LA QUESTIONE DEL NATALE

MITI E LEGGENDE DI QUESTA FESTIVITA'


I RE MAGI

Adorazione dei Magi, mosaico di Pietro Cavallini (1273-1330), Basilica di Santa Maria in Trastevere, Roma

Solo Mt 2,1-12 parla di "magi"; Luca fa semplicemente un accenno ai "pastori" del luogo, lasciando presagire che il Cristo fosse nato in primavera-estate.

I magi erano una delle tribù in cui si divideva il popoli dei Medi (che vivevano nell'odierno Kurdistan), addetta alle cerimonie sacre (all'incirca come i leviti tra gli ebrei). Vennero trasformati in casta sacerdotale dalla riforma di Zoroastro: veri e propri ministri ufficiali del culto persiano del fuoco. Erano considerati dei saggi (avevano p.es. molte conoscenze astronomiche) e dei taumaturghi e contribuirono a reprimere il manicheismo. E' stato appunto dalle loro funzioni di indovini e fattucchieri che derivò il nome di "magi" o maghi. (Da notare che Zoroastro elaborò il mito del salvatore che sarebbe apparso alla fine dei tempi per restaurare il regno di Mazda).

All'inizio il cristianesimo non sapeva quanti fossero i magi; poi, siccome i doni citati nei vangeli erano tre, si pensò che anche i donatori fossero tre. Nel VI sec. il vescovo di Arles, Cesario, li fece diventare "re"; nel VII sec. Beda il Venerabile inventò i loro nomi (Gaspare, Melchiorre e Baldassarre), nonché l'età (giovane, uomo, vecchio); nel VIII si decisero le loro provenienze geografiche: Europa, Asia e Africa. 

Secondo la leggenda fu l'imperatrice Elena, madre di Costantino, a inviare le loro ossa come dono a Milano. Nel 1164 Rainaldo di Dassel, arcivescovo di Colonia, fece trasportare le loro reliquie nel duomo di Colonia.

Il significato religioso dei doni è evidente: l'oro si offre ai re, l'incenso simboleggia la preghiera che sale a Dio, la mirra veniva usata per l'unzione santa, oltre che per l'imbalsamazione (ma Marco parla di nardo).


I RE MAGI

I Magi, o Magusei, erano una classe sacerdotale del popolo dei Medi, popolo unito e alleato ai Persiani. Questa classe sacerdotale, che parlava aramaico ed era di origine semitica affiancava i grandi sacerdoti dei santuari e praticava gli insegnamenti di Zarathustra ed il culto di Mitra.

Più anticamente ancora erano chiamati “athravan” (accenditori del fuoco) e praticavano il culto del fuoco sacro. Il compito principale dei Magi era quello di tenere sempre il fuoco acceso; facevano questa cerimonia (di ravvivare il fuoco) cinque volte al giorno e suonavano una campanella per farvi assistere i fedeli, i quali portavano loro offerte di cibo.

I cultori di Zarathustra si tramandavano uno scritto attribuito allo stesso Zarathustra dove si profetizzava l’apparizione di una stella lucente in cielo, e vi erano indicate istruzioni sui doni da offrire al Salvatore.

Dei Magi ne parla, nel Proto-Vangelo, Giacomo che era un maestro di giustizia degli esseni; numerosi esseni ebrei erano rimasti influenzati dalla religione di Zoroastro, portata dai Persiani quando li liberarono dalla dominazione babilonese.

Nel “Vangelo arabo-siriaco dell’infanzia” la predizione della venuta del Messia è attribuita a Zarathustra: “e vennero a Gerusalemme dei Magi, come aveva predetto Zarathustra”.

L’evento della nascita di un Salvatore era atteso da molti seguaci delle religioni dell’epoca, in particolare dagli ebrei. L’usanza dei doni nel giorno della Epifania risale al fatto che il Natale in oriente veniva e viene festeggiato il 6 gennaio e in concomitanza con l’arrivo dei Magi, che portavano i doni.

A Milano, nella Basilica di S. Eustorgio erano conservare le presunte ossa reliquarie dei Magi fino a che Federico Barbarossa, dopo l’anno mille, le prelevò e portò in Germania.

La Cattedrale di Colonia custodisce ora queste reliquie (presunte). Successivamente una parte di queste reliquie venne restituita a Milano e sono conservate nella basilica milanese.

I nomi dei Magi (che successivamente furono fatti “diventare” re) compaiono per la prima volta su un mosaico nella basilica di S. Apollinare Nuova a Ravenna: Gaspare (il Moro), Melchiorre, Baldassarre. I loro tre doni consistevano in oro (dono per i Re), incenso (per le adorazioni sull’altare), mirra (considerato un balsamo per i defunti). 

LUIGI AMBROSI


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Enrico Galavotti - Homolaicus - Religioni - Nuovo Testamento
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