LA STORIA CONTEMPORANEA
dalla prima guerra mondiale ad oggi


LA PREPARAZIONE ALLA GUERRA DELLA GERMANIA NAZISTA

I - II - III

LA MILITARIZZAZIONE DELL’ECONOMIA

Dopo l’instaurazione della dittatura nazista l'economia nazionale tedesca venne sottoposta a una ristrutturazione, in conformità con le esigenze della guerra d’aggressione che si veniva preparando.

Nella legge segreta “per la difesa del Reich” del 21 maggio del 1935 si affermava che Hjalmar Schacht - incaricato con pieni poteri nel campo dell’economia di guerra - doveva “mettere tutte le forze economiche al servizio della condotta della guerra”. A questo faceva riscontro un intero sistema di misure che avevano per scopo l'organizzazione della produzione di massa degli armamenti e dei materiali militari e la riduzione dei settori pacifici dell’industria (compresa la produzione artigiana).

La Germania spendeva negli armamenti somme colossali. I mezzi finanziari venivano ricavati dallo sfruttamento di milioni di persone con l’incessante aumento delle tasse, con lo storno dei fondi delle assicurazioni relativi a disoccupazione, invalidità e vecchiaia, con le collette obbligatorie “per il soccorso invernale”, “per la flotta aerea” e “per la difesa antiaerea”.

L'autarchia

Il governo tedesco si sforzava di ridurre l’importazione di generi alimentari e di ampliare il più possibile le sue esportazioni per assicurarsi la quantità di valuta necessaria per la sempre crescente importazione di materie prime strategiche (quali ferro, rame, stagno, petrolio, bauxite ecc.). A questo scopo nel 1934 venne introdotto un “nuovo piano” Schacht, secondo cui l’importazione di certi materiali o generi alimentari poteva essere effettuata soltanto attraverso un sistema centralizzato, con la concessione delle valute e divise necessarie da parte della Banca del Reich.

Contemporaneamente, grazie alle sovvenzioni governative e a un “dumping” privo di scrupoli, venivano incrementate le esportazioni dalla Germania, tanto che nel 1935 venne raggiunta un'eccedenza delle esportazioni rispetto alle importazioni.

Nel settembre del 1936 al congresso del partito nazista a Norimberga Hitler preannunciò un “piano quadriennale” che doveva assicurare l’autarchia all’economia tedesca, cioè la completa indipendenza dai mercati esteri. A capo dell’“ufficio del piano quadriennale” venne messo Göring, autore dello slogan “cannoni al posto del burro”. Questo ufficio cominciò a svolgere un efficace attività per limitare i consumi popolari e organizzare la produzione di materie prime locali e di succedanei (gomma, benzine e fibre sintetiche). Ma il piano quadriennale fu un totale fallimento. Già un anno dopo, nella conferenza segreta dei capi militari, Hitler riconosceva che il raggiungimento dell’autarchia per vari importantissimi tipi di materie prime e per i generi alimentari era un obiettivo inattuabile.

L'agricoltura

Assai tesa era la situazione nell’agricoltura, che ai fini della preparazione alla guerra era stata posta sotto il controllo esclusivo di un organismo diretto a ottenere la “regolamentazione” della produzione agricola. La regolamentazione prevedeva la trasformazione di ogni contadino “in un soldato del fronte dell’alimentazione”, obbligato a seminare non quello che gli sembrava conveniente, ma quello che stabilivano le autorità. I prodotti di ogni azienda erano posti sotto un severo controllo e gran parte di essi doveva esser ceduta dai contadini a prezzi straordinariamente bassi. Gradualmente questa “regolamentazione” diventò sempre più rigida. Secondo una legge del 1937, potevano persino essere tolti al contadino proprietario la casa e la terra in caso di inadempienza verso le disposizioni impartitegli. In questo stesso anno venne introdotto l’ammasso obbligatorio di tutti i cereali da panificazione, cosa che provocò un malcontento particolarmente forte tra i piccoli contadini, dato che una gran parte dell’economia agricola della Germania era indirizzata all’allevamento del bestiame e i contadini comunemente non producevano grano per la vendita, ma essi stessi lo acquistavano dai grossi proprietari fondiari.

