L'EPOPEA DI GILGAMESH
Dalla civiltà sumerica a quella babilonese


autore del poema

Gli scribi assiri nel loro lavoro di ricopiatura furono molto zelanti. Infatti ogni biblioteca aveva i suoi cataloghi dove erano elencate tutte le opere presenti negli scaffali e il rispettivo numero di copie. Bisogna precisare che all'epoca non c'era il costume di dare un titolo alle opere. Ciò che veniva riportato nei cataloghi, ad indicazione di un'opera presente, era semplicemente la prima riga della composizione.

Ipotizziamo per un momento di poter consultare una biblioteca del primo millennio a.C. e di saper leggere l'accadico. Se questa biblioteca conserva qualche copia del Gilgamesh non dobbiamo cercarla sul catalogo come "Epopea di Gilgamesh" bensì come

"Di colui che vide ogni cosa"

che è appunto il primo verso della versione canonica. Supponiamo ora di entrare in una biblioteca del secondo millennio a.C. Il Gilgamesh andrà stavolta cercato sotto la voce

"Egli è superiore agli altri re"

che è il primo verso del poema paleobabilonese.

La cosa strabiliante è che, a differenza di molte opere dell'antichità, grazie ai cataloghi ritrovati nella biblioteca di Assurbanipal possiamo conoscere anche il nome dell'autore dell'epopea classica.

"Di colui che vide ogni cosa" è da attribuirsi a Sin-leqi-unnini, il prete esorcista

Il nome gotico di questo fantomatico autore significa "O Sin (=dio luna) accogli la mia supplica". Dato che la redazione ninivita è copia di una compilazione di epoca babilonese, Sinleqiunnini, ammesso che sia esistito, doveva essere uno scriba di Babilonia. Purtroppo siamo sicuri dell'esistenza di Sinleqiunnini così come siamo sicuri di quella di Omero.

Infatti da una delle tanti liste reali pervenuteci leggiamo

Durante il regno di Enmerkar era consigliere Nungalpiriggal
Durante il regno di Gilgamesh era consigliere Sinleqiunnini
(citato in Dag 1997 p. 77)

Quindi la tradizione attribuisce il resoconto delle avventure di Gilgamesh allo stesso consigliere del re di Uruk! che sarebbe vissuto attorno al 2700 a.C., millenni prima di Babilonia. L'autorità di Sinleqiunnini come nume tutelare degli scribi era comunque indiscutibile al punto che spesso gli scribi si dichiaravano suoi discendenti firmando i documenti.

Oltre ai cataloghi gli scribi avevano l'abitudine di porre delle annotazioni in fondo alle tavolette. Tali annotazioni, chiamate colofoni riportavano:

  •  il titolo (ossia la prima riga)
  •  il numero d'ordine della tavola (per lunghe composizioni che occupavano più di una tavola)
  •  il nome dello scriba ricopiatore (più eventuale riferimento all'antenato Sinleqiunnini)
  •  l'indicazione se l'opera era copiata da un originale più antico
  •  l'indicazione della serie (es. Serie di Gilgamesh)
  •  (solo nei colofoni ittiti) l'indicazione di ultima tavola. Ovvero "serie non finita" per una tavola non conclusiva dell'opera e "serie finita" per l'ultima tavola.

Grazie quindi allo zelo dei bibliotecari babilonesi i primi scopritori e traduttori moderni della saga poterono stabilire il titolo originale ("Di colui che vide ogni cosa"), il numero di tavole che ne facevano parte (12) e quindi la lunghezza approssimativa dell'opera (ca. 3000 versi).

>>> Altre notizie sulla struttura dell'opera


Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia - Storia antica
 - Stampa pagina
Aggiornamento: 01/05/2015