffonde. Deriva da un passo di Lucrezio (6, 340 ss.) riferito alla velocità del fulmine che cresce con l'andare. Virgilio (En. 4, 174) usa la stessa espressione riferendola al propagarsi della fama. Crimen Iaesae (maiestatis).Delitto di lesa maestà. Motto giuridico per designare il massimo dei delitti. Spesso si adopera ironicamente per cose da nulla, ingrandite tanto dagli altri da farne un crimen laesae maiestatis. Crimen silentii. Delitto di silenzio. (omissione). Omissione di denunzia. Cui prodest scelus, is fecit. A chi giova il fatto avvenuto, egli l'ha compiuto. Seneca Cuique suum. A ciascuno il suo. Aforisma della legislatura romana. Concorda con il precetto evangelico: Reddite Caesari quae sunt Caesaris, et quae sunt Dei Deo (Rendete a Cesare quello che è di Cesare, ed a Dio quello che è di Dio). Cuius regio, eius et religio. Tale paese, tale religione. Corrisponde al nostro: Paese che vai usanze che trovi; ma alla lettera vorrebbe significare che bisogna adottare la religione della Nazione in cui uno si trova. Cuivis homini est errare, nullius nisi insipientis est perseverare in errore . Errare è tipico di ogni uomo, ma perseverare nell'errore è tipico dello sciocco. Culpam poena premit comes. Il castigo segue come compagna la colpa. Orazio (Odi IV, 5) Cioè, o presto o tardi ogni delitto ha il suo castigo. Cum sunt partium iura obscura reo favendum est potius quam actori. Quando le ragioni delle parti non sono limpide, bisogna favorire il «convenuto» piuttosto che l'"attore". Cuncta supercilio moventis. Muove tutte le cose con un muovere di ciglia. Orazio (Odi, III, I) Cioè con l’aggrottare delle sopracciglia. Orazio la riferisce a Giove, padre degli dèi, di cui esalta l’onnipotenza. Si adatta anche a persone che, costituite in qualche carica, si danno arie superiori alla loro condizione. Cupio dissolvi. Desidero sparire. Currenti calamo. A penna veloce, di fretta. Si dice di uno scritto composto in tutta fretta, senza badare alla forma e senza una profonda meditazione. Lett. "con la penna che corre". Curriculum vitæ. Il corso della vita. Espressione che indica l’insieme dei dati sugli studi, sui lavori precedentemente svolti, sulla cultura generale, necessari a giudicare della idoneità o meno all' assunzione di un candidato. Da ubi consistam. Dammi un punto di appoggio. Abbreviazione del motto di Archimede: "Da mihi ubi consistam, terramque movebo" (Datemi un punto di appoggio e solleverò il mondo), alludendo alla proprietà della leva. Si cita quando si domandano i mezzi necessari a intraprendere qualche grande impresa. Dat veniam corvis, vexat censura columbas. La censura (la critica) risparmia i corvi, e tormenta le colombe. Giovenale (Satire, 2, 63) Sentenza che viene spontaneo applicare quando si vedono perseguitati gli innocenti mentre restano impunitii malvagi. Date obolum Belisario. Fate l'elemosina a Belisario. Frase celebre che, se ha sapore di leggenda, come ritengono i critici, riguardo al grande generale abbattuto dalla sorte, significa che non bisogna infierire con i perseguitati dalla sfortuna. Datur omnibus. Si dà a tutti. Scritta che si legge sulla porta di qualche monastero ad indicare che la carità di Cristo abbraccia indistintamente tutti, ricchi e poveri. Davus sum, non Oedipus. Sono Davo, non Edipo. Terenzio (Andria, 2, 24) "Davo"qui significa un povero schiavo ingenuo; "Edipo", invece, il re di Tebe, persona sublime ed intelligente. Si allega questa sentenza quando si vuol addurre la propria debolezza come scusa per non assumere o compiere incarichi troppo alti o difficili. De auditu. Per sentito dire. De facto. Di fatto (contrapposto a 'de iure'). De gustibus non disputandum est. I gusti non si discutono. Proverbio che si fa risalire agli scolastici del Medioevo. De gustibus non est disputandum. Ognuno ha i suoi gusti. Si usa per invitare a rispettare le preferenze di