BIOCULTURE:
LE CURE PARENTALI

Quella era sicuramente una giornata particolare, diversa dalle altre: si
avvertiva dai tanti brusii che era possibile cogliere in ogni angolo della casa;
un'agitazione pareva essersi impossessata di tutti; i bimbi, rincorrendosi
intorno al grande tavolo della cucina, cercavano di richiamare l'attenzione dei
grandi, che tuttavia dedicavano loro qualche fuggevole sguardo, con la mente
assorta a cogliere un segnale che provenisse da oltre la porta che negava a
tutti la vista.
In quella stanza protetta e sicura un gruppo di donne si prodigava nel
rendere più sopportabile alla partoriente le doglie: le fitte dolorosissime si
susseguivano con una periodicità che la rassegnazione di doverle inevitabilmente
subire non sapeva mitigare; poi, dopo un'ultima lacerante stretta, il pianto del
bimbo rendeva tutti consapevoli che la famiglia era diventata più numerosa; e
mentre gli sguardi dei presenti erano rivolti rassicuranti al nuovo nato, la
donna, di nuovo mamma, trovava un momento di quiete in attesa delle prossime
cure, prime fra tutte l'allattamento da riversare al piccolo.
Questo breve resoconto di un parto umano ci rimanda a tempi che già ci
appaiono non vicini dal momento che oggi si viene al mondo, almeno in quella
parte della Terra che può godere di un elevato grado di benessere, tra camici
bianchi e culle seriali, con un braccialetto al polso che ci garantisce
l'identità.
Che dire allora delle nostre antenate del Pleistocene (circa un milione e
mezzo di anni fa), che partorivano in solitudine o con l'aiuto di qualche donna,
in genere la madre o la sorella, attente a fare tutto in fretta e per quanto
possibile silenziosamente, per non destare l'attenzione dei possibili predatori?
Rispetto a quel lontano passato la sfida connessa alla sopravvivenza degli
infanti è stata ampiamente vinta, risultando fortemente incrementata la loro
possibilità di raggiungere l'età della totale indipendenza dagli adulti e quindi
la loro possibilità di riprodursi.
Non molto dissimile deve essere invece rimasto il legame che lega ancora oggi
la madre al bimbo, così come il desiderio di partecipare alle cure del piccolo
da parte delle parenti più strette della donna o di qualche sua amica, legata a
lei da un sentimento di reciproco aiuto.
In questo quadro di prime cure parentali non si è fatto cenno al ruolo
maschile, in quanto esso risulta di più complessa lettura. Il rapporto con la
propria progenie da parte dei maschi è molto differenziato nel regno animale e,
limitando l'attenzione ai vertebrati, possiamo dire che un elemento importante
di discriminazione è connesso al tipo di fecondazione che precede lo sviluppo
dell'embrione.
In genere quando la fecondazione avviene esternamente, ed è il caso dei pesci
e di molti rettili, il maschio tende a prendersi cura dei nuovi nati, vuoi
perché è più certo della paternità, vuoi perché la femmina, rilasciate le uova,
ha il tempo di allontanarsi mentre il maschio è ancora intento nell'opera di
fecondarle, vuoi infine perché le uova deposte nel territorio del maschio
suscitano in lui un istinto alla difesa ed una predisposizione alle cure
parentali che si intreccia con l'esigenza di difendere il suo territorio.
Negli uccelli, in cui la fecondazione è interna, le cure dei nidiacei sono
prevalentemente svolte da entrambi i genitori; in genere, il maschio aiuta la
femmina nella ricerca del cibo e nella preparazione e custodia del nido,
risultando la sopravvivenza dei piccoli fortemente incrementata dall'unione
della coppia.
Il sistema nuziale è prevalentemente di tipo monogamico ma con una buona
frequenza di relazioni extraconiugali. I maschi hanno una maggiore tendenza a
sostare nel luogo di nascita, mentre le femmine si disperdono più
frequentemente.
In questo quadro, queste ultime sono più propense a scegliere il proprio
compagno sulla base della bontà del territorio che egli difende, e quindi delle
risorse che porta in dote: quando queste sono di elevata qualità le femmine sono
disposte, pur di occupare quello spazio ambito, ad accettare un certo grado di
poliginia, condividendo il territorio con altre femmine.
Questa scelta può essere favorita dal fatto che esse hanno avuto difficoltà a
trovare altri maschi scapoli o anche perché sono state ingannate da un maschio
territoriale che, fingendosi solitario, a loro insaputa, si sta prendendo cura
di un altro nido, posto a qualche centinaio di metri di distanza.
Si può anche ipotizzare che una femmina intavoli una relazione con un maschio
attraente, che fa già coppia con un'altra femmina, per ritrovarsi con una prole
da allevare da sola ma i cui maschi, simili al loro padre, siano talmente ambiti
da darle in futuro più nipoti rispetto a quelli ottenuti da femmine monogame.