La resistenza dei contadini poveri e medi a questa politica di rapina si esprimeva di solito nella riduzione della superficie seminata, nel sabotaggio nella consegna del grano e degli altri prodotti e nel loro occultamento (benché in questo caso fossero previste multe fino a 1.000 marchi, la prigione e i lavori forzati). Nel paese le superfici seminate diminuivano costantemente, nonostante gli sforzi delle autorità naziste. Di conseguenza il raccolto dei cereali si abbassò fortemente. Nel 1937 vennero raccolti 4,4 milioni tonnellate di grano contro i 5,6 milioni del 1933. Calò anche il numero dei capi di bestiame.

L'industria

In questo periodo, mentre gli stabilimenti militari lavoravano in tre turni, gli operai dell’industria leggera, dell’alimentazione e di vari altri rami industriali venivano impiegati con orario ridotto. Un notevole numero di imprese che producevano articoli di consumo cessarono totalmente l’attività a causa della mancata concessione delle materie prime d’importazione necessarie.

In tal modo la militarizzazione dell’economia portava alla riduzione dei consumi. L’economia del paese assumeva un carattere sempre più deformato, e si profilava la minaccia di una crisi economica di ampiezza inusitata.

IL RAFFORZAMENTO DEL POTERE DEI MONOPOLI

La preparazione accelerata alla guerra era accompagnata dalla ulteriore concentrazione del potere economico e politico nelle mani del capitale monopolistico. Nel luglio del 1933 venne promulgata una legge sulla formazione obbligatoria di cartelli. Inoltre, con una successiva legge sulle società per azioni (1937) vennero sciolte le società con capitale inferiore a 100.000 marchi e fu vietata la formazione di nuove società con capitale inferiore a 500.000 marchi.

Nel complesso i monopoli controllavano circa il 70% dell’industria. I più importanti rami dell’industria pesante si trovavano quasi totalmente nelle mani di alcuni giganteschi monopoli; così la “Vereinigten Stahlwerke AG” produceva il 21,5% di tutto il minerale di ferro estratto nella Germania, il 25,5% del carbon fossile, il 98% della ghisa, il 40% dell’acciaio.

Una legge del febbraio 1934 sull'“edificazione organica dell’economia tedesca” citò sei gruppi statali (per l’industria, il commercio, le banche, le assicurazioni, l’energia e l’artigianato), ai quali venivano sottoposti decine di gruppi economici territoriali e di settore. A capo dei gruppi statali in oggetto, con poteri molto estesi, vennero messi i più grossi monopolisti tedeschi: K. von Shröder, Krupp e altri.

Una forma caratteristica del capitalismo monopolistico-statale della Germania nazista era l’attività imprenditoriale statale, che aveva assunto dimensioni colossali. Il complesso “Hermann Göring”, creato nel 1937, si trasformò in breve tempo in una delle più grosse organizzazioni monopolistiche della Germania.

I ceti medi della popolazione non ottennero dallo Stato nazista l’aiuto che era stato loro promesso. Centinaia di migliaia di possessori di piccole imprese vennero rovinati in seguito al contingentamento delle importazioni e alla ripartizione delle materie prime introdotti dagli hitleriani nell’interesse dei monopoli. Non vennero realizzate nemmeno le promesse sulla liquidazione degli esosi tassi d’interesse bancari, sull’assistenza allo sviluppo dell’artigianato e del piccolo commercio e sugli aiuti ai contadini.

In realtà il dominio dei grandi e dei grandissimi monopolisti si rafforzò in modo smisurato nell’industria e nel commercio. Nella Germania nazista più fortemente che negli altri paesi capitalistici si manifestavano la militarizzazione della economia, le colossali spese improduttive, l’aumento del ceto dei percettori di rendite, la crescita dell’apparato burocratico, il rafforzamento degli organi di coercizione.

IL COMPLETAMENTO DELLA FASCISTIZZAZIONE DELL’APPARATO STATALE

I nazisti crearono un colossale apparato burocratico: il numero degli impiegati statali passò da 2,7 milioni a 4 milioni di persone. Un ruolo sempre crescente veniva esercitato in esso dal partito nazista, che secondo una legge promulgata nel 1933 veniva dichiarato “portatore dell’idea dello Stato tedesco” e veniva considerato come “indissolubilmente legato con lo Stato”.

