STORIA ROMANA


GLI ULTIMI ANNI DELLA RES-PUBLICA ROMANA

Premessa

Come abbiamo già osservato, il potere nelle mani dei congiurati che hanno ucciso Cesare è in realtà inesistente: essi difatti non hanno agito alla luce di un programma organico di riforma politico-istituzionale, ma soltanto per un aleatorio desiderio di ritorno al passato.

Non hanno compreso insomma come la soluzione imperiale non sia solo frutto dell'ambizione personale di alcuni individui isolati, bensì oramai una necessità imprescindibile per la perpetuazione stessa della potenza romana.

Anche il Senato - in nome del quale essi hanno agito - ha infatti preso definitivamente atto degli avvenuti cambiamenti strutturali, e per tale ragione non riconosce alcuna legittimità alla loro azione.

Statua di Augusto nelle vesti di pontefice massimo (Museo delle Terme di Roma)

Piuttosto la morte violenta di Cesare pone in anticipo un problema che si sarebbe comunque dovuto affrontare negli anni successivi: ovvero quello della sua successione.

Da tale questione scaturirà l’ultima guerra civile, che vedrà come contendenti gli eserciti di Ottaviano e quelli di Marco Antonio.

Ma chi sono questi due personaggi?

Il primo è un giovane ma già affermato politico d’orientamento cesariano, il principale candidato – almeno fino all’entrata in scena del suo rivale Gneo Ottavio – alla successione dell’anziano generale.

Gneo Ottavio invece (il futuro Ottaviano), ancora più giovane del primo, è colui a cui Cesare ha affidato, con l’adozione, l’eredità dei suoi titoli e del suo ruolo istituzionale.

Mentre Ottaviano fonderà il proprio potere sui domini occidentali dell’Impero, Marco Antonio porrà invece le basi del suo nelle regioni orientali.

Tra le altre cose questa guerra, che verrà vinta - come tutti sanno - dall’Occidente di Ottaviano (colui al quale il Senato conferirà la carica di ‘Augusto’, carica con la quale d’ora in avanti saranno designati tutti gli imperatori), mostra chiaramente quale e quanta sia l’irrequietezza dei domini orientali (sia ellenici che asiatici) nei confronti della sovranità dei popoli europei occidentali.

Gli Stati di tali zone infatti, già formati - a differenza delle regioni galliche o ispaniche - sotto tutti i profili anche prima dell'arrivo dei romani, in quanto portatori di tradizioni plurimillenarie [si ricordi a tale proposito come i primi imperi e le prime organizzazioni politiche nascano proprio in Oriente], mal sopportano la dominazione di una potenza estranea che impone concezioni e metodi di governo estremamente distanti dalle loro.

A – L’ascesa di Marco Antonio e di Ottaviano

Alla morte di Cesare (44), un politico d’orientamento cesariano di nome Marco Antonio, che in quell’anno riveste la carica consolare, cerca – non senza successo – di prendere in mano la situazione di disordine venutasi improvvisamente a creare, colmando il vuoto di potere lasciato dall'anziano generale.

Impugnando il testamento dello stesso Cesare, che egli ha ottenuto dalla moglie di quest’ultimo, Calpurnia, propone ai congiurati (i quali si trovano isolati, privi anche dell’approvazione del Senato) un compromesso estremamente accettabile: la ratifica delle volontà dell’imperatore e la riabilitazione pubblica della sua figura.

Perché accettabile? Perché, essendo i congiurati tutti molto vicini alla propria vittima, le volontà di quest’ultima sono – paradossalmente – ad essi largamente favorevoli.

Sulla base di tale documento si assegnano a Bruto la Macedonia e la Gallia (cisalpina e transalpina), e a Cassio (l’altro grande congiurato) la Siria.

Contemporaneamente Marco Antonio, approfittando della situazione di disorientamento politico, lavora per formare quella vasta rete di clientele politiche che lo porteranno alla ribalta della vita politica romana.

