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Edizione 1 luglio 2022

Pubblicizza questo libro come credi, anche facendone oggetto di commercio, ma se lo modifichi non attribuire a me cose che non ho mai detto, a meno che tu non pensi di contribuire alla causa di un socialismo davvero democratico.

MIKOS TARSIS

La guerra totale

oltre il globalismo unipolare

La verità e la menzogna passano per la stessa bocca
e non lasciano traccia.

José Saramago

Amazon

Nato a Milano nel 1954, laureatosi a Bologna in Filosofia nel 1977,

già docente di storia e filosofia, Mikos Tarsis (alias di Enrico Galavotti) si è interessato per tutta la vita a due principali argomenti:

Umanesimo Laico e Socialismo Democratico, che ha trattato in www.homolaicus.com

Per contattarlo:

info@homolaicus.com

Sue pubblicazioni su Amazon.it

Premessa

 

 

 

Questo libro è il seguito di altri due già pubblicati, aventi per titolo La truffa ucraina, che si basava sui post collocati in Facebook dall’inizio della guerra ucraina sino alla fine di marzo, e Il signore del gas, relativo ai post dal 1 aprile al 9 maggio, giorno della parata moscovita per la vittoria sul nazifascismo nella guerra patriottica.

Anche tutti questi post sono stati messi nel sito diariofacebook.it e anche in questo libro si è rispettata la cronologia e si sono fatte correzioni e precisazioni là dove necessario. Le principali fonti di questi post sono sempre state prese da vari canali controinformativi di Telegram, da alcuni sitiweb molto importanti e da alcuni video trovati su Youtube. Solo in casi particolari sono stati riportati i contenuti dei tanti video linkati.

Ribadisco che se ci sono stati errori di valutazione, vanno attribuiti esclusivamente a me. Non sono mai stati, tuttavia, così gravi da farmi meritare la censura di Facebook (avvenuta ancora altre volte), la cui linea editoriale è sempre stata smaccatamente a favore dell’Ucraina e ovviamente dei Paesi occidentali e della NATO.

Con questo social, finita la guerra, chiuderò per sempre l’interazione. Infatti non è possibile permettergli di sfruttare i miei post a fini pubblicitari, visto che sta dalla parte del governo filonazista di Kiev, e visto che censura qualunque video provenga da fonte russa, e non permette di citare certe fonti russe sul web. È arrivato persino a non saper più distinguere un post ironico da uno serio, anche perché si affida a fact-checker del tutto tendenziosi, spesso automatizzati.

Facebook è divenuto incompatibile con la democrazia, per non parlare dei danni provocati sul piano della privacy, che han scandalizzato il mondo intero. Non ha più ragione di esistere. Ringrazio solo tutti quelli che mi hanno seguito appassionatamente e quelli con cui ho discusso in maniera civile, senza aver bisogno di bloccarli a causa degli insulti. Penso che abbiano fatto bene i russi a bandire questo social dalla loro nazione e a mettere Mark Zuckerberg nell’elenco delle persone indesiderate.

Personalmente non ho mai avuto dubbi che i russi avrebbero vinto questa guerra, iniziata nel 2014, quando Kiev, dopo il colpo di stato appoggiato dagli americani, decise di eliminare le due repubbliche autonome del Donbass che non l’avevano accettato, e per fare questo cominciò a servirsi dei neonazisti. Non solo questi ultimi andrebbero processati per le loro incredibili efferatezze, ma anche tutti i membri del governo, che non hanno mai fatto nulla per impedirle (anzi le hanno approvate e a volte persino ufficialmente).

Non credo che vi sia differenza tra le parole “nazionalista” e “neonazista”, almeno non in Ucraina. Temo anzi che l’estrema destra, dopo la sconfitta degli ucraini, tenderà a diffondersi in tutta Europa, col sostegno delle istituzioni degli USA, della UE e della NATO. Questo perché aumenterà la povertà e l’immigrazione dei Paesi più poveri di noi. E di fronte alle rivolte popolari i poteri dominanti fan presto a diventare dittatoriali.

La Russia ha fatto la sua parte, eliminando il neonazismo nei pressi dei propri confini. Ora bisognerà vedere cosa sapranno fare gli europei. Di sicuro non riceveranno alcun aiuto dalla Russia finché manterranno tutte le sanzioni e l’isolamento che le hanno imposto.


 

Maggio

 

Le bugie sono per natura così feconde, che una ne suole partorire cento.

(Carlo Goldoni)

 

 

[10]

 

A rischio la raffineria Isab di Priolo

 

A causa delle sanzioni petrolifere verso la Russia si sta paventando l’ipotesi della chiusura della raffineria Isab di Priolo Gargallo (provincia di Siracusa), che Litasco SA (con sede in Svizzera) ha acquistato qualche anno fa dal Gruppo Erg. È la più grande che abbiamo in Italia.

Ciò porterebbe a un tracollo finanziario dell’intera zona, dato che il 50% del PIL proviene proprio dalla raffineria. I 10,6 milioni di tonnellate (in media) di greggio raffinato l’anno costituiscono il 13,6% del totale nazionale, ma la capacità di raffinazione può raggiungere i 19,4 milioni di tonnellate di greggio l’anno (circa il 22,2% del totale nazionale).

I posti di lavoro (tra i 1.000 effettivi e indotto) che andrebbero perduti si stima siano circa 10.000.

La totalità del greggio lavorato arrivava dai pozzi controllati da Lukoil, mentre ancora non era soggetta a sanzioni. Tuttavia il fondatore e comproprietario della Lukoil (la più grande compagnia petrolifera privata russa) ha rassegnato le dimissioni pochi giorni dopo che lui e altri magnati russi erano stati sanzionati dall’Australia e dal Regno Unito per l’operazione russa in Ucraina.

Il governo Draghi starebbe valutando la nazionalizzazione temporanea della raffineria. Ma guarda, diventa comunista suo malgrado!

 

Europa furiosa contro la Svizzera

 

L’Europa è furiosa: la Svizzera neutrale impedisce la fornitura di munizioni tedesche all’Ucraina. Infatti se è vero che le munizioni di fabbricazione svizzera vengono utilizzate per i veicoli da combattimento della fanteria tedesca di tipo Marder, è anche vero che il governo svizzero ne limita la riesportazione in Ucraina ponendo il veto alle richieste della Germania.

Sinceramente parlando fa un po’ ridere la neutralità svizzera, che approva tutte le sanzioni ma non l’invio di armi. Come se le sanzioni economiche non fossero armi contro i cittadini russi.

Scholz comunque ha detto che la possibilità di fornire armi dalle scorte della Bundeswehr è quasi esaurita.

T’immagini se in questo momento la Russia dichiarasse guerra a una Germania disarmata? Chi vincerebbe? Anche tutte le altre nazioni della NATO si stanno disarmando per rifornire gli ucraini. E ciò serve solo per prolungare l’agonia.

 

Mentana e Fabbri

 

Enrico Mentana e Dario Fabbri non se la possono prendere che nel Donbass e nella Transnistria ci siano così tanti filorussi che festeggiano la loro liberazione dal regime oppressivo di Kiev.

Ancora non hanno capito che in Ucraina ci sono due nazioni che i neonazisti volevano ridurre a una. Pensavano che l’assenza di valori tipica di noi occidentali fosse presente anche tra i russofoni.

 

*

 

Mentana e Fabbri su LA7 travisano completamente il discorso di Putin alla parata riferito al progetto del governo di Kiev di porre fine all’autonomia delle due repubbliche del Donbass e della Crimea.

Secondo loro Putin si riferiva a un attacco sostenuto dalla NATO. Ma questo è ridicolo, poiché l’Ucraina non fa parte della NATO. L’attacco sarebbe stato fatto dall’esercito e dai neonazisti ucraini entro la prima metà di marzo 2022 (come risulta dai documenti ritrovati dall’esercito russo), dopodiché Kiev avrebbero chiesto di entrare nella NATO (come preventivato dalla Costituzione), in quanto sarebbe stato impossibile che la Russia non avesse reagito.

Di qui il fatto che Putin parli di “intervento preventivo”, che ha colto gli ucraini di sorpresa.

 

Missouri e Lousiana contro Washington

 

Gli Stati americani Missouri e Louisiana hanno intentato una causa contro l’amministratore Biden e diversi alti funzionari per presunta “collusione con società di social media per sopprimere la libertà di parola” col pretesto di combattere la “disinformazione”.

La causa intentata sostiene che l’amministrazione di Biden sia collusa e abbia fatto pressioni sui giganti dei social media Meta, Twitter e Youtube per sopprimere e censurare la libertà di parola su argomenti come la storia del laptop di Hunter Biden, la Lab Leak Theory[1], il mandato delle mascherine, il lockdown, le origini del Covid-19 e altri aspetti.

 

Un Paese normale...

 

In un Paese normale, veramente democratico, i politici, prima d’imporre sanzioni alla Russia, avrebbero dovuto consultare come minimo gli imprenditori e gli economisti. Invece ora devono fare marcia indietro perché, non avendo alcuna cognizione della realtà, stanno portando il Paese al baratro.

Un governo di cialtroni e di arroganti, viziati da ideologie che ricordano la guerra fredda...

 

Incredibile intervista a Richard Black

 

Mike Billington, dell’Executive Intelligence Review e dello Schiller Institute, ha intervistato il colonnello e senatore americano Richard Black.

Il quale ha detto, senza giri di parole: la Russia è forse più ricca di risorse naturali di qualsiasi altra nazione sulla Terra. È un grande produttore di grano, petrolio, alluminio, fertilizzanti, un numero enorme di cose che sono legate all’intera economia globale. Impadronirsene sarebbe una gran cosa. Anche nei confronti dell’Ucraina si è cercato di farlo.

Gli occidentali hanno iniziato a muoversi contro la Russia, quasi immediatamente dopo la dissoluzione dell’URSS nel 1991, cui ha fatto seguito quella del Patto di Varsavia.

Non c’era motivo che la NATO continuasse ad esistere, anche perché la Russia voleva disperatamente far parte dell’occidente. Il capo di Gazprom, la più grande compagnia in Russia, mi diceva che lottavano per rendere i loro media liberi come in occidente. Ci vedevano molto più liberi e aperti di quanto non lo fossimo.

Sono passati da un Paese ufficialmente ateo alla nazione di gran lunga più cristianizzata d’Europa. Il governo stesso sosteneva la Chiesa ortodossa. Hanno cambiato la loro Costituzione per dire che il matrimonio era tra un uomo e una donna. Sono diventati molto restrittivi sulla pratica dell’aborto. Hanno fermato la pratica delle adozioni straniere.

Purtroppo per loro però gli Stati Uniti hanno da molto tempo una strategia politico-militare di espansione dell’impero. L’abbiamo fatto in Medio Oriente, e dopo abbiamo cercato di muoverci verso l’Europa dell’est, quasi fino al confine russo.

Agli USA e alla NATO non interessa quanti ucraini muoiono: per loro conta vincere. Li stiamo rifornendo di moltissime armi, ma alla fine penso che la Russia vincerà.

Putin ha fatto uno sforzo disperato per fermare la marcia verso la guerra nel dicembre 2021, perché in quel momento l’Ucraina stava raccogliendo truppe per attaccare il Donbass. Ma la NATO non ha mai cominciato dei negoziati seri.

È stato a quel punto che Putin ha deciso che doveva colpire per primo. Non era un attacco pianificato, almeno non come quello di Hitler alla Polonia, dove la regola standard era che chi attacca deve sempre avere un vantaggio di 3 contro 1, nei carri armati, nell’artiglieria, negli aerei e negli uomini.

La Russia invece, quando è entrata in guerra con poco preavviso, era addirittura in minoranza rispetto alle forze ucraine: 160.000 uomini contro 250.000! Non solo, ma i militari russi avevano l’ordine di non causare eccessive perdite agli ucraini, perché li consideravano come fratelli slavi.

Pur dominando lo spazio aereo, i russi non hanno bombardato le centrali elettriche, i sistemi dei media, i sistemi idrici e ferroviari, i ponti e così via. Non hanno neppure bombardato gli edifici nel centro di Kiev, né quelli dove si riunisce il Parlamento. Volevano fare un intervento breve e tornare alla normalità. Ma non ha funzionato. La resistenza ucraina era sorprendentemente forte. E così la faccenda è diventata molto più seria. Sicché penso che la decisione sulla pace non venga presa a Kiev ma a Washington. Saranno soltanto gli USA a decidere quando la guerra finirà. Ma è anche vero che i russi non possono permettersi di non vincere questa guerra.

La cosa più curiosa è che l’Ucraina non ha alcun significato per gli americani.

Fonte: movisol.org

 

*

 

Altre cose interessanti ha detto Richard Black:

Se si guarda alla Russia, le truppe che sono andate a combattere in Ucraina non avevano, per la maggior parte, mai visto un combattimento prima. Sono un esercito di tempo di pace. La Russia non combatte guerre all’estero. La Siria è l’unico impegno estero significativo che ha avuto.

Confrontate questo con gli Stati Uniti, dove letteralmente parlando, se un soldato va in pensione oggi dopo 30 anni di carriera nell’esercito, non avrà servito un solo giorno in cui gli Stati Uniti erano in pace.

E il nostro modo di combattere è del tutto diverso. Quando abbiamo invaso l’Iraq la dottrina era quella dello “shock and awe”, secondo cui si deve distruggere tutto ciò che è necessario per sostenere la vita umana e il funzionamento di una città: la fornitura d’acqua e di elettricità, il riscaldamento, il petrolio, la benzina, tutti i ponti principali. E poi andiamo a distruggere tutto il resto. Abbiamo bombardato obiettivi militari e civili senza molta discriminazione. La coalizione ha effettuato 100.000 sortite in 42 giorni. Confrontatelo con i russi, che hanno effettuato solo 8.000 sortite nello stesso periodo. E tenete presente che l’Iraq è un Paese relativamente piccolo. L’Ucraina è un Paese enorme.

Una grande fake news inventata dagli USA è stata quella relativa alla distruzione di Aleppo, la più grande città della Siria, dove avvenne una battaglia terribilmente feroce dal 2012 al 2016.

La Russia era estremamente riluttante a farsi coinvolgere nei combattimenti in Siria. La guerra era iniziata nel 2011, quando gli Stati Uniti avevano mandato agenti della CIA per iniziare a coordinarsi con al-Qaeda e altri gruppi terroristici. Noi eravamo stati convinti sostenitori di al-Qaeda molto prima che la guerra iniziasse ufficialmente. Noi sosteniamo al-Qaeda anche oggi, dove sono bloccati nella provincia di Idlib.

La CIA li ha forniti nell’operazione segreta Timber Sycamore. Abbiamo dato loro tutte le armi anticarro, tutti i missili antiaerei. E Al Qaeda è sempre stata la nostra forza per procura sul terreno. Insieme all’ISIS hanno portato avanti la missione degli Stati Uniti. È così che siamo entrati in questa guerra, senza essere invitati dalla Siria.

Gli Stati Uniti hanno una politica strategica di usare mercenari per combattere le guerre. E il nostro obiettivo era quello di rovesciare il legittimo governo della Siria, e per farlo abbiamo usato dei mercenari che erano i più vili di tutti i terroristi. La stessa cosa si sta facendo oggi in Ucraina.

Ad Aleppo l’esercito siriano, con gli Hezbollah, era molto efficace; c’erano anche alcune truppe addestrate dall’Iran, ma erano più che altro forze guidate da generali siriani. E hanno combattuto in questa battaglia urbana feroce per quattro anni, prima che la Russia intervenisse. Dopo quattro anni la città di Aleppo era stata completamente distrutta. A quel punto i russi, su invito del governo legittimo della Siria, sono entrati in guerra, non come forza di terra significativa, ma come forza aerea molto efficace, che completava la forza aerea siriana.

L’aiuto russo è stato in grado di rovesciare l’equilibrio e Aleppo è stata la grande vittoria di tutta la guerra siriana. La Russia non è in alcun modo responsabile della massiccia distruzione della città di Aleppo.

Gli Stati Uniti avevano conquistato due parti importanti della Siria. Una è il fiume Eufrate, l’area che copre circa 1/3 della parte settentrionale della Siria. Abbiamo messo le truppe sul terreno, illegalmente, contro ogni diritto internazionale.

John Kerry, allora Segretario di Stato, era frustrato dalla tremenda vittoria delle forze armate siriane contro al-Qaeda e l’ISIS. E ha detto: “Dobbiamo passare al piano B”, cioè all’acquisizione americana della parte settentrionale della Siria. L’importanza di prendere quella parte della Siria era che è il granaio di tutto il popolo siriano. La Siria aveva in realtà una grande eccedenza di grano e la gente era molto ben nutrita prima della guerra. Volevamo portare via il grano, per far morire di fame il popolo siriano.

L’altra cosa che siamo riusciti a fare è stata quella di impossessarci della maggior parte dei giacimenti di petrolio e di gas naturale. Questi venivano prodotti anche nella parte settentrionale, oltre l’Eufrate. L’idea era che rubando il petrolio e il gas, avremmo potuto fermare il sistema di trasporto e allo stesso tempo, durante gli inverni siriani, avremmo potuto congelare a morte la popolazione civile siriana, che in molti casi viveva nelle macerie, dove questi eserciti terroristi, con divisioni meccanizzate, avevano attaccato e distrutto totalmente queste città, lasciando la gente a vivere in piccole sacche di macerie. Volevamo affamare e congelare a morte il popolo siriano, questo era il piano B.

Non riuscivano a capire come un Paese di 23 milioni di abitanti potesse resistere per più di dieci anni. Stavano combattendo contro i 2/3 di tutte le forze militari e industriali del mondo.

È stato così che il Congresso degli Stati Uniti ha imposto le sanzioni Caesar, le più brutali mai imposte a una nazione. Durante la seconda guerra mondiale, le sanzioni non erano neanche lontanamente così dure come quelle imposte alla Siria.

Ufficialmente non eravamo in guerra con la Siria, eppure abbiamo messo un blocco navale intorno al Paese. Abbiamo svalutato la loro valuta attraverso il sistema SWIFT per i pagamenti internazionali, il che ha impedito loro di comprare medicine.

Una delle ultime cose che abbiamo fatto è stata un’esplosione nel porto di Beirut: è saltata una nave carica di fertilizzante al nitrato di ammonio. Ha ucciso centinaia di libanesi. Ha ferito migliaia e migliaia di persone, ha distrutto l’economia del Libano. E, soprattutto, ha distrutto il sistema bancario libanese, ch’era una delle poche linee di vita rimaste con la Siria. Ritengo che questa esplosione sia stata orchestrata, e sospetto che la CIA sapesse chi era responsabile di questa azione per distruggere il porto di Beirut.

In ogni caso siamo noi che controlliamo i media di tutto il mondo, al punto di poter cancellare qualsiasi discussione su ciò che sta realmente accadendo.

I due video sono qui:

youtube.com/watch?v=dcp0TYx_eUI&t=328s

youtube.com/watch?v=0T6mgx5XqZ0&t=260s

 

Svolta epocale in Irlanda

 

In Irlanda il partito indipendentista Sinn Féin di Michelle O’Neill ha per la prima volta superato alle elezioni il partito stabilmente detentore del potere (il DUP) fedele a Londra.

È una svolta epocale, poiché dal 1921, cioè da quando esiste l’Irlanda del Nord, il primo ministro è sempre stato espressione di partiti che promuovevano un’Irlanda del Nord subordinata al potere centrale di Londra.

I repubblicani d’Irlanda hanno tenuto salda la loro volontà di autodeterminazione, ma ci hanno messo un secolo, stando in minoranza, per arrivare oggi a raggiungere la maggioranza.

Sinn Féin è rimasto dalla parte dell’Irlanda unita, con il potere (e anche l’esercito) contro, dando una testimonianza convincente a qualunque forza autonomista.

Ora vedremo come si comporterà Londra. Non ha riconosciuto le due repubbliche del Donbass. Manderà i carri armati in Irlanda quando la parte Nord vorrà unirsi alla parte Sud?

 

Europa isolata dalle sue stesse sanzioni

 

Putin ha decretato il 3 maggio che la Russia non dovrà più esportare prodotti e materie prime a entità negli Stati che abbiano imposto sanzioni alla Russia, e vieta le transazioni con persone ed entità che Mosca ha sanzionato.

Ricordiamo che la Russia è fra i principali esportatori di una serie di materie prime importanti e di materiali rari.

Ci stiamo suicidando economicamente. Se questo provvedimento vale anche per le materie prime energetiche, dovremo per forza continuare la guerra, cercando di vincerla a tutti i costi, fino a occupare la stessa Russia. A meno che i beni della Banca centrale russa e delle singole persone giuridiche non vengono scongelati, essendo stati violati i diritti di proprietà. O a meno che noi non si voglia tornare al Medioevo.

Fonte: scenarieconomici.it

 

Anomale incongruenze

 

In questa guerra russo-ucraina l’occidente ha questo strano atteggiamento: da un lato ritiene, schematicamente, che esista un aggredito e un aggressore (di un film lungo 8 anni vede solo gli ultimi 76 giorni); dall’altro ritiene, pregiudizialmente, che Putin accampi solo pretesti.

Ora, com’è possibile realizzare un compromesso quando noi occidentali non ci assumiamo alcuna responsabilità? Non solo, ma se diamo per scontato che la controparte non sia mai affidabile, qualunque intesa non è forse destinata a durare come gli Accordi di Minsk, cioè pochissimo?

A questi livelli la soluzione del conflitto è possibile solo sul piano militare. Cioè le condizioni della pace verranno imposte solo dal più forte.

Il giornalista Federico Rampini ha detto su LA7 che non possiamo chiedere agli ucraini di arrendersi per permettere ai russi di offrire delle condizioni di pace. Cioè secondo lui la guerra va portata avanti, se necessario, sino all’ultimo ucraino. Fa lo stesso discorso dei neonazisti rinchiusi nell’Azovstal. “Non ci arrenderemo mai ai russi, che per noi sono animali”.

Come generale, Rampini sarebbe stato un disastro assoluto per le sue truppe.

 

[11]

 

Le sanzioni alla Russia distruggono la UE

 

L’Unione Europea fornirà a Ungheria, Cekia e Slovacchia l’opportunità di mantenere le importazioni di petrolio russo fino alla fine del 2024. Tutti gli altri Paesi dovranno invece abbandonare l’import entro la fine di quest’anno.

Ma il premier Viktor Orban ha già detto che l’Ungheria ha bisogno di almeno 5 anni e anche molti soldi per abbandonare il petrolio russo e riorganizzare gli stabilimenti.

È una situazione pazzesca. Praticamente in Europa non è possibile, se non in via del tutto eccezionale, dissentire dai diktat che piovono dall’alto. A queste condizioni è meglio uscire dall’Unione. La sovranità nazionale è andata a farsi friggere.

Tra l’altro si vuole abolire il principio del processo decisionale solidale nelle scelte più importanti, cioè si chiede di rinunciare al diritto di veto dei Paesi membri. L’opinione dei singoli Stati e dei loro cittadini non varrà un fico secco.

Fonte: comedonchisciotte.org

 

Nel nostro Parlamento dov’è la democrazia?

 

Un fatto senza precedenti: il presidente Vito Petrocelli della Commissione Affari Esteri del Senato, che si era permesso di dire di non inviare armi in Ucraina e di garantire all’Italia la neutralità, è stato messo nelle condizioni di dimettersi per volontà dei partiti atlantisti e guerrafondai (PD in testa). E la carica, come noto, non è sfiduciabile. Però 20 su 22 componenti si sono dimessi (gli unici due erano lui stesso e Emanuele Dessì, ex 5Stelle che ora rappresenta il partito comunista di Marco Rizzo). I pentastellati lo vogliono espellere dal partito.

Mi chiedo chi voteremo alle prossime elezioni.

Fonte: youtu.be/sSnhtnqBLoM

 

Una crisi alimentare senza precedenti

 

Già nel 2012 gli scienziati prevedevano che il cambiamento climatico e la mancanza di acqua pulita avrebbero creato carenza di cibo e che il mondo sarebbe diventato vegetariano entro il 2050.

Nel 2019 gli esperti delle Nazioni Unite avvertirono che il cambiamento climatico stava minacciando l’approvvigionamento alimentare mondiale.

Nello stesso anno il Regno Unito si aspettava una carenza di cibo a causa della Brexit.

Poi è venuta la pandemia che ha bloccato i traffici commerciali.

E ora la guerra in Ucraina e le sanzioni contro la Russia, che hanno stimolato le speculazioni sui cereali, oltre che sui prodotti energetici. L’aumento del prezzo del petrolio ha effetti a catena in ogni settore industriale, ivi incluso quello agricolo.

Peraltro è in corso la più grave epidemia d’influenza aviaria che si sia mai vista: migliaia di nuovi casi vengono registrati ogni giorno dalla Finlandia alla Russia e agli USA, dal Canada all’India fino all’Asia Orientale, e non si tratta solo di uccelli selvatici, ma anche di animali allevati nei pollai (come galline, polli e tacchini) che devono essere abbattuti.

L’amministrazione Biden ha iniziato a spingere gli agricoltori ad aggiungere terreni agricoli a un programma finanziato dal governo federale volto a preservare l’ambiente. Quindi in pratica sta pagando gli agricoltori per non coltivare!

Il mercato dei fertilizzanti, di cui Ucraina e Russia sono grandi produttori, è crollato.

 

Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio

 

L’aiuto totale all’Ucraina da parte degli USA è arrivato a oltre 53 miliardi di dollari in soli due mesi. A questi si aggiungono i finanziamenti per l’invio di armi da parte della Regno Unito e dei Paesi della UE.

Assurdo pensare che questa non sia una guerra per procura dell’occidente contro la Russia. Siamo a un passo dalla guerra totale.

Pretendere poi (come ha detto Draghi) che la Russia metta a disposizione i porti della costa nord del Mar Nero per permettere l’export dei cereali verso tutto il mondo, non ha alcun senso. Prima bisogna arrivare alla pace. Peraltro quel mare è pieno delle mine messe dagli ucraini.

 

Gli ucraini ci mettono alle strette

 

Gli ucraini intendono bloccare le forniture di gas russo in transito sul loro territorio e diretto verso Slovacchia, Ungheria, Austria, Romania e Italia, incolpando Mosca della difficoltà negli approvvigionamenti. Il pretesto è che le forze di occupazione interrompono le operazioni di pompaggio. Stiamo parlando di circa il 30% del flusso come ammanco quotidiano. La stazione di pompaggio sarebbe quella di Sokhranivka.

Gazprom non vede alcun problema tecnico né ha ricevuto alcuna lamentela, ma prende atto della richiesta dell’operatore ucraino e non manderà gas a Sokhranivka. Tuttavia si rifiuta di reindirizzare il gas a Sudzha, come vorrebbero gli ucraini, poiché in base al contratto ciò non è tecnologicamente possibile.

Noi europei siamo sotto ricatto e quindi prepariamoci al peggio.

Fonte: corriere.it

 

Siamo a un passo dalla guerra totale

 

Gran Bretagna e Svezia hanno firmato una dichiarazione sulle garanzie di sicurezza reciproca, che prevede cambiamenti fondamentali nel campo della difesa e della cooperazione militare tra i Paesi.

L’accordo firmato prevede l’aumento dello scambio di informazioni di intelligence tra i Paesi, lo svolgimento di esercitazioni congiunte e il rafforzamento della cooperazione in caso di spostamenti di truppe e attrezzature militari. Le navi da guerra britanniche sarebbero a quel punto dispiegate nel Mar Baltico.

L’accordo difensivo con le due nazioni scandinave copre il periodo transitorio di adesione alla NATO dei due Paesi. Un periodo delicato, poiché se la Russia attaccasse, non ci sarebbe l’art. 5 che obbliga gli altri Stati della NATO a intervenire in automatico.

A questo punto la guerra totale è quasi assicurata. La Russia non può avere un altro Paese NATO ai propri confini e altri due che le impedirebbero l’accesso al Mar Baltico.

Poi Draghi viene a parlare di trattative di pace. È incredibile come quest’uomo, nella sua conferenza stampa, riesca a prendere come oro colato tutto quanto dice Biden, che come parla mente. Persino mentre Draghi parlava, la portavoce della Casa Bianca sosteneva che non c’erano le condizioni per una trattativa, in quanto Putin non era disponibile.

Poi dire che deve essere l’Ucraina a decidere le condizioni della pace, è alquanto imbarazzante, se non ridicolo. Nemmeno Biden è in grado di deciderle da solo, se non come rappresentante del Deep State. Negli USA sono gli apparati che comandano.

 

Disastro nello Sri Lanka

 

Sri Lanka (che si stava avvicinando troppo alla Cina) nel caos dopo il default: l’ex-premier salvato dall’esercito nella sua residenza. La situazione è molto tesa: 103 abitazioni e 88 veicoli, per lo più appartenenti a ministri, deputati e politici (membri del partito al potere), sono stati bruciati o danneggiati in tutta l’isola.

È il futuro che attende l’Italia? No, perché Draghi se ne sarà già andato negli USA. Dicono che lascerà il governo entro l’estate. Secondo lui non ci sarà alcuna recessione, poiché l’anno scorso abbiamo ottenuto buoni risultati. Vive sulla Luna, soprattutto quando dice che va posto un tetto massimo al prezzo del prodotti energetici.

 

[12]

 

Anche l’Ansa neonazista?

 

Elogio sperticato dell’Ansa al neonazista chiamato dai media ucraini Cyborg, avendo un braccio artificiale in titanio e un occhio di vetro.

Ilya Samoilenko è il responsabile dell’intelligence del reggimento Azov, il battaglione di nazionalisti ucraini che sta difendendo da settimane l’acciaieria Azovstal di Mariupol dagli attacchi russi.

Si è ridotto così perché 3 anni fa, combattendo contro il Donbass filorusso, un missile esploso vicino a lui causò un’onda d’urto che gli fece esplodere le munizioni che stava maneggiando.

Secondo l’Ansa il suo obiettivo non è sottomettere le repubbliche separatiste e riprendersi la Crimea, ma realizzare la pace. E siccome si sente un eroe e un patriota, non sopporta la diplomazia e teme che il suo governo, nei negoziati, sia disposto a cedere parte del territorio ucraino.

Poi l’articolista prosegue: alle critiche sulla natura di destra del battaglione di cui fa parte e alle domande sui motivi che lo spingono a rischiare la vita a ogni momento, Ilya ha risposto semplicemente: “Il mio desiderio di combattere vuol dire che ho bisogno di capire me stesso come cittadino. Come nell’antica Grecia: vuoi essere cittadino? Benvenuto nell’esercito”.

Capito l’avverbio “semplicemente”? Avete presente quando Hitler, dopo aver subìto l’ultimo attentato, guardandosi miracolosamente illeso disse: “Vedete, sono l’uomo della provvidenza!”. Uguale.

La madre di Ilya è come il figlio: “Quando guardo lui e i suoi amici, penso che dovrebbero costruire una nuova Ucraina. Come società abbiamo bisogno di loro vivi. Spero che accada un miracolo”.

Come se il neonazismo ucraino non abbia già fatto abbastanza danni.

Fonte: ansa.it

 

Sorprese a non finire

 

Quando i giornalisti intervistano abitanti che han vissuto sempre nel Donbass o in Transnistria o comunque nelle aree più russofone dell’Ucraina, si rimane abbastanza sconcertati nel vedere che sono ancora rimasti legati alla passata Unione Sovietica. Sembra che in quel Paese non ci siano solo due nazioni diverse all’interno di un unico Stato, ma che esista una diversità anche tra questi russofoni e la Russia europea, quella che con Eltsin diede una spallata a tutto il socialismo statale, inaugurando il neoliberismo economico degli oligarchi e della mafia russa.

Sembra che Putin, che cercò di porre rimedio allo sfacelo provocato da Eltsin, abbia ritrovato tra questi russofoni le ragioni più profonde della vera identità russa. Che non sono quelle “imperiali”, come sostengono gli occidentali, ma quelle legate ai valori del mondo slavo, valori identitari, eroico-patriottici, linguistici, culturali, religiosi e di grande solidarietà umana.

Queste popolazioni periferiche russofone han sofferto i condizionamenti filo-occidentali che si trovano non solo negli ucraini nazionalisti e neonazisti, facenti capo soprattutto a Kiev e Leopoli, ma che si trovavano anche nella Russia europea dopo la parentesi di Gorbaciov.

In Ucraina i russofoni sono prevalentemente slavi come i russi, anche se costituiscono una minoranza nel Paese, ancorché significativa. Quando considerano le truppe russe come “liberatrici”, non chiedono di poter esercitare liberamente i valori borghesi dell’occidente, ma di essere liberate dal neonazismo di Kiev e di Mariupol, che tanta sofferenza ha procurato loro.

Si ha cioè l’impressione che Putin abbia ritrovato in queste popolazioni il passato più significativo della Russia zarista e socialista, un motivo in più per combattere l’atteggiamento filo-occidentale degli oligarchi e dei tanti abitanti imborghesiti della moderna Russia europea. Forse per questo non ha fretta di vincere questa guerra. Quanto più dura, tanto più la Russia sarà costretta a staccarsi dall’occidente, proprio perché sarà lo stesso occidente a staccarla da sé.

Con questa guerra Putin sta creando una nazione (o meglio una federazione) che guarda verso l’Asia, dove il capitalismo non è anarchico ma tenuto sotto controllo dallo Stato. Per un certo periodo di tempo si è illuso di poter convivere pacificamente con l’occidente. Ora sembra che s’illuda di poterlo fare con la Cina e l’India. Si è sentito tradito da un occidente che mirava soltanto a impadronirsi delle immense risorse del suo Paese.

Forse lui non lo vedrà, ma coi cinesi si verificherà un nuovo tradimento. Il capitalismo infatti, che sia gestito dai privati o regolamentato dallo Stato, è sempre un limite che va superato, e non potrà certo esserlo col passato socialismo statale, come ancora crede la sinistra radicale, quella estremista, che ancora oggi vede la svolta democratica di Gorbaciov come una forma di tradimento, una concessione eccessiva al sistema capitalistico, che aveva posto le basi alla fine della “gloriosa” URSS.

 

I sauditi si prendono mezzo Yemen

 

L’aggressione dell’Arabia Saudita allo Yemen, che dura dal 2015 con migliaia di vittime yemenite ignorate in occidente, perché questo massacro è compiuto con armi occidentali e il regno di al Saud è un nostro “alleato”, si è conclusa nel peggiore dei modi. Infatti Riad prevede di annettere una serie di province (Hadhramaut, Shabwah, Al-Mahrah e Abyan) ricche di risorse nello Yemen orientale, la cui consistenza equivale a metà del Paese.

La monarchia saudita ha informato esponenti regionali che il regno vuol concedere loro “il diritto all’autodeterminazione”, ma ha anche premesso che dovrebbero entrare a far parte del sud arabo dell’Arabia Saudita. In questa maniera i sauditi avranno in mano i porti chiave che consentiranno un maggiore accesso all’Oceano Indiano, all’Africa e ad altre regioni.

L’Arabia Saudita e lo Yemen avevano concordato una tregua mediata dalle Nazioni Unite il 2 aprile scorso, dopo che i sauditi avevano subìto una serie di imbarazzanti sconfitte militari a causa di una serie di attacchi di rappresaglia yemeniti contro i sensibili impianti petroliferi di Aramco. Tuttavia da allora l’Arabia ha commesso oltre 5.000 violazioni alla tregua, tramite bombardamenti, sequestro di navi combustibili e la continua chiusura dell’aeroporto internazionale di Sanaa.

Ora la guerra andrà per forza avanti: difficile pensare che lo Yemen accetti questa vergognosa amputazione.

Sanzioni contro l’Arabia? Nessuna.

Fonte: lantidiplomatico.it

 

Da parte del Comitato Ucraina antifascista di Bologna

 

Scrive sul suo canale Telegram (11-05-2022):

A Odessa, nella Casa dei Sindacati, le donne giovani venivano condotte dai fascisti nella cantina, violentate e poi strangolate, quelle meno giovani cosparse di liquido infiammabile e incendiate. Una gestante al sesto mese di gravidanza fu strangolata col filo del telefono e sui social gli estremisti nazionalisti scrissero che avevano ucciso “mamma Odessa”.

Nel Donbass occupato dai battaglioni nazisti il gruppo Tornado era specializzato nelle violenze alle ragazze dei villaggi russofoni. A Mariupol, nella prigione segreta dell’aeroporto cittadino, denominata “La Biblioteca” (perché i prigionieri erano chiamati i “libricini”), i torturatori del Battaglione Azov denudavano le militanti antifasciste e le sottoponevano a ogni tipo di violenza fisica e psicologica. Pochi giorni fa, sempre nel Donbass, a Mariupol, in una base dei miliziani nazisti, è stato rinvenuto il corpo di una giovane donna con una svastica incisa sul ventre, mutilata e straziata dai suoi carnefici.

Per costoro, la donna antifascista, deve essere ridotta al silenzio attraverso l’offesa del corpo...

Il 4 maggio scorso, a Bologna, una nostra compagna del collettivo “Cambiare Rotta” è stata oggetto della violenza fascista dei banderisti e solo grazie all’uso di uno spry al peperoncino è riuscita a sottrarsi agli aggressori. Noi donne del Comitato Ucraina antifascista di Bologna, lavoratrici ucraine, russe, moldave, italiane, siamo al suo fianco.

Resta vergognosa la narrazione di regime che sdogana il nazismo a livello internazionale, come avviene per l’armata Azov e il Pravi Sektor.

 

Il bambino Di Maio colpisce ancora

 

Evgenij Solonovich, 88 anni, il massimo italianista russo, pluripremiato, nato a Sinferopoli in Crimea, è stato escluso dal comitato organizzativo del Premio Strega. Cancellata anche dall’Istituto italiano di Cultura di Mosca la presentazione dei sonetti di Gioachino Belli, appena curati per l’editore Novoe Izdatel’stvo.

Ha tradotto in russo i massimi scrittori e poeti italiani dell’Ottocento e del Novecento dal 1959 in poi.

Anche la Anna Jampol’skaja, celebre italianista, è stata esclusa solo perché russa.

La decisione è stata presa da Di Maio.

Per fortuna però è stato riammesso.

 

Zelensky è un militarista fascista

 

Nel messaggio originale di Zelensky per il giorno della vittoria dell’Unione Sovietica sul nazismo vi era la foto di un soldato di Kiev con un Totenkopf (un teschio con due ossa incrociate), simbolo usato da diverse unità militari della Germania nazista. Zelensky ha poi rimosso il post sia da Telegram che da Instagram.

Questo dimostra che non è una vittima del neonazismo ma un suo protagonista. Può un ebreo essere nazista? A quanto pare sì.

D’altra parte prima della guerra aveva chiuso tre canali televisivi di opposizione e ordinato l’arresto del proprietario delle tre emittenti, aveva defenestrato il procuratore generale anticorruzione, costretto alle dimissioni il governatore della Banca centrale, e cacciato il presidente della Corte costituzionale. Poi sfruttando, durante la guerra, la legge marziale ha messo fuori legge 11 partiti di opposizione, legalmente eletti.

Tutti i maggiori oligarchi ucraini sono finanziatori del suo partito, e lui ha sfruttato i loro giornali per farsi della propaganda politica a costo zero. E pensare che per farsi eleggere aveva promesso di limitare il potere di questi vergognosi oligarchi, dei quali i più ricchi sono Kostyantin. Zhevago (1,8 miliardi di euro), Rinat Achmetov (7 miliardi di euro) e Victor Pinchuk (2 miliardi di euro). Da notare che lo stipendio medio di un lavoratore non supera i 300 euro al mese. Lo stesso Zelensky deve il suo successo a un altro oligarca, Igor Kolomoisky, che gli ha versato circa 41 milioni di dollari, finiti sui conti correnti di vari paradisi fiscali, con cui si è comprato prestigiosi immobili in giro per il mondo.

 

Acuto Toni Capuozzo

 

Ha detto il giornalista Toni Capuozzo: “È chiaro che Zelensky preferirebbe degli eroi morti per farci dei monumenti che dei reduci probabilmente critici nei suoi confronti e sconfitti.” E dunque, qual è la moneta di scambio che ha il battaglione Azov per evitare la resa? “Il fatto che ci siano degli occidentali. Ma se ci sono degli americani, degli inglesi e si dice perfino degli italiani, da quanto tempo sono lì?”, chiede il giornalista.

Che sia per questo motivo che gli USA e il Regno Unito stanno spingendo Svezia e Finlandia a entrare subito nella NATO? Si vuole una guerra totale per impedire alla Russia d’interrogare i prigionieri dell’acciaieria?

 

Sempre più grave la questione biologica

 

Il ministero della Difesa russo dispone di dati sugli esperimenti statunitensi sui pazienti dell’ospedale psichiatrico n. 1 nel villaggio di Strelechya, nella regione di Kharkov.

“La principale categoria di soggetti sperimentali era un gruppo di pazienti maschi di età compresa tra 40 e 60 anni con un alto stadio di esaurimento fisico”, ha affermato Igor Kirillov.

Gli ideologi del programma biologico-militare americano in Ucraina sono i leader del Partito Democratico. Attraverso le agenzie governative americane è stato formato un quadro legislativo per finanziare queste opere direttamente dal bilancio federale. Sono stati coinvolti fondi Clinton, Rockefeller, Soros, Biden, oltre a società farmaceutiche, tra cui Pfizer, Moderna e Merck, fondi che dovevano servire anche per le campagne elettorali dei politici.

I progetti biologici militari in Ucraina vengono attuati non solo dagli Stati Uniti, ma anche da altri Paesi della NATO. Per es. nel 2013 la Germania ha lanciato il proprio programma. Dal 2016 al 2019 gli epidemiologi dell’Istituto di microbiologia della Bundeswehr hanno prelevato 3.500 campioni di siero sanguigno ucraino.

Anche l’Istituto Polacco di Medicina Veterinaria ha partecipato alla ricerca sul virus della rabbia in Ucraina. La ricerca è stata condotta in collaborazione con l’Istituto Battelle, con sede negli Stati Uniti, un appaltatore chiave per il Pentagono.

Inoltre sono stati documentati i finanziamenti polacchi all’Università di Medicina di Lvov, che comprende l’Istituto americano di Epidemiologia e Igiene.

Nel 2020 i residenti del distretto di Slavyanoserbsky (regione di Lugansk) sono stati deliberatamente infettati da tubercolosi ad alta resistenza ai farmaci. I volantini, realizzati sotto forma di banconote false, sono stati infettati con l’agente della tubercolosi e distribuiti ai minori del villaggio di Stepovoe. Gli organizzatori di questo crimine han tenuto conto del comportamento dei bambini, che hanno l’abitudine di “mettere tutto in bocca” e di prendere il cibo con le mani non lavate.

Mariupol è stato utilizzata come Centro regionale per la raccolta e la certificazione dell’agente patogeno del colera, della tularemia e dell’antrace. Qui, dopo l’intervento militare russo, molti documenti sono stati frettolosamente distrutti. I ceppi selezionati sono stati inviati al Centro di sanità pubblica di Kiev, responsabile della spedizione dei biomateriali negli Stati Uniti. Queste attività vengono svolte dal 2014.

Per nascondere la loro appartenenza agli Stati Uniti, gli esperti di ricerca biologica viaggiavano attraverso Paesi terzi. Nel gennaio 2022 i cittadini stranieri che conducevano gli esperimenti sono stati evacuati e le attrezzature e i farmaci che utilizzavano sono stati portati nell’Ucraina occidentale.

Il Ministero della Difesa russo ha inoltre detto d’essere a conoscenza del fatto che gli USA e il governo di Kiev stanno preparando provocazioni per accusare le forze armate russe di voler usare armi biologiche e chimiche di distruzione di massa.

 

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Possibile scenario

 

Possiamo archiviare la missione di Draghi a Washington come un totale fallimento. Lui ha dichiarato di voler la pace, ma la NATO, estendendosi a tutti i Paesi scandinavi, non ne vuol sapere. E gli USA stanno dando troppe armi e soprattutto troppi fondi per non pretendere una guerra a lungo termine. Tant’è che parlano di ritiro delle truppe russe da tutto il territorio occupato.

Si ha la netta impressione che gli USA abbiano di mira sia lo sfiancamento militare della Russia che l’indebolimento economico della UE. Ovvero il controllo o l’isolamento di entrambi gli “imperi” (di secondo livello), destinati a non poter più comunicare tra loro, con grave danno soprattutto per la UE, assai povera di risorse energetiche e persino deficitaria sul piano dell’autonomia alimentare.

Se la Russia prova a usare anche solo un’arma nucleare tattica, la sua sorte è segnata, almeno nell’area europea: non è in grado d’intercettare tutti i missili nucleari che possono pioverle sulla testa. Indicativamente la Russia avrebbe pronti al lancio 1.588 missili, gli Stati Uniti 1.644, la Francia 300 e il Regno Unito 120. Nei magazzini di questi Paesi ve ne sarebbero poi altri 10.000, al momento non attivi.

Gli USA non possono permettersi di perdere un’altra guerra dopo i fallimenti registrati in Siria e Afghanistan, e la totale instabilità di Iraq e Libia a causa dei loro bombardamenti. Quindi non hanno fretta e anche se la Russia dovesse vincere gli ucraini e separare in due la loro nazione, la parte occidentale di quest’ultima entrerà nella NATO, e sarà riempita di missili nucleari puntati su Mosca e le altre città russe.

A questo punto sarebbe meglio per la Russia occupare l’intera Ucraina. Eviterebbe così di tenersi una fastidiosa spina nel fianco. In fondo sin dall’inizio l’aveva detto: il problema non è solo la denazificazione ma anche la smilitarizzazione, cioè il ruolo assolutamente neutrale del Paese.

D’altra parte che la Russia sia destinata a vincere questa guerra, non ci piove: solo che farlo in 6 mesi o in 6 anni non è la stessa cosa. Deve metterci meno tempo possibile. Gli USA vogliono essere sicuri che quando si scontreranno militarmente con la Cina, la Russia non sia in grado d’intervenire.

In questa maniera gli USA avranno a disposizione l’intera NATO (che si sta allargando anche al Sud Corea, nonostante solo Stati europei siano candidabili per l’ingresso) e tutti gli eserciti nazionali europei per sferrare l’attacco alla Cina, che è il vero obiettivo strategico sul piano economico, avendo essa una proiezione di potenza a livello internazionale (cosa che la Russia non può assolutamente permettersi). Basterà provocare qualche incidente come pretesto: gli americani, in questo, sono degli specialisti. Non c’è solo Taiwan da poter utilizzare, ma anche Hong Kong, Gibuti, gli Uiguri, il Tibet, ora persino le Isole Salomone, senza poi dimenticare che lo stesso Biden potrebbe essere eliminato, onde permettere l’ascesa di un governo ancora più autoritario (non sarebbe la prima volta). I cinesi devono andarsene soprattutto da quel territorio che gli USA han sempre definito come il cortile di casa propria, cioè l’America Latina.

Quanto alla UE, è destinata a svolgere un ruolo molto subalterno alla volontà bellicista degli americani, che sembrano non avere problemi né a livello energetico né a livello alimentare.

Soggetti scriteriati e politicamente inconsistenti come Borrell, la von der Leyen, la Metsola, e i principali statisti europei ci hanno messo completamente nelle mani degli USA.

 

Ho rivalutato Mazzucco

 

Nel mondo anglosassone col termine cancel culture s’intende quel meccanismo che tende a escludere un individuo da qualunque circolo sociale o professionale, sia nella realtà che nel mondo virtuale.

Ma da noi, in Italia, questo termine sembra stare assumendo un significato molto più letterale: quello di cancellare – fisicamente – qualunque articolo o informazione dalla rete che possa risultare in qualche modo scomodo al pensiero dominante.

L’abbiamo visto con le pagine di Wikipedia, dalle quali sono scomparse importanti informazioni storiche, come ad es. la strage di Odessa, che da “massacro operato da bande naziste” si è trasformata in un semplice “incendio in cui morirono delle persone”. Oppure la pagina relativa ai missili Tochka, dalla quale è scomparsa la data di fine dotazione da parte dei russi, per poter continuare a incolparli del massacro di Kramatorsk, nascondendo il fatto che fossero invece stati gli ucraini a compierlo.

Un altro esempio clamoroso è stato rivelato dal canale Twitter @ilmondoalcontrario: lo scorso sabato “La Stampa” ha pubblicato un video intitolato: “Le mani degli Stati Uniti sull’Ucraina, così Washington dal 2014 ad oggi ha programmato il conflitto.” Nel sottotitolo si leggeva: “Dalle proteste di piazza Maidan nel 2014 agli attuali aiuti militari contro la Russia, gli Stati Uniti hanno sempre puntato su Kiev come obiettivo strategico per contrastare la Russia. Prima di Biden ci fu il senatore McCain a investire denaro per formare i militari ucraini. Ecco quali sono le tre fasi studiate dagli USA nell’attuale conflitto per sconfiggere Mosca.”

Ma evidentemente per qualcuno titolo e sottotitolo erano troppo espliciti, e nel giro di poche ore il titolo è diventato: “Così Washington ha preparato la strategia di difesa dell’Ucraina in tre fasi”. Quello che nel titolo era “programmare un conflitto” è diventato un semplice “preparare la strategia di difesa”. Dopodiché dal sottotitolo è interamente scomparso il paragrafo iniziale, con i riferimenti alla “rincorsa” degli americani partita nel 2014 e agli interventi economici tramite McCain. Semplicemente quello che era una guerra voluta, finanziata e programmata da oltre otto anni, è diventata un semplice “evento casuale”, inaspettato, dal quale bisogna improvvisamente difendersi.

Abbiamo una verità storica grossa come una casa sotto gli occhi, ma fingiamo di non vederla. E ogni volta che questa verità cerca di palesarsi, invece di confrontarci con essa una volta per tutte, noi interveniamo per cancellarla.

Per quanto ancora potrà andare avanti questa pagliacciata?

Massimo Mazzucco

 

Teoria e prassi agli opposti

 

Mentre il senato ha approvato l’emendamento al decreto Ucraina con misure per frenare l’aumento dei prezzi dovuto alla guerra, il governo prepara il terzo decreto interministeriale per l’invio di aiuti militari a Kiev, che dovrebbe comprendere armi più pesanti, analogamente a quanto deciso dagli altri Paesi europei.

La mossa smentisce sul piano pratico le parole di pace pronunciate da Draghi durante la conferenza stampa di Washington.

Addirittura Zelensky, in un’intervista a “Porta a Porta”, ha dichiarato: “Draghi ha ragione: l’Ucraina può vincere”.

Ognuno interpreta le cose come gli pare.

Anche quella mezza figura di Conte ha detto: “Dopo un terzo decreto (di aiuti militari) avremo fatto la nostra parte come Italia, ora dobbiamo essere in prima linea sul fronte della soluzione politica”. Come se l’invio di armi abbia contribuito a trovare una soluzione diplomatica al conflitto! È finita persino la neutralità storica sul piano militare della Finlandia. E presto avverrà anche con la Svezia. La NATO non ha neppure tenuto conto del fatto che per fare entrare un Paese nell’alleanza ci vuole, secondo l’art. 10, l’unanimità, in quanto ogni Stato ha il diritto di veto.

D’altra parte il soldatino Stoltenberg l’aveva detto a Putin: “La Russia vuole meno NATO? E invece ne avrà di più”. Ne parla come se questa organizzazione di morte fosse una sua creatura. Deve essergli successo qualcosa quand’era giovane, perché non è normale che uno goda quando può trasformare qualunque Stato in un nemico tale da potergli fare molto male.

 

Dobbiamo arrivare alla fame?

 

In nome della biosicurezza il premier australiano Dan Andrews ha approvato un emendamento alla legge vigente sull’agricoltura che vieta di coltivare il proprio cibo (sic!). Pur di favorire i mercati s’impedisce assolutamente l’autoconsumo.

In realtà si sta favorendo la dittatura (peraltro già in atto), esattamente come negli USA, nel Regno Unito e in tutti i Paesi UE. Infatti nel nuovo emendamento fanno parte altri elementi inquietanti: l’ampliamento dei poteri delle forze dell’ordine, la perquisizione di proprietà e persone senza mandato, l’aumento delle multe da 1.800 a 10.000 dollari per la fornitura di informazioni false o fuorvianti.

Gli ufficiali autorizzati non avranno più bisogno del consenso del proprietario terriero per rimuovere campioni, bestiame (animali) e documenti. Anzi gli stessi funzionari autorizzati non saranno più tenuti a presentare un documento d’identità ufficiale. Sono previste severe sanzioni per chi impedisce l’accesso alla propria terra.

 

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Quali alternative all’occidente?

 

A volte mi chiedo: per porre fine all’egemonia unipolare degli USA c’era bisogno di far scoppiare una guerra? Non bastava troncare del tutto i rapporti economici e finanziari? La Russia aveva bisogno di sapere che la NATO, gli USA e la UE non avrebbero mai accettato il suo intervento militare in Ucraina? Non lo poteva dare per scontato? Prima di fare la guerra non poteva ritirare tutti i suoi depositi in dollari ed euro dagli istituti di credito di tutto il mondo? Aveva forse bisogno di un casus belli? Fino ad oggi chi ha obbligato la Russia a preferire come partner commerciali la UE e gli USA? Chi le ha impedito di scegliere la Cina, l’India, l’Africa, il Sudamerica...? Le sanzioni che aveva già subito nel 2014, dopo l’annessione della Crimea, non erano sufficienti per troncare definitivamente i rapporti con l’occidente? Davvero c’era solo la necessità di evitare il genocidio dei filorussi del Donbass? O quella di denazificare l’Ucraina? O quella d’impedirle d’entrare nella NATO? O c’erano anche esigenze interne? Esigenze non tanto relative alla sicurezza militare, anche se effettivamente la NATO appare sempre più minacciosa, ma esigenze politiche e culturali, relative all’identità stessa della Federazione Russa, alla sua tenuta come “impero”...

Si ha cioè l’impressione che Putin esprima l’insoddisfazione di una larga fetta della popolazione russa nei confronti degli oligarchi, delle contraddizioni capitalistiche del suo Paese, della sua arretratezza economica rispetto agli standard occidentali. Questa guerra sembra essere voluta per realizzare una sorta di regolamento di conti ad uso interno. È come se si volesse far capire che la Russia non potrà mai diventare come un Paese occidentale, poiché non ne condivide gli stessi valori, la stessa cultura... Pertanto chi pensava che dopo la fine del socialismo reale qualcuno, sfruttando le immense risorse di questo Paese, pensava che si potesse scimmiottare lo squallido stile di vita occidentale, che è prono a esigenze puramente economicistiche, ebbene si sbagliava. E a dimostrazione di ciò è sufficiente vedere la reazione bellicistica degli USA e della UE, che non vedono l’ora di sconfiggere militarmente la Russia per impadronirsi delle sue risorse, o almeno di avere un cambio di regime più favorevole ai loro interessi globalistici.

Insomma l’occidente non ama la Russia così come la Russia ama l’occidente, altrimenti non l’avrebbe sanzionata per la ridicola questione della Crimea e non l’avrebbe costretta a intervenire militarmente dopo che per 8 anni né la UE né l’ONU si sono mai preoccupati di far rispettare gli accordi di Minsk.

Detto altrimenti: Putin sta ponendo le basi per un ritorno al socialismo, seppur non in forma statalizzata, come al tempo dell’URSS, ma in forma mercantile, come si è iniziato a fare nella Cina post-maoista. Con la differenza che mentre in Cina il partito comunista ha voluto conservare l’ideologia del socialismo scientifico (ovviamente riveduta per soddisfare le esigenze del mercato), in Russia invece Putin sembra voglia ritornare ai valori culturali del passato, quelli più religiosi e tradizionalistici, persino pre-borghesi.

Sono tutte operazioni culturali, queste della Cina e della Russia, che lasciano il tempo che trovano. Non possono costituire un’alternativa allo sfacelo dell’occidente.

 

Funzionamento della NATO

 

Lungo art. di Enrico Levantino (fondatore di “Cuori Ribelli”) sul funzionamento della NATO che merita d’essere riassunto.

La NATO è l’organizzazione militare integrata del Patto Atlantico, che è un accordo politico firmato a Washington nel 1949 in funzione antisovietica. In particolare è uno strumento di controllo degli USA su un’area di sua competenza, dove gli alleati sono soltanto, nei fatti, dei “soci subalterni”.

All’inizio vi aderirono 12 Paesi europei, che poi si allargarono a 16 con Grecia e Turchia (1952), Germania ovest (1955), Spagna (1982, dopo la fine del franchismo).

Oggi i Paesi sono 30: nel 1999 entrano Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria; nel 2004 Bulgaria, Romania, Slovacchia, Slovenia, Estonia, Lettonia e Lituania; nel 2009 Albania e Croazia; nel 2017 il Montenegro e nel 2020 la Macedonia del Nord.

Altri Paesi sono candidati: Macedonia, Montenegro, Ucraina, Georgia, Bosnia-Erzegovina, Svezia e Finlandia (se entrano questi due Paesi scandinavi la tensione salirà alle stelle, poiché la Russia avrà timore dei 1.300 km di confine con la Finlandia e di non poter più accedere liberamente al Mar Baltico).

Nel periodo di Gorbaciov e Etsin si favorì un rapporto tra NATO e URSS-Russia in funzione antiterroristica (quando il nemico comune era il fondamentalismo islamico), e si cercò anche di ridurre gli arsenali atomici. Oggi tutto questo non esiste più, poiché da quando è stato smantellato il Patto di Varsavia la NATO non ha fatto altro che allargarsi verso l’area est dell’Europa.

Il punto chiave dello Statuto NATO è l’art. 5 in cui viene dichiarato che ogni attacco a una nazione tra quelle appartenenti alla coalizione verrà considerato come un attacco alla coalizione stessa.

Formalmente la gestione di questa alleanza avviene secondo alcuni basilari princìpi democratici:

- le decisioni vanno prese a consenso unanime, anche ai livelli organizzativi più bassi (ogni Paese membro ha il diritto il veto, ma è evidente che le decisioni unanimi vengono concordate prima);

- ogni Paese contribuisce alle capacità militari della NATO secondo un principio di contribuzione volontaria, in funzione del proprio PIL;

- le truppe o i materiali messi a disposizione della NATO, dalle varie nazioni, sono sotto comando permanente della nazione che li esprime, e vengono assegnati alla NATO e impiegati da un Comandante NATO, solo in caso di necessità.

L’organo politico che decide tutto è il Consiglio del Nord Atlantico, formato dai rappresentati permanenti di ogni Paese, cui a volte si affiancano i ministri della Difesa e degli Esteri, oltre ai capi di Stato e di governo.

Il Segretario generale proviene da uno dei Paesi membri europei, presiede il Consiglio e rappresenta la NATO a livello internazionale, ed è affiancato dal vice Segretario generale. La sua nomina è decisa dagli USA.

La struttura militare della NATO è tutta in mano agli USA, anche se i generali si consultano coi generali degli altri Paesi membri. E i generali USA dipendono strettamente dal Pentagono.

Uscire dalla NATO è praticamente impossibile. È come una sorta di “Chiesa”: non esiste una sovranità nazionale in merito alla difesa di una nazione. La difesa è stata semplicemente delegata agli statunitensi. Di fatto la NATO è più importante della stessa Unione Europea, non foss’altro perché vi sono coinvolte 30 nazioni a fronte di 27.

Le truppe NATO, in massima parte americane (circa 70.000), stazionano abitualmente nei vari Paesi membri, in apposite basi fisse.

Gli USA dispongono di oltre il 95% delle testate nucleari e spendono circa il 75% del bilancio militare dell’Alleanza. Il che determina condizionamenti a tutti i livelli, anche politici ed economici.

Delle tre potenze nucleari della NATO (Francia, Regno Unito e Stati Uniti), solo gli Stati Uniti hanno fornito proprie armi nucleari a Belgio, Germania, Italia, Paesi Bassi e Turchia. Tuttavia i codici necessari per farle esplodere sono sotto il controllo degli USA. Il che non vuol dire che le bombe europee possano essere sganciate solo dagli USA.

Da notare che in Italia non esistono rifugi antiatomici. Le basi NATO sono circa 120 più una ventina segrete. Ospitare le testate nucleari ci rende dei “bersagli”: non ci protegge affatto.

Alla fine degli anni ’90 c’è stato l’intervento della NATO nell’ex Jugoslavia, senza mandato da parte dell’ONU. Il successivo conflitto afghano, nel 2001, dopo l’attentato alle Torri Gemelle, sancì un nuovo principio: s’invocò l’art. 5 del trattato sulla base di un’interpretazione estensiva di Washington, secondo cui si poteva equiparare un attacco terroristico a un’aggressione militare “ufficiale”. Di qui il coinvolgimento degli Stati membri della NATO.

L’evoluzione del ruolo internazionale della NATO culmina nel 2010 con la sottoscrizione di un documento (a Lisbona), che sancisce definitivamente i seguenti concetti: la NATO può agire anche in maniera preventiva, cioè non è indispensabile che un Paese membro venga attaccato, può far guerra a chi vuole (anche al di fuori dei confini europei: è sufficiente che sia ritenuto “pericoloso”, come accadde in Iraq e in Libia), non occorre un esplicito mandato dell’ONU, per garantire la stabilizzazione in uno Stato è preferibile che vi sia un governo filo-americano.

Dal 1945 gli USA hanno adoperato la violenza contro 22 Paesi. Dei 242 anni dalla sua istituzione ne ha trascorsi solo 16 senza guerre. Non a caso detengono il 57% del mercato mondiale delle armi.

L’avvento del “Concetto strategico” della NATO, formulato nel 2022, delinea il piano militare degli USA per il dominio globale del pianeta. Principali nemici globali vanno considerati Russia e Cina. In linea con tale pianificazione il governo di Kiev intendeva trasformare l’Ucraina in un avamposto della NATO, rafforzando l’accerchiamento militare della Russia e trasformando l’Ucraina nel perno energetico dell’Europa (il che spiega il boicottaggio del gasdotto Nord Stream 2). Naturalmente era inclusa la rottura dei rapporti tra Russia e Unione Europea e la dipendenza energetica della UE nei confronti degli USA, il cui gas è a carissimo prezzo e altamente inquinante.

Fonte: cuori-ribelli.it

 

Non ho capito Erdoğan

 

Ha detto che non accetterà l’ingresso di Svezia e Finlandia nella NATO non per timore che il conflitto russo-ucraino si allarghi pericolosamente, ma perché là si sono rifugiati gli oppositori kurdi del PKK, che lui definisce terroristi. E poi ha ribadito che è stato un errore anche quello di far entrare la Grecia nell’Alleanza (così infatti gli è stato impedito di poterla attaccare come e quando gli pareva).

Quindi se la UE gli desse ragione, non solo i due Paesi non entrerebbero nella NATO, ma verrebbe confermata la natura terroristica del PKK, esattamente come hanno sempre detto anche gli USA e la UE, mentre per il resto del mondo è un partito legittimo.

In ogni caso la situazione si potrebbe sbloccare a favore dell’ingresso nella NATO semplicemente se i due Paesi scandinavi dichiarassero fuorilegge il PKK. Lo faranno? Penso proprio di sì.

