DA "NUI PARLEMO CUCÍ"
VOCABOLARIO MORICONESE-ITALIANOdi CARLA E PIERLUIGI CAMILLI
PROVERBI e MODI DI DIRE
Vizi e virtù Dai proverbi
raccolti intorno a questo tema si evince che l’indifferenza, la vigliaccheria,
il menefreghismo sembrano rappresentare una sorta di difesa contro le avversità
della vita. Riguardo
all’ingiustizia, poi, il povero ha un atteggiamento di rassegnazione, quasi che
facesse parte dell’ordine naturale delle cose. A questa si contrappone la
giustizia che, coerentemente, viene considerata morta e sepolta. In fondo, a
pensarci bene, non poteva che essere così in un mondo dove il diritto era
prerogativa del più forte. La stessa sorte è toccata alla coscienza, anche se
rimane ben radicato il senso morale, ispirato all’insegnamento evangelico. Non me fà né
callu né friddu.
Non mi fa né
caldo né freddo. Butta u sassu e
busca a mani.
Getta il sasso e
nasconde la mano. Panza piena non
pènza a quella vota.
Pancia piena non
pensa a quella vuota. Tette muru
finché n'te vòto u culu.
Tieniti muro
finché non ti volto le spalle. Bòtte carceratu
e trenta pauli.
Botte, in galera
e si paga persino, se si ha a che fare con i prepotenti. Chi più sporca
la fà diventa priore.
Chi si comporta
nel modo peggiore, riceve il massimo del potere. Quello che a te non
piace all’ari non fa.
Quello che non
piace a te non farlo agli altri. Male non fa’ e
paura non ave’.
Non fare del
male e non aver paura. Fa bene e
scordate fa male e penzace.
Fai del bene e
dimenticalo; se fai del male pensaci. A cuscenza stea
‘ncima a ‘ncardu, è passatu u somaru e se l’ha magnatu.
La coscienza
stava in cima ad un cardo, è passato un asino e l’ha mangiato. Chi male fa,
male spetta: spettatela tu che me l’ha fatta.
Chi fa del male,
aspetta il male, dunque aspettati (il male) tu che me ne hai fatto.
L’erba cattiva non more mmai.
L’erba cattiva
non muore mai. 1.
Moderazione/Pazienza/Prudenza/Ostinazione Se vo’ che casa
dura pure l'acqua se misura.
Se vuoi che la
casa duri, anche l’acqua va misurata. Se vo’ che casa
va: ó vinu forte ó pane summu e lóiu che sa.
Se vuoi che la
casa vada bene, (non devi gettare neanche) il vino inacidito, il pane non
lievitato e l'olio che ha preso un cattivo sapore. Chi magna pocu,
magna sembre.
Chi mangia poco,
mangia sempre. Se tiri troppu,
a corda se stucca.
Se tiri troppo
la corda (esageri) questa si rompe. O troppu
struppia.
Il troppo
storpia. A paja vicinu a
bracia pija focu.
La paglia vicino
al fuoco brucia. Chi lassa a
strada vecchia pe’ quella nova, sa quello che lassa e non zà quello che trova.
Chi lascia la
strada vecchia per la nuova, sa quello che lascia e non sa quello che trova. Non da’ retta a
sunni (sugni).
Non dar retta ai
sogni. Lassa pèrde! Che
esso più mistichi e più puzza.
Lascia perdere
che più mescoli e più puzza. Gni cosa a tempu
seu.
Ogni cosa a suo
tempo. ’Nculu te ccé
rientra e ‘ncapu no!
(Sei così duro
di cervice) che ti entrerebbe prima nel culo che in testa. Chi se ‘mpiccia
dell’affari ardrui de tre malanni je ne toccanu ddui.
A chi si occupa
degli affari altrui di tre malanni gliene toccano due. U piru fattu
casca senza trastu.
Il pero maturo
cade senza batterlo. Cou tempo e coa
paja se maturanu ‘e néspule (e ‘a canaja).
Col tempo e con
la paglia maturano le nespole (e la canaglia). Non te ‘nfonne
prima che piove.
Non bagnarti
prima che piove. Non te ‘nfascià
u capu prima de roppetelu.
Non fasciarti la
testa prima di rompertela. Ha ttaccatu a
barrozza nnanzi ai bovi.
No ttaccà a
barrozza nnanzi ai bovi. Ha attaccato il
carro davanti ai buoi.
Non attaccare il
carro davanti ai buoi. Se quanno va’
pe’ strada crucchi tutti i sassi mo’ rrivi!
Se quanno va’
pe’ strada crucchi tutti i sassi mo’ ciù porti u saccu ‘nna mola!
Se quando vai
per strada colpisci ogni sasso non arrivi mai /non porterai mai il sacco al
mulino. 2.
Intraprendenza/Insistenza Chi vo’ va’, chi
non vo’ manna.
Chi vuole va,
chi non vuole manda qualcun altro. Chi tè più
porvere spara.
Chi ha più
possibilità è in grado di realizzare ciò che desidera. Commanna e fa’
da te, sarrai sirvitu come un re.
Comanda, ma fai
da te, sarai servito come un re. Chi tè vocca e
llengua rriva a Ferlenga.
Chi ha la bocca
e la lingua (per chiedere) arriva ovunque.
[Ferlenga, la
parola, come spesso accade, è stata inventata solo perché fa rima con lengua;
ma non trattandosi di una località precisa indica "ovunque"] U ferru tocca a
battelu quann’è callu.
