STORIA ROMANA


L'esercito barbarico nella Roma classica

L'esercito imperiale, tranne i rari casi di Traiano e Settimio Severo, non condusse mai campagne di conquista, ma si limitò a svolgere compiti di difesa, di romanizzazione e urbanizzazione delle aree provinciali, di promozione dei ceti meno abbienti, in quanto diede ai soldati la possibilità di una certa emancipazione sociale e ai generali la possibilità di diventare imperatori.

Gli eserciti stanziati nelle province per lunghi anni si legarono molto strettamente ai loro generali, tant'è che la presa del potere attraverso l'esercito, dopo l'esempio di Settimio Severo, fu una prassi costante del III secolo.

Quando le risorse economiche imperiali diminuivano, l'esercito cercava di garantire per sé una parte cospicua: di qui i frequenti e abbondanti donativi da parte degli imperatori, i saccheggi di ricche città (come p.es. Aquileia nel 238) e le continue vessazioni ai danni delle campagne.

L'esercito era diventato una struttura privilegiata, costosa (lo stipendio dei militari era di tutto rispetto), pur con una base demografica modesta rispetto alle esigenze di sicurezza, tant'è che le invasioni di Quadi e Marcomanni, sotto Marco Aurelio, mostrarono che lo sfondamento delle frontiere non era cosa impossibile.

Il generale Stilicone, di origine vandala

Come noto, ai tempi della fase repubblicana il politico era a un tempo soldato e magistrato (e spesso anche sacerdote). Viceversa, con la nascita dell'impero il principe si serviva dei senatori per governare le province dove erano stanziate le legioni. Un senatore era il comandante di ogni legione. I comandi militari servivano ai senatori per acquisire ancora più potere, prestigio, ricchezze.

Col passare del tempo, soprattutto in virtù della professionalizzazione della carriera militare, i comandi delle legioni venivano sempre più affidati all'ordine equestre, e proprio da questo ordine, non più quindi dal rango senatorio, finiva coll'emergere il nuovo imperatore.

Sul piano militare gli equites avevano più esperienza dei senatori e spesso erano favorevoli a processi politici assolutistici, che permettessero di aumentare il loro potere.

Viceversa, la classe senatoria non amava mettere in discussione i privilegi acquisiti secoli prima. Difficilmente un senatore avrebbe accettato l'idea che un governo imperiale potesse essere conquistato e mantenuto con il solo aiuto dell'esercito.

Di fatto però la tendenza era proprio questa, al punto che divenne una prassi consueta quella di arruolare, nelle file dell'esercito, gruppi di barbari stanziati entro i confini in virtù di specifiche intese o addirittura esterni all'impero.

Questo scollamento tra aspetti militari e politici fece sì che durante la crisi del III secolo i grandi comandanti provinciali si trasformassero facilmente in usurpatori.

Diocleziano (284-305), che ovviamente non poteva più mettere in discussione né l'autonomia dell'apparato militare né il suo carattere professionalizzante, escogitò l'idea di suddividere le province in piccole unità amministrative, onde evitare la concentrazione del potere nelle mani di un solo governatore.

Nello stesso tempo decise di affidare il potere civile delle province a uomini di varia provenienza, ma sempre più funzionari imperiali che grandi notabili: il che non faceva certo piacere alla vecchia aristocrazia senatoria.

Questo in sostanza significava che all'esercito, i cui effettivi erano stati raddoppiati, giungendo a mezzo milione (il 10% di tutta la popolazione dell'impero), veniva sì riconosciuta ampia autonomia, ma a condizione che non si mettesse in discussione quella politica e amministrativa dei funzionari.

In un certo senso le legioni, nella loro organizzazione classica, furono smantellate. I reparti, generalmente di mille uomini, chiamati limitanei (da limes, confine), dovevano distinguersi sulla base dell'armamento e dei compiti: p.es. i cavalieri mori, gli arcieri africani, i cavalieri catafratti di derivazione partica... I limitanei potevano essere di cavalleria o di fanteria, o reparti specializzati di estrazione provinciale o barbarica (i cosiddetti numeri).

Esisteva anche un nucleo di soldati che formava l'esercito a disposizione dell'imperatore, una sorta di protezione personale: i comitatenses, anch'essi divisi per mille.

