La rivoluzione di Lutero

STORIA DELLE RELIGIONI


La rivoluzione di Lutero

Dario Lodi

Martin Lutero (Martin Luther, 1483-1546), frate sassone agostiniano, cambiò, involontariamente, il corso della storia. Lo fece a partire dall’esposizione (personale o eseguita da suoi alunni) delle famose 95 tesi sul portone della chiesa del castello di Wittenberg, denuncianti la vergogna delle indulgenze. La storia delle indulgenze, per cui pagando si poteva averne sino a ottenere ogni perdono e persino il paradiso, era vecchia di almeno un paio di secoli, ma ultimamente si era rafforzata per un rigurgito del Sacro Romano Impero, con gli Asburgo, bisognoso di consensi. Imperatore e papa avevano stretto un patto da tempo immemore, di divisione del potere, sospeso da scontri per la latitanza dell’impero: ora il rispetto del patto primigenio conveniva a entrambi perché l’impero stava riprendendo la sua importanza centrale e la religione gli era indispensabile per il successo. L’eresia di Lutero venne usata da chi era intollerante all’ingerenza imperiale. Il suo credo sarà il grimaldello ideale per ridurre alla ragione impero e papa e per far sorgere una nuova realtà sociale, aiutando la laicità.

Il comportamento di Lutero

Lutero non fu un riformatore religioso originale. Le sue fonti d’ispirazione si trovano nelle figure di eretici meno fortunati di lui, come Huss che, infatti, finì sul rogo. Il nostro frate predicava il ritorno della chiesa alla povertà originale – predicazione di vecchissima data – mentre il clero viveva nel lusso e finanziava l’apparire per soggiogare meglio il fedele. La riscossione dei donativi a fini d’indulgenza ecclesiastica (di perdono, insomma) veniva impiegata per la costruzione di cattedrali il più possibile sfarzose. Lo sfarzo aveva un potere psicologico ben superiore a qualunque sermone. La chiesa sapeva benissimo che, per le coscienze dell’epoca, l’idolo contava più di ogni cerimonia. All’epoca di Lutero, Roma era impegnata nella costruzione della Basilica di S. Pietro e l’offerta d’indulgenze aumentò a dismisura. Essa si ripercuoteva anche in terra tedesca, raggiunse Wittenberg e Lutero, forte della spiritualità di S. Agostino, protestò vigorosamente, trovando, nella protesta, subito numerosi seguaci e persino l’attenzione di alcuni reggenti. Apparve subito evidente che una ribellione ai metodi romani avrebbe potuto portare vantaggi pratici. Lutero non fu insensibile a questa possibile piega delle cose, ma reagì ammonendo che non era in gioco la distruzione di un sistema, bensì la sua restaurazione ortodossa. In altre parole, sulle prime Lutero non aveva intenzione di abbattere la chiesa (anche perché il tentativo di abbattimento comportava un rischio enorme per la sua stessa persona, si rammenti la vicenda di Huss), bensì di riformarla, togliendo a essa ogni tipo di orpello e costringendola al servizio effettivo della parola “divina”. Qui si capisce che per il riformatore solo le Sacre Scritture erano la fonte attendibile, mentre papa e concili non potevano decidere nulla che non fosse già scritto. Quel che era già scritto andava riproposto affinché venisse compreso dal fedele perfettamente.

La riforma, ovvero una restaurazione

In realtà, Lutero puntava a una restaurazione del potere religioso classico, svincolandolo da quello secolare. Nelle faccende religiose, l’uomo, secondo lui, non poteva arrogarsi diritti, interpretando a piacimento i passi delle Sacre Scritture. Queste ultime sole contenevano la verità. Su un piano esegetico, se le verità apparivano incomprensibili, si dovevano ugualmente applicare in quanto fonte divina. Lutero, nell’estrema sostanza, si muoveva nell’ambito della vecchia filosofia Scolastica, fermandosi all’oggetto dell’analisi, ovvero dio e intessendo intorno ad esso considerazioni, non opinioni (sebbene nella Scolastica convergenti verso forme devozionali). Tali considerazioni prevedevano il ribadimento perentorio del potere divino. A ben vedere, si trattava di una sorta di ritorno al fato della mitologia greca, dove l’uomo agisce, ma tutto quanto è stato deciso per lui in anticipo. Il fatto che tutto questo toglie libertà all’uomo viene superato da Lutero con la riesumazione della grazia agostiniana (e paolina), quella primigenia, secondo la quale dio sceglie i suoi a suo talento, ma fra coloro che gli sono stati riconoscenti dell’esistenza attraverso preghiere e atti (“Giustificazione per fede”). Lutero è più propenso di Calvino (e meno di Zuinglio) a dare valore all’iniziativa umana nel farsi benvolere dalla divinità, sebbene sia per l’imperscrutabilità della scelta di dio. Secondo lui, in fondo, l’uomo può sollecitarla, sebbene poi non debba aspettarsela. La questione della grazia (e della predestinazione) è molto più complessa di quanto i riformatori di area tedesca pensassero. Non è facile da districare per le numerose incrostazioni succedute dopo la dichiarazione paolina. S. Agostino non si rifaceva a una sola soluzione. Per lui la grazia voleva anche dire, per fermarci qui, l’affidamento divino di un messaggio spirituale a un eletto per aiutare l’umanità a comprenderlo. Ritorniamo, in questo caso, alla figura dell’eone che invece Lutero respinge e così Calvino, per il quale l’uomo deve agire solo per la gloria divina, mentre Zuinglio ammette la possibilità da parte dell’uomo stessi di avvicinarsi allo spirito divino. Il nostro riformatore avrebbe voluto fermarsi alla rivalutazione della chiesa originale (il grande umanista Erasmo da Rotterdam, con cui Lutero ruppe, lo esortava a non andare oltre, sostenendo che la riforma andava fatto dall’interno, non dall’esterno), ma gli eventi lo portarono ben oltre, coinvolgendolo in avvenimenti più grandi di lui.

