SOSTITUZIONE DEL CONCETTO DI “CLASSE” COL CONCETTO DI “LIVELLO”

PER LA RIFORMA DELLA SCUOLA
pubblica laica territoriale


SOSTITUZIONE DEL CONCETTO DI “CLASSE” COL CONCETTO DI “LIVELLO”
IPOTESI DI SCHEMA GENERALE PER UNA RIFORMA DELL'APPRENDIMENTO

PARTE I

Analisi complessiva del problema

Oggi un docente suddivide i propri studenti in fasce di livello anche quando non gli viene espressamente richiesto dall'Istituto: lo fa come forma interpretativa del rendimento generale della propria classe. In genere i nomi che vengono dati a questi livelli sono i seguenti: recupero, consolidamento, potenziamento.

Ora, per quale ragione tale suddivisione non ha mai una ricaduta significativa sull'organizzazione della didattica di tutto il consiglio di classe? La risposta è semplice e ogni docente la conosce: quando in una classe si trovano studenti di livelli molto distanti tra loro, qualunque lavoro didattico è destinato a fagocitare le capacità dei migliori.

A questo limite strutturale del concetto di "classe", che oggi è un concentrato indifferenziato di livelli diversissimi (a causa di due fattori fondamentali: l’equazione scuola dell’obbligo = tutti promossi e l’inserimento indiscriminato degli stranieri nelle classi relative alla loro età, senza una preliminare preparazione linguistica), s'è pensato che avrebbe potuto porre rimedio il tempo prolungato o, in altre parole, l'attività laboratoriale, possibile in virtù del fatto che la classe, divisa a metà, può utilizzare due docenti in contemporanea.

Tuttavia, se a un docente si chiede di realizzare un progetto con la propria metà di studenti, mettendo un voto finale nella scheda quadrimestrale di valutazione, i due gruppi dovranno per forza essere misti, poiché a nessuno piace lavorare soltanto con gli elementi più scarsi e demotivati. E i progetti si devono fare, altrimenti non avrebbe senso fare il tempo prolungato, né sarebbe possibile una didattica curricolare normale nel pomeriggio: gli alunni della scuola dell'obbligo non la reggerebbero.

Prima conclusione. Gli studenti fanno molte attività extracurricolari, tutte utili, ma gli elementi più scarsi non riescono a recuperare le abilità necessarie per frequentare con successo le scuole superiori più significative, e gli elementi migliori non riescono a potenziare le proprie conoscenze e abilità, in modo da poter frequentare un liceo senza troppe difficoltà.

Tutti, nella scuola dell'obbligo, sanno usare il computer, coltivare un orto, cucinare pizze e dolciumi e produrre l'oggettistica più disparata, ma resta il fatto che da vent'anni la scuola ha smesso di essere un luogo dell'apprendimento (sempre più approfondito) di quelle nozioni che poi permettono di muoversi agevolmente ai livelli superiori dello studio. Semplicemente la scuola è diventata un luogo in cui s'imparano cose che potrebbero tranquillamente essere apprese dopo un percorso regolare di studi o che, nel migliore dei casi, potrebbero riguardare le fasce di livello più scarse e demotivate, sempre che vi fosse da parte della docenza l'avvertenza di precisare che tutta questa attività non può mai essere sufficiente per accedere ai livelli superiori degli studi.

Si è voluta (e in questo il Ministero è direttamente responsabile) una scuola dell'obbligo in cui tutti fossero promossi, in cui risultasse una formale alfabetizzazione sul piano statistico, e, per realizzare ciò, si è stati costretti a mettere in cantiere delle attività in cui è praticamente impossibile avere un profitto negativo. Anzi spesso proprio in virtù di queste attività si è finiti col promuovere anche quegli elementi che non avevano raggiunto la sufficienza nelle discipline più caratterizzanti un percorso formativo. Questo trend purtroppo ha condizionato pesantemente anche gli istituti professionali, ove accedono gli elementi più scarsi o demotivati delle scuole medie, e sta inevitabilmente abbassando il livello delle performances didattiche degli insegnanti negli istituti tecnici e nei licei.

