STORIA ROMANA


L'emancipazione delle donne nell'antica Roma

La sicurezza, la stabilità e l'ordine interno della società civile, che si verificano dopo la fine delle guerre puniche e civili, rendono il ruolo protettivo del marito romano largamente superfluo. Nel più sicuro ed opulento ambiente sociale, già ben visibile nell’età ciceroniana (85 – 31 a.C.), di protettivo è rimasto solo il materno ed insostituibile ruolo femminile.

Il ruolo della materfamilias tende inevitabilmente a rafforzarsi e la donna comincia a partecipare alla vita sociale e intellettuale.

In epoca imperiale, attraverso l'istituto della coemptio fiduciae causa, le donne potevano sostituire il tutor legittimo con uno di loro fiducia: questi era un semplice prestanome e permetteva loro di disporre dei propri beni e di se stesse come meglio credevano.

Divinità matronale (Museo Archeologico Nazionale di Napoli)

Altra conquista giuridicamente rilevante, già presente in epoca repubblicana, fu il riconoscimento della parentela anche in linea femminile. Se in un primo tempo il rapporto fra madre e figlio non aveva alcuna rilevanza giuridica, in seguito a questo intervento fu concesso ad alcune donne di avere persino la tutela dei propri figli, nel caso di padre indegno.

Ora, se è benestante, per governare la domus le basta dare poche direttive alla servitù. Quanto ai figli la matrona ricca ne affida l'educazione al pedagogo di casa; la povera invece li manda alla scuola pubblica, dove vengono formati da magistri sottopagati.

A volte sole, a volte con il marito o con un'amica vanno alle terme, dove prendono il bagno in piena promiscuità con gli uomini, finché nel II sec. d.C. l'imperatore Adriano interviene a frenare comportamenti eccessivamente disinvolti e separa ambienti ed orari di donne e uomini.

Nelle immagini pervenute e nelle fonti letterarie non si vede mai una donna tra quelli che a prima mattina devono correre a porgere l'obsequium, il deferente saluto ai potenti, né tra la povera gente che, tessera annonaria alla mano, si presenta nei luoghi di distribuzione gratuita di generi alimentari. Sono cose che fanno gli uomini, i quali fanno anche la spesa. Si vedono invece donne alla fullonica (tintoria), che si fanno restituire la biancheria, dal calzolaio, dal sarto.

Quanto all'impegno politico bisogna considerare che l'unico imperatore che permise a una donna, sua madre, di entrare in senato per svolgere mansioni tradizionalmente riservate agli uomini, fu Eliogabalo.

Questo ovviamente non significa che importanti donne romane non parteciparono, seppure indirettamente, alla politica: sono ben note le vicende legate ai nomi di Valeria Messalina, Agrippina Maggiore, Giulia Agrippina, Sabina Poppea, Pompea Plotina, ecc. (leggi la scheda su Livia Drusilla Claudia).

L'emancipazione sociale, morale e politica d'altra parte è direttamente collegata a quella economica: solo tardivamente la legislazione autorizza la donna romana a trattenere per sé tutta la sua proprietà (a eccezione della dote che passa al coniuge), a essere padrona dei beni ereditati e a conservarli in caso di divorzio.

Tutto ciò però non le permetterà mai di acquisire dei veri diritti politici.

Nell'epoca di massima conquista delle libertà femminili a Roma era forte l'influsso delle religioni egiziane, e venivano largamente praticati riti sacri ad Iside e ad altre divinità importate dall'antico Egitto. Nella religione egiziana, infatti, la figura della donna appare sempre e costantemente collegata a quella di grande madre di tutti gli esseri viventi e di grande sposa. Alla natura femminile si riconosceva l'origine della vita, la sua tutela ed il suo armonioso sviluppo.

Molti storici, di allora e di oggi, fanno coincidere il decadere dell'istituto familiare, la crisi dei valori sociali e familiari con l'emancipazione femminile e con l'istituto del divorzio, senza rendersi conto che con questa emancipazione le donne chiedevano semplicemente di poter avere gli stessi diritti degli uomini.

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Enrico Galavotti

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia
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Aggiornamento: 11/09/2014