IDEE PER UN SOCIALISMO DEMOCRATICO
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CONTROCORRENTE
Tornare all'autoconsumo è possibile senza uscire dal capitalismo? No, non è possibile in alcun modo, poiché le imprese vivono sul valore di scambio e sul plusvalore (lo sfruttamento del lavoro altrui) e si servirebbero delle forze del "loro" ordine per impedire questa inversione di tendenza. Tuttavia è possibile sfruttare le crisi cicliche del capitale, di cui quella finanziaria oggi è la più grave, per mostrare non solo la gravità delle contraddizioni di questo sistema, ma anche la sua incapacità a risolverle. Si può cioè approfittare del momento critico per ripensare positivamente i criteri di vita. Quali criteri vanno ripensati?
I NUOVI INTERLOCUTORI DEL CAPITALISMO MONDIALE Forse non ci rendiamo ben conto che quando non si riesce a trovare il modo di superare le contraddizioni che c'impediscono di tornare al comunismo primordiale di quel periodo che, con molta supponenza, chiamiamo "preistoria", e anzi si vuole che quelle contraddizioni permangano, in quanto le consideriamo irrinunciabili, si è costretti ad accentuare il lato mistificatorio della democrazia, se si vuol far credere alla massa in un loro fittizio superamento. Si deve diventare sempre più astuti non solo nel nascondere la realtà delle cose, il cui individualismo è la regola, ma anche per poter essere più cinici nella gestione del potere economico e politico. Quando l'antagonismo appare ineludibile (e forse addirittura lo si considera desiderabile) e lo si vuole o lo si deve comunque gestire, occorre far vedere, con tutta la finzione di cui si è capaci, che si è impegnati a risolverlo davvero. Sulla base di questa strategia è avvenuto il passaggio dal feudalesimo al capitalismo e dal capitalismo al socialismo di stato. Ora stiamo assistendo a una nuova forma di transizione, del tutto inedita: quella da una gestione "sociale" del capitalismo (in cui il singolo proprietario, o il ceto d'appartenenza, detta legge) a una sua gestione "statale", intendendo col concetto di "Stato" non un ente che, seppur formalmente equidistante, di fatto fa gli interessi della borghesia, ma un ente che può essere padrone di tutto e che permette alla società di essere capitalistica entro certi limiti. Questa nuova forma di transizione oggi viene gestita dalla Cina e, in un certo senso, anche dalla Russia. Le differenze tra i due paesi stanno nel fatto: 1) che uno formalmente si dice comunista ed è un regime monopartitico, l'altro no; 2) che la Russia, con la Siberia, possiede una quantità enorme di risorse energetiche, mentre la Cina è costretta a sfruttare come schiavi la propria popolazione e, col plusvalore ricavato, deve rivolgersi alle aree povere del pianeta per poter acquisire risorse strategiche a basso prezzo. Un quinto dell'umanità non può vivere in un paese non ricco di risorse energetiche come la Cina, oppresso dai deserti e ancora costretto a usare il carbone come combustibile (è peraltro diventato importatore netto di petrolio e gas a partire dal 1993): il che la porta ai limiti del collasso sul piano ambientale. Questo spiega anche il motivo per cui la Cina, sul piano politico, ha avuto bisogno di continuare a definirsi comunista. Quando si vive in una dura realtà come quella cinese, dimostrare di avere degli ideali egualitari è sempre meglio (da notare che il principale ideale egualitario in Cina è che la terra appartiene allo Stato, anche se ciò che vi si costruisce sopra può appartenere ai privati). L'avrebbe fatto anche la Russia (di restare comunista, almeno formalmente), se non avesse avuto la Siberia. La Cina è la dimostrazione più lampante che il capitalismo non può essere vissuto all'interno di una singola nazione, senza che ve ne siano altre costrette a subire le sue contraddizioni. Questo certamente lo sappiamo da almeno 500 anni, ma proprio perché lo sappiamo, dobbiamo aspettarci che prima o poi avvenga un ingorgo tra potenze capitalistiche nello sfruttamento delle risorse del pianeta, il quale non è più in grado di soddisfare tutti a un ritmo così forsennato. Fino ad oggi la natura ha potuto abbastanza resistere perché i poli dell'imperialismo erano sostanzialmente tre: Stati Uniti, Europa occidentale e Giappone. Ma con l'entrata in scena della Cina, in maniera prepotente, gli equilibri sono destinati a rompersi, e lo saranno ancor più in un futuro molto prossimo quando entrerà sulla scena internazionale anche l'India. Il governo cinese ha imboccato una strada senza ritorno. Una volta accettato il capitalismo, non è possibile dire alla propria popolazione che ci si è sbagliati e che si vuole tornare indietro. Se prendesse una decisione del genere, scoppierebbe la guerra civile. Dunque meglio andare avanti, mettendo l'umanità alle strette: o si accettano le esigenze di espansione economica di questo gigante o una nuova guerra mondiale è inevitabile. |
Le immagini sono prese dal sito "Foto Mulazzani"