Il ferro bisogna
batterlo quando è caldo, quindi è fondamentale approfittare delle opportunità. Taccate ardu che
a cascà bassu fà sempre attempu.
Vola alto che a
scendere in basso c’è sempre tempo. Chi non risica
non rosica.
Chi non rischia
non mangia. Daje e daje e
cipolle diventanu aji.
Insistendo si
può addirittura cambiare la natura delle cose, ossia le cipolle possono
diventare aglio.
3. RESPONSABILITA'
PERSONALI Chi dell’ari se
veste prestu se spoja.
Chi si veste
delle cose altrui, rimane presto nudo. Chi pratica cou
cioppu ‘mpara a cioppicà.
Chi pratica lo
zoppo impara a zoppicare. U medicu piitusu
fece a piaga puzzulente.
Il medico
pietoso fa infettare la piaga. Se t’a da fà
mmazzà, fatte mmazzà da ‘n macellaru bbonu.
Se devi farti
uccidere scegli un macellaio buono. Chi presta
deserta e se fà i nemici.
Chi presta perde
le cose prestate e si i nemici. Scappa de fore e
chiedi cunziju, rerrentra a casota e fa’ come te pare.
Esci di fuore e
chiedi consiglio, rientra a casa e fai come vuoi. Alloggia quanno
alloggia (l)a callina, quanno canta (l)u callu tu cammina.
Vai a dormire
quando ci va la gallina, quando il gallocanta sta in strada. Mittite (Va) co’
chi è mejo de te e (ppo’) faje(cce) e spese.
Vai con chi è
migliore di te, ma poi superalo. Dibbiti e
peccati chi i fa’ i paga.
Debiti e peccati
chi li fa li paga. Culu pècca e
culu paga.
Culo pecca e
culo paga. Testa che non
parla se chiama cocozza.
Chi non ha il
coraggio di dire la sua opinione è come una zucca vuota. Parabbisu che unu se ne mena gabbu.
Sembra che ci si
meravigli. I menagabbi stau
arreto a porta, chi i fa si porta.
I menagabbi
‘rrivanu.
La derisione sta
dietro la porta, perché chi deride si potrà trovare domani nella stessa
condizione di chi oggi è deriso. 4.
SPERANZA/DISPERAZIONE/PREOCCUPAZIONI A speranza è
l’urdima a murì/Sperenno sperenno te llichinisci.
La speranza è
l’ultima a morire, ma... sperando, sperando ti annienti. Chi spira spera,
chi speranza non ha mejo che mora.
Chi sospira
spera, chi non ha speranza è meglio che muoia. Chi de speranza
vive disperatu more.
Chi vive di
illusioni, muore disperato. A lengua batte
ddó u dente dole!
La lingua batte
dove fa male il dente. Dibbidi e guai
non finisciu mmai.
Debiti e guai
non finiscono mai. Non te renfascià
u capu prima de roppetelu.
Non te nfonne
prima de piove.
Non fasciarti la
testa prima di rompertela.
Tarda nova bbona
nova.
Una notizia che
tarda è sicuramente buona.
E nove cattive
rrivanu subbitu.
Le cattive
notizie si sanno subito. Come facemo?
Come l’antichi: se magnavanu e scorze e iettavanu i fichi.
Come facciamo?
Come gli antichi che mangiavano le bucce e gettavano i fichi. U poveracciu non
gode se non é pé disgrasia.
Il povero non
gode se non per un caso fortuito. Nze reffiata
‘mpoverellu se non è pe’ disgasia.
Il povero non
prova piacere se non per disgrazia (altrui). A giustisia a
tenea mmocca ‘ncane e l’hau retrovatu ppiccatu ‘na Storta!
'O giustu l’hau
retrovatu ppiccatu ‘na Storta.
La giustizia
stava in bocca ad un cane, ma l’hanno trovato impiccato alla Storta.
5.
RISPARMIO/AVARIZIA Molto chiara
risulta la differenza tra questi due atteggiamenti: il primo, pur con qualche
ambiguità, rappresenta l’unica possibilità di sopravvivenza nella società
contadina, soggetta ai cambiamenti del clima, ma anche alla prepotenza dei più
abbienti, mentre la seconda è sempre giudicata moralmente riprovevole, anche
perché non gratificante sul piano pratico. Quello che ce
mitti ce retrovi.
Quello che metti
da parte ritrovi. Chi resparagna,
spreca.
Chi resparagna u diavulu s’u magna.
Chi risparmia,
spreca. Cento a
resparagnà e unu a sprecà non se rriva.
Cento a
risparmiare e uno a sprecare non si arriva lontano. A robba dura tre
generasiuni: a prima a fa, a seconda a mantè e a terza a dissepia.
Il patrimonio
dura tre generazioni: la prima lo crea, la seconda lo mantiene e la terza lo
distrugge. Sparti ricchezza
diventa povertà.
Dividi la
ricchezza e diventa povertà. Chi de a robba
sea se protesta pia un maju e daielu ‘ntesta.
A chi si priva
del suo patrimonio (prima di morire), dagli un colpo in testa con un maglio. A robba
dell’avaru sa magnanu i scruccuni.
Il patrimonio
dell’avaro se lo mangiano gli scrocconi. (L’ha refatti) i
guadagni de Maria cazzetta.
(detto di
persona che fa acquisti sbagliati ed è incapace di risparmiare). Quissu me pare u recalu che fece Berta ‘a la nepote.