Dicono anche che la Turchia ha un’economia a pezzi e il presidente Erdoğan vuole usare il suo potere di veto per chiedere aiuti finanziari, in quanto il Paese dipende molto dall’importazione di cereali dalla Russia e dall’Ucraina.

Da notare comunque che l’ingresso della Finlandia nella NATO rappresenta la totale rottura degli accordi di Yalta e dunque dell’ordine sorto dalla fine della II guerra mondiale.

 

L’opinione di Pepe Escobar

 

Riassumo un lungo art. di Pepe Escobar del 6 maggio.

L’operazione Z è la prima salva di una lotta titanica: tre decenni dopo la caduta dell’URSS e 77 anni dopo la fine della seconda guerra mondiale, il Cremlino sta riorganizzando la scacchiera geopolitica per porre fine all’egemonia unipolare della “nazione indispensabile”. Non c’è da stupirsi che l’Impero delle bugie sia impazzito, ossessionato dall’espellere completamente la Russia dal sistema incentrato sull’occidente.

Non c’è più il diritto che consente l’uso geopolitico esclusivo della forza per perpetuare i valori occidentali.

Il “segreto” era costringere Mosca a una guerra intra-slava in Ucraina per rompere il Nord Stream 2 e quindi la dipendenza tedesca dalle risorse naturali russe. Ciò pone fine alla prospettiva di un collegamento russo-tedesco che farebbe perdere agli Stati Uniti il controllo della massa continentale eurasiatica dalla Manica al Pacifico a causa di un patto emergente Cina-Russia-Germania.

Il Deep State americano è pronto a rischiare una guerra nucleare “limitata” fuori dalla sua orbita. La posta in gioco non è altro che la perdita di Ruling the World da parte degli anglosassoni.

La Russia, basata sulla parità del potere d’acquisto, è la sesta economia al mondo, subito dopo la Germania e davanti a Regno Unito e Francia. Ha una capacità intellettuale di gran lunga superiore a quella degli USA: ha all’incirca lo stesso numero di ingegneri, ma molto più istruiti.

Il Mossad attribuisce il miracolo economico di Israele nel creare l’equivalente della Silicon Valley a una base di un milione di immigrati russi.

Le armi ipersoniche russe sono almeno due o tre generazioni avanti rispetto agli Stati Uniti.

Il generale Aleksandr Dvornikov ha un mandato chiaro: conquistare l’intero Donbass, liberare totalmente la Crimea e preparare l’avanzata verso Odessa e la Transnistria, riducendo una groppa dell’Ucraina allo status di Stato fallito senza alcun accesso al mare.

Il Mar d’Azov – collegato al Caspio dal canale Don-Volga – è già un lago russo. E il prossimo sarà il Mar Nero, il collegamento chiave tra l’Heartland e il Mediterraneo. Il sistema dei Cinque Mari – Nero, Azov, Caspio, Baltico, Bianco – consacra la Russia come una potenza navale continentale de facto.

Le forze armate russe possono permettersi di essere piuttosto metodiche e impiegare tutto il tempo necessario per smilitarizzare adeguatamente l’Ucraina. L’occidente collettivo da parte sua ha poco tempo, perché il contraccolpo dell’economia reale è già in atto e destinato a diventare vizioso.

Fonte (censurata da FB): strategic-culture.org

 

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Avvedutezza e lungimiranza in Eliseo Bertolasi

 

Intervista a Eliseo Bertolasi fatta nel 2014 in occasione del golpe neonazista a Kiev.

 

Prima domanda: Le rivoluzioni promosse dagli americani – secondo Gene Sharp – non sono che “eversioni democratiche”. Hanno funzionato in Kosovo (indipendenza, 2008)[2], in Egitto (colpo di stato, 2013), in Serbia (rivoluzione del bulldozer, 2000), Georgia (rivoluzione delle rose, 2003), Ucraina (rivoluzione arancione, 2004) e Kirghizistan (rivoluzione dei tulipani, 2005). Perché non è stato riconosciuto il referendum della Crimea?

Risposta: È il solito sistema dei due pesi e delle due misure. Il diritto all’autodeterminazione viene riconosciuto dall’occidente solo a quelle minoranze che, attraverso la “rivoluzione”, anziché premere alla trasformazione delle strutture sociali del Paese puntano invece a rovesciare fisicamente un gruppo di dominanti per sostituirli con altri, ma in questo caso più proni alle logiche dell’occidente. Il copione è sempre lo stesso: esperti in “rivoluzioni colorate”, varie ONG dedite alla promozione dei “diritti umani” sul posto, lavorando sulle linee di tensione interne presenti nel Paese, come il disagio sociale e la disoccupazione, iniziano a sollecitare le condizioni per una rivolta. Dagli eventuali disordini di piazza, che ne derivano, ecco che le forze governative vengono accusate di ogni violenza sui pacifici manifestanti. A breve, con tempismo perfetto, scatta la condanna della “comunità internazionale” con la richiesta di cambio di governo. A quel punto gli episodi di violenza da parte della polizia si moltiplicano, le negoziazioni falliscono, mentre nel Paese i “manifestanti”, sempre descritti come “pacifici”, in nome del “politicamente corretto” godono dell’appoggio incondizionato dei media, dei politici occidentali e degli intellettuali progressisti. Con questa dinamica da “manuale Gene Sharp”, in Ucraina abbiamo assistito a un reale colpo di stato: far nascere un nuovo governo ucraino in chiave antirussa, spodestando un presidente democraticamente eletto. Agli abitanti della Crimea, però, questo “fervore rivoluzionario” non viene riconosciuto, nonostante abbiano preferito concretizzare il loro desiderio d’indipendenza attraverso il referendum piuttosto che la rivolta armata. Questa circostanza ci indica la strategia che c’è alle spalle di tutta questa vicenda: l’indebolimento della Russia. A tal proposito inviterei a riflettere sulle considerazioni di Brzezinski quando dice che senza l’Ucraina la Russia non è altro che una grande potenza asiatica, ma non sarà mai una potenza mondiale.

Seconda domanda: I nostri media come li vedi?

Risposta: I media sono importantissimi, perché, puntando i riflettori su un certo movimento di piazza, riescono ad attribuirgli quella visibilità che diventa vitale per l’accettazione da parte dell’opinione pubblica. Se tutti i media parlano in maniera intensa di una certa protesta, i manifestanti si sentono sempre più sostenuti e il potere si sente sempre più fragile fino alla sua capitolazione. Di solito il leader al potere, attraverso un micidiale processo di demonizzazione, viene trasformato nel peggiore dei dittatori. Tutto sta nel capire se i nostri media vogliano fare informazione o propaganda. E di sicuro non hanno evidenziato che in Ucraina c’è stato un autentico colpo di stato, una presa del potere perfettamente organizzata, senza passare attraverso libere elezioni. I media non hanno mostrato le palesi responsabilità da parte di USA e Unione Europea, che hanno ripetutamente inviato i loro politici e militari a sostenere e addestrare i manifestanti direttamente in piazza. Ho visto tecniche di guerriglia sofisticate, con miliziani in mimetica, con casco e giubbotto antiproiettile e i visi rigorosamente coperti dai passamontagna. Immaginiamo il contrario: politici russi o cinesi in arrivo sulle nostre piazze per sostenere il diffuso malcontento che anima in questi anni i popoli europei. Impensabile!

Terza domanda: Come mai durante il golpe si vedono in piazza anche i preti?

Risposta: I preti erano soprattutto quelli della Chiesa uniate, che dipende dal Vaticano, arrivati dalle regioni occidentali dell’Ucraina, ma vi erano anche quelli della Chiesa ortodossa autocefala ucraina. Sul palco c’era addirittura una delegazione di Radio Maria. Tutti supportavano la rivolta. La Chiesa uniate è un’emanazione della presenza polacca nella storia dell’Ucraina. Fu grazie a questa Chiesa controriformistica, nata nel 1596, che furono cattolicizzati gli ortodossi delle comunità slave all’interno dei confini polacchi, che a quel tempo includevano i territori dell’attuale Ucraina occidentale.

Il diffuso sentimento antirusso degli uniati è addirittura riuscito a favorire la nascita della Chiesa ortodossa autocefala ucraina, in contrasto col Patriarcato di Mosca, riproducendo nella sfera religiosa lo scontro tra Mosca e Kiev.

Quarta domanda: In Crimea con una netta maggioranza hanno vinto coloro che non hanno mai smesso di sentirsi russi. Che ne pensi?

Risposta: Il diritto all’autodeterminazione dei popoli, sancito dallo Statuto dell’ONU, non è mai stato abrogato. Tra le due opzioni del referendum: l’ingresso della Crimea come un soggetto della Federazione Russa, oppure il ripristino della Costituzione del 1992 e la conservazione della Crimea come parte integrante dell’Ucraina, il popolo della Crimea ha scelto la prima. Con un’altissima affluenza alle urne e con un consenso plebiscitario in un tripudio di bandiere russe il 16 marzo 2014 ha fatto la sua scelta. Ora ha tutto il diritto di veder concretizzato questo suo decennale desiderio e di riabbracciare la propria amata patria. Ma anche qui ritorniamo alla logica dei due pesi e delle due misure. Non solo gli USA ma anche la UE si è opposta. Ci preoccupiamo tanto dei diritti delle minoranze, però in questo caso ci siamo opposti.

Quinta domanda: Ci spieghi il ruolo di South Stream e North Stream, quest’ultimo retto dall’ex Cancelliere tedesco Schroeder?

Risposta: Il South Stream e il North Stream sono stati concepiti per eludere l’obbligatorio passaggio delle pipelines sul territorio dell’Ucraina, cioè per assicurare un rifornimento energetico all’Europa occidentale a prescindere dai possibili disordini nei Paesi di transito (ci furono infatti due crisi del gas tra Ucraina e Russia nel 2006 e nel 2009, quando Mosca accusò Kiev di sottrarre il gas destinato all’Europa). Il North Stream è fondamentale per la Germania, perché, passando sotto il Mar Baltico, la collega direttamente con la Russia, la quale ha battuto definitivamente la concorrenza di Norvegia, Algeria e altri Paesi arabi nel 2011.

Mettere sanzioni alla Russia per la questione della Crimea non ha senso, perché Putin può chiudere i rubinetti verso l’Europa e aprirli verso la Cina. E poi la Russia importa tantissime merci europee. La prospettiva dell’internazionalizzazione mercantile appare, soprattutto per la piccola e media impresa, sempre di più una scelta obbligata, spesso un’àncora di salvezza per scongiurare la propria chiusura. Tra i Paesi UE l’Italia è il secondo esportatore verso la Russia. Anche numerosi prestigiosi gruppi italiani stanno realizzando notevoli investimenti in Russia: Enel, Eni, Finmeccanica, Indesit, Pirelli, UniCredit. L’export italiano verso la Russia è in continua crescita. Sanzioni contro la Russia condannerebbero a morte tante nostre aziende.

Ultima domanda: Vedi una via d’uscita?

Risposta: Meglio non fare previsioni. Dal soft power c’è il rischio che si possa presto passare all’hard power. In un contesto così suscettibile è sufficiente anche la minima provocazione per generare un’accelerazione a catena degli eventi. Il rischio di una possibile false flag è veramente altissimo. Questa volta i russi hanno tracciato la loro “linea rossa”, e non permetteranno a nessuno di calpestarla, anche se l’occidente non l’ha ancora capito. La Federazione russa fa parte dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shangai ed è una grande potenza militare. Stati Uniti e NATO continuano questo braccio di ferro con Mosca, ignorando il fatto che la Russia non è né la Libia né l’Iraq.

Il Consiglio della Federazione russa ha da poco approvato all’unanimità una risoluzione di assoluta eccezionalità che permette a Putin di utilizzare le forze armate russe per proteggere la propria gente al di fuori dai propri confini, come p.es. in Ucraina. Qui sono in gioco i destini dell’intera umanità. Nelle prossime settimane si giocherà una partita geo-politica che influenzerà il corso di molti decenni a venire.

Fonte: vita.it

 

Forme della censura

 

Ecco un semplice criterio per interpretare i talk show del mainstream pubblico e privato sul conflitto ucraino.

La censura ha quattro livelli:

1) ridicolizzazione – si ride delle opinioni altrui sminuendole.

2) decontestualizzazione – si sposta l’oggetto della discussione su altro non pertinente.

3) assolutizzazione – ogni critica pertinente viene trasformata in una minaccia inaccettabile.

4) oscuramento – alla persona viene tolto il diritto di parola.

Fonte: Gaspare Russo Canale Telegram Difesa Italia

 

L’occidente moderno

 

L’occidente moderno è la società più aggressiva della storia. Lo dice Andrea Zhok su “l’Antidiplomatico”.

Nessuna civiltà nella storia è stata maggiormente votata all’espansionismo, alla conquista militare e allo sfruttamento sistematico degli altri.

L’abbiamo tinteggiata di volta in volta come evangelizzazione dei pagani, come civilizzazione dei primitivi, come sottomissione delle razze inferiori, come esportazione della democrazia, ecc.

Abbiamo gente che parla inglese in Oceania e America del Nord, spagnolo e portoghese nell’America del Sud, gente che parla francese in mezza Africa e gente che parla olandese o derivati in Suriname, Sudafrica e Namibia, perché i proverbiali difensori occidentali dell’umanità e della civiltà hanno massacrato senza pietà chiunque altro ad ogni latitudine, portandogli via la terra, i beni e la cultura. Viceversa il russo si parla solo in Russia e Paesi confinanti; il cinese solo in Cina e prossimità; il persiano in Iran e dintorni, l’hindi in India, a fianco dell’inglese.

Questo processo è diventato più potente che mai negli ultimi due secoli, dalla guerra dell’oppio alle atrocità del Congo belga, dalla “liberazione” del Vietnam alle “guerre preventive” in Afghanistan e Iraq, ecc.

L’occidente si distingue per un’ampiezza, radicalità e prepotenza semplicemente fuori scala.

Fonte: lantidiplomatico.it

 

Sto con Marco Bertolini

 

Il generale Marco Bertolini, già comandante del Comando operativo di vertice interforze e in passato candidato con FdI, ha detto: la UE è “scomparsa”, esiste “solo la NATO” e quindi “esistono solo gli USA”. Pessime premesse per disinnescare l’escalation, come dimostra la recente uscita di Stoltenberg, quella che ha escluso che la Crimea possa essere riconosciuta come territorio russo.

L’Europa è scomparsa, la sua voce non emerge mai se non per confermare quello che dice la NATO. E la NATO dice quello che dicono gli Stati Uniti.

 

Mors nostra, Vita vostra

 

Gli acquisti indiani di greggio russo (in rubli!) sono aumentati vertiginosamente dall’inizio del conflitto, passando da zero barili a dicembre e gennaio a circa 700.000 barili al giorno ad aprile.

Il Paese può acquistare il greggio con sconti sostanziali, al punto che può rivenderlo all’estero.

Come dire: Mors nostra, Vita vostra.

 

Di Maio ha le traveggole

 

In “Mezz’ora in più” Di Maio ha appena detto che si sente più tranquillo sotto l’ombrello della NATO, usando una triste espressione di Berlinguer. È convinto che se anche Svezia e Finlandia vogliono entrare nella NATO, non scoppierà nessuna guerra mondiale, perché la NATO non è coinvolta in questa guerra russo-ucraina (sic!). Però ha aggiunto che esiste già una guerra mondiale del cibo. E quindi? Secondo lui basterà abbassare il prezzo del pane (come la legge fallimentare del Maximum général durante la rivoluzione francese?). Anche il prezzo massimo del gas andrà fissato (sarà facilissimo in un regime di aperta concorrenza tra monopoli privati!).

Lui non è preoccupato. È sufficiente sanzionare sempre più la Russia, perché questo è l’unico strumento pacifico per farla desistere. Vede le cose come se fosse uno studente delle elementari.

 

Le informazioni sulla posizione e sui movimenti delle forze russe stanno fluendo in Ucraina in tempo reale e includono immagini satellitari e rapporti raccolti da fonti statunitensi sensibili.

Solo Di Maio pensa che la NATO non sia in guerra con la Russia.

 

La Commissione UE apre al tetto al prezzo del gas, ma soltanto in caso di “un’interruzione improvvisa, su larga scala o addirittura totale, delle forniture di gas russo”. Non nelle condizioni attuali, dunque, come invece chiede da tempo il governo italiano e il bambino Di Maio.

Per sganciarsi da Mosca servono investimenti per 195 miliardi in 5 anni.

L’inverno del nostro scontento, diceva Steinbeck...

 

Quella donna pericolosa

 

La Russia “è oggi la minaccia più diretta all’ordine mondiale con la barbara guerra contro l’Ucraina e il suo preoccupante patto con la Cina”, ha detto la von der Leyen dopo aver incontrato il premier giapponese Fumio Kishida, accompagnata dal presidente del Consiglio europeo Charles Michel (altro guerrafondaio impenitente).

“L’invasione russa dell’Ucraina non riguarda solo l’Europa, ma sta scuotendo il cuore dell’ordine internazionale, compresa l’Asia. Questo non deve essere tollerato”, ha detto Kishida, il cui governo ha aderito alle sanzioni occidentali contro Mosca, comprese quelle finanziarie ed energetiche.

La von der Leyen ha affermato che la UE e il Giappone stanno rafforzando la loro cooperazione, anche col lancio di un partenariato digitale – una novità per l’Europa –, che si concentrerà sulla competitività e la sicurezza in questo settore.

Insomma la UE sta chiedendo al Giappone se è pronto ad attaccare la Russia come ha fatto nelle due guerre mondiali.

D’altronde l’Australia, gli Stati Uniti e il Regno Unito stanno già militarizzando la regione del Pacifico meridionale, provocando l’inizio di una nuova corsa agli armamenti. I tre Paesi stanno formando un blocco militare senza alcuna consultazione con gli Stati insulari della regione. Questo ha detto il portavoce del ministero degli Esteri cinese Zhao Lijian in un briefing.

Non c’è solo l’Ucraina dove la NATO vuol vincere...

 

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Il fosforo per ricordare non bombardare

 

Stanno emergendo accuse ai militari russi di usare bombe al fosforo bianco, che è un crimine di guerra, così come quello delle bombe incendiarie o al napalm o all’agente arancio usate dagli americani in Vietnam e Cambogia[3]. Non è da escludere che siano stati proprio gli USA (o il Regno Unito) a fornire armi di questo genere agli ucraini, visto che già le hanno usate a Falluja in Iraq (in Serbia usarono l’uranio impoverito e contro i siriani il cloro).

In ogni caso è stato il vicesindaco di Mariupol, Serghei Orlov, a confermare quanto riferito dal battaglione Azov circa l’uso da parte dei russi di bombe al fosforo: un parere spassionato e imparziale che conferma una fonte spassionata e imparziale.

Il Ministero della Difesa russo ha invece sostenuto che le bombe al fosforo sono state utilizzate dall’esercito ucraino a Popasnaya. Il problema riguarda i proiettili da 122 mm pieni di fosforo per gli obici D-30 e i razzi per i lanciarazzi BM-21 Grad. L’uso di tali munizioni è proibito dal 3° protocollo della Convenzione delle Nazioni Unite sulle armi convenzionali.

In questo video del 2014 youtu.be/Z87pTf3GFQ0 è ancora l’esercito ucraino che usa bombe al fosforo bianco contro Slavyansk.

Ricordiamo che Mattarella, da ministro della difesa del governo D’Alema, nel 1999 non disse nulla sull’uso di bombe al fosforo su Belgrado. Magari non lo sapeva, ma impose il silenzio sugli aerei che andavano a bombardare.

La Russia ha già aderito al divieto di queste armi chimiche: al massimo usa razzi illuminanti.

Ridicola l’intelligence britannica quando dice che la Russia ha usato bombe al fosforo a Donetsk, e potrebbe usarle di nuovo a Mariupol. Peccato che Donetsk è nelle mani dei filorussi da 8 anni.

 

Ribellarsi è ancora possibile?

 

La “strage di Bucha” vale quanto le stragi di Timisoara in Romania (1989), di Srebrenica in Bosnia (1995), di Racak nel Kosovo (1999), del Kuwait (1991), come le armi di distruzione di massa in Iraq esibite da Colin Powell all’ONU, la guerra chimica in Siria e le mille altre “documentatissime” campagne propagandistiche con le quali i gruppi imperialisti UE, USA e sionisti hanno cercato di smorzare l’opposizione delle masse popolari a tutte le guerre.

Come i governi DC e i successivi governi Berlusconi, Prodi e delle Larghe Intese, il governo Draghi viola sistematicamente l’art. 11 della Costituzione. È un governo incostituzionale. Disobbedire è un dovere. Ancora oggi in Italia stanno morendo militari colpiti da armi USA all’uranio impoverito durante le guerre contro la Jugoslavia alle quali l’Italia ha partecipato.

Il governo Draghi è un governo che non ha neppure una legittimazione elettorale.

Il M5S, frutto acerbo cresciuto nel fertile terreno della resistenza spontanea, non ha saputo approfittare della breccia che le masse popolari avevano aperto nel sistema delle Larghe Intese con il voto del 4 marzo 2018, analogamente a come il CLN (PCI, PSI, PdA, PRI, PLI, DC) non ha saputo approfittare del ruolo che aveva assunto nel governo sabaudo nel periodo 1944-47.

Lezioni di cui farà tesoro il Governo di Blocco Popolare che risulterà dalla vasta rete di organismi operai e popolari che si sta formando in tutto il Paese: CdF ex GKN, NO TAV Val di Susa, Fridays For Future ne sono campioni esemplari.

Fonte: nuovopci.it

 

Dollaro contro Euro

 

Nel 2000 nasce in Europa la moneta unica dell’euro. A tal proposito scrive lo scrittore cinese Qiao Liang nel suo libro L’Arco dell’Impero: “dopo il lancio dell’euro Saddam Hussein annunciò che le esportazioni di petrolio iracheno sarebbero state regolate con la nuova moneta. Questa mossa metteva in discussione il dollaro come valuta di regolamento del petrolio, con il risultato che il presidente Bush Jr. mandò Saddam alla forca in una guerra asimmetrica. Il primo decreto emesso dal governo dell’Iraq ‘democraticamente’ eletto, istituito sotto il fuoco degli Stati Uniti, fu di tornare al dollaro USA per il commercio del petrolio iracheno”.

Né si può dimenticare la distruzione dell’alleanza Sudan-Libia-Egitto, sotto la guida di Mubarak, Gheddafi e Bashir, per stabilire un nuovo sistema finanziario sostenuto dall’oro, al di fuori del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale, per lo sviluppo dell’Africa. La distruzione della Libia da parte della NATO, la spartizione del Sudan e il cambio di regime dell’Egitto posero fine all’alleanza suddetta.

L’attuale guerra per “procura” che gli Stati Uniti conducono contro la Russia utilizzando l’Ucraina è la migliore prova della nuova strategia americana, non più basata, come ai vecchi tempi, sui cannoni, le portaerei e gli eserciti, per difendere i propri interessi nazionali, ma sull’egemonia finanziaria del dollaro. La guerra è solo un mezzo per raggiungerla. Altrimenti non si capirebbe per quale ragione i Paesi europei si ostinino a non pagare il prezzo del gas e del petrolio russo in rubli, anche se piano piano si stanno rendendo conto che la loro dipendenza dal gas russo è troppo forte per non soddisfare le richieste di Putin, che si è visto costretto a prendere questa decisione finanziaria dopo l’incredibile furto delle riserve della Banca centrale russa nei depositi occidentali.

Fonte: centrogramsci.it

 

Un sistema monetario parallelo?

 

Gli Stati Uniti sono un Paese prevalentemente finanziario: vivono grazie ai flussi di valore che arrivano dal resto del pianeta, o perché s’investe nelle loro azioni private o nei titoli statali o perché si usano i petrodollari. Se questi flussi, per un motivo o per un altro, diminuiscono, è inevitabile per loro trovare un nemico e dichiarargli guerra. Non possono permettersi il lusso di diminuire drasticamente il loro alto tenore di vita (che richiede redditi pro-capite da almeno 50.000 dollari l’anno), altrimenti rischiano una guerra civile interna, oppure che alcuni Stati federali vogliano staccarsi dal governo centrale. È un Paese dove vive il 41% delle persone più ricche del mondo, ma dove anche 40 milioni sono assolutamente povere, con 2,5 milioni di minori senza tetto.

Il dollaro è il loro dio da adorare e i poveri, specie se drogati, vengono visti come una minaccia.

Ma la situazione sta rapidamente cambiando, proprio in forza della guerra in corso. Stanno venendo fuori nuove monete internazionali: rublo, yuan, rupia… Alcuni paesi del Sudamerica, in primis il Brasile, stanno progettando una moneta del continente dedicata agli scambi transnazionali, il sur, che vada a sostituire il dollaro. Altri Paesi (soprattutto nei mercati emergenti di Asia e Africa) hanno iniziato a usare le criptovalute. E non si lasciano intimidire o ricattare dai diktat occidentali.

Gli USA, da quando hanno bloccato le riserve in dollari della Banca centrale russa, fanno paura, e gli Stati si stanno attrezzando per creare un sistema monetario alternativo.

Il più grande produttore offshore di petrolio e gas cinese, la CNOOC, si prepara a uscire dal mercato di Gran Bretagna, Canada e Stati Uniti, a causa delle preoccupazioni di Pechino riguardo alla possibilità che le attività possano essere soggette a sanzioni da parte dell’occidente.

Jean Francois Cirelli, ex amministratore delegato del GAZ de France, in un’intervista a “Les Echos” ha dichiarato: “Se il flusso di gas russo viene arrestato da un embargo o da una decisione del Cremlino, il mercato del gas si troverebbe nella stessa situazione del mercato bancario durante il fallimento della Lehman Brothers nel 2008. Con una grande differenza: non esiste la Banca Centrale Europea dell’Energia per intervenire ed evitare la catastrofe”.

Per fortuna abbiamo la Germania che non ha alcuna intenzione di smettere di acquistare il gas russo, anche se alcuni media inglesi stanno già chiedendo di sanzionare lo Stato tedesco e invitano i britannici a non acquistare le sue merci.

Sono finiti i tempi in cui gli USA facevano fuori in un attimo chiunque pensasse di creare un’alternativa al dollaro (come p.es. Saddam Hussein e Gheddafi).

Fonte: quinternalab.org

 

Tornare a Bretton Woods?

 

Anche se la Russia vuol tornare agli accordi finanziari di Bretton Woods, agganciando il rublo all’oro e alle materie prime, quei tempi per noi occidentali, in cui il dollaro primeggiava negli scambi internazionali, grazie alla sua immediata convertibilità in oro (secondo il rapporto un’oncia = 35 dollari), sono lontanissimi.

Oggi il dollaro è totalmente staccato dalla realtà economica americana, da qualsiasi valore oggettivo di riferimento e dalla sua convertibilità in oro. Nel 1971 con due guerre perse (Corea e Vietnam) e con la minaccia di molti Paesi (Francia in testa) che pretendevano la restituzione in oro dei loro dollari, Nixon decise di abolire l’ancoraggio del dollaro all’oro. “La fede nel dollaro deve essere cieca”, diceva allora Wall Street.

Ormai libero da qualsiasi legame coi beni materiali, il dollaro fu stampato in enormi quantità, e quindi se ne determinò il crollo. Solo un accordo salvifico con l’Arabia Saudita, nel 1973, che avrebbe venduto il petrolio esclusivamente in dollari a un prezzo quadruplicato, in cambio di una difesa militare per i Paesi dell’Opec, la divisa americana poté essere salvata.

L’egemonia finanziaria del nuovo petrodollaro fu dunque ristabilita per via della forza militare e tecnologica degli Stati Uniti, che così potevano rifinanziare il loro deficit estero e finanziare l’economia globale con dollari freschi di stampa. I 6,5 trilioni di dollari che vengono movimentati annualmente dal petrolio rappresentano il 10% del PIL mondiale e il 40% del PIL degli USA.

Ai sauditi e ad altri produttori petroliferi sarebbe stato consentito d’investire gran parte dei proventi della vendita del petrolio, comprando in dollari i titoli di stato americani tramite le banche occidentali. Questo sistema sarebbe poi diventato noto come “il riciclaggio dei petrodollari”.

La nascita della globalizzazione e del dominio del dollaro è dunque basata su tre pilastri: forza economica, tecnologica e militare. Oggi questi pilastri sono messi in discussione soprattutto da Cina, Russia e India, cioè da un capitalismo asiatico in cui il ruolo dello Stato non è secondario ma fondamentale.

In particolare i petrodollari han cominciato a entrare in crisi nel 2011 con l’apertura della Borsa Valori di Kish, inaugurata in Iran nel 2008. Fu in quel momento che Russia, Venezuela, Cina e Iran iniziarono a dire ch’era giunto il momento di superare l’assurda egemonia mondiale del dollaro.[4]

Poi sarà la volta della Cina, che siglò un accordo d’interscambio commerciale con Giappone e Iran per la fornitura di petrolio e prodotti finiti, prevedendo il pagamento nella propria valuta locale, lo yuan. Nel 2012 la Cina annunciò l’apertura di una Borsa Valori nella quale avrebbe scambiato il greggio con la Russia in yuan e rubli.

Anche altri due Paesi del BRICS (Brasile e Sud Africa) hanno espresso l’intenzione di utilizzare le proprie valute nel settore petrolifero.

Fonte: centrogramsci.it

 

Drang nach Osten

 

Nel suo Mein Kampf Hitler illustra quale tipo di Germania proponeva, nonché quale ordine mondiale intendeva costruire.

Anzitutto pensava di dover sottomettere la Francia, “inesorabile nemico mortale del popolo tedesco”, che impediva ai tedeschi di espandersi verso Est.

Così scriveva: “Se vogliamo più territorio in Europa, ciò non può avvenire che a spese della Russia, e ciò significa che il nuovo Reich dovrà mettersi in marcia sulla strada dei Cavalieri Teutonici per conquistare con la spada il suolo che l’aratro tedesco coltiverà per dare il pane quotidiano alla nostra nazione… Il colossale impero dell’Est è maturo per il crollo, e la fine del dominio ebraico in Russia sarà anche la fine della Russia quale Stato”.

Questa teoria imperialistica delineata nel 1925 sarà ripresa dai nazisti negli anni 1934-35 per preparare gli animi al progetto di “liberazione” dell’Ucraina. Una menzogna sopravvissuta ai suoi ideatori per diventare oggi un’arma degli americani (i nuovi nazisti in panni democratici), che han trovato un terreno più fertile per la russofobia negli ex Paesi sovietici che non nell’Europa occidentale.

Consideriamo che se non riescono a vincere, gli USA avranno comunque inaugurato una involuzione della democrazia formale dell’occidente verso la dittatura esplicita del capitale. L’occidente infatti ha investito troppo in questa guerra, subendo anche contraccolpi economici considerevoli, per non avere alcun tornaconto. Per gli USA, il Paese più armato del mondo, è assurdo pensare che ci debba guadagnare solo il suo apparato militare-industriale. Ci sono anche interessi geostrategici e il primato del dollaro da tutelare, anche a costo di far scoppiare una guerra totale. Oggi hanno scelto come nemico da abbattere la Russia, domani può essere la Cina, ritenuta molto più pericolosa sul piano economico.

Fonte: centrogramsci.it

 

Il destino degli Stati Uniti

 

Gli Stati Uniti investono, in campo militare, quanto l’Europa, la Gran Bretagna, la Cina e la Russia messe insieme. Infatti le spese militari ammontano a 814 miliardi di dollari l’anno, contro i 61 miliardi di dollari annui della Russia. Forze militari statunitensi sono inoltre presenti nel 70% dei Paesi mondiali, in oltre 800 basi militari estere.

Nel suo interessante libro “Lotta o declino” Noam Chomsky afferma che “il potere d’acquisto attuale dei lavoratori americani non specializzati è del 4% inferiore rispetto agli anni Settanta, che la produttività del lavoro è raddoppiata, i salari si sono ridotti, mentre la ricchezza confluisce sempre di più nelle tasche di pochi”.

La ricchezza accumulata dalle grandi multinazionali americane è quasi pari a quella accumulata dagli Stati Uniti all’apice del loro massimo splendore, cioè alla fine della II guerra mondiale, quando spadroneggiavano in quasi tutto il mondo. Il loro dominio sul mondo, basato sulla potenza militare, era tale da non consentire a nessuna altra nazione di eguagliarli militarmente.

Nell’ambito di questa strategia, gli avvenimenti politici più importanti che accaddero (come lo scioglimento dell’URSS per opera di Gorbaciov nel dicembre del 1991 e la proclamazione, nello stesso anno, dell’indipendenza dell’Ucraina), consentirono alla NATO di espandersi verso Est, violando gli accordi presi con Gorbaciov.

Approfittando della sua superiorità militare e della debolezza della Federazione Russa, la NATO sostenne nell’Ucraina una serie di colpi di stato: dalla “rivoluzione arancione” (2004) a quella di Majdan (2014), cercando di costruire un’identità ucraina basata sulla contrapposizione ai russi e sulla fiducia agli USA, alla NATO e al Fondo Monetario Internazionale. L’avvio all’interno della società ucraina di una politica discriminatoria e persecutoria verso le popolazioni di lingua russa e alle minoranze cosiddette russofone ha prodotto l’orribile strage di Odessa del maggio 2014 e una guerra civile di 8 anni contro le due repubbliche autonome del Donbass che ha procurato 14.000 morti.

Oggi siamo arrivati a un punto tale che Biden auspica un golpe filo-occidentale persino nella stessa Russia, dopo averla sfiancata sul piano militare, isolata su quello economico-finanziario, nonché screditata su quello mediatico-narrativo. In tutto ciò l’appoggio che Biden ha ottenuto dalla UE è praticamente incondizionato, contro gli stessi interessi europei. Gli USA ci stanno trascinando nel loro baratro.

Fonte: centrogramsci.it

 

Lezioni di storia contemporanea

 

Questa guerra russo-ucraina ha dimostrato che la UE non ha sufficienti anticorpi per garantire la democrazia. I quattro politici che la rappresentano (von der Leyen, Borrell, Michel e Metsola) e i tanti premier e capi di Stato non sono assolutamente all’altezza della gravità della situazione. Non si sono dimostrati capaci di comprendere il lato aggressivo della NATO (preoccupata solo di estendersi e di creare un casus belli per una guerra totale), le ragioni difensive della Russia (che dal crollo dell’URSS e dallo smantellamento del Patto di Varsavia si sente sempre più minacciata d’invasione da parte dell’occidente), l’elemento neonazista che caratterizza le istituzioni e le forze armate dell’Ucraina (che ora si sta diffondendo in Polonia e nei Paesi Baltici), il ruolo altamente destabilizzante degli USA e del Regno Unito (che han ridotto la UE a una mera appendice della NATO, creando altresì una narrativa talmente piena di falsità da alimentare una folle russofobia).

Gli europei non sono neppure in grado di capire che hanno interessi economici diametralmente opposti a quelli americani e che quante più sanzioni impongono alla Russia, tanto più danneggiano se stessi e gli interessi dei Paesi più poveri del mondo, che dipendono dalle forniture dei cereali russo-ucraini.

L’intero occidente sta armando e finanziando un neonazismo ucraino che presto si diffonderà in tutta Europa, diventando un pericolo infinitamente superiore al terrorismo islamico. Noi stiamo ponendo le premesse allo sviluppo della dittatura esplicita del capitale (naturalmente in nome della democrazia) in tutto il mondo anglosassone ed euroamericano.

L’enorme crisi finanziaria dei subprime del 2008, che ha sconquassato il sistema bancario di mezzo mondo, poi le guerre devastanti condotte dall’occidente contro nemici inventati o addirittura alimentati dagli stessi Stati Uniti (per lo più islamici o medio-orientali), lo sviluppo di una pandemia creata probabilmente da un virus artificiale, e ora una guerra per procura che conduciamo per indebolire la Russia sono tutti segnali eloquenti che il capitalismo occidentale è diventato una grave minaccia all’esistenza dell’intera umanità. Non riusciamo a rassegnarci alla fine del nostro protagonismo assoluto a livello internazionale, cioè all’idea che dobbiamo vivere in un mondo multipolare.

Con ciò naturalmente non si vuole affatto sostenere che altri modelli o stili di vita (come p.es. quello cinese o russo o indiano) possano costituire un’alternativa reale al nostro sistema, ma semplicemente che non possiamo essere noi occidentali a dire all’intero pianeta come deve vivere.

 

Beata incoscienza

 

All’Amministrazione americana sembra non importare nulla di quali possibili conseguenze possono avere le loro continue provocazioni contro la Russia (l’ultima quella di far entrare Svezia e Finlandia nella NATO).

I politici ucraini non si rendono conto d’essere usati in maniera strumentale, per fini lontanissimi dai loro interessi. Ma quel che è peggio è che gli USA non temono alcuna conseguenza di tipo nucleare. Sanno di essere demograficamente tre volte i russi. E sanno anche che in caso di guerra nucleare, sarebbe la UE (loro rivale economica) a venire totalmente distrutta. E sono altresì convinti che se anche i missili nucleari russi raggiungessero il loro territorio ed eliminassero qualche grande città, la loro ritorsione sarebbe devastante per tutte le città della Russia europea. Il che permetterebbe loro, benché menomati, di continuare a dominare il mondo, essendo la Cina decisamente più debole sul piano militare.

Detto altrimenti: sembra che gli USA vogliano affidare esclusivamente a soluzioni di tipo militare il recupero della loro egemonia economico-finanziaria globale. Di qui il rifiuto di qualunque trattativa o il porre continuamente delle condizioni del tutto inaccettabili per la Russia.

 

Sperimentazioni umane

 

Gli Stati Uniti non sono estranei alla sperimentazione biologica contraria ai valori umani. Uno dei casi più famosi fu l’esperimento di Tuskegee (Macon County, Alabama) del 1932, durante il quale 399 maschi malati e 201 sani afroamericani, per lo più analfabeti, furono utilizzati, a loro insaputa, come animali da laboratorio per verificare gli effetti della sifilide. Si promettevano cure gratuite e pasti caldi e persino un’assicurazione per coprire il costo di un loro eventuale funerale.

L’esperimento andò avanti anche quando con la scoperta della penicillina avrebbero potuto essere curati. Solo nel 1972 terminò, grazie a uno scandalo giornalistico fatto scoppiare da alcuni medici. Il risultato finale furono 28 morti di sifilide, 100 decessi per complicazioni della malattia, almeno 40 le donne infettate, e 19 bambini già malati alla nascita.

L’indignazione pubblica per tali esperimenti negli USA fu così grande che nel 1975 portò alla creazione di una speciale Commissione Rockefeller per far rispettare le leggi. Era guidata da Nelson Rockefeller, la cui fondazione però sino a ieri ha finanziato esperimenti disumani su cittadini ucraini.[5]

Per i politici americani gli ucraini non sono altro che cavie, che si tratti di esperimenti medici o di coltivare l’ideologia nazista e russofobica.

La frase “gli Stati Uniti combatteranno fino all’ultimo ucraino” non è un gioco di parole.

 

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Da Poroshenko a Zelensky

 

Alle elezioni presidenziali del 2019 Zelensky non vinse tanto per meriti propri (era solo un attore comico e non sapeva nulla di politica), quanto perché il governo di Poroshenko era considerato fallimentare.

Stando a varie indagini compiute nel suo Paese, dal 60 al 70% degli ucraini voleva porre fine alla guerra civile nel Donbass, non con un’azione di forza ma tramite un negoziato (il rispetto degli accordi di Minsk). Inoltre considerava la corruzione delle istituzioni qualcosa di molto preoccupante.

Tuttavia il governo criminale e filonazista di Poroshenko soffiava sul fuoco della guerra civile e su un’alleanza sempre più stretta con gli USA. Lui stesso era un oligarca corrotto.

Se non fosse stato così, Zelensky, che prometteva di lottare contro la corruzione, di sanare la situazione del Donbass e di superare l’esagerata russofobia alimentata da Poroshenko, non avrebbe vinto. Da notare che la vittoria dipese anche dal fatto che Kiev impedì di votare ai 3 milioni di ucraini del Donbass che si erano rifugiati in Russia a causa della guerra civile.

Appena eletto però Zelensky si rese subito conto che non avrebbe potuto far niente, né verso i neonazisti né verso le ingerenze americane. Si adattò subito a svolgere la parte del burattino, ovviamente dietro congruo compenso. Per lui la politica non era che un modo di guadagnare di più rispetto alla carriera televisiva: si trattava soltanto di continuare a recitare in forme e modi diversi. Un po’ come fece Reagan, considerato ancora oggi dagli americani un grande presidente.

Già oggi Zelensky viene ammirato per il suo coraggio, per il suo eroismo e patriottismo, quando invece è un irresponsabile che sta mandando alla rovina il suo Paese e al macello un’infinità di concittadini. Non solo non ha mai condannato l’operato dei neonazisti (anzi l’ha esaltato), ma ha pure cercato di convincere il mondo intero che l’intervento russo meritava di far scoppiare una guerra mondiale. A questo punto è difficile dire che Poroshenko abbia fatto più danni di lui.

Negando l’evidenza, Poroshenko aveva sempre sostenuto che il conflitto nel Donbass fosse dovuto all’arrivo nella regione di truppe d’occupazioni russe, continuando a definire i russi “occupanti” e la Russia “Paese-aggressore”. Pur essendo nativo della regione di Odessa, lui ignorò pervicacemente il fattore identitario delle popolazioni russo-etniche presenti a est del Dnepr, né ha mai cercato di capire le ragioni delle loro istanze di autodeterminazione. Anzi ha sempre cercato di trasformare l’Ucraina, per sua natura multietnica e ampiamente russofona, in un Paese appiattito etnicamente e linguisticamente sulle rigide posizioni del nazionalismo ucraino di matrice galiziana, dove infatti la sua politica otteneva grandi consensi.

Anche il rappresentante speciale degli Stati Uniti per l’Ucraina, Kurt Volker, era convinto che la guerra civile nel Donbass fosse sacrosanta, soprattutto in funzione antirussa.

Poroshenko non era amato dalla maggioranza degli ucraini, e neppure chi lo precedette alla presidenza, Viktor Jushenko, frutto della cosiddetta “rivoluzione arancione” del 2004, pur questa sostenuta dagli USA.

Probabilmente se Putin non fosse intervenuto militarmente, anche Zelensky avrebbe fatto la stessa fine di Poroshenko. È stato Putin, in un certo senso, a trasformare il burattino in un eroe. Putin però sapeva bene che Zelensky stava organizzando l’attacco militare decisivo contro le due repubbliche del Donbass e contro la Crimea, dopodiché l’Ucraina sarebbe entrata nella NATO, che avrebbe puntato i suoi missili su Mosca. Era una minaccia troppo grande per non reagire con prontezza.

 

L’omicidio di Aleksandr Zakharchenko

 

Il 31 agosto 2018, in un ristorante nel centro di Donetsk, fu assassinato il capo della Repubblica Popolare di Donetsk, Aleksandr Zakharchenko. Non si è mai saputo materialmente da chi. Di sicuro era coinvolto come mandante il capo del controspionaggio ucraino, secondo quanto disse l’ex vice della Rada Ilya Kiva. Anche un agente dei Servizi di Sicurezza dell’Ucraina, arrestato dopo l’attentato, testimoniò che il dispositivo esplodente, realizzato con tecnologie avanzate, era stato installato su ordine delle autorità di Kiev.

Si sospettò che CIA e FBI avessero armato i Servizi di Sicurezza con ordigni di nuova generazione. D’altronde CIA e FBI erano presenti a Kiev, nell’edificio SBU, dove erano appese le bandiere degli Stati Uniti sin dal 2014.

Zakharchenko, oltre ad essere il capo carismatico della DNR, era anche il firmatario degli accordi di Minsk volti a risolvere il conflitto nel Donbass. Il suo assassinio eliminò quindi il garante di questi accordi, almeno dalla parte della DNR. D’altra parte nessun punto di quegli accordi venne rispettato da Kiev: riforma costituzionale, ripristino del pagamento delle pensioni agli abitanti delle repubbliche, elezioni, amnistia, concessione di garanzia sulla consegna di aiuti umanitari, ecc. La presidenza di Poroshenko era semplicemente criminale.

L’assassinio di Zakharchenko è stato paragonato a quello dei due comandanti militari della DNR: Motorola (Arsen Pavlov) e Givi (Mikhail Tolstykh): lo stile e la regia erano simili.

Tuttavia, come la milizia della DNR non si era indebolita dopo la morte dei noti comandanti sul campo, così la Repubblica non era collassata dopo la morte di Zakharchenko.

Mosca non intraprese azioni immediate, così come non lo fece in occasione della strage nella Casa dei Sindacati a Odessa nel maggio 2014.

La DNR non diventò un territorio in preda a una guerra tra gang criminali in lotta per la conquista del potere. Non si voleva giustificare un intervento militare di Kiev per riportare l’ordine e rendere sempre più difficile la realizzazione degli accordi di Minsk. Cosa che invece avrebbe voluto Poroshenko, che stava iniziando la sua campagna elettorale per le elezioni presidenziali del 2019, vinte poi da Zelensky.

Il 2 di settembre ai funerali di Zakharchenko nel centro di Donetsk sfilarono più di 120.000 persone. Il terrorismo di stato non aveva conseguito il suo obiettivo, anche se l’occidente non mosse un dito contro Kiev.

 

Oltre la guerra civile quella religiosa

 

In Ucraina fino al 2018 erano presenti non due ma tre rami dell’ortodossia religiosa:

1. la Chiesa Ortodossa Ucraina del Patriarcato di Mosca;

2. la Chiesa Ortodossa Ucraina del Patriarcato di Kiev;

3. la Chiesa Ortodossa Autocefala Ucraina.

La seconda (autofondata da Filarete nel 1992 col sostegno dell’allora presidente ucraino Leonid Kravchuk) e la terza (autofondata dal Direttorio della Repubblica Popolare dell’Ucraina nel 1921) non sono mai state riconosciute dal Patriarcato di Mosca.

Alla fine del 2018 la seconda e la terza Chiesa si sono unite, dando vita alla nuova Chiesa ortodossa dell’Ucraina, sempre disconosciuta dal patriarcato di Mosca, ma non da quello di Costantinopoli, il cui patriarca, Bartolomeo, la giustificò sulla base di presunte rivendicazioni territoriali, quelle stesse però che lui non riconosce alla Chiesa autocefala americana.

Il vero motivo di questo riconoscimento era che Bartolomeo pretendeva un controllo sulla Chiesa ortodossa ucraina, annullando i vincoli della storica lettera del 1686, con cui si conferiva al solo patriarca di Mosca il diritto di nominare il metropolita di Kiev.

Naturalmente il presidente ucraino Poroshenko fu molto soddisfatto di quella decisione, poiché offriva un tassello in più per staccarsi da Mosca. Lui stesso approvò i disegni di legge anti-ecclesiastici n. 4128 e n. 5309, la cui attuazione autorizzava l’esproprio dei luoghi di culto alla Chiesa Ortodossa Ucraina del Patriarcato di Mosca (ce ne sono quasi 12.000), la quale verrà anche privata della sua denominazione, nonostante rappresenti l’unica struttura canonica nel Paese.

Nel Paese non vi era quindi solo una guerra civile nel Donbass ma anche una guerra di religione in tutta la nazione, non basata su questioni dogmatiche bensì giurisdizionali.

Da notare che il patriarca di Mosca detesta quello di Costantinopoli, in quanto non accetta la sua pretesa autorità primaziale sul resto dell’ortodossia, cioè il fatto che si comporti, sul piano gerarchico e amministrativo, come un pontefice romano.

 

Si profila una tragedia alimentare

 

L’isola dei Serpenti è importante per il governo di Zelensky, perché per suo tramite può ricavarci delle tangenti dalla vendita dei cereali (grano, mais e semi oleosi). Si parla di 30-40% del valore totale, che va da 20 a 45 milioni di tonnellate. C’è già chi pensa che Zelensky abbia deciso di organizzare un vero e proprio Holodomor in Ucraina, in previsione del fatto che la sconfitta militare è inevitabile, per cui cerca di fare più soldi possibile su tutto.

Biden parla di 20 milioni di tonnellate, ma probabilmente si riferisce al quantitativo che intende portare negli USA, per poi rivenderlo a prezzi di molto superiori. Non sa però come trasferirlo. Per mare sembra quasi impossibile (la flotta russa e le mine ucraine lo impediscono), e per ferrovia (passando per la Polonia) sarebbe un’operazione lunghissima e non meno rischiosa.

La capacità massima di un treno merci è stimata in 1,1 milioni di tonnellate di grano e in 250.000 tonnellate di olio di girasole al mese. A un ritmo del genere per 20 milioni di tonnellate ci vorrebbe troppo tempo. L’occidente ha bisogno di cereali per l’inizio dell’estate, poiché teme che successivamente il grano non possa più essere esportato a causa dell’acutizzarsi del conflitto ed eventualmente del blocco totale del porto di Odessa.

Intanto la guerra ha già fatto perdere all’Ucraina circa il 40% dei campi di grano, il 50% dell’orzo e tutti i porti per l’esportazione dei cereali. Andando avanti così, il Paese perderà anche il raccolto di mais e di colza, nonché la via di esportazione su strada verso la Romania e la Moldavia. Alla fine saranno costretti a importare grano statunitense per mangiare.

L’ONU ha già lanciato un appello alla Russia con la richiesta d’incontrarsi a metà strada per prevenire la carestia in Africa. Ma sappiamo bene che l’occidente, più che dell’Africa, è preoccupato di se stesso e del profitto che può ricavare rivendendo una merce che al momento gli costerebbe pochissimo.

Insomma mentre i combattenti di Bandera muoiono per avere l’opportunità di far morire di fame mezza Ucraina, portando all’estero tutti i cereali, i soldati russi, bloccando i porti, salvano gli ucraini da una nuova carestia.

E comunque il blocco dei cereali russi e ucraini dettato dal conflitto in corso e dalle sanzioni causerà per forza l’aumento dei prezzi (già adesso ci vogliono 438 euro per una tonnellata di grano nel mercato europeo) e la scarsità di queste materie prime in Paesi non esattamente floridi, come Pakistan, Yemen, Libano, Egitto, Libia, Algeria e Tunisia si farà parecchio sentire. Le brusche impennate dei prezzi hanno già causato rivolte spontanee in diversi Paesi, fra i quali Kenya, Iran e Libano. In Africa e Medio oriente vi sono Paesi che dipendono al 100% dal grano ucraino.

D’altra parte tutti gli Stati extraeuropei, che pur vantavano una dignitosa produzione di beni alimentari di prima necessità per il consumo interno, sono stati indotti dai vari fondi monetari e banche mondiali a produrre per l’export, diventando dipendenti dagli altri per materie che prima producevano da sé. Questa follia produce innescherà un esodo di massa verso l’Europa, dove le generazioni nate nel dopoguerra non hanno mai conosciuto la fame.

L’India, che rappresenta il secondo produttore mondiale, ha annunciato il divieto, salvo eccezioni, di export di grano, temendo di non poter far fronte a esigenze interne. Oltre 1,8 milioni di tonnellate di grano sono bloccati nei suoi porti.

In Italia un’impresa agricola su 10 e 3 aziende agroalimentari su 10 sono costrette a chiudere perché non riescono a far fronte agli aumenti dei costi di produzione, che non riguardano solo quelli energetici, ma anche quelli delle materie prime alimentari.

Solo Di Maio non vede questi problemi catastrofici.

Fonte: comedonchisciotte.org

 

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La grande corruzione dell’Ucraina

 

Se non ci fossero stati gli americani di mezzo, non solo non ci sarebbe stata questa guerra in Ucraina, ma non ci sarebbero state nemmeno le due questioni delle repubbliche autonome nel Donbass e della Crimea. Il neonazismo sarebbe stato un fenomeno del tutto marginale, circoscritto all’area cattolica della Galizia e Volinia, da sempre russofobiche, e non ci sarebbe stata neppure la rottura tra le due Chiese ortodosse.

Al massimo avremmo avuto la corruzione degli oligarchi e l’indigenza della popolazione rurale, tentata continuamente, per integrare i redditi, a ricorrere all’emigrazione femminile per assistere i sempre più numerosi anziani europei, e persino, in taluni casi, a impegnarsi nella indecente maternità surrogata per garantire una prole a un occidente sempre più sterile. E questo nonostante le grandi ricchezze naturali del Paese, che purtroppo non sono mai state sufficienti per farlo uscire dalla graduatoria dei Paesi più poveri d’Europa.

I veri problemi han cominciato a venir fuori con la rivoluzione arancione del 2004 e soprattutto col golpe del 2014. Il grande appoggio finanziario e militare degli USA ha determinato la catastrofe del Paese, la sua radicalizzazione neonazista, la sua altissima corruzione, la totale inefficienza nella gestione del bene pubblico e dell’economia in generale. La concessione dei laboratori biologici ad alcune potenze occidentali è stata particolarmente vergognosa e altamente preoccupante.

Il presidente Poroshenko può essere tranquillamente qualificato come un autentico criminale. Si pensi solo al fatto che poche ore prima di assumere l’incarico concesse la cittadinanza ucraina a tre politici nati all’estero, cui affidò tre ministeri decisivi: al lituano Aivaras Abramavicius quello dell’economia, al georgiano Alexander Kvitashvili quello della sanità (uno dei settori più corrotti del Paese), e alla nordamericana Natalie Jaresko (amministratrice di Horizon Capital, un fondo d’investimento con sedi in Ucraina e USA), quello delle finanze.

Anzi nel suo esecutivo vi erano, a detta della rivista “Limes”, ben 25 stranieri, una decisione sostenuta finanziariamente dalla Reinassance Foundation (organizzazione con sede a Kiev), che fa parte della costellazione di gruppi patrocinati dalla Soros Foundation.

Grazie a Poroshenko l’Ucraina è stata messa nelle mani del FMI e della Banca Mondiale, che han preteso subito un programma di riforme orientato a incentivare gli investimenti privati, partendo dalla privatizzazione dell’acqua e dell’energia, una consistente riduzione di tasse e dazi doganali per le imprese e uno sfruttamento selvaggio dell’agricoltura.

E Zelensky, nel complesso, ha fatto anche peggio, trascinando il Paese in un conflitto devastante, che non lo farà certo ricordare come un presidente eroe e neppure come un politico avveduto.

Proprio lui, non dimentichiamolo, ha affittato 17 milioni di ettari di terreno coltivabile (su 32,5 milioni disponibili) a compagnie multinazionali come la Monsanto tedesca (acquisita dalla Bayer), alla Cargill e alla DuPont statunitensi, e al governo cinese. È il doppio di tutta la terra francese coltivabile. Alcuni di questi terreni sono tra i più fertili al mondo. E a partire dal 2024 sarebbero stati messi addirittura in vendita.

Se i 7 milioni di agricoltori ucraini non fossero così tragicamente sprovveduti, avrebbero dovuto essere loro a cacciare a pedate questi leader corrotti, i quali purtroppo, grazie all’intervento di Putin, passano per patrioti difensori degli interessi nazionali.

 

Kosovo sempre più pericoloso

 

Il Regno Unito sta fornendo armi e addestramento militare ai combattenti della Repubblica del Kosovo, dichiaratasi unilateralmente indipendente dalla Serbia il 17 febbraio 2008.

Non sono armi da poco ma missili anticarro Javellin e NLAW, veicoli blindati, droni, più i corsi di pilotaggio in Turchia e Albania. Il tutto in funzione anti-serba.

Come noto al Kosovo è vietato avere un proprio esercito, secondo la risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza dell’ONU. Le uniche forze armate si chiamano Kosovo Force (KFOR), una forza militare internazionale guidata dalla NATO, anche se a Camp Bondsteel, vicino alla città di Uroševac, vi è una base americana, supportata da truppe provenienti da Grecia, Italia, Finlandia, Ungheria, Polonia, Slovenia, Svizzera e Turchia. La base può ospitare fino a 7.000 soldati, il che la rende la più grande base statunitense nei Balcani, anche se al momento ospita solo non più di 800 militari USA, quasi tutti della riserva e della Guardia nazionale, in quanto si ha intenzione di trasferire la gestione della base alla UE.

Camp Bondsteel viene usato anche come struttura di detenzione per soggetti sospettati di terrorismo e non è aperto alle ispezioni del Comitato per la Prevenzione della Tortura. Nel 2005 Álvaro Gil-Robles, inviato per i diritti umani del Consiglio d’Europa, ha descritto il campo come una “versione più piccola di Guantanamo”.

La NATO sta comunque facendo in modo che la Forza di Sicurezza del Kosovo si trasformi in un esercito vero e proprio. Tant’è che il premier Albin Kurti ha chiesto di poter aderire esplicitamente all’Alleanza a causa della situazione in Ucraina. Il Kosovo già partecipa alle esercitazioni della NATO.

Si rammenti che il Kosovo è stato riconosciuto da 98 Paesi membri su 193 dell’ONU e da 22 Paesi della UE su 27. La Crimea da nessuno, pur avendo esercitato la propria volontà separatista dall’Ucraina tramite referendum popolare e senza aver mai subìto accuse di terrorismo.

 

La russofobia di Facebook

 

La russofobia di Facebook è diventata qualcosa di preoccupante, che non mancherà di ritorcersi contro questo social, soprattutto se il conflitto tra Russia e occidente verrà vinto da Mosca.

È infatti indegno per un luogo di pubblico dibattito essere chiaramente schierato a favore di un’unica narrativa. Non è nato come luogo di aree riservate in cui uno può dire ciò che vuole.

È semplicemente vergognoso che si operi una censura su base ideologica, vincolata ad algoritmi tendenziosi.

Si viene bannati per settimane e mesi solo per aver postato video di pubblico dominio, che si trovano facilmente in Telegram o TikTok, dove anche lì esistono regole da rispettare. E non si accettano giustificazioni, né che i post vengano rimossi.

Non ci sono preavvisi sull’infrazione. Si agisce d’imperio, come se tutti noi fossimo scolaretti indisciplinati.

Zuckerberg dimentica che in borsa non ci è arrivato da solo ma grazie agli utenti che hanno utilizzato la sua piattaforma, i quali potevano iscriversi liberamente, rispettando le regole del bon ton e dei diritti costituzionali.

Si sperava di creare un luogo dove le informazioni non fossero unidirezionali e unilaterali come in TV, radio e quotidiani. Oggi anche Facebook si è allineata a questa visione orwelliana della vita.

La censura non può mai essere preventiva ma sempre successiva alla formulazione delle idee, e dovrebbe limitarsi a essere un richiamo, un avviso a rettificare quanto detto e a comportarsi diversamente, indicando i luoghi ove viene sostenuto il contrario di quanto si afferma, proprio per abituare il soggetto a non essere frettoloso, a farsi un’idea propria sul significato di ciò che posta.

In ogni caso la censura (se così la si vuol chiamare) deve riguardare singoli contenuti che chiaramente violano i diritti umani, e ciò non può essere affidato a fact-checking automatici, anche perché la falsità di alcuni video è assolutamente esilarante e non meriterebbe d’essere censurata ma solo messa in rilievo, come p.es. quella di Biden che saluta il nulla.

Inoltre uno che posta un contenuto falso, può farlo anche a sua insaputa. Non ha senso punirlo come se lo facesse apposta. Sarebbe sufficiente mettere un avviso sul post in questione, non bannare il soggetto per settimane o mesi, dando per scontato che i post successivi possano essere altrettanto falsi.

Venire poi sanzionati da un social che, quanto a violazione della privacy, ne ha combinate di tutti i colori, pagando cifre astronomiche a titolo di risarcimento, è ridicolo.

 

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Gli ultimi 30 minuti

 

Dmitri Rogozin, direttore della società spaziale russa Roscosmos, ha detto che il mondo intero sa che la NATO sta combattendo contro la Russia usando le forze ucraine.

Cioè l’operazione militare speciale è andata oltre la geografia e gli obiettivi iniziali, e Mosca sta ora conducendo una “guerra per la verità e il diritto della Russia di esistere come Stato pieno e indipendente”.

Questo significa che l’esistenza di un’Ucraina separata dalla Russia la renderà inevitabilmente anti-russa e un trampolino di lancio occidentale per l’aggressione contro Mosca.

Fin dall’inizio del conflitto il Cremlino ha chiarito che la Russia non aveva intenzione di occupare l’Ucraina, in quanto l’obiettivo della sua missione era la “smilitarizzazione” e la “denazificazione” del Paese, dato che i poteri dell’Occidente stanno utilizzando l’Ucraina per destabilizzare il territorio russo.

Ma andando avanti con questa aggressività della NATO, l’obiettivo potrebbe cambiare. Per es. forse sarebbe meglio, più che dividerla in due, occupare l’intera Ucraina. In ogni caso è bene che la NATO sappia che in una guerra nucleare la Russia sarebbe in grado di distruggere i Paesi NATO in mezz’ora.

Naturalmente le conseguenze di uno scambio di attacchi nucleari influenzerebbero lo stato della nostra Terra.

Meno male che Rogozin ha specificato bene quest’ultimo pericolos, altrimenti c’era da preoccuparsi. Adesso però bisogna avvisare i nostri politici, che pensano di giocare a Risiko. Soprattutto bisogna dirlo a Di Maio, che rilancia sempre con le sanzioni come se fosse un grande giocatore di poker.

Fonte: controinformazione.info

 

Bandiere sovietiche

 

Ho l’impressione che le forze armate russe stiano mostrando troppo spesso le ex bandiere sovietiche. Le abbiamo viste su alcuni carri armati, ma anche nelle due repubbliche separatiste del Donbass. Dicono che Putin le abbia permesse per far vedere una certa continuità tra la Russia di adesso e quella del passato. Evidentemente per i russofoni vissuti al di fuori della Federazione può essere un simbolo importante. Probabilmente si sono sentiti traditi dallo smantellamento improvviso della ex URSS, come orfani in cerca di protezione.

Ma bisogna stare attenti. Non vorrei che a forza d’isolare la Russia dall’area occidentale, i politici e gli intellettuali andassero a recuperare il regime stalinista, eventualmente riveduto e corretto dalle esigenze del mercato borghese, così come han fatto i cinesi post-maoisti.

È giusta l’esigenza di riprendere la tradizione marx-leninista, poiché è stata un grande contributo alla comprensione delle leggi del capitalismo. E sicuramente è stato un errore l’aver buttato via l’acqua sporca dello stalinismo col bambino leninista dentro, benché sia nella natura dei russi passare da un estremo all’altro. Ma sarebbe folle ripetere gli errori del cosiddetto “socialismo reale”.

Personalmente ritengo che l’ideologia putiniana, così ancorata alla teologia ortodossa, al nazionalismo grande-russo, alla gestione statale del capitalismo, alla difesa patriottica di un impero autocratico, non sia un’ideologia destinata ad avere un futuro, per quanto sia sempre meglio questa del neonazismo ucraino sponsorizzato dall’occidente globalista e unipolare.

Per me il vertice della democraticità la Russia l’ha raggiunto con Gorbaciov, anche perché con lui si continuò a esaltare la figura di Lenin, la cui opera non è mai stata messa nel dimenticatoio come quella di Stalin e di Trotsky.