Ma il testamento di Cesare chiama in causa anche un personaggio del tutto nuovo: suo nipote Gneo Ottavio (il futuro Ottaviano) allora diciottenne, il quale vi è designato come figlio adottivo, quindi come erede e successore.

Il giovane Ottavio, che si trova in Oriente per ragioni di studio, tornando a Roma e prendendo il nome di "Gaio Giulio Cesare Ottaviano", dimostra di accettare l’incarico politico che il testamento gli assegna.

Dei due protagonisti della politica dei prossimi anni, la cui rivalità determinerà - attraverso la guerra - la nascita dell’Impero vero e proprio, solo uno è quindi fin dall'inizio un personaggio di pubblico dominio.

Entrambi ‘cesariani’ poi, se l’uno ha il vantaggio di essere un politico già affermato, l’altro ha invece il privilegio di essere l'erede designato di Cesare.

Anche questo secondo scontro per il potere si svolgerà inoltre sullo sfondo della debolezza del Senato, il quale – impotente ad arginare l'ascesa dei due rivali – finirà per porsi sotto l’ala protettrice dell’uno, Ottaviano, contro l’altro.

Con grande acutezza politica, Ottaviano ha infatti pensato da subito a formarsi una vasta e sicura base di consenso politico, presentandosi ai senatori come il paladino delle istituzioni e delle tradizioni romane (conquistando in questo modo per esempio, la fiducia di Cicerone), e al popolo invece come l’erede politico di suo zio, figura da questo venerata al pari di una divinità.

Ma l’appoggio dei ceti popolari e senatori non basta più a governare l’impero: il vero mezzo di dominio è difatti costituito oramai dall’esercito. Ottaviano, che lo sa, se ne crea velocemente uno reclutandone i soldati tra i veterani di Cesare, estremamente preoccupati all’idea di non ricevere dallo Stato le terre che spettano loro per diritto.

Ma anche Antonio sta lavorando per estendere la propria sfera d'influenza politica.

Nel 43 egli tenta infatti di impadronirsi della Gallia cisalpina, regione che egli stesso ha precedentemente assegnato a Bruto. Riuscito nell’impresa, egli verrà tuttavia a propria volta sconfitto presso Modena da Ottaviano, agente peraltro su incarico del Senato.

I due schieramenti si sono quindi ormai definitivamente costituiti: da una parte vi è Cesare Ottaviano, che con l’appoggio e il consenso della nobiltà comanda a Occidente; dall’altra vi è invece Marco Antonio, i cui domini e le cui aree di influenza finiscono inevitabilmente per situarsi a Oriente.

La guerra civile potrebbe forse esplodere già in questi anni, se nell’immediato non ci fossero dei problemi estremamente urgenti, che si possono affrontare e risolvere solamente attraverso una 'collaborazione tra nemici'.

B – Il periodo del secondo Triumvirato

Alla base del secondo Triumvirato – un accordo analogo a quello stipulato nel 59 da Cesare Crasso e Pompeo, anche se contrariamente al primo riconosciuto anche ufficialmente come dittatura collegiale – vi sono due differenti ordini di problemi:

  • da una parte vi è il fatto che gli eserciti di Ottaviano, Lepido e Antonio, i tre nuovi Triumviri, stentino a combattersi tra loro (cosa che, pur potendo apparire paradossale, è dovuta a ragioni affettive: tutti e tre infatti sono eserciti cesariani, e come tali si sentono affratellati);
  • e dall'altra vi sono delle difficoltà di natura organizzativa, ovvero la necessità di combattere contro nemici comuni la cui presenza ostacola il predominio politico dei triumviri.

