LA GRECIA TRA ORIENTE E OCCIDENTE
Storia ed evoluzione della Grecia classica


GRECIA E VICINO ORIENTE: DUE MONDI DIVERSI

I - II

Grecia, Delfi

La domanda cui si deve rispondere è: perché la Grecia (a partire dall’Età del Ferro, 1200 a.C. circa) inizia un percorso che la porterà a divergere radicalmente dagli altri Stati orientali, ovvero del cosiddetto Vicino Oriente?

1) La società greca subito dopo l'arrivo dei Dori e la fine della civiltà micenea (Primo medioevo ellenico)

La distruzione da parte degli invasori detti Dori delle antiche società micenee (organizzate in modo simile alle altre società vicino orientali: basate cioè su una regalità forte, che domina e tende a dirigere la vita del popolo, sulla base di una gerarchia sociale chiusa e da essa dipendente) porta a un nuovo tipo di società: in essa gli invasori si spartiscono le terre assoggettando i precedenti abitatori.

La ripartizione delle terre fu forse inizialmente abbastanza egualitaria. Si creò così una società basata su isole produttive ed economiche agricole in gran parte indipendenti e autonome tra loro (ovviamente a tale indipendenza sul piano economico, non corrispondeva un eguale isolamento a livello culturale, in quanto tali genti erano legate tra loro da vincoli linguistici, etnici, religiosi, ecc.). Si creò cioè una società che per molti aspetti possiamo definire “feudale”, nella quale tuttavia non vi erano poteri politici ed economici tanto grandi da sovrastare e condizionare gli altri membri della società: una società di eguali quindi, almeno tendenzialmente.

2) La società greca del Tardo medioevo ellenico (IX secolo)

In un secondo tempo, gradualmente, alcuni soggetti finirono per estendere le loro proprietà a scapito di altri. Nacque così un’aristocrazia agricola e militare, una cerchia ristretta di individui che detenevano il potere economico e politico in seno alla società. Assieme a essa, si formarono altre due classi (se si escludono gli schiavi): la classe media (i piccoli proprietari autonomi rispetto al potere aristocratico) e i poveri (asserviti alla classe nobiliare, in quanto privi di terre sufficienti a sfamarsi e perciò costretti a rivolgersi alla munificenza dei suoi membri).

Si formò cioè una società feudale o medievale tipica: divisa tra ricchi proprietari, medi proprietari e individui poveri asserviti ai più ricchi (i quali, nel medioevo cristiano, sarebbero stati servi della gleba). A essi aggiungiamo poi gli schiavi, proprietà personali di coloro che se li potevano permettere.

3) In cosa la Grecia di questo periodo si differenzia del Vicino Oriente

A ben vedere tuttavia, anche nel Vicino Oriente vi furono luoghi e periodi nei quali la società era divisa in unità minori, priva cioè di un potere sommo quale quello del re di stampo asiatico nonché degli apparati burocratico-militari che ne dipendevano. In tali situazioni, il re non era il padrone assoluto dello Stato bensì in sostanza un primus inter pares rispetto ai membri della nobiltà (come, appunto, i re del medioevo ellenico in Grecia).

Due esempi: gli Hittiti, appena insediatisi in Anatolia (XVIII/XVII sec.?), si spartirono le terre tra i membri della nobiltà conquistatrice: la società si divise allora in centri locali sostanzialmente autonomi, complessivamente “governati” da un re debole, nobile tra i nobili! Solo col tempo il re hittita divenne dominatore assoluto del popolo e asservì a sé la nobiltà, allineandosi così allo stile di governo egiziano e mesopotamico.

Un altro esempio: anche nel Vicino Oriente, quando vi fu il tracollo della civiltà micenea, verso il 1200 a.C., molte monarchie assolute (tra cui quella Hittita) vennero spazzate via dai popoli invasori, i cosiddetti “popoli del Mare”. E anche lì, come in Grecia, la società che sorse dopo tali sconvolgimenti fu una società feudale, le cui terre furono presumibilmente divise in gran parte tra i membri della nuova classe dei conquistatori.