Nel gennaio del 1934 il Reichstag approvò la legge sulla nuova organizzazione dello Stato che aboliva le rappresentanze popolari nelle varie regioni (Ländern) e trasferiva tutti i loro diritti al governo del Reich. Nel febbraio dello stesso anno venne eliminata l’assemblea dei rappresentanti dei Ländern (Reichsrat).

Nel sistema della dittatura nazista un posto preminente era occupato nei primi tempi dai reparti d’assalto (Stürme-Abteilungen, SA), che raggruppavano circa 3 milioni di persone, reclutate essenzialmente tra i bottegai, gli impiegati, i contadini medi e in parte anche fra i piccoli contadini.

Nella primavera del 1934 nei reparti d’assalto, in seguito all’intensificato malcontento dei ceti medi della popolazione, si sviluppò un certo spirito di opposizione. Fra i reparti d’assalto c’erano non pochi individui che avevano creduto alla demagogia anticapitalistica del nazismo e che ora, sentendosi ingannati, chiedevano una “seconda rivoluzione” per porre fine allo strapotere del grosso capitale.

I comandi delle SA - che non avevano motivi di divergenze politiche con Hitler - cercarono di utilizzare questi fermenti per i propri fini di carriera, assumendo il controllo della “Reichswehr” (forze armate tedesche), trasformando così i propri reparti nel nucleo centrale di un futuro esercito forte di molti milioni di soldati.

I circoli dei generali e degli alti ufficiali, che appoggiavano in tutto e per tutto Hitler, non desideravano certo cedere la guida della macchina militare ai membri delle SA, e per questo richiesero a Hitler di destituire i capi dei reparti d’assalto e di epurare le formazioni SA dagli elementi infidi. Questa richiesta venne sostenuta dai dirigente dei monopoli della Ruhr Thyssen, Krupp ecc.

Nell’incontro ch'ebbe con loro a Essen alla fine del giugno 1934, Hitler li rassicurò che avrebbe messo fine all’opposizione delle SA e ottenne in cambio la promessa di ottenere la carica di capo dello Stato dopo la morte di Hindenburg.

Il 30 giugno a Berlino, Monaco e in altre città gli hitleriani iniziarono una sanguinosa repressione contro i partigiani della “seconda rivoluzione” in quella che è passata alla storia come “notte dei lunghi coltelli”. Il numero delle vittime superò le 1.000 persone. Fra gli uccisi c’erano i capi dei reparti d’assalto, fra cui E. Röhm, K. Ernst, E. Heines.

Sfruttando la situazione, gli hitleriani uccisero anche alcune personalità politiche che avrebbero potuto diventare pericolose nel caso di un capovolgimento della situazione, tra cui l’ex cancelliere del Reich von Schleicher e il caporione fascista Gregor Strasser, caduto in disgrazia. Il vicecancelliere in carica, von Papen, si salvò per caso.

Il 2 agosto dello stesso anno morì il presidente del Reich Hindenburg. Hitler assunse i poteri di presidente e si proclamò “Führer e cancelliere del Reich”. Per dare a questo abuso un'apparenza di legalità egli lo regolarizzò con un plebiscito. Ma nonostante l’impiego di un terrore generalizzato, più di 5 milioni di persone si espressero contro la dittatura di Hitler.

Questo voto provocò inquietudine fra i seguaci della dittatura nazista, ma le forze democratiche che operavano nella clandestinità non seppero approfittare della situazione che si era venuta a creare. Gli hitleriani riuscirono così a risolvere la crisi insorta nel regime nazista e a completare la fascistizzazione dell’apparato statale.

Dopo il 30 giugno la forza numerica delle SA venne notevolmente ridotta, mentre aumentò l’influenza dei cosiddetti reparti di sicurezza, le SS (Schutz-Staffel). I grossi industriali, gli junkers, i funzionari dell’apparato statale cercavano di arrivare ai gradi elevati in questa organizzazione.