Nel 43, l’anno in cui Marco Antonio, Ottaviano e Lepido (quest’ultimo personaggio di secondo piano, in una posizione simile a quella sostenuta da Crasso nel precedente Triumvirato) stringono il loro accordo, sono questi i motivi essenziali di preoccupazione:

  • la presenza di Bruto e Cassio, con i rispettivi eserciti, nei Balcani;
  • il fenomeno della pirateria mediterranea, guidata da Sesto Pompeo, figlio di Pompeo Magno;
  • infine, la presenza in Roma di figure politicamente ostili, che costituiscono un elemento di disturbo per l'ascesa politica dei triumviri.

Quest’ultimo problema viene affrontato e risolto varando delle liste di proscrizione - simili peraltro a quelle formulate da Silla nel periodo della propria dittatura - che mieteranno moltissime vittime. (Tra le quali compare lo stesso Cicerone, nemico personale di Marco Antonio, in quanto strenuo difensore delle prerogative senatorie).

Quanto a Cassio e a Bruto, essi verranno eliminati dall’esercito di Marco Antonio nel 42, nelle due celebri battaglie presso Filippi: una guerra, quella contro i congiurati, al termine della quale i Triumviri procederanno alla spartizione dei territori dell’Impero: a Marco Antonio andranno le zone asiatiche; a Ottaviano quelle occidentali (l’Italia e la Spagna); a Lepido infine quelle africane.

Ma sarà la lotta contro Sesto Pompeo a costituire l’ostacolo più grande, richiedendo per essere portata a termine molto tempo e molti tentativi. E sarà proprio il persistere di un tale problema a determinare il rinnovo dell’accordo tra Antonio e Ottaviano, nel 37, sotto l’egida di Ottavia (sorella del secondo e moglie del primo).

Sesto Pompeo uscirà infine sconfitto nella battaglia di Nauloco (in Sicilia) nel 36, ad opera delle truppe guidate da Ottaviano e da Agrippa.

Dopo la sconfitta dei nemici comuni, si vanno dunque formando sempre più chiaramente due blocchi contrapposti, che presto o tardi finiranno per conflagrare: quello europeo e occidentale di Ottaviano, e quello orientale e asiatico di Marco Antonio.

C - La guerra tra Oriente e Occidente

Per comprendere meglio le fasi della vicenda storica descritta qui di seguito, è parso opportuno dividere quest'ultima in quattro differenti sottoparagrafi: uno riguardante le fasi precedenti il conflitto; un altro sul fenomeno della propaganda politica e culturale, largamente diffusa a Roma e nelle regioni occidentali, in favore di Ottaviano; uno sulla guerra vera e propria tra Ottaviano e Antonio; ed un ultimo infine sulla figura politica e umana di Cleopatra, regina d'Egitto.

a) I problemi interni ai due blocchi

Sia Ottaviano che Marco Antonio debbono affrontare proprio in questi anni - oltre a guerre e difficoltà comuni - anche problemi legati più specificamente ai propri domini e alle proprie aree di influenza.

Se nella zone orientali è sempre vivo il problema dei Parti (il popolo contro il quale Cesare si accingeva a combattere, e contro cui sarebbe dovuto partire da Roma il giorno stesso del suo assassinio); in quelle occidentali Ottaviano si scontra invece col problema costituito dall'assegnazione delle terre ai veterani del suo esercito, un provvedimento che suscita l'opposizione di alcuni influenti personaggi politici romani.

Il problema dei Parti, già costato precedentemente la vita a Licino Crasso nella battaglia di Carre del 53, occuperà Marco Antonio tra il 39 e il 38. L'azione militare di quest'ultimo si concluderà con l'annessione dell'Armenia, una regione-cuscinetto tra le aree ellenistiche e romane e quelle partiche.

Poco dopo aver rinnovato il trattato triumvirale, nel 37, questi inizia inoltre un avvicinamento politico a Cleopatra, la regina d'Egitto, con la quale organizza una confederazione di stati asiatici, alla cui testa si pone appunto l'Egitto, che ha come scopo quello di rivendicare maggiori diritti all'interno della compagine imperiale romana per le zone orientali.

