PRINCIPALE E SUBORDINATA: QUALE GERARCHIA?

CONTRO LA GRAMMATICA ITALIANA


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PRINCIPALE E SUBORDINATA: QUALE GERARCHIA?

Sbaglia il Sensini a dire che la proposizione principale è del tutto indipendente sul piano sia sintattico che semantico.

L'esempio che fa ha poco senso: "Antonio s'è rotto una gamba, perché è scivolato mentre correva".

La principale è tale perché è posta prima delle altre in una frase strutturata in una determinata maniera. Ma il suo vero significato sta nella secondaria, in quanto la principale, dal punto di vista semantico, non spiega nulla: esprime soltanto una constatazione di fatto. I fatti però hanno bisogno d'essere interpretati per poter essere capiti. Non c'è mai alcun fatto che si faccia capire da solo.

In realtà nella logica del Sensini, che è poi quella di tutti i grammatici, una proposizione è principale quando è sintatticamente definita da un soggetto, un verbo e un complemento, oppure da un soggetto e un predicato verbale, o comunque quando è tecnicamente oggettiva, chiara e distinta, come una dimostrazione matematica o geometrica.

Il non-senso dell'esempio riportato sta proprio nel fatto che se qualcuno dicesse "Antonio s'è rotto una gamba", subito un altro si sentirebbe indotto a chiedere "perché" e "come", dimostrando così tutta la fragilità della presunta "indipendenza" della principale.

Anzi, dal punto di vista semantico quella frase sarebbe parsa molto più significativa se rovesciata sintatticamente: "Antonio correva, è scivolato e s'è rotto una gamba". Ci sarebbe stata più suspence.

Infatti il ricevente, al sentire la principale, avrebbe subito cominciato a lavorare di fantasia e a chiedersi: "Stai a vedere che gli è successo qualcosa...".

Poi, sentita la coordinata, avrebbe esclamato tra sé: "Ecco, lo sapevo!".

Giunto poi alla coordinata della coordinata (perché qui di subordinate non ce ne sono e non ne vogliamo), si sarebbe messo la mano davanti alla bocca, magari strabuzzando un po' gli occhi, e avrebbe esclamato: "Dio mio, s'è fatto molto male? Ma quando è successo e dove?".

"Quando" e "dove" - lo si noti - e non "perché" e "come". C'è una bella differenza nella quantità d'informazioni ricevute.

Chi parla di "principale" o "indipendente" o "reggente", dal punto di vista non solo sintattico ma anche semantico, deve poi assumersi l'onere d'essere sufficientemente chiaro sin dall'inizio. Che fretta c'è di stabilire chi comanda quando il significato di una proposizione è dato dall'insieme dei suoi componenti?

La sintassi della frase complessa va dunque totalmente rivista. Anche per evitare ridicolaggini del genere: "Hai comprato le mele?; "Che ora è?". La prima domanda per il Sensini è "semplice", la seconda è "reale".

Ragionando come un matematico, egli avverte il bisogno di contrapporre "semplice" a "complesso", che in tal caso sarebbe stato: "Hai comprato le mele o le pere?". Il "semplice" diventa "disgiuntivo", essendovi due domande tra loro alternative.

"Che ora è?" invece è una proposizione interrogativa "reale", poiché non se ne conosce la risposta e, come tale, essa viene contrapposta a quelle interrogative "retoriche", la cui risposta invece è formale, essendo data per scontata.

Dove sta l'assurdità? Sta proprio nel voler far credere indispensabile distinguere la domanda semplice da quella disgiuntiva, quando anche nella semplice, come in quella reale, non si conosce affatto la risposta. In tal modo s'è voluta sacrificare la semantica alla sintassi, quando sarebbe stato più logico e naturale fare il contrario.

Per non parlare del fatto che se c'è una cosa su cui i grammatici dovrebbero soffermarsi, sostituendo la matematica con la psicologia, è, in questo caso, proprio l'interrogativa retorica, quella in sostanza più vicina alla complessità del linguaggio umano.

"Hai davvero comprato le mele?": se ad ogni affermazione dell'emittente, il ricevente rispondesse con un dubbio del genere, ci sarebbe da scrivere sopra un romanzo. La grammatica finalmente diventerebbe utile per la scrittura creativa.

Ma a questo punto si sarebbe dovuta compiere una rivoluzione. Infatti, perché mettere le proposizioni "incidentali" dopo quelle "principali" quando se c'è una cosa che ci distingue dalle macchine, sono proprio gli "incisi"?

La gerarchia delle priorità va rovesciata, come l'idealismo hegeliano, che camminava sulla testa. Non c'è "prima" la funzione del linguaggio e "dopo" la sua origine umana. Proprio perché anche la macchina, a suo modo, parla.

Volendo, infatti, il computer potrebbe domandarmi se ho comprato le mele. Ma se mi chiedesse: "Hai davvero comprato le mele?", io mi guarderei intorno e comincerei a chiedermi se in casa sono davvero solo.

Le proposizioni incidentali sono quelle squisitamente umane: "La grammatica del Sensini - come ben sai - non vale nulla".

Noi non abbiamo bisogno di sottolineare la precisione del linguaggio, quando la sua ricchezza sta proprio nelle sfumature e nell'ambiguità delle parole.

Cosa peraltro che si vede bene quando il Sensini pretende di distinguere una proposizione "desiderativa" da una "volitiva".

Se un mafioso entrasse in un negozio di alimentari e dicesse: "Voglia il cielo che tu possa vivere felice e contento!", secondo il Sensini, così preciso nel distinguere le cose, qui avremmo a che fare con una proposizione desiderativa.

Per fortuna l'esercente è capace di guardare con un sorrisetto queste regole grammaticali...


Le immagini sono prese dal sito "Foto Mulazzani"

Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Linguaggi
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Aggiornamento: 27/08/2015