La scuola dell'obbligo ha smesso d'essere il luogo dell'apprendimento della lettura, della scrittura, dell'arte del ragionamento e del saper esporre le proprie idee e motivazioni, non è più il luogo in cui si apprendono le cognizioni scientifiche di un qualunque argomento, ma una sorta di "centro sociale", in cui si valorizzano abilità prevalentemente manuali, in cui si cerca di giustificare, con le motivazioni più varie (la prima delle quali è quella della "famiglia disastrata"), il disimpegno relativo a quelle che una volta venivano considerate le conoscenze e abilità fondamentali per poter riuscire nella vita.

Ora, come rimediare a questo stato di cose, che ha portato la scuola, progressivamente, a configurarsi come una sorta di parcheggio? Forse è possibile trovare una soluzione proprio puntando sulle fasce di livello, dando cioè a queste fasce la giusta importanza nell'attività didattica di ogni singolo docente.

Quando un docente divide la propria classe in livelli, lo fa ovviamente pensando non al comportamento dei propri alunni, ma al loro rendimento. Egli sa fin dove un certo alunno si sta impegnando e cosa avrebbe bisogno per migliorare se stesso. Lo sa per esperienza, ma se gli si chiedesse di dimostrarlo oggettivamente, potrebbe avere delle difficoltà: infatti l'unica prova che potrebbe esibire sono i classici elaborati scritti (in genere tre a quadrimestre). Certo, anche l'interrogazione comporta un voto finale, ma qualunque verifica orale resta sempre qualcosa di soggettivo, di suscettibile di opposte interpretazioni.

P.es. un docente d'italiano, non avendo come preoccupazione quella di lavorare prevalentemente sui livelli, per la semplice ragione che in una classe composta di elementi dal rendimento diversissimo è praticamente impossibile farlo, non ha la predisposizione a misurare oggettivamente il livello di ogni suo alunno. Si affida appunto all'esperienza pregressa, che è basata anche di buon senso e di intuito personale.

Le prove che somministra spesso non sono tarate sui diversi livelli di preparazione, di apprendimento che ha di fronte: sono prove che possono andar bene per tutti, secondo una media standard, con cui si cerca di trovare una via di mezzo tra i due estremi della facilità e della complessità. Il voto finale cercherà di non essere punitivo nei confronti di chi non supera la prova secondo la media prevista (cosa molto facile fino alla riforma Gelmini, in quanto l'unico voto negativo, nella scuola dell'obbligo, è stato per molto tempo il "non sufficiente").

Non avendo assolutamente il tempo di preparare ogni volta tre prove diversificate a seconda dei livelli, il docente inevitabilmente pensa a una verifica che possa andar bene alla fascia di mezzo. Al massimo prepara una diversa prova per lo studente straniero di prima alfabetizzazione.

In questa maniera se la didattica può anche risultare di stimolo per gli alunni più scarsi, risulta inincidente per quelli più capaci. Alle medie, p.es., i più capaci tendono a lavorare poco perché, mettendo a confronto le loro conoscenze con quelle dei compagni più scarsi, hanno l'impressione di poter vivere di rendita, sfruttando le conoscenze già acquisite alle elementari.

Perché dunque suddividere la classe in fasce di livello quando poi questo non ha alcun effetto né sul mutamento della didattica, né sulla qualità dell'apprendimento? Se davvero si volesse dar peso ai livelli, il docente dovrebbe somministrare le prove non solo dopo l'iscrizione a una determinata classe, ma anche prima, proprio per verificare preventivamente se l'alunno è idoneo a essere iscritto a quella classe.

Se le prove oggettive fossero fatte prima, noi avremmo classi per livelli omogenei, dove il lavoro didattico potrebbe finalmente essere calibrato su capacità più o meno equivalenti. Ma per farle prima occorrerebbero delle prove rigorosamente strutturate, adatte proprio per saggiare il livello di conoscenze, di abilità, di competenze generali.

Superata la prova lo studente si troverà in una classe di compagni al suo stesso livello, o comunque a un livello che rispecchia una media abbastanza equivalente, dove il range (dal più alto al più basso) sarà alquanto ridotto. La didattica potrà finalmente essere calibrata su un livello medio abbastanza preciso.