È stato solo quello sciagurato di Eltsin ad aprire le porte al capitalismo più selvaggio, portando il Paese alla bancarotta. Si doveva proseguire sulla strada intrapresa da Gorbaciov, che voleva smantellare lo statalismo asfissiante e burocratico, senza però rinunciare all’idea di socialismo, che andava appunto democratizzata.

Ma si sa che ai russi piacciono le soluzioni forti, anche perché temono che con una democrazia formale il loro grande Stato si disintegrerebbe. Sicché come Eltsin appariva più forte di Gorbaciov, così Putin appare più forte di tutti, tant’è che il suo consenso è altissimo.

Dunque con questo “speciale intervento armato” forse si sono poste le basi di una nuova guerra totale tra capitalismo occidentale, fondamentalmente privatistico, che usa lo Stato come un proprio strumento bellicistico, e capitalismo sociale a sfondo più populistico, in quanto gestito tendenzialmente da uno Stato paternalistico.

L’asiatismo di Russia, Cina e India sembra rappresentare un’alternativa al globalismo occidentale restando nell’ambito del mercato: un’alternativa che probabilmente nel lungo periodo risulterà vincente, in quanto meglio regolamentata (dall’alto).

Bisognerà tuttavia fare un passo avanti, affermando un socialismo democratico indipendente dagli stretti vincoli dei mercati e senza la tutela di uno Stato inevitabilmente autoritario. Stato e mercato sono senza dubbio le due strutture che più violentano e corrompono l’identità umana.

 

Pressioni occidentali

 

Ricapitoliamo le pressioni esercitate dall’occidente sugli Stati che in un modo o nell’altro parteggiano per la Russia.

La Serbia, il cui presidente Aleksandar Vučić l’ha candidamente ammesso. Minacciata di non entrare nella UE e di non ricevere più finanziamenti.

Il Pakistan, il cui presidente Imran Khan è stato costretto a dimettersi in forza di un golpe parlamentare.

La Turchia, che ha chiuso il proprio spazio aereo agli aerei russi diretti in Siria, sia civili che militari. Ora poi si sta facendo di tutto per convincerla ad accettare Svezia e Finlandia nella NATO.

La Colombia, il cui presidente Ivan Duque ha mosso varie accuse contro il Venezuela, ove si presume abbia sede il personale militare russo, nonché contro i combattenti delle FARC, giudicati terroristi.

Panama, che non ha chiuso il canale al passaggio delle navi russe, ma ha offerto informazioni sugli oligarchi russi per poterli sanzionare.

Messico, Argentina e Brasile, seppur minacciati, si sono rifiutati di favorire sanzioni contro la Russia. Dipendono troppo dalle forniture russe di fertilizzanti.

L’India si è opposta decisamente alla richiesta di non acquistare beni energetici e alimentari dalla Russia.

L’occidente si comporta come se ancora il mondo fosse ai suoi piedi.

 

Le basi giuridiche della guerra al Donbass

 

Al tempo del presidente ucraino Petro Poroshenko, intorno al febbraio 2018, 280 parlamentari su 450 votarono a favore di un disegno di legge presidenziale sulla “reintegrazione del Donbass”, secondo cui i territori autonomisti di questa regione, che non si trovavano sotto il controllo di Kiev, venivano definiti come “occupati” da forze straniere, ovviamente russe. Infatti la Federazione Russa veniva definita come “Paese-aggressore”.

Era un provvedimento assolutamente mistificante, in quanto i russi non erano ancora entrati ufficialmente nel Donbass, se non a titolo personale, come stanno facendo oggi i mercenari che combattono dalla parte degli ucraini. Putin e il suo parlamento han riconosciuto le due repubbliche di Donetsk e di Lugansk solo poco prima dell’intervento armato del febbraio scorso.

In forza di tale provvedimento il criminale Poroshenko (che si era stufato di una guerra di posizione, a bassa intensità, congelata sulla linea di contatto con le due repubbliche) poteva utilizzare le forze armate contro il Donbass in tempo di pace, senza alcuna dichiarazione di guerra, semplicemente sulla base del pretesto di dover garantire la sovranità del Paese dalle presunte ingerenze russe. In tal modo non si sentiva più vincolato agli Accordi di Minsk neppure sul piano formale e poteva imporre la legge marziale, facendo un passo avanti rispetto a quanto il parlamento aveva deciso in precedenza, e cioè che le operazioni nel Donbass avevano una finalità anti-terroristica.

Ovviamente le forze armate ucraine, quelle regolari e quelle neonaziste, partecipavano sin dal 2014 alla guerra civile contro le due repubbliche. Ma con quella legge le loro attività venivano regolamentate anche in campo giuridico. E contro gli Accordi di Minsk Poroshenko faceva valere la risoluzione dell’ONU, che non riconosceva alle due repubbliche alcuna autonomia (cosa che se invece fosse stata fatta, il Donbass si sarebbe risparmiato 14.000 morti). Non solo ma l’ONU, non avendo neppure riconosciuto l’autonomia alla Crimea, apriva la strada a un intervento armato di Kiev.

Poroshenko, un uomo intellettualmente molto limitato, non avrebbe mai potuto pensare a cose così assurdamente pericolose se non fosse stato sollecitato dalle promesse belliciste degli USA, che avevano praticamente in mano l’intera nazione. Tant’è che Trump aveva deciso uno stanziamento di 350 milioni di dollari sotto forma di assistenza militare all’Ucraina (vi erano incluse varie armi letali, tra cui i missili anticarro Javelin). A Yavoriv vi era già la Joint Multinational Training Group-Ukraine, cioè la missione di addestramento condotta dalle forze statunitensi, che aveva lo scopo di far interagire l’esercito di Kiev col sistema militare della NATO, in particolare con gli eserciti della Polonia e dei Paesi Baltici.

La UE sapeva benissimo tutte queste cose ma si limitò a guardarle.

 

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Il dominio del dollaro

 

Per gli Stati Uniti il dominio del dollaro è una questione di sopravvivenza nazionale ed è, allo stesso tempo, la pietra angolare della sua strategia per il saccheggio del mondo. Una strategia che ha dato vita a un’epoca di colonialismo finanziario senza precedenti nella storia dell’umanità.

Il distacco dal dominio del dollaro (soprattutto dal petrodollaro) è diventato il problema centrale di tutte le nazioni euro-asiatiche. Già ai primi di dicembre del 2021 Xi Jinping e Vladimir Putin avevano espresso l’esigenza di accelerare il processo di formazione di nuove strutture finanziarie indipendenti, al servizio degli scambi commerciali tra Russia e Cina. L’11 marzo scorso, a Erevan (Armenia), l’Unione economica euroasiatica (composta da Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Bielorussia e Armenia) e la Cina hanno concordato di progettare una nuova moneta internazionale fondata su un paniere di valute e di metalli preziosi (quindi in sostanza si sta elaborando un nuovo sistema monetario e finanziario internazionale, del tutto indipendente dalle monete occidentali).

Queste esigenze sono assai precedenti all’attuale guerra in Ucraina. Praticamente sono nate con la crisi finanziaria immobiliare dei subprime scoppiata negli USA nel 2008 e diffusasi in gran parte del mondo, portando alla rovina molte banche, istituti di credito, privati cittadini...

Il 2007 era stato l’anno dei grandi profitti per la finanza globalizzata americana, soprattutto per la J. P. Morgan e la Goldman Sachs. Tuttavia l’anno dopo ci fu il crac della Lehman Brothers, la più grande banca d’affari degli Stati Uniti, accusata di aver immesso sul mercato i famigerati mutui bancari subprime, causando la più grande crisi finanziaria dopo quella del 1929, da cui ancora oggi USA e UE non si sono ancora ripresi. Infatti fu proprio il governo americano a lasciare che Wall Street emettesse un’infinità di derivati finanziari tossici, che hanno infettato il mondo intero in nome dell’innovazione finanziaria (detta “cartolarizzazione”).

Gli americani, pur ignorando ancora i nomi dei veri responsabili della crisi, sanno perfettamente quanto le banche americane han ricevuto per il loro salvataggio dal governo di Obama: 787 miliardi di dollari (oltre 300 miliardi di dollari sono andati alle due finanziarie Fannie Mae e Freddie Mac, agenzie di mutui che tracollarono sempre nel 2008, dopo che nel 2007 avevano concesso 5.200 miliardi di dollari in mutui, equivalenti a 1/3 della capitalizzazione totale della Borsa di New York e oltre 1/3 del PIL statunitense). Questa cifra mostruosa era già stata preceduta dai 700 miliardi di dollari (più sgravi per 150 miliardi) per salvare Wall Street. Obama dovette promettere tagli alla spesa pubblica per 2.000 miliardi di dollari in 10 anni e la rinuncia agli impegni militari in Iraq e Afghanistan. Poi i nodi vengono al pettine...

Fonte: investimentimagazine.it

 

Cose da pazzi

 

Non è incredibile che l’occidente, pur conoscendo benissimo l’importanza strategica della Russia nel mondo sul piano energetico e alimentare (senza trascurare alcune fondamentali materie prime metalliche, come p.es. alluminio, palladio e nickel), non faccia assolutamente nulla per trovare un’intesa di pace per questa guerra in Ucraina, ma anzi cerchi ogni giorno di più di metterla militarmente all’angolo (peraltro senza riuscirci)? Soggetti come la von der Layen, Borrell, Michel e molti statisti europei sono estremamente pericolosi per il futuro dell’Unione Europea.

Non è incredibile l’arroganza e, insieme, la superficialità con cui ci si rapporta a un Paese così decisivo per le sorti dell’umanità? Da dove ci viene questa prosopopea? Da una sopravvalutazione della nostra capacità geopolitica ed economica? È forse il retaggio del nostro passato colonialistico e imperialistico a farci sottovalutare le capacità resilienti della Russia, le cui risorse sono assolutamente sufficienti per vivere in autonomia?

I singoli Stati europei possono forse far valere risorse analoghe? Quelle che avevamo (carbone e ferro) le abbiamo utilizzate tutte per far decollare la I e la II rivoluzione industriale nei secoli XVIII e XIX, e se anche continuassimo ad averle, non potremmo utilizzarle, poiché dobbiamo rispettare i parametri ambientalistici, altrimenti rischiamo di finire ricchi e malati (poveri e malati per colpa nostra son quelli del Terzo mondo).

Possiamo forse dimostrare che senza le risorse strategiche della Federazione Russa, di cui fino adesso abbiamo beneficiato a prezzi molto convenienti, avremmo raggiunto lo stesso il nostro alto benessere materiale?

Questa guerra è dettata solo da pregiudizi ideologici e dalla sudditanza agli interessi egemonici degli USA, che ci tengono in scacco detenendo le nostre riserve auree, imponendo il dollaro negli scambi petroliferi, minacciando sanzioni o dazi doganali a chi non rispetta i loro desiderata e obbligandoci a sottostare ai diktat della NATO.

La giustificazione che diamo di questa guerra, secondo cui l’Ucraina ha il diritto di difendersi, è una bufala, poiché quello Stato neonazista ha iniziato la guerra civile contro le due repubbliche autonome del Donbass nel 2014, si era consegnato completamente nelle mani degli USA, che avevano intenzione di farlo entrare nella NATO, per porre i propri missili nucleari a pochi km da Mosca. La Russia è intervenuta soltanto per impedire questo scempio e questa continua minaccia all’integrità della propria federazione e alla propria sicurezza esistenziale.

 

Nel tuo orto non puoi far nulla

 

Una nuova legge proposta dalla Commissione Europea presume di rendere illegale “coltivare, riprodurre o commerciare” i semi di ortaggi che non sono stati “analizzati, approvati e accettati” da una nuova burocrazia europea denominata “Agenzia delle Varietà Vegetali europee”. Praticamente tutte le piante, i semi, le erbe, i muschi, i fiori e naturalmente gli ortaggi devono essere registrati e bisogna pure pagare una tassa.

Si chiama Plant Reproductive Material Law, e tenta di far gestire al governo la regolamentazione di quasi tutte le piante e i semi. Se un piccolo coltivatore (magari biologico) coltiverà nel suo giardino piante con semi non regolamentari, potrebbe essere condannato come criminale. Questa mossa è la “soluzione finale” della Monsanto, della DuPont e delle altre multinazionali dei semi, che da tempo hanno tra i loro obiettivi il dominio completo di tutti i semi e di tutte le coltivazioni sul pianeta.

In questo momento in cui si prospetta la peggiore carestia mondiale dal dopoguerra, era proprio la legge che ci voleva. Se andiamo avanti così, dalla UE è meglio uscire.

Fonte: agribionotizie.it

 

La Coldiretti sull’Italia vede nero

 

La Coldiretti ha detto che il nostro Paese importa:

- il 62% del proprio fabbisogno di grano per la produzione di pane e biscotti;

- il 35% del grano duro per la pasta;

- il 46% del mais di cui ha bisogno per l’alimentazione del bestiame;

- dall’Ucraina il 2,7% di grano tenero per la panificazione, il 15% di mais destinato all’alimentazione degli animali.

- Ogni 10 agricoltori uno sta per chiudere, ogni 3 uno lavora in rosso.

Eppure si va avanti verso il baratro. Perché? L’economia russa è con il segno più, mentre l’Europa è con il segno meno e nel nostro Paese l’inflazione è al 6,2%. Chi è più sanzionato?

 

Blinken è obbrobrioso

 

Incredibilmente ipocrita in questi giorni è Anthony Blinken, il capo del Dipartimento di Stato americano, che sta facendo di tutto perché i Paesi africani “amici” degli USA si decidano a mettere le sanzioni contro la Russia. Come se non sapesse che sono i Paesi più poveri del mondo, cui l’occidente ha fatto perdere qualunque autonomia alimentare, ad avere più bisogno dei cereali e dei fertilizzanti di Russia, Bielorussia e Ucraina.

Abbiamo proprio il colonialismo nel nostro DNA.

 

Carestia ad portas

 

Prima l’occidente isola commercialmente la Russia dal resto del mondo, poi l’accusa di volerlo affamare non distribuendo né i propri cereali né quelli ucraini. Per non parlare dei fertilizzanti, di cui i maggiori esportatori sono Russia e Bielorussia.

La Russia è il più grande fornitore di grano del mercato mondiale. Ne produce costantemente più di 120 milioni di tonnellate l’anno, di cui consuma circa 80 milioni. Circa 53 Paesi al mondo (soprattutto africani e mediorientali) dipendono dalle forniture alimentari di Russia e Ucraina, che insieme rappresentano circa il 30% di tutte le esportazioni mondiali di grano. In questi 53 Paesi la popolazione spende almeno il 60% del reddito solo per l’alimentazione.

Poiché metà dell’import di grano dell’Africa proviene proprio da Russia e Ucraina, se milioni di persone non riusciranno a mangiare, sarà inevitabile una fuga verso l’occidente.

Secondo le stime fornite dalle Nazioni Unite in soli due anni il numero di persone gravemente insicure dal punto di vista alimentare è raddoppiato: dai 135 milioni pre-pandemia ai 276 milioni di oggi. Inoltre più di mezzo milione di persone vivono in condizioni di carestia, numero che è aumentato di oltre il 500% rispetto al 2016. Secondo il Programma Alimentare Mondiale gli affamati nel mondo sono già circa 300 milioni. Sono numeri catastrofici.

I Paesi autosufficienti temono il peggio, per cui stanno diventando protezionistici: l’ultima è stata l’India, che ha deciso lo stop alle proprie esportazioni di grano. O forse aspetta che i prezzi dei cereali salgano ancora di più dell’attuale 30%.

I porti marittimi dell’Ucraina sono bloccati perché gli ukronazi han lanciato a caso mine nel Mar Nero per prevenire un eventuale sbarco russo. Non solo, ma funzionari irresponsabili han consentito l’anno scorso l’esportazione incontrollata di grano dall’Ucraina, senza preoccuparsi di creare una riserva strategica e garantire la sicurezza alimentare. Ciò ha costretto il Paese ad acquistare farina dalla Turchia, che è stata prodotta con grano ucraino venduto alla stessa Turchia l’anno scorso.

E comunque la Russia sta esportando il proprio grano ai Paesi che non l’hanno sanzionata: i principali acquirenti sono Egitto, Turchia e Iran, anche se i costi di spedizione dal Mar Nero sono parecchio aumentati. Peraltro la Russia sospetta che il grano ucraino esportato non vada ai Paesi bisognosi, ma nelle riserve della UE.

Piuttosto è stato il governo di Kiev che nella prima settimana di maggio aveva ordinato la chiusura dei porti di Berdiansk, Mariupol, Kherson e Skadovsk “fino al ripristino del controllo” su queste città.

 

Adrian Bocquet conferma la versione russa

 

Adrian Bocquet, ex militare francese in Ucraina, ha detto ai microfoni di SUD Radio d’aver assistito in tre settimane a crimini di guerra compiuti solo dagli ucraini.

“Ho visto l’esercito ucraino sparare alle ginocchia dei soldati russi catturati e sparare alla testa degli ufficiali. Ho visto personalmente dei cameramen americani inscenare riprese distorte dai luoghi degli eventi”. “Bucha è una messa in scena. I corpi dei morti sono stati spostati da altri luoghi e deliberatamente posizionati in modo tale da produrre riprese scioccanti”.

“Le forze armate ucraine nascondono munizioni negli edifici residenziali di notte, senza nemmeno informare gli abitanti. Questo si chiama usare le persone come scudo. Gran parte degli edifici li hanno distrutti gli stessi ucraini”.

Fonte: ilgiornaleditalia.it L’intervista originale è qui youtube.com/watch?v=ZoKnhXnp-Zk

 

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Assurde pretese

 

Yuriy Ryzhenkov, amministratore delegato di Metinve, la multinazionale proprietaria delle acciaierie Azovstal e Ilyich, ha intenzione di far causa alla Russia per i danni subiti dall’impianto.

Non gli interessa che il neonazismo di quei criminali sia stato sconfitto. Ora vuole essere risarcito, e in dollari non in rubli.

Per quale motivo non ha fatto nulla per convincere il governo di Kiev a chiedere l’evacuazione spontanea dell’acciaieria, scongiurando così la sua distruzione? Forse perché è russofobico pure lui? Diciamo di sì. “Non lavoreremo mai sotto l’occupazione russa”, ha infatti dichiarato al “Corriere della Sera”, con un piglio che mal si addice a un imprenditore miliardario. Forse non ha capito che saranno i filorussi del Donbass a non lavorare più sotto di lui.

Mi sembra comunque un po’ patetico quando poi aggiunge: “Se davvero gli occupanti sequestrano illegalmente i nostri beni, ci difenderemo con tutti i mezzi legali, anche attraverso un tribunale internazionale. Chiediamo agli europei e agli altri clienti di non comprare prodotti degli impianti di Mariupol finché noi, i soli proprietari, non ne avremo ripreso il controllo”.

Sembra un discepolo di Zelensky, quando dice che l’Ucraina vincerà la guerra. Questo oligarca ha forse detto una sola parola quando l’Occidente ha requisito le proprietà della Banca centrale russa e dei cittadini della Federazione russa? No. Bene, allora che consideri pure le sue acciaierie come un piccolo risarcimento danni. E poi di quali “tribunali internazionali” va cianciando? Non lo sa che la Russia è stata completamente isolata dall’occidente?

 

Le gravi responsabilità dell’occidente

 

È curioso come i miliziani del battaglione Azov abbiano sempre detto d’essere “nazionalisti” ma non “nazisti” e che tale disquisizione sia stata acquisita dal mainstream mediatico occidentale. L’Azov era strettamente legato all’Assemblea Social-Nazionale, un’organizzazione che raccoglieva tutti i gruppi ultranazionalisti e neonazisti dell’Ucraina, aventi un’ideologia chiaramente di estrema destra. Non si può aver dubbi su questo.

Eventualmente si può sostenere che nell’ambito dello Stato vi potevano essere componenti istituzionali preoccupate all’idea di armare gruppi paramilitari di destra che avrebbero potuto condizionare il governo in carica (come poi avvenne). Tuttavia il Ministero dell’Interno non ebbe tanti problemi a inquadrare tali battaglioni (bene addestrati da istruttori occidentali o comunque non ucraini) nell’ambito delle forze armate regolari. Il presidente Poroshenko non si oppose mai a tale integrazione, e Zelensky la confermò molto tranquillamente. Infatti tutti sapevano che per gestire la guerra civile contro le repubbliche autonome del Donbass il fanatismo ideologico di questi elementi reazionari dava molte più garanzie dell’esercito regolare. Mostravano d’avere molti meno scrupoli, essendo pronti a qualunque spietatezza.

Praticamente la destra estrema s’è imposta dopo la sconfitta dell’esercito ucraino a Debaltseve, nel febbraio 2015, da parte delle forze militari delle due suddette repubbliche. Siccome si temeva che i filorussi avrebbero occupato anche Mariupol, l’obiettivo dell’Azov era quello di abbattere violentemente le repubbliche di Donetsk e Luhansk, facendo recuperare all’Ucraina l’integrità territoriale.

Tuttavia senza la forte presenza americana nel Paese, non sarebbero mai esplosi degli estremisti del genere (o sarebbero rimasti una minoranza concentrata nella Galizia e Volinia), e il governo di Kiev si sarebbe rassegnato ad accettare gli Accordi di Minsk. Questi volontari infatti andavano armati, addestrati e finanziati e, per poterlo fare, gli USA dovevano per forza mettersi d’accordo con le istituzioni statali, altrimenti sarebbe stato impossibile silenziare agli occhi della pubblica opinione i tanti eccidi contro i civili che avrebbero compiuto. È difficile sapere quanti ucraini fossero a conoscenza che questi volontari avevano massacrato 14.000 persone in 8 anni, tra cui centinaia di bambini. La strage di Odessa fu la prova generale di quale ferocia sarebbero stati capaci. Se si leggono i report dell’OSCE ci si accorge chiaramente che le due repubbliche in quegli 8 anni non hanno mai avuto un momento di pace.

L’odio viscerale per i russi si è sviluppato enormemente quando questi neonazisti si sono accorti che le due repubbliche autonome venivano aiutate, ufficiosamente, da volontari militarizzati provenienti dalla Russia, le cui capacità professionali non erano indifferenti. Non dimentichiamo infatti che il riconoscimento ufficiale delle due repubbliche da parte del parlamento russo e di Putin avvenne solo pochi giorni prima dell’intervento armato del febbraio scorso. Putin veniva visto da questi neonazisti come uno zar minaccioso, che prima o poi avrebbe tolto all’Ucraina l’indipendenza.

La recente caduta di Mariupol costituisce uno spartiacque in questa guerra russo-ucraina. Per non aver voluto riconoscere un semplice statuto autonomo alle due repubbliche, ora il governo di Kiev rischia di perdere 1/3 della propria nazione. Tanto è inimmaginabile pensare che i russi, dopo migliaia di militari morti e feriti, vogliano restituire nei futuri accordi di pace col governo i territori già conquistati sul campo. Anzi sarà già molto che non decidano di unire il Donbass alla Transnistria.

E comunque quando quelli dell’Azov dicevano di voler costruire un’Ucraina indipendente e sovrana, che eliminasse le due repubbliche separatiste, non si rendevano conto, nel loro primitivismo ideologico (pur collaterale spesso a un’istruzione superiore), che l’Ucraina sin dalla rivoluzione arancione del 2004 stava progressivamente perdendo la propria indipendenza. Infatti quando avverrà il golpe nel 2014 le istituzioni nazionali verranno ben presto saldamente controllate dagli Stati Uniti, che coi loro lauti finanziamenti (o concessi tramite il FMI) erano facilmente in grado di corrompere anche i dirigenti ucraini più dubbiosi. Chi non si piegò a questo vergognoso compromesso furono proprio i filorussi del Donbass e della Crimea, che né l’ONU, né gli USA né la UE vollero naturalmente riconoscere nella loro istanza separatista.

E pensare che l’ONU si era già accorto nei primi mesi del 2015 che nelle due repubbliche vi erano stati oltre 6.000 morti, 14.000 feriti e un milione di profughi. Lo dice il rapporto dell’Alto commissario per i diritti umani Zeid Ra’ad Al Hussein, che parla chiaramente di crimini di guerra, col rischio che, se diffusi e sistematici, potessero trasformarsi in crimini contro l’umanità.

Eppure ancora oggi in occidente chiunque parli di questo conflitto e pretenda d’essere ascoltato, deve necessariamente premettere che siamo in presenza di un aggredito e di un aggressore.

 

Angelo D’Orsi ha sempre ragione

 

Angelo D’Orsi, ex professore di Storia del pensiero politico all’Università di Torino, si schiera apertamente contro l’invio di armi all’Ucraina per porre fine al conflitto con la Russia: “Il cessate il fuoco non si raggiunge così, questa è la prima cosa. Aggiungo che mi spiace sentir dire, che al di là delle responsabilità che ci sono da una parte, ma anche dall’altra, che questa è di nuovo una guerra per la democrazia. Lasciamo cadere questo argomento tra i ferri vecchi della storia recente. In nome della democrazia si sono combattute guerre barbariche”.

A sentire queste parole Ettore Rosato, il ragioniere che nella sua carriera politica ha cambiato cinque partiti e che ha prodotto una legge elettorale giudicata incostituzionale, scuoteva la testa, come se avesse ascoltato delle assurdità.

 

Tajani fuori tempo massimo

 

Tajani dice che l’ONU avrebbe potuto utilizzare come mediatori del conflitto russo-ucraino la Merkel e Berlusconi, ma ha dormito.

No Tajani, l’ONU dorme da 8 anni, cioè sin da quando, sotto pressione occidentale, non vuole riconoscere l’indipendenza della Crimea e delle due repubbliche del Donbass. E oggi il tempo è scaduto. La Russia si prenderà i territori russofoni con la forza delle armi.

 

Acuto Pepe Escobar

 

Pepe Escobar è convinto che quando questa guerra in Ucraina sarà finita e il Donbass diverrà una repubblica indipendente o farà parte della Federazione Russa, cambieranno molte cose sul piano economico internazionale.

Ha una gran fiducia nelle acciaierie del Donbass, che prima della guerra erano tra le più importanti in Europa, con clienti in varie parti del mondo, proprio per l’alta qualità dei suoi prodotti.

Prevede, vista la difficoltà di commerciare con la UE, che vi sarà un vero e proprio boom nella costruzione di ferrovie merci in Russia, Cina e negli “stan” dell’Asia centrale. Questo perché le ferrovie sono una connettività privilegiata sia per la Belt and Road Initiative (BRI) di Pechino, che per il Corridoio internazionale di trasporto nord-sud (INSTC), i cui principali attori sono Russia, Iran e India (vi è anche l’Azerbaigian, che però preferisce i rapporti con la Turchia).

Questi soggetti asiatici (nessuno dei quali ha sanzionato la Russia) avranno un’importanza fenomenale nei prossimi anni e, a causa delle sanzioni occidentali antirusse, dovranno per forza bypassare l’uso del dollaro americano e anche dell’euro. Noi europei siamo tagliati fuori da affari economici semplicemente colossali.

La suddetta rete INSTC è destinata a inglobare, col tempo, anche Pakistan e Afghanistan, due Paesi che ora s’interfacciano con la Cina sul piano economico.

Mosca fa pure parte della Shanghai Cooperation Organization (SCO): il più grande accordo di mutua sicurezza al mondo, stipulato tra Cina, India, Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Pakistan, Tagikistan e Uzbekistan. E fa parte anche dell’Unione Economica Eurasiatica (UEE), i cui Paesi (Russia, Bielorussia, Kazakistan, Armenia e Kirghizistan) stanno creando un’alternativa alla UE.

Tutta l’Asia sarà interconnessa a qualunque livello, a prescindere dalle tipologie dei regimi politici, delle religioni, degli usi e dei costumi. Questa è una concezione geopolitica della vita che agli euroamericani, così abituati a dominare il mondo, è totalmente estranea. Il Grande Partenariato Euroasiatico che si vuole costruire, non prevede la presenza dell’Europa occidentale (il continente più ricco del mondo), né quella della NATO.

Noi europei siamo in mano a politici e statisti di una superficialità e di un provincialismo incredibile, totalmente incapaci di comprendere il grande valore della “multipolarità” per i destini del mondo. Ci siano legati mani e piedi agli interessi degli Stati Uniti, che ancora sono convinti di poter esercitare una governance globalista senza concorrenti.

Escobar prevede addirittura che la Cina avrà un ripensamento sulla sua idea di collegarsi (con la Nuova Via della Seta) alla nostra Europa, che scende nella “demenza medievale”. I suoi futuri mercati saranno appunto quelli asiatici, e ovviamente anche quelli africani e sudamericani.

Fonte: comedonchisciotte.org

 

Piano Italia per la pace

 

Di Maio e Draghi han consegnato al segretario generale dell’ONU António Guterres le proposte del nostro Paese per risolvere il conflitto in Ucraina (fonte “La Repubblica”).

È cosa più stupida ch’abbia mai letto fin adesso su questa guerra, peggio di tutte le fake news degli ucraini manovrati dagli angloamericani dietro le quinte.

- Il primo punto contempla l’introduzione di un cessate il fuoco e l’eliminazione dei fronti di combattimento sotto la supervisione delle Nazioni Unite per favorire la fine delle ostilità.

Questo è ridicolo, poiché costringe i russi, ora che stan vincendo, ad arretrare da tutte le loro posizioni. Quindi si farebbe una pace in cui di sicuro ci rimetterebbero. E l’ONU sappiamo bene da che parte sta, visto che in 8 anni non ha fatto nulla per far rispettare gli Accordi di Minsk.

- Il secondo punto parla di possibile adesione dell’Ucraina nella UE e status neutrale dal punto di vista militare, ovvero senza l’ingresso nella NATO.

Questa non è una concessione ma una scontatezza. Da tempo i russi la rivendicano. È come se un ladro dicesse alla persona rapinata che l’ha colta sul fatto: “Guarda se non mi denunci, ti restituisco la refurtiva”. Che cosa otterrebbe Putin in cambio di questa concessione favolosa, visto che ha deciso l’operazione speciale in Ucraina proprio per impedire che l’Ucraina entrasse nella NATO, com’era in procinto di fare? Il documento lo dice dopo e preparatevi a sobbalzare dalla sedia.

- Il terzo punto è un accordo di pace tra Russia e Ucraina sui territori contesi del Donbass e della Crimea per risolvere le controversie lungo i confini internazionalmente riconosciuti.

Questo punto è il vertice dell’ipocrisia, la summa summarum della demenza. Evidentemente ai nostri statisti la questione del Donbass e della Crimea è troppo ostica da capire. Non si rendono conto che se si parla di “confini internazionalmente riconosciuti”, la Russia si deve ritirare sia dal Donbass che dalla Crimea, visto che quasi nessuno Stato al mondo li ha riconosciuti. In sostanza negano valore al principio di autodeterminazione dei popoli, e pretendono che la Russia faccia la stessa cosa.

- Il quarto punto è un trattato multilaterale sulla pace e la sicurezza in Europa, che dovrebbe garantire il controllo degli armamenti e la prevenzione dei conflitti. In base a questa proposta le forze armate russe si devono ritirare nelle posizioni precedenti all’avvio dell’operazione militare speciale in Ucraina.

Questo punto è davvero esilarante, non foss’altro perché ripete la stessa cosa del terzo. Se bisogna rispettare i “confini internazionali”, è evidente che la Russia deve togliere qualunque mezzo militare e soldato dall’Ucraina. Così in pratica si torna ab ovo. Cioè alla richiesta russa di denazificare e smilitarizzare un Paese diventato l’obbrobrio dell’umanità, una minaccia esistenziale alla sicurezza della Federazione russa.

Insomma questi princìpi non sono per un tavolo della trattativa ma della resa. Non se ne salva uno. Alla fine non fanno altro che obbligare la Russia a decidere tutte le condizioni sul campo di battaglia.

 

Il gas scisto fa male

 

Il “Sole24Ore” in un articolo del 2019 parlava di come gli Stati Uniti si ponevano l’obiettivo di vendere il 50% di gas di scisto in più all’Europa. Già Hillary Clinton andava denunciando in un articolo apparso su “The Hill” l’influenza dei russi per screditare l’utilizzo di questo tipo di gas.

Il gas di scisto nella UE, pur essendone molto dotata, non si può estrarre o comunque è meglio non farlo, poiché si potrebbe essere sanzionati dalla Commissione Europea per le ricadute ambientali che sicuramente ci sarebbero.

Non ci si crederà, ma la Spagna ne ha riserve che potrebbero soddisfare il fabbisogno per 40 anni: si parla di circa 1.300 miliardi di metri cubi. Anche la Francia ha riserve che soddisferebbero il fabbisogno energetico dell’intera Unione Europea per 20 anni: si parla di 5.100 miliardi di metri cubi.

Nel 2011 è stato stimato che nel sottosuolo polacco sarebbero disponibili riserve pari a 5.300 milioni di metri cubi. Una stima più recente ha rivisto la quantità a 1.900 miliardi di metri cubi, che sono oltre 10 volte la fornitura annua di gas naturale ottenuto fino a ieri dalla Russia.

Oggi sia in Francia che in Spagna il fracking è vietato ufficialmente. Questo perché è una tecnica altamente insostenibile per l’ambiente e molto pericolosa per i cittadini, sia a causa dell’inquinamento atmosferico che produce come scoria (vapori, metano incombusto, altamente dannoso per l’ozono, e fumi ricchi di benzene e toulene), sia per la perforazione della roccia che genera movimenti tellurici d’intensità non trascurabile,

Non è però da escludere che nel prossimo inverno anche in Europa una tale attività verrà sdoganata, sotto il pretesto dell’emergenza, così come oggi si sta facendo col carbone. Alla faccia delle transizioni ecologiche e delle sostenibilità ambientali.

Fonte: lariscossa.info

 

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Torniamo al medio Pleistocene

 

La strategia del Cremlino, di farsi pagare in rubli i contratti energetici e, in prospettiva, di non commerciare più con Paesi militarmente ostili, può creare sconvolgimenti epocali.

È stato ridicolo non aspettarsi una mossa del genere dopo aver rapinato l’intera Federazione delle sue risorse monetarie all’estero. Cosa che ha spaventato tutti i Paesi che detengono riserve in dollari, obbligandoli a cercare in fretta dei sistemi finanziari alternativi.

Tuttavia gli USA, che han voluto imporre sanzioni draconiane, ne usciranno indenni, in quanto energicamente indipendenti e in grado di sostenere internamente il loro fabbisogno alimentare. Sarà invece la UE la vera vittima, con una moneta che perderà valore. Ci rimetteremo anche sul piano culturale, sportivo, turistico..., avendo scatenato una russofobia senza precedenti. È come se ci fossimo tagliati un braccio da soli.

Il generale impoverimento che ne seguirà porterà a rivoluzioni non “arancioni” ma “rosso sangue”, proprio perché la paura nata nel 2008 con la crisi finanziaria globale dei derivati, proseguita poi con la pandemia e ingigantita ora con la guerra in Ucraina e la fine delle relazioni commerciali con la Russia ha raggiunto un’intensità e una vastità insostenibili. Sarà impossibile risparmiarsi guerre civili e reazioni dittatoriali da parte dei poteri dominanti. La cecità e la sordità degli attuali statisti saranno mali minori di fronte al rischio di perdere la testa.

In situazioni così catastrofiche i sopravvissuti dovrebbero ingegnarsi a creare uno stile di vita che con le leggi del capitale non abbia più nulla a che fare. Forse quelli che predicano il Grande Reset non hanno tutti i torti. Solo che dovremmo tornare a quel periodo compreso tra 360.000 e 560.000 anni fa, cioè al tempo dei Neanderthal, quando i cittadini dell’Europa “occidentale” erano compresi tra 13.000 e 25.000 persone. Ecco, se torniamo a questi livelli demografici, forse si porranno le condizioni per ricominciare a vivere in maniera un po’ più tranquilla.

 

Barzellette americane

 

Il senatore repubblicano Rand Paul sostiene che gli Stati Uniti non hanno i 40 miliardi di dollari già promessi all’Ucraina secondo la formula del Lend-Lease Act. Li dovrebbero prendere in prestito dalla Cina. E questi fondi vanno ad aggiungersi ai 33 miliardi stanziati dal Congresso in aprile.

“Credo che la maggioranza sarebbe d’accordo con questo prestito, compresi molti repubblicani, se si trattasse di un nuovo programma sociale. Ma quando si tratta di assistenza militare a un altro Paese, è improbabile che dicano che questo è un prestito giustificato”, ha dichiarato.

Eppure dopo il voto favorevole della Camera dei Rappresentanti (368 voti favorevoli e 57 contrari), è arrivato anche quello del Senato (85 voti contro 11).

Ma forse la barzelletta più grande è un’altra: quando gli Stati Uniti si accingono a “prestare” qualcosa a una nazione straniera, lo fanno a patto che chi riceve debba pagare una sorta di affitto e s’impegni a restituire il prestito in un arco di tempo di 5 anni; in caso che questo non avvenga, il mutuatario deve risarcire il mutuante dello stesso valore del prestito. Il Lend-Lease Act è un decreto che viene utilizzato in casi di emergenza e che è in grado di bypassare tutte le restrizioni. Nell’arco della storia americana contemporanea la prima volta venne concesso sotto la presidenza di Franklin D. Roosvelt, durante la II guerra mondiale, a Regno Unito, Francia, Cina e Russia (pari a 690 miliardi di dollari attuali).

Possibile che agli americani, così attenti a far quattrini, nessuno abbia detto che, secondo i dati del Programma di sviluppo delle Nazioni Unite, a causa del conflitto militare 9 ucraini su 10 potrebbero scendere al di sotto della soglia di povertà? Un conflitto prolungato annullerà tutti i successi economici dell’Ucraina negli ultimi 20 anni.

Alcuni ministri ucraini han dichiarato che il 30-40% delle infrastrutture per un valore di 100-150 miliardi di dollari è già stato distrutto o seriamente danneggiato. Andando avanti di questo passo il deficit di bilancio potrebbe raggiungere i 5-10 miliardi di dollari al mese. Per il ripristino del Paese potrebbero occorrere anche 1.000 miliardi di dollari.

Biden non faceva prima a dire che i 40 miliardi verranno dati a fondo perduto? Anche perché se i russi uniscono il Donbass alla Transnistria, facendo perdere a Kiev l’uso del porto di Odessa, l’Ucraina torna al Medioevo.

 

La verità non è mai un’evidenza

 

Un art. interessante di Fabrizio Tassinari e Miguel Poiares Maduro su “Politico” del 19 maggio, parla dei massmedia italiani.

“Il caso italiano illustra un malinteso fondamentale: confonde il pluralismo con la parità di trattamento di tutte le opinioni nello spazio pubblico. Certo il pluralismo e la libertà di parola sono fondamentali per la democrazia. Ma la democrazia deve anche basarsi sulla verità e, in una democrazia, la verità deriva dal pluralismo, non dalla censura.

Allo stesso modo la nostra richiesta democratica d’essere ascoltati sussiste solo se riconosciamo eguali diritti agli altri. Questo è ciò che rende la democrazia il modo migliore per arbitrare e conciliare preferenze diverse”.

Fin qui mi pare sensato. Ma poi aggiunge: “Allo stesso tempo la democrazia esige una verità basata sull’evidenza, e confondere la necessità di garantire il pluralismo con quella di dare uguale credibilità e autorità a tutte le opinioni è un errore”.

Perché gli autori dicono questa sciocchezza? Perché secondo loro bisogna fare differenza tra “argomenti buoni o cattivi, tra verità o bugie”.

Cioè da un lato han ragione quando dicono che “la democrazia ha processi di arbitrato e di redazione, non imposti ma risultanti dalla pratica del pluralismo stesso”.

Dall’altro però han torto quando dicono che “i talk show non devono dare spazio a chi chiede libertà di espressione; i giornali non devono pubblicare tutte le lettere che ricevono. In una democrazia i cittadini dovrebbero potersi fidare della capacità dei media di garantire il pluralismo da un lato, e la credibilità e veridicità di ciò che viene detto dall’altro”.

No, la verità non è un’evidenza. A questa ingenuità credevano gli antichi filosofi greci. E non è neppur vero che i media si devono preoccupare di discernere la verità dalla falsità. La verità non è mai qualcosa d’incontrovertibile. Ad essa ci si avvicina progressivamente, compiendo molti errori.

Non avendo la verità in tasca, i gestori dell’informazione dovrebbero limitarsi a dar voce a tutti i protagonisti, senza privilegiare nessuno, lasciando che sia il pubblico a farsi un’opinione personale.

Si attengono i media prevalenti italiani a questa semplice regola? No, non lo fanno. La verità sta solo dalla parte degli ucraini, e la falsità solo dalla parte dei russi. Ecco perché sono inguardabili. Per loro la regola dominante è: dacci oggi il nostro ucraino sofferente quotidiano.

Fonte: politico.eu

 

Impressionante Michel Chossudovsky

 

Da ascoltare nel video di Manlio Dinucci su “Grandandolo di Pangea”.[6] Ne riassumo le parti salienti.

Secondo il professore di economia (emerito) alla University of Ottawa, negli USA chi ordina di produrre armi può coincidere con chi le utilizza, senza soluzione di continuità. Esiste cioè una “privatizzazione della dottrina nucleare” e del processo decisionale che normalmente proviene dal Pentagono o dal Dipartimento di Stato. Praticamente lo si è deciso agli inizi del XXI sec.

Oggi gli USA spendono solo per le armi atomiche 1.300 miliardi di dollari, destinati a salire a 2.000 nel 2030. Le armi nucleari non sono più considerate come “armi per la distruzione reciproca assicurata”, bensì come “miniatomiche umanitarie”, sulla base della “dottrina nucleare preventiva”, cioè da usarsi per prevenire una guerra e difendere la patria. Pertanto si esclude che armi nucleari tattiche siano armi di distruzione di massa, anche se la “bassa potenza” cui fanno riferimento è pur sempre tre volte la bomba di Hiroshima, che provocò 100.000 morti nel primo minuto. Dicono che sono sicure per i civili perché esplodono sotto terra.[7] In ogni caso il loro impiego (in guerre convenzionali) non richiede l’approvazione del presidente USA.

Da notare – aggiunge Dinucci – che per quanto riguarda l’Italia, le basi NATO sul nostro territorio possono usare le bombe nucleari dietro richieste del presidente statunitense. Non occorre il permesso del nostro parlamento.

D’altra parte Chossudovsky non ha dubbi in merito: la guerra in Ucraina è diretta dagli USA sia contro la Russia che contro l’Unione Europea. È dai tempi della II guerra mondiale, cioè da quando gli USA fornivano il petrolio ai nazisti del Reich, che si vuole la fine della Russia.

Ha però precisato che l’art. 13 dello Statuto della NATO consente a ogni Paese membro di uscire dall’Alleanza.

Fonte: youtube.com/watch?v=qeVrW1UC5_E

 

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Sviste non casuali sul neonazismo ucraino

 

Accusata, tra il 2014 e il 2016 nella guerra del Donbass in risposta ai secessionisti filorussi, di crimini di guerra e di tortura (tra gli altri dall’OSCE, dall’Alto Commissariato ONU per i Diritti Umani e da Human Rights Watch), la formazione neonazista dell’Azov era stata legalizzata dal regime di Kiev. Il suo comandante, Denis Prokopenko, è stato portato via dall’acciaieria Azovstal con un mezzo speciale. Infatti i residenti volevano ucciderlo per le numerose atrocità commesse. L’imbonitore Zelensky l’aveva decorato come eroe nazionale, mentre per i filorussi del Donbass era solo un fascista genocida.

Dai media italiani, in più trasmissioni e tg accecati dalla russofobia, i miliziani del Reggimento Azov sono stati presentati come eroi, martiri, patrioti, cultori di Kant, anche attraverso le testimonianze delle loro mogli, accolte persino dal papa. Il loro peso politico è stato minimizzato dai nostri giornalisti e politici, dietro il pretesto che quando una formazione neonazista viene riconosciuta da un governo democraticamente eletto, perde ipso facto la sua caratteristica violenta, autoritaria.

Il nostro mainstream si è sempre rifiutato di qualificare come “neonazista” il governo di Kiev, anche perché ha volutamente equiparato il golpe del 2014 a una legittima rivolta popolare. D’altra parte se fosse passata questa sconcertante evidenza ultranazionalistica, chi avremmo sostenuto finanziariamente e militarmente fino adesso? Già abbiamo violato l’art. 11… In più avremmo violato l’antifascismo della nostra repubblica, che è per legge non per opinione.

Tuttavia questa assurda solidarietà per gli ucronazi non è venuta meno neppure dopo che si sono arresi (p.es. si è continuato a ribadire che non si trattava di una “resa” bensì di un ordine di “evacuazione” emanato dal governo), e, quel che è peggio, neppur dopo aver chiaramente capito che avevano bloccato nei sotterranei dell’acciaieria centinaia di civili, impedendo loro di mettersi in salvo e utilizzandoli come “scudi umani”. Esattamente come, quand’erano fuori a combattere, avevano fatto come decine di migliaia di civili in infiniti condomini, sparandogli contro se cercavano di fuggire o di utilizzare i corridoi umanitari.

 

Putinismo tra zarismo e capitalismo

 

Che cosa rappresenta Putin? Il filo-occidentalismo pentito. Lui ha ereditato Eltsin e poi l’ha tradito. Ha ereditato le contraddizioni della Russia europea, che per molti secoli è stata un’autocrazia zarista di religione ortodossa. Poi è diventata un Paese capitalistico influenzato dalle potenze più avanzate dell’Europa occidentale: Germania, Francia e Inghilterra.

Contro questo capitalismo che mirava a colonizzarla la Russia ha fatto valere, inutilmente, le ragioni del populismo della comune agricola e quelle del socialismo piccolo-borghese, che portarono alla rivoluzione del 1905 e alla caduta dello zarismo durante la I guerra mondiale.

Poi venne fuori il bolscevismo urbano operaista, alleato col proletariato agricolo, che nell’ottobre 1917 compì la più grande rivoluzione socialista della storia. Una rivoluzione tradita dallo stalinismo, che impose un rigido statalismo in tutti gli aspetti della vita sociale.

Quando i limiti di questo socialismo autoritario divennero insostenibili, venne fuori nel 1985 il socialismo democratico di Gorbaciov, cui però non si diede il tempo di svilupparsi in profondità. L’estremismo russo volle affidarsi a quello sciagurato di Eltsin, che mise al bando qualunque forma di socialismo, a tutto vantaggio del capitalismo più selvaggio.

Fu in seguito alle radicali privatizzazioni delle più importanti risorse del Paese che nacquero gli oligarchi e la mafia. La Russia si stava consegnando nelle mani del capitalismo occidentale.

Fu dopo il fallimento economico della fine degli anni ’90 che venne fuori il putinismo, che è un mix di zarismo ortodosso e di capitalismo statale. Putin è al potere da più di 20 anni e in tutto questo tempo è passato dall’illusione di poter convivere pacificamente con l’occidente sulla base degli scambi commerciali e culturali, alla disillusione di non poterlo fare, in quanto l’ambizione primaria degli USA è quella d’impadronirsi delle immense risorse energetiche e metallurgiche del Paese ch’egli rappresenta, che permetterebbero agli stessi americani di poter continuare a dominare il mondo per i secoli a venire.

Senonché la pazienza è finita. Dopo l’implosione dell’URSS e la fine del Patto di Varsavia, il putinismo ha deciso di dire stop al progressivo accerchiamento della Federazione Russa da parte delle basi militari della NATO. La guerra in Ucraina non è contro gli ucraini ma contro l’occidente che si serve degli ucraini contro la Russia. È una guerra per procura che i russi, sapendo che ne va di mezzo la loro stessa sopravvivenza, non possono perdere, pur sapendo benissimo di non poterla condurre come vorrebbero, essendo strettamente imparentati con quella parte russofona di questo popolo slavo.

Ormai i russi l’han capito: l’occidente neoliberista e unipolare è profondamente ostile al loro Paese, e non c’è modo di distinguere in maniera significativa la narrativa europea da quella statunitense. Siamo tornati al periodo più buio della guerra fredda. Alla Russia non resta che asiatizzarsi, creando un mondo multipolare con altre nazioni indipendenti, nei confronti delle quali si senta più sicura e possa realizzare rapporti su base paritetica, reciprocamente vantaggiosi.

Quel che è certo è che la rottura dei rapporti commerciali con la Russia provocherà all’occidente dei contraccolpi economici che destabilizzeranno i loro sistemi politici. La democrazia formale, che si regge sul benessere diffuso, è finita. Ad essa deve per forza subentrare la dittatura esplicita del capitale, per poter fronteggiare la ribellione di masse popolari sempre più impoverite.

 

Sto con Bianca Laura Granato

 

Rilevante la sua denuncia in Senato sulla grande corruzione in Ucraina. Si è avvalsa della collaborazione di Giorgio Pagano, di Radio Radicale, e di Franco Fracassi, autore di due libri fondamentali sul conflitto ucraino e sul neonazismo: Ucraina. Dal Donbass a Maidan e IV Reich.

Si riferisce a una relazione della Corte dei Conti europea della fine del settembre 2021, in cui si analizzava la grande corruzione delle istituzioni ucraine nell’ultimo quinquennio, che impediva non solo uno sviluppo economico del Paese, ma anche la formazione di quei requisiti fondamentali dello Stato di diritto per poter accedere all’Unione Europea. Di questo però il mainstream europeo non ha mai parlato.

Giunto il suo turno, Fracassi ha detto che le immense ricchezze dell’Ucraina sono state saccheggiate da gente senza scrupoli, che ha creato una nuova categoria di persone: gli oligarchi (miliardari con potere politico). La stessa cosa era avvenuta in Russia. Solo che qui alla fine degli anni ’90 Putin, una volta giunto al potere, estromise gli oligarchi dalla politica, mentre in Ucraina si sviluppò invece il neonazismo grazie agli USA e grazie alla complicità degli stessi oligarchi (uno dei quali era proprio il presidente Poroshenko, un produttore di armi che aveva un proprio esercito privato). Per questa ragione l’Ucraina veniva definita uno dei Paesi più corrotti del mondo.

Quando parla Pagano, spiega bene, col documento in mano della suddetta Corte di Conti, come funziona il sistema di corruzione in Ucraina. Se la prende anche col giornalismo europeo, che ha compiuto assurde censure dei canali informativi russi (come Russia Today e Sputnik), quando negli USA, con una semplice VPN, sono facilmente acquisibili.

Pagano dice che gli oligarchi disponevano della proprietà dei mezzi comunicativi ed erano in grado di volgere a loro favore molte risoluzioni parlamentari, anche perché fornivano finanziamenti a vari partiti. E potevano anche controllare tutta l’amministrazione pubblica, imponendo nomine di funzionari di loro gradimento. Nonostante ciò la Commissione Europea, sin dal 2014, ha elargito una decina di miliardi di euro a questo regime per vari progetti che sono immancabilmente falliti. Oltre a questi fondi vi sono naturalmente tutti gli altri stanziati dalla UE e dagli USA dopo lo scoppio della guerra. Praticamente a partire dal 2014 l’Ucraina era diventata un partner strategico della UE, ovviamente in opposizione alla Russia.

La senatrice ha poi concluso dicendo che, stante una corruzione così dilagante, gli aiuti finanziari che continuiamo a elargire non andranno sicuramente a buon fine.

Fonte: t.me/biancalauragranato/329

 

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L’incontentabile Kiev

 

Il governo di Kiev non può essere contento della NATO. Voleva non solo aiuti militari in armi e intelligence ma anche truppe, soldati in grado di usare armi pesanti, inclusi aerei, elicotteri, navi da guerra...

Le singole nazioni vengono ringraziate ma la NATO no. Al governo di Kiev non interessa minimamente che la Russia sia una potenza nucleare in grado di distruggere completamente l’intera nazione in pochi minuti, proprio perché è convinto che, se lo facesse, lo sarebbe anche la Russia grazie ai colpi di ritorsione della NATO e degli USA.

Il principio che regola il governo di Kiev è di tipo estremistico: “tanto peggio tanto meglio”. Sono stati abituati per 8 anni a credere che potevano compiere nel loro Paese qualunque abuso, qualunque nefandezza. Si sono illusi d’essere invincibili, di poter provocare Mosca ad libitum, di avere risorse naturali con cui poter ricattare il mondo intero. Questo perché, più che nella UE, contavano in un rapporto privilegiato con gli USA, cioè con la potenza militare più forte del mondo.

Ora i neonazisti di Kiev, perché è questo che sono, non possono sopportare che il loro castello di carte crolli in pochi mesi. Ecco perché devono continuare a ribadire che non faranno alcuna trattativa finché i russi non verrano sconfitti militarmente e non se ne andranno definitivamente dal loro Paese. Non sono disposti a cedere neanche un centimetro del loro territorio. Loro vogliono una guerra totale, in cui l’intero occidente si schieri dalla loro parte. Non gli interessa che il popolo ucraino venga decimato e la nazione distrutta, ma che la Russia non esista più come entità autonoma, né sia più in grado di nuocere agli interessi dei corrotti oligarchi ucraini. Il loro obiettivo è questo nemico immaginario, che però nel loro Paese sostiene i filorussi che non hanno accettato il golpe del 2014.

Sull’altare di questa narrativa insensata noi europei rischiamo di morire tutti, o comunque di tornare, nel migliore dei casi, all’età della pietra. La potenza nucleare della Russia è di gran lunga superiore alla possibilità di farci scomparire definitivamente dalla faccia della Terra, anche nel caso in cui subisse un colpo nucleare preventivo da parte degli USA. Lo si sa da un pezzo.

Rebus sic stantibus nutro seri dubbi che per la Russia sia sufficiente conquistare il Donbass e unirlo alla Transnistria. Con un governo del genere, che non intende ragioni di alcun tipo, Kiev deve cadere. Un qualunque governo fantoccio sarà sempre meglio di questi pazzi scatenati.

 

Di Battista a confronto col generale Fabio Mini

 

Di Battista ha intervistato sulla guerra in Ucraina il generale Fabio Mini, che s’intende parecchio di NATO, essendone stato ai vertici per il Sud Europa. Ha appena scritto con Franco Cardini, Ucraina. La guerra e la storia (ed. PaperFIRST, Roma 2022).

Singolare che Mini faccia risalire questa guerra al 1997, col primo allargamento della NATO a est: nel senso che la preparazione della guerra risale a quel periodo, anche se non necessariamente doveva coinvolgere l’Ucraina. Infatti la Russia aveva già fatto capire alla NATO che non tollerava la sua presenza in Georgia (ove la guerra durò, tra fasi alterne, dal 1988 al 2008). Poi ha citato Giulietto Chiesa che già nel 2015 aveva capito che proprio in Ucraina sarebbe potuta scoppiare la III guerra mondiale.

Interessante che abbia detto che la guerra inizia non nel momento in cui si spara, ma in cui se ne parla, cioè nel momento in cui la gente si convince che esistono ragioni sufficienti per farla.

Secondo lui Putin ha scatenato la guerra per ragioni immediate (preventive), in quanto ha avuto paura della presenza bellicosa della NATO in Ucraina, assai precedente al 2014, anno del golpe violento. Putin aveva paura anche della richiesta della Polonia di avere nel proprio territorio delle armi nucleari, e temeva la presenza di sottomarini nucleari americani nel Mar Baltico, per non parlare delle esercitazioni navali della NATO nel Mar Nero. A tutto ciò si è aggiunta la difesa delle due repubbliche del Donbass, che non volevano la separazione dall’Ucraina ma solo uno statuto di autonomia. E questa difesa era più una preoccupazione del parlamento russo che non di Putin, in quanto era riluttante a riconoscerle.

A questo proposito Di Battista ha confermato che nel 2015, quando andò a Mosca per incontrare alcuni esponenti del partito di Putin, Russia Unita, venne a sapere di un’opposizione, interna al partito, che riteneva Putin eccessivamente filo-occidentale, troppo vicino alla Merkel e troppo interessato alla vendita del gas, e meno alla difesa della popolazione russofona nel Donbass. Anche il partito comunista russo criticava Putin per la sua eccessiva debolezza nella difesa del Donbass. Questo vuol dire che è impensabile, ora che si è avviato l’intervento armato, che in Russia si voglia espellere Putin dal governo.

Mini esclude che Putin abbia mai pensato di occupare l’intera Ucraina, anche perché l’esercito di questo Paese, dal 2014 in poi, s’è rafforzato enormemente grazie alla NATO. Questo per dire che Putin s’accontenta di occupare il Donbass e di garantire a questo territorio una fascia di sicurezza ai suoi confini, verso ovest, sufficientemente ampia da permettere una difesa in caso di attacco. In tal senso l’accerchiamento iniziale di Kiev era stata soltanto un’operazione di teatro strategico (politico) che doveva servire per avviare dei negoziati di pace. Un’operazione che si concluse negativamente perché il governo di Kiev, sostenuto dagli angloamericani, non aveva alcuna intenzione di trattare.

Secondo Mini le milizie che difendono le città ucraine sono prevalentemente neonaziste, inquadrate nell’esercito regolare, in quanto il neonazismo esiste anche a livello governativo.

La sua dichiarazione più agghiacciante l’ha fatta quando ha detto che le armi nucleari tattiche (esistenti da circa 20-25 anni), la cui potenza va da 0,3 kilotoni a 50 (quella di Hiroshima era di 20), possono essere utilizzate dal livello strategico della NATO, cioè dal comandante che sta sul terreno, che non ha bisogno dell’approvazione di Biden. Un’arma di questo genere può far saltare in aria una città grande come Kiev e tutto il suo circondario.

Ha poi detto che Putin è un moderato, in quanto se la guerra fosse stata gestita dai generali, avrebbero avuto molti meno problemi a comportarsi come gli americani in Iraq. Pertanto va considerato folle non negoziare con uno statista ragionevole come lui. Il rischio, a questo punto, è che tutto venga deciso sul campo di battaglia. Solo che senza negoziato si finirà che la NATO vorrà distruggere tutte le principali forze armate russe, impedendo alla Federazione di compiere un’altra volta una guerra come questa.

Quanto alla NATO in sé, secondo lui gli ex Paesi del blocco sovietico che ne fanno parte, sono per gli USA molto più importanti della stessa UE. Sono loro che decidono, insieme al Pentagono, da che parte deve stare la NATO e come deve comportarsi in Europa (più NATO meno UE, ecco il nuovo slogan americano). Di qui la necessità che il negoziato finale includa non solo la questione degli Accordi di Minsk, mai rispettati da Kiev, ma anche l’assetto europeo della sicurezza generale, che riguardi tutti i missili strategici nucleari.

La parte finale dell’intervista ha riguardato la Cina, che con le sue Vie della seta ha assolutamente bisogno di stabilità, altrimenti è impossibile fare affari. Ma gli USA non vogliono neanche sentir parlare di stabilità.

Fonte: youtube.com/watch?v=X9w1EPRumQE

 

Saper mentire è un’arte

 

È assurdo pensare che le immagini siano più vere delle parole. L’essere umano è in grado di mentire sempre, perché è nella sua facoltà poterlo fare, essendo dotato di libertà di coscienza, di libero arbitrio. Non siamo animali, che al massimo si mimetizzano. Siamo capaci di falsificare le cose, di mistificarle, d’inventarle di sana pianta e spesso con una naturalezza alquanto preoccupante. Infatti non ci interessano le conseguenze di ciò che facciamo.

A testimonianza di quel che dico basta guardare questo video molto eloquente, fatto in casa: https://youtu.be/4Vg5f17Qodk.

Già George Orwell lo diceva: “Il linguaggio politico è concepito in modo da far sembrare vere le bugie e rispettabile l’omicidio, e per dare parvenza di solidità all’aria”.

 

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Che vergogna!

 

Dal 2014 nessun pensionato del Donbass che vive nelle due repubbliche DNR e LNR percepisce una grivnia di pensione da Kiev. Le pensioni sono state pagate dal governo russo in rubli, nonostante abbiano lavorato per Kiev. Ecco perché in quelle due repubbliche circola il rublo da 8 anni.

Fonte: t.me/donbassitalia

 

Combattere come i lupi

 

I russi combattono come se di fronte a ogni città fossero un branco di lupi: circondano la preda. Non le danno nessuna via di fuga. Nel tg speciale di LA7 han fatto vedere che non tirano solo bombe coi cannoni e non usano solo i lanciarazzi e gli elicotteri, ma lanciano anche dei bigliettini in cui spiegano al nemico come arrendersi, onde evitare inutili stragi.

È singolare questo modo di guerreggiare: ricorda le legioni romane. Quando il nemico non può essere affrontato in una battaglia campale, a viso aperto, si provvede con l’assedio, lo si prende per fame, lo si isola da qualsiasi rinforzo di truppe esterne e di rifornimento di cibo e armi.

D’altra parte gli ucraini non dispongono di sufficienti carri armati per fare battaglie frontali come i nazisti tedeschi. Anzi in genere i pochi che hanno li nascondono tra le abitazioni dei civili, i quali quasi sempre vengono usati come scudi umani.

Quando i romani assediarono Gerusalemme nel 70 d.C., gli zeloti che difendevano la città eliminarono le scorte alimentari per indurre la popolazione a combattere per la disperazione. Nella fortezza di Masada piuttosto che arrendersi si uccisero quasi tutti.

Questa tecnica dell’assedio è per forza di cose molto lenta, e a noi europei, così abituati alla fretta, non piace. Nei talk show non siamo neppure in grado di lasciar parlare gli ospiti: i moderatori li interrompono di continuo perché pensano che il pubblico si stanchi ad ascoltare delle chiacchiere. E poi han sempre la pubblicità che incalza, martellante, ripetitiva, al punto che alla fine risulta prevalente.

Tutti noi ricordiamo che i nazisti non riuscirono ad applicare la tecnica dell’assedio alle tre grandi città sovietiche che volevano conquistare: Mosca, Leningrado e Stalingrado. E tutte e tre venivano bombardate con ogni mezzo, esclusi gli elicotteri ovviamente. I nazisti non facevano differenza tra militari e civili, come non la fanno gli americani oggi. Nell’assedio di Leningrado, che durò 900 giorni, morirono tra militari e civili russi fino a un massimo di 2 milioni di persone, anche di fame, ma alla fine i nazisti (e i finlandesi) dovettero ritirarsi.

Se fosse dipeso da me, quando i russi, appena entrati, avevano posto l’intera nazione sotto assedio e quando soprattutto avevano circondato completamente Kiev, avrei dato l’ordine di occuparla. Oppure, se fossi stato ucraino, mi sarei arreso subito. Quando vedi che tutta l’aviazione e la capacità offensiva viene distrutta in pochissimi giorni e la capitale non ha alcuna via di fuga, è meglio scendere a patti. Anche il giornalista Vittorio Feltri aveva detto la stessa cosa.

Oggi nessuna guerra ha senso, proprio perché si dispongono di mezzi assolutamente devastanti, in grado di eliminare tutto in pochi minuti. Siccome i russi si sono astenuti dall’usare armi del genere, sarebbe stato meglio, per il governo di Kiev, rinunciare a una piccola porzione di territorio (le due repubbliche del Donbass, messe insieme, sono più piccole del Lazio e l’Ucraina è due volte l’Italia) che rischiare di perdere quasi metà nazione, come sta avvenendo oggi.