Un enorme importanza venne assunta dalla polizia segreta di Stato (Geheime Staatspolizei, Gestapo) che aveva avviluppato tutto il popolo tedesco in una rete di spionaggio e di provocazioni. Con una legge speciale (1935) la Gestapo venne posta fuori dal controllo degli organi della giustizia, e così poté esercitare impunemente la sua attività terroristica. La Gestapo estese i suoi tentacoli anche fuori dell’ambito della Germania, installando proprie basi e agenzie negli altri paesi.

IL TERRORE E LA DEMAGOGIA FASCISTI

Le SS e gli agenti della Gestapo eliminarono con un’azione spietata i migliori rappresentanti del popolo tedesco. Migliaia di antifascisti vennero torturati e trucidati, centinaia di migliaia vennero rinchiusi nelle prigioni e nei campi di concentramento. Caddero vittime del terrore nazista illustri combattenti antifascisti come il collaboratore di Thälmann, John Scheer; i dirigenti del proletariato di Amburgo, i comunisti Edgar André e Fiete Schulze, l’illustre pubblicista progressista Karl Ossietzkv, premio Nobel per la pace nel 1915, lo scrittore Erich Mühsam e tanti altri.

Il prigioniero più odiato dagli hitleriani era Ernst Thälmann. I nazisti avevano intenzione d’istruire contro di lui un clamoroso processo e lo avevano già annunciate pubblicamente; ma temendo un nuovo fallimento come quello che si era verificato in occasione del processo di Lipsia per l’incendio del Reichstag, furono costretti a rinunciare alle loro intenzioni.

Accanto a un terrore disumano i nazisti utilizzavano largamente anche la demagogia, corrompevano il ceto più elevato degli operai per mezzo di gratifiche, aumento delle ferie ecc., avvelenavano il popolo con lo sciovinismo, inculcando il culto della guerra e del valore militare.

Parte essenziale dell’ideologia del nazismo era la cosiddetta dottrina razziale, codificata nella legislazione statale come un dogma. La propaganda del razzismo doveva favorire il diffondersi di atteggiamenti nazionalistici e distrarre l’attenzione delle masse, in particolare della piccola borghesia, dalla ineguaglianza sociale, spiegando tutti i malanni con lo strapotere degli ebrei e degli altri “stranieri”. Essa inoltre preparava ideologicamente la giustificazione di una guerra di conquiste territoriali, per l’asservimento dei popoli “inferiori” da parte della razza “tedesca”.

Avendo come obiettivo soltanto gli interessi dei gruppi sociali più elevati, i nazisti insistevano sull’unità della nazione per conciliare le contraddizioni di classe e dirigere tutte le forze del popolo all’attuazione dei piani aggressivi dei monopolisti e degli junkers.

Un posto di non minore importanza nell’ideologia nazista era occupato dalla falsa teoria della “sovrappopolazione” della Germania, con cui si nascondeva l’ineguaglianza sociale. I nazisti affermavano che l’unico modo per porre fine a questa “sovrappopolazione” era la lotta per lo “spazio vitale”, cioè la conquista dei territori appartenenti ad altri popoli, e in prima luogo agli slavi. Per conferire un’apparenza scientifica a queste e ad altre teorie irrazionali, gli hitleriani utilizzavano ogni tipo di pseudoscienziati, come i “geopolitici”, gli “esperti della razza” che si adattavano a raccogliere “argomentazioni” a favore delle loro idee inumane.

LA SITUAZIONE DELLA CLASSE OPERAIA

La dittatura nazista era rivolta in primo luogo contro il proletariato. I nazisti avevano distrutto le organizzazioni politiche e professionali della classe operaia, l’avevano privata dei diritti più elementari e delle libertà democratiche.

La legge del 20 gennaio 1934 “Sull’ordinamento del lavoro nazionale” liquidò in un solo colpo i risultati di molti decenni di lotta dei proletari tedeschi: abolì i consigli di fabbrica e d’officina e permise agli imprenditori d'introdurre unilateralmente le norme regolamentari interne, di stabilire la durata della giornata lavorativa, i termini e la forma del pagamento del salario, l’applicazione delle multe e il licenziamento senza preavviso degli operai.

In sostituzione dei consigli di fabbrica e d’officina veniva creato l’istituto dei “fiduciari”, eletti sulla base di liste formate dal proprietario dell’azienda. Più tardi, quando agli operai riuscì di ottenere in varie aziende l'elezione di “fiduciari” che rappresentavano effettivamente i loro interessi, venne abolita anche l’eleggibilità dei fiduciari.