Eppure, nonostante tutte queste eccezioni, si può dire che in Oriente l’antica predisposizione verso la gerarchia e il potere assoluto, verso una società ordinata, dipendente da un potere considerato divino (quello del re) tende sempre a riaffermarsi.

Ad esempio, dopo un primo periodo di estremo disordine e latenza di vere e proprie istituzioni statali (periodo durato alcuni secoli, più meno come in Grecia), in Anatolia si formarono di nuovo dei grandi organismi politici, ovvero dei nuovi imperi. Tra essi, l’impero Lidio è senza dubbio il più importante!

Per ciò che concerne l’Egitto e, in misura attenuata, la Mesopotamia, la tradizione statalista e dispotica non venne praticamente mai a interrompersi. Lo Stato in quelle regioni nacque assoluto e tale restò, pur con alti e bassi inevitabili, per tutto il tempo (anche e oltre la conquista romana).

4) La peculiarità greca

La stranezza del caso greco consiste, rispetto al Vicino Oriente, non tanto nel fatto di aver conosciuto un periodo “feudale”, di disintegrazione dei precedenti poteri statali asiatici, bensì nel fatto di essere uscita da tale situazione in un modo anomalo: cioè sviluppando una classe media indipendente dai poteri nobiliari, la quale avrebbe finito per costituire il nerbo stesso dello Stato sorto dalla fine di tale medioevo: la città-stato arcaica e poi classica.

Mentre insomma, nel Vicino Oriente, laddove si instaurò un regime feudale, esso venne infine superato con la formazione di Stati tipicamente dispotici e asiatici, in Grecia tale assetto venne superato con la formazione di Stati in cui la base del potere politico si ampliò ulteriormente verso il basso: verso le classi medie e benestanti, alle volte giungendo addirittura a comprendere tutto il popolo (democrazie).
Bisogna però stare attenti alle parole! Non dico che la stranezza della Grecia sia stata la nascita di una classe media, ma di una classe media indipendente dall’aristocrazia.

Perché sottolineo il termine “indipendente”? Semplicemente perché credo che i fattori che portarono alla formazione di una classe media in Grecia fossero presenti anche nelle civiltà vicino orientali, e che assieme a essi dovesse quindi presumibilmente essere presente anche una classe media.

Quali furono tali fattori? Innanzitutto, ovunque vi erano piccole proprietà terriere e ovunque non tutti i piccoli e medi proprietari andavano col tempo in rovina, né erano quindi costretti a dipendere dalla munificenza dei grandi proprietari: ovunque esisteva cioè una classe caratterizzata da un livello di ricchezza dignitoso, anche se non paragonabile a quello della nobiltà vera e propria, da quest’ultima economicamente indipendente. In secondo luogo, esistevano anche in Oriente (ed anzi da prima e forse ancor più che in Grecia) quegli stimoli al commercio che portavano molti cittadini comuni (non nobili) a implementare la propria ricchezza privata, avvicinandosi così al tenore di vita della nobiltà.

La differenza tra Grecia e Vicino Oriente non può allora essere innanzitutto economica. È vero che la classe media greca, in conseguenza dell’emancipazione politica raggiunta rispetto alla classe aristocratica, ebbe più facilità ad arricchirsi e a costituire così un potere economico (oltre che politico) in grado di logorare pesantemente il predominio nobiliare. Tutto ciò però non toglie il fatto che la differenza tra Vicino Oriente e Grecia consista prima di tutto nella capacità di affermazione politica [oltre che militare, con gli eserciti oplitici] della classe media greca, capacità assente (almeno nello stesso grado) in quelle non greche.

5) Due culture politiche differenti

Appurato che la radice della differenza tra queste “due strade” (quella asiatica, assolutistica e statalista da una parte, e quella greca, basata sull’affermazione, accanto alla nobiltà, di una classe media capace di essere forza motrice della vita dello Stato o polis, dall’altra), non è di natura economica, non ci resta che cercare una tale radice o causa prima in fattori di carattere culturale e politico.