E' possibile fare questo? Sì, è possibile, ma rispettando due precise condizioni:

  1. siccome non si possono creare classi-ghetto, occorre dare ad ogni alunno, in determinati momenti (p.es. ogni anno) la possibilità di passare a un livello superiore (se un corso fosse impostato su quattro mesi, si potrebbe somministrare la prova oggettiva alla fine del quadrimestre);

  2. i libri di testo vanno completamente ristrutturati per fasce di livello (recupero, consolidamento, potenziamento). Già oggi esistono manuali semplificati per quegli studenti stranieri che sanno a malapena l'italiano. Ebbene, questa procedura potrebbe essere adottata anche per gli studenti italiani di basso livello.

Un altro problema da affrontare riguarda l'assegnazione delle classi di livello ai docenti: quali criteri rispettare? Generalmente infatti un docente non ama insegnare a studenti scarsi e demotivati. Le soluzioni tuttavia possono essere molteplici:

  1. ai docenti più quotati (scelti da un apposito comitato di valutazione) dovrebbero spettare le classi di livello più alto (questo ovviamente presume che il docente accetti periodicamente che in classe la propria attività venga valutata da un esaminatore del comitato suddetto);

  2. un docente, appena entrato in ruolo, può esercitarsi partendo dai livelli più bassi e, col tempo, se dimostra capacità didattiche, può pretendere d'insegnare alle classi di livello superiore;

  3. le classi di livello più alto, essendo più facili da gestire, possono anche avere un numero superiore di studenti rispetto a quello delle classi del livello più basso (p.es. se adesso due classi sono di 23 e 24 alunni, con l’inserimento delle fasce potrebbero diventare, in virtù dell’autonomia scolastica, di 30 e 17);

  4. se i docenti oppongono forti resistenze ai criteri di attribuzione delle classi di livello basati sulle capacità dell’insegnamento, si può pensare a un criterio di rotazione periodica;

  5. in ogni caso non si dovrebbe mai escludere a priori la possibilità che un qualunque docente, “quotato” o no, scelga spontaneamente d’insegnare soltanto nelle fasce di livello più basse;

  6. neppure è da escludere l’idea che docenti multidisciplinari (p.es. italiano storia geografia e matematica e scienze), decidano di distribuirsi le discipline a seconda delle proprie preferenze (p.es. insegnare Storia al livello più alto e Geografia in quello più basso).

L'ultima questione da affrontare riguarda l'handicap, che è ben presente nella scuola dell'obbligo. Ora, è evidente che in una scuola le cui classi sono suddivise per fasce di livello, non ha senso tenere il portatore di grave handicap (down, autistico, cerebroleso ecc.) in classi dove l'apprendimento curricolare è la base di tutto. Per queste categorie di studenti occorrono due cose: aule speciali, debitamente attrezzate, e docenti qualificati, debitamente formati. Oggi non abbiamo né questi né quelle. In ogni scuola esiste al massimo un'aula preposta per l'handicap e i docenti hanno soltanto una preparazione vagamente teorica.

Se questo progetto venisse realizzato noi non avremmo solo la possibilità di assicurare ai capaci e meritevoli la massima formazione possibile, ma anche quella di permettere loro un iter scolastico del tutto personalizzato, nel senso che le eccellenze potrebbero compiere gli studi in un periodo di tempo inferiore a quello previsto.

PARTE II

Definizione dell’organizzazione

Premesso che questa iniziativa ha semplicemente lo scopo di permettere agli alunni con capacità significative di raggiungere dei livelli di preparazione ottimali, in quanto si basa sul presupposto che il rendimento tende ad aumentare là dove sono possibili valutazioni del merito che portino a riconoscimenti tangibili per l’impegno dimostrato, si può pensare a ristrutturare persino la scansione dell’anno scolastico, se la cosa fosse resa possibile da una strumentazione, calibrata in maniera oggettiva, dell’apprendimento (cioè manuali rapportati ai livelli, quindi a difficoltà crescente):

20 settembre – 23 dicembre = 1° trimestre
7 gennaio – 31 marzo = 2° trimestre
1 aprile – 15 giugno = 3° trimestre