Nel 1934 le autorità naziste proibirono tassativamente il trasferimento degli operai agricoli nelle città. Successivamente altre ordinanze introdussero limitazioni nel diritto di mutare lavoro per i metalmeccanici e per gli operai dell’industria chimica e dell’edilizia.

Nel giugno del 1935 il governo decretò il servizio obbligatorio di lavoro per i giovani e le ragazze di età inferiore ai 25 anni, che nel 1938 venne estesa a tutta la popolazione adulta della Germania. Milioni di persone lavoravano in sostanza gratuitamente alla costruzione di impianti strategici, caserme, aerodromi, nelle officine “Hermann Göring” e in altre imprese statali.

Nonostante l’aumento della produzione e l’insufficienza della manodopera in alcuni rami dell’industria, persino le statistiche ufficiali falsificate ammettevano la presenza nel 1937 di oltre 900.000 disoccupati. In realtà erano molti di più. Centinaia di migliaia di persone appartenenti a determinate categorie non venivano incluse dai nazisti negli elenchi dei disoccupati: gli elementi sospetti, gli adolescenti che dovevano prestare il servizio del lavoro o che venivano inviati obbligatoriamente quali “aiutanti” nelle grosse aziende dei proprietari fondiari ecc. In realtà nel 1937 il numero dei disoccupati raggiungeva 2,7 milioni.

Si era notevolmente intensificato il ritmo di lavoro degli operai ed era aumentata la durata della settimana lavorativa. In molte imprese che eseguivano commesse militari il turno di lavoro durava da 12 a 14 ore. Il salario medio reale dell’operaio tedesco era nel 1937 solo del 9% superiore a quello del 1932. Nello stesso periodo i monopolisti avevano realizzato utili colossali. P.es. i profitti lordi della “Vereinigten Stahlwerke AG” passarono dai 100 milioni di marchi del 1934 ai 257 milioni del 1937; quelli della Krupp passarono nello stesso periodo da 128 a 317 milioni di marchi. Le spese sostenute dai fabbricanti di cannoni della Ruhr, dai padroni delle aziende chimiche, metallurgiche e dalle compagnie aeronautiche per portare al potere la cricca hitleriana erano state completamente ammortizzate.

IL MOVIMENTO ANTIFASCISTA
LA LOTTA DEL PARTITO COMUNISTA PER UN FRONTE UNICO DELLA CLASSE OPERAIA

Il malcontento verso il regime nazista abbracciava non soltanto i lavoratori, ma in parte anche esponenti delle classi abbienti. Alcuni strati della borghesia erano scontenti per lo strapotere dei monopoli; parte del clero, soprattutto protestante, osteggiava il disegno dei nazisti di porre sotto controllo la Chiesa.

Tra gli ufficiali c’erano avversari dei metodi hitleriani di preparazione della guerra. Ma questi circoli dell’opposizione borghese non si decidevano a intraprendere un’opposizione attiva, e soltanto in rari casi personalità pubbliche osavano giungere a proteste aperte contro i crimini del nazismo: una di queste fu il pastore protestante Martin Niemöller, che pronuncio un audace sermone sulla sostanza antiumana dello hitlerismo e che nel 1937 venne perciò rinchiuso in un campo di concentramento.

Una resistenza decisa all’oppressione nazista venne opposta soltanto dalla classe operaia. Cercando d’impedire la preparazione della guerra da parte della Germania hitleriana, i proletari antifascisti frenavano i ritmi di lavoro, ricorrevano a scioperi di breve durata, che avevano nella maggior parte dei casi carattere economico, ma nelle particolari condizioni della dittatura hitleriana assumevano anche un carattere politico. In poche settimane, nel corso dei mesi di luglio-agosto 1935 vennero registrati da parte dell’autorità nazista 13 scioperi e 39 atti di sabotaggio. Alla testa degli antifascisti operavano i comunisti, che non avevano interrotto la lotta nonostante le feroci persecuzioni.