Io credo in effetti che, contrariamente a una visione classica di tipo marxista, si debba qui vedere la società come base della struttura economica e non viceversa! Fu infatti l’inclinazione politica della società orientale a costituirsi in organizzazioni gerarchiche chiuse a fare in modo che le classi imprenditoriali medie, pur presenti, restassero imprigionate nella dipendenza dalle classi superiori, e che le classi nobiliari restassero a loro volta (salvo particolari periodi di ribellione e di sconvolgimenti politici) dipendenti dall’autorità del sovrano.

In Grecia al contrario, e specie nella Grecia post-micenea, in cui l’autorità regia e le gerarchie statali avevano perso tutto il loro precedente peso, l’emergere di una classe media economicamente autonoma diede l’avvio a un processo di affrancamento politico sconosciuto fino ad allora alla storia umana (anche a quella micenea). Un tale affrancamento politico poi, favorì a sua volta un processo di affermazione economica che culminò nella formazione di una classe imprenditoriale e capitalistica-borghese (erede di tali classi medie) che quasi soppiantò l’antica nobiltà terriera, o entrò in ogni caso a fare parte delle sue fila! In questo senso appunto, una rivoluzione politica poté sconvolgere l’assetto economico della società (causalità invertita rispetto alla visione marxista).

6) Le radici della diversità

Resta un’ultima domanda: se la radice più profonda di questa biforcazione storica è il differente assetto istituzionale di questi due tipi di società, qual è a sua volta la causa profonda di tali assetti e delle concezioni morali e politiche che vi sono a base?

Penso che i fattori geografici e storici possano giustificare tale differenza. Lo Stato come noto nasce in Mesopotamia e in Egitto, fertili valli dove, come dice Glotz, “la natura non opponeva ostacoli all’unità dei costumi, e su di una estensione immensa le città e i villaggi potevano essere riuniti sotto lo scettro di un re”. Si sviluppa così una cultura politica che da tali zone si diffonde in quelle circostanti, da essa direttamente o indirettamente influenzate.

La formazione di uno stato forte e autoritario poi, si dovette (come spiegano Marx ed Engels, quando elaborano quella straordinaria categoria storica che è il modo di produzione asiatico) all’esigenza di un’autorità superiore che dirigesse e finanziasse i lavori di interesse pubblico, legati in tali zone all’agricoltura e alle canalizzazioni in particolare. Né si può mancare di osservare come in questo caso, la radice dello stato autoritario debba essere effettivamente imputata a motivi economici!

Ma molti stati vicino orientali, ad esempio quelli sparpagliati lungo le coste siriane o quelli anatolici ed assiri, non erano in condizioni geografiche simili a quelle appena descritte, né avevano sempre l’esigenza strutturale di opere di canalizzazione o in ogni caso di lavori pubblici che giustificassero concretamente la natura dispotica dello Stato.

Perché allora questi stati, pur non geograficamente predisposti (a volte non troppo, a volte – come la Siria – per nulla) a imboccare la strada del dispotismo, alla fine quasi sempre la imboccarono?

Io credo che la ragione alla base di tale fatto, sia evidentemente di carattere storico e culturale: l’influenza cioè delle vicine società mesopotamiche (Babilonesi e Sumeri) e egiziana. Sorti di riflesso a tali Stati, gli Stati minori o comunque posteriori (l’impero Hittita ad esempio), subivano pesantemente l’influenza, sia culturale che politica, dei primi. Per questo, soprattutto, essi seguirono la strada da essi dettata, anche e soprattutto sul piano dell’organizzazione politica statale.

