L'EPICUREISMO IN POLITICA

IDEE PER UN SOCIALISMO DEMOCRATICO
L'autogestione di una democrazia diretta


L'EPICUREISMO IN POLITICA

L'epicureo che si preoccupava d'essere imperturbabile era in fondo un intellettuale astratto, alienato. Di fronte allo schiavismo imperante, cioè al lusso sfrenato dei ricchi, alle sofferenze dei più e alla corruzione in cui tutti, in un modo o nell'altro, dovevano assoggettarsi, il ritrarsi a vita privata, in una comunità simile a quelle cristiano-monastiche di qualche secolo dopo, poteva anche apparire una scelta difficile, onerosa, ma, in fondo, era una scelta di comodo.

Peraltro è evidente che se ci si rinchiude in una congrega di pochi adepti, in cui i mezzi a disposizione sono davvero pochi, non si può che predicare la moderazione sotto ogni punto di vista, morale e materiale.

L'epicureismo assomiglia molto alle comunità indo-buddiste di qualche secolo prima; per certi versi anche nella concezione religiosa, in quanto, se è vero che il buddismo era una forma di ateismo, l'epicureismo è una forma di agnosticismo, nel senso che separa nettamente gli dèi dagli uomini. Gli dèi son concepiti come statue da contemplare: non provano emozioni, non distribuiscono premi o punizioni, non esaudiscono desideri, non soddisfano bisogni. Quindi, in un certo senso, che ci siano o non ci siano, non cambia nulla.

Secoli prima dei borghesi empiristi e materialisti, gli epicurei erano riusciti a far capire che si può vivere come se dio non ci fosse. Di qui l'odio incredibile che i teologi medievali provavano nei loro confronti. Essere epicureo era rischioso: era sinonimo di ateismo cinismo materialismo egoismo immoralità... Quando deve spiegare che un determinato dannato (p.es. Federico II di Svevia) era un ateo o un miscredente, a Dante è sufficiente dire ch'era epicureo.

Eppure l'epicureismo è non meno falso del platonismo e dell'aristotelismo, che invece i teologi cristiani non hanno mai disprezzato. Semmai il limite dell'epicureismo sta altrove, e precisamente nel fatto che ritiene l'epoca preistorica, quella tribale e pre-schiavistica, caratterizzata dall'ira come prodotto della precarietà della condizione umana. Opposta all'ira l'epicureo fa valere l'atarassia, appunto l'imperturbabilità.

Uno può pensare che l'epicureismo, col suo culto dell'amicizia, fosse una corrente di pensiero favorevole al comunitarismo. In realtà è una filosofia individualistica, che cerca nella comunità un rimedio (che poi diventa un ripiego) alle proprie debolezze. Si entra in comunità solo perché ci si sente dei falliti nella vita di società. Di questa comunità non si fa il luogo in cui realizzare un'alternativa, combattendo le contraddizioni del sistema, ma un semplice rifugio personale, ovattato, in cui si compie solo un lavoro su di sé. In comunità si vive nascosti.

L'epicureo interpreta l'uomo preistorico col medesimo metro con cui interpreta il cittadino civilizzato, il quale, nell'epoca schiavistica, vuole emergere a tutti i costi, poiché teme che gli possa accadere il peggio. Scoprendosi nudi e indifesi contro le insidie dell'ambiente circostante, in preda ad atavici terrori, i nostri antenati avrebbero imparato a reagire aggredendo i potenziali nemici, uomini o animali che fossero. Ecco cosa pensa l'epicureismo dell'uomo preistorico.

Praticamente esso sovrapponeva il giudizio che dava dello schiavismo come sistema di vita a quello che dava di un periodo storico che invece ne era l'opposto. E lo fa precisando una sola differenza, quella secondo cui nella preistoria l'aggressività era "secondo natura", cioè funzionale alla vita selvatica, essendo questa simile a quella degli animali, mentre, con la nascita della polis, gli uomini hanno potuto beneficiare dei vantaggi del vivere sociale, della solidità degli affetti familiari, ecc.

E allora da che cosa nasce l'odio reciproco che impedisce agli uomini di vivere tranquilli e sereni? La risposta a questa domanda indica proprio l'intellettualismo di Epicuro. È l'ignoranza del funzionamento della realtà (i cosiddetti atomi infiniti che si aggregano e disgregano secondo cause meccaniche) che alimenta false opinioni e superstizioni d'ogni sorta (1). La gente soffre di passioni malsane, fobie, manie, paranoie, semplicemente perché non è abbastanza "filosofa".

L'epicureismo è come un rimedio psicologico, una psicoterapia. Alle persone interiormente malate chiede di accettare del sistema le leggi dominanti, quelle relative allo schiavismo; per il resto invece chiede di resistere, con uno sforzo morale, agli effetti collaterali di queste leggi. Di qui il netto rifiuto della vita politica.

Va detto tuttavia che l'epicureismo non giunse mai al comunismo non perché non abbastanza materialistico né perché a quel tempo mancavano i "presupposti materiali" per arrivarci. Questo modo "marxista" di ragionare è sbagliato, anzi, in un certo senso andrebbe rovesciato.

Se consideriamo infatti che lo schiavismo fu un sistema di vita immediatamente successivo al comunismo primitivo, dovremmo dire, proprio per la "memoria" che si aveva di ciò che si era perduto, che a quel tempo era più facile un ripensamento, cioè sarebbe stato più facile decidere di tornare indietro, rispetto alla scelta dello schiavismo, proprio perché quest'ultimo non aveva ancora distrutto tutto a livello internazionale. Tribù primordiali esistevano ancora in Asia, Africa, America e Oceania. Non mancavano i "presupposti materiali" (lo sviluppo delle forze produttive) per realizzare la transizione. Anzi, quanto più queste forze si sono sviluppate, tanto meno vi è stata la possibilità di una transizione al socialismo, meno che mai un ritorno a quello primordiale.

Tutte le teorie socialistiche elaborate nell'Ottocento sono partite dal presupposto che della società borghese non si dovessero affatto buttar via le conquiste tecnico-scientifiche. Ecco perché nessuna di quelle teorie ha realizzato qualcosa di efficace sul piano pratico. Esse, non avendo più "memoria" del passato comunismo, hanno dovuto far leva sul "desiderio" di superare le contraddizioni del capitalismo. Ma un desiderio senza memoria brancola nel buio, procede alla cieca e si accorge dei pericoli solo dopo esserci andato a sbattere.

Questo significa che vi sono sempre meno possibilità per una transizione al socialismo democratico, almeno finché le società opulente possono continuare a esistere sfruttando le loro "colonie" (termine questo non "politicamente corretto"). Se le "colonie" si ribellassero, il capitalismo delle madrepatrie sarebbe costretto ad affrontare internamente le proprie contraddizioni, senza scaricarne all'esterno tutto il loro peso. In attesa che lo facciano, noi non possiamo certo stare con le mani in mano. Se davvero avessimo il coraggio di farlo, noi dovremmo anzitutto rinunciare a tutto ciò che di tecnologico si frappone nei rapporti interpersonali.

Note

(1) Peraltro nella prospettiva epicurea, se è vero che i singoli atomi abbandonano la loro individualità per dar vita agli aggregati, è anche vero che quando questi si disgregano, gli atomi ritornano nella loro autonomia originaria e autoreferenziale.


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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Politica - Socialismo democratico
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Aggiornamento: 11/12/2018