Nei primi anni della dittatura nazista il partito comunista subì grandi perdite e dovette riorganizzarsi in una situazione straordinariamente gravosa, attenendosi alle norme della più rigorosa clandestinità. Gradualmente venne approntato un sistema di gruppi cospirativi molto flessibile che pubblicavano stampa illegale, attuavano trasmissioni-radio clandestine, diffondevano tra la popolazione giornali e opuscoli ricevuti da oltre confine. Nel 1935 la Gestapo scoprì 1 milione 670.000 esemplari di pubblicazioni illegali e, nel 1936, 1 milione 643.000 ma si trattava solo di una parte di tutta la letteratura clandestina.

Nel 1934 la direzione del Partito comunista tedesco invitò tutti gli antifascisti a utilizzare fin dove possibile anche le possibilità legali, e tra queste il lavoro all’interno delle organizzazioni di massa create dai nazisti, come il “Fronte del lavoro” (che aveva sostituito le organizzazioni professionali), le società sportive ecc.

La conferenza del Partito comunista tedesco che si riunì nell’ottobre del 1935 a Mosca (conosciuta come conferenza di Bruxelles) si pose come compito l’eliminazione a qualunque costo della rovinosa scissione della classe operaia, l’attuazione nell’illegalità di un fronte unico dei comunisti e dei socialdemocratici, e la creazione di un vasto fronte popolare. Nelle risoluzioni della conferenza si faceva notare che solo la stretta unione combattiva di tutti gli autentici antifascisti, indipendentemente dalle loro convinzioni politiche, poteva assestare un colpo decisivo alla dittatura nazista. Tuttavia la lotta per il fronte unico operaio e per il fronte popolare si scontrava contro l’ostinala opposizione della direzione della socialdemocrazia tedesca a collaborate con il partito comunista.

Alla fine del 1935 e negli anni successivi si tennero a Praga e a Parigi alcuni incontri fra i rappresentanti del Comitato centrale del Partito comunista tedesco e quelli della direzione del partito socialdemocratico, ma questi incontri si conclusero senza risultati concreti.

Nel 1936 venne creato a Parigi, sotto la presidenza di H. Mann, un comitato per la preparazione del fronte popolare tedesco, in cui entrarono rappresentanti del partito comunista. del partito socialdemocratico e di altre correnti dell’emigrazione antifascista. Però la posizione dei socialdemocratici di destra limitava l’estensione dell’attività di questo comitato.

Tuttavia a Berlino, nel Württemberg e in altre regioni venne raggiunta un’intesa tra comunisti e socialdemocratici su azioni comuni contro il terrore fascista, le spie e i provocatori e per portare aiuto alle vittime dei carnefici fascisti. Uno stretto contatto tra le organizzazioni comuniste e quelle socialdemocratiche esisteva anche nell’Assia, mentre nella regione del Reno si avviò la collaborazione con i lavoratori cattolici.

Alla fine del 1936 sorse a Berlino il gruppo antifascista “Fronte popolare tedesco”, il cui programma concordava su molti punti con le tesi accolte dalla conferenza “di Bruxelles” del partito comunista. Come risultato di questa collaborazione si ebbero alcuni importanti scioperi negli stabilimenti Opel a Rüsselsheim nel 1936 (contro la riduzione dei salari), mentre nel 1937 i minatori della Saar scesero in lotta contro l’aumento della durata della giornata lavorativa, dei turni domenicali ecc.

Gli antifascisti tedeschi offrirono un bell’esempio di solidarietà internazionale nel periodo della guerra civile e dell’intervento italo-tedesco in Spagna. Superando enormi difficoltà, essi inviarono in Spagna gruppi di volontari per partecipare alla lotta dei repubblicani. In Germania si svolsero raccolte di denaro a favore della repubblica spagnola.

I comunisti non riuscirono tuttavia a raggiungere lo scopo principale: la creazione in Germania di un fronte unico operaio e popolare. La responsabilità del perpetuarsi della frattura tra il proletariato, e di conseguenza anche della debolezza del movimento antifascista, ricadeva essenzialmente sui dirigenti della socialdemocrazia.

