STORIA ROMANA


Difesa di Elagabalo

Di "Marcus Aurelius Antoninus" (Elagabalus)
(Marzo, 222 A. D.)

Questo documento -- chiaramente un falso -- è l'unico "lavoro in prosa" attribuito all'Imperatore Elagabalo. Come tale, esso ci offre uno spiraglio di comprensione della mente di un giovane estremamente particolare, che incarna i diversi tipi del tiranno, dell'orfano, del sacerdote. Alcune parti dell'epistola inoltre, potrebbero anche essere vere. Il testo originale è in greco.

Testo

Antonino, Primo Sacerdote di Elagabal, Augusto, Imperatore, Princeps, ecc., al Senato di Roma,

porge i suoi saluti.

Ancora una volta, interrompo per qualche momento i balli, le bevute e i bagordi, per riportarvi la situazione corrente nell'Impero. Le province sono tutte in pace e prosperità; nella capitale l'ordine e la prosperità regnano come in un'arnia, quasi dovunque. Potete essere orgogliosi della presente situazione! Di sicuro già sospettate che io abbia disposto le cose in tal modo per poter continuare indisturbato nella mia ricerca di sempre nuovi piaceri.

Il portico che ho iniziato a far costruire per i bagni di mio padre è quasi terminato; invito tutti quanti voi a accertarvi di ciò e a prendere piacere dai progressi nei lavori, a vostro agio. Inoltre mi è giunta voce che Scylla, la celebre moglie del senatore Aulo Lubricio, ha dato alla luce un figlio, Quinto; con mio grande diletto, parti disinteressate mi hanno confermato che A. Lubricio è nei fatti, come nel nome, il fortunato genitore del piccolo Quinto. I più sentiti auguri, in questa lieta occasione, da parte del vostro Imperatore Antonino e, tramite questi, dal Vero Dio Elagabalo, Onnipotente Padre dei Padri.

Signori, a dispetto di ciò che potete immaginare su di me e sulla mia visione delle cose, non vivo nell'illusione della mia popolarità presso di voi, presso i pretoriani, o presso le legioni. Una certa diceria, da voi e da me udita e sprezzata, sostiene che i miei giorni come imperatore siano ormai contati, e che molto presto voi servirete un nuovo Imperatore e capo. Non posso nascondervi il mio sincero rincrescimento, né desidero farlo. Sembra che io - Antonino - sia stato scelto per una parte di spicco in una tragedia di bassa lega, e quando vedo con eccessiva chiarezza la parte che in essa mi spetta, non posso fare a meno di meravigliarmi per il motivo scelto dall'autore, e per l'efficacia del suo potere.

Fui eletto al principato dalle legioni romane di stanza a Emesa. A quel tempo, signori, avevo quattordici anni ed ero già Sacerdote Sommo di Elagabal. I soldati si appassionarono a me in parte a causa della mia bellezza puerile, ma anche per la carica di Pontefice che ricoprivo - fui scelto infatti a causa dello zelo religioso verso un vero Dio, e dall'aspirazione delle legioni verso la gioia e la prosperità: beni che - non per coincidenza - Elagabal dispensa con grande munificenza a tutti coloro i quali Lo onorano e si sottomettono al Suo volere. Con l'aiuto dell'esercito sconfissi in una battaglia sanguinosa il folle Macrino, l'usurpatore del principato e l'assassino di mio padre; più tardi, il Senato diede il benvenuto a Elagabal e a me in Roma. (Guardate, Padri coscritti, come mi sono ridotto, a fare il panegirico di me medesimo!)