Una delle ragioni - come si è già accennato e come si vedrà meglio avanti - di tale ribellione, è l'insofferenza degli stati asiatici nei confronti del giogo romano: tali stati difatti non possono facilmente essere assimilati, quanto a prassi di governo, a quelli occidentali (sia romani, sia più in generale europei), dal momento che troppo forte è la differenza tra le due aree politiche sul piano delle tradizioni, della mentalità e delle strutture istituzionali.

All'incirca negli stessi anni poi, Ottaviano si trova in notevoli difficoltà nelle zone occidentali, a causa di un provvedimento da lui preso per l'assegnazione delle terre ai veterani del suo esercito.

Come si è visto, una delle carte maggiormente sfruttate da parte sua al fine di reclutare i componenti delle proprie milizie, era stata la promessa delle terre a quei veterani cesariani che - temendo di essere privati, alla fine della carriera militare, dell'attribuzione dovuta dei propri lotti di terra - erano entrati a fare parte del suo esercito personale. Per tale ragione, egli non può ora certo tirarsi indietro.

Tuttavia il suo provvedimento (al pari di tutte le distribuzioni di beni a categorie privilegiate) muove a Roma le ire e le proteste di molti, i quali lo accusano di parzialità e favoritismi.

Tali critiche vengono poi strumentalizzate dagli esponenti del partito di Marco Antonio, guidato in Roma dal fratello di quest'ultimo, Lucio Antonio, e da sua moglie Fulvia. Dopo un periodo di guerra, i due verranno tuttavia assediati e sconfitti nella battaglia di Perugia, nel 40.

b) Il 'mecenatismo' di Ottaviano

Un altro fenomeno interessante di questi anni è la propaganda promossa da Ottaviano e dagli ambienti politici e culturali a lui vicini, in favore del predominio sull'Impero delle zone occidentali.

A capo di essa si pone un certo Mecenate, il quale - riunita attorno a sé una vasta schiera di intellettuali e poeti, tra i quali compaiono anche Virgilio e Orazio - crea una solida base di consenso politico e ideologico alla lotta, sostenuta da Ottaviano e dal Senato, per la conquista del potere contro i propri rivali orientali.

Motivi principali di una tale campagna etnico-culturale saranno tra l'altro: il ritorno alle tradizioni (agricole) degli avi, il rifiuto della cultura orientale (con i suoi inganni e le sue esotiche seduzioni, impersonate in questi anni da Cleopatra, ammaliatrice di Marco Antonio) e il rispetto e la venerazione per i valori e per le antiche tradizioni repubblicane di Roma.

Proprio quest'ultimo punto inoltre, ci fa capire qualcosa: Ottaviano (che pure sarà innegabilmente il primo imperatore a tutti gli effetti della storia romana) non si pone come uno scardinatore delle antiche istituzioni romane e repubblicane, bensì al contrario come il difensore e il prosecutore di queste ultime - seppure in una nuova forma e in una mutata dimensione politica.

E' in una tale ottica che si giustifica appunto la sua alleanza con il Senato, alleanza che è poi uno dei punti cardinali del suo stesso programma politico.

c) Lo scontro decisivo

Il vero e proprio scontro bellico tra le due parti dell'Impero avviene a causa delle richieste politiche fatte dalle regioni orientali a quelle occidentali.

Tali richieste infatti, rivendicanti una maggiore autonomia e un maggior peso politico per l'Oriente, si scontrano con i presupposti stessi della dominazione imperialistica di Roma.

Si noti che Roma, attraverso il proprio predominio militare, ha posto le basi di uno sfruttamento anche economico di queste regioni, già estremamente depauperate - anche prima di venire sottomesse - da continue guerre intestine e fratricide. Tuttavia una tale situazione di subalternità - risvegliandone l'orgoglio - induce queste ultime a cercare un riscatto da tale degrado.