Resistere ha senso quando il nemico vuole sottomettere l’intera nazione e sostituire il governo in carica con un altro, ma Putin voleva solo denazificare il Donbass (che è da sempre russofono e per lo più filorusso), creare una zona di sicurezza tra il Donbass e il resto del Paese, assicurarsi che l’Ucraina non entrasse nella NATO, far rispettare gli accordi di Minsk ponendo fine alla guerra civile, chiudere i pericolosi laboratori biologici degli americani e tenersi la Crimea. Tutto sommato erano richieste ragionevoli. L’Ucraina sarebbe comunque rimasta una grande nazione, potendo continuare a usare i suoi porti. Finita la guerra invece non potrà di sicuro dirlo.

 

Il rapporto strategico-militare tra Russia e Ucraina

 

David Colantoni, nel suo recente libro Ucraina. La minaccia strategica perfetta, parla chiaro su molti aspetti della guerra russo-ucraina in corso, che meritano d’essere trattati separatamente. Per es. quando Putin ha deciso il suo intervento militare, l’Ucraina disponeva di un gigantesco complesso militare-industriale, che in sostanza costituiva il 30% di tutto l’ex arsenale sovietico. Ecco perché Putin aveva parlato, tra i suoi obiettivi, anche di smilitarizzare il Paese.

Centinaia di aziende erano disseminate ovunque, soprattutto a ridosso delle città (a Kharkiv l’industria di carri armati era praticamente in centro), per cui colpire questi obiettivi implicava distruggere le abitazioni civili. Solo a Kiev ve n’erano oltre 30, in grado di costruire carri armati, elicotteri, aerei da guerra, missili Neptun… I missili intercontinentali Voyevoda, chiamati in codice SS-18 Satan, venivano prodotti, in alcune loro componenti fondamentali, a Dnipropetrovsk.

Nel 2012 l’Ucraina era il quarto esportatore mondiale di armi. La Russia non ha avuto paura dell’ingresso dei Paesi Baltici nella NATO, pur essendo ugualmente confinanti, ma era invece terrorizzata dall’ingerenza USA in Ucraina a partire dalla rivoluzione arancione del 2004, proprio perché esisteva un rapporto strategico militare di vecchia data tra russi ed ucraini.

Quando Julian Assange scoprì un cablo segreto dell’ambasciatore americano a Mosca, William J. Burns, poi direttore della CIA, e lo pubblicò su wikileaks (wikileaks.org/plusd/cables/08MOSCOW265_a.html), chiunque poteva leggere che se gli americani avessero tentato d’indurre l’Ucraina a entrare nella NATO, la Russia sarebbe intervenuta immediatamente.

Nel 1997 i rapporti di amicizia e cooperazione tra Russia e Ucraina erano stati suggellati da un trattato firmato da Boris Eltsin e il presidente Leonid Kuchma. In virtù di questo trattato ci si era spartiti equamente la flotta navale della Crimea e la Russia aveva continuato ad affidare all’Ucraina la costruzione di potenti missili intercontinentali. Gli USA volevano rompere questo rapporto e raggiungere una netta superiorità sulla Russia sul piano nucleare, come disse Donald Kagan, marito della Victoria Nuland, vice segretaria di stato: una delle principali artefici del golpe del 2014.

 

La moglie di Yushchenko

 

È noto che, prima di Poroshenko e di Zelensky, l’uomo su cui puntarono gli USA per far entrare l’Ucraina nella NATO fu Viktor Yushchenko, che strappò la presidenza a Yanukovich nel 2004, restando al potere dal 2005 al 2010. Yushchenko fu sostenuto da Soros, Konrad Adenauer, dal PP europeo ecc. La rivoluzione arancione fallì per la grande corruzione e incapacità di Yushchenko e della Julija Timoshenko.

Non sapevamo però che la moglie di Yushchenko, Kateryna, nata col nome di Catherine Claire Chumachenko a Chicago da immigrati ucraini, era stata da giovane una neonazista sfegatata, diventando una funzionaria governativa del Dipartimento di Stato sin dai tempi di Reagan (remocontro.it/2014/03/02/kateryna-yushchenko-ex-first-lady-ucraina-ex-nazista-quanto-ex/).

È proprio vero che gli americani sanno riconoscere chi è dei loro.

Questa news si ricava dal libro di David Colantoni, Ucraina. La minaccia strategica perfetta, acquistabile su Amazon anche in formato digitale.

 

Von der Leyen sempre più pericolosa

 

Mentre il comitato editoriale del “New York Times” chiede a Biden quale sia la strategia degli USA, insistendo sul fatto che “una vittoria militare dell’Ucraina sulla Russia, in cui l’Ucraina riconquista tutto il territorio che la Russia ha conquistato dal 2014, non è un obiettivo realistico”, in Europa nessuno osa porre domande alla sempre più politicamente assurda Ursula von der Leyen, che fa dichiarazioni prive di alcun senso.

Ha detto che ci vuole più gas liquido per l’UE (e Biden gongola), ha detto che nessun esercito europeo sostituirà mai la NATO (e qui il soldatino Stoltenberg applaude) e che l’Ucraina deve vincere la guerra (Zelensky sbava).

Come Di Maio, con le sue proposte di pace che non hanno né capo né coda, la presidente della Commissione europea ci sta portando alla morte politica (rispetto ai diktat americani), alla recessione economica (per l’aumento dei prezzi dovuti a materie energetiche e metallurgiche), all’instabilità sociale causata dai flussi migratori provenienti dalla stessa Ucraina (con tanto di pericolosi elementi neonazisti), ma provenienti anche dall’Africa per i motivi della carestia collegata alla guerra.

Paradossalmente bisogna dire che questa donna senza testa sta facendo proprio il gioco dei russi.

 

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Non abbiamo bisogno di Salvini

 

“Vedere nel 2022 qualcuno che si è fatto tatuare una svastica, qualcosa che personalmente io non avevo mai visto, debbo dire che mi sembra davvero inquietante. Fa schifo”. Matteo Salvini, ospite di “Porta a Porta”, ha commentato così le immagini dei militanti del Battaglione Azov che si sono arresi ai russi dopo la lunga resistenza di Mariupol.

“Ricordo che Putin ha denunciato le infiltrazioni naziste nelle forze armate e nella società ucraine. Questo ora lo stiamo vedendo”, ha concluso Salvini, mettendo in difficoltà gli indecenti narratori dell’eroismo azoviano, come Vespa, Margelletti e l’ex vicesegretario ONU Costa.

Ma io mi chiedo: avevamo bisogno di un fascioleghista come Salvini (per giunta cattolico integralista) per capire una cosa così evidente dal 2014 e per molti versi iniziata già nel 2004 con la rivoluzione arancione?

 

Gratteri senza peli sulla lingua

 

Ha senso inviare armi a dei pazzi solo perché stanno sostenendo una guerra contro un nemico molto più forte di loro, nei cui confronti non sono disposti ad alcuna trattativa? Solo perché han chiesto d’essere armati fino ai denti? E dobbiamo essere disposti a finanziarli fino a piombare noi in recessione?

Noi dobbiamo guardare gli interessi del pianeta o quanto meno quelli dell’Europa, non solo quelli di una singola nazione, peraltro illudendola che con la NATO avremmo potuto indurre i russi alla resa. La NATO non può intervenire direttamente e la Russia, con tutti i morti che ha avuto, non rinuncerà mai né al Donbass né alla Crimea, che non ne vogliono sapere dei neonazisti ucraini.

A Kiev credono d’essere invincibili come Sansone e si dichiarano disponibili al supremo sacrificio, anche a costo di far scoppiare una guerra mondiale nucleare e di affamare mezzo pianeta con la questione dei cereali. Cos’è questo, il culto del martirio? Come nelle sette religiose più estremiste? Pensano di potersi riscattare di tutte le loro enormi nefandezze facendo leva sull’autoimmolazione?

Che poi tutte queste nostre armi non arrivano neppure ai militari in prima linea. O perché i russi le distruggono prima, o perché eliminano i militari ucraini che dovrebbero usarle, oppure perché c’è già qualcuno che ci sta speculando sopra cercando di rivenderle, come ha detto il procuratore Gratteri parlando di mafie ucraine e italiane.

“Queste usate dagli ucraini sono armi più sofisticate, sono armi pesanti. A prezzi stracciati sono facilmente acquistabili. Dobbiamo stare attenti perché non sono tracciabili. A chi le stiamo inviando? Abbiamo già visto questa cosa nella ex Jugoslavia”. Così ha detto alla Gruber, che naturalmente cade sempre dal susino. La cosa però è confermata da Franco Fracassi.

 

L’egocentrismo dei neonazisti

 

I neonazisti del governo di Kiev sono interessati unicamente all’integrità della loro nazione. Non hanno a cuore i problemi dell’umanità. Quando qualcuno chiede loro se non hanno paura che scoppi una guerra mondiale o che si sviluppi una carestia nei Paesi più poveri del mondo a causa della mancanza di cereali provenienti da Russia e Ucraina, la risposta è sempre la stessa, come un mantra: “Venite a vedere cos’han fatto da noi, quanti morti abbiamo. Fino a che punto dobbiamo soffrire per convincervi a intervenire in massa?”.

Vedono le cose non in maniera globale, ma solo dalla loro angusta e deviata prospettiva nazionalistica. Per questo si lamentano che la NATO non ha fatto ancora niente sul piano militare. Volevano un immediato allargamento del conflitto e con ogni mezzo possibile.

È come se facessero questo ragionamento: “Ci siamo venduti ai vostri interessi, abbiamo dimostrato che sappiamo morire come martiri e voi aspettate che i russi si prendano tutto il Donbass e si tengano la Crimea?”.

Insomma han fatto i conti senza l’oste. Non han capito che nessuno Stato (se non qualche volontario o mercenario a titolo privato) è disposto a morire per loro. Tutti hanno paura delle armi nucleari dei russi, che sicuramente – a quanto dicono e fatto vedere – possono essere molto devastanti.

Ma non lo si sapeva anche prima? Cosa credevano questi neonazisti, che di fronte alla distruzione del loro Paese, ai loro tanti morti (spesso peraltro causati dal loro comportamento immorale, relativo all’uso dei civili come scudi umani), qualcuno si sarebbe commosso al punto da rischiare l’apocalisse?

Non è un po’ troppo comodo fare la guerra contando sull’appoggio incondizionato degli alleati? Per quale motivo la NATO sarebbe dovuta intervenire, visto che l’Ucraina non ne fa parte? Sarebbe forse dovuto intervenire l’ONU a invocare una “guerra santa” contro l’indemoniato Putin? E con quali nazioni l’avremmo fatta, visto che tantissime si sono rifiutate di sanzionare economicamente la Russia? E poi perché l’ONU non ha fatto nulla in 8 anni per porre fine alla guerra di Kiev contro le due repubbliche del Donbass?

Questi neonazisti sono davvero incredibili nella loro strafottenza. Perché, visto che ormai son costretti a chiamare i 18enni per rimpinguare i loro effettivi, non si decidono a scendere a trattative? Stanno rendendo vedove e orfani decine, centinaia di migliaia di persone: Zelensky (che come parla mente, quindi saranno sicuramente di più) ha detto che ogni giorno perdono da 50 a 100 militari.

Alla fine dovranno ringraziare Putin, se si accontenterà del Donbass e non tornerà ad accerchiare Kiev dandole questa volta il colpo decisivo. Con chi credevano d’avere a che fare? Han sbagliato a pensare che in questi 8 anni la Russia avesse evitato di aiutare militarmente il Donbass per motivi d’insufficiente preparazione in armi e addestramento. Si era soltanto presa il tempo necessario a sperare che ad un certo punto il buon senso avrebbe avuto la meglio. A Kiev però non ne volevano sapere e la pazienza di Mosca è finita.

 

Qui bisogna combattere per forza

 

Zelensky sa bene che gli stessi ucraini han chiesto di revocare il divieto agli uomini in età militare di lasciare il Paese. Ma lui si rifiuta di farlo. Anzi ha detto che gli uomini non dovrebbero andarsene quando “da 50 a 100” militari ucraini muoiono ogni giorno nel Donbass.

Questa è stata la prima ammissione della portata delle proprie perdite militari: ha dovuto farla perché lui stesso si rende conto che impedire ai maschi ucraini di 18-60 anni di emigrare è disumano. La popolazione vive infatti in una bolla mediatica in cui i soldati ucraini uccidono quelli russi, mentre quelli russi uccidono solo i civili ucraini. Ora però che nel Donbass si mette male, è costretto ad avvalersi di ricatti di tipo morale. Come dire: “la mamma è sempre la mamma, qualunque mostruosità compia”.

Le statistiche ufficiali dei militari ucraini morti parlano solo di 3.000 persone, cioè quasi quanti si sono arresi nell’acciaieria di Azovstal. Ormai invece sono arrivati al punto che i soldati morti son così tanti che lo Stato Maggiore ucraino ha rinunciato a portare via i cadaveri.

La propaganda di Kiev, gestita da un attore melodrammatico, è stata buona nel breve periodo, ma nelle condizioni di un lungo confronto fa acqua da tutte le parti. E qualcuno se ne sta accorgendo.

“Kiev combatterà fino all’ultimo ucraino”, dicono i suoi alleati occidentali. Ma che alleati sono quelli che ti chiedono di morire al loro posto? È obbligatorio svolgere il ruolo del martire? Per fare un piacere agli americani guerrafondai e ai loro reggicoda europei?

Questa guerra è folle. Fa venire in mente la difesa senza senso di Berlino voluta da Hitler, ch’era arrivato a chiedere ai minorenni di arruolarsi. Ma, non so perché, mi sovviene anche Il deserto dei tartari di Dino Buzzati, cioè quelle situazioni militari assurde che non avrebbero alcuna giustificazione d’esistere.

Gli ucraini vogliono morire nella convinzione che prima o poi la NATO scenderà in campo. Non riescono ad accettare l’evidenza che nel momento stesso in cui la NATO lo facesse davvero, la reazione russa spazzerebbe via l’intera Europa, ivi inclusa la stessa Ucraina.

 

Intervista a Franco Fracassi

 

Franco Fracassi ha detto ad Arnaldo Vitangeli ch’esiste un rapporto della Corte dei Conti europea, redatto lo scorso anno, secondo cui l’Ucraina risulta essere il Paese più corrotto d’Europa, anzi uno dei più corrotti al mondo.

La suddetta Corte ha anche detto che l’Ucraina è governata da un manipolo di oligarchi, cioè da miliardari che han fatto fortuna grazie a fenomeni corruttivi, impadronendosi di grandi aziende e grandi risorse minerarie nel corso degli anni ’90. Per es. Poroshenko possedeva tutte le fabbriche di armi del Paese. E oggi sta facendo soldi a palate.

Tuttavia l’oligarca più ricco è (o è stato) Ihor Kolomoyskyi, ex proprietario della principale banca ucraina (PrivatBank), con sede a Cipro, un paradiso fiscale. Quest’uomo fino a ieri era ricercato dall’FBI perché riciclava i capitali delle mafie russe, ucraine e italiane.

Kolomoyskyi stipendia un battaglione privato di circa 1.500 neonazisti, a fronte di circa 100.000 nazisti stipendiati dallo Stato. Questo oligarca è stato per moltissimo tempo presidente delle comunità ebraiche ucraine e per 5 anni presidente delle comunità ebraiche europee.

Secondo Fracassi, Kolomoyskyi, che è di Odessa, come il suo battaglione, è il mandante della strage che si compì il 2 maggio 2014 nella sede del sindacato, ove morirono in maniera orrenda oltre 300 persone. Fu lui a utilizzare, allo scopo, anche la mafia e la polizia locali. Quella è stata la più sanguinosa e la più orribile strage nella storia d’Europa dalla II guerra mondiale a oggi.

Kolomoyskyi è stato per un certo periodo di tempo governatore di una provincia dell’Ucraina (oblast di Dnipropetrovsk), in cui si trova un’enorme quantità di gas scisto (quello che si può estrarre rompendo le rocce in profondità, quindi provocando anche piccoli terremoti e distruggendo le falde acquifere). Costui firmò un contratto con la Shell e altre multinazionali del petrolio e del gas americane, cui assicurava di poter sgomberare l’area per poter fare prospezioni. Fu lui che dal Donbass fece emigrare mezzo milione di persone verso la Russia, dando il via alla guerra civile nel 2014: una pulizia etnica per ragioni economiche.

La strage di Odessa fu preceduta, il giorno prima, da una riunione a cui partecipò Joe Biden (all’epoca vice-presidente), insieme ad alcuni neonazisti (tra cui il ministro dell’Interno) e ad alcuni mafiosi. Qualche giorno dopo Kolomoyskyi fece entrare nel Consiglio d’amministrazione della sua azienda energetica (Burisma) il figlio di Biden, Hunter. La procura di Kiev intravvide un episodio di corruzione, ma Biden fece rimuovere il procuratore, minacciando di non far stanziare dal Congresso USA alcuni fondi a favore dell’Ucraina.

Kolomoyskyi è molto importante perché, dopo aver stretto relazioni molto strette con Biden, decise di prendere il potere in Ucraina, scalzando il rivale Poroshenko, che l’aveva rimosso dal ruolo di governatore e gli aveva statalizzato la banca nel 2016. Ma non lo fece in prima persona. Si servì invece di un attore comico, Zelensky, di lingua russa e quindi vicino alle minoranze che venivano perseguitate da Poroshenko.

Gli costruì uno show televisivo su misura, in cui un professore di scuola, in maniera sorprendente, diventa presidente del Paese dopo aver fondato un partito chiamato “Servitore del popolo”. La serie ebbe un successo clamoroso e finì un anno prima in cui iniziarono le elezioni presidenziali del 2019. Zelensky fu invitato a ripetere la cosa nella vita reale ed ebbe uguale successo, proprio perché diceva di voler combattere la corruzione. Il popolo aveva riconosciuto in lui una bravissima persona venuta dal basso, disposto persino a risolvere pacificamente la questione del Donbass.

Sono gli sceneggiatori della serie televisiva che scrivono a Zelensky i discorsi e gli organizzano gli incontri, come se fossero in un Truman Show.

Tutti i fondi stanziati dalla UE a favore dell’Ucraina non vengono controllati da nessuno, poiché gli oligarchi non lo permettono. Esistono persino organizzazioni umanitarie che denunciano un mercato di profughi in cui la stessa Croce Rossa ucraina è ampiamente coinvolta, ma la UE sono 30 anni che si gira dall’altra parte, ignorando praticamente tutto: nazificazione, corruzione, guerra civile, leggi liberticide, stragi, apartheid, mafia, traffico pedofilo internazionale, traffico di organi, madri surrogate… Pensare che queste persone sono state indicate dall’OSCE e da Amnesty International come dei criminali di guerra nel corso degli ultimi otto anni.

Fonte: youtube.com/watch?v=-CKZ3mXFM5A

 

L’occidente a favore del neonazismo

 

Quanti votarono a favore del nazismo nella III Commissione ONU nel 2014? Furono tre Stati: Ucraina, USA e Canada. 55 Paesi si astennero, fra cui tutti quelli europei. Curioso no?

Fonte: un.org/en/ga/third/69/docs/voting_sheets/L56.Rev1.pdf

 

Dmytro Yarosh straparla

 

Dmitry Yarosh è il consigliere del capo di stato maggiore ucraino (generale Valerii Zaluzhnyi), quindi appartiene al Ministero della Difesa. È un militare, un politico, uno dei fondatori del Settore Destro, un neonazista convinto. Ha combattuto in Cecenia contro i russi.

Poco prima del colpo di stato del 2014, la CIA l’aveva segretamente addestrato in Polonia, al fine di guidare i cecchini ucraini.

Il 25 luglio 2015, su richiesta delle autorità russe, l’Interpol lo inserì nella lista dei ricercati internazionali, ma dal 2 gennaio 2016 questa richiesta non compare più sul sito web dell’Interpol.

Ha perso il seggio alle elezioni parlamentari nazionali del 2019.

Questo soggetto ha affermato: “l’Ucraina ha il diritto di bombardare Kherson” (città a nord della Crimea attualmente sotto controllo russo), perché “è una nostra città! Se è necessario, la bombarderemo, questa è una questione interna ucraina!”.

Verso la città sarebbe già stato sparato un missile Tochka-U, intercettato dalla contraerea.

 

Anche la Croazia ostile a Svezia e Finlandia

 

Il presidente croato Zoran Milanović ha dichiarato che incaricherà il rappresentante permanente della Croazia presso la NATO di votare contro l’ammissione di Finlandia e Svezia nell’Alleanza fino a quando la legge elettorale in Bosnia-Erzegovina non sarà modificata.

Di che parla? Del fatto che i croati vogliono un loro autogoverno in Bosnia-Erzegovina. Si sentono discriminati. Vogliono uno Stato decentralizzato con quattro unità federali e un distretto autonomo con capitale Sarajevo.

Oggi l’ex repubblica jugoslava della Bosnia ed Erzegovina è di fatto spartita in due zone: la Federazione croato-musulmana (51% del territorio) e la Repubblica serba (il restante 49%). Più il piccolo Distretto di Brčko, composto da territori di entrambe le entità.

Ma i croati non vogliono stare coi bosgnacchi musulmani, che detestano profondamente. E siccome sono il 22% della popolazione, pretendono una rappresentanza adeguata nelle due Camere del Parlamento.

Queste posizioni non le capisco (l’altra è quella turca). Non ci si rifiuta alla richiesta di adesione alla NATO da parte di nuovi Paesi per timore di un’escalation della guerra, ma solo per rivendicare esigenze di natura interna, per interessi meramente nazionali.

 

L’insensato Massimo Teodori

 

Per Massimo Teodori non si può arrivare a un trattato di pace in Ucraina senza una posizione di equilibrio tra i contendenti.

Quindi è giusto armare il più possibile Kiev, altrimenti i russi imporranno le loro decisioni.

Si può essere più insensati? Secondo lui bisogna sterminarsi a vicenda prima di negoziare. Cioè il negoziato non è un’alternativa alla guerra, ma una conclusione inevitabile quando entrambe le parti capiscono che più di tanto non possono pretendere.

Terribile questo modo di ragionare. Ma si sa che Teodori è sempre stato un filo-americano al 100%.

 

Braccia legate

 

Ancora non si è capita la differenza tra un braccio e l’altro. Gli yankee in Vietnam si lamentavano delle proteste popolari nel loro Paese, senza le quali sarebbero arrivati a buttare delle bombe atomiche, non solo chimiche.

I russi se ne lamentano non perché temono che la loro aviazione verrebbe abbattuta dai missili ucraini, ma perché sanno di essere imparentati con gli ucraini, per cui sono disposti a perdere molti militari pur di non far strage di civili.

 

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Nazisti anche quando processano

 

Che il governo di Kiev sia neonazista l’ha dimostrato anche nel modo in cui ha condotto il processo al 21enne sergente russo, Vadim Shishimarin, dichiaratosi colpevole d’aver ucciso in un villaggio il civile Oleksandr Shelipov nei primi giorni dell’invasione russa. Ha poi chiesto perdono in tribunale a Kateryna Shalipova, la vedova, la quale però ha preteso l’ergastolo, e il tribunale l’ha accontentata.

La donna era stata debitamente istruita dagli avvocati neonazisti: infatti ha aggiunto che Shishimarin potrebbe essere lasciato libero e mandato in Russia se entrasse a far parte di uno scambio di prigionieri “coi difensori di Mariupol”, fatti uscire dall’acciaieria.

Il processo è stato tutto una farsa, non foss’altro perché lo si è reso pubblico a scopo propagandistico. Poi perché in processi in cui si prevede l’ergastolo, non si può avere tutta questa fretta, né è pensabile che si possano fare cose del genere quando è in corso la stessa guerra (in genere si fanno a guerra finita). E poi non si commina l’ergastolo a un ragazzino! Anche perché non si trattava di un crimine da guerra.

La dinamica degli eventi era stata praticamente la seguente. Il sergente ha spiegato d’aver sparato al civile mentre lui e molti altri soldati russi (anche feriti) erano stati costretti a ritirarsi a piedi per ricongiungersi alle loro unità in Russia. I soldati avevano preso un’auto civile, una Volkswagen. Durante il viaggio, mentre guidavano, avevano visto un uomo che stava parlando al telefono e che diceva che li avrebbe denunciati. Shishimarin ha affermato che un altro soldato nell’auto, di cui non ha fatto il nome, gli ordinò di sparare, altrimenti sarebbero stati individuati, e lui lo fece.

La sua testimonianza è stata confermata da un altro militare russo, Ivan Maltysev, anche lui 21enne e anche lui arresosi alle forze ucraine insieme a Shishimarin.

Gli altri due soldati ch’erano in macchina con loro sono stati portati in Russia nell’ambito di uno scambio di prigionieri, ha reso noto l’avvocato.

Se per una cosa del genere viene dato l’ergastolo, che cosa dovrebbero fare i russi ai neonazisti dichiarati di Azovstal? E cosa dovrebbero fare a chi sostiene, sapendo di mentire, che i soldati russi eliminano sistematicamente, in tutte le maniere, i civili? Come p.es. fa l’Alto commissario dell’ONU per i diritti umani, Michelle Bachelet, che si rifiuta di credere che i neonazisti usino i civili come scudi umani.

 

Davvero Kissinger è un realista?

 

Il guerrafondaio ultranovantenne Kissinger al World Economic Forum di Davos ha dato un avvertimento all’Ucraina: “Rinunci a qualcosa”.

Al campo occidentale ha sconsiglia l’approccio intransigente: la Russia non va sconfitta e non bisogna cercare il muro contro muro, altrimenti le conseguenze sarebbero peggiori di quelle attuali.

Ma a che cosa Kiev dovrebbe rinunciare? A qualsiasi velleità di riconquistare la Crimea! E sul Donbass? Non ha detto niente di preciso. Secondo lui si dovrebbe tornare allo status quo anteriore al 24 febbraio! Come se non sapesse che il governo di Kiev aveva deciso di occupare il Donbass entro l’8 marzo, violando completamente gli accordi di Minsk e la risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’ONU!

E poi dicono che ha offerto un’analisi lucida e razionale. Solo perché ha ammonito che “continuare la guerra oltre quel punto non riguarderebbe più la libertà dell’Ucraina, ma una nuova guerra contro la stessa Russia”.

Sarà forse l’età, ma Kissinger sembra non capire nulla del problema della denazificazione, né quello dell’allargamento della NATO verso est.

L’unica cosa che davvero lo preoccupa è che se non si riallacciano i fili con la Russia, questa finirà totalmente nella sfera d’influenza cinese. Usa gli stessi criteri geopolitici che aveva al tempo di Nixon. Non capisce che sia gli USA che il governo neonazista di Kiev vogliono la guerra totale e che la UE non ha nessun potere per ribaltare questo corso storico, proprio perché vive a rimorchio della narrativa americana e difende a spada tratta tutte le richieste di Zelensky, salvo quelle che porterebbero a un immediato conflitto nucleare (come p.es. la no-fly zone).

È vero che lo stesso Kissinger già nel 2014 sosteneva che la soluzione per la stabilità in Ucraina fosse una finlandizzazione in politica estera, accompagnata dall’ingresso nella UE e la non partecipazione alla NATO. Ma è anche vero che gli USA oggi hanno piani alquanto bellicistici nei confronti della Russia.

 

Le previsioni di Germán Gorráiz López

 

Cosa prevede Germán Gorráiz López dopo la fine della guerra in Ucraina?

In campo economico la crescita stratosferica dei prezzi del greggio e dell’energia costringerà i Paesi ad adottare politiche di de-crescita con la conseguente contrazione del commercio mondiale, la fine del turismo di massa, il ritorno in patria delle aziende delocalizzate (poiché aumenterà l’isolamento reciproco) e l’intronizzazione dell’economia circolare e dei prodotti ECOlabel che finiranno per delineare il ritorno a comparti economici isolati, autarchici.

Assisteremo anche alla fine dell’unipolarismo degli Stati Uniti e del loro ruolo di gendarme mondiale e alla sua sostituzione con la nuova dottrina del multipolarismo o della geopolitica peer-to-peer, formata dalla troika statunitense, cinese e russa.

Ma non mancherà una nuova ondata destabilizzante mondiale, dovuta a cause economiche (il declino dell’economia globale); culturali (il declino delle democrazie formali occidentali a causa della cultura della corruzione); politiche (la perdita di credibilità democratica d’innumerevoli governi dei Paesi occidentali e del Terzo Mondo) e geopolitiche (l’emergere di un nuovo scenario geopolitico globale dopo il ritorno all’endemismo ricorrente della Guerra Fredda tra Stati Uniti e Russia).

Fin qui l’autore. Mi sentirei di aggiungere che chi è abituato a vivere in ristrettezze, soffrirà di meno, sempre che ovviamente sappia reagire alla violenza inevitabile di chi, avendo già tutto dalla vita, non accetterà di vedersi privato di qualcosa.

La seconda cosa riguarda l’esigenza di ricorrere all’autoconsumo. Non sarà un ritorno al Medioevo ma un’assunzione di responsabilità, anche personale. La riduzione della dipendenza dai mercati, che ci rende del tutto eterodiretti, non può che farci bene, a condizione ovviamente che esista un’effettiva sovranità politica.

Fonte: geopolitika.ru

 

Interessante Crooke

 

In un art. piuttosto complesso di Alastair Crooke, ricco di spunti di riflessione, apparso il 12 maggio su geopolitica.ru, viene detto che nel 2010 il fondatore di Azov, Andriy Biletsky, dichiarò che la missione storica dell’Ucraina era quella di guidare le “razze bianche del mondo in una crociata finale per la loro sopravvivenza […] una crociata contro gli Untermenschen guidati dai semiti”.

La cosa strana è che, pur essendo chiaramente ostili alla democrazia liberale, ai diritti delle minoranze, ai diritti di voto, ecc., vengono ampiamente protetti e sponsorizzati da Stati Uniti, Canada e Paesi europei. Perché? Per quale motivo a questi fanatici si attribuisce una resistenza eroica nella guerra in corso? È difficile trovare una risposta.

Indubbiamente un certo revival fascista o neonazista si trova oggi in molti Paesi, dall’Europa agli Stati Uniti, ma nella versione ucraina è apparso un grande movimento fascista, molto violento e ben armato. È sorto in un grande Paese europeo che è l’epicentro politico della nuova Guerra Fredda tra Stati Uniti e Russia. Perché? Cioè per quale motivo gli europei denunciano elementi di fascismo in Russia, Cina, Iran ecc., e non riescono a vederli in casa propria?

L’autore non dà nessuna risposta. Si limita semplicemente a constatare che oggi gli occidentali, vestiti con abiti eleganti, stanno stringendo la mano alla “Azov bianca”, portando avanti una guerra che risale all’invasione della Russia da parte di Napoleone.

Mi sbaglierò, ma ho l’impressione che l’occidente, proprio come paradigma culturale mondiale, avverta di essere giunto al capolinea. Sembra essere finito il periodo della democrazia formale, quella che si può garantire solo se è sostenuta da un elevato benessere economico, il quale però è più che altro frutto di una pretesa egemonia che l’occidente rivendica da tempo a livello internazionale e che oggi sa di non poter più avere.

Di fronte alla necessità di dover ridurre tale benessere materiale, tutto il resto (democrazia parlamentare, diritti umani, ONU ecc.) sembra rivelarsi in tutta la sua incredibile retorica. Siamo cioè giunti a un paradosso tale per cui se vogliamo continuare a propagandare i nostri valori democratici abbiamo bisogno di affidarci a soluzioni dittatoriali. Di qui la continua necessità di trovare dei nemici da combattere militarmente: terrorismo islamico, autocrazia russa, comunismo cinese... per giustificare il nostro incipiente neonazismo.

Noi occidentali non abbiamo pace. Vogliamo tutto ma dagli altri, non da noi stessi. E quando non ci riusciamo, diventiamo feroci.

Fonte: geopolitika.ru

 

La limitatezza di Draghi

 

Purtroppo al governo abbiamo un uomo patetico. Draghi che chiede al buon cuore di Putin di vendere i cereali e i fertilizzanti russo-ucraini al mondo intero, dopo che lui stesso ha partecipato al blocco (o meglio al furto) dei fondi esteri della Banca centrale russa e delle proprietà degli oligarchi; dopo che lui stesso ha persino inventato l’estromissione dal sistema SWIFT di tutta la Russia, e dopo che invia all’Ucraina armi pesanti e che autorizza Di Maio a espellere 30 diplomatici russi.

Draghi da buon economista che si preoccupa che il grano rischia di marcire, causando grave danno alla situazione dei Paesi africani più poveri, che se non si sfamano, faranno rivoluzioni, aumenteranno i terroristi e spingeranno i profughi verso la UE (già si vedono proteste e rivolte in Sri Lanka, Indonesia, Pakistan e Perù).

Come se si fosse accorto solo adesso che Russia e Ucraina vendono il 30% di tutti i cereali del mondo. Ci voleva una guerra per capirlo. È proprio vero che l’occidente si comporta come se tutto gli fosse sempre dovuto. Ma lo sanno gli economisti bocconiani che le riserve mondiali di grano dureranno al massimo 10 settimane, dopodiché sentiranno le trombe del giudizio universale?

Putin l’ha detto chiaro e tondo: togliete almeno le sanzioni più politiche, cioè quelle più vergognose, più vendicative, quelle che c’impediscono di commerciare, e noi venderemo il grano alle nazioni che volete, anche a quelle ostili, ovviamente previo sminamento delle coste.

Draghi, in maniera piuttosto ridicola, ha concluso dicendo: “Ora telefono a Zelensky e vediamo cosa ne pensa”. Come se non sapesse che il governo di quei nazisti (megafono di quello americano) non vuole nessuna trattativa, anzi chiede che la Russia sia ancora più isolata. Non vedono l’ora che scoppi una guerra mondiale, e se questa deve avvenire a causa della NATO o della fame, fa lo stesso: l’importante è dar la colpa a Putin.

Ma noi italiani cosa abbiamo fatto per avere un premier del genere? Perché non fa anche una telefonata a Biden chiedendogli: “Noi ci preoccupiamo di salvare il mondo dalla fame e voi ieri avete sequestrato un carico di greggio iraniano da una petroliera battente bandiera russa che si trovava nelle acque greche e avete noleggiato una petroliera di proprietà greca per portare il petrolio a casa vostra?”.

 

PD irriconoscibile

 

Dopo aver votato al Parlamento Europeo l’infamia dell’equiparazione del comunismo al nazismo, dopo aver sostenuto apertamente i fascisti venezuelani e i terroristi in Siria, il nostro PD arriva ad assumere in Parlamento le posizioni dei neonazisti ucraini, secondo cui l’Holodomor, al tempo di Stalin, fu un consapevole genocidio contro il popolo ucraino.

La von der Leyen ha rincarato la dose dicendo, nella maniera più scriteriata possibile, che “la UE porta via il grano ucraino per non permettere alla Russia di fare di nuovo Holodomor”.

I deputati democratici che han presentato la mozione parlamentare il 25 maggio sono i seguenti: Fausto Raciti, Andrea Romano, Flavia Nardelli Piccoli, Lia Quartapelle. C’era anche il prof. Andrea Graziosi, storico ex presidente della Società Italiana di Storia contemporanea, poi il presidente dell’Associazione Cristiana degli Ucraini in Italia, Oles Horodetskyy, e l’Ambasciatore d’Ucraina in Italia, Yaroslav Melnyk. Da notare che tra questi Horodetskyy non ha ritegno a farsi fotografare insieme al neonazista Dmytro Yarosh, leader di Pravy Sektor, e coi ritratti del fascista Stepan Bandera.

Secondo la narrativa occidentale (che risale a quella hitleriana) tra il 1932 e il 1933 circa 3-4 milioni di ucraini furono uccisi dalla fame e dalla carestia provocata dalle politiche del regime staliniano e utilizzata da Mosca per stroncare l’identità politica del popolo ucraino e di coloro che si opponevano al totalitarismo sovietico.

Una tesi insensata. Se c’era odio non era certamente nei confronti del “popolo” ucraino, ma solo nei confronti degli agrari contrari a qualunque forma di collettivizzazione della terra, sia essa statale o cooperativistica.

Inoltre in quel periodo la carestia fece soffrire tutti, non solo gli ucraini.

In ogni caso non ha senso che si usi questa tragedia per giustificare l’odio che gli attuali ucraini devono nutrire per i russi, i quali non sono più comunisti dal 1991, e loro stessi han pagato, molto più degli ucraini, le cose obbrobriose compiute dallo stalinismo.

È assurdo pensare che la classificazione dell’Holodomor come genocidio renda l’attuale Stato ucraino più democratico di quello russo, che se c’è uno Stato altamente corrotto e filonazista è proprio quello ucraino.

Nel 2023 ricorrerà il 90° anniversario di questo atroce avvenimento. Sarà un buona occasione per parlarne sul piano storico, lontani dai condizionamenti dell’attuale guerra, con cui si vuole strumentalizzare qualunque cosa.

Fonte: lantidiplomatico.it

 

1. Il realismo economicistico di De Benedetti

 

Carlo De Benedetti, nella prima settimana di maggio, disse alla Gruber sul La7. “Una guerra che si sovrappone a una recessione molto severa, come quella cui stiamo andando incontro, è assurda”.

Non è strano che un imprenditore capisca questa cosa e un economista come Draghi no? No, perché Draghi non vede nessuna recessione. Il PIL avrà al massimo una flessione. Anche perché non potrebbe mai ammettere una recessione ora che proprio lui sta gestendo il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

Sulla questione dei cereali si è un po’ ricreduto e ha dovuto telefonare a Putin. Ma questa cosa l’aveva già detta De Benedetti: “Carestia e fame in Nord Africa e in larga parte dell’Africa australe. Costretti a scegliere tra morire di fame e rischiare di morire in mare, gli africani rischieranno di morire in mare. Altro che 500 al giorno; arriveranno a decine, a centinaia di migliaia. La nostra priorità assoluta dev’essere fermare la guerra”.

Gli imprenditori che lavorano sul concreto ne capiscono di più degli economisti ideologicamente tendenziosi. A nessuno dei due però è venuto in mente che bisogna far di tutto prima che scoppino le guerre, ascoltando tutte le ragioni delle parti in causa.

 

2. Il realismo economicistico di De Benedetti

 

Ma un imprenditore occidentale la sa la storia o pensa solo ai suoi profitti?

Pontifica la Gruber, col suo cervellino piccolo piccolo: “La guerra l’ha scatenata Putin”.

Le risponde De Benedetti, parandosi il lato b da eventuali accuse di putinismo: “Io parto da due pietre miliari. La prima: non giustifico Putin; lo detesto. Putin è un criminale e un ladro, che con altri trenta ladri ha rubato la Russia ai russi. La seconda: sono e sarò eternamente grato agli angloamericani per averci liberati dal nazifascismo. Ma oggi noi europei non abbiamo alcun interesse a fare la guerra a Putin”.

Probabilmente non sa che gli oligarchi russi son nati al tempo di Eltsin e che è stato proprio Putin a estrometterli dal potere politico, pur non da quello economico. Putin semmai ha restituito la Russia ai russi, anche a quelli che, come minoranza, vengono perseguitati all’estero. Ladri semmai saranno Biden e gli altri statisti europei, che han bloccato le risorse della Banca centrale russa all’estero e le proprietà private degli oligarchi.

Quanto a chi ci ha liberati dal nazifascismo in Europa, De Benedetti non vorrà mettere sullo stesso piano i 27 milioni di morti dei russi coi 178.000 tra civili e militari che hanno avuto gli americani (sempre in Europa)? I conti dovrebbe saperli fare, altrimenti qui di cervellini piccoli piccoli ce n’è più di uno.

Però su una cosa ha ragione: “noi europei non abbiamo alcun interesse a far la guerra a Putin”. Anche se qualcuno avrebbe potuto obiettargli: “Quindi non aiutiamo Zelensky perché non c’interessa far la guerra a Putin?”.

La risposta a questa obiezione non è economica ma politica: “A noi interessa che vi sia una pace basata sulla giustizia. Negli ultimi 8 anni c’è stata questa possibilità in Ucraina? No. Bene, allora Zelensky non avrà alcun aiuto e anche quelli umanitari che manderemo al suo popolo, dovremo gestirli noi, perché del suo governo non ci fidiamo”.

 

3. Il realismo economicistico di De Benedetti

 

All’affermazione superficialotta di una Gruber miope: “È stato Putin a cominciare la guerra”, così risponde De Benedetti: “Certo, la colpa è sua. Ma gli interessi degli Stati Uniti e del Regno Unito da una parte, e dell’Europa e in particolare dell’Italia dall’altra, divergono assolutamente. Se Biden vuol fare la guerra alla Russia tramite l’Ucraina, è affar suo. Noi non possiamo e non dobbiamo seguirlo”.

Come “è affar suo”? Gli USA o la NATO sono lì lì per far scoppiare una guerra nucleare e la UE sta a guardare il cielo azzurro come van Gogh? Anche se si fosse trattata di una semplice guerra convenzionale per procura, la UE avrebbe dovuto porre un altolà. Che razza di sovranità territoriale ha la UE se si lascia determinare completamente dalla NATO o dagli USA? Non era ai tempi del Patto di Varsavia che si parlava di “sovranità limitata”, in riferimento ai Paesi comunisti est-europei?

Ma soprattutto, che razza di concezione geopolitica ha De Benedetti? La guerra in Ucraina non doveva essere fatta da nessuno. Semplicemente si doveva pretendere il rispetto degli accordi di Minsk, con tanto di riconoscimento di un’autonomia speciale alle due repubbliche del Donbass (come abbiam fatto noi in Alto Adige). Putin è intervenuto soltanto per impedire che l’esercito di Kiev occupasse definitivamente il Donbass, com’era stato pianificato per la prima settimana di marzo, dopodiché i neonazisti avrebbero occupato la Crimea, a cui avevano già tolto l’acqua con la costruzione di una diga.

Non si può dare per scontato che gli USA possano fare ciò che vogliono in Ucraina, né si può pensare che loro vogliano farlo tenendoci in disparte.

Nella UE esistono eserciti nazionali che non coincidono con quelli della NATO. Sono eserciti ridicoli, che non sono in grado di compiere alcuna azione d’attacco e avrebbero tantissimi problemi persino a dover difendere i nostri Paesi. Nella UE non abbiamo solo basi NATO ma anche basi USA che non tengono in grande considerazione gli eserciti nazionali (ad eccezione di quello francese).

Quindi la sua obiezione ha senso solo ed esclusivamente se la UE fosse dotata di un proprio esercito sovranazionale, diverso da quello NATO, oppure se potesse utilizzare tutte le risorse della NATO senza però la presenza degli USA, che esercita un insopportabile ruolo egemonico, anche perché considera l’intera UE un proprio “satellite”.

 

4. Il realismo economicistico di De Benedetti

 

Che poi non è vero che De Benedetti non capisca che la NATO al giorno d’oggi in Europa non ha più senso.

Alla domanda stupida della Gruber: “Ce l’ha anche lei con la NATO?”, infatti risponde: “La NATO è sorta in un contesto completamente diverso: non esisteva l’Unione Europea; non era sulla scena la Cina. Dobbiamo essere grati alla NATO per il ruolo svolto durante la guerra fredda; ma ora non ha più senso. La Corea del Sud chiede di entrare nella NATO: ma cosa c’entra con l’Alleanza atlantica? Per me serve un esercito europeo. E siccome per avere una forza di difesa occorrono 10 anni, bisogna prendere quella che già c’è. A questo punto, tanto vale che gli Stati Uniti escano dalla NATO e che gli europei assumano la responsabilità della propria sicurezza”.

Poi, siccome è serva degli americani, la Gruber constata: “Lei sa bene che la NATO senza l’America non esisterebbe. Si scrive NATO, si legge USA”.

Al che giustamente De Benedetti obietta: “È proprio questo che dobbiamo superare. Oggi l’Europa va in ordine sparso: la Francia investe 80 miliardi di euro sui superbombardieri Rafale, la Germania annuncia il riarmo da 100 miliardi. Ma l’Europa ha un interesse comune: fermare la guerra, anziché alimentarla. Se gli USA vogliono usare l’Ucraina per far cadere Putin, che lo facciano. Se i russi vogliono Putin, che se lo tengano. Cosa c’entriamo noi?”.

Si esprime come un bambino. Come se dicesse: “Viviamo in un mondo libero, voglio la mia parte di libertà, e se non posso averla da solo, mettiamoci insieme, senza correre dietro al più forte”.

Il cinico Dario Fabbri gli avrebbe detto: “Guarda che al mondo comandano solo gli Stati Uniti, perché controllano tutti i mari. L’Europa è solo un soggetto economico, non è un soggetto politico e a livello militare dipenderà sempre dalla NATO. Prima di accampare una parte di autonomia, devi aspettare che crolli l’impero americano. Al mondo comandano gli imperi non le singole nazioni, e tra gli imperi solo i più forti militarmente, e loro sono i più forti perché spendono il 4% del PIL”.

 

5. Il realismo economicistico di De Benedetti

 

All’affermazione infantile, segno di profonda ignoranza, della Gruber: “I russi non sono liberi di scegliere”, De Benedetti risponde: “Nella sua millenaria storia la Russia non è mai stata una democrazia. Ma noi non siamo più al tempo delle crociate. Noi non siamo qui per combattere il Male, ammesso che si tratti del Male e il nostro sia il Bene. L’interesse dell’Europa è trovare la propria collocazione nel mondo, come il continente della più grande ricchezza, dei più grandi consumi, delle più grandi tradizioni di pensiero, di arte, di cultura: perché la cultura occidentale è tutto quello di cui il mondo si nutre. Noi non possiamo pensare di poter esportare la democrazia con le armi. Gli americani ci hanno già provato. Si sono inventati le armi di distruzione di massa per giustificare la guerra in Iraq. Ebbene: non funziona. La democrazia si esporta con il successo sociale ed economico delle società organizzate democraticamente. Non con le armi. Peraltro questa guerra non la può vincere nessuno. Non la può vincere Zelensky. Ma non la può vincere neppure Putin, perché gli USA vogliono a tutti i costi che perda. L’unica soluzione è un compromesso: l’Ucraina perderebbe i territori russofoni e russofili, e avrebbe in cambio la garanzia americana e britannica di pace e prosperità”.

Beata innocenza! La democrazia, quella vera e sostanziale, è un prodotto occidentale, mentre la Russia è un Paese di trogloditi. Già, peccato che a confronto dei diritti operaio-contadini affermati con la rivoluzione d’ottobre, i trogloditi, improvvisamente, eravamo diventati noi europei.

Ma in fondo De Benedetti ha ragione: è assurdo fare una guerra di tipo medievale dividendo astrattamente il bene dal male. In tal senso gli europei devono considerarsi migliori degli americani, che sperano sempre, sbagliando in pieno, di poter esportare la democrazia coi loro bombardamenti “umanitari”.

Quanto alle capacità militari dei russi, l’imprenditore, gran cerimoniere dei governi di centrosinistra, ha perso un’occasione per tacere. Siccome i russi sanno combattere, come han sempre dimostrato, si terranno la Crimea, si prenderanno tutto il Donbass e lo uniranno alla Transnistria. Poi affitteranno agli ucraini l’uso del porto di Odessa.

 

6. Il realismo economicistico di De Benedetti

 

Col suo cervellino piccolo piccolo la Gruber dice a De Benedetti: se permettiamo a Putin di prendere il Donbass e di tenersi la Crimea, creiamo un precedente e la Russia sarà incoraggiata a nuove conquiste.

Chissà quali sono le sue fonti per dire queste stupidaggini. Per fortuna De Benedetti le risponde: “E cosa può fare Putin? Lei crede veramente che possa ricostituire l’impero sovietico? La Russia ha 140 milioni di abitanti e un PIL — tolte le risorse energetiche — inferiore a quello della Spagna. Pensavamo avesse almeno l’esercito; che ha dato prova di un’inefficienza spaventosa. Un amico che lavora al Pentagono mi ha raccontato che Putin, dopo aver perso 600 carri armati in due giorni, ha cominciato a dare ordini direttamente ai comandanti sul terreno: è saltata la catena di comando. Disorganizzazione assoluta. La Russia è ridotta a sparare missili; ma le guerre non si vincono coi missili, si vincono con la fanteria. Tutti sappiamo bene che non è la Russia il vero pericolo. Per gli americani il vero pericolo è la Cina. È come quando Atene capì che, con l’ascesa di Sparta, la guerra era inevitabile. Allo stesso modo il confronto tra gli Stati Uniti e la Cina è inevitabile”.

Povero De Benedetti. Capisco che l’intervista sia stata concessa nella prima settimana di maggio, ma la Russia sta vincendo sul terreno proprio grazie alla fanteria, combattendo casa per casa. Infatti non può bombardare le città, come fanno gli americani, per non nuocere ai civili (coi quali peraltro sono imparentati). Se vengono colpiti edifici urbani, è perché gli ucraini insediano le loro basi qui e non in aperta campagna (anche se non mancano le trincee nel Donbass). Gli ucraini, dell’esercito regolare o delle forze neonaziste, sono stati addestrati dagli americani a usare i civili come scudi umani. Questa è la loro democrazia!

Il vero pericolo militare per gli USA è proprio la Russia, non la Cina, che ancora non è in grado di affrontare un conflitto in grande stile.

 

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Una questione generazionale

 

Sono i giovani che si lasciano infinocchiare dagli occidentali (soprattutto dagli americani). Solo loro quelli più tentati dallo stile di vita occidentale, sommamente individualistico, o comunque da uno stile di vita in cui si ricevono molte sovvenzioni, armi, addestramenti, supporti mediatici per compiere operazioni terroristiche o antigovernative.

L’avevamo già visto quando i giovani barbuti mujaheddin destabilizzavano il sistema socialista dell’Afghanistan, eliminando Mohammad Najibullah Ahmadzai, riportando il Paese al Medioevo. O quando i giovani tedeschi buttavano giù il muro di Berlino e con esso il regime di Erich Honecker, ma anche in Georgia, con la rivoluzione delle rose fatta dal movimento Kmara, che rovesciò il governo di Eduard Shevardnadze. (en.wikipedia.org/wiki/Kmara). E anche in Serbia, col movimento studentesco Otpor che fece crollare Milosevich (en.wikipedia.org/wiki/Otpor). Tutti finanziati da organizzazioni americane.

Il cosiddetto “eroe” georgiano en.wikipedia.org/wiki/Mikheil_Saakashvili incriminato e in fuga dalla Georgia, andò in Ucraina a organizzare il golpe del 2014, e Poroshenko lo nominò governatore dell’oblast di Odessa, regione a maggioranza russofona.

È una questione generazionale, che implica una diversa concezione della vita. Non sono rivoluzioni popolari vere e proprie. Dietro c’è sempre qualcuno che manovra a vantaggio dei suoi sporchi interessi.

 

Non era una “pezza”

 

La giornalista Julia Davis, curatrice del “Russian Media Monitor” per il “Daily Beast”, ha pubblicato su Twitter un video che mostra uno spezzone di un dibattito andato in onda durante una trasmissione del giornalista russo Vladimir Solovyov.

Ha scritto che nel mirino c’è un chiaro tentativo di “mettere una pezza” alle dichiarazioni di Sergej Lavrov sugli ebrei antisemiti e sulla curiosa situazione di una nazione, l’Ucraina, accusata di nazismo da Mosca nonostante abbia un presidente ebreo. “Il nazismo non significa per forza antisemitismo – sostiene il giornalista nel dibattito –, anche se gli americani continuano a sostenerlo. Zelensky in quanto ebreo non può essere nazista? Certo che sì invece”. E questo perché “il nazismo non è solo antisemita, può essere anche anti-slavo o anti-russo. Il nazismo ucraino è questo”.

Non ha messo una “pezza”, ha solo esteso il significato di un concetto che rischiava d’essere troppo specifico. Difficile smentire uno come Lavrov.

 

Chi sarà più isolato?

 

Lavrov ha parlato chiaro: “Gli Stati Uniti e i loro satelliti stanno moltiplicando i loro sforzi per contenere il nostro Paese, utilizzando la più ampia gamma di strumenti, dalle sanzioni economiche unilaterali alla propaganda completamente falsa nello spazio dei media globali. E in molti Paesi occidentali la russofobia quotidiana ha assunto un carattere senza precedenti, incoraggiato persino dai circoli governativi”. In pratica l’occidente ha dichiarato guerra totale all’intero mondo russo.

Insomma, ho l’impressione che la Russia stia prendendo atto dell’impossibilità di ricostruire qualunque rapporto con l’occidente e stia volgendo completamente il suo sguardo verso altri Paesi.

E infatti Lavrov ha detto che sauditi e argentini han chiesto di poter aderire al BRICS, già composto da Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica. Al prossimo vertice parteciperanno una dozzina di economie in via di sviluppo.

Inoltre ha detto che molti Paesi del mondo arabo mostrano interesse a stabilire relazioni con l’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai (Cina, Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan). “Questi sono processi per costruire alleanze non antagoniste, non rivolte contro qualcuno”, ha poi aggiunto.

Infine si sta sviluppando in maniera significativa l’integrazione economica eurasiatica (EAEU: Bielorussia, Kazakistan, Russia, Armenia e Kirghizistan, con Moldavia, Uzbekistan e Cuba come osservatori), al punto che si è deciso di dare un regime commerciale preferenziale a Iran, Emirati Arabi Uniti, Egitto e Indonesia.

La Cina è sulla stessa linea d’onda, tant’è che raccomanda alle proprie aziende di utilizzare lo yuan e le valute delle controparti per regolare i pagamenti internazionali bypassando il dollaro. Le importazioni di merci saranno de-dollarizzate.

Ricordate le parole del soldatino Stoltenberg? “La Russia vuole meno NATO? Invece ne avrà di più!”. Se l’occidente va avanti con questa arroganza, alla fine chi sarà più isolato?[8]

 

Siamo agli sgoccioli?

 

Che cosa ha detto l’analista militare americano Scott Ritter? Uno dei motivi per cui gli Stati Uniti hanno intensificato il loro sostegno all’Ucraina era la totale convinzione che le sanzioni economiche avrebbero fatto cadere la Russia.

Ma non ha funzionato, anzi è successo esattamente il contrario! I tempi non sono facili per la Russia, ma non ci saranno devastazioni. A differenza dell’Europa, che è sull’orlo del collasso economico. E non abbiamo nemmeno iniziato a discutere di come andranno le cose quando arriverà il freddo. Non molti governi sopravviveranno questo inverno.

Gli fa eco Larry Johnson: attualmente il problema maggiore dell’Ucraina non è la mancanza di equipaggiamento, ma la mancanza di militari, soprattutto di quelli addestrati a usare le armi inviate dagli USA.

Fino a questo momento non abbiamo visto un solo caso in cui l’esercito ucraino abbia organizzato un contrattacco con mezzi aerei e terrestri contro le forze russe e abbia avuto la meglio.

Quando il battaglione Azov era stato circondato nell’Azovstal, non abbiamo visto gli ucraini organizzare un’operazione simile al tentativo fallito del feldmaresciallo Erich von Manstein di salvare il feldmaresciallo von Paulus a Stalingrado. Evidentemente gli ucraini o non avevano una forza in grado di salvare i soldati circondati nell’Azov o temevano che la potenza aerea e l’artiglieria russa avrebbero spazzato via o inflitto perdite inaccettabili a una forza di soccorso. Di conseguenza l’Azov si è arresa senza condizioni.

Insomma, mancando i militari, non serve a niente inviare nuove armi. La Russia sta chiaramente distruggendo le forze ucraine trincerate nel Donbass, sta abbattendo tutti gli aerei ucraini che osano decollare, sta distruggendo le postazioni di artiglieria e di carri armati col fuoco di controbatteria. E abbatte regolarmente i droni.

Intanto, quatti quatti, i genitori di Zelensky han deciso di lasciare l’Ucraina. Hanno ottenuto la cittadinanza d’Israele e si sono trasferiti nello Stato ebraico. Avrebbero acquistato una villa a Rishpon dove vivrebbero protetti da quattro guardie del corpo.

Anche l’ex presidente Petro Poroshenko ha tentato di lasciare il Paese, ma le guardie di frontiera non gliel’hanno permesso. Com’è noto pende su lui l’accusa di alto tradimento, in quanto sospettato d’aver acquistato delle forniture illegali di carbone dalle aree controllate dai ribelli nel Donbass (considerati terroristi da Kiev). Rischia 15 anni di galera.[9]

Quanto potrà durare questa guerra? Ancora un mese?

 

Catastrofe alimentare in arrivo

 

Dati presi dall’“Economist” del 21 maggio, The coming food catastrophe.

Russia e Ucraina forniscono il 28% del grano commercializzato a livello mondiale, il 29% dell’orzo, il 15% del mais e il 75% dell’olio di girasole. Queste forniture sono fondamentali per sfamare Libia, Egitto, Tunisia, diversi Paesi africani e in generale tutta quell’area che va dal Sudafrica all’est asiatico. Le prime rivolte per la fame sono già scoppiate in Sri Lanka e Iran.

Le esportazioni alimentari dell’Ucraina forniscono le calorie per sfamare 400 milioni di persone. Inoltre il solo grano ucraino permetteva di realizzare il 50% dei programmi delle Nazioni Unite, il cui fine è proprio quello di combattere carenze e carestie. L’India, anche in seguito a una siccità record e a una incredibile ondata di caldo che ha colpito l’Asia meridionale, ha dichiarato che sospenderà le sue esportazioni di grano. Il Paese è il secondo produttore mondiale di frumento.

Il problema del rifornimento di cereali durerà a lungo, essendo l’Ucraina devastata materialmente dalla guerra, e ciò avrà conseguenze nelle Borse di tutto il mondo, sull’andamento dei futures legati a queste materie prime.

La crisi alimentare solleva interrogativi anche sull’uso dei biocombustibili: circa il 10% di tutti i cereali prodotti nel mondo viene utilizzato per produrre biocarburanti, e il 18% degli oli vegetali va al biodiesel.

È letteralmente impossibile non pensare che l’occidente non sapesse queste cose prima di sanzionare la Russia, prima di inviare armi all’Ucraina, prima di finanziarla in maniera spropositata allo scopo di difendersi sino all’ultimo ucraino.

 

L’antisemitismo in Ucraina

 

Nel luglio del 2017 il Centro Simon Wiesenthal (una delle più grandi organizzazioni ebraiche internazionali per i diritti umani) aveva condannato la decisione del Comune di Kiev d’intitolare le strade della città ai collaboratori nazionalisti ucraini Stefan Bandera e Roman Shukhevych, che avevano partecipato attivamente all’omicidio di massa di ebrei a Leopoli e in altri luoghi durante i primi mesi successivi all’occupazione nazista dell’URSS.

Nel dicembre del 2018 Lo stesso Centro criticò la decisione del parlamento ucraino di designare il 1° gennaio (compleanno di Stepan Bandera) come festa nazionale. Arrivò persino a dire che “negli ultimi anni l’Ucraina è stata uno dei principali propagatori di una versione distorta della storia dell’Olocausto, nel senso che cerca di nascondere o ridurre al minimo i crimini commessi dai nazionalisti ucraini”.

Oggi però le comunità ebraiche ucraine sono tutte anti-russe, senza se e senza ma. Questi ebrei son forti: per loro la democrazia viene negata solo quando si afferma l’antisemitismo.

Fonte: wiesenthal.com

 

Odessa ultima spiaggia

 

L’edizione turca “Aydinlik” sostiene che l’Ucraina non consente a 21 navi turche (di cui 17 di proprietà, mentre altre 4 battono bandiera turca) di lasciare il porto di Odessa perché vuole usarle come scudo umano per creare un ostacolo all’attacco russo al porto. Il pretesto per non farle partire sono le mine lasciate in mare dagli stessi ucraini.

Il governo di Kiev teme che se le navi straniere andranno in mare, gli ucraini perderanno la copertura e Odessa cadrà in men che non si dica. Spera anche che se i russi inizieranno un’operazione a Odessa e colpiranno per sbaglio una nave turca, potranno sorgere tensioni nelle relazioni russo-turche.

 

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Noi, sempre noi, prima di voi

 

Noi non accettiamo ricatti da parte della Russia sulla questione dei cereali e se moriranno di fame mezzo miliardo di persone, con conseguenze devastanti in termini di rivolte popolari, terrorismo e immigrazione, tutta la responsabilità ricadrà sul governo di Putin.

Anzi chiediamo a Mosca che rilasci subito i prigionieri di Azovstal. Oppure che li scambi coi prigionieri russi, ma alla condizione che per ogni russo vengano dati tre ucraini.

E le sanzioni non le toglieremo mai, a meno che i russi non si ritirino subito da tutta l’Ucraina, Crimea inclusa. E finché non lo faranno, continueremo a rifornire Kiev di armi sempre più pesanti, in grado di colpire anche le città russe. Volevano meno NATO? E noi gliene daremo di più.

È chiaro il concetto o volete un disegnino? “Read my lips”, come disse Bush padre alla Convention repubblicana del 1988, aggiungendo: “No new tax” (salvo poi smentirsi clamorosamente).

Se gli yankee si comportano così, chi siamo noi europei per essere da meno? Come gongola il bulletto Di Maio, ben educato da un padre del Movimento Sociale e poi di Alleanza Nazionale.

 

1. Il neonazismo ucraino: le origini

 

Lungo art. dell’Antidiplomatico, meritevole di sintesi.

Già nel secondo dopoguerra, in relazione a quanto accaduto prima e durante il conflitto mondiale, l’Ucraina assurgeva al primato di centro internazionale d’eversione neonazista.

Durante gli anni dell’invasione hitleriana i nazionalisti ucraini procedettero al sistematico sterminio di ebrei e polacchi in ottemperanza ai loro ideali di pulizia etnica.

I seguaci del fascista Stepan Bandera (morto nel 1959) tornarono in auge fin dai primi giorni del dicembre 2013, nelle proteste del cosiddetto Euromaidan. Facevano bella mostra le bandiere rosso-nere dello storico Esercito Insurrezionale Ucraino, il braccio armato dell’Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini (OUN). Chi raccoglieva questa feccia era il partito Svoboda, che in precedenza si chiamava Partito nazional-socialista ucraino.

Tuttavia la Destra estrema si presentò alla ribalta già del 2004 quando con la cosiddetta “rivoluzione arancione” diventò presidente dell’Ucraina il neonazista Viktor Jushenko, la cui campagna elettorale ricevette potenti finanziamenti tanto dalla Fondazione Rinascimento Internazionale del miliardario statunitense George Soros quanto da altre centinaia di organizzazioni non governative USA ed europee. Significativamente uno dei suoi ultimi provvedimenti fu quello d’insignire la figura di Stepan Bandera del prestigioso titolo di “eroe nazionale”.

Con una dinamica comune a diversi Paesi dell’Europa centro-orientale, svariati estremisti di Destra, indipendentemente dal loro recente passato di carnefici e stragisti, furono cooptati nei servizi segreti delle potenze occidentali, in nome della crociata internazionale contro il pericolo comunista.