Alla luce di questi fatti, sono un poco urtato dall'universale condanna, oggi espressa più apertamente [di un tempo], riguardo alla mia decisione di portare a Roma il Grande Elagabal, e di stabilirne qui il culto come Primo di tutti gli dei. Non vedo personalmente alcuna forzatura nella mia azione. In Emesa era stato annunciato pubblicamente che Roma richiedeva l'aiuto del Pontefice di Elagabal per purificare e mantenere saldo l'Impero, che soffriva sotto il giogo di un crudelissimo padrone, il mio acerrimo nemico, Macrino. Le mie origini paterne difatti [egli è figlio di Caracalla, o tale si dice; n.d.t.] divennero un fatto di pubblico dominio solo dopo che alcuni empi contingenti militari rifiutarono di rientrare sotto l'insegna di un misero Pontefice siriano, e richiesero per farlo ragioni più tradizionali. Ma il sentimento prevalente nell'esercito - come ebbi modo di vedere - fu la felicità di avere acquisito non solo un nuovo imperatore, ma anche un nuovo Dio. Come prova di questo fatto, vi dico che la Siria è piena di giovanetti imberbi che sono pronti a dirsi figli di Bassiano, ma non sono che io a essere e rimanere Primo Sacerdote di Elagabal.

Così, io vi superavo in due distinti domini: come Princeps, e come autorità religiosa. Da cui arguii che fosse ovvio che ero stato mandato qui dalle milizie per portare Roma nell'ovile di Elagabal, e che fosse compito dell'Imperatore erigerGli un tempio nella capitale e approntare un culto proporzionato alla Sua grandezza. La mia indefessa attività per la causa del Dio vi ha colpito come "empia", mi dicono alcune voci -- ma allora mi stupisce che abbiate dichiarato la vostra disponibilità a servire un Pontefice e Imperatore proveniente da legioni di province tanto distanti, e che ancora oggi vi umiliate ghignando di fronte a quella Divinità e al suo ministro terreno, il vostro principe Antonino.

E tuttavia, in quasi quattro anni di governo ho oramai imparato a non aspettarmi nè lealtà, nè logica, nè coerenza da parte dell'augusto corpo del Senato. Mi rattrista maggiormente la sicura ribellione dei Pretoriani, i quali hanno sviluppato un'insana - e direi sospetta - affezione verso mio cugino, Alessandro. Da una parte egli non è certo un giovane privo di attrattive, con la parentela ricca e potente che si ritrova -- una versione in tono minore di me stesso, quando sacerdote di Elagabal, sedussi le legioni Siriane. D'altra parte, mio cugino ha ben poco da offrire all'Impero se lo si compara al suo Principe. Come io sono un Pontefice, Alessandro è invece un Guardiano. I suoi meriti personali e i suoi atti sono tanto scoloriti, così privi di distinzione e di prestigio, che non posso certo giudicarli un valido motivo della sua popolarità, ma non starò a rivelarvi queste cose… non sono mai stato il tipo da tenere informato il Senato di cose che sa già benissimo da solo!

Mi basta dirvi poche cose riguardo a ciò che potete aspettarvi dall'acquisto di questo Guardiano: è evidente difatti che certe potenti forze desiderano fare in modo che il Sole tramonti sull'Impero, e lasciare che le tenebre penetrino attraverso l'autorità di Alessandro. State certi, Signori, che quando Elagabal sorgerà di nuovo - come certo farà, solo che vi sia un'unica persona pia che cammina sulla terra - Egli non sorgerà su quest'Impero, che noi e i nostri padri abbiamo costruito attraverso tanto sangue e tante ingiustizie. Gli affari degli uomini sono incerti, hanno sempre bisogno che gli venga imposto un ordine. Ma Elagabal è eterno, stabile, generoso e giusto: e sarà la sua Giustizia a scagliare dardi infuocati nei vostri letti, la sua Generosità a seccare la terra che voi tanto inutilmente accudite.

Non starò qua a rivelarvi le vostre future disgrazie, poiché domani visiterò il campo dei Pretoriani, laddove è scritto che io, assieme a mia madre (che ormai soffre da molto tempo), venga assassinato da ingrati -- i quali in verità preferiscono la propria sicurezza a quella del loro Capo. Io raggiungerò così l'anima impavida di Cesare, poiché sono un romano e il vostro Principe. Come il grande Elagabal riporta in cielo le acque che hanno inondato i campi per irrigarli, così ora mi richiama al suo fianco, dopo che ho compiuto tutto ciò che era in mio potere per salvarvi da voi stessi. Domani io sarò felice; ma lo stesso non posso dire per voi, né per l'Impero.