Anche se le cure dei nidiacei vengono il più delle volte svolte da entrambi i
genitori, può succedere che uno dei due abbandoni il campo: questo è in genere
la femmina. Non è raro il caso in cui i maschi si sobbarchino lo stesso onere
della cova e della successiva cura della progenie, come accade nei ratiti (emù,
nandù, struzzi), nei caradridi o nelle jacane.
Nei mammiferi il sistema nuziale prevalente è quello poliginico, con casi di
monogamia obbligata quando le femmine sono disperse in un territorio troppo
ampio da permettere al maschio di assicurare la loro difesa e il loro controllo.
In questo caso può accadere che i maschi contribuiscano alle cure parentali,
come avviene nelle uistitì, in cui i piccoli sono trasportati da entrambi i
genitori, o nell'oreotrago, in cui il maschio interviene per difenderli da
possibili predatori, o nel licaone in cui egli partecipa alla loro nutrizione.
Se le femmine vivono in gruppo i maschi si contendono l'accesso ai loro
favori; il vincitore spesso uccide i piccoli generati dal maschio spodestato.
Secondo che le femmine abbiano abitudini sedentarie o tendano a spostarsi su
ampi territori, i maschi assumono atteggiamenti territoriali o preferiscono
disperdersi seguendo le femmine nel loro peregrinare: in ogni caso l'allevamento
della prole è quasi sempre a carico delle femmine, che con l'allattamento sono
ulteriormente vincolate alla prole.
Ciò succede anche perché nei sistemi a fecondazione interna la paternità non
è mai certa, e per un maschio di mammifero è più conveniente utilizzare tutte le
opportunità sessuali che gli si presentano piuttosto che correre il rischio di
allevare una prole non sua. Questo modello viene osservato in molti primati: la
distribuzione delle risorse condiziona il grado di dispersione delle femmine e
questo determina a sua volta la dislocazione dei maschi.
La monogamia tra i primati si realizza quando le femmine vivono in zone
scarse di cibo, per cui la loro disgregazione facilita la raccolta, rendendole
solitarie (alcuni gibboni, lemuri e scimmie africane e sudamericane).
La cura della prole è prevalentemente a carico delle sole madri, anche se
sono presenti nei maschi atteggiamenti di difesa dei cuccioli: questo
comportamento viene interpretato come una subdola forma di corteggiamento
rivolta alle femmine da parte dei maschi, piuttosto che una loro vera
propensione ad interessarsi dei piccoli.
Ritornando ai nostri antichi antenati, si può supporre che la cura dei
bambini fosse realizzata dalle madri che, vivendo in gruppo, si assicuravano
reciproco aiuto e protezione.
Gli uomini stavano loro appresso, ai margini, nella speranza di un approccio
amoroso, accontentandosi del cibo raccolto dalle donne e occasionalmente
cercando di mettersi in evidenza con l'esibizione di qualche trofeo di caccia,
da svendere sul terreno delle convenienze sessuali.
La vita di coppia era costituita da storie d'amore a termine e da numerose
relazioni adulterine. Le madri si sobbarcavano la cura dei numerosi figli nati
dalle varie relazioni e, se erano particolarmente attraenti, erano oggetto di
continue attenzioni da parte dei maschi.
Gli uomini si trovavano nella insolita necessità di rivolgere il loro
corteggiamento non solo alle madri ma anche ai loro figli, nella consapevolezza
che il giudizio di questi ultimi poteva fortemente influenzare la benevolenza
delle madri verso di loro.
In tal modo i piccoli di ominide riuscivano ad influenzare la scelta delle
madri e a far si che la selezione sessuale potesse operare nel favorire padri
affettuosi ed attenti, pieni di attenzione, propensi a giocare con loro. Così
nell'intreccio che si è avuto tra corteggiamento e cure parentali, si è andata
selezionando col tempo quella figura di padre moderno, con forti legami
affettivi verso i propri figli che ci avvicina, tra i primati, alle minuscole
uistitì, e che non ci fa escludere che in un futuro la selezione possa
ulteriormente spingerlo a prodigarsi nelle cure parentali arrivando, chi sa mai,
anche a poter allattare i propri piccoli!
Sui diversi temi affrontati in questo articolo si può fare riferimento alle
seguenti indicazioni bibliografiche:
- Sulle cure parentali e sui sistemi nuziali esiste un’ampia letteratura.
Nell’ambito dell’ecologia comportamentale un testo di riferimento importante
rimane il libro di J. R. Krebs e N.B. Davies
Ecologia e comportamento animale, Torino, Bollati Boringhieri Editore,
2002, pp. 483
- Ugualmente stimolante è la lettura del testo di John Alcock,
Etologia. Un approccio evolutivo, Bologna, Zanichelli Editore 2001
- Per gli aspetti connessi alle cure parentali nell’uomo una lettura
fondamentale è data dal testo di I. Eibl-Eibesfeldt,
Etologia umana. Le basi biologiche e culturali del comportamento,
Torino, Bollati Boringhieri Editore, 1998 (e 2001), pp. 566
Centro d’Italia (ottobre 2006)
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