ognuno, per quanto strane, sottolineando come esse siano soggettive, così che ognuno può gradire anche ciò che è giudicato negativamente da altri. Lett. "sui gusti non si deve discutere". De iure. Di diritto. De lana caprina. Discutere della lana delle capre. Orazio (Epist., I, 18, 15) La frase si riferisce a questioni di poca o nessuna importanza, ad argomentazioni capziose, quando, come si suol dire, si va cercando il pelo nell’uovo. De minimis non curat praetor. Il pretore non si occupa di cose di nessuna importanza. Chi ricopre alte cariche, non può tener dietro alle inezie. Il detto però si usa anche per colpire la negligenza di qualche superiore che, oltre le cose piccole, non cura nemmeno le grandi De mortuis nihil nisi bonum. Dei morti niente se non bene. De plano. Facilmente, senza troppa difficoltà. Locuzione del linguaggio giuridico. De profundis. Dal profondo (dell'abisso): (Liturgia, Salmo CXXIX) È l’inizio del noto salmo che si recita nella liturgia dei defunti. Si usa parlando di persona che si crede spacciata: gli si può cantare il De profundis. De se confesso non creditur super crimine alterius. Chi confessa un delitto non è credibile sui delitti che attribuisce ad altri.. De stercore Ennii. Dall'immondezzaio di Ennio: Virgilio Virgilio afferma d’aver preso delle gemme fra l’immondezzaio di Ennio, per scusarsi dell'accusa di plagio d’alcuni suoi versi. La citazione ricorre, nell’ uso corrente, con significato spregiativo, per stigmatizzare le origini di qualche fatto volgare. De te fabula narratur. E' di te che si parla in questa favola. Orazio (Satire, I, 1, 69) Il poeta, dopo aver dipinta la pazzia dell’ avaro, si rivolge al suo ipotetico interlocutore. L’espressione si usa per richiamare alla realtà qualcuno che, mentre si parla dì lui, fa "l’indiano". E’ analoga al detto: Lupus in fabula (Il lupo di cui si parla nella favola è qui presente). Debellare superbos. Abbattere i superbi. Virgilio (Eneide, VI, 853) Verso che il poeta mette in bocca ad Anchise, il quale spiega ad Enea la futura missione del popolo Romano. Debemur morti nos nostraque. Siamo votati alla morte noi e tutte le nostre cose. Orazio (Ars poetica, 63) Il concetto è ripreso anche da Ovidio (In Liviam, 359). Tendimus huc omnes: metam properamus ad unam; Omnia sub leges mors vocat atra suas.(Tutti tendiamo a questo fine, tutti ci affrettiamo ad un’unica mèta; la tenebrosa morte chiama tutte le cose sotto le sue leggi). Decipimur specie recti. Siamo ingannati dall'apparenza del bene. Orazio (Ars poetica, 25) Veramente Orazio pretende parlar solo dei poeti; ma la sua morale, in questo caso, è di applicazione universale. Delenda Carthago. Cartagine deve essere distrutta. Floro (Storia romana, II, 13) Era il ritornello consueto di Catone che sempre terminava i suoi discorsi, su qualunque argomento li tenesse con la frase: " Quanto al resto, penso che Cartagine debba essere distrutta", ritenendo che i nemici, o bisogna renderseli amici, o bisogna schiacciarli, se le forze lo consentono e, nel caso di Roma, questa seconda era l’unica soluzione. La frase si usa per esprimere l’idea fissa di qualcuno che torna insistentemente sul medesimo argomento. Deligere oportet quem velis diligere. Bisogna scegliere chi si vuole amare. Cicerone Dente lupus, cornu taurus petit. Il lupo assale con i denti, il toro con le corna. Orazio (Satire, II, 1, 52) Ossia, in questo mondo, ciascuno si difende coi propri mezzi, e usa le capacità e le armi fornitegli da natura. Deo gratias! Grazie a Dio! Espressione liturgica divenuta comune nel linguaggio familiare per esprimere la soddisfazione d’un buon successo, della partenza di un rompiscatole, della fine d’una conferenza noiosa. Deo ignoto. Al dio sconosciuto. San Paolo (Atti degli Apostoli,XVI I, 22) Iscrizione letta da S. Paolo su un tempio di Atene, durante il suo ministero apostolico. Ne