(detto di
persona avara che non fa un regalo adeguato alle circostanze).
6. SALUTE/PRECARIETA' DELLA VITA U medicu studia
e l'ammalatu more.
Il medico studia
e l’ammalato muore. Chi non caca
cacarrà, chi non piscia creparrà.
Chi non defeca
defecherà, chi non orina morirà. Sopr’ao cóttu
l'acqua vullita.
Sopra la
scottatura l’acqua bollita. Pigna ndronata centanni
pe’ casa.
Pentola
incrinata non si rompe mai. Tristu/Chi more
va alla fòssa, chi remane se consola e passa.
Infelice è chi
muore e va sottoterra, chi resta si consola e si diverte. Tristu chi casca
‘nterra e chiede aiutu, chi casca ‘mpovertà perde ogn’amico.
Infedlice colui
che cade e chiede aiuto, chi diventa povero perde ogni amico. A piove e a muri
ce vò pocu!
A piovere e
morire ci vuole poco. Te vo’ propiu
murì? un piantu e mprazu!
Vuoi proprio
morire? Un pianto e un pranzo! 7.
RELIGIONE/FESTIVITA'/CHIESA Ddio vede e
prov(v)ede.
Dio vede e
provvede. Dio prov(v)ede,
ma non carria.
Dio provvede, ma
non trasporta il cibo. Iutate che Ddio
te iuta.
Aiutati che Dio
ti aiuta. Cristo manna o
friddu sicundu i panni.
Cristo manda il
freddo a seconda dei panni che indossi per ripararti. Chi vò u Cristo,
ché ssu prega./ Chi vò u santu che s’u prega (l’adora).
Chi vuole Cristo
lo deve pregare personalmente. Coll’Ave Maria,
mo’ ha rrimpi a panza!
Con l’Ave Maria
non riempi la pancia. Ha trovatu
Cristo a mete e ‘a Madonna (San Pietru) a recoje i manócchi.
Ha trovato chi
gli fa le cose gratis (o le fa al posto suo). Lassalu perde,
fallu mmazzà a Cristo.
Lascialo
perdere, fallo ammazzare da Cristo. Fa’ quello che
prete dice, non quello che prete fa’.
Fa’ quello che
il prete dice non quello che il prete fa. Unu contro
l’aru, Ddio contro tutti.
Uno contro
l’altro, Dio contro tutti. E' passatu
l'Àngilu e a ittu: Amen.
E' passato
l’Angelo e ha detto: Amen. Natale cou sòle
e Pasqua cou tizzone.
Natale col sole e
Pasqua accanto al fuoco. Pasqua Bbefania
tutte e festi porta via / Sant’Andonio
binidittu ne reporta ‘nsaccuccittu.
L’Epifania tutte
le feste porta via, Sant’Antonio benedetto ne riporta un bel sacchetto. Sant'Antonio coa
barba bianca o nève o fanga.
Sant’Antonio con
la barba bianca o neve o fango. Pasqua non vè
se a luna de marzu piena non è.
Pasqua non viene
se la luna di marzo non è piena. Tutte la Madonne
so Madonne ma quell’e mezz'Agustu é la più ranne.
Tutte le
festività mariane sono importanti, ma la Madonna Assunta del 15 agosto è la più
importante. N'a campana
basta pe cento frati.
Una sola campana
basta per cento frati. In compagnia ce
pija moije ‘n frate.
Stando in
compagnia prende moglie un frate. Frate cappuccinu
quantu si birbò, và cchiappenno ‘e femmone l’appe u Mascaro.
Frate cappuccino
quanto sei birbone, vai prendendo le donne vicino al mascherone. A voja a predicà
predicatore, se predichi pe’ mme la ‘mpicci male, che tantu vojo
fà (io farrò) come me pare.
A voja a predicà
predicatore, se predichi pe’ mme no strillà tantu!
Hai voglia a
predicare predicatore, se predichi per me ti va male, tanto io faccio come
voglio! Hai voglia a predicare predicatore, se predichi per me non gridare
tanto. Moniche, frati e
pulli non zò (ze sentu) mai satulli.
Monache, frati e
polli non sono mai sazi Pure u prete
sbaja sobre all’ardale, non pozzo sbajà io.
Anche il prete
sbaglia sull’altare, perché non posso sbagliare io!? Acqua e focu
Ddio je dia locu.
Acqua e fuoco li
tenga al loro posto Iddio. All’Ave Maria o
a casa o pe’ lla via.
Al suono dell’Ave Maria o a casa o per la strada (di casa).
[Questo perché al tramonto si chiudevano le porte delle mura che circondavano il
paese e nessuno poteva più entrare.] A zì mò cazzu /A
zì fra’ fregna o capisci e a cutichicchia no!
Come mai
"cazzu"/"fregna" lo capisci e la cotichella no!?
[Gli aneddoti
che si raccontano si riferiscono sia ai frati che alle suore.] Mpo’ co lardale,
mpo’ cor santissimo, quanno che a sera se remeddia benissimo.
Un po’ con
l’altare, un po’ con l’Altissimo, per quando arriva la sera si rimedia
abbastanza bene. 8. CASA/FAMIGLIA/FIGLI Casa fatta non
crumpi mancu l’acqua.
Se cumpri
casa fatta, non cumpri mancu l’acqua.
Se compri una
casa già fatta è molto conveniente. Casa nova scopa
nova.