 

2. Il neonazismo ucraino: Bandera & soci

 

Appena ottenuta la guida dell’Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini (OUN), nei primi anni ’30, Stepan Bandera si premurò d’intrattenere ottimi rapporti col neonato regime hitleriano. Quando la Germania nazista invase l’Unione Sovietica nel 1941, le forze paramilitari dell’OUN poterono entrare in azione grazie al precedente addestramento ricevuto dall’Abwehr, il servizio d’intelligence tedesco. Migliaia di combattenti condussero operazioni terroristiche sul suolo sovietico.

Nel 1943 l’OUN si abbandonò a una feroce campagna di pulizia etnica e sterminio di massa a danno delle minoranze polacche ed ebraiche sul suolo ucraino da esso controllato (nella sola estate di quell’anno la “soluzione finale” dei nazionalisti ucraini causò la morte di 70.000 civili).

In seguito alla definitiva sconfitta dei nazisti, Bandera riparò nella Germania occidentale (fin dal 1941 aveva impiantato il proprio quartier generale a Berlino) e ben presto fu reclutato come agente dal servizio segreto britannico MI6.

Il gran cerimoniere di questa e di altre cooptazioni di ex criminali di guerra fu Gerhard von Mende, un tedesco nazista del baltico, che, a capo della Divisione Caucasica per i territori occupati dal Reich hitleriano nell’Europa dell’Est, aveva impegnato tutte le sue forze nella creazione di quinte colonne incaricate, negli anni della II guerra mondiale, di destabilizzare i territori sovietici, ricorrendo a ogni mezzo, ivi inclusi stragi e terrorismo.

Gerhard von Mende, che lavorava per gli inglesi attraverso una società di copertura, provvide all’addestramento di Bandera e di altri transfughi dell’OUN per poi inviarli in URSS, tra il 1949 e il ’50, a compiere svariate missioni di terrorismo e sabotaggio. Dal 1956 Bandera passò a lavorare per l’equivalente tedesco della CIA, la BND, agli ordini del generale Reinhardt Gehlen, già a capo dell’Abwehr sul fronte orientale negli anni del secondo conflitto mondiale. Vi lavorò fino al 1959, anno in cui venne assassinato dall’agente del KGB, Bohdan Stashynsky.

 

3. Il neonazismo ucraino: Mykola Lebed

 

Mykola Lebed, a capo della famigerata polizia segreta ucraina, la Sluzhba Bespeki, fu il principale responsabile della “soluzione finale” ordita dall’OUN. Nel secondo dopoguerra passò al servizio dell’occidente, senza soluzione di continuità.

In un primo momento, reclutato dal controspionaggio dell’esercito statunitense, partecipò a una serie di operazioni di destabilizzazione violenta oltre cortina, per poi essere insediato a New York, ove diede vita nel 1952 a una società di copertura per le attività segrete della CIA, la Prolog Research Corporation. Altri suoi soci furono Myroslav Prokop, Yurii Lopatynsky, B. Chaikivsky ecc. La Prolog continuò a operare fino alla fine degli anni ’90, sostenuta da Zbigniew Brzezinski, consigliere del presidente Jimmy Carter per la sicurezza nazionale.

Nel 1985 il Dipartimento di Giustizia USA lanciò un’inchiesta sul ruolo di Lebed nel genocidio in Polonia e Ucraina occidentale durante la guerra, ma la CIA la bloccò.

Ciononostante, nel 2010, dopo la pubblicazione di migliaia di pagine di documenti di guerra, gli Archivi Nazionali pubblicarono un rapporto, Hitler’s Shadow: Nazi War Criminals, U.S. Intelligence, and the Cold War, scritto da Richard Breitman e Norman Goda, che includeva un resoconto dettagliato sulla collusione tra Bandera, Lebed e i nazisti e sul loro coinvolgimento nelle esecuzioni di massa di ebrei e polacchi.

Tuttavia i nazisti ucraini furono pubblicamente onorati alla Casa Bianca dal presidente Reagan. Al punto che Yaroslav Stetsko (1912-86), premier dell’Ucraina sotto il Terzo Reich, divenne il leader del movimento del Blocco delle nazioni anti-bolsceviche e membro della Lega anti-comunista mondiale. Uno dei suoi vice, Lev Dobrianski, fu ambasciatore degli Stati Uniti alle Bahamas, mentre la figlia Paula Dobrianski fu sottosegretaria di Stato per la democrazia nell’amministrazione di George W. Bush. Si tratta della stessa Dobrianski che ha finanziato per 10 anni studi per far dimenticare che l’Holodomor, la carestia che colpì l’Ucraina nel 1932-33, aveva devastato anche Russia e Kazakhstan, e per far credere che Stalin avesse deciso di eliminare il popolo ucraino.

Più recentemente, nel 2005, gli USA chiusero gli occhi sulla riabilitazione del nazismo da parte della presidente della Lettonia, Vaira Vike-Freiberga, in cambio della fedeltà d’acciaio alla NATO e all’UE.

 

4. Il neonazismo ucraino: il battaglione Azov

 

I neonazisti del battaglione Azov (un reggimento con 2.500 affiliati, di recente catturati a Mariupol) sono stati fondati nel 2014 dal militare e politico suprematista bianco Andriy Biletsky come gruppo paramilitare di orientamento neonazista per combattere i filorussi del Donbass.

Nello stesso anno sono stati inquadrati nella Guardia nazionale ucraina, come Distaccamento autonomo operazioni speciali “Azov”. Sono collegati anche al partito neonazista Corpo Nazionale, e a una ONG, la Azov Civic Corps, nonché a una Milizia Nazionale incaricata di fare pressione, anche violenti, su determinati ambienti politici. Infatti Arsen Avakov – Ministro degli Interni ucraino (2014-21) – nominò Vladim Troyan (Vice Commissario dell’Azov) suo collaboratore e, di lì a poco, capo della polizia di Kiev.

Il movimento Azov, che dal 2016 riceveva uomini, armi e mezzi dagli USA, affermava di voler riarmare il Paese con l’atomica. Il suo fürher Biletsky intendeva creare una nazione esclusivamente fondata sul “potere bianco”, libera dal “capitale speculativo sionista internazionale” e capace quindi di “guidare le razze bianche del mondo in una crociata finale contro gli Untermenschen guidati dai semiti”. Questo personaggio è stato insignito dell’“Ordine del coraggio” di III grado dall’ex presidente Poroshenko e promosso, nel 2014, al grado di tenente di polizia.

Ricordiamo che i neonazisti del battaglione Azov, in un dossier OSCE dell’aprile 2016 sui crimini di guerra in Ucraina, erano stati accusati di torture e abusi fisici e mentali, uso ripetuto ed indiscriminato di elettroshock, waterboarding, soffocamento con sacchi di plastica, stupri ed esecuzioni sommarie.

 

5. Il neonazismo ucraino: le ultime propaggini

 

Gli inquietanti intrecci tra le istituzioni ucraine e la Destra neonazista sono andati in crescendo e a tutti i livelli. Per es. nel 2021 Dmitry Yarosh, ex leader di Settore Destro, è stato nominato consigliere del comandante in capo delle forze armate ucraine Valerii Zaluzhnyi. Nello stesso anno Dmitry Kotsyubaylo, anch’egli comandante di Settore Destro, ha ricevuto dal presidente Zelensky il titolo di “Eroe dell’Ucraina”.

Ricordiamo che quest’organizzazione ha orgogliosamente rivendicato la strage alla Casa dei sindacati di Odessa, che costò la vita a decine di innocenti bruciati vivi o percossi a morte dalla ferocia nazista nel maggio 2014.

Il gruppo neonazista C14, già organizzazione giovanile di Svoboda e protagonista durante il Maidan dell’occupazione manu militari della sede del partito comunista a Kiev, ha di recente raggiunto un accordo col governo della capitale che gli consente d’istituire una “Guardia Municipale”, col compito di pattugliare le strade. Questa organizzazione è già stata protagonista di numerosi pogrom anti-rom e ha diversi militanti accusati dell’omicidio, nel 2015, del giornalista d’opposizione Oles Buzyna. È stata ampiamente sostenuta dall’ex premier Oleksij Hončaruk e della ministra per gli affari dei veterani Oksana Koliada.

L’articolista chiude ricordando il famigerato neonazista, presidente del parlamento post-Maidan, Andrij Parubij (2016-19), co-fondatore e leader di due organizzazioni neonaziste: il partito nazional-socialista ucraino e i Patrioti dell’Ucraina.

Fonte: lantidiplomatico.it

 

Meglio l’Azov della Russia

 

Nel gennaio del 2016 il Congresso degli USA abrogò il divieto di finanziare, armare e addestrare il battaglione Azov, in quanto, essendo stato integrato nelle forze armate regolari di Kiev, non appariva più ai parlamentari con una caratteristica neonazistica. Anzi, combattendo contro i filo-russi del Donbass, il suo impegno tornava comodo agli interessi americani.

Naturalmente gli USA avevano già una legge che impediva di finanziare qualunque gruppo o movimento riconosciuto come “terroristico”, ma nel caso dell’Azov non si rinvenne alcuna grave violazione dei diritti umani.

La decisione fece infuriare il Centro Simon Wiesenthal, che si lamentava di un continuo processo di distorsione del significato dell’olocausto nei Paesi est-europei, soprattutto nei tre Baltici, in Ucraina e in Ungheria.

E poi uno si chiede come possa una nazione che presume d’essere democratica non riconoscere l’elemento fortemente nazistico in una formazione paramilitare. La risposta è semplice: perché gli stessi USA sono filo-nazisti. Tant’è che il suddetto Centro doveva amaramente constatare come in Ucraina gli USA ignorassero volutamente la glorificazione dei collaboratori nazisti, la concessione di benefici finanziari a coloro che avevano esplicitamente combattuto a fianco dei nazisti e la sistematica promozione del falso storico circa l’equivalenza tra crimini comunisti e nazisti da parte di questi Paesi.

Tuttavia l’Associazione delle comunità e organizzazioni ebraiche dell’Ucraina (Vaad) non vide alcun problema nella decisione del Congresso americano, sostenendo che in Ucraina non vi era alcuna milizia neonazista. La sua versione era la seguente: Azov è un’unità militare regolare subordinata al Ministero degli Affari Interni. Non è una divisione irregolare né un gruppo politico. I suoi comandanti e combattenti possono avere opinioni politiche personali come individui, ma come unità di polizia armata Azov fa parte del sistema delle forze di difesa ucraine. Il ricercatore Vyacheslav A. Likhachev, parlando a nome del Vaad, arrivò a sostenere che una qualunque “aggressione russa” è una minaccia molto più grande di Azov.

E poi ci si scaglia contro Lavrov quando sostiene che gli stessi ebrei possono essere tranquillamente nazisti…

Fonte: jpost.com

 

Presenza neonazista anche in Portogallo

 

Di recente gli ucraini di un’associazione di rifugiati che vivono in Portogallo han messo in dubbio la legittimità del partito comunista di quel Paese e ne hanno chiesto la messa al bando. Questo perché il partito si è mobilitato per la pace e ha denunciato la strumentalizzazione del loro parlamento nazionale fatta da Zelensky che col suo intervento avrebbe istigato a entrare in guerra.

Per i comunisti portoghesi le dichiarazioni di questa associazione sono di odio fascista, in linea con le ripetute manifestazioni d’ingerenza dell’ambasciatore ucraino e con le dichiarazioni del Ministro degli Esteri ucraino dirette anche contro il loro partito.

Un recente reportage pubblicato su “Setenta e Quatro” dal suo caporedattore Ricardo Cabral Fernandes ha rivelato i legami di Pavlo Sadokha, presidente dell’Associazione degli ucraini in Portogallo, con l’estrema destra dell’Ucraina.

Sadokha è il leader più noto della comunità ucraina in Portogallo e nelle ultime settimane è diventato un habitué dei media portoghesi. È nato nel 1970 a Leopoli (Ucraina occidentale), in una famiglia di tradizione reazionaria, i cui parenti erano coinvolti nell’Organizzazione ultranazionalista dei fascisti ucraini (OUN) di Stepan Bandera. È  emigrato in Portogallo nel 2001 e nel 2008 è entrato a far parte dell’Associazione degli ucraini. È diventato presidente dell’associazione nel 2010.

Costui, quando nel 2010 l’allora presidente ucraino Viktor Yushchenko conferì al collaborazionista nazista Stepan Bandera (1909-59) il titolo postumo di Eroe dell’Ucraina, contestò in una lettera aperta (firmata anche dai leader delle associazioni ucraine in Portogallo, Germania, Italia, Spagna e Grecia), la decisione che aveva preso il parlamento europeo di non approvare tale riconoscimento postumo, cioè di non accettare l’idea che il fascista Bandera potesse essere definito “un simbolo dell’Ucraina indipendente”.

Sadokha, con un gruppo di ucraini, nel 2019, rese omaggio alla tomba di Bandera a Monaco, in Germania, ove è sepolto, brandendo striscioni col volto di lui.

Tra il 2012 e il 2014 Sadokha è stato consigliere del deputato del partito di estrema destra Svoboda, Yuriy Syrotiuk, eletto alle elezioni legislative del 2012. Diventò anche addetto stampa del medesimo partito.

Alla fine del 2013 sono iniziate le proteste di Euromaidan contro il governo di Yanukovych, in cui i militanti del partito Svoboda hanno svolto un ruolo fondamentale per rovesciarlo. Svoboda fece parte della coalizione di governo per alcuni mesi, fino allo svolgimento delle nuove elezioni. Fu proprio questo partito che operò per bandire il russo come seconda lingua ufficiale e il partito comunista di Ucraina, visto come quinta colonna russa.

Dopodiché Svoboda favorì la guerra civile contro il Donbass, definendo i filorussi dei terroristi. E l’estrema destra ne approfittò per creare diversi battaglioni. Svoboda creò il Battaglione Sich, il cui logo è un cosacco di Zaporijia e le lettere C14, in riferimento all’espressione neonazista “Dobbiamo assicurare l’esistenza del nostro popolo e un futuro ai bambini bianchi” del suprematista bianco americano David Lane.

Nel 2014 il battaglione è entrato a far parte delle forze di sicurezza volontarie di Kiev, rinominandosi 4a Compagnia Sich del Reggimento di Kiev, un’unità speciale di polizia.

Sadokha riforniva il battaglione Sich di munizioni, medicine e cibo. Nel 2016 ha stretto relazioni con Ivan Vovk, presidente dell’Associazione patriottica ucraina di Volia, in Spagna, altro esponente di estrema destra.

Sempre nel 2016 Sadokha ha rotto i rapporti con Svoboda, ma solo per indirizzarsi a un nuovo partito neonazista, Settore Destro, e per appoggiare il governo del presidente Petro Poroshenko.

Con lo scoppio della guerra russo-ucraina Sadokha ha aiutato il battaglione Azov a Mariupol.

Insomma dall’Ucraina si sta diffondendo in tutta Europa un fascismo molto pericoloso, e di ciò le stesse istituzioni della UE, ivi inclusi gli statisti nazionali, sono altamente responsabili.

Fonte: sinistraineuropa.it

 

Presenza neonazista anche in Spagna

 

L’estrema destra ha trovato una nicchia tra le organizzazioni della diaspora ucraina anche in Spagna, grazie a Iván Vovk, il volto principale di Svoboda in questo Paese, il partito che disprezza ebrei, gay e comunisti (nonché le minoranze in genere che vivono in Ucraina).

Vovk si è trasferito in Spagna agli inizi del 2000 per motivi di lavoro, ma si considera un “patriota fuori dalla sua patria”, a cui intende tornare.

L’altro fronte di battaglia di questo veterano attivista di estrema destra è l’Associazione patriottica Volya, un’entità legale con sede a Madrid, iscritta nel Registro nazionale delle associazioni del Ministero dell’Interno dal febbraio 2014.

Vovk è anche responsabile di un gruppo giovanile legato a Svoboda e in cui è incaricato di offrire ai suoi membri un addestramento di arti marziali: gli esercizi si svolgono in spazi naturali alla periferia di Madrid.

I giovani sono pesantemente armati. Hanno una bandiera coi colori della Spagna e lo stemma “Prima linea - Patria o Morte” accanto al simbolo delle SS naziste.

Vovk ha dichiarato di avere legami con l’organizzazione neonazista Hogar Social Madrid e con La Falange e anche, nel passato, coi neofascisti del Movimento Sociale Repubblicano. Ma siccome Svoboda è a favore dell’ingresso dell’Ucraina nella UE, questi legami non sono sempre buoni.

Al momento le cosiddette “cellule” di Svodoba in Spagna e la suddetta associazione sono impegnate soprattutto a raccogliere fondi per i militari ucraini in guerra contro i russi.

Vovk ricorda che nell’esecutivo che si formò dopo il rovesciamento del presidente Yanukovich, il partito Svoboda ebbe tre ministri nell’Agricoltura, nell’Ecologia e nell’Istruzione.

L’ascesa di questa formazione politica preoccupava la minoranza ebraica ucraina, poiché il leader del partito, Oleh Tjahnybok, raggiunge la sua popolarità grazie a un discorso profondamente antisemitico. Un altro dei suoi leader, Yuriy Mykhalchyshyn, fondò nel 2005 il “Joseph Goebbels Center for Political Research”, un think tank che rese omaggio al collaboratore di Hitler. Nel maggio 2013 il World Jewish Congress chiese di bandire questo partito neonazista.

Fonte: publico.es

 

La guerra totale

 

La guerra in Ucraina è stata immediatamente raccontata ai cittadini occidentali non come uno dei periodici conflitti di carattere geopolitico (in cui non tutti gli Stati europei sono allineati agli USA), ma come uno scontro di civiltà: le democrazie liberali dell’occidente contro la dittatura erede di tradizioni totalitarie. In un certo senso siamo in presenza di una guerra totale.

Certo se la Russia avesse intenzione di occupare anche i Baltici, la Polonia e tutti gli ex Paesi sovietici o zaristi, sarebbe giusto preoccuparsi.

Tuttavia con l’attuale conflitto in Ucraina la Russia non vuole aprire un contenzioso con l’occidente (o con l’Europa), bensì chiuderlo (era già stato aperto col golpe del 2014 sostenuto dagli USA e portato avanti dalla UE che non fece nulla per far rispettare gli Accordi di Minsk). Anzi per un momento Putin ha sperato che gli statisti europei non fossero allineati al 100% con la propaganda americana. Invece così non è stato.

La guerra totale quindi è voluta dall’occidente globalista e unipolare, non dalla Russia, che non ha affatto bisogno d’ingrandirsi sul piano geografico né di rubare le risorse altrui, avendone già da buttare. Semmai avrebbe bisogno di immigrati nella sua area asiatica, disposti a vivere a 40 gradi sotto zero per buona parte dell’anno.

Sostenere che la Russia ha aggredito un Paese libero e democratico fa semplicemente ridere. L’Ucraina è una dittatura neonazista che gli USA considerano come una propria colonia. Putin non ha intenzione di occuparla tutta, ma solo di proteggere e di aggregare quella parte orientale che da sempre si riconosce nelle tradizioni russe, da quelle zariste (la religione ortodossa) a quelle sovietiche (il ruolo dello Stato nell’economia).

Chiunque non capisce che l’Ucraina è uno Stato diviso in due nazioni, di fatto sta dalla parte dei neonazisti, che infatti non hanno mai voluto ammettere questa storica divisione.

Chiunque pensa che l’Ucraina sia il Paese aggredito, non capisce che dal 2014 i vari governi neonazisti di Kiev si sono comportati come aggressori nei confronti dei filorussi e persino dei russofoni. Quindi qui i termini semplicistici di aggredito e aggressore vanno semmai rovesciati. La Russia è intervenuta per porre termine a un’aggressione, che avrebbe potuto scatenarsi anche contro se stessa se l’Ucraina fosse entrata nella NATO, come per 8 anni ha richiesto e come ufficiosamente vi era già riuscita.

La protezione degli USA e della UE nei confronti dell’Ucraina lascia anzi pensare che la democrazia formale di questi Paesi sia molto vicina alle idee neonaziste del governo di Kiev, visto che in tutti questi anni non sono mai stati capaci di condannarle con decisione.

Evidentemente tale colpevole acquiescenza non è dipesa da una lotta ai ferri corti tra capitalismo e comunismo sovietico, come ai tempi della guerra fredda. Ma perché l’esigenza di questa guerra totale nasce all’interno dello stesso occidente, che non sa più come affrontare le crisi sistemiche globali ch’esso stesso genera.

Sono più di 20 anni che l’occidente è avviluppato in disastri finanziari e crisi commerciali che si susseguono a ripetizione: la bolla delle dot-com tra il 1997 e il 2000, i mutui subprime e i derivati a partire dal 2008, la pandemia da Covid-19, la progressiva delocalizzazione delle imprese, gli astronomici debiti pubblici, la nascita delle criptovalute, la concorrenza commerciale della Cina…

L’occidente sembra che di fronte ai problemi che crea non veda altra soluzione che azzerare tutto e ricominciare da capo. Naturalmente facendo pagare agli altri o ai più deboli l’onere di questo grande reset.

 

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Mentana mi preoccupa

 

Ieri pomeriggio al Tg speciale di LA7 Mentana ha di nuovo rivelato a quali limiti può arrivare il suo cervellino.

In un servizio dell’inviato Steinmann, che in quello staff è l’unico a capire qualcosa del conflitto ucraino, una docente di una località del Donbass, liberata dai russi, faceva vedere che oltre alla lingua madre, agli studenti veniva reinsegnata anche la letteratura russa.

Ebbene il meschino e arrogante Mentana si permetteva di commentare che russofono non vuol dire russofilo e che quando si coglie il pretesto di una lingua parlata per imporre anche la letteratura si compie un gesto ideologico, da potenza “imperiale”. Il cinico Fabbri annuiva, con la sua idea di considerare la Russia un “impero” e non una semplice “federazione”.

Mentana non riesce assolutamente a capire che quando a una popolazione le tagli la lingua madre, come han cercato di fare i neonazisti di Kiev per 8 anni, le tagli anche tutta la sua cultura. Scommetto che non riuscirebbe neppure a credere che tutti i libri scolastici del Paese sono stati riscritti dal Ministero dell’Istruzione in funzione antirussa.

Certo non è detto che un russofono sia anche un filorusso, ma è evidente che se qualcuno gli permette di parlare una lingua che non viene considerata straniera dal governo in carica, cioè se può di nuovo considerare la sua lingua come la seconda ufficiale di un’intera nazione, sarà parecchio grato a chi glielo permette e non avrà nessun timore a far valere tutto il background culturale sotteso o afferente a quella lingua. Queste cose le capisce anche un bambino...

Semmai era il fascismo a essere imperialista quando pretendeva d’imporre l’italiano nell’Alto Adige. E infatti s’è visto a cosa è servito: a distanza ormai di un secolo, quando tu gli parli in italiano, loro fanno finta di non capirti.

 

Zelensky il sionista

 

Nel corso di una conferenza stampa tenuta il 5 aprile 2022 Zelensky prefigurò il futuro dell’Ucraina del dopoguerra dichiarando che il Paese dovrà conformarsi al modello israeliano. L’Ucraina – aveva detto – “sarà più simile allo Stato ebraico che all’Europa occidentale”; anzi, essa dovrà diventare una “Grande Israele”, dove la società sarà altamente militarizzata e le forze armate saranno coinvolte in tutte le istituzioni.

Lo diceva fingendo di non sapere che in un certo senso l’Ucraina lo era già, se si escludono le due repubbliche autonome del Donbass e la Crimea. Lo diceva per essere sicuro di poter reagire con più prontezza a un nuovo possibile attacco russo, dopo che la mitica “controffensiva ucraina” si sarà ripresa tutti i territori del Donbass e della Crimea occupati dai russi. Questa la bolla in cui vive.

Oggi questo discorso non lo fa più, perché sa bene che senza un intervento diretto della NATO, nella trattativa di pace dovrà per forza rinunciare a qualcosa, però è indicativo di quale ideologia nazista sia pervaso il suo governo. Il cui ideale politico principale è proprio quello di poter costruire uno Stato nazista come quello sionista, in cui alla minoranza russofona non venga riconosciuto alcun diritto. I russi van considerati come i palestinesi: subumani. Da ghettizzare in ambiti sempre più ristretti, in attesa che scompaiano del tutto.

Questo ideale neonazista l’abbiamo già visto nello sponsor n. 1 di Zelensky: l’oligarca ebreo-ucraino Ihor Kolomojs’kyj, che finanziò tranquillamente le milizie ultranazionaliste di Pravyj Sektor e i battaglioni Azov, Aidar, Dnipro-1, Dnipro-2 e Donbass.

Non solo, ma lo stesso governo di Zelensky e del premier Hrojsman (anch’egli ebreo) si è avvicinato a tal punto a Tel Aviv che nel 2020 l’Ucraina si è ritirata da un comitato dell’Organizzazione delle Nazioni Unite che, istituito nel 1975, doveva consentire al popolo palestinese di esercitare i diritti all’autodeterminazione, all’indipendenza e alla sovranità nazionale e il diritto di tornare alle proprie case e proprietà da cui esso è stato espropriato.

D’altra parte si sa benissimo che il regime sionista ha inviato in Ucraina i suoi istruttori per la formazione militare dell’esercito di Kiev. Per quanto riguarda il rifornimento di armi, le fonti ufficiali israeliane si sono preoccupate di minimizzare, ammettendo soltanto l’invio di dispositivi di protezione. Ma la portaparola del ministero russo degli Affari Esteri, Maria Zakharova, ha denunciato la presenza di mercenari israeliani al fianco del Battaglione Azov.

Questo perché tra sionismo e nazismo le differenze, in ultima istanza, non esistono, e Zelensky lo sa bene.

Fonte: geopolitika.ru

 

Povera Slovacchia

 

Già in aprile le autorità slovacche avevano consegnato in segreto all’Ucraina il loro unico sistema di difesa aerea S-300.

L’opposizione politica aveva accusato il governo d’aver trascinato il Paese nel conflitto, ma anche d’aver ridotto la sua stessa capacità di difesa.

Per fortuna che gli USA l’hanno rimpiazzato col sistema di difesa aerea Patriot, senza tuttavia permettere ai militari slovacchi di gestirlo, il che priva questo piccolo Paese del controllo sul suo spazio aereo, de-sovranizzandolo di fatto.

È comunque evidente che il trasferimento dell’S-300 per la difesa aerea in Ucraina è un atto di guerra e nessuno sa quali conseguenze potranno esserci per la Slovacchia.

A proposito, lo sanno che la Russia ha testato il Satan II, l’arma finale di Putin in grado di distruggere una nazione intera? Evidentemente no, altrimenti il premier slovacco Eduard Heger non si sarebbe offerto di fornire anche una dozzina di aerei MiG-29 e la disponibilità a riparare l’equipaggiamento militare ucraino danneggiato. Ormai lo scollamento tra Paese legale e Paese reale è netto: infatti 1/3 degli slovacchi resta a favore di Putin.

Non è curioso che una repubblica come quella slovacca, che si è separata pacificamente da quella ceka nel 1993, non veda di buon occhio una separazione analoga del Donbass dall’Ucraina, che pur non hanno nulla in comune? Sono forse contenti gli slovacchi che dai loro confini giungano ogni giorno circa 12-15.000 profughi ucraini? Non lo sanno che un Paese piccolo come il loro sarebbe già piombato in una sicura catastrofe umanitaria senza l’apporto decisivo di numerosi volontari italiani, francesi, spagnoli, ceki, tedeschi e greci? Sono questi volontari che hanno impedito alle loro istituzioni di collassare. La Slovacchia, che ha solo 5,5 milioni di abitanti, quanto pensa di resistere con quasi mezzo milione di profughi ucraini ospitati al suo interno? È fortunata che la stragrande maggioranza dei profughi siano solo donne, anziani e bambini. Ma se vi fossero anche i tanti neonazisti di quel Paese, abituati a spadroneggiare, come si regolerebbe?

 

Tra Polonia e Ungheria non ho dubbi

 

Spalleggiata dagli USA, Varsavia si sente come un nuovo centro d’Europa, che, sull’onda del pregiudizio anti-russo, sta cercando di dimostrare la propria leadership guerrafondaia, rivaleggiando, in questo, col Regno Unito, guidato da uno scriteriato Johnson, che mi piacerebbe vedere come reagirebbe se il suo Paese avesse gli stessi profughi ucraini che ha la Polonia: 3,5 milioni.

Di tanto in tanto i polacchi han bisogno di mostrarsi spacconi. Non a caso nutrono di riprendersi Galizia e Volinia, cioè la parte più occidentale dell’Ucraina. Alla faccia dei neonazisti ucraini, quando dicono di non voler cedere neanche un centimetro ai russi.

D’altra parte non hanno reagito minimamente alle valanghe di profughi che gli sono già arrivati. Magari saranno gli stessi che userà per ampliarsi territorialmente a spese dell’Ucraina (sconfitta). In nome della russofobia.

È un atteggiamento, questo, piuttosto strumentale, non solo perché il governo polacco spera di ottenere dalla UE un aiuto economico equivalente a quello concesso alla Turchia per contenere i profughi siriani. Ma anche perché i polacchi sanno che durante la II guerra mondiale i nazisti ucraini non eliminavano solo gli ebrei e i russi ma anche gli stessi polacchi. Dunque se adesso vanno d’amore e d’accordo con gli ucraini, i polacchi contano di espandersi territorialmente e di diventare il principale avamposto della NATO in funzione antirussa. E magari la UE glielo permetterà, anche se fino a ieri contestava il Paese per la sua cronica mancanza di diritti democratici, al punto da minacciarlo di non dargli più un euro.

La revanscista e neofascista Polonia avrà solo bisogno di missili nucleari a lunga gittata, da poter puntare direttamente su Mosca. E magari anche su Budapest, visto che il premier Orban sta cercando di bloccare qualsiasi tentativo d’imporre sanzioni della UE al gas e al petrolio russi, in quanto teme la morte del proprio Paese. L’Ungheria è anche l’unico Paese europeo che richiede un’indagine obiettiva e indipendente sulla tragedia di Bucha.

 

Il destino di Taiwan

 

Il governo di Taiwan si è unito a tutte le sanzioni antirusse dell’occidente pur non avendo quasi nessun legame commerciale con la Russia. Che senso ha?

L’avrebbe fatto perché, siccome si sente costantemente minacciato dalla Cina, auspica che in caso di aggressione, l’occidente venga in suo soccorso. Insomma: oggi io aiuto te perché spero che tu domani aiuti me.

In pratica ha dato per scontato che, in caso d’invasione cinese, la Russia non avrebbe soccorso l’isola.

Il ragionamento semplicistico che ha fatto è il seguente: se la Russia ha attaccato l’Ucraina per impossessarsene (una parte o per intero), allora anche la Cina può farlo con Taiwan.

Davvero le situazioni sono equivalenti? Davvero Taiwan è destinata a essere distrutta come l’Ucraina? Possibile che anche in questo caso non si riesca a trovare una soluzione diplomatica a una controversia che dura da 70 anni? Possibile che debbano essere gli USA e l’occidente in generale a decidere il futuro di quest’isola?

Indubbiamente Taiwan viene armata fino ai denti proprio come l’Ucraina, al fine di sfruttarla come trampolino di lancio per attaccare la terraferma. Ma la Cina preferisce riunificarsi con l’isola attraverso mezzi pacifici, proprio come la Russia voleva risolvere il suo dilemma di sicurezza con l’Ucraina.

Ma se si vuole che l’isola entri a far parte di una sorta di NATO asiatica, la guerra sarà inevitabile. E ci andranno di mezzo tutti: il Giappone e le due Coree, oltre a Cina, USA e i suoi satelliti europei e dell’emisfero australe.

 

Sto con Orbán

 

Sono mesi che la posizione dell’Ungheria viene criticata dagli USA e dalla UE in merito all’atteggiamento che tiene in questa guerra russo-ucraina, sia perché non vuole sanzionare i russi, sia perché non invia armi agli ucraini, sia perché non permette di usare il suo territorio per mandargliele, sia perché non vuol mettere alcun embargo ai prodotti energetici della Russia, da cui dipende quasi totalmente. Ed è ben consapevole che, essendo il suo Paese senza sbocchi marittimi, alternative praticabili non possono esserci, almeno non in tempi brevi e non a costi che ci si possa permettere.

Il governo neonazista di Zelensky accusa Budapest di piani per impadronirsi dei territori ucraini (senza notare l’esistenza di piani analoghi da parte della Polonia). Di conseguenza il premier Viktor Orbán è finito sul sito web di Myrotvoretz nell’elenco dei nemici dell’Ucraina. Il che andrebbe visto come un titolo d’onore, in quanto Orbán ha dimostrato di non essere una pecora belante, come tutte le altre europee al seguito del pastore Biden.

 

La nuova postura della NATO

 

Federico Petroni, collaboratore di “Limes”, ha rilasciato un’intervista sul canale Youtube di Mappa Mundi, che merita d’essere trascritta. Riguarda la situazione della NATO alla luce della guerra ucraina.

Nella UE la NATO sta costruendo sempre più basi militari permanenti con truppe americane che si avvicendano ogni 6 mesi circa. E vuole che siano i Paesi ospitanti a finanziare la loro costruzione. In tal senso Romania, Polonia e le tre repubbliche baltiche si sono offerte.

Prima della guerra c’erano 78.000 militari statunitensi, adesso 102.000. Prima della guerra c’erano 6 navi americane nel teatro europeo, ora ce ne sono 24. Eccetera.

Il baricentro strategico della NATO si sposta sempre più verso est, anche se gli USA vogliono continuare a tenere la Germania sotto controllo, essendo la più forte economicamente nella UE, tant’è che la Germania vuole dotarsi di armi nucleari facendo una convenzione coi francesi, indipendentemente dagli americani. Tuttavia se gli USA spostassero le armi nucleari presenti in Germania verso la Polonia, ciò verrebbe visto come particolarmente minaccioso dai russi.

La Polonia ora si contende con l’Italia il secondo posto per il numero di soldati americani presenti nel suo territorio (prima della guerra erano 4.500, ora 12.600). La Polonia è il perno principale del fianco orientale della NATO: già prima della guerra russo-ucraina la Polonia aveva messo a disposizione degli USA ben 18 basi militari nazionali.

Secondo Petroni Svezia e Finlandia non hanno bisogno di basi NATO (e meno che mai vogliono armi nucleari), poiché sono già ben armate e le loro basi son compatibili con le esigenze della NATO, anche perché collaborano a livello di esercitazioni e anche in operazioni militari sin dal 1994. Quindi in sostanza (aggiungo io) han chiesto di aderire per sfruttare l’art. 5 del Trattato.

Con questa guerra russo-ucraina i battaglioni della NATO, che prima erano presenti solo nei tre Paesi baltici, in Polonia e in Romania, sono stati collocati anche in Slovacchia, Ungheria e Bulgaria.

Nel prossimo incontro di Madrid si deciderà la postura della NATO nella UE: ognuno dei tre Paesi baltici vuole circa 10.000 militari della NATO, ma secondo i Paesi euroccidentali sono troppi. Probabilmente saranno polacchi e inglesi a soddisfare le esigenze dei Paesi baltici.

Trieste è il porto migliore per la portaerei americana Truman, in quanto da lì la NATO può facilmente approvvigionare il suo fianco orientale. Di qui l’opposizione USA all’inserimento di questa città nel piano cinese della Nuova Via della Seta.

Fonte: youtube.com/watch?v=rab5V42cZDM

 

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Romania e Bulgaria

 

La Romania comincia a preoccupare i russi. Temono infatti che, in caso di un’escalation del conflitto in Transnistria, potrebbe prendere il controllo della Repubblica di Moldova.

D’importanza strategica per la Romania è anche la Bessarabia meridionale, parte della regione ucraina di Odessa, separata dal territorio principale dell’Ucraina da una barriera naturale, l’estuario del Dnestr.

La Romania, come la Polonia, svolge un ruolo chiave nel fornire all’Ucraina carburante e armi occidentali. La presenza delle truppe americane nel Paese è in aumento. Allo stesso tempo la Romania sta intensificando la cooperazione con l’Ucraina per inviare merci attraverso la Moldova.

 

In Bulgaria ci sono continue proteste contro la spedizione di armi in Ucraina, generalmente organizzate dal partito Vazrazhdane (Rinascita). Al momento almeno 1/4 dei bulgari sono in disaccordo con la narrativa antirussa.

La Gazprom ha sospeso la vendita del gas alla Bulgaria perché il governo si rifiuta di acquistare il gas coi rubli. Il premier è andato negli USA a chiedere gas liquefatto, che gli è stato promesso. Tuttavia Alexander Nikolov, ministro dell’Energia della Bulgaria, si è chiesto che senso avrebbe un rifiuto di Bulgaria, Finlandia e Polonia, mentre Italia e Germania aprono conti in rubli.

Il parlamento bulgaro (ad eccezione dei deputati di Rinascita) ha votato a favore della fornitura di assistenza umanitaria e tecnico-militare all’Ucraina. Kiev vorrebbe riparare il suo equipaggiamento militare in Bulgaria ed esportare grano attraverso il porto di Varna (i porti rumeni sono già pienamente utilizzati dall’Ucraina).

Intanto in Bulgaria hanno sfrattato 35.000 rifugiati ucraini dagli hotel della zona del Mar Nero. Lo Stato ha ridotto i fondi per i rifugiati ucraini: l’importo dovrebbe essere ridotto da 40 leva (circa 20 euro) a 15 leva (circa 7,5 euro) al giorno.

Prima dell’inizio della guerra, l’Ucraina era il 133° Paese al mondo per PIL pro-capite. Il peggior Paese della UE in questa classifica è la Bulgaria, 84° posto.

 

Chiuso il Ministero della verità

 

Avevo già scritto un post contro il cosiddetto “Ministero della Verità” voluto da Biden ai primi di maggio e chiamato così dai repubblicani in riferimento al romanzo distopico di George Orwell 1984.

Tale Comitato di governo della disinformazione avrebbe dovuto avere il compito di contrastare, con montagne di risorse pubbliche, la diffusione d’informazioni false relative alla guerra in Ucraina, all’immigrazione e ai vaccini anti Covid.

L’organismo doveva essere sotto il controllo del Dipartimento della sicurezza interna, un ente (armato!) istituito da George W. Bush dopo gli attentati dell’11 settembre 2001 per proteggere la sicurezza degli USA da attacchi terroristici.

Il segretario per la sicurezza interna, Alejandro Mayorkas, affermò che una delle attività dell’ente era quella di contrastare in particolare la disinformazione presso la comunità ispanica. Come se la minaccia si insidiasse in alcune comunità particolari, quasi avessero una speciale menomazione!

A capo della nuova istituzione era stata scelta Nina Jankowicz, consulente del ministero degli Esteri ucraino, cioè consulente di un governo neonazista, specializzato nel mentire quotidianamente. Si era addirittura pronunciata contro il primo emendamento americano, dichiarando che la libertà di parola è un grande male per l’uomo.

Poi aveva lavorato anche in programmi di assistenza alla democrazia in Russia e Bielorussia presso l’Istituto Nazionale Democratico, cioè in sostanza svolgeva opera di spionaggio e destabilizzazione. Invece presso il Think Tank Wilson Center le falsità le creava personalmente.

Nel 2016 aveva espresso sostegno alla campagna presidenziale di Hillary Clinton, scrivendo su Twitter che Donald Trump aveva incoraggiato l’ISIS, cosa che invece avevano fatto altri presidenti USA.

Nell’ottobre 2020, in un’intervista al “New York Daily News”, definì le notizie trapelate dal laptop di Hunter Biden, figlio di Biden, un “prodotto della campagna di Trump”, quando invece erano tutte vere, come lo stesso “New York Times” dovette ammettere.

Il senatore Rob Portman dell’Ohio, membro di spicco del Comitato per la sicurezza interna e gli affari governativi, si limitò a dire che uno strumento del genere “dovrebbe essere usato su attori cattivi, come Russia e Cina, non sui nostri stessi cittadini”. Come se da Russia e Cina possano venir fuori solo falsità!

Ebbene, il suddetto Comitato è stato finalmente chiuso e la Jankowicz, che pretendeva di dare a tutte le persone affidabili la possibilità di correggere i tweet altrui giudicati falsi, ha rassegnato le dimissioni. È tornata a fare canzoni erotiche su Harry Potter in TikTok.

 

La fame prossima (s)ventura

 

Il 4 aprile 2022 l’analista Andrea Forte ha scritto su “Difesa Online”: “Russia e Ucraina sono protagoniste mondiali della produzione di grano, la cui sostanza geopolitica è la fame, la leva che trasforma il cibo in arma. Più si possiede il grano, più si possiede la fame di alleati e rivali”. Il grano garantisce circa 1/5 dell’alimentazione mondiale. Siamo figli dei cereali.

Più o meno a partire dagli anni ’70 il prezzo di mercato del grano ha registrato andamenti abbastanza costanti, esenti da speculazioni. E se queste c’erano, venivano tenute sotto controllo. Negli ultimi decenni però è aumentata la siccità dovuta ai mutamenti climatici, sono diminuite le scorte e aumentati i consumi. Inoltre sono lievitati i costi energetici dei trasporti, legati alle tensioni coi Paesi produttori di gas e petrolio (Russia in primis), per non parlare delle criticità logistiche delle filiere produttive, acutizzate da chiusure e rallentamenti dovuti alla pandemia (p.es. nei grandi porti della Cina).

Quest’anno, a causa della guerra in Ucraina, si parla di una variazione di prezzo superiore al 55% a livello globale, mentre il prezzo dei futures sul grano è cresciuto da fine febbraio del 24%.

La Russia (che da 34,5 tonnellate di grano a inizio secolo è passata alle 85 attuali, metà delle quali esportate) detiene il primato planetario dal 2016 per l’export di questo cereale. Insieme all’Ucraina – terzo Paese al mondo per i cereali – copre circa 1/3 dell’export complessivo globale. Sempre insieme detengono il 52% di olio di girasole, il 19% di orzo e il 4% di mais. L’Ucraina dispone da sola di circa 1/3 del suolo fertile del pianeta.

Nelle regioni contese del Donbass (Luhansk e Donetsk) si produce circa l’8% del grano ucraino. Se la Russia riuscirà ad annettersi la fascia est del Paese, potrebbe disporre di quasi tutta la produzione di olio di girasole ucraino. Se addirittura unisse questa fascia alla Transnistria, occupando tutta la costa del Mar Nero, acquisirebbe il 62% della superficie coltivabile dell’Ucraina.

Non solo, ma i fertilizzanti usati in Europa arrivano per 1/3 dalla Russia (che ne produce ogni anno 50 milioni di tonnellate). Bloccare petrolio e gas a un Paese del genere fa semplicemente ridere. I cereali arriveranno a spodestare gli idrocarburi come maggior fonte di reddito per l’export russo. La Federazione infatti giocherà nel breve termine un ruolo decisivo in Medio Oriente o nel Nord Africa, prive di condizioni climatiche favorevoli per fronteggiare il proprio fabbisogno di cibo. Per colpire davvero la Russia bisognerebbe cambiare stile di vita e di alimentazione! Forse pochi sanno che proprio il riscaldamento globale le ha “regalato” circa 140 milioni di acri in più di superficie coltivabile! È stato questo regalo che l’ha fatta diventare tra le prime al mondo anche per la produzione di fertilizzanti e mangimi.

Il paradosso comunque sta nel fatto che i 7 grandi esportatori di grano al mondo sono anche responsabili di circa 1/4 delle emissioni complessive di gas serra provocate proprio dalle coltivazioni cerealicole.

Secondo la FAO circa 193 milioni di persone soffrono la fame e vivono in aree rurali dove si praticano semplici attività di sussistenza. Tra il 2016 e il 2021 è raddoppiato il numero di coloro che vivono una situazione di crisi alimentare: circa 40 milioni di persone in più, residenti in 36 Paesi diversi. I morti per fame, letteralmente, sono passati da 93.000 a 570.000, in Etiopia, Sud Sudan e Yemen, ma anche nel sud del Madagascar.

I Paesi che saranno più colpiti dal conflitto ucraino, se non si provvede in fretta, saranno l’Egitto (il primo importatore di grano al mondo), la Turchia, la Somalia, la Repubblica Democratica del Congo, la Tunisia, lo Sri Lanka e soprattutto il Libano, dove oggi circa 2/3 della popolazione è povera.

L’ultimo Global Hunger Index (l’indice globale che ha analizzato la fame nel 2021) sostiene che nel 2030 potrebbero esserci circa 675 milioni di persone con problemi di denutrizione, dovuti a covid, clima e conflitti globali (questi ultimi sono ben 169), soprattutto in Asia e Africa.

È noto che la produzione annuale mondiale di grano si aggira sulle 750 milioni di tonnellate. Ebbene il World Food Program, prima del conflitto ucraino, acquistava circa metà di questo grano e 1/5 del mais necessari per i Paesi più poveri proprio dall’Ucraina: 45 Paesi africani importavano 1/3 del loro grano da Russia e Ucraina, 18 addirittura la metà del loro fabbisogno. Ora che accadrà?

Gli stessi cinesi (che pur producono ogni anno circa 135 milioni di tonnellate di grano), se non l’acquistassero dalla Russia, non riuscirebbero a coprire il loro fabbisogno.

Quanto agli USA, pur avendo calato la produzione interna di grano da 79 a 50 milioni di tonnellate, possono contare su altre fonti di approvvigionamento, come Canada, Sudamerica e Australia.

L’Unione Europea produce più grano, cereali e frumento del necessario (tanto che può esportare il surplus), ma da quando è scoppiato il conflitto russo-ucraino, alcuni Paesi (come Ungheria e Bulgaria) tendono a voler bloccare il loro export verso altri Stati membri.

L’Italia tuttavia non è affatto autosufficiente: nel 2021 abbiamo importato 122.000 tonnellate di grano tenero (quello che serve per il pane e i biscotti) dall’Ucraina e 72.000 dalla Russia: sempre da quest’ultima 51.000 tonnellate di grano duro, col quale si fa la pasta. Importiamo anche il 53% di mais come mangime del bestiame. Tutto ciò perché abbiamo rinunciato ad aumentare la produzione nazionale.

Fonte: youtube.com/watch?v=LJzB2j6xAHs

 

Le prossime guerre stellari anticipate in Ucraina

 

Secondo “Forbes” il patrimonio di Elon Musk (l’uomo più ricco del mondo, che ha comprato Twitter nell’aprile scorso per 44 miliardi di dollari) s’è quasi decuplicato dal 2020 al 2022, salendo a 219 miliardi di dollari.

Com’ha fatto? Con SpaceX, un’azienda aerospaziale creata nel 2002 negli USA, con sede in California.

L’azienda costruisce razzi e satelliti per sviluppare quello che viene presentato come il più avanzato sistema di internet a banda larga e bassa latenza del pianeta, chiamato Starlink. Per mandare in orbita i satelliti lancia dei razzi dalla base spaziale militare statunitense di Vandenberg. Attualmente i suoi satelliti sono più di 2.500, ognuno dei quali pesa meno di 300 kg. Ogni razzo ne può mettere in circolazione, in uno spazio già sovraffollato da 20.000 oggetti, circa una cinquantina.

Quest’uomo sta occupando non l’orbita geosincrona, ma quella medio-bassa, che è la più ambita anche per motivi militari. Quest’orbita è in grado di contenere circa 50.000 satelliti: Musk ha intenzione di lanciarne 40-42.000. In questa maniera gli USA acquisterebbero un vantaggio strategico decisivo in caso di guerra.

Il vecchio sistema di comunicazione satellitare militare utilizza satelliti geosincroni, che orbitano attorno all’equatore, ma il segnale impiega più di mezzo secondo per arrivare e ritornare, mentre quello di Starlink ha un segnale che torna indietro a una velocità più che doppia.

Quindi Starlink, che pur si presenta quale programma civile che fornisce servizi internet ad alta velocità, ha in realtà una funzione militare ben precisa. Di qui il fatto che negli anni 2019-22 SpaceX ha ricevuto molti fondi dalla US Air Force per testare la capacità del sistema Starlink di connettersi con gli aerei militari sotto crittografia (soprattutto coi caccia F35A, a capacità convenzionale e nucleare). Tutti questi accordi commerciali-militari hanno arricchito di molto Musk e hanno soddisfatto molto le esigenze bellicistiche degli USA.

Ebbene la “Deutsche Welle” ha comunicato che la stessa Ucraina usa Starlink, cioè le mega costellazioni di satelliti (messi tra loro in sequenza) per l’attacco dei propri droni contro le truppe russe (i generali li hanno uccisi così). Cosa confermata dal generale statunitense a capo del comando spaziale USA (l’ultimo comando costituito tre anni fa).

D’altra parte che qui non fossimo in presenza di un conflitto tra Russia e Ucraina, bensì tra Russia e NATO già il “New York Times” l’aveva detto. I militari ucraini sono stati addestrati a usare la potente artiglieria americana nelle basi tedesche. Gli stessi istruttori canadesi hanno addestrato nel 2015 ben 33.000 soldati ucraini all’uso dell’artiglieria americana, tra cui gli obici M777 da 155mm.

In Ucraina abbiamo visto carri armati e trincee. Ma queste cose appartengono decisamente al passato.

Fonte: youtube.com/watch?v=-onADmNv6vg

 

Arrestata Elena Berezhnaya

 

Elena Berezhnaya, fondatrice e direttrice dell’Istituto di politica giuridica e protezione sociale ucraino, la più nota attivista ucraina per i diritti umani, praticamente dal 16 marzo è stata arrestata dai Servizi di Sicurezza ucraini e non la vede più nessuno. Pare che sia detenuta a Lukyanovsky. È accusata naturalmente di  “alto tradimento”.

In tutti questi anni è stata una spina nel fianco della giunta golpista, nonostante innumerevoli tentativi di assassinarla, minacce continue di morte da parte dei neonazisti e più volte picchiata e maltrattata. Non ha mai lasciato l’Ucraina.

Conosciuta a livello internazionale, ha parlato spesso in Forum internazionali e conferenze organizzati dall’OSCE, dalla Missione internazionale di monitoraggio delle Nazioni Unite in Ucraina, dall’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti delle minoranze nazionali, dove, utilizzando esempi dettagliati e con dati alla mano, ha sempre denunciato le pratiche discriminatorie e violente della Kiev golpista, contro i diritti della popolazione russofona e contro la popolazione antifascista ucraina.

Ha sistematicamente indicato il ruolo e la violenza dei gruppi neonazisti, le atrocità di cui si sono macchiati e i legami strettissimi col potere politico di Kiev.

Il sequestro è stato denunciato alla stampa dall’avvocatessa e sua collega, Svetlana Novitskaya, un’altra grande donna ucraina che difende i prigionieri politici e di coscienza, attraverso l’Istituto per la politica legale e la protezione sociale.

La Berezhnaya aveva anche fornito alla cancelliera Angela Merkel, tramite Andriy Khunko, deputato del Blocco di sinistra, un rapporto documentato sui crimini dello Stato ucraino contro i propri cittadini. Questo dossier è stato presentato anche nella tavola rotonda “Diritti umani e libertà dei media in Ucraina” del Bundestag.

Nel 2017 fu picchiata dai neonazisti del gruppo neonazista C14 e da agenti di polizia.

La Missione permanente della Russia presso le Nazioni Unite ha espresso preoccupazione per la scomparsa della Berezhnaya e ha chiesto l’intervento dell’ONU e del Consiglio di Sicurezza:

Fonte: lantidiplomatico.it

Giugno

 

Molti politici sono incapaci anche di mandare a memoria
le loro stesse promesse. (Wiet van Broeckhoven)

 

 

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Mercenari allo sbando

 

A quanto pare i mercenari o legionari stranieri che vanno a combattere in Ucraina finiscono sempre in prima linea nel Donbass, proprio perché l’esercito ucraino è a corto di uomini. Ormai la richiesta di armi sempre più potenti è inversamente proporzionale agli effettivi di cui può disporre sul campo lo stato maggiore.

Tuttavia, la situazione per i mercenari è disperata sin dai primi giorni, al punto che viene da chiedersi: tutti gli arsenali bellici che l’occidente consegna all’Ucraina vengono intercettati abilmente dai russi prima ancora che arrivino a destinazione, oppure esiste già un commercio clandestino di queste armi sofisticate e naturalmente molto costose?

I mercenari che ritornano in patria si lamentano tutti delle stesse cose: attrezzature scadenti, disorganizzazione, poche armi e munizioni, inviati subito in prima linea senza addestramento specifico...  Anche il “lodato” cecchino canadese Wali è tornato in fretta e furia nel suo Paese. Ha detto che lui e un suo amico erano stati incaricati di assumere posizioni in un condominio e di eliminare i soldati russi. Tuttavia in meno di 10 minuti l’edificio era stato colpito da un proiettile russo che li aveva mancati di poco, dopodiché sono intervenuti i cecchini russi. Alla fine si erano resi conto che la loro missione era soltanto quella di trascinare i cadaveri dei loro amici fuori dai campi di battaglia.

Insomma i mercenari vengono usati come carne da cannone. E non vengono neppure pagati. Strano, perché solo gli USA han già dato, in aiuti militari e finanziari, oltre 50 miliardi di dollari.

Appare evidente che i russi stan compiendo una guerra di logoramento, senza darsi un termine preciso in cui arrivare alla pace. Il loro obiettivo appare sempre più, al momento, quello di occupare tutta la parte sud-orientale e di ricongiungerla alla Transnistria. In tal senso non si preoccupano affatto delle continue sanzioni che ricevono, che peraltro non hanno alcun senso nel momento in cui l’occidente chiede a Putin di essere ragionevole sulla questione della vendita dei cereali.

Ancora non abbiamo capito se davvero ci conviene l’idea di sminare l’area costiera davanti a Odessa per far partire le navi cariche di cereali. È evidente infatti che faremmo un favore proprio alla flotta russa, che così può far sbarcare i propri marines più facilmente.

 

Odessa mon amour

 

A Odessa, terza città ucraina, vi sono mezzo milione di persone (per lo più russofone) che han deciso di non fuggire, nonostante la situazione resti tesa. Infatti di tanto in tanto vi sono attacchi missilistici russi, sacchi di sabbia proteggono tutti gli edifici, la costa è pesantemente minata e il coprifuoco scatta alle 22. Ma tutti sanno che quando i russi avranno occupato il Donbass, passeranno a bombardare Odessa. L’insensato governo di Kiev, che s’incaponisce a non accettare alternative, rischia di lasciare l’Ucraina senza un proprio porto. Qui, prima della guerra, vi passava più del 70% dell’export ucraino.

È difficile pensare che, fatta la pace, il Paese tornerà a essere il quinto esportatore mondiale di grano. Se vorrà di nuovo usare il porto, dovrà pagare alla Russia l’affitto dei noli.

Nel frattempo il prezzo del grano è aumentato di oltre il 50% e non calerà certo grazie alle invettive isteriche della von der Leyen, che accusa la Russia di usare i cereali come arma di ricatto. Come se l’occidente con le sanzioni finanziarie non abbia fatto la stessa cosa! Uno può far la guerra con la moneta e l’altro non può farla coi cereali?

E poi i Russi, in tre mesi, han creato un corridoio che permette alle navi di salpare lontane dalle 500 mine ucraine. Nella telefonata con Draghi, Putin ha proposto due cose: utilizzare questo corridoio per il passaggio delle navi (anche se teme che gli ucraini le usino per fuggire o per ricaricarle di armi al rientro); aumentare la quota di export di grano russo, a patto che le sanzioni su questo mercato vengano rimosse, altrimenti nessuno si azzarderebbe a violarle, men che meno gli Stati più poveri e deboli. Draghi naturalmente non ha risposto, anzi ieri la UE ha messo il sesto pacchetto di sanzioni e Draghi s’è vantato di dire ch’erano tutti uniti.

Gli europei, che fino a ieri erano i più ricchi del pianeta in termini di PIL pro-capite, dovranno rassegnarsi a un progressivo impoverimento.

Intanto in Ucraina tra circa un mese comincerà un nuovo raccolto, solo che non hanno lo spazio per stoccarlo. Quant’è lungimirante il governo di Kiev! Non ha nessun piano su come vendere né i 20 milioni di tonnellate di cereali già presenti nei silos, né i 30 milioni di tonnellate previsti per l’estate che viene.

Probabilmente quei neonazisti di Kiev stan pensando, secondo la logica del “tanto peggio tanto meglio”, che se il grano resta invenduto, aumenteranno le tensioni internazionali e quindi ci saranno più possibilità di un allargamento del conflitto in corso, fino alla soluzione estrema di una guerra mondiale nucleare. Tanto per loro è indifferente: sanno bene che senza l’intervento diretto della NATO, non ce la potranno mai fare contro i russi. Per vincere non bastano armi potenti e sofisticate, e neppure una propaganda capace di mistificare la realtà delle cose. Ci vogliono anche tanti e tanti uomini addestrati e l’Ucraina non li ha, per cui se il grosso dell’esercito perde il Donbass (cosa che al massimo avverrà entro un mese), il fronte sarà sfondato e la resa incondizionata diverrà inevitabile, anche per non rischiare che i russi arrivino a occupare Kiev.

Se ci pensiamo, questa pervicace indisponibilità alla resa fa proprio il gioco dei russi, che così han tutto il tempo per evacuare le località dalla feccia neonazista.

 

Il grano di Zelensky

 

Zelensky, in pieno delirio di onnipotenza, chiede a gran voce – sostenuto dalla stampa e dai governi occidentali – un’operazione militare contro la Marina russa per sbloccare i porti e sfamare l’umanità coi cereali del suo Paese.

È la solita furbata da due soldi, mascherata ancora una volta da un’iniziativa umanitaria. Da tempo ci ha abituati a una specie di guerra psicologica atlantista, che in gergo viene definita “psy-op”.

Accusare la Russia d’aver messo le mine per vietare l’export dei cereali ucraini è semplicemente ridicolo, proprio perché la Marina russa ha bisogno di spazi marittimi sicuri per sbarcare a Odessa. L’occupazione di questa città prima o poi dovrà essere fatta per unire il Donbass alla Transnistria. Se ne facciano una ragione tutti quanti…

Chiediamo piuttosto una cosa: poiché la Russia stessa ha dichiarato di poter esportare 50 milioni di tonnellate di grano, ha senso sostenere che non glielo si può permettere perché si sarebbe costretti ad allentare le sanzioni nei suoi confronti? Cioè la stiamo accusando di usare i cereali come arma di ricatto e lasciamo morire di fame milioni di persone?

È normale questo modo di ragionare? È da persone intelligenti e soprattutto dotate di umanità?

 

Pierre Haski capisce poco

 

Pierre Haski, su “Internazionale” del 31 maggio, scrive cose contro Lavrov quanto meno opinabili. Ha ripreso una domanda che il ministro russo ha rivolto alla stessa giornalista che lo intervistava per l’emittente francese Tf1 il 29 maggio: “Cosa farebbe la Francia se il Belgio vietasse l’uso della lingua francese?”.

E la commenta così: “Lavrov immaginava che Parigi si sarebbe comportata come Mosca, invadendo il nostro tollerante vicino e accusandolo di nazismo. In realtà la UE è una macchina per fabbricare compromessi, cercando di evitare i rapporti di forza brutali. Questa la differenza dalla Russia”.

Ora, lasciando perdere tutte le stupidaggini che ha aggiunto a corredo di questa banalissima semplificazione, veniamo al punto.

È vero, Lavrov ha posto una domanda sbagliata. Quella giusta infatti era un’altra: “Cosa farebbe la Francia se la Corsica volesse proclamare la propria totale indipendenza?”.

Non è vero che la Russia è abituata a ragionare in termini di rapporti di forza, come fa p.es. la stessa Francia in Africa (nelle sue ex colonie). Ci ha messo otto anni prima di riconoscere le due repubbliche del Donbass e altrettanti anni prima di constatare che Francia e Germania, pur avendo controfirmato gli Accordi di Minsk, non avevano nessuna intenzione di farli rispettare.

Non è la Russia che è rimasta ferma all’epoca sovietica, poiché Putin sa bene che il socialismo statale è stato un’aberrazione. È l’occidente che non si vuole rassegnare all’idea di un mondo multipolare.

L’Europa occidentale ha distrutto le autonomie locali e regionali in nome delle nazioni. Poi si è accorta che di fronte ai grandi colossi del pianeta, come USA, Cina, Russia, India…, e per dare ampio respiro alle proprie multinazionali, era meglio ridurre i poteri nazionali costruendo un’entità continentale. Ma in questa maniera sta diventando sempre più autoritaria, sempre meno disposta a rispettare il principio dell’autodeterminazione dei popoli. Non ha voluto riconoscere le due repubbliche del Donbass, né il referendum della Crimea, né le due repubbliche della Georgia, né la Transnistria, perché non le tornavano comodo.

Tutto il contrario invece ha fatto con le due repubbliche della ex Cecoslovacchia, perché non le costava nulla. E quanta fretta ha avuto a riconoscere le varie entità nazionali che han distrutto la ex Jugoslavia comunista!

Ora vediamo come saprà comportarsi questa Europa ipocrita quando la Scozia vorrà staccarsi dagli inglesi o quando l’Irlanda vorrà essere un’unica nazione o quando la Catalogna tenderà di nuovo ad affermare la propria indipendenza. Se tutte queste (e magari altre realtà secessionistiche) chiedessero aiuti militari proprio alla Russia, che farebbe la Francia? E la Germania? E l’intera UE? Davvero si limiterebbero a “fabbricare compromessi”?

Fonte: internazionale.it

 

Interessante Zecchinelli

 

Stefano Zecchinelli, su “L’interferenza” del 27 maggio, mi pare abbia colto nel segno. Scrive che gli USA sono una nazione che naviga dal fascismo del XXI sec. alla società della follia istituzionalizzata.

Per quale motivo? Non lo dice solo in riferimento all’abnorme possesso privato di armi da guerra, che di tanto in tanto provoca stragi assurde persino nelle scuole. La motivazione più profonda sta nel fatto che gli USA (come Israele), a differenza degli Stati nazionali europei, non nascono a seguito di una rivoluzione democratica e patriottica, ma poggiano le proprie radici istituzionali nella pulizia etnica delle popolazioni autoctone (i nativi americani nel caso degli USA e i palestinesi nel caso d’Israele). Sicché oggi, abbracciando la dottrina della “guerra eterna”, gli USA sono diventati uno “Stato pazzo”.

In che senso “pazzo”? Nel senso che si sta formando una sorta di “neonazismo nord-americano”.

Ma perché “neonazismo”? Quali sono le differenze da quello tedesco? È presto detto:

- Durante il capitalismo industriale il fascismo si basava sul culto del capo, mentre nel XXI sec. promuove una visione totalizzante della società attraverso i social network (che nel corso della recente pandemia han favorito il controllo delle masse).

- Il fascismo storico era antisemita; il neonazismo (evangelico) promuove il capitalismo bianco dei neoconservatori.

- Il nazismo celebrava la conquista degli spazi vitali ad est; il “nuovo” fascismo statunitense mitizza la violenza contro tutto ciò che non è occidentale.

- Il nazifascismo dichiarò guerra all’URSS in quanto Stato socialista (il quale chiamò i popoli coloniali a rompere le catene della schiavitù); il Potere Bianco disprezza tutto quello che non è occidentale, globalizzando l’ignoranza delle teste d’uovo del Pentagono. È un’ideologia balorda che ha mediatizzato la distruzione di gran parte del pianeta.