prese lo spunto per far conoscere il Dio dei Cristiani.La frase s’usa talora per indicare che un libro, un’opera. un monumento, non si sa a chi siano dedicati. Derideri merito potest qui sine virtute vanas excercet minas. Viene giustamente deriso chi, senza forza, fa vane minacce. Fedro È tratta dalla favola La mosca e mula. Per incitare la mula a correre, l' insetto minaccia di pungerla, ma questa risponde dicendole che teme solo il morso e la briglie messe dall’uomo. Desine fata deum flecti sperare precando. Smetti di sperare che i decreti degli dei possano esser piegati con le preghiere. Virgilio (Eneide) Desinit in piscem. Termina a coda di pesce. Orazio (Ars poetica, 4) Allusione ad un verso dell’ Ars poetica nel quale l’opera d’arte senza unità è paragonata ad un busto di bella donna che termina con la coda di pesce. Desipere in loco. Dimenticare la saggezza nel tempo opportuno. Orazio (Lodi, 1V, 12, 28) Il poeta qui consiglia Virgilio a mescolare alla sapienza un grano di pazzia. Vi si trova una qualche analogia con il detto: Semel in anno licet insanire (almeno una volta all’anno è lecito impazzire). Potrebbe intendersi che anche nello studio e nel lavoro sono necessari intervalli di riposo. Deus ex machina. Il dio dal meccanismo. Locuzione relativa al teatro greco, nel quale al culmine dell’azione, interveniva la divinità, fatta discendere dal cielo per mezzo di complicati meccanismi, a sciogliere tutti i nodi del dramma.La frase si suole applicare alle persone che, in affari arruffati, in situazioni quasi disperate, sanno, all’improvviso, trovare una soluzione. Deus nobis haec otia fecit. Un dio ci ha donato questi ozi. Virgilio (Ecloghe, I, 6) È un elogio della vita campestre, ritirata, tranquilla. Si legge anche sui portoni d’ingresso di qualche casa di campagna usata per trascorrevi le ferie. Di meliora piis. Che gli dei concedano (tempi) migliori agli uomini pii. Virgilio (Georgiche, III, 513) Virgilio fa questa invocazione dopo la descrizione delle miserie prodotte dalla peste.Nell’uso corrente lo si indirizza alle persone colpite da qualche lutto, o provate dalla sventura, per augurare loro tempi migliori. Dictum factum. Detto fatto. Ennio Diem perdidi! Ho perso la giornata. Svetonio Parole che Svetonio attribuisce all'imperatore Tito il quale, dopo una giornata trascorsa senza aver elargito alcun beneficio, avrebbe pronunciato tale storica frase. Dies aureo signanda lapillo. Giornata da iscrivere a lettere d'oro. Dies irae. Giorno dell'ira. Tommaso da Celano (Liturgia, Sequenza dei morti) Sono le due prime parole della nota Sequenza che la Chiesa Cattolica recita o canta sulle spoglie dei suoi fedeli defunti e nel giorno dei Morti: Sequenza che fa un vivissimo quadro della fine del mondo e del Giudizio Universale. Difficile est longum subito deponere amorem. E’ difficile far finire improvvisamente un amore che dura da tanto. Catullo Difficiles nugae. Cretinate difficili. Marziale (Epigrammi, II, 86) Il Poeta parla delle persone che sudano per far dello spirito, o che si perdono in giochetti di nessuna utilità. Difficilius ab honestate quam sol a cursu suo averti potest. E' più difficile allontanarlo dall'onestà, che far recedere il sole dal suo cammino. Eutropio (Breviario, II, 14) Elogio che Eutropio mette sulla bocca di Pirro all’indirizzo di Fabrizio, il generale romano che non riuscì nè a vincere nè a corrompere. Dignitas delinquentis peccatum auget. L'elevata posizione del reo aumenta la gravità del reato. Dimidium facti, qui coepit, habet. Chi comincia è a metà del lavoro. Orazio (Epist., I, 2, 40) Corrisponde al nostro "Chi ben comincia, è alla metà dell’opera". Discite iustitiam moniti, et non temnere divos. Imparate a vivere rettamente e a non disprezzare gli dei. Virgilio (Eneide, VI, 620) Flegias, secondo la mitologia, avendo saccheggiato il tempio di Delfo, fu da Apollo