Per la casa
nuova non si può usare una scopa vecchia. Scopa nova scopa
bbene.
La scopa nuova
spazza bene. Trista quella
casa ddo’ non canta u callu ma canta a callina.
Triste è la casa
dove non comanda l’uomo, ma la donna. ‘E botte deu
maritu so e glorie de u paradisu!
Le botte del
marito fanno guadagnare le glorie del paradiso. Mejo un cattivu
maritu che dieci fiji bboni.
Meglio un
cattivo marito che cento figli buoni. Na mamma campa
cento fiji, cento fili non campanu na mamma.
Una mamma
accudisce cento figli, cento figli non sono in grado di accudire una sola
mamma. A mamma pe’ u
fiju se leva u buccuncinu, u fiju pe’ a mamma se ficca tuttu ‘nganna.
La mamma per il
figlio si leva di bocca il boccone, un figlio per la mamma mangia tutto. (Socera e nora)
So’ com’a lima e a raspa.
Suocera e nuora sono come la
lima e la raspa. Sotto a
ficora/ficorella ce nasce u ficurillu.
Sotto la pianta
del fico nasce la piantina. Tale vita tale
maiolu, tale patre tale fijolo.
Tale vita tale
germoglio, tale padre tale figliolo. I parenti so’
come e scarpi: più so’ stritti e più dólu.
I parenti sono
come le scarpe, più sono stretti e più fanno male.
[Metafora per dire che sono le persone più vicine che possono farti del
male; più raro l’uso nel senso per cui la sofferenza dei parenti stretti ti
procura dolore.] Fiji picculi
guai picculi, fiji grossi guai grossi.
Figli piccoli
guai piccoli, figli grandi guai più grandi I monelli so’
bboni solu quanno dormu.
I bambini sono
buoni solo quando dormono. Mazza e panella
fa’ a fija bella.
Il bastone e il
pane fanno la figlia bella. A debolezza e a
‘gnoranza non ci stà medicina che ‘e cura.
La debolezza e l’ignoranza non si curano con le medicine.
[ma con la
buona educazione.] Mejo ‘nsomaru
vivu che un dottore mortu.
Meglio un asino
vivo che un medico morto.
[Si noti la
poca attenzione all’istruzione, che risultava inutile e/o irraggiungibile nel
mondo contadino.] I niputi
strippanu a vigna.
I nipoti estirpano la vigna.
[Nel senso
che patrimoni consistenti vengono scialacquati da chi non li ha guadagnati con
il lavoro e la fatica personali]. 9. DONNA
Chi disse donna
disse danno.
Bellezza mezza
dote/Grassezza mezza bellezza Quanno a femmona
non vo’, non ce la ppo’mancu er diavulu.
Quando la donna
non vuole non la convince del contrario nemmeno il diavolo. Chi bella vò
comparì, che pena ha da suffrì!
Chi vuole
apparire bella deve soffrire qualcosa. La mente me revà
a mariafilippa!
La mente mi
ritorna a Maria Filippa.
[Evidentemente
trattasi di un amore ossessivo.] Dove sò annate
le carriere mie, manco lo vento le potea arrivane.
Dove sono è
andata a finire la mia energia che mi consentiva di correre più del vento.
Amami bella mo
che (finché) so’ vivu, quanno so’ mortu vemme a soffià nculu.
Amami, bella,
finché sono vivo quando sarò morto non ne avrò più bisogno.
A femmona prena
sotto a cregna trema.
La donna gravida
trema anche al tempo della mietitura. Se fossi brutta
non sarebbe gnente, ciai lli mali costumi e sei gnorante.
Se fossi
soltanto brutta non sarebbe un gran male, quel che è peggio è che sei
scostumata e maleducata. Chi non te
conosce cara te combra.
Chi non ti
conosce ti sopravvaluta. Fatte na bona
nomina e mittite a fà ‘a puttana.
Cquistate a
nnomina bbona e mittite a ffa’ a puttana.
Se hai una buona
nomèa puoi anche fare la puttana.
[perché la
gente spesso giudica solo dalle apparenze.] A carrozza è a
mea e ce faccio montà chi me pare.
Il corpo è mio e
ne faccio ciò che voglio. Lavora sotto
sotto come a topaceca.
Lavora di
nascosto come la talpa. Tu a sà longa,
ma non o sà reccontà.
La sai lunga, ma
non la sai raccontare. (Sai più di quello che dici). Portate bèh de a
socera tea che te portarria pure o latte de frummica.
Rispetta tua suocera che ti porterebbe perfino il latte di formica. Se tu sposassi…, te portarria come a rosa a recchia.
Se lo sposassi…, ti porterebbe come una rosa all’orecchio. Issi a repulì
casota da i sparangiuli, mmece de stà ‘nmezzu a strada a fatte i cazzi
dell’ari.
Dovresti andare
a casa tua a ripulirla dalle ragnatele invece di stare in piazza ad occuparti
dei fatti altrui. Dimme chi sò,
non me dì chi so stata.
Giudicami per
quello che sono oggi non per il mio passato. 10. UOMO A quistu munnu ci
stau quattro qualità dómmini: ommini, bissommini, cazzabbubbuli e cujuni.
Al mondo
esistono quattro specie di uomini: uomini, superuomini, imbroglioni e sciocchi. Vurristi a votte
piena e a moje mbriaca.
Vorresti la
botte piena e la moglie ubriaca. Tristu chi
(L’omo che) guarda bassu al lo terrenu, poca amicizia e battije lontanu.