Gli USA basano la loro identità su un mito assurdo: l’ideologia settaria (esclusivista) del “Destino Manifesto”. Persino il “Global Times” sostiene che gli USA sono un abominio dei Diritti dell’Uomo: basta guardare la Dottrina Monroe, che, sistematizzata dal Presidente Andrew Jackson nel XIX sec., è stata globalizzata fino a partorire le “guerre eterne” del Pentagono.

Fra il Ku Klux Klan e la “sinistra imperiale” dei democratici americani le differenze sono soltanto di facciata/colore: se sostituiamo l’espressione “killer di afroamericani” con “cacciatore di russofoni” avremo il profilo perfetto dell’attivista “libertario”, cioè un paranoico sostenitore del Battaglione Azov. Il KKK è il neonazismo dei poveri, mentre Joe Biden è il comandante degli autentici nazisti-evangelici.

Se l’Europa non dismetterà l’americanismo ideologico, socioeconomico e militare, diventerà un lager a stelle e strisce. Russia e Cina ci stanno avvertendo: gli europei non possono rinunciare alla propria storia.

Mi piace aggiungere a questa analisi un’osservazione: compiendo la rivoluzione contro gli inglesi, gli americani si sono illusi di poter creare lo Stato più democratico del mondo.

Fonte: linterferenza.info

 

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Buone riflessioni di Sandro Valentini

 

Con la guerra tra Russia e Ucraina siamo a un tornante della storia, uno di quelli che si presentano una o due volte al massimo nel corso di un secolo, destinato a segnare le sorti dell’umanità per i prossimi decenni.

Noi sappiamo che da almeno un decennio gli USA, prima con Obama, poi con Biden, con la parentesi di Trump che si è scagliato prevalentemente contro la Cina, han condotto una politica di allargamento aggressivo della NATO a est, inglobando tutti i Paesi dell’ex Patto di Varsavia e alcune repubbliche ex sovietiche. L’Ucraina è un altro fondamentale tassello di questa politica, nonché il tentativo di destabilizzare la Bielorussia con l’ennesima “rivoluzione colorata”.

Le sanzioni dell’occidente alla Russia (senza precedenti nella storia) hanno accelerato uno scontro già in atto tra l’asse Russia-Cina con l’occidente, in particolare con gli USA.

L’inizio di questo processo ha due date: la crisi finanziaria del 2008 e la guerra in Siria, dove per la prima volta dal 1989 gli USA non sono riusciti a destabilizzare un Paese che si è valso del sostegno militare della Russia e diplomatico della Cina. E la cosa si è ripetuta in Venezuela e in altri Paesi. Lontani sembrano i tempi in cui la NATO bombardava Belgrado, l’Iraq e la Libia senza che nessuno potesse far nulla.

Si sta realizzando un nuovo ordine mondiale multipolare cui si contrappone l’ordine mondiale unipolare dell’occidente, emerso dopo il crollo dell’URSS, che intende proseguire in forme nuove quelle politiche imperialistiche che hanno caratterizzato l’occidente almeno per tre secoli, su cui ha costruito il suo sviluppo.

Il nuovo strumento di oppressione dell’occidente è la globalizzazione finanziaria, entrata in crisi già al tempo della fine degli accordi di Bretton Woods (che prevedevano la non convertibilità del dollaro in oro). I processi di finanziarizzazione si sono esasperati per favorire grandi profitti (di qui la crisi dei subprime). Il dollaro, emesso senza nessun controllo, distrugge le economie reali, soprattutto quelle che vogliono dare una funzione forte al sistema pubblico, allo Stato.

Le industrie si sono sviluppate in Cina, in India, in Brasile, in Sud Africa e in molti Paesi che detengono materie prime, come il Venezuela e l’Iran, per non parlare della Russia, che dispone con la sola Siberia del 50% delle risorse strategiche del pianeta. Questi Paesi chiedono scambi commerciali e cooperazione alla pari. Ma il capitale finanziario dell’occidente, che produce una quantità immensa di valuta senza valore, non ci sta. Di qui lo scontro epocale della storia, che ha spazzato via gli accordi di Yalta e l’ordine mondiale uscito dalla II guerra mondiale, nonché il trattato sulla sicurezza europea di Helsinki.

A prescindere da come finirà il conflitto in Ucraina, il confronto tra Russia e Cina e i loro alleati con l’occidente si prolungherà nel tempo, poiché gli USA non sono una “tigre di carta”. Intanto si sta creando un sistema finanziario alternativo al dollaro.

In Europa purtroppo siamo ormai alla militarizzazione della società civile: c’è un pericolo esterno, la Russia, e un nemico interno, cioè chiunque voglia porre interrogativi e preoccupazioni. Una militarizzazione che non investe solo l’informazione di guerra, distorta e manipolata, ma tutte le sfere della società civile, dalla cultura allo sport. Siamo alla russofobia e alla legittimazione del neonazismo ucraino in nome dei valori occidentali.

È bene quindi che i movimenti pacifisti lo sappiano: in una situazione del genere la lotta contro la guerra che prescinda dall’obiettivo di costruzione di un nuovo ordine mondiale multipolare, non serve a niente in definitiva. Bisogna reinventarsi una costruzione del socialismo, cosa che la sinistra italiana ed europea non sa fare. Politiche riformiste d’impostazione keynesiana in occidente non sono più praticabili, proprio perché non mettono in discussione i presupposti del capitale (oggi prevalentemente finanziario in occidente).

Valentini è a favore di un sistema socialista simile a quello cinese (sulla cui democraticità io però nutro forti dubbi). La Cina e forse la Russia sono la vittoria postuma di Bucharin con la sua NEP (che però – sia detto per inciso – doveva avere un valore provvisorio, temporaneo).

Quanto alla UE, se non si emancipa totalmente dalla NATO, è finita. Al limite potrebbe dividersi in due: una occidentale (con un proprio esercito), l’altra orientale (quella degli ex Paesi sovietici, totalmente dipendenti dalla NATO). In ogni caso una UE che limita la sovranità nazionale non ha senso.

Fonte: Relazioni al seminario di Roma del 18 maggio e al seminario di Oristano del 21 maggio, da cui sono stati estrapolati solo brevi passaggi. linterferenza.info

 

Destituita la Denisova

 

Il 31 maggio il Parlamento ucraino (234 deputati su 226 richiesti) ha destituito dalla sua carica di difensore civico la propria Commissaria per i diritti umani Lyudmila Denisova. Secondo la seguente motivazione: avrebbe concentrato il proprio lavoro su crimini di natura sessuali da parte dei russi, che però non possono essere confermati con prove. Ciò ha danneggiato l’Ucraina, distraendo i media mondiali dai reali bisogni del Paese. Zelensky ha approvato.

I crimini di natura sessuale erano aberranti, in quanto la Denisova aveva parlato di stupri dei soldati russi su donne, bambini e neonati. Le accuse erano state naturalmente riprese dalla stampa occidentale, inclusi quelli che si fregiano dell’appellativo di “debunker” come le penne di Open. Anche l’ONU rilanciava gli allarmi. Ovviamente senza dire nulla del fatto che proprio l’Ucraina è tra i principali hub mondiali della pedofilia e del traffico di organi e di neonati.

I parlamentari ucraini hanno anche lamentato gli scarsi risultati ottenuti dalla Denisova nella creazione di corridoi umanitari e nello scambio di prigionieri di guerra, così come il fatto che abbia trascorso molto tempo in Europa occidentale durante l’invasione russa, ma non in Russia o Bielorussia, dove il suo status e i suoi poteri potevano aiutare i prigionieri.

Ma chi è la Denisova? È stata ministro della Repubblica autonoma di Crimea (quando la Crimea era sotto il controllo dell’Ucraina), poi deputata del parlamento di Kiev (Verkhovna Rada) e ministra della Politica sociale del suo Paese.

Nel 2018 viene eletta dal Parlamento alla carica di difensore civico con il sostegno del partito di estrema destra Fronte Popolare (i cui leader erano il premier Arseniy Yatsenyuk, il ministro dell’Interno Arsen Avakov e il presidente della Rada Andriy Parubiy).

Non ha mai detto una parola sulla chiusura di sette canali televisivi, di alcuni siti Internet, sull’arresto di dissidenti, sulla persecuzione di vari giornalisti, sulla violenza dell’estrema destra e sull’inattività della polizia. E non ha partecipato in alcun modo ai negoziati con la parte russa sui corridoi umanitari e sullo scambio di prigionieri. Anzi si è inventata che ai prigionieri di guerra ucraini veniva iniettato dai russi un certo farmaco “M”, che faceva perdere la memoria, dopodiché erano costretti a chiedere perdono ai russi (sic!).

Insomma il parlamento aveva scelto una donna che in teoria avrebbe dovuto monitorare il rispetto dei diritti e della giustizia nei confronti dei cittadini, indipendentemente dalla loro nazionalità e opinioni. Umanesimo, obiettività e imparzialità dovevano essere le sue qualità chiave. Invece faceva tutto il contrario. Per sua iniziativa personale? Vien solo da ridere a pensarlo.

In ogni caso non s’è mai vista una cosa del genere nella storia della comunità mondiale dei diritti umani da parte di un difensore civico.

 

Interessanti le tesi di Meyssan

 

Thierry Meyssan, giornalista francese, fondatore della Rete Voltaire, è convinto che nell’amministrazione USA vi sia un gruppo di adepti di Leo Strauss (1899-1973), filosofo tedesco naturalizzato statunitense di origine ebraica.

Secondo lui gli straussiani stavano da tempo progettando uno scontro con Russia e Cina. Tra essi vi sarebbe Robert Kagan (marito della sottosegretaria di Stato, la straussiana Victoria Nuland), che si avvalse del senatore John McCain per realizzare gli obiettivi destabilizzanti del Deep State.

Il senatore andò in Ucraina nel 2016, in compagnia del collega Lindsey Graham, per parlare col presidente Petro Poroshenko. Fu in quell’occasione che si decise di far diventare il reggimento Azov il pilastro paramilitare dei banderisti ucraini in funzione antirussa. Gli USA si sarebbero occupati del rifornimento bellico e dell’addestramento militare. L’apparato di Stato ucraino doveva in sostanza prepararsi a un guerra contro la Russia per conto degli Stati Uniti.

Il 5 settembre 2019 la Rand Corporation (think tank statunitense) organizzò una riunione alla Camera dei rappresentanti USA per esporre il proprio piano: indebolire la Russia, obbligandola a intervenire in Kazakistan, Ucraina e Transnistria.

A dir il vero già dal 2014 l’Ucraina aveva segretamente intrapreso diversi programmi militari in collaborazione col Pentagono, di cui il principale era quello dei 30 laboratori biologici, in cui si svolgevano ricerche su armi vietate dalla Convenzione per il Divieto di Armi Biologiche del 1972: armi basate su tubercolosi, peste, antrace, tularemia, colera ecc., ma anche su pipistrelli usati come potenziali vettori di agenti patogeni di guerra biologica, quali peste, leptospirosi, brucellosi, filovirus e coronavirus. Furono fatti esperimenti terribili su esseri umani. Le indagini sono ancora in corso. Naturalmente gli occidentali si sono schierati in blocco con Washington e hanno accusato Mosca di mentire.

Un altro aspetto da sottolineare è il fatto che tra il 2014 e il 2022 l’Ucraina aveva chiesto per quattro volte di rinegoziare il Memorandum di Budapest del 1994, secondo cui Stati Uniti, Russia e Regno Unito s’impegnavano a garantire il rispetto dei confini di Bielorussia, Kazakistan e Ucraina, in cambio del trasferimento da parte di questi ultimi di tutte le armi nucleari alla Russia e dell’osservanza del Trattato sulla Non-proliferazione delle Armi Nucleari.

Tuttavia il governo neonazista di Kiev voleva riprendersi le due repubbliche autonome del Donbass e la Crimea, per cui Zelensky il 19 febbraio 2022, alla Conferenza per la Sicurezza di Monaco, arrivò a dire, in soldoni: “lasciateci reprimere i separatisti del Donbass, violando gli accordi di Minsk, oppure ripristineremo il programma nucleare militare”. Nessun Paese occidentale in quel frangente protestò. La Russia invece, molto preoccupata, aveva capito che la sola cosa che mancava all’Ucraina era un sistema di arricchimento dell’uranio, un problema non insolubile per i suoi scienziati. Infatti sapeva che nella centrale nucleare ucraina di Zaporižžja erano immagazzinate 30 tonnellate di plutonio e 40 tonnellate di uranio arricchito.

Non a caso questa centrale è stata uno degli obiettivi dell’esercito russo sin dal secondo giorno dell’intervento armato. Il 4 marzo 2022, durante uno scontro fra russi e ucraini, scoppiò un incendio in un laboratorio adiacente. I militari russi avevano infatti iniziato il trasferimento di questi combustibili in Russia e le forze speciali ucraine avevano tentato d’impedirglielo.

Da notare che se anche gli ucraini non avessero costruito l’arma nucleare, avrebbero sempre potuto vendere il plutonio a disposizione, che sui mercati ha prezzi astronomici: tra i 5.000 e gli 11.000 dollari al grammo. Venderne a prezzo base 30 tonnellate significa incassare 150 miliardi di dollari. Il prezzo dell’uranio varia secondo il grado di arricchimento: sotto il 5% l’uranio può essere impiegato per uso civile; per uso militare deve raggiungere almeno l’80%. Non si sa però il grado di arricchimento di quello della centrale di Zaporižžja. Peraltro non si sa neppure da dove provenga questo materiale.

Fonte: voltairenet.org

 

Povera NATO

 

Secondo Thierry Meyssan solo 1/3 circa delle armi occidentali arriva al fronte ucraino, il cui esercito però è sfinito, indietreggia quasi ovunque… (Da notare che quando Zelensky, abituato sempre a mentire, dice che stanno morendo da 50 a 100 soldati al giorno, vuol dire che sono almeno 200 o addirittura 500. Quante vedove e orfani ci saranno tra i profughi ucraini in Europa?).

I 2/3 delle armi occidentali, in particolare le più pesanti, sono già disponibili sul mercato nero dei Balcani, in particolare in Kosovo e Albania, attualmente le più importanti piazze del traffico d’armi. Le sanzioni occidentali fanno temere carestie, ma non in Russia, bensì nel resto del mondo, soprattutto in Africa.

Turchia e Croazia si oppongono all’adesione di Svezia e Finlandia alla NATO.

La sconfitta del governo di Kiev sarà lo scacco della più grande forza militare della storia, la NATO, che di fatto è fisicamente coinvolta nel confitto.

Molti Stati vassalli di Washington cercheranno di affrancarsi. Nei prossimi anni ci sarà un rimescolamento delle carte. L’esigenza di creare un mondo multipolare, dove ogni Paese risponderà per se stesso, diverrà imprescindibile.

Il giornalista sostiene essere ridicola l’accusa che la Russia voglia ricostituirsi come “impero”: Crimea, Ossezia, Donbass e Transnistria servono solo a ripristinare la nazione russa, smembrata dopo il crollo dell’URSS.

Fonte: voltairenet.org

 

Un governo USA sempre più militarizzato

 

Secondo Thierry Meyssan, per far accettare a Turchia e Croazia l’adesione alla NATO di Finlandia e Svezia, si devono rispettare le seguenti condizioni:

- La Turchia chiede che il PKK e Hizmet (Fethullah Gülen) vengano inseriti nella lista delle organizzazioni terroristiche e che i loro membri siano estradati; chiede inoltre la riammissione della propria industria degli armamenti nel programma di fabbricazione degli F-35, da cui è stata esclusa per aver acquistato dalla Russia il sistema antiaereo S400.

Il PKK rappresenta solo una parte della popolazione kurda. Alle origini era un partito marxista-leninista che durante la guerra fredda combatteva la dittatura militare turca. Dopo l’arresto del proprio capo e il crollo dell’URSS, il PKK è diventato un partito libertario, al servizio del Pentagono in Medio Oriente. Oggi è una milizia mercenaria di copertura dell’occupazione statunitense in Siria. Iscriverlo nella lista delle organizzazioni terroristiche comporterebbe l’evacuazione dei soldati americani dalla Siria e la restituzione dei pozzi di petrolio a Damasco.

Fethullah Gülen è il padre spirituale di una vasta organizzazione caritativa, attiva in numerosi Paesi. Estradarlo dagli Stati Uniti e considerare terrorista la sua organizzazione priverebbe la CIA di un ponte verso molti Paesi africani e asiatici turcofoni. Washington potrebbe accettarlo solo se il Comando Africano degli Stati Uniti fosse dispiegato sul continente africano, invece d’essere confinato a Stoccarda, in Germania.

Vista la lunga serie di attentati commessi dal PKK in Turchia e il tentativo nel luglio 2016 di uccidere il presidente Erdoğan, cui seguì un tentativo di colpo di Stato dove l’Hizmet ebbe un ruolo centrale per conto della CIA, le richieste di Ankara sono legittime.

- La Croazia chiede che la legge elettorale della Bosnia-Erzegovina venga modificata per attribuire uguaglianza politica alla minoranza croata. La Bosnia-Erzegovina è stata creata dagli straussiani, che l’hanno pensata come entità omogenea. La minoranza croata, che rappresenta il 15% della popolazione, è stata perciò messa al bando. La sua lingua non è riconosciuta e non ha rappresentanti politici. Accogliere la richiesta della Croazia significherebbe mettere in discussione le ragioni per cui gli straussiani hanno organizzato le guerre della Jugoslavia (separare le etnie e creare popolazioni omogenee).

Insomma se la NATO acquisisce anche Svezia e Finlandia (due Paesi da sempre neutrali), porrà termine, definitivamente, alla sua funzione difensiva, e si trasformerà in un braccio armato di un’amministrazione politica americana sempre più militarizzata, in cui il ruolo dell’alleato europeo è del tutto subalterno.

Fonte: voltairenet.org

 

L’inferno e le buone intenzioni

 

Nella sola notte del 9 maggio 1945 – scrive Thierry Meyssan – quando l’aviazione statunitense bombardò Tokyo, morirono oltre 100.000 persone e oltre un milione rimasero senza tetto. Fu il più grande massacro di civili della storia.

Se in tempo di pace si distinguono i civili dai militari, nelle guerre moderne questa separazione non ha senso. Le democrazie hanno spazzato via l’organizzazione delle società in caste o in ordini. Chiunque può diventare combattente. La chiamata massiccia alle armi e le guerre totali hanno rimescolato le carte. Ora i civili comandano i militari: i civili non sono più vittime innocenti, ma sono i primi responsabili della catastrofe generale, di cui i militari non sono che esecutori.

Anche l’uguaglianza uomo-donna ha rovesciato i paradigmi. Oggi le donne non solo sono soldati, possono essere anche comandanti civili: il fanatismo non è più appannaggio esclusivo del sesso cosiddetto forte.

Stiamo accogliendo donne e bambini ucraini che fuggono dai combattimenti. Ma 1/3 di questi ragazzi sono stati educati nei campi di vacanza dei banderisti, dove hanno imparato a maneggiare armi e ad ammirare il criminale contro l’umanità Stepan Bandera.

Le Convenzioni di Ginevra non si addicono ad alcuna realtà odierna. Chi le applica non lo fa perché obbligato, ma perché spera in questo modo di preservare la propria umanità. Tuttavia la nozione di “crimine di guerra” non ha senso, poiché lo scopo della guerra è commettere una serie di crimini per ottenere quanto non si è riusciti a ottenere con mezzi civilizzati. Peraltro in democrazia ogni elettore è responsabile.

Oggi non esiste un’autorità morale che faccia rispettare le regole e nessuno è scioccato dalle “sanzioni economiche” che colpiscono intere popolazioni, al punto da causare carestie mortali, come accadde in Corea del Nord.

Insistiamo a considerare vietate alcune armi da noi stessi utilizzate: per es. il presidente Barack Obama aveva spiegato che l’uso di armi chimiche o biologiche è una linea rossa da non oltrepassare, ma il suo vicepresidente Joe Biden ha creato in Ucraina una rete di laboratori di ricerca di armi di questo genere.

In passato si dichiaravano le guerre per conquistare territori. Alla fine si firmava un trattato di pace che modificava le mappe. Al tempo dei social network la posta in gioco è più ideologica che territoriale. La guerra non può che finire col discredito che si abbatte su un modo di pensare. Benché sia accaduto che dei territori siano passati di mano, nessuna guerra recente è terminata con trattati di pace e riparazioni di guerra e solo alcune si sono concluse con armistizi.

È evidente che, nonostante il discorso che domina in occidente, anche la guerra in Ucraina non è territoriale, bensì ideologica. D’altronde il presidente Zelensky è il primo capo di guerra della storia a esternarsi ripetutamente ogni giorno. Passa molto più tempo a parlare che a comandare le forze armate. Costruisce i suoi interventi attorno a riferimenti storici. Rivolgendosi agli inglesi, parla come Churchill e viene applaudito; rivolgendosi ai francesi, rievoca Charles De Gaulle e viene applaudito; e così via. Conclude sempre il discorso con “Gloria all’Ucraina!”. Gli occidentali non capiscono a cosa alluda il motto, ma lo trovano azzeccato. Eppure quello era il grido di guerra dei fascisti banderisti, usato mentre massacravano 1,6 milioni di concittadini, di cui almeno un milione di ebrei. Nessuno si chiede come potrebbe un ucraino esortare a massacrare altri ucraini e un ebreo esortare a massacrare altri ebrei. Eppure i russofoni e i filorussi che si vogliono eliminare sono cittadini ucraini.

Per la prima volta in un conflitto una delle parti ha censurato i media nemici ancora prima che la guerra avesse inizio: nell’Unione Europea “Russia Today” e “Sputnik news” sono state chiuse preventivamente, perché avrebbero potuto contestare quanto stava per accadere. In Polonia persino il sito Voltairenet.org è stato censurato per decisione del Consiglio di Sicurezza nazionale.

È indispensabile conquistare gli spettatori. Durante la guerra in Afghanistan il presidente statunitense George W. Bush e il premier britannico Tony Blair valutarono la possibilità di distruggere la televisione satellitare Al-Jazeera, non perché avesse influenza sui belligeranti, ma perché faceva riflettere gli spettatori del mondo arabo.

Nella guerra del 2003 in Iraq la fanfaluca delle armi di distruzione di massa di Saddam Hussein, diffusa da USA e Regno Unito, fu perfetta per devastare il Paese e assassinare il suo presidente. Ai cinque ambiti d’intervento (aria, terra, mare, spazio e cibernetica) la NATO ne ha aggiunto un sesto: il cervello umano.

Lo scontro non è più fra uomini, ma fra sistemi di pensiero. La guerra quindi si globalizza. Durante la guerra di Siria, oltre 60 Stati, che non avevano alcun rapporto col conflitto, inviarono armi; oggi una ventina di Stati inviano armi in Ucraina. Siccome non capiamo gli avvenimenti in diretta, ma li interpretiamo con i parametri occidentali, abbiamo creduto che le nostre armi fossero usate dall’opposizione democratica siriana. Invece finivano ai jihadisti protetti dagli USA. Così oggi siamo convinti che le armi vadano all’esercito ucraino invece che ai banderisti.

Fonte: voltairenet.org

 

Varie e non eventuali

 

Gazprom ha comunicato di aver interrotto completamente la fornitura di gas all’olandese GasTerra a causa del mancato pagamento in rubli. Stessa decisione per la Ørsted danese e alla controllata tedesca di Shell, Shell Energy Europe. Attenzione che la Shell Energy Italia è uno dei principali fornitori di energia del mercato italiano.

 

Dichiarazioni di Vyaceslav Volodin, presidente della Duma russa: “Gli Stati Uniti hanno avuto 8 anni per rendere l’Ucraina democratica, indipendente, sovrana e prospera, quando, dopo il colpo di Stato, consiglieri e istruttori americani in pratica guidavano il regime di Kiev. Ma invece di sviluppare un Paese che ha un grande potenziale, l’hanno abbandonato al saccheggio. E nessuno, in quel governo corrotto, ha pensato al popolo. No, Washington non ha bisogno di un’Ucraina indipendente”.

Impossibile dargli torto.

 

Ogni giorno Mosca incassa 800 milioni di dollari. E il rublo vola. Putin ringrazia i Paesi europei.

Secondo “Bloomberg”, infatti, i ricavi dalla vendita di idrocarburi raggiungeranno quest’anno i 285 miliardi di dollari, il 20% in più rispetto al 2021.

Considerando poi quanto ci stiamo rimettendo noi, un’altra guerra come questa e la UE dovrà dichiarare bancarotta.

 

Il sistema ucraino di contabilizzazione dei morti in combattimento non funziona. Infatti, pur essendoci perdite considerevoli, Zelensky preferisce non ammetterlo, lasciando gli ucraini morti “per sempre nei ranghi”. Così evita di corrispondere le pensioni alle famiglie. Che furbizia da miserabile!

 

Andrés Manuel López Obrador, detto AMLO, il Presidente del Messico, ha detto: “Siamo disposti a dare asilo ad Assange. Crediamo debba essere liberato perché è un perseguitato politico. È vergognoso che una persona che rivela informazioni preziose su atti di corruzione, su reati commessi dai governi, su tutto quello che le élite compiono segretamente, venga punito”.

Ci fosse stato un leader europeo che abbia detto altrettanto.

 

Jurgen Stock, capo dell’Interpol, dice che parti delle armi fornite agli Ucraini finiranno a organizzazioni criminali che potranno disporre anche di armi pesanti. Chiede ai Paesi fornitori di mantenere il tracciamento delle forniture.

Incredibile ci han pensato solo adesso! Da noi a Gratteri è stata la prima cosa che è venuta in mente!

 

Il deputato del parlamento ucraino Yegor Chernev non ha escluso attacchi con missili americani sul territorio della Russia: “ci assumiamo alcuni obblighi, ma nessuno può garantire come volerà il missile”, avrebbe detto.

Quindi Kiev non ha più un personale militare addestrato? Una volta premuto il grilletto, il missile va dove gli pare?

 

In risposta all’embargo occidentale che vieta la vendita dei microchip alla Russia, la Russia vieta la vendita di gas rari all’occidente. Questi gas, di cui la Russia detiene il 30% della produzione mondiale, servono a produrre i microchip.

E così il gatto si mangia la coda...

 

Biden ha affermato che si sta discutendo la possibilità di acquistare petrolio russo a un prezzo inferiore al prezzo di mercato invece di vietare d’importarlo.

Ancora non ha capito che nel capitalismo i prezzi li decide il mercato...

 

Il premier Johnson ha proposto a Zelensky la creazione di un Commonwealth europeo separato dalla UE, che avrebbe la Gran Bretagna come leader e includerebbe, oltre all’Ucraina, la Polonia, l’Estonia, la Lettonia e la Lituania, e potenzialmente la Turchia.

È infatti probabile che finita la guerra non sarà divisa la sola Ucraina, ma si dividerà la stessa UE in est (sotto la NATO) e ovest (con un proprio esercito). Così finalmente gli inglesi potranno rimettere piede in Europa dopo la guerra dei Cent’anni!

 

Le truppe americane sono entrate nella base aerea siriana di Tabqa. Ne hanno approfittato ora che la Russia è impegnata in Ucraina. Se l’esercito americano torna nel nord della Siria, l’esercito siriano e quello russo perderanno il controllo su una regione significativa. Gli USA stanno ponendo le premesse per un nuovo conflitto.

 

La Polonia smetterà di pagare le indennità ai rifugiati ucraini dal 1 luglio per motivarli a lavorare. L’indennità media per cibo e alloggio di 40 zloty (meno di 9 euro) a persona al giorno resterà solo per i disabili, le donne incinte e le donne con molti figli.

Questo perché non hanno ricevuto fondi dalla UE. Chi non trova lavoro, verrà rispedito in Ucraina.

Dall’inizio della guerra più di 3 milioni di ucraini sono arrivati in Polonia. La carità pelosa ha ancora un mese di tempo.

 

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Il visionario Chernev

 

Yegor Chernev milita nel partito di Zelensky ed è a capo della delegazione permanente ucraina all’Assemblea parlamentare della NATO. Secondo lui è stata la Russia a invadere l’Ucraina nel 2014, per cui la responsabilità della guerra civile e dei 14.000 ucraini uccisi è tutta dei russi. Un maestro nel ribaltare la verità dei fatti!

In un’intervista concessa a Fanpage, poco prima che scoppiasse la guerra, ha dichiarato che nel suo Paese sapevano benissimo che la Russia non avrebbe mai accettato di perdere l’Ucraina, per cui è dal 1991 che i russi pensavano di attaccarla, a prescindere dalla questione del Donbass. Fino al 2014 non l’avevano fatto perché al governo vi erano dei filorussi, per cui l’indipendenza del Paese era puramente formale.

Ma nel 2014, quando le forze filo-europee (ovviamente “democratiche” non filonaziste manovrate dagli USA) hanno vinto a Maidan e i politici filo-occidentali sono saliti al potere, la Russia ha cercato di riconquistare la sua influenza sull’Ucraina con la forza (peccato però che abbia riconosciuto le due repubbliche solo dopo 8 anni e ufficialmente non sia mai entrata nel Donbass sino ad oggi: cosa che i falchi del Cremlino rimproverano a Putin).

Ora Chernev smania che il suo Paese entri presto nella NATO e che il conflitto s’allarghi il più possibile, anche se questo dipenderà da come i Paesi occidentali si comporteranno. Gli ucraini si sentono invincibili: hanno solo bisogno di armi sempre più potenti e di sanzioni sempre più dure nei confronti della Russia. Ben 450.000 di loro han combattuto nel Donbas (compiendo – si può aggiungere – stragi di civili assolutamente efferate, al punto che i capi del battaglione Azov, rinchiusi nell’acciaieria di Mariupol, sono stati portati via dai russi in tutta sicurezza, altrimenti gli abitanti delle due repubbliche li avrebbero linciati).

Mi chiedo: ma questi ucraini, da neonati, bevevano latte nel biberon o vodka? Oppure questi politici sperano di fare carriera non nel loro Paese ma in qualche istituzione prestigiosa dell’occidente?

Fonte: fanpage.it

 

L’articolo 11 ha ancora senso?

 

All’Italia l’art. 11 della Costituzione vieta di compiere guerre aggressive, anche se dalla distruzione della Jugoslavia non abbiamo mai smesso di partecipare, in varie maniere, alla bellicosità della NATO. Forse per questo l’abitudine ha impedito al parlamento di avere dei ripensamenti nella decisione d’inviare armi al governo di Kiev. È da 100 giorni che siamo cobelligeranti. Ai politici e ai giornalisti non sfiora neanche per l’anticamera del cervello che le disumane sanzioni imposte alla Russia e l’invio di armi letali siano una sorta di dichiarazione di guerra.

Semmai è la gente comune a nutrire dei dubbi sulla legittimità e persino sulla moralità di ciò che il governo e il parlamento hanno deciso. Non solo perché si teme un’escalation e un coinvolgimento diretto in una catastrofe nucleare, ma anche perché si mette in dubbio l’efficacia dei mezzi inviati, essendo la forza russa soverchiante, anche se agisce lentamente.

I più avveduti si chiedono che senso abbia armare e finanziare un governo che non ha mai celato le proprie simpatie per il nazismo. E più in generale ci si chiede perché si sia smesso di lavorare sul piano diplomatico.

Porre continue sanzioni alla Russia e spedire armi e soldi a Kiev non è il modo migliore per arrivare alla pace. Solo i guerrafondai pensano che, così facendo, Kiev potrà accettare una trattativa senza dover concedere troppo. Il che però non esclude affatto che Mosca, vedendo una resistenza così accanita per colpa del sostegno occidentale, non voglia affatto una trattativa ma una resa incondizionata, come ha già preteso da parte del battaglione Azov nell’acciaieria di Mariupol.

 

Ripudiare vuol dire ripudiare

 

Forse non ci è chiaro abbastanza il significato del verbo “ripudiare”, presente nell’art. 11 della nostra Costituzione.

La guerra non è solo da evitare o da condannare come strumento di risoluzione dei conflitti internazionali, ma è proprio da ripudiare. Cioè non è questione di verificare caso per caso, ma di affermare un principio in sé, che prescinde da tutto (come dire “le razze umane” non esistono, ce n’è una sola).

La guerra non può mai essere giustificata, non può essere in alcun modo presa in considerazione, a meno che non si tratti di difendere la propria nazione da un’aggressione esterna, come recita l’art. 52. Noi non potremmo neppure aiutare militarmente uno Stato aggredito, poiché ciò, anche se fatto con le migliori intenzioni, viola la nostra Costituzione. Cioè non potremmo in alcun modo fornire armi o forze armate sul campo, o istruttori o consulenza sulle operazioni militari.

Uno potrà dire che questa è una posizione astratta, di tipo filosofico, che non fa differenza tra guerre di liberazione e di oppressione, tra aggredito e aggressore. Eppure se fino adesso quell’art. non è stato modificato una ragione ci sarà. Noi possiamo partecipare alle guerre altrui solo offrendo aiuti umanitari. E dovremmo farlo nei confronti di tutti, aggrediti e aggressori, come se fossimo dei seguaci di Gandhi o di san Francesco o di Gino Strada.

Siamo buonisti? Sì, lo siamo. Almeno a livello teorico. E siamo anche convinti che se tutti si comportassero come noi, non ci sarebbe mai alcuna guerra, anche perché diminuirebbe di molto la necessità di armarsi, cioè ci si limiterebbe a dotarsi di armi puramente difensive.

Ma per comportarsi così, bisogna mettersi in testa che per risolvere qualunque conflitto ci vuole la trattativa, la mediazione, la diplomazia, un processo di distensione promosso da organismi super partes, internazionali. Tutte cose che andrebbero fatte non solo quando la guerra è in corso, ma anche e soprattutto prima che scoppi. Tutte cose che non possono venirci in mente appartenendo a un’alleanza militare così aggressiva e provocatoria come la NATO. Né possono essere adottate stando sottomessi alla narrativa guerrafondaia degli USA, che peraltro i livelli istituzionali della UE han fatto propria in maniera totalmente acritica e subitanea.

L’Italia sta assumendo atteggiamenti lontanissimi dalle intenzioni dei costituenti. Dobbiamo davvero ripensare la nostra appartenenza non solo alla NATO ma anche alla UE. Rischiamo di diventare il bersaglio militare di una grande potenza nucleare come la Russia. Ci stiamo isolando completamente dai mercati asiatici e quindi ci stiamo autocondannando a un ruolo marginale e di progressivo impoverimento. Non riusciamo minimamente a capire che si sta formando un nuovo mondo multipolare. Stiamo dimenticando molto pericolosamente le lezioni della storia.

Ma soprattutto ci stiamo mettendo nelle condizioni in cui l’unica alternativa alla irresponsabilità di chi ci governa sembra diventare quella di un rivolgimento istituzionale, di una rivoluzione popolare, persino di una guerra civile simile a quella che la stessa Ucraina ha vissuto per ben 8 anni.

 

1. Ineccepibile Ainis

 

Il costituzionalista Michele Ainis (che stimo moltissimo) ha parlato chiaro: l’art. 52 della Costituzione esclude categoricamente qualunque guerra che non sia quella di “difesa della propria Patria”. Detto altrimenti: “se adottiamo il punto di vista dei costituenti del 1947, non c’è dubbio che avrebbero fortemente dissentito da una co-belligeranza, anche se questa si traduce, come accade oggi, con l’invio di armi e non di eserciti. Questo è pacifico. Se andiamo a guardare i manuali di Diritto costituzionale del primo dopoguerra, è chiaro che l’unica guerra ammissibile è quella difensiva rispetto alla nostra integrità territoriale”.

Quanto alla cosiddetta “disciplina della neutralità” (cui sono dedicate la V e la XIII Convenzione dell’Aia del 1907), essa prevede “obblighi di astensione”, ossia di non impegnarsi nel conflitto armato in corso, e di “imparzialità”, ossia di trattare in modo uguale le parti del conflitto. Cosa che di sicuro non abbiamo fatto inviando armi al governo di Kiev.

Secondo Michael Bothe (docente di diritto pubblico all’Università Goethe di Francoforte) una violazione degli obblighi di neutralità, seppur motivata dalla volontà di prestare soccorso ad uno Stato aggredito, non si potrebbe giustificare “neppure sulla base di un diritto alla legittima difesa collettiva”. Chi viola la propria neutralità deve aspettarsi contromisure belliche, per cui l’escalation diventa inevitabile.

Peraltro non solo non c’è alcuna risoluzione dell’ONU che obblighi tutti gli Stati del mondo a porre fine al conflitto, ma l’Ucraina non appartiene neppure alla NATO. Che senso ha che un’alleanza del genere faccia di tutto per sostenerla militarmente? Alla fine la guerra diventa per procura tra NATO e Russia, in cui l’Ucraina viene usata solo come paravento.

 

2. Puntiglioso Ainis

 

Il costituzionalista Ainis sostiene che là dove nell’art. 11 della Costituzione è scritto che la Repubblica “consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie a un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo” – ciò non vuole affatto dire che viene giustificata qualunque limitazione alla sovranità della Repubblica. Cioè non ha alcun senso concedere una “delega in bianco” a favore del diritto internazionale.

Tutt’al più il nostro ordinamento finalizza “cessioni di sovranità” a organizzazioni che si prefiggono come scopo preciso “la pace e la giustizia fra le nazioni”.

Ma questo appunto significa che eventuali conflitti non potranno mai essere risolti attraverso lo strumento della guerra, proprio perché la nostra Repubblica “ripudia tale mezzo come risoluzione dei conflitti internazionali”. Non avrebbe alcun senso che l’“apertura” della Carta costituzionale al diritto internazionale possa essere talmente estesa da condurre al rovesciamento totale delle fonti del diritto, con relativa paralisi e svuotamento del diritto costituzionale.

In altre parole: la cessione di armamenti al governo di Kiev è anticostituzionale per definizione, per cui questo governo è fuorilegge e Mattarella non se n’è accorto, e tanto meno la Corte costituzionale.

 

3. Preoccupato Ainis

 

Va giù duro il costituzionalista Ainis col governo Draghi.

Deve infatti constatare che il ruolo del parlamento è stato completamente esautorato dalle sue funzioni di controllo.

Lo si è visto nel momento stesso in cui, per poter procedere all’autorizzazione dell’invio delle armi in Ucraina, il governo ha dovuto ricorrere all’emergenza e alla decretazione d’urgenza, financo a derogare alle leggi vigenti. Di fatto non si conoscono il tipo di armi inviate, la loro natura e nemmeno le modalità che sono state seguite per la loro fornitura.

È evidente che il Parlamento non ha esercitato la funzione di controllo che gli spetta.

Anche la costituzionalista Roberta Calvano ha dovuto constatare che il dibattito parlamentare è stato intenzionalmente evitato, e non si comprende perché “l’Italia debba applicare principi diversi che ci allontanano dalle democrazie parlamentari”. L’invio delle armi “dovrebbe essere l’extrema ratio e ridotto al minimo indispensabile in attesa della soluzione diplomatica, senza la quale l’invio incrementale delle armi non fa che assottigliare sempre più il margine di compatibilità costituzionale. Abbandonare la via diplomatica andrebbe di fatto contro la Costituzione”.

Insomma, secondo Ainis (e non solo lui) il nostro Paese sta abbandonando il diritto come strumento di soluzione delle controversie internazionali.

Fonte: lafionda.org

 

Il crollo imminente della difesa ucraina

 

Secondo uno studio della testata statunitense “Forbes”, la Russia controlla il 20,7% del territorio dell’Ucraina, cioè circa 125.000 kmq: una superficie tripla rispetto al territorio controllato da Russia e milizie di Donetsk e Luhansk (Crimea e parte del Donbass) al 23 febbraio. È quasi la metà dell’Italia.

La difesa Ucraina sta crollando perché è impossibile rifornirla. Inviare nuove armi non servirà a niente. Si prolunga solo l’agonia di un Paese che avrebbe dovuto arrendersi da un pezzo. Stiamo facendo un favore solo ai fabbricanti di morte e agli speculatori che rivendono le nostre armi in nero.

Pur di continuare in questa tragica farsa, il governo neonazista di Kiev nega ogni evidenza. Gli USA non hanno addestrato solo i militari a comportarsi in maniera terroristica, ma anche i politici a mentire su tutto.

Fonte: kulturjam.it

 

Sesto pacchetto

 

Col sesto pacchetto di sanzioni antirusse la UE ha confuso nettamente la realtà con la fantasia, cioè le ha decise pensando di aver già risolto tutti i problemi della transizione ecologica. In pratica possiamo rinunciare al petrolio russo perché abbiamo raggiunto tutti gli obiettivi di un sano ambientalismo. Ce la suoniamo e ce la cantiamo. L’unica eccezione è stata l’Ungheria perché nella tutela ambientale è ancora molto indietro.

Peccato che tutto ciò sia assolutamente falso.

È vero che fin da subito il premier Orbán aveva detto d’essere contrario all’embargo petrolifero, in quanto il suo Paese ne dipende fortemente. Ma è anche vero che il blocco riguarda solamente il petrolio importato via mare. Quindi l’Ungheria che lo riceve tramite oleodotto, potrà ancora importarlo con una esenzione che non si sa quanto temporanea. Di questa eccezione se ne avvantaggia anche la Germania che ugualmente riceve il greggio via oleodotto e può tirare un sospiro di sollievo grazie all’Ungheria (ma salvate in corner sono anche Cekia e Slovacchia, e beneficeranno di deroghe anche Croazia e Bulgaria). L’Italia no, ovviamente, visto che lo importa dal mare. Quindi aspettiamoci ulteriori aumenti da subito, anche se abbiamo 6 mesi di tempo per attivare l’embargo. Intanto abbiamo già chiesto a Nigeria, Azerbaijan, Libia, Iraq e Arabia Saudita di aumentare decisamente la loro produzione di greggio.

Ci stiamo sempre più autodistruggendo, e non perché useremo meno petrolio, ma perché siamo ancora lontanissimi dall’aver realizzato la transizione ecologica. Checché ne dicano la von den Leyen e Michel, i quali han parlato di risparmiare energia, diversificare, investire nelle rinnovabili..., come se fossero le cose più facili di questo mondo. Sembrano quei bambini che, giocando a nascondino, si chiudono gli occhi per non essere visti.

Fonti: kulturjam.it

 

Sto con Zhok

 

Andrea Zhok spiega bene il suicidio della UE in 7 punti.

1) All’indomani dell’invasione, l’Europa aveva due opzioni.

Poteva accompagnare le necessarie sanzioni con una richiesta a Zelensky e Putin di avviare immediate trattative sulla base delle due istanze fondamentali del contenzioso: la neutralità dell’Ucraina e il rispetto degli accordi di Minsk. Se Zelensky non si fosse sentito coperto e garantito nella prosecuzione della guerra, probabilmente la pace si poteva ottenere in una settimana. (Avrei aggiunto che le sanzioni andavano messe anche a Kiev, visto che quegli accordi non li ha mai rispettati. E anche la UE avrebbe dovuto autosanzionarsi, visto che del rispetto di quegli accordi si era fatta garante).

Oppure l’Europa poteva mettersi a dire che Putin era il nuovo Hitler, un pazzo, un animale, poteva mettersi a rifornire di soldi, istruttori e armamenti pesanti l’Ucraina, poteva scatenare un’ondata di russofobia imbarazzante e poteva perseverare in questa linea fino a dire (con Borrell) che la guerra doveva risolversi sul campo.

2) Fornendo una caterva di armi all’Ucraina e senza alcuna garanzia di dove esse andassero a finire, l’Europa ha creato alle porte di casa un bacino bellico pazzesco, cui partecipa non solo l’esercito regolare, ma anche milizie mercenarie e gruppi paramilitari incontrollabili, che agiscono in modo autonomo, spesso con intenti più terroristici che militari, e che non obbediranno mai a un’eventuale pace firmata da Zelensky.

Si prospetta (e questo è stato dall’inizio un desideratum americano) un conflitto duraturo, eventualmente a intensità ridotta, che impegnerà l’esercito russo a lungo e che condurrà alla distruzione totale dell’Ucraina – almeno di quella a oriente del Dnepr (io invece penso che il conflitto durerà al massimo un mese, in quanto l’esercito di Kiev nel Donbass è praticamente in rotta).

3) Come sempre accade, più il conflitto dura, più lutti avvengono, più gli animi si caricano di un odio irrevocabile, e più spazio ci sarà per un abbandono delle ultime remore nel condurre la guerra (la Russia ha progressivamente aumentato il peso del tipo di armamento utilizzato, l’Ucraina ha iniziato a bersagliare il territorio russo nella provincia di Belgorod).

4) Nel frattempo abbiamo tutti bellamente rimosso che in Ucraina, oltre a gasdotti e centrali nucleari, ci sono alcuni dei maggiori depositi di plutonio e uranio arricchito al mondo. Insomma stiamo giocando alla guerra in una delle aree più pericolose del pianeta quanto a possibili ripercussioni generali. È utile ricordare che la distanza tra l’Italia e l’Ucraina è di 1.500 km in linea d’aria.

5) Sul piano economico l’Europa si è giocata in questo modo l’accesso a fonti energetiche abbondanti e a prezzi moderati. Essendo l’Europa l’area al mondo maggiormente dedicata alla trasformazione industriale e meno dotata di risorse naturali, questo equivale ad essersi confezionati un cappio e averci messo il collo dentro. In sostanza ci stiamo tagliando i ponti con quella parte del mondo rispetto a cui siamo economicamente complementari (Russia per le risorse, Cina per la manifattura di base, tutti i BRICS come il più grande mercato al mondo). Al tempo stesso ci stiamo subordinando di nuovo e senza alternative agli USA, con cui siamo in diretta concorrenza sul piano industriale, ma che è energeticamente autonomo.

6) Arrivati a questo punto la Russia non ha più un interesse primario a pervenire a una pace rapida. Sul piano strategico sta diventando il punto di riferimento mondiale per una “rivincita” di quella maggioritaria parte del mondo che si sente da decenni bullizzata dallo strapotere americano.

Questa vittoria strategica consente alla Russia di coltivare una sostanziale alleanza con la Cina, un’alleanza assolutamente invincibile e inscalfibile da qualunque punto di vista: territoriale, demografico, economico e militare.

7) L’Europa, invece, si è scavata la fossa. Se i governi europei non riescono in qualche modo a riallacciare i rapporti con la rimanente parte dell’Eurasia, il suo destino è segnato. Già a partire dall’autunno cominceremo ad avere la prime avvisaglie di quella che si prospetta come una nuova durevole contrazione economica, che avrà caratteristiche finora inaudite, molto più pesanti della crisi del 2008, perché qui non ci saranno “garanzie di affidabilità finanziaria” che tengano.

Chi pagherà per l’operazione più autodistruttiva sul continente europeo dalla II guerra mondiale? Pagheranno i giornalisti a gettone che hanno fomentato la narrativa propagandistica funzionale ad alimentare la guerra? Pagheranno i politici che hanno sostenuto attivamente la guerra o che si sono genuflessi ai diktat del presidente del Consiglio? Oppure di fronte ai nuovi disoccupati e ai nuovi working poors riusciranno ancora una volta nel gioco di prestigio di spiegare che non c’era alternativa?

Fonte: kulturjam.it

 

Il parametro limitato del PIL

 

L’economista Vasily Koltashov ha detto:

– Gli economisti occidentali ammettono che la Russia ha affrontato con successo le principali conseguenze delle sanzioni e che l’economia del Paese si sta riprendendo rapidamente. La maggior parte dei ricercatori concorda anche sul fatto che gli Stati Uniti e l’Europa sono sull’orlo di una lunga recessione. –

Secondo Koltashov l’errore di valutazione degli analisti occidentali dipende dal fatto che si basano esclusivamente sul PIL.

– In realtà il valore dell’economia non è determinato da come si calcola il PIL, ma dalla misura in cui questa economia dispone di risorse reali e materiali. Cioè l’economia russa ha vinto perché Marx aveva ragione, e Milton Friedman e altri premi Nobel americani per l’economia avevano torto.

Un altro errore dell’occidente è stata la sopravvalutazione delle proprie forze e capacità.

Siamo stati attaccati come se il mondo fosse in una situazione di sovrapproduzione delle risorse più preziose: cibo, idrocarburi, fertilizzanti. Ma senza la Russia non è così. E gli occidentali pensano che se la Russia viene colpita ora, se le viene vietato di vendere parte dei suoi idrocarburi all’Europa, allora questo sarà un problema esclusivamente per la Russia. Anche questo però non è così.

Anzi, ogni azione contro di noi porta solo a un nuovo aumento dei prezzi. Questo significa che la Russia può compensare il calo delle esportazioni aumentando il proprio valore. E invece di diminuire, l’economia russa cresce. Viceversa con le sue azioni l’occidente non ha fatto altro che aggravare la propria situazione. Già adesso la leadership degli Stati Uniti ammette d’essere impotente nella lotta all’inflazione. –

Da notare che il debito nazionale americano ha superato i 30.000 miliardi di dollari. E hanno anche il più grande debito estero del mondo. Come faranno a non andare in default? Continuando a emettere carta straccia?

Fonte: t.me/giuseppemasala

 

Differenza di stile

 

Lo scrittore ghanese Femi Akomolafe si è espresso sulla differenza tra la diplomazia occidentale e quella russa in questi termini:

– Oltre ad essere sempre al top del loro ruolo, i funzionari russi si presentano sempre come ben istruiti, ben informati, educati, sofisticati, colti e rispettosi.

Viceversa i funzionari occidentali attaccano il mondo come imbecilli altezzosi, cattivi, maleducati, male istruiti, incolti, provinciali e narcisisti. Mancano del decoro elementare necessario per coinvolgere i propri pari in modo rispettoso. Certo, l’arroganza, alimentata dal razzismo, potrebbe in parte spiegare perché si comportino così, ma non possiamo escludere la possibilità che semplicemente manchino dell’istruzione, della cultura e della formazione richiesta per un comportamento civile, specialmente negli incontri con altre culture. La domanda da porsi è come l’occidente collettivo sia finito con l’attuale branco di pagliacci che ricoprono posizioni di responsabilità. –

In effetti anche noi in Italia ci chiediamo come possiamo essere rappresentati da Di Maio…

Fonte: t.me/giuseppemasala

 

Sanzioni inutili

 

Larry Elliott, responsabile per l’economia del “Guardian”, sostiene che la Russia sta vincendo l’occidente nella guerra economica che lo stesso occidente ha scatenato contro di lei, perché le sanzioni sul petrolio e sul gas non funzionano: la Russia riceve abbastanza soldi a causa dell’aumento dei prezzi delle sue risorse energetiche. Inoltre la Russia avrà sempre chi vorrà acquistare petrolio: ad es. la Cina, verso cui l’export russo è cresciuto del 50% rispetto al 2021.

 

Il mondo arabo s’è stufato degli americani

 

La Casa Bianca ha in programma da due mesi un viaggio di Biden in Arabia Saudita. Sei delegazioni di diplomatici e ufficiali dell’intelligence americani sono già state inviate lì, se non altro per ristabilire in qualche modo le relazioni tra Washington e Riyadh. Ma negli Stati Uniti temono che la visita di Biden possa finire in un grande fiasco.

La Casa Bianca sta segnalando di essere pronta a fare concessioni significative all’Arabia Saudita. Washington ha abbandonato l’accordo nucleare con l’Iran, che ha causato indignazione a Riyadh. Gli Stati Uniti sostengono il riavvicinamento tra Israele e Arabia Saudita, con una possibile espansione degli Accordi di Abraham dell’era Trump.

Tuttavia Biden ha definito “assassino” il principe ereditario bin Salman per la morte del giornalista Khashoggi. Solo che ora ha un disperato bisogno del petrolio saudita per risolvere la crisi energetica.

I paesi dell’OPEC hanno formalmente deciso di aumentare la produzione di petrolio, ma Riyadh ha dichiarato che non c’è alcun motivo per ora di venderlo.

Inoltre le monarchie del Golfo in questo momento si stanno allontanando dagli Stati Uniti per avvicinarsi a Russia e Cina.

Impensabile questa cosa prima della guerra in Ucraina.

 

… anche gli indiani

 

Il ministro degli Esteri indiano ha ricordato agli europei questo:

– È tempo che l’Europa abbandoni il seguente atteggiamento: I miei problemi sono i problemi del mondo intero, e i problemi del mondo intero non sono i miei problemi. Se tu sei nei guai, è un problema tuo, ma se sono io nei guai, è un problema nostro, mio e tuo. –

Un linguaggio così esplicito da parte dei ministri degli Esteri, prima della guerra ucraina, sarebbe stato impensabile. Gli USA si sono enormemente sopravvalutati.

 

[4]

 

L’assurdità della guerra moderna

 

In fondo le guerre odierne sono assurde, profondamente disumane, anche per una semplice ragione: basta un missile per distruggere completamente una casa che si è costruita dopo tanti anni di sacrifici. Tutto quello che si aveva sparisce in un attimo. Si deve ricominciare tutto da capo, e non sempre si ha un’età appetibile per il mercato del lavoro.

Come si fa a non desiderare la pace? A non essere disposti a cedere qualcosa pur di farla finita con questo scempio? Possibile che gli ucraini abbiano in testa solo l’aut-aut di Kierkegaard e non l’et-et di Hegel? Possibile che non conoscano parole come mediazione, compromesso…? Lo capisce anche un bambino che il Donbass e la Crimea sono un’altra cosa rispetto al resto del Paese, e quando non si è capace di rispettarsi, è meglio dividersi: si fanno meno danni.

Le armi sono talmente devastanti che, pur essendo convenzionali, ammazzano sul colpo o fanno restare gravemente menomati, al punto da desiderare la morte. E se anche non infieriscono, per puro caso, sul corpo, lo fanno nella psiche, nella mente, creando disturbi, disagi a non finire, ricordi indelebili, non facilmente risolvibili, soprattutto nei bambini.

Noi europei, pur avendo vissuto due guerre mondiali, prendiamo con troppa superficialità queste tragedie, forse perché la generazione che ha vissuto l’ultima, quasi non esiste più. C’è da dire anche che le guerre in genere avvengono lontano da noi: o per motivi logistici (vedi quelle in Medioriente, Afghanistan, Libia…), o per motivi ideologici (vedi quella contro il cosiddetto “terrorismo islamico” o contro la Jugoslavia socialista).

In presenza dell’attuale conflitto russo-ucraino abbiamo reagito istintivamente, alimentando una russofobia senza precedenti, analoga a certe ondate antisemitiche del nostro passato europeo. L’abbiamo fatto sostanzialmente per due motivi: gli ucraini sono europei come noi, anche sul piano somatico, sono fisicamente nostri confinanti e non sono né islamici né comunisti.

Neanche la Russia è islamica o comunista, ma siccome è molto grande ed è lontana, e nei suoi confronti abbiamo nutrito paura sin da quando ha compiuto la rivoluzione d’Ottobre, abbiamo deciso di dipingerla come il lupo delle fiabe che ci leggevano da bambini, che non era mai sazio di nulla e che le faceva di tutte pur di sfamarsi.

Ecco perché non abbiamo voluto sentire ragioni sulle motivazioni dell’operazione bellica scatenata da Putin. Le abbiamo ritenute a priori tutte sbagliate, frutto di una perversa propaganda, completamente falsa. Come manichei che vedono il mondo in bianco e nero, abbiamo deciso di credere senza discutere a tutto quanto dicevano gli ucraini, fossero popolani o politici.

Abbiamo riempito i telegiornali e i talk show di casi pietosi, abbiamo rincorso i profughi per intervistarli, abbiamo seguito, passo dopo passo, gli sforzi delle loro truppe militari, armandole e finanziandole come meglio potevamo. E in mezzo a tutto questo abbiamo fatto finta di non vedere né la guerra civile durata 8 anni, né il mancato rispetto degli accordi di Minsk, né la forte presenza dei neonazisti seguaci di Bandera, né i pericolosi laboratori biologici gestiti dagli americani, né l’uso strumentale dei civili come scudi umani, né la corruzione dilagante a livello istituzionale, né la sceneggiata di Bucha, né le tante madri surrogate e tante altre schifezze.

Tutte queste cose per noi erano o indimostrate o irrilevanti. Corriamo come cavalli coi paraocchi. L’importante è vincere il feroce orso russo, il mostro Putin, cui auguriamo tutto il male possibile, perfino che qualcuno nel suo Paese lo faccia fuori o che se lo porti via qualche tumore maligno. Siamo diventati folli come Orlando, il cui senno è addirittura finito sulla Luna.

Un’ipnosi collettiva in cui ci si giustifica a vicenda, come in certe sette religiose, che non mettono mai in discussione il verbo del leader carismatico, e dove si guarda con sospetto la minima dissidenza dalla narrativa ufficiale: ecco in quale tunnel ci siamo infilati.

Di fronte a un fenomeno così socialmente vasto e profondo è difficile pensare che riusciremo a venirne fuori una volta conclusa la pace. Sarà impossibile ammettere spontaneamente che si era presa una sonora cantonata. Meno che mai faranno autocritica i gestori del potere politico e mediatico. Ci vorrà un atto di forza, una spallata per togliersi di dosso questo insopportabile fardello, incapace di leggere il nuovo mondo multipolare che sta per nascere. Noi non possiamo rischiare che nel caso di un prossimo conflitto europeo o asiatico (vedi la questione di Taiwan), a qualcuno venga voglia di premere un bottone nucleare.

 

Astratte supposizioni

 

Supponiamo che tra 100 anni non esistano più armi da fuoco convenzionali. Di nessun tipo, tutte vietate e in tutto il mondo. Guerre come quella russo-ucraina sarebbero impossibili: niente armi convenzionali, niente eserciti.

Dobbiamo però tener conto che esistono anche le armi di distruzione di massa (nucleari, neutroniche, ipersoniche, chimiche, batteriologiche ecc.). Supponiamo che ogni Stato abbia a disposizione queste armi e che solo tre persone per ogni Stato abbiamo i codici per farle partire: il presidente e due suoi fidati collaboratori.

Supponiamo anche che queste armi possano essere collocate solo all’interno dei confini terracquei e aerospaziali relativi a ogni singolo Stato, nel senso che nessuno Stato possa avere una propria base al di fuori dei propri confini.

Ci sentiremmo più sicuri rispetto ad ora? Neanche per idea. Senza cooperazione, solidarietà e fiducia reciproca, amicizia tra i popoli non ci sarà mai alcuna pace. Ci sarà sempre qualcuno che cercherà d’imporsi su un altro. Proprio perché non c’è pace senza giustizia.

Possiamo pensare di diminuire le armi distruttive di massa prima di raggiungere la pace? Sì, ma a una condizione: che ci siano i suddetti valori.

È su questi valori che dovremmo concentrarci: la pace non può essere una tregua momentanea, ma una garanzia relativamente sicura. E la garanzia non è data solo dall’assenza di armi o da una loro limitazione significativa o dal fatto che solo pochissime persone possono usarle. Ci vogliono dei valori positivi, anzi propositivi.

Abbiamo cercato noi europei di promuovere i suddetti valori nei confronti dei rapporti tra Russia e Ucraina? Assolutamente no. Fino a ieri ci siamo vantati d’essere il volto umano del capitalismo mondiale. Oggi la maschera ce la siamo tolta: non siamo molto diversi dai guerrafondai americani. Ci sentiamo un impero e consideriamo quello russo un impero rivale, con cui la posta in gioco è il possesso dell’Ucraina (come già avevamo cominciato a fare dopo il golpe del 2014).

È possibile realizzare i suddetti valori finché esistono gli imperi? Assolutamente no. Tutti gli imperi, inclusi quello russo, cinese, indiano..., contengono elementi autoritari che rendono impossibile la democrazia sul nostro pianeta. Gli imperi non sono altro che una proiezione su vasta scala di quello che un tempo erano gli Stati, cioè quegli organismi che per definizione violano l’autodeterminazione dei popoli (soprattutto se questi appartengono a minoranze, o sono residenti in territori circoscritti).

Questo per dire che qualunque pace si faccia in questo conflitto in Ucraina, sarà soltanto provvisoria finché resteranno in vita gli imperi.

 

1. Introduzione alla corruzione ucraina

 

Esiste una “relazione speciale” del settembre 2021 scritta dalla Corte di Conti europea, avente per titolo: “Ridurre la grande corruzione in Ucraina: diverse iniziative UE, ma risultati ancora insufficienti” (Special Report 23/2021: Reducing grand corruption in Ukraine).

Viene detto che l’Ucraina è un partner geopolitico e strategico per la UE. È uno dei maggiori Paesi dell’Europa in termini geografici e demografici ed è anche uno dei vicini immediatamente confinanti.

Cioè si fa capire che sarebbe un vantaggio per la UE averla al proprio interno. Cosa che si cerca di fare dal 2003. Si dà ovviamente per scontato che abbia molte risorse naturali appetibili.

I rapporti commerciali hanno iniziato alla grande nel 2007, nell’ambito del Deep and Comprehensive Free-Trade Area, ma sono stati interrotti da Yanukovich nel 2013 (che ha preferito – aggiungiamo noi – fare affari con la Russia, ritenendo troppo onerosi quelli col FMI). Tale svolta ha scatenato la rivoluzione di Euromaidan del 2014, dopodiché i suddetti rapporti sono stati ripresi.

Chiaro il ragionamento? Non si è trattato di un “golpe” ma di una “rivoluzione”, che è stata fatta giustamente per ribadire l’intenzione dell’Ucraina di entrare nella UE. I neonazisti non c’entrano niente, e neppure le manovre degli americani.

E ora viene il bello. Nel 2014 la Russia ha annesso la Crimea e Sebastopoli e nell’Ucraina orientale ha avuto inizio un conflitto armato. Di conseguenza la UE ha adottato misure restrittive contro i responsabili di azioni volte a compromettere l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina.

Chiaro il concetto? La Russia ha “annesso” la Crimea, non è stata questa che con un referendum ha chiesto di staccarsi dal governo neonazista di Kiev e di passare sotto la Russia. Di conseguenza la guerra tra Kiev e le due repubbliche del Donbass è stata scatenata dalla Russia.

 

2. I motivi della corruzione

 

L’Ucraina ha un lungo passato di corruzione (iniziata prima del 2014) e si trova ad affrontare sia la piccola che la grande corruzione. La piccola corruzione è diffusa ed è accettata da gran parte della popolazione come se fosse quasi inevitabile. I cittadini spesso giustificano la loro partecipazione a questa piccola corruzione osservando che gli alti funzionari e gli oligarchi sono coinvolti nella corruzione a un livello di gran lunga superiore. Sembra che ci si riferisca all’Italia.

Come si articola questa grande corruzione? Si basa su connessioni informali tra funzionari pubblici, membri del parlamento, pubblici ministeri, giudici, autorità di contrasto, dirigenti di imprese statali e persone/imprese con legami politici. Situazione pesante, non esattamente paragonabile alla nostra.

Al vertice della grande corruzione ucraina stanno gli oligarchi, i quali: manipolano l’opinione pubblica attraverso la proprietà dei principali mezzi mediatici; influenzano a loro favore il processo legislativo tramite il finanziamento a vari partiti e a un gran numero di deputati; controllano l’amministrazione pubblica imponendo i loro candidati nei posti chiave; influenzano fortemente il sistema giudiziario, la magistratura inquirente e le autorità di contrasto; monopolizzano il mercato; esportano i loro capitali all’estero per non pagare le tasse e riciclano quelli sporchi.