IL RIARMO E IL PASSAGGIO ALLA PREPARAZIONE APERTA DELLA GUERRA

Nel 1934 i nazisti si accinsero ad attuare il piano segreto preparato dal ministro della guerra von Blomberg e destinato a elevare gli effettivi dell’esercito sino a 300.000 uomini. Già alla fine dell’anno nella “Reichswehr” si contavano 240.000 tra soldati e ufficiali, per cui assieme ai reparti delle SS le forze regolari della Germania raggiungevano i 480.000 uomini. Oltre a queste forze c’erano poi 1,2 milioni di membri delle SA e numerose formazioni paramilitari, che entrarono più tardi in buon numero a far parte dell’esercito regolare.

Al riarmo segreto della Germania prestavano varie forme di aiuto gli imperialisti degli Stati Uniti e della Gran Bretagna, che miravano a indirizzare l’aggressione hitleriana contro l’Unione Sovietica. I monopoli americani nel corso degli anni 1934 e 1935 inviarono in Germania aeroplani e motori d’aviazione (cosa che ebbe un’importanza particolarmente rilevante, dato che la creazione di una potente aviazione militare era ostacolata in Germania da una certa arretratezza nella costruzione dei motori). Vennero pure comunicati alle aziende tedesche i segreti industriali relativi a certi tipi di produzione particolarmente importanti sotto il profilo militare, e venne finanziato il lavoro di ricerca per la preparazione della benzina sintetica e per la sua produzione.

Nel 1934, quando il governo nazista mancava di valuta e dovette sospendere i pagamenti dei prestiti stranieri, la Gran Bretagna concluse con esso un accordo in base al quale s’impegnava ad acquistare e a pagare in valuta pregiata merci tedesche per un valore di 100 sterline per ogni 55 sterline di valore di prodotti britannici acquistati dalla Germania. In seguito a questa transazione la Germania poté impiegare non meno di 100 milioni di sterline per l’acquisto di materie prime strategiche.

Alla fine di quello stesso anno le società petrolifere anglo-americane si accordarono con l’“IG-Farben” per venderle più di 1 milione di tonnellate di prodotti petroliferi. Utilizzando largamente l’aiuto economico delle potenze occidentali, la Germania intensificava a ritmo veloce la preparazione militare.

Contemporaneamente il governo hitleriano preparava la denuncia unilaterale delle clausole previste dal trattato di Versailles, per eliminare così gli ultimi impedimenti sulla strada della creazione di possenti forze armate, forti di milioni di soldati.

Alla fine del 1934 e all’inizio del 1935, in concomitanza con l’imminente plebiscito nella regione della Saar, i nazisti svilupparono una clamorosa campagna propagandista con la parola d’ordine demagogica della “liberazione della Saar”. Gli imperialisti britannici e americani si pronunciarono a loro volta per il ritorno della Saar alla Germania. I membri dei reparti d’assalto e le SS inviati in questa regione terrorizzavano la popolazione e attuavano rappresaglie contro gli antifascisti. In conclusione la maggioranza della popolazione della Saar si espresse per l’annessione alla Germania.

Nella primavera del 1935 gli hitleriani decisero di rinunciare a mascherare i loro preparativi di guerra. Il 13 marzo 1935 Göring (in qualità di ministro dell’aeronautica) annunciò la ricostruzione dell’aviazione militare, e il 16 marzo il Führer firmò una Legge sull’introduzione del servizio militare generale obbligatorio e la formazione di un esercito di 500.000 uomini. Con ciò la Germania violava unilateralmente i più importanti articoli militari del trattato di Versailles.

Un sistema di sicurezza collettiva, alla cui creazione faceva instancabilmente appello l’Unione Sovietica, avrebbe potuto impedire la preparazione della Germania alla guerra. Ma le potenze occidentali frustravano tutti gli sforzi sovietici per l’organizzazione della resistenza collettiva all’aggressore.
In particolare l’atteggiamento della Gran Bretagna aiutò la Germania hitleriana a tirare in lungo, e successivamente a interrompere le trattative su un patto di sicurezza multilaterale per l’Europa orientale, ch'erano state avviate negli anni 1934 e 1935.

Nel giugno del 1935 ci fu la conclusione dell’accordo anglo-germanico sugli armamenti navali, secondo il quale le forze di guerra tedesche venivano portate al livello del 35% di quelle britanniche e la flotta sottomarina al livello del 45% (venivano cioè equiparate a quelle francesi).