Non fidarti di
chi non ti guarda in faccia, non dargli amicizia e stai a la larga da lui. Mamma me l’ha
fattu u strippadonne che sotto au mulliculu me pènne.
(Metafora dell'organo
maschile) Sì come u
callararu o tigni o cóci.
Sei come il
calderaio o tingi o scotti. A chi dà e a chi’mbromette.
A chi le dà e a chi le promette.
[ma anche nel senso di prendere troppi impegni, per cui non conclude molto.] A callina fa
lóvu e u callu stregne u culu!
La gallina fa l’uovo e il gallo si lamenta per il dolore.
[E' la metafora
del predominio dell’uomo sulla donna, per cui tende a espropriarla anche di ciò
che, per natura, non può essere frutto del suo sforzo.] Bellu ‘nfascia,
bruttu ‘n piazza.
Bello in fascia,
brutto in piazza. Pe fallu
cumincià ce vose ‘nzordo, pe fallu smette ce vòse mezza lira.
Per farti
iniziare c’è voluto un po’, ma per farti smettere ci vuole molto di più. N’ha fatte più
de Carlo ‘nfrancia.
Ne ha fatte più
di Carlo in Francia
I sbaii de lo
mio vecchio padre, li pago io che so lo suo erede.
Gli errori del
mio vecchio padre li pago io che sono l’erede. Omo de vinu non
vale ‘n quatrinu.
L’ubriacone non
vale niente. E' picculu ma è
già ‘ncancaritu.
E' piccolo, ma
molto cattivo. Puzza de
schioppettate.
(E' talmente
cattivo che al passaggio) senti l’odore dei colpi di fucile. Omo sbarbatu e
donna baffuta da lontanu coi sassi se saluta.
Uomo sbarbato e
donna baffuta si salutano da lontano con i sassi. Sì sembre tu
zippù zazzà.
Sei sempre lo
stesso. “Lassa fà” se
fece frecà a moje a lettu.
“Lascia stare”
si fece portar via la moglie dal letto. Je manca sembre
‘nsordo a mezza lira / pe’ fa’ canta’ ‘ncecu.
Gli manca sempre
un soldo a mezza lira / per far cantare un cieco. Chi non è bbonu
pe’ ssé mancu pe ll’ari.
Chi non è capace
di badare a se stesso, tanto meno può essere utile agli altri. Non zo’ pe’
l’asini i confetti, mancu le mela rose pe’ li porchi.
Non sono per gli
asini i confetti, tanto meno le mele rosa per i maiali. Fau più nove dì
e nove nótti, che nove mesi mórti.
Giovano più nove
giorni e nove notti “buone” che nove mesi “morti”. Chi va a fiera
senza quatrini se satolla de spitturiate.
Chi va alla
fiera senza soldi si sazia di spintoni. Chi non sa finge
e trafanà, de stu munnu pocu senn’à.
Chi non sa
fingere e darsi da fare, riesce ad ottenere poco dalla vita. Mejo curnutu che
malentisu.
Meglio essere
cornuto che male interpretato. Ddo’ non ce po’
rrivà ce jetta u cappellu.
Dove non può
arrivare ci getta il cappello.
[Detto di
persona avida, che pretende di accaparrarsi tutto.] Troppi ce vau
co’ u saccu seu ‘nna mola.
Diverse persone
vanno al mulino col sacco degli altri (ossia si nascondono dietro le colpe
altrui). È ladru sia chi
rrubba che chi regge u saccu.
E ladro sia chi
ruba che chi fa il palo (e comunque tiene mano). Non zì bbonu nné
a parlà ne a statte sittu.
Non sei capace
né di parlare né di stare zitto. U sóle/o fume
bacia i bélli e cèca i brutti.
Il sole bacia i
belli e acceca i brutti. Fà calà o latte
nne tinoccia /nni carecagni.
Fa scendere il
latte alle ginocchia / ai calcagni. Non se sà tené
ddu cici ‘ncorpu.
Non sa tenere
un segreto. Pure i puci
tengu a tossa.
Pure le pulci
hanno la tosse.
[Metafora per dire che anche persone molto giovani hanno voglie
impensabili.] Guarda ‘a vigna
e respia u cannitu.
Guarda la vigna
e controlla il canneto.
[Giro di parole
per dire che è strabico]. Spassu de piazza
trivulu/tribulu de casa.
Divertimento
della piazza, tribolazione per la casa.
[Detto di
persona amabile con gli amici, severo con i familiari.] Chi tè na bella
mafrocca ha buscatu ‘na bella pilòcca.
Chi ha un bel
naso può sposare una bella ragazza.
[Probabilmente mafrocca e pilocca sono rispettivamente l’organo maschile e femminile.]
11. ANZIANI
Quant’è brutta a
vecchiaia, ma bbiatu chi ce rriva!
Quant’è brutta
la vecchiaia, ma beato chi ci arriva. Mannaggio la
vecchiaia che mma’ vvilitu, mancu la mola m’arria macenatu.
Peccato che la
vecchiaia mi ha avvilito, da giovane non mi avrebbe macinato nemmeno la mola. Sinu ‘a morte
gni cojon ce rriva.
Fino alla morte
ci arrivano tutti. U munnu finisce
quanno ‘a ficora fiurisce e ‘a mula partorisce.
Il mondo finisce
quando fiorisce il fico e partorisce la mula.