Gli oligarchi hanno in mano lo Stato e non vogliono riforme contro i loro interessi. Cioè praticamente, potremmo dire, vivevano una situazione analoga a quella degli oligarchi russi al tempo di Eltsin.

La Corte dei Conti europea si duole di questa enorme e diffusa illegalità. Per motivi etici? No, semplicemente perché in una situazione del genere gli imprenditori europei non si fidano a fare investimenti in questo Paese.

 

3. Il ruolo dell’Unione Europea

 

A fronte di questa incredibile corruzione come si è comportata l’Unione Europea? Consapevole che quel Paese ha enormi risorse da sfruttare, ha fatto finta di niente e l’ha finanziato!

Siccome l’Ucraina è un Paese del partenariato orientale della UE, si è pensato di aiutarla, soprattutto dopo il 2014, in previsione di un prossimo ingresso nella stessa UE. E così la Commissione si è impegnata a versare oltre 12 miliardi di euro per vari programmi di assistenza (anche contro la corruzione), chiedendo in cambio un maggior rispetto dello Stato di diritto.

Ai neonazisti che componevano il governo e che avevano scatenato la guerra civile contro le due repubbliche del Donbass (dopo aver compiuto l’orrenda strage di Odessa), agli oligarchi che avevano in mano il Paese, la Commissione europea (presieduta prima da Barroso, poi da Juncker) chiedeva di rispettare le regole della democrazia, altrimenti il Paese non sarebbe potuto entrare nella UE.

 

4. Osservazioni della Corte dei Conti

 

La Corte dei Conti europea doveva mestamente constatare che tutti gli sforzi finanziari della UE per democratizzare l’Ucraina non erano serviti quasi a niente. Solo nel periodo 2018-20 più di 250 disegni di legge comportavano rischi di corruzione.

Cioè non era come da noi, ove vige il detto “fatta la legge, trovato l’inganno”, ma l’inganno, per non correre rischi, veniva codificato a monte. Tant’è che anche le imprese degli oligarchi soggette a rischio fallimento o al pagamento di grossi debiti pregressi beneficiavano di una moratoria praticamente illimitata.

Non solo, ma i grandi corruttori potevano circolare liberamente in Europa.

Nel 2014 lo stesso governo ucraino aveva osservato che il potere giudiziario (Corte costituzionale e Procura generale) era considerato una delle istituzioni più corrotte nel Paese (essendo totalmente subordinate a pressioni o decisioni politiche). Tuttavia lo stesso governo tendeva a far credere agli organi di controllo della UE che le riforme richieste erano state attuate a partire dal momento in cui veniva varata la legge richiesta, anche se poi la legge non veniva applicata quasi per niente sul piano amministrativo.

Un esempio eclatante del livello di corruzione è stata la dichiarazione di incostituzionalità (da parte della Corte costituzionale) di una legge del 2015 in cui si considerava reato l’arricchimento illecito. Poi però, per accontentare la UE, il parlamento ucraino approvò un nuovo disegno di legge nell’ottobre 2019 che reintrodusse la responsabilità penale per questo reato.

Un altro caso lo troviamo nella decisione della Corte costituzionale (ottobre 2020) di dichiarare incostituzionali i poteri di verifica dell’agenzia nazionale per la prevenzione della corruzione per quanto riguarda la dichiarazione della situazione patrimoniale (che se mendace andava giudicata penalmente responsabile). Poi però per soddisfare le richieste della UE il parlamento ha dovuto fare marcia indietro.

Paradossalmente non succedeva come da noi, quando la Corte costituzionale fa le pulci alle leggi del parlamento, ma, al contrario, era il parlamento, pressato dalla UE, a dover correggere l’arbitrio della Corte costituzionale.

La Commissione europea fu addirittura costretta ad annullare nel 2021 un progetto di gemellaggio con la Corte costituzionale ucraina a seguito della decisione adottata da quest’ultima nell’ottobre 2020 d’invalidare le riforme anticorruzione.

Quando la Commissione europea pretese che l’incarico di pubblico ministero fosse sottoposto a una pubblica selezione, i 1.800 che non superarono le prove fecero tutti ricorso. Questo perché veniva considerata dominante la “raccomandazione” anche per un ruolo così importante. Non a caso tra il 2016 e il 2020 il livello di fiducia nella Procura generale non superava il 20%. Ma anche la polizia nazionale e i servizi di sicurezza erano intorno a quella percentuale.

Altro paradosso: il governo aveva accettato la realizzazione di piattaforme digitali “ProZorro” e “DoZorro” per gli appalti pubblici, al fine di garantire trasparenza e monitoraggio (che peraltro non ha mai funzionato per la mancanza di controlli incrociati). Tuttavia non aveva fatto chiudere il sito dei neonazisti Myrotvorets, nato nel 2016, in cui si profilavano le persone da considerare indesiderate in quanto filorusse.

Si poteva far entrare in Europa uno Stato messo in queste condizioni? Evidentemente no, anche se la Commissione europea tendeva a minimizzare i problemi. Ora però che è stato attaccato dalla Russia, tutti i problemi sembrano essersi risolti magicamente.

 

5. Conclusioni della Corte dei Conti

 

Prima dello scoppio della guerra in Ucraina l’ente nazionale anticorruzione di quel Paese stava indagando su importanti sistemi di corruzione, come p.es. il caso di Privatbank (la più grande banca commerciale ucraina, di proprietà dell’oligarca sponsor di Zelensky, Ihor Kolomoyskyi). Tuttavia l’ente ha affermato d’essere stato a lungo ostacolato, nell’espletamento delle sue funzioni, dal servizio per la sicurezza nazionale dell’Ucraina, che vuole mantenere il controllo sulle intercettazioni e sull’accesso ai registri.

La Procura specializzata nella lotta alla corruzione, sebbene responsabile di adire la giustizia per i casi di corruzione ad alto livello, continuava a far parte della Procura generale e quindi non era del tutto indipendente. A tale proposito nel 2018 scoppiò lo scandalo delle intercettazioni, da cui emergeva che il responsabile di tale Procura specializzata avrebbe fatto pressione su pubblici ministeri e giudici.

Anche l’Alta Corte anticorruzione (nata nel 2019) era impossibilitata ad agire con sicurezza ed efficacia. Idem per l’agenzia per il recupero e la gestione dei beni, continuamente ostacolata dall’ostruzionismo delle autorità di contrasto.

La grande corruzione rimane un problema cruciale in Ucraina. La riforma giudiziaria è soggetta a battute d’arresto, le istituzioni anticorruzione sono a rischio, la fiducia in tali istituzioni rimane bassa e il numero di condanne per grande corruzione è modesto. Gli oligarchi e gli interessi costituiti in Ucraina sono la causa più profonda della corruzione e i principali ostacoli allo Stato di diritto e allo sviluppo economico del Paese.

Il Servizio europeo per l’azione esterna e la Commissione europea erano a conoscenza delle molteplici connessioni tra oligarchi, alti funzionari, governo, potere giudiziario e imprese statali, ma non hanno mai proposto alcun modello per limitare l’ingresso nella UE di cittadini ucraini sospettati di grande corruzione e impedire loro di utilizzare i propri beni nella UE. Anche se i principali documenti della UE menzionano la lotta alla corruzione, non vi è una strategia globale che affronti specificamente la grande corruzione.

Si sperava di migliorare la situazione ucraina entro la fine del 2022, ma la guerra ha dato una svolta in tutt’altra direzione. E comunque gli enti europei chiedevano insistentemente che il gran numero di imprese statali venissero privatizzate. Il che avrebbe inevitabilmente favorito proprio il sistema degli oligarchi che si voleva combattere.

 

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Il decalogo di Tiozzo

 

Stefano Tiozzo indica a noi italiani 10 lezioni fondamentali che si possono ricavare, dopo i primi tre mesi, dal conflitto ucraino.

1. Anche se una cosa da un punto di vista logico-razionale non ha alcun senso, questo non è in alcun modo una garanzia perché questa cosa non succeda. Purtroppo la storia dell’umanità va avanti spesso per scommesse sbagliate o valutazioni errate, per cui bisognerebbe far di tutto per intavolare trattative di pace, invece che porre continue sanzioni ai russi e inviare armi agli ucraini. Stiamo attenti che quando sentiamo dire che non si può arrivare a una guerra atomica, perché non conviene a nessuno, non è affatto detto che ciò non possa avvenire.

2. Le sanzioni non servono a finire una guerra. La Russia è stato il Paese più sanzionato nella storia dell'umanità e sicuramente ne soffrirà. Però intanto ha occupato il 20% del territorio ucraino, ha smentito tutte le previsioni di un suo imminente default, anzi il rublo ha aumentato del 20% il suo valore, e in definitiva tutte queste sanzioni sembrano facciano più male a noi europei.

3. Gli USA hanno sequestrato la totalità delle riserve in valuta estera di uno Stato sovrano ritenuto nemico, cioè hanno usato i soldi come un’arma militare. Questo significa che altri Stati iniziano a vedere le loro riserve in dollari come un rischio, poiché nel momento in cui si dovesse verificare una situazione di conflitto con gli USA, nessuno può dare a questi Stati la garanzia che queste riserve vengano mantenute. La conseguenza più immediata di ciò è che si cominciano a ritirare gradualmente le proprie riserve in dollari e a convertirle in altri asset più affidabili. Il che porterà alla fine del sistema finanziario mondiale basato sul dollaro, cioè alla fine della globalizzazione e del mercato mondiale per come li conosciamo adesso. Sta per nascere un mondo multipolare che al momento ci è ancora ignoto.

4. L’Europa sembra non avere alcuna autonomia nelle sue decisioni: dal punto di vista strategico sia in politica estera che in quella militare dipende completamente dagli USA. Si differenziano in parte la Francia sul piano diplomatico e la Germania su quello militare, che, avendo messo in preventivo di spendere 100 miliardi di euro, è destinata a diventare tra qualche anno la terza potenza militare del mondo. Tutti gli altri Stati europei, incluso il nostro, sono completamente appiattiti sulla narrativa americana.

5. Nel mondo dei media e della comunicazione le parole hanno perso il loro significato, si va completamente impoverendo il linguaggio e quindi la capacità di descrivere le cose per quello che realmente sono: vedi p.es. l’uso a sproposito della parola “genocidio”, riferito ai russi nei confronti degli ucraini. Ma non ha neppure senso circoscrivere questa guerra nel binomio democrazia (riferito all’Ucraina) e dittatura (riferita alla Russia): il motivo dello scatenamento dell’intervento armato non c’entra niente con nessuno dei due termini. Lo stesso facciamo coi termini “sanzioni” e “ricatti”: non ha alcun senso definire “ricattatorie” le contromisure (p.es. il pagamento degli idrocarburi in rubli) che la Russia prende contro le sanzioni che noi le abbiamo inflitto.

6. L’eccessiva dipendenza di una serie di strumenti tecnologici usati in tutto il mondo (p.es. il web, le chat, le app...), nei confronti di aziende americane che fanno capo a un’unica nazione è un grosso rischio. Cioè noi possiamo essere spenti in qualunque momento, non avendo alcun sovranismo digitale, e l’Unione Europea non fa nulla per garantirselo. I cittadini russi han dovuto ricorrere a piattaforme del tutto indipendenti da quelle americane.

7. Il sistema d’informazione dei quotidiani e dei TG si è completamente degradato a mera propaganda e intrattenimento, senza alcun ritegno, facendo passare per vere cose assolutamente false o inventate. Sono talmente tante le fake news a favore degli ucraini che il cittadino comune è portato sempre più a non fidarsi di niente e di nessuno. Da questo punto di vista vivere in una dittatura o in una democrazia è la stessa cosa.

8. Questa non è una guerra tra Russia e Ucraina ma tra Russia e Stati Uniti. L’Ucraina viene usata come pretesto. Questo però comporta che tantissime persone si ritrovano a essere filoputiniane pur essendo soltanto antiamericane. Ora, guardando le guerre degli ultimi 70 anni è difficile non essere antiamericani, ma guardando gli ultimi 20, sarebbe difficile essere filoputiniani se non ci fosse stata questa guerra di mezzo. Lo stesso Putin ha degli indici incredibili di consenso in Russia non come persona, ma come simbolo di una netta opposizione all’unipolarismo americano. Quindi essere antiamericani e filoputiniani sono due cose completamente diverse, che appaiono simili solo in virtù della guerra.

9. I massmedia presentano la violenza secondo un doppio standard: ce n’è una buona (quella ucraina) e una cattiva (quella russa), quando in realtà sono la stessa cosa. Questo perché qualunque guerra porta con sé il peggio che l’umanità possa produrre. Non ha senso sostenere che quando sono gli ucraini a compiere delle efferatezze si tratta di danni collaterali, mentre quando le fanno i russi occorre un nuovo processo di Norimberga.

10. Questa guerra ci ha fatto completamente dimenticare altre emergenze, p.es. quella ambientale. Che senso ha far di tutto per separarci dalla Russia e poi riaprire le centrali a carbone? Mandiamo all’aria in un attimo gli ultimi 50 anni della nostra storia. Quando ho sentito Draghi dire in televisione che dobbiamo scegliere tra la pace e il condizionatore, mi è parsa la cosa più stupida che abbia mai sentito in tutta la mia vita. Le questioni ambientali, la transizione energetica sembrano solo un lusso per momenti in cui va tutto bene.

Fonte: youtube.com/watch?v=rsFx4GBeF-8

 

L’insostenibile leggerezza dell'essere

 

“La guerra mondiale del pane è già in corso e dobbiamo fermarla. Rischiamo l’instabilità politica in Africa, la proliferazione di organizzazioni terroristiche, colpi di Stato”, ha detto Di Maio.

Poi ha aggiunto, mostrando d’essere completamente allineato alla propaganda americana e dei neonazisti di Kiev: “Putin deve venire al tavolo, deve raggiungere prima possibile un accordo di pace, che passi anche per un accordo sul grano, come un accordo sul cessate il fuoco per permetterci di evacuare donne, civili e bambini che sono ormai da 100 giorni sotto le bombe russe nell’est dell’Ucraina”.

Dopo tre mesi di guerra ancora non ha capito:

- che sono gli ucraini a usare i civili come scudi umani e quindi a non permettere l’uso dei corridoi umanitari;

- che Putin non si lascerà ricattare con la questione dei cereali per porre fine alla guerra in Ucraina, senza conseguire l’obiettivo che l’ha determinata (meno che mai ora che sta vincendo);

- che questa guerra del pane è alimentata dall’occidente con le sue sanzioni alla Russia, che non le permettono di commerciare come vuole;

- che il mar Nero è pieno delle mine dell’Ucraina, per cui non è facile navigarlo.

Questo bambino totalmente incompetente di questioni militari non capisce che la Russia non farà mai il primo passo in direzione della pace finché l’occidente continua a sanzionarla in maniera sempre più grave e a rifornire di armi sempre più potenti l’esercito ucraino (che anche ieri ha bombardato pesantemente i civili di Donetsk, uccidendone 5 e ferendone 20).

Continua a ragionare in termine di rapporti di forza con uno Stato che potrebbe incenerirci in pochi minuti. Come si fa a fare il ministro degli Esteri senza un minimo senso della realtà?

 

Le minoranze oppresse in Ucraina

 

L’Ucraina è un Paese incredibilmente vario quanto a minoranze etnico-linguistiche. Se non fosse stata gestita da una banda di criminali (a partire dal 2014), avrebbe potuto essere un laboratorio culturale di eccezionale livello.

Facciamone un elenco (riferito ovviamente al periodo precedente l’attuale conflitto e solo alle nazionalità e gruppi etnici prevalenti, escluso quello russo):

Belorussi 275.800; Moldavi 258.600; Bulgari 204.600; Ungheresi 156.600; Rumeni 151.000; Polacchi 141.100; Ebrei 103.600; Armeni 99.900; Greci 91.500; Tatari 73.300; Rom 47.600; Azeri 45.200; Georgiani 34.200; Tedeschi 33.300; Gagauzi 31.900.

Nel censimento del 2001 il 77,8% della popolazione ha dichiarato d’essere di nazionalità ucraina e il 17,3% di nazionalità russa, ma a ciò non corrisponde esattamente una pari ripartizione tra l’uso dell’ucraino e del russo nel Paese. La lingua russa infatti è una lingua madre per almeno 14.273.000 di cittadini ucraini (il 29,3% della popolazione totale).

Di regola gli analisti vedono questa situazione come un limite allo sviluppo dello Stato nazionale, invece che come una ricchezza.

Come noto, la minoranza russa è concentrata nella parte orientale del Paese e in Crimea, cioè nelle zone dove l’indipendenza dell’Ucraina e il suo distacco dalla secolare unione istituzionale con la Russia è stata salutata nel 1991 con ben poco entusiasmo.

Purtroppo la scarsa tradizione democratica di questo Paese ha fatto sì che quando al governo sono andati gli ultranazionalisti, tutte queste minoranze siano state particolarmente vessate, fino al punto in cui una di queste, quella russa, ha reagito violentemente.

Per evitare l’attuale conflitto sarebbe stato sufficiente concedere, anzi riconoscere ampie autonomie amministrative, fiscali, culturali e linguistiche, in nome dell’autodeterminazione dei popoli, favorendo la loro integrazione e il rispetto reciproco (come p.es. abbiam fatto noi con l’Alto Adige).

Invece niente di niente. Il governo di Kiev non ha perseguitato solo i russi, ma anche tutte le altre minoranze, al punto che la legge del 1° luglio 2021, “Sui popoli indigeni dell’Ucraina”, stabiliva che nel Paese venivano riconosciuti come popoli indigeni solo quelli che si erano formati sul territorio della penisola della Crimea, cioè i tatari, i caraimi e i crimciacchi, gli unici a poter essere istruiti nelle loro lingue in tutto il ciclo d’istruzione secondaria generale. Le repubbliche popolari di Donetsk e di Luhansk e la repubblica autonoma di Crimea venivano considerate “temporaneamente occupate”. E quando fossero state liberate, la lingua ucraina avrebbe dovuto essere considerata obbligatoria come prima lingua.

 

La fine della parità linguistica in Ucraina

 

Come noto l’Ucraina nasce come Stato indipendente solamente nel 1991, quando si è staccata dall’URSS implosa. Le lingue che vi si parlano, solo per stare all’epoca moderna, sono una conseguenza di una complessa storia di occupazione o di assimilazione da parte di entità imperiali o comunque di notevoli dimensioni: Regno di Polonia, Granducato di Lituania, Confederazione Polacco-Lituana, Impero Austro-Ungarico, Impero Russo e Unione Sovietica.

Tali diverse appartenenze non sono solo all’origine dell’attuale enorme polifonia etnica dell’Ucraina, ma anche della formulazione di modelli differenti di tutela nei confronti dei gruppi minoritari presenti al suo interno.

Furono p.es. i bolscevichi i primi a introdurre il concetto di “minoranze nazionali”, vietando qualsiasi tipo di oppressione delle stesse. Queste minoranze avevano la possibilità di creare delle “unità amministrative territoriali”, aventi spessore nazionale.

Poi però con la formazione dello stalinismo l’obbedienza ai diktat di Mosca fu vissuta in maniera particolarmente dolorosa. Almeno fino alla svolta gorbacioviana, che riportò le cose al periodo bolscevico.

Tuttavia dopo il crollo dell’URSS si tende a formare in Ucraina un atteggiamento progressivamente ostile a tutte le minoranze etnico-linguistiche, alle quali, ad un certo punto, non si permette più di creare delle “unità amministrative nazionali”. L’unica vera eccezione era costituita dalla Crimea, regalata dall’URSS all’Ucraina nel 1954, a titolo di riparazione dei danni subiti sotto lo stalinismo.

La Crimea veniva considerata una repubblica autonoma. Al censimento del 2001 tra i cittadini ucraini ivi residenti il 58,3% si dichiarava di nazionalità russa, il 24,3% di nazionalità ucraina, mentre il 12,0% di nazionalità tartara.

Quando entrò in vigore la Costituzione ucraina del 1996 le modalità di uso delle lingue erano rimaste le stesse del 1989, e cioè l’ucraino era la lingua statale, ma il russo era la lingua per la comunicazione interetnica, quindi seconda lingua ufficiale. Alle varie nazionalità si permetteva di parlare le loro lingue regionali nelle istituzioni pubbliche.

Si è andati avanti così fino ai due presidenti filorussi Kravchuk (1989-94) e Kuchma (1994-2004). Poi con la cosiddetta “rivoluzione arancione” del 2004 le cose sono andate significativamente cambiando. Il filonazista Yushchenko (2004-10) non aveva più intenzione di proteggere le minoranze.

Praticamente la presidenza del suo successore filorusso, Yanukovich (2010-14), fu una parentesi tra due linee di estrema destra. Con lui infatti la lingua russa assumeva lo status di lingua regionale prevalente in ben 13 regioni su 24, più altri territori minori. Persino l’ungherese e il romeno ottenevano lo status di lingua regionale in due regioni, mentre il tataro, accanto al russo, diventava lingua regionale nella Repubblica autonoma di Crimea.

Col golpe del 2014 il destino delle minoranze linguistiche cominciò a diventare piuttosto amaro. Anche la lingua russa subì la stessa sorte. Cultura, istruzione, educazione dovevano essere improntati su valori occidentali (addirittura più americani che europei), che di russo, di slavo, di non ucraino non dovevano avere nulla. I presidenti Poroshenko e Zelensky sono stati i principali fautori del declino democratico e pluralistico del loro Paese.

 

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Si può dare e fare di più

 

Scrive Daniele Dell’Orco su “Il Giornale” del 5 giugno:

D’Alema sostiene che sia necessario un comprehensive agreement: “Non c’è pace vera senza le ragioni della Russia. Che sono la sua sicurezza e la tutela dei diritti delle sue minoranze nelle repubbliche ex-Urss. Ma non dimentichiamo che la Russia ha perso le sue ragioni mettendo in atto la brutale aggressione all’Ucraina”.

È un po’ uno scioglilingua, visto che se un Paese ha delle ragioni che poi perde con la scelta d’invadere un altro Paese, non si capisce come e perché l’Occidente dovrebbe tenerne ancora conto. O comunque, non si capisce come possa un accordo essere “comprensivo” se le ragioni dell’uno sono state già affermate con la forza e di certo non sarà in vena di fare concessioni.

L’ex premier nel suo arzigogolato ragionamento, però, si dice certo di una cosa: l’Europa deve essere protagonista del processo di pace. Il che equivale a dire che il Vecchio Continente deve dare garanzie di sicurezza alla Russia e non all'Ucraina... A decidere per l’Ucraina, insomma, sarebbero tutti tranne che l’Ucraina stessa.

Fin qui l’articolista.

Io a D’Alema avrei detto questo: “Putin ha conservato le sue ragioni, nonostante l’intervento armato, semplicemente perché l’occidente non le ha mai avute. Cioè se la UE avesse condannato il neonazismo ucraino, avesse chiesto il rispetto degli accordi di Minsk, avesse ascoltato l’OSCE quando diceva che in Donbass esiste una sanguinosa guerra civile da 8 anni, Putin non avrebbe fatto assolutamente nulla. Ufficialmente ha riconosciuto le due repubbliche solo pochi giorni prima aver avviato l’intervento armato. Quindi, considerando che il governo di Kiev aveva intenzione di prendersi con la forza sia le due repubbliche che la Crimea, Putin conserva tutte le sue ragioni, e le conserverà sino alla fine del conflitto, a prescindere dal fatto che lui nel suo Paese sia un autocrate. Quindi è giusto quel che dici: con lui bisogna trattare, anche perché inviare armi a Kiev non serve a niente, se non a fare altri inutili stragi di civili, come i soldati ucraini stan facendo in questi giorni nel Donbass”.

Al giornalista invece avrei detto: “Ormai l’han capito anche i bambini che la guerra in corso non è tra Russia e Ucraina ma tra Russia e Occidente. Quindi è evidente che nella trattativa di pace l’Ucraina non avrà nessun potere contrattuale. Esattamente come ha dimostrato fino adesso”.

Fonte: ilgiornale.it

 

Kiev non apprezza. E allora?

 

Kiev non ha apprezzato (di fatto chiedendo la censura) che alcuni media francesi, l’agenzia di stampa France Presse e le tv LCI, privata, e France 2, pubblica, abbiano accettato di farsi accompagnare dalle truppe russe per visitare alcune zone del sud dell’Ucraina, tra cui le città di Mariupol e Kherson.

“Se accetti di muoverti con l’esercito russo, accetti di mostrare al mondo solo quello che loro vogliono far vedere”, ha detto la portavoce dell’ambasciata d’Ucraina a Parigi.

Il nazismo si vede anche da queste semplici dichiarazioni. Chiunque infatti avrebbe potuto obiettare che vale anche il contrario. L’abbiamo visto in occasione dei delegati della UE che han visitato Bucha, accompagnati solo da dirigenti ucraini. Si sono bevuti senza fiatare la versione dell’orrendo crimine “russo”, senza accettare la tesi secondo cui l’esercito ucraino si serve dei civili come scudi umani, impedendo loro di usare i corridoi umanitari. E soprattutto non hanno creduto alla tesi della sceneggiata televisiva da parte degli operatori ucraini (e inglesi).

Ma possiamo scommettere che, a guerra finita, tutte le falsità messe in piedi dai neonazisti non interesseranno minimamente il mainstream mediatico occidentale. A noi piace ascoltare ciò che conferma i nostri pregiudizi, non ciò che li smentisce.

 

I sondaggi contano qualcosa?

 

Così scrive Drago Bosnic, un analista geopolitico e militare:

Dall’inizio dell’operazione militare speciale voluta da Putin la russofobia ha raggiunto livelli che possono essere descritti solo come psiconevrosi di massa borderline.

Spesso è così estrema che dovrebbe essere curata da medici specialisti altamente qualificati come psichiatri e studiata a fondo da psicologi clinici. Infatti, pur dicendo che le sanzioni anti-russe e le azioni generalmente anti-russe non sono dirette contro il popolo russo, la cultura, la lingua russa, ecc., di fatto è proprio questo che sta accadendo. Le sanzioni imposte alla Russia sono state progettate specificamente per far crollare l’economia russa, poiché questo è l'obiettivo esplicitamente dichiarato.

Tuttavia questo tentativo non solo è fallito miseramente, ma si è anche ritorto contro, mandando i mercati occidentali in una frenesia di alta inflazione e stagnazione economica (o addirittura recessione), altrimenti nota come stagflazione.

Paradossalmente l’occidente politico ha deciso di sfruttare questi problemi per spingere verso una maggiore russofobia, incolpando letteralmente la Russia di tutto: dall'aumento dei prezzi (iniziato però più di un anno prima del conflitto) alla carenza di cibo globale, inclusa la carenza di alimenti per bambini negli Stati Uniti, sino alla diffusa carestia che ha devastato lo Yemen negli ultimi 7 anni (come se non si sapesse che l’occidente politico e i suoi alleati regionali tengono lo Yemen in uno stato d’assedio perpetuo, bloccando le importazioni di cibo e bombardandolo quotidianamente).

Sono accuse insensate proprio perché la stessa Russia prevede un raccolto record quest’anno, ma è evidente che se non le si permette di venderlo, molti Paesi faranno la fame.

Non esiste un blocco russo dei porti ucraini. Sono le migliaia di mine marine, posizionate dagli ucraini per difendere i loro porti, che rendono impossibile il transito marittimo dall’Ucraina.

Ma la cosa che più sconcerta l’occidente politico è che gran parte del mondo, quello soggetto da secoli al globalismo euroamericano, non crede affatto al valore di questa propaganda antirussa.

Lo dimostra anche un sondaggio del “Guardian” pubblicato il 30 maggio.

L’indice annuale di percezione della democrazia copre 52 Paesi in Asia, America Latina, Stati Uniti ed Europa. Maggioranze in Grecia, Kenya, Turchia, Cina, Israele, Egitto, Nigeria, Indonesia, Sud Africa, Vietnam, Algeria, Filippine, Ungheria, Messico, Tailandia, Marocco, Malesia, Perù, Pakistan, Arabia Saudita e Colombia pensano che i legami economici con la Russia non dovrebbero essere affatto tagliati. Esistono opinioni nettamente positive sulla Russia in Cina, India, Indonesia, Egitto, Vietnam, Algeria, Marocco, Malesia, Pakistan e Arabia Saudita.

Le opinioni negative sulla Russia sono in gran parte limitate all’Europa e ad altre democrazie liberali.

Insomma sembrano essere lontani i tempi in cui intere nazioni, come p.es. quelle dei serbi, iracheni o siriani, potevano essere demonizzate e poi fatte fuori nella più generale impunità.

Fonte: databaseitalia.it

 

Una lista ufficiale di proscrizione

 

Due testate antiputiniane come “Corriere della Sera” e “Open” hanno reso pubblica la “lista nera” elaborata dai servizi segreti italiani su richiesta del Copasir, il cui presidente è Adolfo Urso (FdI).[10] Siamo alle prove di regime.

Nella lista compaiono studiosi, giornalisti, analisti che, secondo i servizi, sarebbero il megafono in Italia della propaganda russa. Non mancano neanche le “foto segnaletiche”, per facilitare semmai qualche manesco tifoso dei “kantiani di Azov”.

Si può dire tranquillamente che hanno fatto in modo sicuramente più “professionale” quel lavoro sporco fatto “privatamente” da Fabrizio Rondolino, ex militante del Pci e membro dello staff di Massimo D’Alema.

In questa lista del Copasir (rifiutata anche dal presidente dell’Ordine dei Giornalisti, Carlo Bartoli) troviamo personalità come Alberto Fazolo, Maurizio Vezzosi, Manlio Dinucci, Giorgio Bianchi, Alessandro Orsini, Vito Petrocelli, la testata giornalistica “L’Antidiplomatico” e tanti altri. Nessuno però occupa posti di rilievo nelle redazioni dei giornali o delle televisioni. Al massimo sono presenti nei social network. Parlare quindi di “rete di propaganda” è risibile, almeno rispetto a quella filoucraina ben presente i tutti i TG e nei maggiori quotidiani e che può contare su quasi tutto il parlamento.

Questa informazione ufficiale, che è poi mera “propaganda”, non sopporta un’informazione alternativa, che sfugge al controllo, anche perché la maggioranza della popolazione italiana continua a ripudiare gli argomenti dei guerrafondai.

È bene sapere che per essere filorussi basta essere contrari alla NATO e al 2% del PIL per le armi, alle sanzioni economico-finanziarie alla Russia, al neonazismo di Kiev, all’invio di armi agli ucraini, all’unipolarismo euroamericano. Soprattutto non si deve essere a favore dell’autodeterminazione dei popoli (nella fattispecie quella rivendicata dai russofoni del Donbass e della Crimea che non vogliono stare sotto il governo di Kiev).

Devo dire che se le condizioni sono queste, sono disposto ad autodenunciarmi e a chiedere d’essere inserito in quella lista nera.

 

Colpi letali sempre più gravi alla nostra economia

 

Variazioni annue per l’Italia da marzo 2021 a marzo 2022, secondo l’ISTAT:

- import energetico cresciuto del 157,7%

- prezzi energia aumentati del 72,5%

- deficit bilancia energetica aumentato di 5.271 milioni di euro

- disavanzo totale –8.065 milioni di euro rispetto ai –2.794 milioni di euro nel 2021

- export italiano verso la Russia diminuito del 50,9%

- bilancia commerciale in disavanzo –84 milioni di euro rispetto a un avanzo di +5.190 milioni nel 2021

E questa è solo la fase iniziale della crisi. Il crollo l’avremo quando metteremo sanzioni anche sul gas russo per importare quello americano, molto più costoso (perché basato su asta) e devastante per l’ambiente, cioè quando andremo a collocare due nuove navi (dentro addirittura i porti di Piombino e Ravenna) con gli impianti di rigassificazione di media taglia, che andranno ad aggiungersi agli impianti di Livorno, La Spezia e Rovigo. Due navi metaniere arriveranno invece a Portovesme e Porto Torres in Sardegna. Un nuovo impianto sarà realizzato dalla Edison nell’area portuale di Oristano.

Il ministro della transizione ecologica, Roberto Cingolani, pensa che non ci siano gravi problemi di sicurezza nel mettere i rigassificatori all’interno dei suddetti porti. Ma sentiamo cosa dice il prof. Francesco Cappello (che abita a Pisa) sul terminale di rigassificazione FRSU (OLT Offshore Gas Naturale Liquefatto), posto a circa 22 km da Pisa e Livorno. La struttura è costituita da una nave metaniera opportunamente modificata e ancorata in modo permanente al fondale marino. Il gas è immesso nella Rete Nazionale dei Gasdotti tramite una condotta sottomarina che giunge a terra.

Lui dice che quel rigassificatore ha un contenuto energetico enorme, che a pieno carico è pari a più di 50 bombe atomiche di Hiroshima. Attorno alla postazione esistono aree più o meno interdette, con tanto di nave guardiana dotata di strumenti anti-incendio e anti-inquinamento (a causa del cloro usato per mantenere pulite le condotte). Mettere una struttura del genere in un porto come quello di Piombino, che in un anno ha un traffico di quasi 100.000 veicoli con oltre 3 milioni di passeggeri, più gli abitanti della città, è folle. Vi è una lunga serie di incidenti in tutto il mondo a carico di queste strutture.

C’è già chi chiede di istituire un fondo per compensare le perdite causate dalle sanzioni mosse contro la Russia. Come se fosse stata la Russia a imporle a noi e non il contrario!

Fonte: youtube.com/watch?v=8UMNxWJ8zLc

 

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Cinismo ucraino

 

È stato trovato il sito sul Dark Web Marketplace dove gli ucraini vendono (generalmente a organizzazioni terroristiche del Medioriente e Nordafrica) le armi che l’occidente spedisce al loro Paese. Per es. un Javelin americano antitank FGM-148 dal costo di circa 206.000 dollari viene svenduto a 30.000 dollari. E questo mentre i soldati in prima linea si lamentano delle scarse munizioni a disposizione.

Il venditore ha pubblicizzato la spedizione disponibile da Kiev. Non si capisce se sta vendendo solo il tubo (120.000 dollari) o anche un missile al suo interno (80.000 dollari). Come noto gli USA hanno inviato 5.500 tubi di Javelin in Ucraina (1/3 del loro inventario) e un numero imprecisato di unità di lancio di comando necessarie per sparare.

Il venditore ha dichiarato di disporre di molti altri sistemi d’arma americani (Stinger Manpads, Phoenix Ghost Drones e armi e munizioni di piccolo calibro, come fucili e pistole). Ormai in Ucraina son talmente tante le armi che il numero dei reati che coinvolgono l’uso di armi da fuoco è aumentato del 37%, stando a quanto afferma il capo della polizia nazionale ucraina, Igor Klymenko, che un po’ sconsolato ha aggiunto che la gente non è più in grado di distinguere tra la difesa della patria e il crimine.

Adesso qualcuno dirà che sono i russi che, quando catturano l’artiglieria nemica, si comportano così per far vedere quanto sono vili affaristi gli ucraini. Ormai ci siamo abituati a queste distorsioni della realtà. Bisognerebbe contattare il venditore e coglierlo in fallo con qualche domandina curiosa (@weapon_ukraine_big_sale).

Da notare però che anche molte organizzazioni umanitarie sono diventate caute coi loro rifornimenti, in quanto si sono accorte che persino gli aiuti umanitari non stanno superando i confini di Kiev, mentre le maggiori urgenze sono a est e a sud del Paese. Questo perché gran parte delle cose inviate passa attraverso troppe mani perché possa arrivare dove è effettivamente necessario.

Intanto, a proposito della fornitura a Kiev di sistemi missilistici a lancio multiplo e a lungo raggio per bombardare obiettivi civili nel Donbass, la Russia ha intenzione di spostare in avanti la linea di minaccia dai neonazisti. Questo vuol dire che dopo aver occupato il Donbass dovranno per forza ritornare a Kiev o si accontenteranno di un’ampia zona cuscinetto?

Fonte: theatlasnews.co

 

A Gorizia fanno pena

 

A causa della loro nazionalità tre violiniste russe sono state escluse dal 41° Concorso internazionale di violino indetto dalla Scuola di musica Rodolfo Lipizer di Gorizia.

Mi chiedo come gli abitanti della città riescano ad accettare tali forme di discriminazione. Non gli è bastato il muro che ha diviso la città dal 1947 al 2004 tra italiani capitalisti e slavi socialisti?

Lidia Kocharian, intervistata da Berenice Galli, ha raccontato questa sua esperienza, confermando che non è un episodio isolato ma rientra in una vera e propria campagna anti-russa. Il maestro Stefano Burbi, compositore e direttore d’orchestra, dopo aver espresso la sua solidarietà a Lidia e alle sue colleghe, spiega l’estrema gravità della decisione di escludere dal concorso internazionale le tre violiniste perché russe.

Nel vergognoso testo inviato alla Kocharian (che peraltro è di origine armena) gli organizzatore ci tengono a precisare: “Assicuriamo che non c’è alcuna discriminazione contro di te come persona”. Come se lei non suonasse come “persona” ma come “istituzione”! Quindi la decisione sembra essere presa per il bene della violinista (rischiava forse d’essere linciata?) e per la pace in Ucraina. Un’artista che con la sua musica costituisce un pericolo per la pace? Ma non era l’arte che doveva unire i popoli?

Intanto il direttore artistico dell’Ars Nova International Music Competition ha deciso d’invitare la Kocharian il 3 luglio a Trieste, come special guest, al concerto e finale di gala al Concorso Ars Nova International Music Competition, che si terrà dal 19 giugno al 3 luglio.

È difficile che a Trieste passi il razzismo nei confronti della cultura est europea.

Fonte: youtu.be/DIqmUXTuB2w

 

Il vitello e il bue

 

Nel Regno Unito han confermato la fiducia al premier Johnson, nonostante le scandalose feste a Downing Street durante il lockdown.

Ma avrebbero dovuto mandarlo a casa per un altro motivo. Il suo Paese infatti è il meno accogliente in Europa per i profughi ucraini, pur restando uno dei più aggressivi nei confronti della Russia. Il motivo è che ha una procedura molto farraginosa sul rilascio dei visti. Lo dice il “Guardian”.

Secondo il ministero dell’Interno, pur avendo le autorità rilasciato 122.000 permessi d’ingresso, solo 65.700 ucraini sono entrati nel Paese al 29 maggio, ovvero 10 ogni 10.000 abitanti. Un dato migliore rispetto alla Francia, dove sono stati accolti 57.700 profughi ucraini (9 per 10.000), ma molto al di sotto dei milioni di profughi ospitati da Russia e Polonia.

Poveri ucraini: “vogliamo armi sempre più potenti, fondi sempre più cospicui”. Dalle mie parti c’era un detto che si potrebbe applicare bene a loro: “Andar vitello e tornare bue”, cioè cominciare con grandi aspettative e finire delusi.

 

La fame incombe

 

Tra le conseguenze della guerra in Ucraina che impattano direttamente sull’economia italiana c’è anche la carenza di materie prime alimentari, in particolare cereali come grano tenero e grano duro, mais e semi oleosi come girasole, soia e colza.

Come noto la Commissione europea ha dato il via libera per aumentare di altri 4 milioni di ettari in tutta Europa la superficie coltivabile, sfruttando anche i terreni cosiddetti a riposo.

In Italia, nel medio periodo, secondo la Coldiretti, sarà possibile mettere a coltura fino a un milione di ettari, lasciati finora incolti per diversi motivi, i più vergognosi dei quali provengono proprio dai diktat della UE.

Noi siamo molto carenti di mais e girasoli, di cui importiamo circa la metà del nostro fabbisogno. Ma i veri problemi sono altrove. L’ha detto il ministro delle Politiche agricole Stefano Patuanelli, l’unico che capisca un po’ qualcosa nell’attuale governo.

Seminare mais ha dei costi molto alti adesso, quindi sul mercato è appetibile per chi vende, ma non è detto che le quotazioni saranno alte anche a settembre, quando il mais piantato verrà venduto.

Il mais si coltiva in pianure irrigue, perché richiede molta acqua e il nostro Paese non solo non è pieno di queste pianure, ma ultimamente soffre di molta siccità a causa del surriscaldamento del pianeta.

Un campo di mais richiede un grande impiego di fertilizzanti, che fino a ieri ci provenivano proprio da Russia, Bielorussia e Ucraina, due dei quali sono sanzionati e il terzo è bloccato dalla guerra in corso (il loro costo è passato dai 2.900 euro medi all’anno, per azienda, ai 7.900 euro, con un aumento del 170%). Insomma possiamo sperare solo in un’autosufficienza produttiva a livello europeo, smettendola di affidarci a Paesi terzi.

Peccato però che in questo momento la crisi è talmente forte che ogni Stato si muove per conto suo. La UE è unita solo quando si tratta di sanzionare la Russia, e a volte neppure.

 

Ancora sulla “lista nera”

 

La vicenda della lista di proscrizione pubblicata dal “Corriere della sera” assume contorni più chiari. Se il Copasir nega di averla stilata, e le giornaliste affermano d’averla ricevuta, allora la lista è stata preparata altrove, probabilmente da una “società di consulenza” legata all'intelligence della NATO, come ad es. Integrity Initiative. Non è casuale che in Italia sia operativa una sua cellula dal 2018 con la missione di combattere la “disinformazione” russa, cioè di creare “disinformazione occidentale”.

La cellula italiana è diretta da Fabrizio Luciolli, ma a caccia di filo-putiniani mandano “giovani ricercatori”. Tra i membri di Integrity Initiative Italy troviamo Vittorfranco Pisano, Jason Wiseman, Beppe Severgnini, Jacopo Iacoboni, Alvise Armellini. Se le liste di proscrizione le fanno delle società di consulenza legate alla NATO, perché non lo dichiarano? Perché si vergognano, è evidente.

Comunque penso andrebbe fatto un esposto in procura contro il “Corriere della Sera” (o “della Serva”, come molti lo chiamano).

Fonte: t.me/theunconditionalblog

 

Vogliono la guerra, è evidente

 

La NATO si rifiuta di concedere alla Russia la garanzia di non dispiegare armi nucleari in Svezia e Finlandia se queste ultime aderiscono all’alleanza. L’ha affermato il vicesegretario generale dell’alleanza Camille Grand. “Nel campo nucleare ogni Stato ha la libertà di ospitare o meno le armi. Non si tratta di stabilire dei limiti”, ha detto.

Bene, vorrà dire che anche queste due nazioni torneranno all’età della pietra. A quel tempo in fondo erano completamente spopolate.

Intanto in Svezia si stanno già lamentando. La polizia infatti teme che le armi occidentali inviate in Ucraina potrebbero finire nelle mani di bande criminali in Svezia, quando arriverà la pace, ha dichiarato il commissario Gunnar Appelgren alla Sveriges Radio. E poi ci sono strutture illegali che vogliono fare soldi. Non solo ma nella recente ondata di sparatorie avvenute nella Svezia, nella maggior parte dei casi sono state utilizzate le armi rimaste dopo le guerre nell’ex Jugoslavia.

Strano che la Svezia, così amante della pace, non sappia che la proliferazione delle armi rende la gente più insicura.

 

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L’insegnamento fondamentale di questa guerra

 

Devo dire che questo conflitto russo-ucraino ha messo seriamente in crisi il rapporto idealistico (o filosofico) tra etica e politica.

Certo, in Italia non abbiamo solo una tradizione cristiana che, seppur in forma laicizzata, presume di dare un senso alla politica in nome dell’etica; ma abbiamo anche una tradizione machiavellica (cioè radical-borghese) che separa nettamente l’etica dalla politica, facendo di quest’ultima qualcosa di cinico, ai limiti della spietatezza, se e quando la ragion di stato lo esige.

Con questo conflitto però è successo qualcosa di inedito. Infatti chi sembra avere della politica una concezione cinica, Putin, dimostra d’avere ragioni più fondate, persino più etiche di Zelensky, che pur continuamente cerca di coinvolgere il mondo intero nella sua narrativa melodrammatica, che presume d’essere valida in sé, in quanto esprime la condizione d’uno Stato aggredito, vittima della protervia di uno aggressore, che vuole minare la sua sovranità e integrità territoriale.

Bisogna in effetti ammettere che il mondo intero (o meglio, quello occidentale) non ha avuto dubbi a chi dare tutte le ragioni, al punto che ha preferito soprassedere completamente sul fatto che il governo di Kiev, sin dal golpe del 2014, ha avuto esplicite connessioni con l’ideologia neonazista presente in Ucraina: un’ideologia che risale alla II guerra mondiale e ch’era stata soffocata sotto una cenere fumante nella fase del socialismo reale di marca sovietica.

Dunque in questo conflitto si sono, in un certo senso, ribaltati i criteri dell’etica e della politica, nel senso che non è affatto vero che ha sempre più ragioni chi viene aggredito.

Certo, uno potrebbe dire che l’aggressore, usando mezzi militari, si pone automaticamente dalla parte del torto. Ma non è sempre così. La Russia ha aspettato 8 anni prima d’intervenire. Putin è stato accusato dai “falchi” del suo regime d’aver troppo tergiversato, soprattutto nei confronti dell’espansione orientale della NATO.

In questo lasso di tempo si è dato spazio alla diplomazia (i due accordi di Minsk); si sono aiutati ufficiosamente le due repubbliche del Donbass a resistere ai continui attacchi militari dei neonazisti ucraini; si sono denunciati gli orrori nelle sedi opportune. Ma l’Europa, gli USA, la NATO e l’ONU non hanno mai fatto nulla di concreto per risolvere la situazione. Putin ha atteso 14.000 morti, più i tantissimi feriti delle due repubbliche prima d’intervenire in maniera ufficiale e definitiva. E quando l’ha fatto la prima cosa che ha detto è che non c’erano più alternative. La stessa Russia si sentiva seriamente minacciata dalla NATO, gestita da un segretario generale che non riesce a dire qualcosa di vero neanche per sbaglio.

La Russia ha dovuto usare metodi violenti suo malgrado, cercando di non infierire sulla popolazione e obbligando quindi i propri soldati a liberare con lentezza il Donbass russofono, anche a costo di subire gravose perdite.

Putin non ha fatto altro che usare la legittima difesa contro la violenza dell’indifferenza occidentale, contro la collusione nei confronti di una delle ideologie più violente della storia contemporanea, contro i tentativi sempre più pressanti e minacciosi di porre fine all’integrità territoriale del suo Paese.

Noi occidentali non siamo in grado di capire i russi, perché non disponiamo delle sufficienti coordinate culturali per non vederli come atavici nemici dell’Europa. Siamo troppo prevenuti per formulare giudizi obiettivi. Ecco perché questa guerra non può che decidersi sul campo di battaglia. La nostra diplomazia non vale assolutamente nulla. Non è nelle nostre corde, abituati come siamo a dominare il mondo, capire le ragioni altrui. Per noi la Russia va sconfitta militarmente e deve essere ripristinata la totale integrità territoriale dell’Ucraina, ivi incluso il rientro della Crimea. Non ci interessa l’autodeterminazione dei popoli, espressa dallo strumento del referendum popolare. Per noi la democrazia diretta, rispetto a quella delegata, non vale nulla.

 

Cosa fare?

 

Non so se riusciremo a mettere in piedi un partito alternativo per le prossime elezioni politiche. Però potremmo approfittare dei seggi per contattare le persone che vanno a votare. Potremmo distribuire un volantino in cui si chiede se sarebbero disposti ad aderire alla formazione di un nuovo partito o movimento organizzato avente determinate caratteristiche, quelle che lo stesso conflitto ucraino ci ha facilmente suggerito:

- No alla Nato, sì a una difesa nazionale autonoma.

- Totale denuclearizzazione, sia civile che militare, dello Stato italiano.

- Rispetto rigoroso dell’art. 11 della Costituzione, quindi sì alla neutralità e no a guerre offensive contro terzi.

- Promozione dell’autodeterminazione dei popoli, quindi sì alla valorizzazione delle autonomie locali e regionali.

- Riformulazione in senso democratico e pluralistico dei princìpi costitutivi della UE (altrimenti richiesta di adesione ai BRICS).

- Sviluppo produttivo finalizzato all’autosufficienza alimentare ed energetica, nel rispetto della tutela ambientale.

E si chiede a chi riceve il volantino di contattare qualcuno a livello locale.

 

Catalogna come Donbass?

 

Quando la Catalogna lottava per la propria indipendenza, mi trovai a litigare con gli esponenti della sinistra, che ritenevano la regione affine alle nostre settentrionali, desiderose di staccarsi da Roma perché benestanti e produttive.

Io invece ritenevo che per giustificare l’autonomia, l’indipendenza, fino al secessionismo fosse sufficiente rivendicare il principio dell’autodeterminazione dei popoli e lo strumento del referendum, che appartiene alla democrazia diretta.

Oggi col Donbass e la Crimea sostengo la stessa cosa. Anzi ritengo che quelle popolazioni abbiano il dovere di ringraziare la Russia se riusciranno a soddisfare le loro istanze autonomistiche. Molti militari sono morti per loro. Nessuno li obbligava a farlo. Non c’era un vincolante art. 5 come nello Statuto della NATO. Hanno agito militarmente sulla base di valori etico-politici, tra i quali l’affinità etnico-linguistica e culturale tra russi e ucraini, ma anche la volontà di porre fine a un massacro di civili che per 8 anni i neonazisti, spalleggiati da Kiev e finanziati, armati e addestrati dalla NATO, compivano nel Donbass, con la complice indifferenza dell’ONU e dell’intero occidente.

Oggi vi è una parte di quella sinistra che appoggia l’intervento russo solo perché si ritiene ancora antiamericana, mentre un’altra parte lo avversa, in quanto ritiene Putin un autocrate e la Russia uno Stato capitalista, se non addirittura imperialista.

Nei confronti di questa sinistra, che approva la guerra per ragioni ideologicamente strumentali, o che la nega perché accetta la narrativa dell’aggredito e dell’aggressore che l’occidente propaganda quotidianamente, prendendo di un film solo gli ultimi 5 minuti, mi sento del tutto estraneo. Non vedo nessuna differenza tra destra e sinistra, se non nel fatto che la destra non è mai stata antiamericana o anti-NATO, neppure quando simpatizzava per le posizioni autoritarie, paternalistiche e filoreligiose di Putin.

Questa guerra non sta mettendo in luce solo la necessità di superare il globalismo unipolare dell’occidente, ma anche i profondi limiti degli Stati nazionali, i quali non possono mai sovrapporsi alle istanze locali-regionali espresse da fette consistenti di determinate popolazioni.

 

Armi vietate o molto pericolose

 

L’ambasciata russa negli USA si è accorta che il prossimo pacchetto di assistenza militare americana all’Ucraina include quattro elicotteri Mi-17 di fabbricazione russa, precedentemente acquistati da Washington per il governo afghano.

Tale consegna viene effettuata aggirando la disposizione sul certificato dell’utente finale, che richiede il consenso scritto della Russia. Ecco quindi un’altra flagrante violazione degli obblighi sottoscritti da parte americana.

L’ambasciata ha anche attirato l’attenzione sulla fornitura americana del sistema di difesa aerea portatile Stinger (Manpads) all’Ucraina. Anche qui gli USA avrebbero violato la risoluzione 62/40 dell’Assemblea generale dell’ONU del 2007 e gli elementi di controllo delle esportazioni per Manpads concordati nell’accordo di Wassenaar del 2003.

La fornitura di sistemi di difesa aerea portatili potrebbe portare a pericolose conseguenze, riconosciute dagli stessi americani. Non è un caso che per molti anni ci sia stato un accordo tra Russia e Stati Uniti sulla reciproca informazione circa le vendite all’estero di Manpads.

Il rischio principale è l’escalation del conflitto nel caso in cui le forze armate ucraine utilizzino questi mezzi militari per sferrare attacchi sul territorio della Russia.

Armi del genere, ad alta precisione, non dovrebbero finire nelle mani di “ultranazionalisti, terroristi e bande che possono trovarsi anche oltre i confini dell’Ucraina”.

Peraltro il 1 giugno Biden ha annunciato la consegna dell’11° pacchetto di aiuti militari all’Ucraina per un importo di 700 milioni di dollari, che include anche l’HIMARS MLRS, ipoteticamente in grado di colpire obiettivi in Russia dal territorio ucraino.

Al World Economic Forum di Davos il ministro degli Esteri ucraino Dmitry Kuleba ha ribadito l’urgenza di fornire tali sistemi. “Non voglio che nessuno abbia l’impressione che tutto vada più o meno bene con la guerra. La situazione nel Donbass è estremamente grave”, ha detto. E ha invitato l’occidente a fornire quanto prima all’Ucraina l’MLRS, altrimenti la situazione, secondo lui, “diventerà ancora più grave di adesso”.

Cioè in pratica quanti più militari perdono negli scontri diretti coi russi, tanto più pretendono di avere dei mezzi militari in grado di colpirli da lontano, anche perché non hanno più sufficienti riserve in uomini disposti ad andare al fronte.

L’idea di scendere a trattative non li sfiora neppure. È incredibile questa visione miope delle cose. La Russia, se solo volesse, sarebbe in grado di utilizzare un lanciafiamme con 24 testate termobariche e incendiarie che bruciano il nemico in un’area di 4 kmq. Un campo ad alta temperatura di 3.000 gradi con una pressione eccessiva distrugge completamente e immediatamente la fanteria e l’equipaggiamento leggero. E non è un’arma nucleare.

 

Tutta colpa della NATO

 

Il 3 maggio “Der Spiegel” ha pubblicato un lungo articolo di Klaus Wiegrefe sui file appena rilasciati dagli archivi del Ministero degli Esteri tedesco, riguardanti l’espansione verso est della NATO e l’indipendenza dell’Ucraina.

I file dimostrano che sia il Cancelliere Kohl sia il Ministro degli Esteri Genscher, siccome temevano nel 1991 un crollo catastrofico dell’URSS e non erano nemmeno sicuri della solidità della posizione di Gorbaciov, pensavano che qualsiasi accelerazione nell’allargamento della NATO verso est avrebbe potuto rafforzare i gruppi della “restaurazione comunista” a Mosca. Come poi in effetti avvenne col colpo di Stato, che fallì solo per la pronta reazione di Eltsin e di alcune unità a lui fedeli di stanza nella capitale. Fino al novembre del 1991 Kohl aveva continuato a fare pressioni anche sugli ucraini, affinché rimanessero in qualche modo legati alla Russia.

Secondo Kohl gli ex Paesi del Patto di Varsavia andavano “finlandizzati”. Con gli americani Genscher avrebbe voluto mettere per iscritto la neutralità di questi Paesi, cioè il divieto a entrare nella NATO, ma gli USA non volevano legarsi le mani, anche perché vedevano che i Paesi Baltici scalpitavano per entrare nell’Alleanza.

Nei nuovi file ci sono le “lamentazioni” russe, secondo cui l’occidente non aveva mantenuto le proprie promesse. Mosca si sentiva chiaramente minacciata dalla NATO, isolata e raggirata dall’occidente, nonché tradita dagli ex Stati sovietici.

Diciamo che non c’è mai stato un impegno scritto da parte di nessuno, e che i “giochi di prestigio diplomatici” li hanno fatti i tedeschi, per arrivare a ogni costo alla riunificazione della Germania.

Successivamente sono stati gli stessi Paesi ex sovietici a volersi smarcare a tutti i costi da Mosca. E i diplomatici tedeschi avevano già capito che Kiev stava dimostrando una “tendenza verso degli eccessi nazionalistici autoritari”.

Tuttavia quando oltre il 90% degli elettori ucraini votò, in un referendum, a favore dell’indipendenza nazionale, la Germania fu il primo Stato membro della Comunità europea a riconoscere la loro decisione.

Chissà perché però nessun Paese occidentale ha mai accettato i referendum delle due repubbliche del Donbass e della Crimea con cui han deciso di staccarsi da Kiev. Ma la risposta è facile.

Fonte: spiegel.de

 

Brucia essere sconfitti

 

Il colonnello generale russo Mikhail Mizintsev ha detto che militanti dei battaglioni nazionali ucraini, non volendo lasciare rifornimenti di grano ai residenti della città di Mariupol, han dato fuoco a 50.000 tonnellate di grano nel porto mentre lo stavano lasciando. Ora questi mucchi di grano bruciato possono essere visti nel porto.

Si registrano inoltre casi di utilizzo da parte ucraina di strutture per la lavorazione e lo stoccaggio di grano e patate per scopi militari (veicoli blindati, artiglieria e complessi MLRS), da dove vengono bombardati gli insediamenti vicini. Lo scopo di tali azioni è quello di provocare un fuoco di risposta, dopodiché si accuseranno le forze armate russe di presunti attacchi indiscriminati alle infrastrutture civili e di aver creato una minaccia per la sicurezza alimentare dell’Ucraina.

Questo crimine disumano dimostra all’intera comunità mondiale il vero volto del regime di Kiev, che in realtà usa i metodi del terrorismo alimentare contro il suo stesso popolo, ha sottolineato Mizintsev.

Ciò sta accadendo mentre i Paesi occidentali fomentano false accuse contro la Russia di creare una crisi alimentare nel mondo, usando il grano come arma di ricatto. In questo il più ipocrita di tutti è il segretario di Stato americano Anthony Blinken.

Il rappresentante ufficiale del segretario generale delle Nazioni Unite, Stephane Dujarric, il 7 giugno ha affermato che non si dispongono di dati neppure per confermare le dichiarazioni di Kiev sul “furto” di grano ucraino da parte della Russia. Insomma i neonazisti han solo paura che togliendo le centinaia di mine nel Mar Nero, si favorisca la marina russa e l’occupazione di Odessa.

Quanto a Putin, ha detto che Mosca non interferisce con questo processo. Semplicemente l’Ucraina deve sgomberare le aree portuali dalle mine e la Russia garantirà il passaggio pacifico delle navi.

Il grano può essere esportato anche attraverso i porti russi del Mar d’Azov, nonché attraverso i territori di Paesi terzi: Romania, Ungheria, Polonia e Bielorussia. Questo sarebbe molto facile da fare se talune sanzioni fossero rimosse.

Putin ha inoltre aggiunto che Kiev ha annunciato la sua disponibilità a esportare 20 milioni di tonnellate di grano, mentre il volume totale di grano prodotto nel mondo è di circa 800 milioni di tonnellate. È il 2,5%. Ma se partiamo dal fatto che il grano rappresenta solo il 20% dell’approvvigionamento alimentare totale nel mondo (secondo dati ONU), allora ciò significa che i 20 milioni di tonnellate di grano ucraino sono solo lo 0,5%.

Probabilmente l’ha detto per far capire che l’export russo di grano, se fosse possibile, sarebbe molto più significativo.

Intanto i porti marittimi di Mariupol e Berdyansk han ripreso a funzionare normalmente e sono pronti a caricare il grano.

 

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La coscienza sporca agisce in segreto

 

Forse non tutti sanno che quando in Ucraina vennero fatte le elezioni presidenziali del marzo 2019, quelle che portarono Zelensky al potere, una legge voluta dal parlamento e accettata da Poroshenko impedì alla delegazione russa di visionare quelle elezioni, in quanto la Russia veniva considerata, per via della Crimea, “come uno Stato aggressore e una potenza occupante” (nonostante il referendum fosse stato regolare ed esplicito nel mostrare la volontà dei cittadini della penisola). In particolare si temeva che la suddetta delegazione potesse influenzare lo svolgimento delle elezioni.

L’OSCE, che doveva monitorare con un proprio apposito ufficio (ODIHR) le suddette elezioni, riconobbe inaccettabile la legge per svariate ragioni: era senza precedenti; la Russia stessa faceva parte dell’OSCE e non avrebbe potuto fare alcunché in autonomia; il governo ucraino veniva meno agli impegni presi nei confronti dell’OSCE, di cui era membro dal 1992.

A tal proposito scrisse su Twitter Kurt Volker, rappresentante speciale degli Stati Uniti per l’Ucraina: “L’Ucraina ha bisogno di osservatori dell’ODIHR per dimostrare che aderisce agli standard democratici. Altrimenti permette alle persone di mettere in discussione le elezioni. OK se i delegati russi fanno parte, ma sotto l’autorità dell’ODIHR. Niente giochi. Il Paese deve avere fiducia nelle proprie istituzioni democratiche”.

Il fatto è che a causa della guerra civile iniziata nel 2014 il governo non voleva essere tenuto sotto controllo da nessuno, tanto meno dell’OSCE. Già aveva fatto fatica ad accettare il monitoraggio da parte dell'ODIHR, tra cui osservatori russi, delle elezioni presidenziali e parlamentari nel 2014, che si erano chiaramente svolte come un colpo di stato. Chiedere a un tale Stato d’aver fiducia nelle proprie istituzioni democratiche, come ha fatto Volker, suona piuttosto ironico.

Fonte: tango-noir.com

 

Borgognone mi convince

 

Appena uscito di Paolo Borgognone, La dottrina Stranamore. Ovvero come abbiamo imparato ad amare la guerra e la Nato (ed. La vela).

Rilasciata lunga intervista al sito miglioverde.eu di cui riprendiamo solo alcune frasi. Lo facciamo volentieri in quanto pienamente condivisibili.

L’autore sostiene che la guerra (per procura nel caso ucraino) è diventata l’elemento per dirimere le controversie internazionali e per farci amare lo strumento politico e militare con cui la si attua, cioè la NATO, il cane da guardia dei ricchi oligarchi occidentali sin dalla fine della II guerra mondiale. La propaganda si svolge come una sorta di narrazione dicotomica e manichea dove tutti i “buoni” stanno da una parte e i “cattivi” dall’altra, eliminando la complessità a favore di una polarizzazione sempre più netta.

All’interno di tale narrativa vi è la pretesa superiorità morale appannaggio dell’occidente che permette a noi di compiere azioni che ad altri sono negate: l’occidente può fare la guerra in Libia o espandere la NATO ai confini della Russia, ma ai russi non è concesso difendersi.

Inoltre vi sono stati inseriti dei cortocircuiti politici. Ad es.: perché la resistenza irachena all’America era terroristica, mentre quella ucraina alla Russia è eroica? Perché i bombardamenti americani sulla Jugoslavia erano buoni, giusti e umanitari, mentre quelli russi sull’Ucraina sono cattivi e criminali? E che dire delle bombe della NATO che, per sua grottesca dichiarazione, detiene l’esclusiva del possesso di quelle intelligenti?

L’autore si chiede il motivo per cui la Von der Leyen, presidente della Commissione Europea, abbia una gran fretta di sconfiggere militarmente la Russia. E si risponde: perché le classi egemoniche occidentali sanno bene che il loro tempo sta per scadere, soprattutto se la Russia si avvicinerà alla Cina. Di fatto l’occidente sta ottenendo il risultato opposto a quello prefissatosi.

