Proposta di legge della Aprea

PER LA RIFORMA DELLA SCUOLA
pubblica laica territoriale


PROPOSTA DI LEGGE d’iniziativa del deputato APREA
Norme per l’autogoverno delle istituzioni scolastiche e la libertà di scelta educativa delle famiglie, nonché per la riforma dello stato giuridico dei docenti
Presentata il 12 maggio 2008

1. Una qualunque riforma dell'autogoverno della scuola è impossibile senza una contestuale riforma in senso federalista dello Stato, in quanto i fatti hanno dimostrato che in presenza del centralismo il discorso dell'autonomia scolastica tende a svuotarsi di contenuto. Autogoverno della scuola, nell'ambito di uno Stato federale, significa che la scuola deve raccordarsi organicamente con l'ente locale (lo Stato guida e controlla solo in ultima istanza, non deve gestire direttamente).

2. La scuola verrà finanziata dagli enti locali territoriali e la sua gestione verrà affidata a fondazioni in stile inglese, in cui pubblico e privato interverranno paritariamente per il suo funzionamento. Le fondazioni potranno stipulare convenzioni con enti pubblici e privati, cui si permetterà di entrare nell'organo di governo dell'istituto.

3. La distribuzione delle risorse finanziarie deve basarsi sul numero degli studenti per istituto, tenendo conto del costo medio per alunno, calcolato in relazione al contesto territoriale, alla tipologia dell’istituto, alle caratteristiche qualitative delle proposte formative, all'esigenza di garantire stabilità nel tempo ai servizi formativi offerti, nonché a criteri di equità e di eccellenza. Nella sua introduzione l'Aprea aveva detto che si doveva tenere in particolare considerazione l'effettiva domanda o libertà di scelta da parte delle famiglie (principio di sussidiarietà nei confronti di quest'ultime): dalla scuola di massa gestita in toto dallo Stato, si vuole passare a una scuola di qualità, in cui le famiglie diventano soggetti decisionali, insieme ad altre risorse specifiche del territorio locale.

4. Il dirigente di istituto viene messo in grado di assumere e licenziare chi vuole (coadiuvato da un organo di valutazione professionale): una scuola di qualità non può avere una docenza equivalente a un ruolo impiegatizio e, avendo un compito educativo-formativo, questo va tenuto sotto controllo direttamente dal dirigente, il quale deve avere più funzioni didattico-educative che amministrative. Ovviamente ai docenti spetta una maggiore autonomia contrattuale nonché una specifica rappresentanza sindacale regionale (indipendente dai sindacati attuali?), anche perché avranno possibilità di carriera (docente iniziale, ordinario, esperto, vice-dirigente), esattamente come un professionista privato, che per farsi valere dovrà essere iscritto non tanto a un sindacato quanto a una libera associazione professionale. L'organo principale della scuola è il dirigente e il suo consiglio di amministrazione, che diventa più importante del collegio docenti. Gli studenti e i genitori controllano l'operato della scuola. Il docente "funziona" se è in grado di far raggiungere ai propri allievi determinati standard di qualità.

5. Docenti esperti possono far parte, insieme a due figure esterne, di quel comitato di valutazione che dovrà verificare l'efficienza di un istituto, sulla base di standard valutativi debitamente prefissati. Il dirigente, tre docenti esperti, interni all'istituto, e una figura esterna dovranno valutare l'efficacia didattica del docente (la commissione si rinnova ogni quinquennio). Per passare da docente iniziale a docente ordinario bisogna farsi vagliare da tale commissione. Invece per passare da docente ordinario a esperto bisogna fare un nuovo concorso a livello di reti di scuole. I contingenti massimi di docenti ordinari ed esperti vengono decisi dal Ministero, secondo criteri eminentemente finanziari. Anche per diventare vice-dirigente occorre il concorso riservato ai docenti esperti. Il vicedirigente può essere esonerato dal servizio scolastico.

6. Nulla si dice di che fine faranno i docenti attualmente in ruolo. Cioè non si capisce se questa proposta ha valore retroattivo oppure no. Si conferma soltanto che per l'assunzione occorre la SSIS, il tirocinio, l'iscrizione a un albo regionale, l'anno di prova, poi vi saranno, per l'assunzione, i concorsi banditi dalle stesse istituzioni scolastiche statali, con cadenza almeno triennale. Viene assicurata la progressione economica automatica per anzianità e il fatto che le valutazioni periodiche dell'attività del docente costituiscono credito professionale utilizzabile ai fini della progressione di carriera, riportato nel suo portfolio personale. E' soppressa la rappresentanza sindacale unitaria dell'istituzione scolastica.