[Quello che
crediamo il frutto del fico, in realtà, è la sua infiorescenza; la mula è
sterile di natura.] Sea raggiò a
vecchia che non volea mmai murì.
Aveva ragione la
vecchia che non voleva morire. Finu a nna bara
sembre se ‘mpara.
Fino alla bara
sempre si impara. Doppu a
quarantina ‘nmalannu pe’ mmatina.
Dopo la
quarantina un malanno per mattina. U fióttu é
libbiru.
Il lamento è
libero. Certe vote fà
più male na parola cattiva che na cortellata.
Alcune volte fa
più male una parola che una coltellata. Chi tè o pane
non tè i denti, /chi tè i denti non tè o pa’.
Chi ha il pane
non ha i denti, chi ha denti non ha il pane. "Compa’, ce semo
capìti?" èèèh! i càpiti stau ‘nna vigna!"
"Compare, ci
siamo capiti? èèèh! i tralci stanno nella vigna."
(Come dire: non c’è peggior
sordo di chi non vuol sentire).
[Gioco ironico
tra le parole càpiti/capìti, per ribadire la difficoltà di intendersi.]
12.
MESI/STAGIONI/METEOROLOGIA Anno novu, vita
nova.
Anno nuovo, vita
nuova. Se gennaru non
gennarea, marzu e abbrile repparea.
Se gennaio non
fa freddo, marzo e aprile rimettono in pari. Se piove de
gennaru tette strittu ‘nnu pajaru.
Se piove di
gennaio tieniti stretto il pagliaio. Febbraru, febbrarittu,
curtu e malidittu.
Febbraio,
febbraietto corto e maledetto. Se piove ai
quattro aprilanti, piove quaranta giorni duranti/ contanti.
Se piove il 4
aprile piove per 40 giorni di seguito. Abbrile, ogni
goccia ‘nbarile.
In aprile ogni
goccia è un barile. Abbrile ogni
cillittu a fattu u nidu.
In aprile ogni
uccello ha fatto il nido. Abbrile ogni
pianta a missu u fiore.
In aprile ogni
pianta è fiorita. Se piove de
Nicoletta n’ari ghieci giorni d’acquetta.
Se piove il
giorno di San Nicola, ci saranno dieci giorni di pioggia.
[E' un classico
esempio di alterazione delle parole per ragioni di rima.] Quanno a luna
t’è u lacu, piove.
Quando la luna
ha l’alone pioverà. Pure de Maggiu
se fece (era) notte.
Anche di maggio
annotta. Agustu capu
d’immerno.
Agosto inizio
dell’inverno. Dicembre, nnanzi
me coce e arreto me ngenne.
A dicembre
davanti mi scotta (il fuoco) dietro il freddo mi punge. Ne reparlemo
quanno Pasqua vè de maggiu.
Ne riparliamo
quando Pasqua viene di maggio, ossia mai. A san Martinu
ogni votte tè bon vinu.
A San Martino
ogni bótte ha del buon vino. Quanno trona a
Maccarese pia la zappa e va al paese.
Quando tuona a
Maccarese prendi la zappa e torna in paese.
(ossia a
ovest di Moricone.)
Na calla fa’
bbene d’istate e d’immérnu.
Un po’ di caldo
fa’ bene d’estate e d’inverno. Ntempu de
caristia pane de vecce.
In tempo di
carestia si mangia il pane scadente. Ntempu de guerra
gni sordatu passa.
In tempo di
guerra ogni soldato viene arruolato. Jamo, jamo,
Ste’, (Stefanu me’) maggiu, giugnu e po’ se mète.
Andiamo,
andiamo, Stefano, figlio mio, maggio, giugno e poi si miète. A Santa Lucia un
passu de callina. A Natale ‘mpassu de cane.
A santa Lucia un
passo di gallina. A Natale un passo di cane. Monte Gennaru
cou cappellu è finitu u tempu bellu.
Monte Gennaro
col cappello è finito il bel tempo. Se Monte Gennaru
se mette u cappellu rrerrentra a casota e pija lómbrellu.
Se monte Gennaru
si mette il cappellu, quando esci prendi l'ombrello. Se rennuvela
‘ncima a brina spettate l’acqua ‘ncima a schinna.
Se ci sono le
nubi sopra una brinata, pioverà certamente.
Na calla fa
bbene distate e d’immernu(o).
Un po’ di caldo
fa bene d’estate e d’inverno. Quanno vè / Pèa
Cannelora de l’inverno stemo fora, ma se piove e tira ventu dell’immérno stemo drento.
Je respose a
vecchia rrabbiata: - Se non vè l’Annunziata non semo fore dell’immernata.
Quando viene la
Candelora siamo fuori dell’inverno / Le rispose la vecchia arrabbiata se non
viene l’Annunciazione (25 marzo) non siamo fuori dell’inverno.
13. LAVORO/MESTIERI Lavorare e
perdere pija u lettu e ddormite.
Se lavorando ci
rimetti è meglio che vai a dormire. Voja de lavorà
sardame addosso, e tu prighisia non me bbandonà.
Voglia di
lavorare saltami addosso e tu pigrizia non mi abbandonare. Ognunu all’arte
sea e u lupu alle pecora.
Ognuno al suo
mestiere e il lupo alle pecore. Chi fa’ e
revasta diventa mastra.
Chi fa e disfa
diventa maestra. Non vvò nné
regge (tené) nné scorticà.