Dal 1 settembre al 19 settembre preparazione delle attività e dei test oggettivi per i passaggi da un livello all'altro. La suddetta scansione temporale potrebbe anche rispettare i criteri dei livelli, cioè al 1° trimestre un alunno potrebbe frequentare il livello più basso, a causa di una bassa valutazione nei test di ammissione ai livelli, ma alla fine del trimestre gli si potrebbe offrire la possibilità di passare a un livello superiore, se gli esiti delle prove sono positivi. Se la scansione è troppo stretta o troppo impegnativa si possono lasciare i quadrimestri. Oppure si decide che il passaggio da un livello a un altro possa avvenire solo annualmente: l’importante è capire che la “classe”, come tradizionalmente veniva intesa, cioè come luogo in cui è presente in maniera indiscriminata qualunque tipo di livello, non esiste più. Questo significa che anche le relazioni sociali tra i compagni subiranno un mutamento inevitabile.

Livelli

1° livello = fascia bassa (recupero)
2° livello = fascia media (consolidamento)
3° livello = fascia alta (potenziamento)

Ogni livello è riferito alla singola disciplina, ha una determinata scansione temporale (decisa dal Collegio Docenti), è indipendente dall’età anagrafica dell’alunno e viene registrato nella scheda finale dell’esame di licenza (un livello di competenze per ogni disciplina). L’esame di licenza può anche coincidere con le prove oggettive dell’ultimo trimestre o quadrimestre dell’ultimo anno. Tuttavia sarebbe opportuno garantire agli alunni più motivati che il loro iter formativo può essere del tutto personalizzato, nel senso che se essi dimostrano di avere notevoli capacità di apprendimento, possono iscriversi prima degli altri a un Istituto superiore. Non ha senso che sia l’alunno a dover rispettare la scansione triennale della scuola media, quando con le sue capacità potrebbe farne a meno.

Le prove dell’esame di licenza ovviamente vengono somministrate in rapporto al livello raggiunto al momento dell’esame. E questo dovrà risultare per iscritto al momento del rilascio del certificato delle competenze delle singole discipline, per aiutare gli Istituti superiori a regolarsi di conseguenza.

All’atto di iscrizione presso la scuola media il livello attribuito sarà quello relativo al superamento di test oggettivi preliminari, che servono appunto per decidere il livello di partenza, esattamente come succede nei Centri Territoriali Permanenti per l’alfabetizzazione degli stranieri.

Verifiche

Le capacità vengono misurate sulla base di prove oggettive con quesiti a scelta multipla, fascicolate in un portfolio, che resta a disposizione della scuola, finché non vengono consegnate alla scuola superiore che deciderà di accettare l’iscrizione dell’alunno. Al momento della somministrazione delle prove, il controllo da parte degli insegnanti deve essere molto rigoroso, poiché da esse dipende la valutazione oggettiva per il passaggio al livello superiore.

Alunni e classi

Una classe sarà composta da alunni di livello omogeneo, con questa precisazione: che il numero degli alunni del livello più basso deve necessariamente essere inferiore a quello degli altri livelli (p.es. si può pensare a una scansione del genere: 15, 20, 30 come massimo).

Disabili

Il disabile deve dimostrare di poter frequentare determinati livelli. Se non è in grado di frequentarli, gli verrà allestita una struttura apposita, dove imparerà ad acquisire delle abilità. Se il disabile non ha un handicap tale per cui occorre l’intervento di uno specialista, può acquisire delle abilità con l’aiuto di qualunque docente, che può servirsi dell’aiuto di qualunque studente (cui riconoscerà dei crediti) o di personale non docente, scolastico e non. La gestione dell’handicap viene quindi affidata a progetti laboratoriali specifici, in cui ogni docente deve sentirsi responsabile.

Docenti

In regime di autonomia ogni scuola dovrebbe poter decidere non solo il carico orario di ogni disciplina in rapporto ai singoli livelli, ma anche l’utilizzo del corpo docente in rapporto alle proprie effettive capacità. Cioè mentre la nomina del docente viene effettuata, attualmente, in base a un punteggio ufficiale di graduatoria e per classe di concorso, la singola scuola invece dovrebbe poter gestire in maniera più flessibile il proprio personale, valorizzandolo anche in quelle competenze che, pur essendo documentate, risultano irrilevanti ai fini della nomina (si pensi solo a quante competenze infotelematiche esistono oggi nelle scuole che non vengono utilizzate solo perché esse si sono acquisite in un periodo in cui non esistevano neppure le relative facoltà universitarie).