Proprio per questo, sotto la guida di Antonio e di Cleopatra si forma una Confederazione di stati orientali (i quali peraltro accettano pur sempre il legame con l'autorità centrale di Roma), i quali cercano di affermare la propria indipendenza, se non addirittura il proprio predominio, nei confronti delle zone occidentali.

Sarà il tardo Impero - con la propria divisione in due zone indipendenti: una occidentale e l'altra orientale - a vedere effettivamente il trionfo di questa visione politica: una visione che tuttavia, per il momento, costituisce ancora una strada impraticabile. Troppo schiaccianti sono infatti la potenza e la superiorità dell'Occidente e delle sue regioni (più giovani, meglio organizzate e più ricche) rispetto a quelle orientali!

La guerra tra i due eserciti non viene, difatti, praticamente nemmeno combattuta.

Il conflitto si divide essenzialmente in due battaglie: la prima combattuta ad Azio sul mare nel 31, e segnata da una facile vittoria di Ottaviano; l'altra invece, decisiva, combattuta sulla terra ferma presso Alessandria nel 30, e vinta di nuovo da Ottaviano.

Al termine della seconda battaglia Antonio, ormai privo di vie di salvezza, si toglierà la vita, seguito subito dopo da Cleopatra.

In tal modo anche l'Egitto, unica regione asiatica rimasta fino ad allora formalmente indipendente - sebbene già orbitante attorno a Roma - diverrà ufficialmente una provincia romana, mentre, con tale acquisizione, l'Impero giungerà a ricomprendere al suo interno tutte le regioni civilizzate allora conosciute: sia in Europa, sia in Africa, sia in Asia (con l'eccezione delle lontane regioni dell'Impero dei Parti).

d) Cleopatra: i problemi sollevati dalla sua vita e dalla sua morte

Quella di Cleopatra è una figura storica quasi leggendaria, non solo perché dell'Egitto di questi anni ci rimangono pochissime notizie, ma anche per la difficoltà da sempre incontrata dagli storici nell'interpretarne la vita e le azioni.

Se da un lato se ne può dare una interpretazione 'romantica' o sentimentale, che ruota attorno ai suoi amori e alla sua tragica fine, dall'altro si può però anche tentare di dare una spiegazione più realistica e meno poetica dei fatti.

Il suo corteggiare i grandi condottieri romani potrebbe essere infatti interpretato come espressione di un'ansia legata, più che a un desiderio di potere personale, alla volontà di restituire prestigio e lustro alla sua nazione, l'Egitto (e in generale all'Oriente), con le sue millenarie tradizioni e con i suoi splendori.

Anche se - per le ragioni di cui si è appena parlato - un tale tentativo fallisce miseramente (non producendo anzi come risultato che di accelerare il processo di sottomissione e di acquisizione, da parte di Roma, delle regioni orientali rimaste fino ad allora indipendenti) resta il fatto che la missione che la regina si è quasi sicuramente posta, consiste nel riguadagnare alla propria nazione il posto di preminenza che - a suo modo di vedere - le spetta per l'antichità e la nobiltà della sua storia e delle sue tradizioni.

Persino la sua morte apre poi degli scottanti interrogativi: il suo stesso suicidio infatti è passibile di una precisa spiegazione politica e strategica.

Qualora difatti ella si fosse arresa di fronte al nemico, avrebbe (secondo la tradizione egizia) reso lecito a questi dichiararsi l'erede a tutti gli effetti della sua regalità.

Ma nel momento stesso invece in cui ella si toglie la vita sfuggendo alla cattura, preclude a Ottaviano ogni possibilità di decretare una propria successione dinastica.

E in un paese come l'Egitto (la cui amministrazione è profondamente legata a presupposti dinastici di natura religiosa, avendo una tale monarchia un carattere divino) una dominazione iniziata sotto tali auspici di illegittimità non pone di certo le basi per un fruttuoso rapporto tra dominatori e dominati!

