STORIA ROMANA |
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L'esercito barbarico nella Roma classica
Come noto, ai tempi della fase repubblicana il politico era a un tempo soldato e magistrato (e spesso anche sacerdote). Viceversa, con la nascita dell'impero il principe si serviva dei senatori per governare le province dove erano stanziate le legioni. Un senatore era il comandante di ogni legione. I comandi militari servivano ai senatori per acquisire ancora più potere, prestigio, ricchezze. Col passare del tempo, soprattutto in virtù della professionalizzazione della carriera militare, i comandi delle legioni venivano sempre più affidati all'ordine equestre, e proprio da questo ordine, non più quindi dal rango senatorio, finiva coll'emergere il nuovo imperatore. Sul piano militare gli equites avevano più esperienza dei senatori e spesso erano favorevoli a processi politici assolutistici, che permettessero di aumentare il loro potere. Viceversa, la classe senatoria non amava mettere in discussione i privilegi acquisiti secoli prima. Difficilmente un senatore avrebbe accettato l'idea che un governo imperiale potesse essere conquistato e mantenuto con il solo aiuto dell'esercito. Di fatto però la tendenza era proprio questa, al punto che divenne una prassi consueta quella di arruolare, nelle file dell'esercito, gruppi di barbari stanziati entro i confini in virtù di specifiche intese o addirittura esterni all'impero. Questo scollamento tra aspetti militari e politici fece sì che durante la crisi del III secolo i grandi comandanti provinciali si trasformassero facilmente in usurpatori. Diocleziano (284-305), che ovviamente non poteva più mettere in discussione né l'autonomia dell'apparato militare né il suo carattere professionalizzante, escogitò l'idea di suddividere le province in piccole unità amministrative, onde evitare la concentrazione del potere nelle mani di un solo governatore. Nello stesso tempo decise di affidare il potere civile delle province a uomini di varia provenienza, ma sempre più funzionari imperiali che grandi notabili: il che non faceva certo piacere alla vecchia aristocrazia senatoria. Questo in sostanza significava che all'esercito, i cui effettivi erano stati raddoppiati, giungendo a mezzo milione (il 10% di tutta la popolazione dell'impero), veniva sì riconosciuta ampia autonomia, ma a condizione che non si mettesse in discussione quella politica e amministrativa dei funzionari. In un certo senso le legioni, nella loro organizzazione classica, furono smantellate. I reparti, generalmente di mille uomini, chiamati limitanei (da limes, confine), dovevano distinguersi sulla base dell'armamento e dei compiti: p.es. i cavalieri mori, gli arcieri africani, i cavalieri catafratti di derivazione partica... I limitanei potevano essere di cavalleria o di fanteria, o reparti specializzati di estrazione provinciale o barbarica (i cosiddetti numeri). Esisteva anche un nucleo di soldati che formava l'esercito a disposizione dell'imperatore, una sorta di protezione personale: i comitatenses, anch'essi divisi per mille. Moltissimi di questi soldati erano di origine barbara, anche perché la leva era molto dura e spesso lontana dai centri urbani più significativi dell'impero, per cui la renitenza tendeva ad aumentare, incoraggiata altresì dai grandi proprietari terrieri, che avevano continuamente bisogno di manodopera e che preferivano pagare un tributo monetario pur di tenersela. Gli elementi barbarici dell'impero o comunque quelli meno romanizzati divennero una parte così significativa dell'esercito che giunsero anche a posizioni di comando, come p.es. Stilicone (1), un generale vandalo di Teodosio. Costantino fece crescere i comitatenses al punto che arrivarono ad essere quasi la metà degli effettivi dell'intero esercito imperiale. I reparti non solo erano specializzati ma venivano anche reclutati tra gli elementi migliori sul piano fisico e sociale, erano inoltre pagati meglio dei limitanei e avevano particolari privilegi (p.es. l'esenzione fiscale), senza considerare che potevano alloggiare in prossimità dei centri urbani e naturalmente potevano essere comandati da generali di origine barbara. Le tribù barbare assunsero un'importanza così grande che dopo la battaglia di Adrianopoli (378), in cui cadde lo stesso imperatore Valente, i Goti vincitori ottennero di essere stanziati tutti all'interno dei confini imperiali e qui iniziarono a romanizzarsi. Ormai qualunque tendenza aristocratica di opporsi all'integrazione coi barbari andava ritenuta del tutto antistorica, e infatti questa politica senatoria subì uno smacco clamoroso proprio col sacco di Roma, compiuto dai Visigoti di Alarico nel 410. L'occidente era destinato a veder nascere i regni romano-barbarici. Viceversa in oriente i bizantini riuscirono a tener lontane dai confini le tribù barbariche o comunque a conviverci più o meno pacificamente per un altro millennio, conservando le strutture romane, soggette agli influssi del mondo ellenico e a quello culturale del cristianesimo. Costantino aveva perfettamente capito che se si voleva continuare la civiltà greco-romana in nome del cristianesimo bisognava anzitutto spostare la capitale a Bisanzio (cosa che fece già nel 330), e la storia s'incaricò di dargli ragione. [1] Stilicho Flavius (360-5 ca-408), vandalo di origine ma
romano di educazione, fu l'ultimo grande difensore dell'impero romano
d'occidente dalle grandi invasioni barbariche. L'epoca della falangeLa struttura tattica manipolareLe truppe ausiliarieEsercito e GeneraliLa disfatta di TeutoburgoL'accampamento militareEnrico Galavotti |
- Stampa pagina Aggiornamento: 11/09/2014 |