Contraddizioni e problemi

1. Si vuole riconoscere al docente una funzione significativa per la formazione e poi nella gestione della scuola lo si equipara allo studente, alle famiglie, a una qualunque realtà esterna al mondo della scuola: il vero e unico soggetto a essere posto sotto controllo è il docente, che rischia d'essere continuamente ricattato da volontà estranee ai processi formativi veri e propri (p.es. potrebbe porsi un insanabile conflitto tra valenza "educativa", pretesa da famiglie di orientamento cattolico, e valenza "formativa" dell'insegnamento, che prescinde dalle appartenenze ideologiche). Un docente rischia d'essere valutato più per il proprio schieramento che per la propria professionalità. Non si può riconoscere a genitori e studenti un ruolo educativo o formativo quando ne sarebbero enormemente ostacolati da conflitti di interesse, da coinvolgimenti emotivi, da incompetenza oggettiva. Invece di esaltare la funzione docente l'Aprea la sminuisce temendo che le maggiori resistenze alla sua proposta di legge verranno proprio dal corpo docente. Va detto tuttavia che viene esplicitamente riconosciuta la libertà di insegnamento e di scelta dei contenuti e delle metodologie didattici, nel rispetto degli obiettivi generali del processo formativo (per la cui formulazione però il ruolo del docente è minimale, in quanto, in ultima istanza, è il consiglio di amministrazione che decide tutto).

2. Quando si contrappone una determinata categoria sociologica, che si vuole ipostatizzata positivamente: la famiglia, a un'altra, ipostatizzata negativamente: i docenti. è difficile pensare che dietro non vi siano motivazioni di tipo ideologico, anche perché, non essendo nati ieri e vivendo in un paese dalle caratteristiche storiche ben note, ogniqualvolta si sente qualcuno mettere le mani avanti incensando anzitutto e soprattutto i processi educativi delle famiglie, subito si subodora qualcosa a favore delle scuole private cattoliche. Purtroppo esistono ancora movimenti di tipo ecclesiale fermi nella convinzione che la crisi di identità che attanaglia la scuola, non riguardi con analoga drammaticità anche le famiglie, meno che mai quelle "culturalmente orientate".
Tuttavia chi lavora, anche solo da pochi anni, in ambito scolastico, non può non essersi accorto che le famiglie dei nostri ragazzi spesso vivono situazioni tutt'altro che favorevoli ai processi educativi, non solo perché sempre più spesso abbiamo a che fare con genitori separati o con famiglie (straniere) non ancora ricongiunte, ma anche perché la famiglia in senso lato subisce ormai rassegnata tutto il peso dei valori consumistici della nostra società, per non parlare di quelle che per poter vivere uno stile di vita un minimo decente sono obbligate a lavorare così tanto che i figli vengono praticamente abbandonati ai nonni o alla strada o al destino... A tutto meno che alla scuola, poiché questa, quando comincia a pretendere, a parlare di impegno, di merito, di selezione, ecco che scatta, nella testolina dei genitori, la molla della difesa ad oltranza degli interessi dei propri figli, che, guarda caso, non coincidono mai con quelli dei docenti.
I genitori vogliono promozioni facili e in questo han trovato un alleato molto disponibile da parte del Ministero, il quale, non meno delle famiglie, nelle occasioni solenni in cui si testano le competenze dei nostri allievi, non trova di meglio che scaricare sulle spalle dei soli docenti i risultati statistici deludenti, che ci mettono alla berlina a livello europeo. Mi spiace, ma in tal senso fa un po' ridere pensare che genitori assenti, stressati, con poca istruzione, impossibilitati a coltivare interessi culturali nel tempo libero possano anteporre proprie esigenze "educative" a quelle "formative" tipiche dei docenti.

3. Paradossalmente anzi il modello della scuola pubblica diventa proprio quello della scuola privata cattolica. Lo si nota anche là dove si parla di trasformazione degli istituti in "fondazioni". Se tutte le scuole possono essere "fondazioni" tende a scomparire la differenza tra scuola pubblica e privata: tutte diventano pubbliche, in quanto gestite da organi locali di vario tipo. Quindi in sostanza il finanziamento statale passa anche attraverso il tipo di raccordo che ogni scuola riesce a realizzare a livello locale con questa o quella realtà. Quanto più estesi o significativi saranno questi raccordi, tanto maggiori saranno i finanziamenti statali. Come questa procedura possa sottrarsi a logiche che con la vera formazione nulla hanno a che fare, è difficile dirlo. Inevitabilmente risulteranno favorite le scuole di città rispetto a quelle rurali o montane; le scuole delle grandi metropoli rispetto a quelle delle località minori; le scuole del nord rispetto a quelle del sud; le scuole i cui dirigenti sono già ammanicati con le figure autorevoli del territorio locale, ecc.

4. Nulla si dice sul reclutamento del personale dirigente della scuola e sulle modalità di controllo della sua attività. Non ha alcun senso sottoporre a un controllo di qualità l'operato dei docenti quando gli stessi dirigenti sono stati assunti secondo criteri che non ne premiavano la professionalità. Inoltre in una scuola territoriale non ha alcun senso che la gestione della scuola sia di tipo "verticistico" e non "collegiale". Il dirigente appare come un organo monocratico insindacabile, che si serve dei dieci eletti del consiglio di amministrazione (più quelli del raccordo territoriale) come di un proprio strumento esecutivo, in cui il ruolo della docenza è pari a quello degli studenti (quest'ultimi non possono votare solo perché minorenni!).

5. Molto controversa la questione della rappresentanza sindacale dei docenti. Infatti se da un lato è giusto riconoscere alla docenza una funzione specifica, che non può certo essere paragonata a quella amministrativa, dall'altro può risultare foriera di conseguenze politicamente rilevanti per l'unità nazionale il fatto che la contrattazione avvenga su base regionale.


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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Formazione
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Aggiornamento: 10/02/2019