Non vuole né
tenere né scorticare. Se ce mettemo a
ffà i cappelli nui nasciu tutti senza capu.
Se ci mettiamo a
far cappelli noi nasceranno tutti senza testa. Ddo’ rrivi
pianta u pizzucu/ mitti u signu.
Dove arrivi
pianta un piolo/metti il segno. Più semo e mejo
stemo.
Più siamo e
meglio stiamo. A socetà è
bella, ma unu è pocu e ddua so troppi.
A socceta é
bella (dispara): unu è pocu e tre sò troppi!
A società è
bella, ma uno è poco e due sono troppi.
La società è
bella dispari, ma (uno è poco e) tre sono troppi. Piji più mosche
co ‘ncucchiarino de mèle che co ‘mpicchieru d’acitu.
Prendi più
mosche con un cucchiaino di miele che con bicchiere di aceto. Chi ‘nce tè
gnende da fa’ se spoja e se reveste.
Chi non ha nulla
da fare si spoglia e si rivesta. Chi ce tè i
commidi e non ze ne serve ‘nze trova confessore che l’assorve’.
Chi ha le
comodità e non le usa, è imperdonabile. Chi ara coe
vacchi e zappa coe femmone, sempre compra e mai venne.
Chi ara con le
vacche e zappa con le donne, compra sempre e non vende mai. Chi non pò
vinnignà recciaccaria.
Ci non può
vendemmiare, racimola. Ttacca l’asinu
ddo’ vo’ u patrò.
Attacca l’asino dove vuole il padrone. Co’ u tempu e
co’ a paja maturanu e nespule / e a canaja.
Col tempo e con
la paglia maturano le nespole / e la canaglia. U contadinu,
scarpi grosse e cerevellu finu.
Il contadino ha
le scarpe grosse, ma il cetvello fine. Pure a terra vo’
a parte sea.
Anche la terra
vuole la sua parte. A callina ceca a
notte ruspa.
La gallina cieca
razzola di notte. Chi da callina
nasce sempre ruspa.
Chi nasce
gallina razzola sempre. E parole se porta
via u ventu.
Le parole se le
porta via il vento. Nna votte
piccola sta o vinu bbonu.
Nella botte
piccola c’è il buon vino. Chi somènta a
‘nné Roppe e a Santu Nicola, quanno ciù porta
u saccu nnà mola!
Mó ciù porti u
saccu ‘nna mola!
Chi semina nelle
Roppe e a Santo Nicola, non porterà mai il sacco al mulino.
14. LA VITA CONTADINA
Mò scappa l’oju
dai sassi!
Non uscirà mai
l’olio dai sassi! ‘Na noce sòla
non sona ‘nnu saccu.
Una noce
soltanto nel sacco non fa rumore. Se sapea com'era
lo mete da picculittu me facea frate/prete.
Se avessi saputo
quanto duro fosse mietere, mi sarei fatto frate. Ha trovatu
Cristo a mete e ‘a Madonna (San Pietru) a recoje i manócchi.
Ha trovato chi
gli fa le cose gratis /o le fa al posto suo. A vigna è tigna.
La vigna è come
la tigna. Da vargaru è
diventatu repiscinu.
Da patrone non è
più mancu ripiscinu.
Da vergaro / da
padrone diventi / non sei più nemmeno repiscigno.
L’occhiu du
patrone ‘ngrassa u cavallu.
L'occhio del
padrone ingrassa il cavallo. Culo che non
vedde mai camicia a prima vota ce voze cacane.
Il culo che non
vide mai la camicia, la prima volta ci volle cacare.
15. ANIMALI Se fa prima u
mmastu eppó u somaru.
(E' da sciocchi)
acquistare prima il basto e poi l’asino. Quanno manca u
cattu u sorge balla.
Quando manca il
gatto il topo balla. A catta
prisciulosa fece i fiji céchi.
La gatta
frettolosa fece i figli ciechi. L’omo (L'asinu)
(U cavallu) che non vidde mai la sella cent’anni se ne fece meravija.
L’asino (il
cavallo che non vide mai la sella se ne meravigliò cent’anni. L'asinu de
montagna porta a robba e pó s’a remagna.
L’asino di
montagna porta le vettovaglie poi se le mangia. U gattu che non
pose rrivà nell'untu disse ch’èra rangicu.
Il gatto che non
riuscì ad arrivare al lardo disse che era rancido. Au cavallu
biastimatu jé relluce u pilu.
Al cavallo
maledetto luccica il pelo. Ecco ddo’ casca
l’asinu.
E' qui che cade
l’asino! A lavà u capu
all’asinu ce sse remmette l’acqua e o sapo’.
A lavare la
testa all’asino ci si rimette acqua e sapone. Cento lupi all'ara
d’u cavallu, alla fine èra solu ‘nciocchetellu.
Cento lupi
all’aia del cavallo: alla fine era solo un tronchetto. De cento lupi
non era mancu ‘ncioccu bruciatu.
Di cento lupi
non era nemmeno un tronco bruciato. Chi è statu
pizzicatu da a vipera ha paura pure da licerta.
Chi è stato
morso dalla vipera ha paura anche di una lucertola. Quanno a turdi e
quanno a grilli.
Quando a tordi e
quando a grilli. Non stuzzicà u
cane che dorme.
E' prudente non
stuzzicare il cane che dorme. U rospu che
vedde de ppizzutà a canna disse: - nzarrà pé me, ma l'attu é bruttu!