La Germania otteneva il diritto di elevare il tonnellaggio totale della propria flotta militare di oltre 5 volte, mentre il tonnellaggio della flotta sottomarina sarebbe stato aumentato anche oltre i limiti fissati se si fossero verificate “circostanze particolari”, termine col quale s’intendeva la guerra contro l’Unione Sovietica.

I tentativi di “accontentare” la Germania nazista, intesi a utilizzarla come arma contro l’Unione Sovietica, non eliminarono neppure in parte i profondi antagonismi fra essa a le altre grandi potenze imperialiste. La Germania infatti conduceva un continuo attacco non soltanto alle posizioni economiche, ma anche a quelle politiche della Gran Bretagna, della Francia e degli Stati Uniti.

Nella primavera del 1936 il governo nazista decise di effettuare un altro passo sulla via della violazione unilaterale dei trattati internazionali, facendo entrare le proprie truppe nella zona smilitarizzata della Renania. L’incoraggiamento all'aggressione italiana in Etiopia da parte della Gran Bretagna, della Francia e degli Stati Uniti aveva convinto i nazisti ch'essi potevano attuare impunemente i loro propositi. Gli informatori tedeschi a Parigi riferivano a loro volta che la rimilitarizzazione della Renania da parte della Germania non avrebbe incontrato una seria opposizione da parte della Francia.

Tenendo conto di ciò, il 7 marzo 1936 Hitler ordinò alle truppe tedesche di occupare la Renania, e denunciò il trattato di Locarno. L’esercito tedesco era in quel momento molto più debole di quello francese e i reparti entrati nella zona renana avevano l’ordine di ritornare immediatamente indietro in caso di azioni di risposta da parte della Francia. Ma nessuna azione ebbe luogo, benché fosse chiaro a tutti che nel caso in questione si veniva a creare una minaccia in primo luogo per la Francia e il Belgio. I circoli governativi delle potenze occidentali non decisero neppure misure di rappresaglia economiche per fare pressione sulla Germania, benché sanzioni di tal genere avrebbero potuto obbligare gli hitleriani a esaurire in questo periodo tutte le loro risorse di valuta e oro, arrestando l’importazione di materie prime e rallentando di conseguenza il loro riarmo.

I blocchi politico-militari diventarono un’importante componente nella preparazione della nuova guerra mondiale da parte della Germania. Nell’ottobre del 1936 venne ufficialmente siglato l’Asse Roma-Berlino, che già esisteva di fatto, e venne raggiunto un accordo sulla delimitazione delle sfere d’influenza economica dell’Italia e della Germania nell’Europa sud-orientale. Il 25 novembre 1936 venne concluso un altro patto aggressivo delle potenze fasciste, il cosiddetto “patto anti-Komintern” tra la Germania e il Giappone, che prevedeva la lotta comune contro il bolscevismo. La Germania e il Giappone si assunsero l’impegno di coordinare in avvenire i loro atti di politica estera, di non concludere trattati con grandi potenze senza il consenso dell’altra parte e d’intraprendere le misure necessarie “contro coloro che all’interno o fuori del paese operano direttamente o indirettamente in favore dell’Internazionale comunista”. In un allegato segreto si affermava la necessità della lotta comune contro l’Unione Sovietica.

Il “patto anti-Komintern” però era rivolto anche contro gli interessi degli Stati Uniti, della Gran Bretagna e della Francia. Il 6 novembre 1937 aderì al patto “anti-Komintern” anche l’Italia fascista. Alla Germania veniva lasciata libertà d’azione nell’Europa centrale e nei Balcani, mentre l’Italia otteneva dalla Germania appoggio nell’attuazione dei propri piani nel bacino del Mediterraneo.

In quegli stessi giorni Hitler tenne una riunione segreta cui parteciparono i dirigenti militari von Blomberg, von Fritsch, Raeder, Göring e il ministro degli affari esteri von Neurath. Nella riunione si esaminarono le direttive concrete per la conquista dello “spazio vitale”, cioè l’occupazione dell’Austria e della Cecoslovacchia. Hitler dichiarò che il programma di armamenti era sostanzialmente completato. La Germania era pronta a passare alla fase delle aggressioni armate aperte.

La II guerra mondiale


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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia
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Aggiornamento: 25/11/2014