Vi sono ancora alcune cose che debbo dirvi, prima di prendere congedo da questa terra. Spiacevoli dicerie affermano che alcuni di voi stanno già preparando il racconto della mia fine come principe, e ciò che ho udito non è lusinghiero nei miei confronti. Infatti, sembra che io abbia non solo chiesto la mia fine - e non mi spiace di sacrificarmi per voi - ma anche di essere disonorato, infangato e cancellato agli occhi dei posteri. Questo non mi sta bene, Signori -- ed infatti altri pensieri estremamente tristi mi sovvengono all'idea di abbandonare il mondo, qualora consideri la scarsa considerazione che posso aspettarmi dai tempi a venire. Voltandosi indietro verso questa era per delucidazioni, le menti curiose del futuro verranno a conoscenza, attraverso lo sguardo bilioso degli "storici", di cose assai improbabili, anzi impossibili: ad esempio di persone mai esistite, o che comunque furono molto diverse da come vengono descritte. Vengo accusato di aver complottato contro persone che neanche conosco, o cui in ogni caso non ho mai dato grande importanza. Si dice che io sia devoto della Grande Madre, attraverso la pratica della castrazione, e allo stesso tempo che sono un bigotto intollerante che ha elevato Elagabal e cancellato ogni altra forma di culto nel mondo. Ma non si può servire contemporaneamente Dio e la Grande Madre!!!

[….]

Per vostra informazione, Padri coscritti, la circoncisione non è castrazione; ammetto tranquillamente di essere circonciso. Questa innocua, anzi salutare pratica rituale, è richiesta a tutti coloro che amministrano il culto di Elagabal, e io non avrei potuto portare avanti i miei sacri uffici con un tale prepuzio, che mi avrebbe allontanato dal Dio che servo.

Un'altra accusa che non ha alcuna relazione con la realtà, è quella secondo cui avrei scelto di assegnare i posti di governo in base alla… fortuna fallica delle persone. Il modo in cui scelgo i miei amici e confidenti è un conto; quello in cui amministro la burocrazia un altro. Nondimeno mi vedo costretto a chiedervi in che modo un tale ridicolo metro di giudizio si differenzierebbe da quello adottato dai miei accusatori! Ovvero: quanti di voi sono senatori per ragioni meramente di nascita? Di certo non potete avere raggiunto e conquistato un tale livello di mediocre squallore (nel quale peraltro vi crogiolate) lodando in modi differenti. Questa sottile analogia mostra come le accuse contro di me rivelino lo stampo di coloro che mi accusano.

Ma peggio delle spregevoli idiozie sul vostro principe, sono quei libelli che vengono prodotti a mucchi contro il nostro Comune Benefattore, il Grande Elagabal. Il Dio che ho servito con tanta profonda abnegazione e ingenuità sarà oggetto di derisione e totalmente frainteso, dal momento che nessuno degli "storici" si è mai preoccupato (o ha mai permesso a altri) di intendere Elagabal e i reali principi del suo culto. Le ultime menzogne che ho letto sostengono che Egli richieda sacrifici umani, che sia una pietra, che non ascolti le preghiere dei mortali che pregano altri dei. Non pretendo certo di difendere il mio Dio, che è Onnipotente; ma vi ho già avvertito: l'empietà lavora alla propria distruzione!

Padri coscritti: noi sappiamo che la folla raccoglierà, diffonderà e assorbirà quegli eccessi che io ho condisceso a mostrarle -- e sarà una vera disgrazia per voi senatori dovervi macchiare con un tale veleno! Ho fatto bene a non invitarvi ai miei festini privati; ma se la vostra stessa causa è stata per tanto tempo lontana da voi, non potevo di certo aspettarmi che le mie parole riuscissero a purificarvi e a redimervi. La commedia è finita, a voi presto scrivere i vostri piccoli, meschini resoconti,

Vi porgo i miei saluti,

Antonino, Primo Sacerdote di Elagabal, Pio, Felice, Principe, Imperatore, ecc.


Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia
 - Stampa pagina
Aggiornamento: 11/09/2014