DUE STRADE PER LA RIFORMA DELLA SCUOLA

PER LA RIFORMA DELLA SCUOLA
pubblica laica territoriale


DUE STRADE PER LA RIFORMA DELLA SCUOLA. UNA POSSIBILE SINTESI

Sono due strade non antitetiche, ma possibili, che possono diventare equivalenti e che forse potrebbero anche essere complementari: tutto dipende da quanto è grande la volontà dei cittadini di vivere la democrazia.

STRADA "A"

Posta la riforma federale dello Stato e una maggiore equità fiscale, si procede, a livello locale, a un censimento delle scuole di tendenza, già presenti, e di quelle che si vorrebbero realizzare.

Soggetti istitutori di tali scuole sono le cooperative di insegnanti, genitori ed esperti del settore scolastico.

Si preleva dalle tasse di tutti i cittadini una quota (decisa a livello locale) per finanziare le tante scuole di tendenza. Ovviamente ogni cittadino dichiarerà, all'atto della denuncia dei redditi, a quale tipo di scuola vuole sia destinata la propria quota.

Sul piano dei contenuti ogni scuola si regola come meglio crede. Ovviamente la possibilità di assegnare un valore legale ai titoli di studio è subordinata all'accettazione di standard comuni di qualità e di conoscenze del servizio formativo offerto.

L'assunzione del personale può essere vincolata all'appartenenza culturale.

E' compito delle scuole trovare un'intesa sulla quota finanziaria da destinare al riequilibrio territoriale.

STRADA "B"

Posta la riforma federale dello Stato e una maggiore equità fiscale, si procede, a livello locale, a realizzare una scuola pubblica, autonoma (nel senso che è dotata di personalità giuridica), culturalmente pluralista, finanziata con le tasse di tutti i cittadini.

Le tasse devono coprire tutte le spese di ogni singolo Istituto, inclusi gli stipendi del proprio personale.

I finanziamenti verranno dati in proporzione al numero degli iscritti di ogni singolo Istituto, nonché sulla base dei progetti che l'Istituto ha intenzione di realizzare.

Tale scuola garantirà che al suo interno venga considerata e rispettata ogni cultura, in modo particolare quelle in cui si riconoscono le esperienze locali.

Si attribuisce un valore legale al titolo di studio.

L'assunzione del personale è subordinata a parametri di qualità professionale, oggettivamente documentabili.

E' fatto obbligo di accantonare una parte delle tasse scolastiche per riequilibrare disparità territoriali (intercomunali, interprovinciali e interregionali).

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Da tempo vado sostenendo che “scuola statale” non vuol dire “scuola pubblica”, ma l’altra faccia del “privato”. E’ il privato borghese istituzionalizzato, che vuole imporsi sull’intera società civile.

I cattolici che gestiscono delle scuole private, quando sentono qualcuno che critica la scuola statale, pensano ch’egli stia dalla loro parte, perché anche loro dicono di volere un “privato sociale”, cioè un bene pubblico, non statale.

In realtà se c’è qualcosa che una coscienza laica non può sopportare è proprio il “privato ideologico” che pretende di avere una rilevanza pubblica per tutta la collettività o che pretende di farsi valere come servizio sociale per chiunque e che quindi esige sovvenzioni statali o regionali o agevolazioni fiscali, come fosse un servizio che tutti sono tenuti a pagare.

Non è possibile considerare “sociale” un luogo dove viene trasmessa, all’interno di qualsivoglia disciplina scolastica o al di sopra di esse, un’unica concezione della vita, un’unica interpretazione dei fatti e delle idee.

Questa scuola “privata” confessionale è il rovescio di quella “istituzionale” dello Stato, ove appunto una determinata ideologia, quella “borghese”, che formalmente si dice “laica” (ma che lo è solo in senso “agnostico”, nel migliore dei casi), viene trasmessa attraverso i programmi ministeriali e i libri di testo.

La scuola statale è un privato ideologico istituzionalizzato, che solo in apparenza è contrario al privato cattolico, ma che in realtà lo sostiene, in quanto la borghesia, non essendo una classe davvero “democratica” o “popolare”, non può essere laica sino in fondo.

L’alternativa alla scuola statale e alla scuola privata è la vera “scuola pubblica”, quella territoriale, gestita dagli Enti locali, o comunque, se anche organizzata in forma cooperativistica, quella finanziata con le tasse di tutti i cittadini locali (non solo con le tasse dei genitori che vi mandano i loro figli) e che tutti i cittadini possono e devono tenere sotto controllo.

Una scuola privata confessionale (o comunque di orientamento ideologico) non può chiedere di essere finanziata, in maniera diretta (con sovvenzioni) o indiretta (con agevolazioni fiscali), anche con le tasse di quei cittadini atei o agnostici o di altre religioni o di altro orientamento ideologico.

Una scuola privata può chiedere sovvenzioni o agevolazioni solo se permette la totale libertà di insegnamento.

Non si può sostenere che tali finanziamenti, ancorché non legittimi, sono comunque convenienti, in quanto la gestione privata della formazione resta un onere in meno per lo Stato. Anche perché, a parte il fatto che gli insegnanti delle scuole private vengono pagati meno di quelli statali, non si può derogare a principi ideali fondamentali, tutelati nella Costituzione, per motivi d’interesse economico. Peraltro tali scuole non sono affatto tenute sotto controllo dallo Stato, per cui è impossibile sapere se la formazione che vi si impartisce rispetti gli standard nazionali.

Quindi le scuole private confessionali dovrebbero autofinanziarsi in toto e la scuola statale andrebbe abolita.


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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Formazione
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Aggiornamento: 10/02/2019