Nessun docente può avere meno di 18 ore di lezione (al massimo un docente potrebbe chiederne 20). Ogni cattedra dovrebbe prevedere un certo monte ore settimanale, in cui risultano comprese le ore frontali, le ore per l’alfabetizzazione degli stranieri, le ore di mensa, le ore per la correzione delle verifiche, le ore di preparazione della lezione, le ore di aggiornamento, le ore di recupero per gli studenti che lo necessitano, le ore per progetti didattici specifici, extracurricolari e, naturalmente, le ore dei Collegi docenti, dei Consigli di Classe, delle Udienze generali e dei ricevimenti individuali. Si potrebbe pensare a un carico orario complessivo settimanale di circa 35 ore. Ogni ora andrebbe registrata e documentata, in maniera analoga a quello che fa il personale amministrativo che usa il cartellino marcatempo. Educazione fisica dovrebbe essere spostata al pomeriggio, oppure riconvertita in una disciplina che preveda: educazione alla salute, psicomotricità, primo o pronto soccorso, educazione all’igiene e all’alimentazione, medicina di base.

Libri di testo

Il passaggio da un livello all’altro può comportare un problema nella gestione dei libri di testo. La scuola può risolvere il problema in vari modi:

  • abolendo l’obbligatorietà dell’adozione dei libri di testo e quindi avvalendosi di quanto già offre la rete Internet, che oggi ha raggiunto livelli ottimali per una scuola dell’obbligo;

  • utilizzando i testi degli anni precedenti, soprattutto quelli che non richiedono costanti aggiornamenti, ovviamente previa ristrutturazione dei loro contenuti sulla base del livello di appartenenza dei propri alunni;

  • cedendo agli alunni in comodato d’uso i libri che la scuola stessa ha acquistato e di cui resta la titolare, con l’obbligo di restituzione da parte dell’alunno, una volta terminato il periodo del suo livello;

  • utilizzando cd o dvd di tipo didattico;

  • stampando libri di testo in tipografia, ad uso interno, non commerciale;

  • producendo fotocopie, nel rispetto delle norme vigenti se l’originale è un libro in commercio;

  • facendo convenzioni specifiche con le case editrici, che devono adattarsi a produrre testi sulla base dei livelli, col concorso dell’insegnante che andrà a utilizzarli (cosa facilmente realizzabile attraverso il web).

I problemi che possono emergere da un’organizzazione del genere vanno messi in relazione con quelli che dipendono dall’attuale impostazione dell’apprendimento basato sulle classi. Cioè non possono essere visti come un impedimento assoluto al mutamento dell’attuale sistema organizzativo, solo perché appunto nel risolvere determinati problemi quello nuovo finisce col crearne altri. Non esiste alcun sistema formativo che possa essere definito “perfetto”. Si sceglie di mutare sistema soltanto quando ci si rende conto che quello attuale ha fatto il suo tempo, proprio per l’evoluzione della società civile nel suo complesso.

I problemi principali da affrontare sono dunque i seguenti:

  1. abituarsi a dare valutazioni oggettive, in virtù delle quali sia possibile stabilire, con un buon margine di sicurezza, quando un alunno è in grado di passare a un apprendimento di livello superiore, evitando quindi di trovare il valore medio tra livelli molto diversi, che inevitabilmente finisce col penalizzare gli elementi più dotati;

  2. abituarsi a produrre materiali didattici adeguati al livello di apprendimento dei propri alunni, evitando di usare forme di strumentazione indiscriminata, utile ad ogni livello, salvo poi dare una valutazione diversa degli apprendimenti;

  3. far capire all’alunno che i problemi dell’apprendimento non sono meno importanti di quelli della socializzazione (là dove esistono i “livelli” in luogo della tradizionale “classe”, le relazioni sociali possono subire una diversa configurazione);

  4. un docente deve inoltre imparare ad autovalutarsi e ad accettare d’essere valutato dai colleghi, per trovare il percorso più idoneo alle sue capacità d’insegnamento.


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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Formazione
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Aggiornamento: 10/02/2019