precipitato nel Tartaro e condannato a gridare senza tregua questo ammonimento. Dissoluta negligentia prope dolum est. Una sregolata negligenza è quasi dolo. Divide et impera. Dividi se vuoi dominare. Si usa per affermare che ad ogni forma di potere conviene seminare rivalità e discordie, spesso suscitate ad arte, tra i sudditi o tra gli avversari in quanto li rendono meglio domabili. Lett. "dividi e comanda". L'espressione viene attribuita da alcuni a Filippo il Macedone, ma è probabilmente di origine medievale o rinascimentale. Dixi! Ho detto! Motto con il quale si fanno terminare discorsi, ragionamenti, ecc Do ut des. Do perchè tu dia. Sottolinea che ciò che si fa non si fa per niente, ma per avere in cambio qualcosa. Si usa anche per indicare un atteggiamento religioso non fondato su una fede sincera e disinteressata, ma manifestato nella speranza di procacciarsi il favore della divinità con preghiere e offerte. Propr. nel diritto romano indicava una forma di contratto relativo al trasferimento di proprietà di una cosa. Doctum doces. Insegni ad uno che già sa. Plauto Domina omnium et regina ratio. La ragione sia padrona e regina di tutti. Cicerone Donec eris felix, multos numerabis amicos, tempora si fuerint nubila, solus eris. Finchè sarai felice avrai molti amici,ma se il tempo ti si oscurerà rimarrai solo. Ovidio (Tristia, I, 1) Questo frase si cita nei casi di improvvise disgrazie, ma soprattutto nelle frequenti delusioni prodotte dall' amicizia. Donec eris sospes, multos numerabis amicos: tempora si fuerint nubila, solus eris. Finché sarai fortunato, conterai molti amici: se ci saranno nubi, sarai solo. Ovidio Dorsus totus prurit. Mi prude tutta la schiena. Plauto Dramatis personae. I personaggi del dramma. Nelle opere teatrali l'espressione introduce l'elenco dei personaggi. Estens., scherz.: Si usa per indicare le persone coinvolte in un avvenimento mondano, politico e simili. Dubitando ad veritatem pervenimus. Col dubbio siamo giunti alla verità. Dubium sapientiae initium. Il dubbio è l’inizio della sapienza. Cartesio Ducunt volentem fata, nolentem trahunt. Il fato accompagna chi acconsente, trascina chi resiste. Seneca (Epist., 107) In altre parole il destino è irrevocabile e non può mutarsi. E' una visione della vita comune agli scrittori pagani. Dulce est desipere in loco. E' piacevole, al momento opportuno, essere stupidi. Orazio Dulce et decorum est pro patria mori. E' bello e dolce morire per la patria. Orazio (Odi, III, 2, 13) Con questo celebre verso Orazio stimola i giovani Romani ad imitare le virtù e l’eroismo guerriero dei loro antenati. Dulcia linquimus arva. Noi abbandoniamo gli amati campi. Virgilio (Egloghe, I, 3) Nostalgico rimpianto alla vita salubre dei campi, che il Poeta mette in bocca a Melibeo, il quale, esule dopo la battaglia di Filippi, rievoca appassionatamente i suoi fertili poderi. Dulcis in fondo. Il dolce arriva alla fine (o è alla fine). Dum excusare credis, accusare. Mentre credi di scusarti, ti accusi. Dum nihil habemus maius, calamo ludimus. Quando non dobbiamo fare cose di maggior importanza, giochiamo con la penna. Fedro Gli argomenti di poca importanza di cui parla l’autore citato, sono appunto le favole che corrono sotto il suo nome; cosa giocosa e leggera a prima vista, ma sature di alti e reconditi significati e d’una moralità che si puù dire comune a tutti i tempi ed a tutti i luoghi. Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur. Mentre a Roma si discute, Sagunto viene espugnata. Tito Livio (Storie, XXI, 7) Si suoi citare la prima parte nei confronti di quelli che perdono giornate intere in consultazioni senza prendere una determinazione. Duo que maxima putantur onera, paupertatem et senectutem. Quelli che sono reputati i due pesi più gravosi, la povertà e la vecchiaia. Dura lex, sed lex! |
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