Anche per i greci del periodo miceneo, e prima ancora per la civiltà cretese, le società vicino orientali furono un modello di organizzazione politica. Anche tali civiltà infatti, nonostante alcuni elementi propri, si organizzarono secondo modalità tipicamente asiatiche. Tuttavia, come fa notare sempre il Glotz, il mondo egeo (la Grecia e le coste anatoliche ad essa immediatamente antistanti) è un mondo dotato di caratteri propri dal punto di vista geografico (forse tra quelle qui considerate solo la regione siriana, estremamente montuosa e frammentata, e con ampi sbocchi marittimi, le si avvicina).

In una tale regione “il continuo variare della natura non lascia possibilità in nessun luogo a grandi agglomeramenti né di piante, né di animali, né di uomini” (è sempre il Glotz a parlare), ragione per cui l’individualismo e il senso di autonomia trionfano. Ognuno tende a vivere per sé, in autonomia rispetto al resto della società, o quantomeno rifiutando l’imposizione di un’autorità assoluta, cui preferisce istintivamente la collegialità e il dialogo.

Non stupisce allora il fatto che, dopo lo smantellamento forzato della cultura micenea, dopo la caduta in un medioevo o Periodo Oscuro dovuto a un arretramento delle precedenti (micenee appunto) condizioni di vita materiale (la scomparsa delle città e dei Palazzi), e in conseguenza di un plurisecolare periodo di isolamento e chiusura in se stessa che mitigò in modo sostanziale l’influenza politica dei vicini stati asiatici, la Grecia abbia finalmente, con la nascita della polis, trovato la forza di affermare la propria individualità culturale e politica, sviluppando una società basata su istituzioni politiche “aperte” e sull’affermazione di quei valori di autonomia e indipendenza personale (rifiuto non solo dell’autorità regia, ma anche in parte dello strapotere della nobiltà) che le erano intrinsecamente congeniali.

* * *

Il concetto di fondo è che la Grecia aveva, per ragioni geografiche (frammentazione territoriale) una forte predisposizione all’anarchia, un’avversione innata alla gerarchia. La mentalità individualistica, il modo predominante di intendere la vita (anche quella associata) impedivano quindi la nascita di poteri politico-sociali troppo rigidamente gerarchizzati (non che non esistessero gerarchie sociali, ma non erano così rigide e inamovibili come nel V.O.).

Quindi nel periodo del Medioevo Ellenico (1200 – 900 a.C.), quando la società asiatica micenea si sfalda, comincia un processo di parcellizzazione della società greca che sarà IRREVERSIBILE. L’istinto alla frantumazione e all’individualismo finiscono allora per prevalere su quello alla gerarchia e all’ordine assoluto, importati dall’Oriente (influenza politica sui primi stati egei). Non solo scompare la Monarchia, ma la stessa nobiltà si dimostra incapace di mantenere asservita la classe economicamente intermedia, la quale appunto (contrariamente che nel V.O.) riesce a emanciparsi politicamente dai poteri nobiliari.

Sorge in questo modo una società di eguali (politicamente), che inizialmente si estende solo alle classi medie e ai nobili e poi, in determinati stati, anche al popolo! In tale contesto, anche l’avanzamento economico delle classi medie è fortemente favorito, attraverso lo sviluppo della libera impresa economica. Sorge così la società arcaica e poi classica, fondata sul libero dibattito trasversale a tutte (o ad alcune) le classi della società, sui valori della libera competizione (organizzata e regolata però attraverso le istituzioni e le leggi della società) tra i suoi membri…. Nasce insomma la società europea moderna: liberale, fondata sul libero apporto dei cittadini e riottosa alle gerarchie politico-sociali, quantomeno se troppo rigide.

L’evento scatenante di questa divergenza tra Occidente e Oriente è appunto la distruzione del XIII secolo, che isola la Grecia dal V.O., smantellando inoltre le istituzioni micenee asiatiche. I Greci si trovano in un contesto anarchico per forza di cose, simile probabilmente a quello che caratterizza molte regioni del V.O. (in particolare quella anatolica) dopo il passaggio di questi popoli distruttori che inaugurano l’Età del Ferro. Eppure, per ragioni sia geografiche sia di influenza politica degli stati classici (Mesopotamia ancora più che Egitto), in queste regioni lo stato asiatico si riafferma. In Grecia no. L’Età del Ferro inaugura insomma la nascita di un mondo nuovo, quello Greco e Europeo in contrapposizione a quello Orientale!