Moltissimi di questi soldati erano di origine barbara, anche perché la leva era molto dura e spesso lontana dai centri urbani più significativi dell'impero, per cui la renitenza tendeva ad aumentare, incoraggiata altresì dai grandi proprietari terrieri, che avevano continuamente bisogno di manodopera e che preferivano pagare un tributo monetario pur di tenersela.

Gli elementi barbarici dell'impero o comunque quelli meno romanizzati divennero una parte così significativa dell'esercito che giunsero anche a posizioni di comando, come p.es. Stilicone (1), un generale vandalo di Teodosio.

Costantino fece crescere i comitatenses al punto che arrivarono ad essere quasi la metà degli effettivi dell'intero esercito imperiale. I reparti non solo erano specializzati ma venivano anche reclutati tra gli elementi migliori sul piano fisico e sociale, erano inoltre pagati meglio dei limitanei e avevano particolari privilegi (p.es. l'esenzione fiscale), senza considerare che potevano alloggiare in prossimità dei centri urbani e naturalmente potevano essere comandati da generali di origine barbara.

Le tribù barbare assunsero un'importanza così grande che dopo la battaglia di Adrianopoli (378), in cui cadde lo stesso imperatore Valente, i Goti vincitori ottennero di essere stanziati tutti all'interno dei confini imperiali e qui iniziarono a romanizzarsi.

Ormai qualunque tendenza aristocratica di opporsi all'integrazione coi barbari andava ritenuta del tutto antistorica, e infatti questa politica senatoria subì uno smacco clamoroso proprio col sacco di Roma, compiuto dai Visigoti di Alarico nel 410. L'occidente era destinato a veder nascere i regni romano-barbarici.

Viceversa in oriente i bizantini riuscirono a tener lontane dai confini le tribù barbariche o comunque a conviverci più o meno pacificamente per un altro millennio, conservando le strutture romane, soggette agli influssi del mondo ellenico e a quello culturale del cristianesimo. Costantino aveva perfettamente capito che se si voleva continuare la civiltà greco-romana in nome del cristianesimo bisognava anzitutto spostare la capitale a Bisanzio (cosa che fece già nel 330), e la storia s'incaricò di dargli ragione.


[1] Stilicho Flavius (360-5 ca-408), vandalo di origine ma romano di educazione, fu l'ultimo grande difensore dell'impero romano d'occidente dalle grandi invasioni barbariche.
Grazie a una fortunata missione alla corte persiana, acquistò grande favore presso l'imperatore Teodosio, raggiungendo una posizione preminente a corte, tanto che Teodosio verso il 392 gli affidò il comando supremo delle armate imperiali.
Quando Teodosio morì a Milano nel 395, Stilicone divenne tutore del figlio di lui, Onorio, cui era stato affidato il governo della parte occidentale dell'impero, mentre ad Arcadio quella orientale.
Stilicone si trovò costretto a fronteggiare varie tribù barbariche, tra cui i visigoti che, scontenti della Tracia (loro assegnata da Teodosio dopo la sconfitta di Adrianopoli), avevano preso a saccheggiare e occupare alcuni territori della Grecia, dell'Epiro e persino del nord Italia.
Stilicone ebbe la meglio, costringendo i visigoti a ripiegare oltre le Alpi e promettendo loro la conquista dell'Illiria, oggetto di disputa tra le due parti dell'impero.
Quando nel 407 i visigoti tornarono a minacciare nuovamente l'Italia, in quanto non avevano ottenuto l'Illiria, Stilicone indusse l'imperatore Onorio ad accettare il tributo, ma così facendo si attirò l'odio dell'intera amministrazione romana e soprattutto del senato di Roma, che lo accusò di complicità col nemico.
Stilicone fu eliminato in una rivolta militare a Ravenna, dopo un processo sommario, e i visigoti ne approfittarono immediatamente per scendere in Italia e saccheggiare la stessa Roma nel 410. Col bottino trafugato cercarono d'imbarcarsi per l'Africa, ma le loro navi furono travolte in una tempesta nello stretto di Messina, e il loro capo, Alarico, morì presso Cosenza. Gli ultimi visigoti finirono a cavallo dei Pirenei. La capitale dell'impero d'occidente fu trasferita a Ravenna. (torna su)


L'epoca della falange
La struttura tattica manipolare
Le truppe ausiliarie
Esercito e Generali
La disfatta di Teutoburgo
L'accampamento militare
Enrico Galavotti

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia
 - Stampa pagina
Aggiornamento: 11/09/2014