3.1. La nuova Roma di Augusto (guarda lo schema dei poteri di Augusto)

Dopo la battaglia di Azio, Ottaviano può già considerarsi l'uomo più potente di tutto l'Impero: egli sa infatti di essere prossimo a ereditare tutti i domini e gli strumenti di potere (tra i quali vi sono, in primo luogo, gli eserciti) del proprio avversario, l'unico che possa competere con lui per ricchezza e per influenza politica.

Anche Ottaviano - come già Cesare prima di lui - si trova quindi nella spiacevole situazione di dover giustificare i propri poteri reali agli occhi del Senato e nell'ottica delle tradizioni repubblicane.

Enorme è difatti il divario tra i poteri che egli effettivamente assomma nella propria persona, e le cariche di cui attualmente è portatore: allo scadere del mandato triumvirale, egli ha infatti perduto anche quest'ultima prestigiosa carica costituzionale.

Tuttavia, ciò non costituirà per lui un grave problema. Il Senato infatti, ormai in una posizione di volontaria sottomissione, gli faciliterà di molto il compito, conferendogli - tra le altre cose - anche il titolo di 'Augusto'.

La prima azione politica di Ottaviano dopo il 30 sarà la distribuzione delle terre ai veterani del proprio esercito, compiuta tuttavia a spese dell'Egitto (regione ricchissima d'oro, e appena sottomessa) anziché dei nobili romani, coi quali ha stretto una duratura alleanza, sia politica sia ideologica.

Il passaggio all'Impero verrà poi portato avanti nel modo più 'indolore' possibile: ovvero attraverso il rispetto formale delle istituzioni repubblicane (soltanto con il tempo gli Imperatori si libereranno difatti dall'opprimente vincolo delle tradizioni patrie).

Ufficialmente, a partire dal 23, Augusto riveste solo due cariche - cui se ne aggiungeranno successivamente altre -, ossia il comando proconsolare sulle province romane (e sui loro eserciti), e la potestà tribunizia sulla città di Roma (una carica che in passato era stata assegnata anche a Cesare, e che dà a chi la detiene la possibilità di convocare le Assemblee, proporre le leggi e esercitare il diritto di veto: in pratica il controllo stesso della vita politica della città).

Inoltre, se in Occidente Ottaviano Augusto cercherà di evitare la diffusione del culto della propria persona (preferendogli quello dello Stato: si pensi all'Eneide di Virgilio, che celebra l'eterna gloria di Roma); nelle regioni orientali invece - nelle quali esso entra decisamente più in sintonia con la tradizione dell'assolutismo politico - egli farà in modo che un tale culto si diffonda e venga ampiamente praticato.

Ma per quale ragione è tanto sentita (e praticata) l'esigenza di un potere supremo, ovvero di un potere imperiale?

Il motivo principale (oltre al fatto che Ottaviano possieda le leve ormai fondamentali del comando: vale a dire gli eserciti, l'approvazione e il sostegno politico dei ceti finanziari e mercantili - in realtà poco legati, nonostante le apparenze, alle tradizioni repubblicane - e quello delle masse popolari) sta nella vastità stessa dell'Impero.

Tale caratteristica infatti - per la quale esso assomma al proprio interno una miriade di differenti culture, tradizioni politiche e religiose, disposizioni, eserciti e in generale interessi particolaristici (si pensi, soltanto nella città di Roma, al dissidio politico tra i cavalieri e la nobiltà fondiaria) - rende estremamente viva l'esigenza di un'autorità che si collochi 'super partes', e che sia quindi capace di operare una mediazione tra i diversi punti di vista, spesso davvero inconciliabili tra loro.

In questo senso si crea, a partire da questi anni, una latente separazione tra la sfera più genericamente economica e quella più propriamente politica. Lo Stato infatti (e in primis l'Imperatore, ovvero il suo vertice) si pone su un piano differente rispetto alle parti sociali che lo compongono, un piano che solo gli permette di trovare l'equilibrio necessario a porre in atto tale opera di mediazione.