Mio intervento:

I processi che hanno portato la Grecia alla democrazia, in maniera così diversa da quelli asiatici (e per noi europei così moderni), dipesero probabilmente dal fatto che la Grecia rappresentava una propaggine poco significativa rispetto ai grandi imperi asiatici (sumeri, assiro-babilonesi, ma penso anche a quelli dell’India e della Cina). La Persia cominciò a interessarsi del Mediterraneo dopo aver già conquistato tutta l’Asia.
La Grecia e, con essa, l’Europa ha ereditato una civiltà schiavista di molto precedente nel tempo (i primi filosofi andarono in Oriente e in Egitto a imparare le scienze esatte) e l’ha svolta senza l’autoritarismo politico asiatico, proprio perché i nostri territori risultavano abbastanza insignificanti per l’Asia: non avevano quella necessaria estensione geografica per assicurare un grande impero. Anzi possedevano i grandi sbocchi su un mare che implicava la necessità di avere potenti flotte navali (commerciali e militari), le quali non erano l’aspetto fondamentale delle civiltà asiatiche, basate essenzialmente sullo sfruttamento dei contadini. Le civiltà infatti erano al massimo fluviali (le esondazioni dovevano servire per irrigare distese infinite di terra), non erano marittime.
Noi dall’Asia abbiamo ereditato lo sfruttamento schiavile, ma, non avendo la concezione di uno Stato equiparato a dio, che rende tutti sudditi allo stesso livello (con esclusione di pochissimi), abbiamo dovuto per forza coinvolgere la classe media in questo sfruttamento. Il nostro è stato un sistema schiavistico individualistico (in cui lo Stato doveva fare gli interessi degli schiavisti). Ma questo individualismo, se ha permesso sia un grande sviluppo tecnico-scientifico (utilizzato dalla classe media), che naturalmente un grande sviluppo della democrazia formale o fittizia, rileva tutte le sue debolezze politiche quando gli Stati asiatici ereditano le nostre conquiste scientifiche. Loro sono abituati a una politica fortemente autoritaria di lunga durata, noi no. Ecco perché la Cina è destinata a scalzarci dal ruolo che abbiamo ancora nella storia.

Risposta di Adriano:

Il tuo intervento – ti confesso – mi risulta oscuro nella prima parte, ma condivido appieno la seconda!
Riguardo a questa, vorrei fare un’osservazione. Il paradosso della cultura occidentale è che, pur avendo inventato come un unico blocco la democrazia da una parte, la borghesia e il capitalismo o la società di mercato dall’altra, sui tempi lunghi ha finito per scindere e rendere inconciliabili tali elementi all’inizio tra loro inestricabili. Senza la concezione egualitaria di cui sopra infatti, la borghesia non avrebbe mai potuto affermarsi, ma al tempo stesso il capitalismo di oggi, nel quale la borghesia è divenuta Grande borghesia, tende a rinnegare i valori egualitari da cui era sorta. Anche per questo, mi sembra, i Paesi asiatici (con tradizioni dispotiche) una volta che vi si trapianta il capitalismo occidentale, diventano più potenti di quelli occidentali, in cui il capitalismo è nato: perché hanno molti più strumenti di controllo sulla vita delle persone. Il modo di produzione asiatico insomma, si trasforma in uno strumento di cultura perfetto per la società delle grandi industrie e del Profitto capitalistico! O almeno, forse, questa è la fase che stiamo attraversando… In ogni caso l’Occidente deve scegliere oggi: o Capitalismo o Democrazia. Temo che per forza di cose sceglierà il Capitalismo (a scapito della democrazia reale!).

Fonte: adrianotorricelli.wordpress.com


a cura di Adriano Torricelli

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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia - Antica
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Aggiornamento: 01/05/2015