Le minacce al sistema e le reazioni

La sua riforma minacciava la tenuta del sistema. La ribellione a Roma fece balenare l’idea di una rottura con le vecchie consuetudini. I contadini, capitanati da Thomas Müntzer, teologo allievo di Lutero, pretesero le terre tolte al dominio cattolico. Con la foga che gli era propria – si leggano le parole contro arabi ed ebrei - Lutero (che era di origini contadine) si scagliò contro gli insorti in questo modo:

Che ragione c'è di mostrare clemenza ai contadini? Se ci sono innocenti in mezzo a loro, Dio saprà bene proteggerli e salvarli, Se Dio non li salva vuol dire che sono criminali. Ritengo che sia meglio uccidere dei contadini che i principi e i magistrati, poiché i contadini prendono la spada senza l'autorità divina. Nessuna misericordia, nessuna pazienza verso i contadini, solo ira e indignazione, di Dio e degli uomini. Il momento è talmente eccezionale che un principe può, spargendo sangue, guadagnarsi il cielo. Perciò cari signori sterminate, scannate, strangolate, e chi ha potere lo usi. 

L’invettiva contro i contadini fa ritenere un timore viscerale, da parte del nostro riformatore, verso le proposizioni di uguaglianza fra gli uomini riprese dal Nuovo Testamento e aiutò l’uccisione di circa centomila insorti. I principi tedeschi riformati presero il sopravvento, sostituendosi (o cercando di farlo, dato che avevano contro i cattolici rimasti) all’antica divisione dei beni stabilita dalle consuetudini del Sacro Romano Impero. Quest’ultimo era in pieno tentativo di ripresa tramite il pugno di ferro di Carlo V, forse il miglior imperatore dell’istituzione imperiale cristiano, deciso far valere i diritti della forza imperiale. Il grande imperatore punì l’arroganza di Roma papalina, che tramava ai suoi danni, inviando i Lanzichenecchi a mettere a sacco Roma (1527, data epocale) e costringendo il papa a indire un Concilio (l futuro Concilio di Trento, 1545-1563) per la pacificazione fra le varie chiese cristiane. Lutero si sottrasse al tentativo di abbraccio e nacquero i Protestanti.

Conseguenze della rivoluzione luterana

Lutero sposò Katharina von Bora (una ex monaca) e, nella pace familiare allietata dalla nascita di numerosi figli, affinò la sua predicazione, arrivando a specificare che la chiesa di Roma non aveva alcun potere di mediazione religiosa, che ciascun fedele poteva trovare la via spirituale da sé leggendo con attenzione le Sacre Scritture. La raccomandazione aveva un senso pratico perché era stata inventata da quasi un secolo la stampa a caratteri mobili (Gutenberg). Lutero tradusse in tedesco prima il Nuovo Testamento, poi l’intera Bibbia: due imprese titaniche che fecero uscire la cultura tedesca dal Medioevo. Per i tempi, le traduzioni ebbero un successo enorme. Il nostro riformatore visse male gli ultimi tempi della sua vita. S’era dato al bere, si ubriacava spesso, forse pentito del troppo osare. In effetti, l’Europa intorno a lui era in un caos terribile. Carlo V vinceva continuamente contro i principi tedeschi, ma questi ultimi (Lega di Smalcalda) non desistevano. Il peggio doveva ancora venire. Qualche anno dopo la morte di Lutero (alcuni testi riportano che fu trovato impiccato, suicida, altri che morì di un attacco cardiaco causato, o accelerato, dal bere) l’imperatore lasciò deluso dalle minacce di un’alleanza tedesca e francese con i turchi. Subentrò il fratello Ferdinando, ma fu il figlio Filippo II, re di Spagna, a divenire il difensore del cattolicesimo. Peggiore ancora sarà la Guerra dei Trent’anni (1618-1648), dopo la quale furono chiare – e laiche – le manovre per il nuovo assetto europeo. Lutero fu il padre, involontario, di una nuova umanità in marcia verso la libertà dalla religione. Grazie alla scienza moderna, verso la prevalenza della responsabilità personale: strada tuttora in salita, ma affrontata ormai con “buone gambe” e notevole coraggio.

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Vedi anche Riforma protestante - Anabattismo


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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Religioni
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Aggiornamento: 14/12/2018