Da questo punto di vista, l'Impero romano si avvicina dunque, facendola propria, alla tradizione politica degli assolutismi orientali.

Come in Oriente - ad esempio in Egitto - vi è un Faraone (o chi per esso) che attraverso il proprio potere assoluto tiene a freno i vari particolarismi locali, nell'Impero romano vi è invece un Augusto capace di arbitrare, almeno in un certo grado, i conflitti ideologici e d'interesse che si instaurano tra le differenti classi sociali e le diverse aree geografiche e culturali.

Non bisogna però ignorare neanche come, tra queste due diverse aree geo-politiche, sussistano delle differenze molto profonde: mentre infatti in Oriente un tale tipo di governo è dovuto alla notevole arretratezza di sviluppo delle forze produttive (arretratezza che ha impedito la formazione delle classi sociali, ovvero il superamento di uno Stato basato ancora sulle caste); in Occidente, al contrario, una tale soluzione - quella imperiale - è il risultato della tensione esasperata tra tali classi, e della conseguente esigenza di porre in atto a livello politico una conciliazione o una pacificazione tra esse.

Alla morte di Ottaviano Augusto (nel 14 d.C.) non vi sarà bisogno di lotte o di rivoluzioni interne perché i poteri di quest'ultimo (in pratica la carica imperiale) vengano trasferiti ad un successore, nella persona di Tiberio.

Ciò è segno del fatto che - nonostante il rispetto pubblicamente ostentato per l'antica Res-publica - quest'ultima è oramai definitivamente morta: e prima che nelle istituzioni, essa è morta nella mente stessa dei romani!

CONCLUSIONI (77-30 a.C.)

Se nel periodo di Mario e di Silla abbiamo assistito al diffondersi e all'affermarsi dei poteri personalistici e militari contro la supremazia di quelli (più antichi, ma ormai obsoleti) cittadini e repubblicani, in questo secondo periodo assistiamo invece alla definitiva affermazione dei primi sui secondi, secondo una parabola storica che culminerà - dopo la vittoria di Ottaviano su Marco Antonio, nel 30 - con il trionfo pressoché esplicito della soluzione monarchica su quella repubblicana. (E ciò nonostante una tale trasformazione avvenga ufficialmente con il 'beneplacito' del Senato, e nell'ottica di un prolungamento delle antiche tradizioni e istituzioni repubblicane occidentali!).

Si è visto poi come la ragione di questa rivoluzione si trovi essenzialmente nell'incapacità di fatto dei vecchi istituti cittadini e nobiliari a governare la nuova realtà - sia territoriale sia sociale - dell'Impero.

Per tale motivo, dovranno piegarsi alla necessità di un tale cambiamento anche quelle realtà che avevano precedentemente tentato di ostacolarne la realizzazione, ossia la nobiltà terriera romano-italica e la sua istituzione guida, il Senato - realtà che vedranno inoltre, nei prossimi decenni, un potente ridimensionamento dei loro antichi privilegi politici e amministrativi.

Assistiamo infine, al termine questi anni, alle prime frizioni tra le regioni dominatrici d'Occidente e quelle dominate d'Oriente (portatrici di più antiche tradizioni, e come tali estremamente riottose a piegarsi al giogo di una potenza estranea).

A capo di una tale volontà di riscatto si porranno l'Egitto di Cleopatra e la figura 'internazionale' di Marco Antonio, la sconfitta dei quali tuttavia non porrà certo fine alle spinte indipendentiste delle regioni asiatiche!


Il principato di Augusto
La congiura del 22 a.C.
1. Il dopo-Silla: Pompeo al potere
2. La lotta tra Cesare e Pompeo
Vedi la scheda su Livia Drusilla Claudia
Adriano Torricelli

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia
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Aggiornamento: 11/09/2014