STORIA DELLE RELIGIONI |
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DUEMILA anni di Europa tra ebraismo, paganesimo e cristianesimo
E' straordinario vedere come il cristianesimo sia nato non solo dal fallimento dell'ebraismo politico rivoluzionario, nettamente ostile all'imperialismo romano, ma anche dall'incapacità della filosofia e democrazia ellenistica, nonostante i fasti di Alessandro Magno, di opporsi all'espansionismo dello stesso impero romano. Il cristianesimo nasce dall'incontro di due culture uscite nettamente sconfitte dallo scontro con una terza cultura (quella lattina), filosoficamente e idealmente molto più limitata, benché politicamente e soprattutto militarmente in ascesa. Ellenismo ed ebraismo vennero sconfitti anche perché non riuscirono ad allearsi contro un nemico comune, sottovalutandone la forza, nella convinzione che avrebbero potuto resistervi separatamente. Fu un errore strategico di enorme importanza. I Romani s'impadronirono definitivamente della Grecia, della Macedonia e dell'Asia Minore dal 149 al 133 a.C., mentre nel Mediterraneo occidentale eliminavano l'egemonia cartaginese. Appena settant'anni dopo Pompeo entrava a Gerusalemme aggregando la Palestina alla Siria. Eppure quelle due culture perdenti, che avevano trovato in Paolo di Tarso una sintesi suprema, chiamata appunto "cristianesimo", riusciranno a vincere nel 313 d.C., quando, con l'editto di Milano, Costantino pose fine alle persecuzioni religiose da parte dello Stato. Il cristianesimo era una cultura molto particolare, poiché dell'ebraismo aveva rimosso la politicità nazionalistica e conservato la socializzazione del bisogno; mentre dell'ellenismo aveva rimosso l'ingenuo politeismo, conservando però tutti gli aspetti più spiritualistici e cosmopoliti. Esso era diventato la religione più adatta a un impero di enormi dimensioni, sottoposto a un unico diritto e a un'unica lingua. Il sogno, tuttavia, durò poco, poiché, non essendo il cristianesimo riuscito a risolvere alcun vero problema sociale, l'impero non fu in grado di resistere alla pressione delle tribù germaniche. Almeno non vi riuscì nella parte occidentale, dove molto più forti erano stati i conflitti connessi allo schiavismo e alla provincializzazione dell'impero, cioè al dominio coloniale della sua area periferica. Inoltre in occidente la diocesi di Roma, dopo che Costantino aveva trasferito alla capitale a Bisanzio, era sempre meno disposta a collaborare con le forze imperiali. Sicché, mentre Roma cadde in mano ai cosiddetti "barbari" (quasi subito dopo che l'imperatore Teodosio aveva fatto del cristianesimo la religione di stato), Costantinopoli invece poté sopravvivere, tra alterne vicende, sino al 1453, rivendicando una "ortodossia religiosa" che il cattolicesimo aveva perso sin dal tempo in cui aveva inserito il Filioque nel Credo, puntellando, ideologicamente, il colpo di stato di Carlo Magno, che aveva accettato, da parte del papato, il titolo di "imperatore", pur sapendo che il legittimo erede era a Bisanzio. La motivazione di questo diverso destino da parte delle due aree del neo-impero romano-cristiano è molto semplice: in oriente la chiesa bizantina si sottometteva politicamente allo Stato; in occidente era la chiesa romana a pretendere una sottomissione da parte dei sovrani. Là dove il basileus poteva controllare la chiesa (benché questa rivendicasse totale indipendenza sul piano teologico), lì era altresì possibile, da parte dello Stato, controllare ogni altra sfera sociale. Viceversa in occidente la chiesa romana impedì qualunque forma centralizzata di controllo da parte dello Stato, rendendo i sovrani troppo deboli nei confronti dei loro sudditi. Il destino delle due parti dell'impero si biforcò ancora più nettamente con la caduta di Costantinopoli per mano degli Ottomani: qui infatti lo sviluppo della cultura si arresterà per molti secoli e dalla Turchia scomparirà persino quasi ogni traccia del glorioso passato bizantino, che venne ereditato, in qualche maniera, dal nascente impero russo. Nello stesso periodo, in occidente, quella cultura borghese, cui la chiesa romana, sin dall'XI secolo, aveva permesso un autonomo sviluppo, era ormai diventata così forte, con l'Umanesimo e il Rinascimento, da riuscire a porre le basi del moderno senso laico dell'esistenza. Il fallimento della tradizione del cattolicesimo-romano porterà non solo alla grande rottura protestantica, ma anche alla maturazione di quelle idee e di quei processi tipicamente borghesi e capitalistici che oggi caratterizzano il mondo intero, mentre in Russia il fallimento dell'ortodossia slavofila, sostenuta dall'autocrazia zarista, porterà alla nascita del socialismo di stato e dell'ateismo scientifico, il superamento dei quali, negli anni '90 del secolo scorso, pur avendo comportato l'esigenza di affermare una nuova democrazia, non ha determinato il ritorno al confessionalismo di stato. L'intera Europa, orientale e occidentale, si muove ancora col passo incerto dell'anziano, che non riesce ad affermare un vero "umanesimo laico" proprio perché è ancora incapace di realizzare una vera "giustizia sociale". |