Dall’Apocalisse al Vangelo di Giovanni

(Mac www.deiricchi.it)

La cronologia di composizione del Nuovo Testamento (cfr. libri del Nuovo Testamento) pone normalmente l’Apocalisse quale ultimo testo a essere stato composto, indicativamente verso la fine del I secolo. Secondo le ricerche rintracciabili in Deiricchi la situazione è invece ribaltata: l’autore della Rivelazione, questo sarebbe la migliore traduzione del nome originario greco, avrebbe composto queste lettere prima degli altri testi del Nuovo Testamento. Anzi questi ultimi sarebbero stati redatti proprio per scagionare il falso profeta dalle accuse di empietà mosse da Giovanni contro di lui.

Secondo la scuola marxista è possibile che l’Apocalisse sia stata scritta durante la guerra giudaica, che scoppiò nel 66 e si concluse nel 70 con la caduta di Gerusalemme. Engels, che conosceva Bauer, sosteneva questa tesi e riteneva che il famoso 666 non fosse altro che il numero per indicare l’imperatore Cesare Nerone, regnante in quel periodo. Però questa identificazione è sbagliata (cfr. 666: il numero della 'bestia che sale dalla terra'. Parte prima), anche se è utilizzata addirittura dagli esegeti perché permette di spiegare un numero altrimenti “misterioso”.

Ma la posizione cronologica della Rivelazione fornita da Engels era errata non solo perché le presunte giustificazioni non reggono l’analisi filologica, ma soprattutto per un motivo contenutistico. Infatti, anche se la scuola marxista faceva correttamente rientrare la Rivelazione di Giovanni all’interno di un movimento rivoluzionario antiromano, incappava nella stessa contraddizione che anche l’esegesi cattolica continua a celare nelle sue presunte spiegazioni.

Attribuendo la nascita del Cristianesimo alla predicazione pacifica di un Gesù crocifisso nel 28 d.C. (questa è la data più accreditata da Eusebio e Origene), seguito dall’opera di Paolo che predicava la sottomissione al potere costituito, si cade nella seguente incoerenza storica. Come era possibile infatti che dopo di essi potesse esservi un Giovanni che si permetteva di scrivere, addirittura dalla prigione, un testo così intriso di odio e vendetta contro i Romani e chi li assecondava?

Come al solito non vi è nulla da gettare completamente. La critica marxista coglieva il segno collocando la nascita del Cristianesimo nei movimenti rivoltosi giudaici e, se vogliamo, anche anticipando “a prima di un conflitto” la redazione dell’Apocalisse. Ma la guerra giusta non era quella terminata nel 70, bensì la persecuzione contro i Giudei messa in atto da Tito durante il suo regno (79-81) anche per mano del falso profeta. Notizie di questa ostilità, fatta sparire dai resoconti ufficiali, si ritrovano nell’Apocalisse (cfr. Personaggi principali. Parte terza), nei Vangeli (cfr. Periodi di attese messianiche contrastanti) ma soprattutto negli Oracoli sibillini (cfr. Il Nerone redivivo negli Oracoli sibillini).

Altra confusione in cui siamo stati, nostro malgrado, coinvolti è l’identificazione dell’autore della Rivelazione con il Giovanni cui vengono attribuite le Lettere e il Vangelo omonimo. Ma oramai che abbiamo capito come all’interno del Cristianesimo siano sopravvissute due anime, quella rivoluzionaria che faceva capo ad ribelle giustiziato dai Romani e quella reazionaria predicata dal falso profeta, non ci dovrebbe sorprendere che a redigere gli scritti in esame siano state due persone ben diverse (cfr. Sulle tracce di Giovanni). Il Giovanni della Rivelazione era il figlio di Levi, originario della città di Giscala (cfr. Giovanni ritrovato), che prima e durante la guerra giudaica aveva sostenuto il Gesù figlio di Safàt (Saffia) crocifisso a Tarichea (Magdala) (cfr. Il Santo Graal ritrovato). Il Giovanni delle Lettere e del Vangelo è invece il Marco citato negli Atti degli Apostoli, che scrisse in maniera ben antitetica rispetto al primo perché non poteva fare altrimenti: lui era proprio il figlio del falso profeta (cfr. Marco, Marcione e combriccola varia), cioè discendente del predicatore reazionario che si innalzava a Logos, Figlio di Dio, Padre, Paraclito e via discorrendo (cfr. La dottrina di Simone Mago).

La storia mise la vittoria in mano al più forte, per cui il Cristianesimo giunto a noi non è altro che, politicamente parlando, un movimento capeggiato da fedeli ai regnanti di sempre, quando addirittura non si sostituirono a loro. Dei rivoltosi zeloti ci sono comunque rimaste diverse testimonianze, di cui la più importante per i cristiani rimane la Rivelazione, o Apocalisse che la si voglia chiamare. Ma quanto del suo testo è rimasto fedele alle parole del suo autore, Giovanni di Giscala? L’archeologia (cfr. 616: il numero del Paraclito) ci sta restituendo testimonianze che anche questo libro è stato manipolato per far perdere le tracce di una storia ben scomoda e triste da propagandare.

Un compito interessante per gli studiosi potrebbe essere quindi quello di individuare le parti dell’opera di Giovanni “rovinate” dall’intromissione dei falsari, emissari del falso profeta calunniato da Giovanni. Compito comunque agevolato dal confronto con il Vangelo omonimo, che invece si pone in antitesi alla Rivelazione, in quanto il suo fine era quello di innalzare un personaggio che il prigioniero di Patmos aveva tanto infamato con le sue lettere alle “sette chiese”. Un impegno che finalmente non sia il solito discorrere del “sesso degli angeli” o meglio, per stare ai passi con la cronaca, delle scappatelle erotiche di preti e vescovi di ogni tempo. Buon lavoro!

(17/11/2006)

La concezione della storia dell'Apocalisse


Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Religioni - Nuovo Testamento
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Aggiornamento: 23-04-2015