Il rospo che
vide fare la punta alla canna disse: -non sarà per me, ma il gesto è brutto! Ragnu, ragnu,
tantu me busco e tantu me magno.
Consumo tutto
quello che guadagno. 16. COMMERCIO
I sordi fatti pe
‘nfinfirinfì se ne vau pe nfinfirinfà.
I soldi avuti in
modo scorretto non durano molto. I sòrdi mannanu
l’acqua ‘nnammonte.
I soldi riescono
a mandare l’acqua in alto. I sòrdi non i
cacanu i somari.
I soldi non li
cacano gli asini. I sòrdi so’ come
‘i duluri: vau e vengu / chi i tè si’ mantè/ je tocca a
tenesseli.
I soldi sono
come i dolori: vanno e vengono/chi ce li ha se li tiene. A Maggiu se
recontanu ‘e pecora e i cunti se fau appeti ae scali.
A maggio si
ricontano le pecore e i conti si fanno ai piedi delle scale. O vinu bbonu se
venne senza frasca.
Il vino buono si vende senza frasca.
[Si fa riferimento all’abitudine di esporre un ramo fuori della cantina quando
si metteva in vendita il vino nuovo.] Ce sapirristi fà
a cambià l’oro co piummu.
Ci sapresti
stare a cambiare lóro col piombo. L’oro de Bologna
se fa niru pe’ a vergogna.
L’oro di Bologna
annerisce per la vergogna.
[La scelta di Bologna è ancora una volta dettata dalla rima; mentre il basso
conio fa sì che l’oro annerisca.] Sembre a caccià,
sembre a caccià, quanno che è a sera me ss’è sò sgarrate e borce.
Sempre a tirar
fuori i soldi quando arriva la sera mi si sono lacerate le tasche. Non c’emo
guadagnatu mancu l’acqua.
Non abbiamo
guadagnato nemmeno l’acqua. Affari d’oro,
parti subbitu!
Affari d’oro,
parti subito! 17. CONSIGLI PRATICI
Quanno u chiricu
parla u prete ha sete.
Quando il
chierico parla il prete ha sete. Parlà a nora pe’
fa’ capì a socera / perché a socera ntenna.
Parlare alla
nuora perché la suocera intenda. Da chi ‘n ce t’è
i fiji non ce ì né pe’ aiutu né pe’ cunziji.
Da chi non ha
figli non andarci né per chiedere aiuto né per consigli. Poca bricata
vita bbiata.
Poca brigata
vita beata. Chi non ce tè
gnente da fa, se spoja e se reveste.
Chi non ha
niente da fare si spoglia e si riveste. Chi ha prescia
corre, chi ha paura vola.
Chi ha fretta
corre, chi ha paura vola. A paura non a
regge mancu u saccu.
La paura non è
controllabile. Fore li calli e
trendo li friddi. / Trendo li calli e fore li friddi.
Fuori i caldi
dentro i freddi. / Dentro i caldi e fuori i freddi. U struppiu porta
u cecu.
U cecu
ccompagna u cioppu!
U ruttu
porta u sanu.
Lo storpio
accompagna il cieco
Il cieco
accompagna lo zoppo
Un infortunato
porta il sano.
[Espressioni ironiche
e paradossali per sottolineare che spesso le guide, cui ci affidiamo, stanno
peggio di noi.] Non ne ‘nduvina
una.
Non ne indovina
una. Chi và ddo’ non
è mmitatu/chiamatu o è mattu o è mbriacu.
Chi va dove non
è invitato o è pazzo o è ubriaco. Va reccapezzenno
u filu pe a gnommera.
Va cercando il
filo per trovare il gomitolo. Chi dell’ari se
veste prestu se spoja.
Chi si veste
delle cose altrui, rimane presto nudo. Chi pratica cou
cioppu ‘mpara a cioppicà.
Chi pratica lo
zoppo impara a zoppicare. U medicu piitusu
fece a piaga puzzulente.
Il medico
pietoso fa infettare la piaga. Se t’a da fà
mmazzà, fatte mmazzà da ‘n macellaru bbonu.
Se devi farti
uccidere scegli un macellaio buono. Chi presta
deserta e se fà i nemici.
Chi presta perde
le cose prestate e si i nemici. Scappa de fore e
chiedi cunziju, rerrentra a casota e fa’ come te pare.
Esci di fuore e
chiedi consiglio, rientra a casa e fai come vuoi. Alloggia quanno
alloggia (l)a callina, quanno canta (l)u callu tu cammina.
Vai a dormire
quando ci va la gallina, quando il gallocanta sta in strada. Mittite (Va) co’
chi è mejo de te e (ppo’) faje(cce) e spese.
Vai con chi è
migliore di te, ma poi superalo. Dibbiti e
peccati chi i fa’ i paga.
Debiti e peccati
chi li fa li paga. Culu pècca e
culu paga.
Culo pecca e
culo paga. Testa che non
parla se chiama cocozza.
Chi non ha il
coraggio di dire la sua opinione è come una zucca vuota. Parabbisu che
unu se ne mena gabbu.
Sembra che ci si
meravigli. I menagabbi stau
arreto a porta, chi i fa si porta.
I menagabbi
‘rrivanu.
La derisione sta
dietro la porta, perché chi deride si potrà trovare domani nella stessa
condizione di chi oggi è deriso.
Per capire meglio la Grammatica di questo dialetto si rimanda a
Dizionario Moriconese
Fonte:
piercamilli.blogspot.com -
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