Non solo, ma questa guerra è in realtà una guerra degli USA contro la UE: laddove gli USA perdono dominio a livello globale, lo rafforzano verso l’Europa, attuando politiche di sanzioni boomerang che isoleranno l’Europa stessa dal resto del mondo e in particolare da Russia e Asia, cioè dal 90% dell’umanità. E in questo isolamento la UE si troverà ad essere ancora più dipendente dagli USA, soprattutto sul piano energetico. Insomma i 70 anni di benessere, dovuti al fatto che compravamo dalla Russia gas a buon mercato, sono finiti. Fare i bulli con un Paese che ha migliaia di testate atomiche, ha materie prime, è indipendente, può fare a meno d’interconnettersi con l’occidente, è un nonsenso. La Russia non è composta solo da quella parte minoritaria occidentalizzata, come l’élite di Mosca e San Pietroburgo, che si irrita se Visa o Netflix lasciano il territorio russo.

La stessa Russia è destinata a diventare per la Cina quello che l’Ucraina è per la Russia, cioè uno stato cuscinetto che la separa dalla NATO, le cui mire lambiscono i confini della Cina stessa.

Quanto agli italiani, l’autore afferma che il 60% è contrario all’invio di armi all’Ucraina e non si ritrova nella posizione della UE e neanche in quella della NATO. Questo benché l’opinione pubblica non è addentro alla questione ucraina, non conosce le radici storiche e culturali del conflitto in corso che va avanti da anni, non capisce perché i nazisti all’improvviso diventino buoni, non vede la Russia come un nemico irriducibile e tende a pensare che si tratti di una guerra regionale. Paradossalmente gli elettori del PD sono favorevoli all’invio di armi, mentre gli elettori dei partiti di destra sono più restii. Putin rischia di diventare molto più popolare di Zelensky.

Quanto al destino dell’Ucraina, l’autore è convinto che si arriverà a una sua spartizione. Il problema è che gli USA faranno pagare alla Russia un prezzo carissimo: questo perché il governo ucraino è eterodiretto dalla NATO. Si instaurerà così una nuova cortina di ferro, dove sarà difficile realizzare una pace di lunga durata.

Il fatto che l’autore si veda poco nel mainstream ufficiale è una sua esplicita scelta. Ha deciso di puntare su media indipendenti, che gli permettono maggiore libertà di espressione e che sono il futuro dell’informazione: Visione TV di Francesco Toscano, Byoblu di Claudio Messora, 100 Giorni da Leoni di Riccardo Rocchesso, Contro.tv di Massimo Mazzucco, Il Vaso di Pandora di Carlo Savegnago, Becciolini Network di Stefano Becciolini, La Fabbrica della comunicazione di Beatrice Silenzi, La finanza sul web o Sette+ di Arnaldo Vitangeli e molti altri ancora...

Fonte: miglioverde.eu

 

1. La nuova destra come fenomeno mondiale

 

Lungo art. di Michele Manfrin del 30 maggio con un titolo che lo riassume molto bene: “L’internazionale neo-nazista sogna il potere con le armi della NATO”.

Un brevissimo riassunto.

Pur essendo nota dal 2014 la presenza di potenti gruppi neonazisti armati in Ucraina, dopo lo scoppio della guerra russo-ucraina la narrazione sui media è profondamente cambiata: nell’ansia di glorificare la resistenza di Kiev i battaglioni nazisti sono stati dipinti come nazionalisti o patriottici.

Secondo l’autore si tratta di una rete ben solida, che collega centinaia di fazioni alleate in tutto il mondo, da molti Stati europei (Italia inclusa), passando per gli Stati Uniti, fino a Canada, Brasile, Hong Kong e persino Israele.

L’Ucraina, in questi anni, ha costituito l’epicentro teorico e militare di quella che Olena Semenyaka, l’ideologa di Azov, definisce la “rivoluzione conservatrice mondiale”.[11]

Questa rete è stata addestrata dalla NATO, si pone come obiettivo la conquista del potere politico nelle singole nazioni e sta usando armi occidentali, tra cui anche quelle inviate a Kiev.

È stata la filosofa Semenyaka a dare un respiro continentale al movimento Azov, il cui nuovo comandante militare ora è Anatolij Sidorenko. Vogliono creare, attraverso la piattaforma politica internazionale chiamata “Reconquista-Pan Europa”, una grande confederazione est-europea, abbastanza forte da contrastare Mosca.

Qual è l’ideologia di questa Internazionale Nera? È un nuovo ordine mondiale in cui si vuole superare il neoliberismo pseudodemocratico dell’occidente e si rifiuta la visione protettiva euroasiatica della Russia. Si va oltre il tradizionale nazionalismo filonazista di Stefan Bandera.

Le figure di riferimento della Semenyaka sono Friedrich Nietzsche, Martin Heidegger, Carl Schmitt, Armin Mohler e Ernst Jünger, ma vi sono esponenti anche della Nuova Destra francese: Alain de Benoist, Dominique Venner, Pierre Drieu de la Rochelle e il filosofo religioso René Guénon. In Italia il riferimento va a Julius Evola, convinto della necessità di un “ritorno alla romanità” e sostenitore di una teoria della razza in chiave spirituale.

Insomma si parla di Ariosofia, di nichilismo, di spirito aristocratico, di gnosticismo filosofico, di forma estrema di romanticismo, in cui potere e violenza sono caratterizzati da princìpi e simboli neopagani, anticristiani…

Poi l’autore fa una lunga carrellata dell’estrema destra nel mondo, offrendo notizie che a un lettore non specializzato su questo argomento risultano alquanto preoccupanti.

Fonte: lindipendente.online

 

2. Il movimento Reconquista e Intermarium

 

Il 15 ottobre 2018, a Kiev, si tenne la seconda Conferenza Paneuropea del movimento Reconquista, ove venne evidenziato l’imperativo del perseguimento della Terza Via geopolitica contro il “protettorato” della Federazione Russa e contro la “falsa alternativa” proposta dal globalismo occidentale. Questa impostazione è stata condivisa da tutte le forze nazionaliste ucraine che hanno preso la parola alla conferenza (Corpo Nazionale, Svoboda, Karpatska Sich). Han partecipato alla Conferenza anche rappresentanti delle forze nazionaliste, neofasciste e neonaziste della sfera euroatlantica.

Erano presenti il nazionalista russo Denis Vikhorev (coordinatore del Centro russo), l’italiano Alberto Palladino di CasaPound, i tedeschi Maik Schmidt e Remo Matz dei Giovani Nazionalisti del JN-NDP e una delegazione del partito neonazista tedesco Der III Weg (La Terza Via).

Poi vi era una delegazione svedese del partito estremista Alternative for Sweden (il politologo Anton Stigermark, oltre a Marcus Follin, conosciuto come The Golden One, e Jonas Nilsson, coordinatore di The Boer Project).

All’evento ha preso parte anche Bjørn Christian Rødal, rappresentante del giovane partito norvegese Alliansen – Alternativ for Norge. Una testimonianza video di sostengo all’iniziativa è stata inviata anche dal fight club greco ProPatria.

Vi era anche anche Greg Johnson, motore intellettuale della destra alternativa americana (la cosiddetta alt-right), teorico del nazionalismo bianco, redattore capo di Counter-Currents Portal e di una casa editrice con lo stesso nome.

Si parlò della geopolitica di Intermarium, che per primo fu concepita da Józef Klemens Piłsudski, Capo di Stato polacco tra il 1918 e il 1922, traendo l’ispirazione dalla Confederazione Polacco-Lituana (esistita tra il 1569 e il 1795).

Secondo i neonazisti ucraini l’Intermarium odierno dovrebbe riunire i Paesi che si estendono tra il Mar Baltico, il Mar Nero e il Mar Adriatico; i Paesi coinvolti sarebbero: Ucraina, Polonia, Lituania, Lettonia, Estonia, Croazia, Slovacchia, Repubblica Ceca, Romania, Bulgaria, Ungheria, Bielorussia, Slovenia e Macedonia, tutti sotto l’ombrello protettivo della NATO.

Intermarium va inteso come piattaforma per l’integrazione europea alternativa a quella occidentale. Creato nel 2016 da gruppi nazionalisti, neofascisti e neonazisti dell’Europa centrorientale, l’Intermarium Support Group è arrivato, sul finire del 2020, alla sua quarta conferenza.

Questo progetto di estrema destra è supportato da personalità del calibro di George Friedman, analista geopolitico statunitense molto influente.

Alle riunioni di Intermarium han partecipato i rappresentanti delle missioni diplomatiche, dei partiti politici e delle strutture ufficiali dei suddetti Paesi: il Gruppo di Visegrad (formato da Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia e Slovacchia) e “L’iniziativa dei tre mari” (forum attivo dal 2016 che comprende Austria, Bulgaria, Croazia, Cechia, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania, Slovacchia, e Slovenia), tutti supportati dagli USA in chiave antirussa.

All’inizio di aprile 2022 si è svolto il VII Congresso europeo dei governi locali, a Mikolajki, città a nord-est della Polonia. Tutti i partecipanti han ripetuto la necessità di una unione polacco-ucraina, che si sta ora formando proprio grazie ai tanti profughi ucraini giunti sul suolo polacco.

Fonte: lindipendente.online

 

3. Il Canada e i neonazisti ucraini

 

Nel febbraio 2020, in occasione del 70° anniversario della Lega dei canadesi ucraini (LUC) e del suo giornale, “Homin Ukrainy”, nonché il 65° anniversario della Lega delle donne ucraine canadesi (LUCW), Stephen Harper, personaggio di spicco del Partito conservatore canadese, premier del Canada dal 2006 al 2015, nonché presidente in carica dell’Unione Democratica Internazionale, si è rivolto al pubblico col saluto “Slava Ukraini!” (“Gloria all’Ucraina!”), il quale ha risposto con “Heroyam Slava!” (“Gloria agli eroi”). Questo era il saluto ai tempi dell’Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini (OUN) – poi OUN-B dopo la scissione – e di Stepan Bandera, noto leader politico collaborazionista dei nazisti che giurò fedeltà ad Hitler, oggi osannato dai vari gruppi nazionalisti ucraini.

Il gruppo che ha ospitato Harper è parte della rete di ONG ucraine di estrazione neonazista che operano in vari Paesi del mondo. Il suo organismo di coordinamento globale si chiama Consiglio internazionale a sostegno dell’Ucraina (ICSU), che a sua volta guarda all’Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini, prima OUN e poi all’OUN-B di Bandera (la cui famiglia si è rifugiata in Canada dopo l’uccisione di Bandera nel 1959, in Germania, ad opera del KGB). L’ICSU e il Congresso mondiale ucraino hanno sede a Toronto.

Recentemente, Efraim Zuroff del Simon Wiesenthal Center (Centro per la memoria dell’Olocausto, ONG accreditata presso l’ONU) ha attaccato il governo canadese durante un’intervista allo Ottawa Citizen, dicendo che il Canada non è riuscito a monitorare adeguatamente il proprio programma di addestramento militare. Il riferimento è all’addestramento fornito nel 2020 dalle forze canadesi a un gruppo del battaglione Azov.

Fonte: lindipendente.online

 

Anche lo sport è politica

 

L’8 giugno la società calcistica Kryvbas di Krivoy Rog (sotto il controllo delle autorità di Kiev) ha annunciato di aver licenziato l’allenatore della squadra giovanile Vitaliy Vytsenets e il suo assistente Stanislav Dyachenko.

Il motivo del licenziamento dei due allenatori è la “mancanza di una posizione patriottica”. Inoltre Dyachenko ha giocato in precedenza nel campionato della Repubblica Popolare di Donetsk per la squadra del Pobeda.

Nella legislazione ucraina sul lavoro non esiste un motivo di licenziamento per “mancanza di posizione patriottica”. Per non parlare del fatto che, secondo la legge ucraina, il fatto che una persona abbia giocato a calcio per qualsiasi squadra non può essere motivo di licenziamento.

La società calcistica Dynamo Kyiv ha licenziato un giocatore della sua squadra giovanile solo perché suo padre è un funzionario della Repubblica Popolare di Donetsk.

Dai canali televisivi “Football 1/2/3” è stato licenziato un commentatore di partite di calcio, il famoso calciatore della “Dynamo Kyiv”, Viktor Leonenko, solo perché ha chiesto un atteggiamento tollerante nei confronti dei calciatori russi.

A quanto pare la russofobia dilaga a vista d’occhio. E noi italiani non abbiamo sufficiente cultura per opporci a questo abominio della desolazione?

Fonte: t.me/repressionoftheleft/685

 

David Zhvania rivelò i piani del golpe del 2014

 

In un art. del 2020 l’ex legislatore del parlamento ucraino, David Zhvania (ricco businessman georgiano), sostenne che furono l’ex presidente Pyotr Poroshenko e il suo entourage a organizzare il colpo di stato nel 2014, strumentalizzando i manifestanti dell’“Euromaidan” come comparse per la presa del potere.

Zhvania (arrivato in Ucraina nel 1991 e diventato cittadino nel ’99) è stato un legislatore del parlamento dalla quarta alla settima convocazione; ha diretto il Comitato per la costruzione dello Stato e l’autogoverno tra il 2012 e il 2014. Tra febbraio e settembre del 2005 è stato ministro della Situazione di emergenza del governo di Yulia Timoshenko. Ha denunciato tutto in un video apparso su YouTube (youtube.com/watch?v=JChtKpaulOs).

A suo dire l’opposizione a Viktor Yanukovich inizialmente cercava di rimuovere solo una parte dell’autorità di governo, ma in seguito si decise di rimuovere anche il capo dello Stato. Solo che per poterlo fare occorreva rimuovere l’allora premier Nikolay Azarov “in modo che non potesse svolgere il ruolo di presidente ad interim”.

Dopo le dimissioni di Azarov, l’opposizione manovrò per togliere di mezzo anche Yanukovich, impedendo qualunque trattativa con lui e obbligandolo a fuggire.

Tra gli artefici del golpe Zhvania mette, oltre se stesso, Pyotr Poroshenko, Arseniy Yatsenyuk, Alexander Turchinov, Vitaliy Klichko, Andrij Parubij, Vitaliy Yarema e altri leader neonazisti. Costoro trovarono i finanziamenti per il “Maidan”, alimentarono i sentimenti di protesta nei media, ostacolarono le iniziative pacifiche delle autorità, condussero trattative segrete coi legislatori del Partito delle Regioni (fondato da Yanukovich), s’impegnarono in trattative con le ambasciate straniere.

Il finanziamento del golpe è stato effettuato in diversi modi. Una delle fonti esterne era l’ambasciata lituana, attraverso la quale venivano trasferiti denaro e armi. E il canale interno era la Diamantbank.

Poroshenko dovette corrompere alti funzionari della UE (rimasti anonimi), affinché nessuno si mettesse a sindacare sul golpe. Zhvania però ha dichiarato che lui stesso, insieme a Pavel Klimkin (ambasciatore ucraino in Germania nel 2014, e in seguito Ministro degli Esteri) ha partecipato alla consegna di “5 milioni di euro”.

Zhvania ha anche accusato Poroshenko di corruzione durante il suo mandato di presidente, in quanto ricevette circa 4 miliardi di dollari di tangenti, che ha trasferito in società offshore. Poroshenko vendette segretamente munizioni alla Siria per abbattere il governo di Assad. E per nascondere le tracce del crimine (vi erano anche bombe al fosforo da 400 kg), nel 2017 ordinò un incendio del magazzino militare a Kalinovka, di cui si accusarono alcuni terroristi russi.

Disse anche ch’erano state le autorità ucraine a imporre l’abbattimento del Boeing malese MH-17 con un missile Buk; sostenne inoltre che la Crimea fu persa senza resistenza da parte dell’esercito ucraino perché la penisola era “una pedina di scambio tra Putin e l’amministrazione Obama”, cioè venne sacrificata in cambio del rovesciamento del potere di Yanukovich (la cessione della Crimea fu dovuta anche al fatto che gli abitanti della penisola detestavano profondamente il governo di Kiev); infine disse che Poroshenko stava preparando un golpe anche contro Zelensky, sperando nell’aiuto di Biden.

Zhvania, 55 anni, è rimasto ucciso il 10 maggio, a causa di un proiettile di artiglieria che ha colpito un’auto in cui si trovava insieme a un’altra persona. Il luogo era vicino a un posto di blocco russo nel villaggio di Novopokrovka (regione di Zaporozhye).

Poroshenko è fuggito in Polonia dopo il terzo tentativo alla frontiera.

Fonte: strana.news

 

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Ci mancava anche la droga!

 

Di recente si è tornati a discutere nel parlamento ucraino sulla legalizzazione della canapa. Da tempo il partito di Zelensky chiede che venga fatto, ma aveva incontrato opposizioni nei media.

La motivazione formale di questa proposta è quella di consentire la coltivazione di cannabis terapeutica, quindi l’acquisto dovrebbe essere effettuato solo su prescrizione medica. Il target riguarda i bambini con forme di epilessia resistenti ai farmaci, i malati di cancro, i pazienti che necessitano di cure palliative, i veterani di guerra con disturbi da stress post-traumatico. Si parla di circa 2-3 milioni di cittadini.

Tuttavia gli oppositori sanno bene che col pretesto della cannabis, la mafia potrebbe arrivare a coltivare qualunque tipo di droga, data la forte corruzione presente nel Paese. E potrebbe farlo addirittura con la protezione della polizia nazionale, che dovrà rilasciare le licenze e organizzare i relativi controlli. Il governo pensa altresì di ottenere un facile consenso da parte della UE, in quanto vari Paesi sono favorevoli alla cannabis terapeutica, pur sotto varie condizioni. Negli USA hanno legalizzato la marijuana in California, Oregon e Alaska. Anche Canada e Uruguay l’han fatto.

In effetti la mafia della marijuana esiste già nel sud-ovest della regione di Odessa (la cosiddetta Bessarabia meridionale). Il maggior narcotrafficante, in grado di controllare il 90% della produzione, è Oleg Popescu, soprannominato Oleg Reniysky (rumeno). In quella zona molto fertile si possono ottenere 2-3 raccolti in estate. Da una sola piantagione si possono ricavare un milione di dollari, e Popescu ne controlla a centinaia. Parte dei proventi viene intascata da agenti di polizia corrotti, guardie di frontiera e autorità locali. Il volume principale viene esportato in Russia e nell’Unione Europea, essendo richiesta soprattutto dai tossici. Ma gran parte finisce anche in Ucraina.

Si pensa che se la cannabis sarà legalizzata, il denaro del narcotraffico aiuterà i criminali organizzati della regione del Danubio a ottenere lo status di politici e imprenditori ufficiali. La gestione della droga legalizzata dovrebbe essere affidata allo Stato: cosa che il governo filonazista di Kiev non farà di sicuro. (Non scordiamoci che Putin l’ha definito anche “tossico”).

Fonte: strana.news

 

Il destino della Bessarabia

 

Nel sito strana.news vi è un art. interessante del maggio 2020 che parla di agricoltori che si devono difendere da soli nella regione di Odessa contro dei criminali che, siccome non riescono a ottenere delle tangenti mafiose o la cessione dei terreni per poco prezzo o la trasformazione delle colture da legali a illegali (come quelle della droga), reagiscono derubandoli, lanciando granate nei loro cortili, addirittura sparandogli contro. La polizia non fa nulla per proteggerli. Esistono squadre di autodifesa in ogni villaggio.

I media scrivono spesso di scontri criminali in Transcarpazia (il “selvaggio West dell’Ucraina”), ma solo di recente avvengono fenomeni analoghi nella parte occidentale della regione di Odessa, storicamente chiamata Bessarabia meridionale. Qui, come in Transcarpazia, vi è una notevole diversità etnica (ucraini, russi, bulgari, gagauzi, moldavi, rom...), e si registra una forte influenza da parte dei Paesi vicini (in primis la Romania), sicché i criminali possono beneficiare del vicino confine.

Dopo il 1812 la Bessarabia (compresa la Moldavia) divenne parte dell’impero russo con uno status amministrativo autonomo. Dal 1917 al 1940 la Bessarabia divenne parte della Romania; dal 1940 al 1941 entrò a far parte dell’URSS; dal 1941 al 1943 la regione fu nuovamente conquistata dalla Romania; dal 1944 la regione tornò a far parte dell’URSS. Attualmente è suddivisa tra la Moldavia (parte settentrionale) e l’Ucraina (parte meridionale o “Bessarabia storica”). Ma le autorità della moderna Romania, ufficiosamente, considerano ancora la Bessarabia un loro territorio, tant’è che molti ucraini hanno il doppio passaporto.

Le lingue che si parlano sono gagauz, bulgaro, moldavo..., ma quella veicolare è il russo. I sentimenti filorussi e anti-Maidan sono molto forti. Il che può spiegare l’intenzione che i russi hanno di unire il Donbass alla Transnistria.

Già nel biennio 2014-15 si cercò di formare una repubblica della Bessarabia, a imitazione delle due repubbliche del Donbass, ma le forze militari inviate da Kiev non lo permisero.

Qui però, al momento, sono molto forti i gruppi criminali che controllano vari tipi di produzioni agricole, ivi incluso il narcotraffico, grazie a una terra eccezionalmente fertile. Tutta la Bessarabia è divisa in feudi e sfere d’influenza di boss locali e autorità criminali rivali tra loro, nei cui confronti il governo di Kiev non può far nulla, anche perché la criminalità è composta da persone imparentate tra loro. Il criminale di maggior spicco è Oleg Popescu, di origine rumena, a lungo ricercato dall’Interpol. Ora vive in Romania col nome di Oleg Rizea: le richieste di estradizione da parte di Kiev sono sempre state rifiutate.

Che cosa accadrà dopo l’occupazione russa del Donbass nessuno può saperlo.

Fonte: strana.news

 

Smettiamola di dar sempre la colpa agli altri

 

“L’Italia è costretta a importare materie prime agricole a causa dei bassi compensi riconosciuti agli agricoltori, che han dovuto ridurre di quasi 1/3 la produzione nazionale di mais negli ultimi 10 anni, durante i quali è scomparso anche un campo di grano su cinque, con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati”. Queste cose le dice il presidente della Coldiretti Ettore Prandini.

E poi ci lamentiamo che sul piano alimentare non siamo autosufficienti e ci mettiamo ad accusare Putin di voler affamare buona parte dell’umanità. A cosa ci è servito entrare nell’Unione Europea? Sul piano alimentare soltanto a peggiorare la nostra situazione e ad aumentare la dipendenza dai mercati esteri.

Ora la speculazione mondiale s’è accorta dell’esistenza di un grave problema alimentare e ha cominciato ad approfittarne per realizzare favolosi profitti. Lo sta già facendo con l’energia fossile, perché mai non dovrebbe farlo coi cereali? Non viviamo mica in Paesi dove non esistono le Borse dei titoli e dei valori!

Ecco un altro insegnamento di questa guerra russo-ucraina: dobbiamo far di tutto per essere autarchici almeno sul piano alimentare. Con o senza Europa. Se la UE ce lo impedisce, è meglio uscirne, poiché ne va della nostra stessa sopravvivenza e in fondo della nostra stessa libertà e autonomia di popolo. Magari rinunciamo a qualche lusso o comodità, ma non possiamo rinunciare al cibo. Meno che mai noi italiani, che sul mangiare siamo così sofisticati.

È un errore pensare che la speculazione mondiale si concentri solo sui prodotti ad alto valore aggiunto, quelli più tecnologici o infotelematici, o quelli farmaceutici (correlati a epidemie e pandemie), o quelli militari (grazie alle tante guerre in corso), o quelli strettamente finanziari, come il valore altalenante delle monete, o quelli energetici degli idrocarburi (mal distribuiti nel pianeta), o quelli dei metalli pregiati, che nei momenti belluini del genere umano diventano molto più importanti del denaro.

C’è anche tutto il mondo dell’alimentazione, che a causa di questa guerra sta andando in malora. Ci sta andando non per colpa della guerra, ma perché la guerra ha messo in luce, indirettamente, la grande precarietà del sistema neoliberistico, pur essendo il nostro benessere, in media, molto elevato rispetto ai Paesi in affanno (anche per colpa del nostro passato colonialismo).

Abbiamo improvvisamente capito quanto sia necessario non dipendere dalle risorse altrui, soprattutto da quelle che ci tengono in vita. È assolutamente folle che l’Italia debba importare il 64% del proprio fabbisogno di grano per la produzione di pane e biscotti e il 53% del mais per l’alimentazione del bestiame, secondo l’analisi della Coldiretti.

È stato un errore pensare che, siccome noi occidentali siamo la locomotiva dell’umanità, non avevamo bisogno di dotarci di tutti i beni essenziali alla nostra riproduzione, in quanto bastava affidarsi, pagandoli, ai beni altrui, i beni di quelle nazioni meno avanzate di noi.

Abbiamo capito che per stabilire un criterio di ricchezza non basta il PIL, non basta avere banche che emettono a iosa banconote di carta: ci vuole sicurezza quando vai a fare la spesa, in maniera tale che tu non debba scendere in piazza per far cadere il governo in carica. Ci vogliono asset di materie prime che garantiscono l’esistenza in vita.

Non diamo sempre la colpa agli altri. Un popolo è maturo quando sa assumersi delle responsabilità, anche a costo di mandare a casa dei politici che non sanno vedere oltre il proprio naso.

Fonte: corrieredellumbria.corr.it

 

Cosa vuol dire essere ucraino?

 

Vassily Nebenzia, rappresentante permanente della Federazione Russa presso l’ONU, sulla base di alcuni manuali scolastici di storia e di geografia distribuiti nelle scuole ucraine, ha mostrato le mistificazioni che si compiono in questo Paese.

A quanto pare, secondo gli autori dei libri di testo, gli ucraini e i polacchi sarebbero di origine slava, mentre i russi sono di origine ugro-finnica e i bielorussi di origini baltiche. Ha senso una definizione del genere? Nessuna.

Nel manuale di storia viene addirittura affermato che “la formazione del popolo ucraino ha 140.000 anni”! E che “alla fine del XIX secolo gli ucraini erano uno dei più grandi popoli d’Europa.

Cos’è, uno scherzo? O frutto di un’ignoranza abissale?

A proposito d’ignoranza, proprio in questi giorni il Ministero ucraino dell’Istruzione ha annunciato la messa al bando di Guerra e Pace di Leone Tolstoj e di molti altri romanzi storici che ritraggono le forze armate russe sotto una buona luce.

Il ministro Andrey Vitrenko ha dichiarato che il suddetto Ministero sta preparando una lista di libri da bandire, in linea con l’editto emanato dal Ministero della Cultura e dell’Informazione di Kiev, che ha annunciato che le opere letterarie che “promuovono la propaganda russa” saranno rimosse dalle biblioteche ucraine e sostituite con letteratura ucraina.

Questi fanatici pregiudizi sono davvero assurdi, anche perché l’opposizione a Napoleone, descritta da Tolstoj, esalta il ruolo degli stessi ucraini.

Fonte: scenarieconomici.it

 

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1. La pena di morte andrebbe abolita

 

Devo esser sincero: per me fucilare dei mercenari in guerra non ha senso, tanto meno dopo un regolare processo, e meno ancora di fronte al loro pentimento (ancorché parziale). Come non ha senso che loro chiedano d’essere scambiati con dei prigionieri della parte avversa, a prescindere dall’entità dello scambio e da qualunque altra condizione.

Mi riferisco ai tre mercenari arruolati nel Battaglione Azov, di cui due britannici (Sean Pinner e Aiden Aslin) e un marocchino (Saadun Brahim), i quali, dopo essere stati catturati a Mariupol, hanno subìto il processo dal tribunale della repubblica di Donetsk, la cui Corte Suprema li ha condannati a morte, a causa delle loro atrocità volte a prendere il potere nella DPR. Il codice militare prevede l’appello nell’arco di un mese e che, nel caso in cui ottengano la grazia, abbiano, come massimo della pena, 25 anni di carcere. Naturalmente ai mercenari non si applica la Convenzione di Ginevra né alcun altro trattato previsto per i militari regolari (e in Ucraina quelli stranieri arrivati sin dall’inizio della guerra sono stati circa 6.500).

La ministra degli Esteri inglese, Liz Truss, che come al solito mostra di non aver competenza di nulla, ha denunciato la sentenza “come fasulla e assolutamente priva di legittimità”, in quanto per lei sono dei “prigionieri di guerra”. Come se avessero ucciso per la patria e non per denaro! Come se non fossero andati volontariamente ma mandati dal governo inglese! Chissà perché Johnson ha vietato di far vedere nel suo Paese i video delle interviste concesse alla televisione russa da parte dei due mercenari inglesi. Chissà perché nel 2017, dopo essere rientrato nel Regno Unito, Aslin venne arrestato per aver combattuto come foreign fighter.

Anche il ministro degli Esteri francesi ha parlato di “processo farsa” e ha chiesto che “i mercenari (privi dello status di combattenti) devono essere trattati in conformità al diritto internazionale”. Chissà perché la stessa cosa non l’ha chiesta per Vadim Shishimarin, quel 21enne russo condannato all’ergastolo per aver ucciso un civile (unico suo delitto) su ordine di un suo superiore.

Gli stessi mercenari inglesi non si rendono conto di quel che dicono quando chiedono al premier Johnson, loro che sono vili mercenari, d’essere scambiati con l’illustre prigioniero politico, Viktor Medvedchuk, deputato del parlamento ucraino (peraltro, da buoni razzisti quali sono, non hanno incluso neppure il marocchino nella trattativa).

Tuttavia Pinner ha affermato di vivere a Mariupol e di prestare servizio nei marines ucraini da circa 2,5 anni. Ha pure sposato una donna di quella città. Incredibilmente ha pure detto al corrispondente russo Roman Kosarev che aveva bisogno di un lavoro finché suo figlio non avesse finito la scuola! Un lavoro che evidentemente doveva essere piuttosto redditizio e con cui avrebbe potuto insegnare dei buoni princìpi a suo figlio...

Quanto a Aslin (pure lui dal 2018 nei marines ucraini), non ha escluso che il bombardamento delle aree pacifiche di Donetsk sia avvenuto per errore, in quanto l’esercito regolare ucraino gli pare avere, di regola, un basso livello di addestramento e poca disciplina. Ma non ha neppure escluso che l’abbiano fatto apposta a causa della russofobia.

In ogni caso i due inglesi sono stati reclutati da una rete di reclutatori, capeggiata da Alexander Tobius, che opera in tutto il mondo in qualità di tramite delle agenzie di intelligence occidentali.

I compiti di questi mercenari vanno dal fare gli istruttori al commettere attacchi terroristici. In genere sono gruppi separati di persone non incluse in alcuna struttura. È più conveniente, perché, a parte il passaporto, nient’altro le collega con lo Stato di appartenenza e coi servizi speciali. Questi stranieri non vogliono morire in terra straniera e sostanzialmente, quando la situazione appare loro disperata, si arrendono senza combattere, sempre che le forze armate ucraine glielo permettano, in quanto il comando di “resistere fino all’ultimo” implica nessuno di loro venga catturato dai russi.

 

2. Per che cosa uno fa il mercenario?

 

Un mercenario è uno che va in un teatro di guerra e uccide per denaro un qualunque nemico. E pur di salvare la pelle è disposto a compiere qualunque cosa.

Si può giustiziare un soggetto così cinico e crudele? un soggetto che magari è diventato così perché di fronte a sé era convinto di non avere alternative? un soggetto che diventa così senza sapere assolutamente nulla delle motivazioni che hanno scatenato un determinato conflitto e che, se le avesse conosciute, avrebbe anche potuto fare il mercenario per la parte opposta?

Se a un mercenario si chiedesse per che cosa combatte, quello risponderebbe: “per soldi”. Poi magari alla domanda: “solo per soldi?”, un inglese come Pinner o Aslin, influenzato da pregiudizi storici secolari di governi inglesi russofobici, aggiungerebbe: “perché i russi mi stanno antipatici”.

Il marocchino Brahim invece non saprebbe cosa aggiungere, non avendo mai visto in tutta la sua vita né un russo né un ucraino e non avendo subìto analoghi pregiudizi.

Dunque escludendo l’esecuzione capitale (che è in sé una barbarie, indegna di qualunque Paese civile), nonché lo scambio di prigionieri (essendo in questo caso troppo diverso lo status di chi combatte), e soprassedendo alle leggi che non permettono di riconoscere dei diritti ai mercenari (anche perché è difficile che qualche mercenario abbia potuto compiere qualcosa di più orrendo di ciò che han fatto, per cieca russofobia, i neonazisti dei vari battaglioni ucraini), cosa fare dei mercenari catturati?

Di sicuro non possono essere lasciati liberi, sia perché il loro pentimento va messo alla prova, in quanto potrebbe essere un atteggiamento strumentale deciso sul momento, cioè un espediente per ottenere uno sconto sulla pena; sia perché non si può escludere la reiterazione del crimine (i due inglesi avevano già combattuto in Siria e in Bosnia).

In fondo il mercenario non è che un killer a pagamento. Il fatto che sia andato a combattere in un teatro di guerra lascia pensare che provenga da ranghi di tipo militare, più o meno regolari. Non è un killer isolato (come quelli che si vedono nei film americani) o che fruisce di particolare protezione (come quelli dei servizi segreti o della criminalità organizzata).

Un soggetto così va rieducato esattamente come tutti gli altri prigionieri. Forse è più facile farlo con una persona che non nutre alcun odio personale nei confronti del nemico da uccidere. Rieducare un neonazista richiede sicuramente molto più tempo.

Un mercenario anzitutto va edotto sulle ragioni del conflitto. Non può trincerarsi dietro la sua ignoranza. Per rendersi conto in maniera adeguata delle mostruosità compiute, uno deve conoscere bene i motivi per cui si trovasse dalla parte sbagliata.

Capito questo, l’ex mercenario deve iniziare a frequentare le persone che voleva uccidere per soldi, proprio per capire ancora meglio l’insensatezza delle sue azioni.

Infine tutti i prigionieri, mercenari e non, dovrebbero contribuire a ricostruire ciò che han distrutto (come fecero i nazisti in Russia). Solo alla fine della ricostruzione potrebbero essere lasciati liberi.

Qui voglio concludere dicendo che l’industria mercenaria ucraina è diventata una delle maggiori fonti di mercenari al mondo, in quanto costano la metà di qualunque altro mercenario: da 5 a 10.000 dollari al mese. E gli americani li utilizzano parecchio.

 

Un mondo capovolto

 

Ihor Kolomoyskyi (sponsor di Zelensky) non è l’unico ebreo ucraino che ha sposato la causa di gruppi apertamente di matrice nazista.

Vi è anche Konstantyn Batozsky, ex consigliere del Governatore di Donetsk, Serhiy Taruta: è stato consulente del Battaglione Azov tra il 2014 e il 2015. Secondo lui i neonazisti dell’Azov non avevano un’ideologia antiebraica, ma solo antirussa. Inizialmente erano solo teppisti del calcio che volevano visibilità.

Vi è Daniel Kovzhun, ebreo di Kiev, che gestiva la logistica durante la guerra condotta dall’Ucraina contro i suoi stessi cittadini del Donbass, per conto di unità paramilitari neonaziste. Anche lui fa capire che l’obiettivo da colpire erano i filorussi per tenere unito il Paese.

Vi è poi il caso dei Cento Ebrei, gruppo di soli ebrei che hanno combattuto, fin da Euromaidan, a fianco dei battaglioni neonazisti, creando dei simboli propri, come la bandiera rossa e nera del Settore Destro con la stella di David sopra.

Poi vi è Grigory Pivovarov, cittadino israeliano che ha servito nel 24° battaglione neonazista d’assalto separato “Aidar” (prima che fosse assorbito nell’esercito regolare). Nel 2018 affermava: “Vedo parallelismi tra l’attuale lotta degli ucraini contro i filorussi del Donbass e ciò che è accaduto sul territorio del moderno Israele nel periodo iniziale dell’esistenza di questo Stato”.

Quindi cerchiamo di capire. Questi ebrei potevano combattere a fianco dei neonazisti ucraini contro i filorussi del Donbass (e i russi che li sostenevano), semplicemente perché sentivano di essere, nel contempo, sionisti, religiosamente osservanti e forti patrioti ucraini.

Detto altrimenti: erano nazisti in quanto sionisti, russofobici in quanto nazionalisti, e religiosamente fanatici come può esserlo un cattolico integralista della Galizia e Volinia o un ortodosso scismatico del patriarcato di Kiev. Per loro la Russia è paragonabile agli Stati islamici che impedivano a Israele di esistere come Stato.

Che mondo è questo? A che serve la religione? Perché ci si è scandalizzati delle parole di Lavrov quando ha detto che essere ebreo e nazista non è di per sé inconciliabile? Possibile che in nome di una destra violenta e disumana ci si possano ritrovare elementi così eterogenei? È sufficiente che un nemico comune possa affratellare nemici che un tempo venivano considerati irriducibili?

Fonte: lindipendente.online

 

Fascisti brasiliani e neonazisti ucraini

 

All’inizio dello scorso marzo un gruppo di volontari e mercenari brasiliani è arrivato in Ucraina per arruolarsi nella Legione Internazionale Ucraina. Sono stati eliminati tutti dai russi, però è abbastanza singolare che provenissero dal Brasile.

In effetti stando al rapporto di Adriana Dias, ricercatrice dell’Università di Campinas, il Brasile, con più di 530 cellule attive, è il Paese in cui l’estremismo di destra è avanzato maggiormente negli ultimi anni. San Paolo è lo stato regionale con la maggiore presenza di questi gruppi: se ne contano 51 sul totale di 137 mappato in tutta la nazione.

Secondo Michel Gherman, membro dell’Observatório da Extrema Direita (formato da accademici di più di 10 università brasiliane e di altri Paesi), questo fenomeno ha a che fare con l’elezione di Jair Bolsonaro, che, a livello clandestino, è legato a queste ideologie.

Gherman stima che il 15% dei brasiliani sia oggi di estrema destra. Va ricordato che Bolsonaro ha iniziato la sua carriera come capitano dell’esercito durante la dittatura militare fascista (1964-84), che ha impiegato tattiche della Gestapo come squadroni della morte e torture contro leader sindacali, intellettuali e comunisti.

Nel 2016 la polizia civile nello stato meridionale del Rio Grande do Sul, sede di diverse ondate d’immigrazione tedesca e italiana e di una lunga tradizione fascista, ha condotto un’indagine contro gruppi neonazisti che stavano pianificando attacchi violenti contro afro-brasiliani, ebrei e LGBT+, e ha scoperto che la milizia neonazista ucraina Divisione Misantropica stava reclutando nazisti brasiliani in sette città dello stato per servire come combattenti volontari di Azov nella Regione del Donbass. L’indagine, che è stata soprannominata “Operazione Azov”, ha ricevuto all’epoca ampia copertura dalla stampa brasiliana e israeliana.

Ho l’impressione che non si sia sufficientemente consapevoli dell’estensione mondiale e della gravità di questa sorta di Internazionale Nera. E non è che possiamo sempre contare sulla Russia… Anche perché la stessa Russia è contagiata da forme di fascismo imperiale a sfondo religioso.

Fonte: lindipendente.online

 

O sovrani o colonie

 

La frase che ha detto Putin al 350° anniversario della nascita dell’imperatore Pietro il Grande: “Un Paese o è sovrano o è una colonia e una colonia non ha alcuna prospettiva di sopravvivere oggi alla lotta geopolitica” – è un invito a nozze per due interi continenti (Africa e Centro-Sudamerica) sottoposti al più duro dei colonialismi, quello euroamericano.

Bisognerebbe mettere alla prova quell’affermazione e vedere se la Russia, nei suoi rapporti con quei continenti (che nel complesso hanno evitato di sanzionarla), riproduce gli stessi rapporti colonialistici dell’occidente, che sono serviti per garantire a noi grande benessere e a loro grande dipendenza dai nostri mercati, al punto che han perso la stessa autosufficienza alimentare.

Anzi, visto che Putin deve combattere anche contro molti nemici interni, quelli più occidentalizzati, se fossi in lui sposterei la capitale della Federazione nell’area asiatica, cioè farei il contrario di quanto fece Pietro il Grande, che volle creare la nuova capitale di San Pietroburgo per dare un taglio netto alle tradizioni secolari del suo Paese.

Nell’area occidentale, quella europea, mi limiterei a riempirla di missili nucleari, visto che dai tempi di Napoleone è soprattutto da lì che cercano di occuparla.

E comunque, per affrontare USA, UE e NATO, deve per forza stringere una forte alleanza militare con Cina e India.

 

Un Paese a sovranità molto limitata

 

Zelensky sta trasferendo parte della sovranità dell’Ucraina alla Polonia. A dirlo è il direttore del servizio di intelligence estero della Russia, Sergej Narjshkin, in un rapporto secondo cui, col consenso dei vertici ucraini, la Polonia ospiterebbe un centro di elaborazione dati di backup del Servizio fiscale statale dell’Ucraina col pretesto di aumentare l’efficienza del dipartimento.

Cioè Kiev fornirebbe deliberatamente al tandem polacco-statunitense l’accesso a informazioni d’importanza nazionale, comprese quelle sui contribuenti e, di conseguenza, sulla reale situazione finanziaria dell’Ucraina.

Secondo l’intelligence russa il compito principale d’installare le apparecchiature del servizio fiscale ucraino in Polonia è stato svolto dalla società SILTEC, che ha collegamenti coi servizi speciali d’intelligence polacchi. I rappresentanti dei giganti digitali americani Dell, IBM e Cisco forniscono supporto metodologico.

Questo vuol dire trasferire alla Polonia e agli USA il controllo de facto sulle più importanti funzioni e istituzioni statali dell’Ucraina, di cui la popolazione non sa assolutamente nulla.

 

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Poverini, son rimasti senza benzina

 

I cittadini britannici che si recano al lavoro in auto si stanno chiedendo che senso abbia pagare, solo per la benzina, 350 sterline a settimana, pari a 410 euro? In questa maniera pagano per lavorare!

E con chi se la prendono, con Putin? Il criminale ce l’hanno in casa, quello che imita Marinetti, sì, il futurista: ZANG TUMB TUM!!!

Quello che dice a Svezia e Finlandia: “Prima che  abbiate le basi NATO ci penso io a difendervi dall’orso russo”. Come si chiama? Dai, quello che vuol fare un’altra Europa coi Paesi ex sovietici, quelli più nazifascisti e guerrafondai... Quel simpaticone un po’ spaccone che ha detto: “Entro la fine di quest’anno smetteremo d’importare il greggio di Putin”...

 

Davvero un modello europeo il SudTirolo?

 

Di Maio elogia a Bolzano l’autonomia altoatesina: “È un modello di dialogo e convivenza da 30 anni, esempio virtuoso di soluzione consensuale nelle controversie e di tutela di minoranze nell’ambito di uno sviluppo armonioso”.

Belle parole prive di senso! A parte che quella autonomia fu concordata dopo un lungo periodo di attentati terroristici e dinamitardi negli anni ’60 e ’70, ma perché non l’ha proposta a Zelensky? Putin e le due repubbliche del Donbass l’avrebbero accettata. I sudtirolesi conservano il 100% delle loro tasse. Neanche se passassero sotto l’Austria avrebbero un privilegio del genere, pur non disdegnando il doppio passaporto, perché coi cialtroni della politica italiana non si sa mai.

Inoltre in che lingua ha fatto l’elogio? Già si fa fatica a sentirlo quando parla in italiano. Ma quelli, anche se bilingui, se non parli tedesco ti guardano storto e fan finta di non capirti, tant'è che il loro partito di centrodestra, nato nel 1945, si chiama Südtiroler Volkspartei.

Siamo dunque sicuri che “l’autonomia altoatesina sia un modello concreto per l’Europa e per tutta la comunità internazionale”? Dovremmo prima rinunciare allo Stato centrale per uno federale, come in Svizzera. Ogni Regione però si dovrebbe accollare una parte del mostruoso debito pubblico, no? Incluso l’Alto Adige.

Mi chiedo: perché tutte le volte che Di Maio parla ho l’impressione che non capisca nulla. Eppure ha fatto il liceo classico.

 

L’importanza di Di Maio

 

Pochi han notato che il documento desecretato dal Copasir, chiamato “Hybrid Bulletin”, è realizzato a cura del DIS (Dipartimento delle informazioni per la sicurezza), un organo che fa capo a Draghi e al prefetto Franco Gabrielli (che ha deciso di renderlo pubblico), col contributo di AISE (Agenzia informazioni e sicurezza esterna, che ha sostituito il SISMI), AISI (Agenzia informazioni e sicurezza interna, che ha sostituito il SISDE) e MAECI.

Tutti questi organi, a loro volta, dipendono “formalmente” dal Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica (CISR), che include non solo Draghi e Gabrielli, ma anche altri 7 ministri: Esteri, Interno, Difesa, Giustizia, Economia e finanze, Sviluppo economico, Transizione ecologica.

Ma il MAECI che cos’è? È il Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale. In pratica è il ministero di Di Maio.

Perché nel suddetto bollettino viene aggiunto al DIS, all’AISE e all’AISI? Nel sito della nostra intelligence (sicurezzanazionale.gov.it) non appare mai questa sigla.

Dal 2007 è il premier che decide tutto in materia di sicurezza e di intelligence, avvalendosi naturalmente di DIS, AISE e AISI. Ma che c’entra Di Maio? Con l’AISE collabora solo il Ministero della Difesa.

C’entra, eccome. Di Maio è molto più importante di Guerini (ministro della Difesa), soprattutto come portavoce di Draghi alla NATO e negli organi della UE! È chiaro?

 

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Rovesciamento della realtà

 

Ha detto il soldatino Stoltenberg, che fino a ieri parlava di vincere l’esercito russo: “La pace in Ucraina è possibile. L’unica domanda è a quali concessioni territoriali costerà all’Ucraina. La NATO sta aiutando Kiev a pagare il prezzo più basso”.

Anche questo è uno che vede la realtà capovolta. Sarà colpa del fuoco di sant’Antonio che l’ha colpito? L’unico che la NATO può permettersi...

In realtà il governo di Kiev, se avesse riconosciuto sin dal 2014 le due repubbliche del Donbass e la Crimea, si sarebbe risparmiato l’invasione russa, decine di migliaia di morti e la devastazione del Paese. Invece così, per colpa della NATO, che l’ha illuso di vincere con la promessa di rifornirlo di armi strabilianti, perderà non il 20% del territorio, ma molto molto di più. Sarà già tanto se Zelensky riuscirà a non rimetterci la testa.

 

Se lo dicono i norvegesi

 

Due luminari norvegesi: Jarle Trondal, professore di scienze politiche, e il ricercatore Jørn Holm-Hansen, entrambi dell’Università di Oslo, hanno indicato i motivi che impediscono all’Ucraina d’essere accettata nell’Unione Europea in questo momento.

I motivi sarebbero questi:

- corruzione diffusa;

- problemi con lo Stato di diritto e la democrazia;

- l’economia e la politica sono controllate dagli oligarchi;

- povertà e nazionalismo;

- l’adesione accelerata dell’Ucraina alla UE sarebbe ingiusta nei confronti dei Paesi che l’aspettano da anni.

In Ucraina le cose van peggio che nei Paesi più corrotti dell’Unione Europea, sostiene Holm-Hansen. E il motivo secondo lui sta nel fatto che, pur essendo la nazione enormemente diversificata nelle sue realtà locali-regionali (etnico-linguistiche), il governo di Kiev ha sempre preferito la centralizzazione al federalismo. Nessun partito si fa portavoce di istanze territoriali specifiche. Eppure la popolazione della Crimea e le due repubbliche secessioniste del Donbass costituivano insieme il 16% degli elettori alle elezioni presidenziali del 2010 e il 12% alle elezioni parlamentari del 2012. Non riconoscerle è stato un errore molto grave.

Paradossalmente però il partito di Zelensky nel 2019 vinse perché rispetto a quello chiaramente filonazista di Poroshenko era molto più moderato e intenzionato a risolvere pacificamente la questione della guerra civile nel Donbass.

Non è incredibile che queste cose vengano dette da due docenti che appartengono a uno Stato che non fa neppure parte della UE (perché vuol tenersi tutto il petrolio per sé) e che preferisce stare nella NATO?

Che il governo ucraino e la stessa nazione nei suoi livelli politici, giudiziari e amministrativi siano sommamente corrotti lo si sa dall’anno del golpe. Ormai l’unica a non vederlo è la von der Leyen, che insiste nel promettere a Zelensky un percorso privilegiato per l’ingresso nella UE. Una donna veramente irresponsabile, che permetterà al neonazismo di dilagare in tutta Europa.

Intanto Bulgaria, Croazia, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania, Slovacchia e Slovenia hanno inviato una lettera alla commissaria europea alla Salute, Stella Kyriakidou, chiedendole che senso ha che la von der Leyen abbia comprato 4,2 miliardi di dosi di vaccino anti Covid per 477 milioni di abitanti. Aveva forse pensato a 10 dosi a testa? O sotto c’è l’ennesimo caso di corruzione? Forse bisognerebbe chiederlo a suo marito.

 

Lucciole per lanterne

 

Il consigliere di Zelensky, Oleksiy Arestovich, dice che agli europei conviene armare gli ucraini perché dopo la vittoria di Putin mezzo milione di ucraini (tutti hanno visto come combattiamo!) si uniranno a 1,5 milioni di russi e bielorussi e marceranno sull’Europa.

Quando uno è disperato non farebbe meglio a tacere? Di armi ne abbiamo già mandate un’infinità. Se non gli arrivano è perché i russi le intercettano subito e le distruggono, salvo quelle che gli stessi ucraini vendono ai terroristi di tutto il mondo al mercato nero.

Ora questo neonazista sta dicendo che se gli ucraini stanno perdendo è per colpa degli europei filo-putiniani, che vogliono una trattativa di pace e non una sconfitta militare dei russi, i quali non solo devono restituire tutto il Donbass e la Crimea ma devono anche pagare tutti i danni materiali.

Ancora non riesce ad accettare l’idea che gli ucraini han perso la guerra in maniera irreversibile. Dopo aver richiamato in prima linea i 18enni e i 60enni, al governo di Kiev non resta che la mobilitazione generale delle donne!

Nel briefing militare russo del 12 giugno viene detto che dall’inizio dell’operazione militare speciale sono stati distrutti 201 aeroplani ucraini e 130 elicotteri, 1.188 droni, 338 sistemi missilistici antiaerei, 3.514 carri armati e altri veicoli corazzati da combattimento, 508 sistemi di lancio multiplo di razzi, 1.870 artiglierie da campo e mortai, 3.570 unità di veicoli militari speciali. Con tutto questo armamentario se fossimo stati noi in guerra con l’Ucraina l’avremmo persa in pochi giorni (ovviamente senza usare il nucleare).

L’unica speranza che gli ucraini avevano era l’ingresso diretto delle truppe NATO nel loro Paese, ma nessuno vuol rischiare un conflitto nucleare per la loro bella faccia. Lo stesso Biden sta scaricando Zelensky, in quanto la sua popolarità, a causa dei gravi problemi economici interni, sta scendendo sotto il 30%. Agli americani non importa un fico secco dell’Ucraina: loro vogliono continuare a vivere nel benessere. A novembre i democratici temono una Waterloo, che costi loro la maggioranza sia alla Camera che al Senato. In realtà questo sarebbe il minimo: ormai gli USA stanno rischiando la guerra civile, e questa volta non sarà tra nordisti e sudisti, ma tra chi ha e non ha.

 

Un guizzo di dignità

 

“La Serbia non entrerà nell’Unione Europea senza il riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo”, ha detto con fare minaccioso il cancelliere tedesco Olaf Scholz.

Il presidente serbo Aleksandar Vučić ha invece dichiarato che i Paesi occidentali si stanno avvicinando al Kosovo per provocare la Serbia. Ha anche detto che continuerà a perseguire una politica sovrana. Ormai sono gli stessi serbi che non chiedono più di entrare nella UE.

Non solo, ma mentre a Lavrov Bulgaria, Macedonia del Nord e Montenegro hanno impedito di far atterrare l’areo per parlare dei dettagli sull’accordo energetico Mosca-Belgrado, Scholz invece ha potuto contattare tranquillamente il premier Vučić per pretendere che la Serbia aderisca alle sanzioni della UE contro la Russia.

A proposito del viaggio annullato di Lavrov il premier croato, Andrej Plenković, ha detto: “La Serbia deve decidere da che parte stare, se ha veramente l’ambizione di continuare sulla strada dell’integrazione nell’Unione Europea”.

Al che il ministro dell’Interno, Aleksandar Vulin, ha risposto, piccato: “Plenković non capisce che la Serbia è seduta su un’unica sedia, quella serba, e non è un territorio, ma uno Stato e sono gli Stati a decidere chi sono i loro amici”. Poi ha rincarato la dose: “Se c’è un popolo che ha inequivocabilmente scelto la parte sbagliata della storia, è quello croato, e se c’è un popolo che ha portato i croati dalla parte giusta della storia, è quello serbo” (un po’ sibillina questa seconda frase).

Mi sa che nella ex Jugoslavia ci sia ancora molto fuoco sotto la cenere. Intanto mi chiedo: perché fino ad oggi nessuno statista europeo ha mai detto che l’Ucraina non sarebbe potuta entrare nella UE senza prima riconoscere l’indipendenza delle due repubbliche del Donbass e della Crimea? Sai quanti morti e distruzioni in meno?

 

Trovata in rete

 

“In 100 giorni di guerra russo-ucraina abbiamo capito che:

- L’Italia ripudia la guerra fino a quando non lo dicono gli USA.

- Se fai il saluto fascista sulla tomba di Mussolini sei perseguibile per legge; se inneggi al nazismo col sole nero, la runa del lupo e la svastica, contornati però dai colori della bandiera Ucraina, allora sei pacifista.

- Gli oligarchi russi sono cattivi, gli oligarchi ucraini sono buoni.

- I nazisti sono sempre stati cattivissimi, tranne quelli ucraini che inneggiano a Hitler ma non sono nazisti (cit. Mentana).

- Tutte le arti russe (musica, poesia, letteratura, cinema) sono una schifezza e quel poco che c’è di buono è sicuramente di origine ucraina e i russi se ne sono appropriati.

- I referendum che fanno in Kosovo sono validi, quelli fatti nel Donbass no (per ulteriori informazioni chiedere a Cuperlo).

- I russi uccidono i giornalisti scomodi, gli Stati democratici no: in effetti Mino Pecorelli, Mauro Rostagno e molti altri si sono suicidati.

- In Russia i giornalisti non hanno libertà di parola, mentre nel mondo democratico Julian Assange è libero di raccontarci i segreti delle amministrazioni democratiche dei Paesi democratici.

- Le invasioni russe di Ungheria, Cecoslovacchia, e poi Afghanistan, Cecenia e Georgia sono state fatte perché i russi son cattivi e comunisti (almeno a quei tempi); se invece sei democratico e sponsorizzi colpi di stato in Cile, Argentina, Nicaragua, El Salvador, Guatemala, Venezuela, Bolivia, Panama, Uruguay, Brasile, Cuba, Repubblica Dominicana, Grenada, Ucraina sei bravo. Sempre se sei democratico e radi al suolo Korea, Vietnam, Iran, Iraq, Libia, Siria, Serbia, Afghanistan va tutto bene. A volte sei talmente democratico da sganciare due bombe atomiche su un Paese ormai in ginocchio, ma hai un tale livello di democrazia che le bombe non le sganci su obiettivi militari ma su due città abitate da poveri cristi (350.000 morti in 24h, oltre il milione per le conseguenze).

- I calciatori russi sono cattivi e non possono andare ai mondiali di calcio. I calciatori dell’Arabia Saudita sono bravissimi, non sono molto democratici, ma sono amici dei più democratici del mondo, e quindi anche se l’Arabia Saudita uccide in 7 anni 400.000 yemeniti, un’eccezione si può sempre fare e gli amici sono amici.

- Se poi sei il più furbo di tutti e vuoi boicottare i russi cattivi, non compri più il gas russo, ma lo compri dagli amici della Russia, la cui rete è gestita da una compagnia russa, ma lo paghi il 30% in più perché sei democratico e anche un po’ furbo.

- Fino a 100 giorni fa le ucraine erano tutte “badanti, cameriere e amanti” (cit. Annunziata/Di Bella in un fuori onda).

Fonte anonima

 

Non ci vuol molto per capirlo

 

Interessante art. di Daniele Perra su “Guerra demografica e guerra economica”.

Chiosando uno studio del sociologo tedesco Gunnar Heinsohn, dice che “la principale risorsa di cui la guerra ha bisogno è il capitale umano”. Cioè più ancora dell’artiglieria!

La capacità di assorbire le perdite gioca un ruolo determinante sull’esito di una guerra. L’esempio più evidente l’abbiamo avuto tra l’URSS e il Terzo Reich durante la II guerra mondiale.

L’“età da combattimento” va dai 15 ai 29 anni, poiché in questa fascia di età, essendo ancora privi di lavoro, i giovani si rendono automaticamente disponibili alla guerra.

In tal senso il Pakistan sarebbe in grado di sostenere la guerra per anni, seguito dal vicino Afghanistan, dall’Iraq e da alcuni Stati africani in piena esplosione demografica. Gli Stati Uniti sono in una posizione intermedia grazie soprattutto all’immigrazione latino-americana. Mentre l’Europa, oggi, in nessun modo potrebbe sostenere un conflitto lungo e ad ampio tasso di perdite umane. Infatti siamo un continente di vecchi, facciamo pochissimi figli e, per giunta, non sopportiamo gli immigrati, se non per i lavori più umili.

L’Ucraina ha una popolazione di 41 milioni di abitanti, che si riduce a 35 senza il Donbass e la Crimea. Ha un’età media di 41 anni e un tasso di mortalità infantile del 7×1000 (il doppio rispetto al resto dell’Europa).

Per contro la Russia ha un’età media di 39 anni, che si abbassa notevolmente in alcune delle sue repubbliche (la Cecenia, ad es., che ha fornito un apporto notevole in termini di truppe impiegate direttamente sul terreno, ha un’età media che si aggira sui 23 anni). Senza considerare il fatto che Mosca non ha avuto alcun bisogno, al momento, di attivare una mobilitazione su larga scala, limitandosi a reclutare volontari o a richiamare poche migliaia di riservisti. Questo perché l’intervento di Mosca rimane una “guerra limitata con obiettivi limitati” da raggiungere in un tempo ancora indefinito.

Kiev è destinata alla sconfitta proprio perché non ha la capacità di assorbire le proprie perdite, e la NATO può offrire solo aiuti militari non truppe.

A ciò si aggiunga che la guerra è già costata al Paese oltre il 10% del PIL in 100 giorni, e potrebbe salire al 35% se arrivasse alla fine dell’anno. Cosa che renderebbe l’Ucraina uno Stato fallito, capace di sopravvivere solo grazie agli aiuti esteri e a un’eventuale ricostruzione che, naturalmente, sarà tutta a spese europee. Inoltre, perdendo il Donbass, perderà i territori più ricchi di risorse minerarie.

Fonte: geopolitika.ru

 

L’incudine del martello

 

- Se prendiamo Aqaba è finita.

- Dal mare è impossibile, è difesa da molti cannoni.

- I cannoni son fissi. Non li possono girare e noi li prenderemo alle spalle.

- Ma lì c’è il deserto del Nefud. Nessuno esercito l’ha mai attraversato.

- Noi lo faremo e quando saremo lì, non fate prigionieri.

- Allah ci punirà per questa arroganza.

- All’uomo tutto è possibile.

 

Dal film Lawrence d’Ucraina (Aqaba ovviamente è l’equivalente di Odessa).

 

Nazisti comprensivi

 

Le madri dei prigionieri di guerra ucraini, reclusi a Sebastopoli, hanno chiesto di non riportare i loro figli a casa né di fare scambio di prigionieri. L’ha detto Tatyana Moskalkova, difensore civico dei diritti umani in Russia.

Come mai? Perché conoscono bene il loro governo e sanno che li rimanderebbero al fronte o sarebbero comunque oggetto di repressione.

 

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Telegram sotto accusa

 

Pochi hanno notato che nell’“Hybrid Bulletin”, reso pubblico dal prefetto Franco Gabrielli, i servizi di sicurezza se la son presa anzitutto con Telegram, che ritengono la fonte di tutta la disinformazione dei cosiddetti “proscritti” della lista nera.

Esaminando infatti questi canali, le spie al servizio del nostro povera Italia han dovuto constatare una certa “contiguità” coi gruppi o movimenti no-vax o no-greepass, definiti “antisistema”. Cioè in pratica gli spioni fanno questo ragionamento: siccome tutte le posizioni dei no-vax sono false, allora lo sono anche quelle che sostengono la fine immediata della guerra attraverso una trattativa di pace, la rinuncia all’invio di armi al governo di Kiev, il rispetto delle esigenze di sicurezza di Mosca, il riconoscimento dell’indipendenza alle due repubbliche del Donbass e così via.

Un’equazione assurda, viziata da un ideologismo di fondo, quello secondo cui qualunque critica al sistema va vietata, soprattutto quelle filorusse ed eurasiatiste (sembra che questi manichei conoscano il filosofo Dugin). Che poi queste sono “eresie” – dicono sempre gli spioni – che fanno il paio con le idee sovraniste e nazionaliste (come se essere proni all’euroamericanismo guerrafondaio debba essere obbligatorio per tutti!).

Ce l’hanno con Telegram perché sanno benissimo che in tale piattaforma la Russia aggira tutte le forme censorie ai danni dei propri canali informativi, come Russia Today e Sputnik Italia.

Detestano anche Facebook e Twitter, poiché si sono accorti che, nonostante le molteplici e assurde censure di questi social, sono davvero tanti gli italiani (definiti “cospiratori”, come al tempo di Mazzini!) che si oppongono alla guerra e simpatizzano per Putin.

Sinceramente parlando, tutta questa attività di controllo è per me mera spazzatura, puro trash.

 

L’immaturo Giletti intervista la portavoce di Lavrov

 

Massimo Giletti rappresenta la quintessenza del giornalista italiano medio: moralismo di bassa lega, psicologismo d’accatto, cultura limitata, geopolitica da strapazzo, manie di protagonismo ecc. Quando ha intervistato Maria Zakharova, politico molto competente, come in genere lo sono tutti quelli che in Russia esercitano ruoli di alta responsabilità, non si è mai reso conto del livello della persona con cui aveva a che fare.

La Zakharova esordisce dicendo che mentre parlava con lo staff di Giletti, le avevano chiesto se i russi erano consapevoli di stare interrompendo tutti i rapporti con l’occidente. Al che lei risponde che non è la Russia a mettere sanzioni contro l’occidente ma il contrario e non da oggi, almeno sin da quando gli USA non davano alla Russia la possibilità di costruire i gasdotti diretti verso l’Europa. Infatti per “occidente” lei intende anzitutto gli USA, che dominano nettamente la UE. Poi parla della possibilità di alleggerire il regime dei visti tra Russia e UE, di cui Giletti ignora del tutto l’esistenza: anche questa è una richiesta ventennale, che funziona però solo per la Moldavia.

Poi lui la interrompe con una domanda idiota: “Questo vuol dire che la guerra all’Ucraina è stata fatta in forma preventiva, temendo che la NATO entrasse in Ucraina?”. La domanda è insensata proprio perché Giletti non riesce ad accettare una cosa scontata, e cioè che la NATO si è estesa a est, minacciando seriamente i confini della Russia. Non è una guerra preventiva, ma è una legittima difesa che va avanti dalla fine del Patto di Varsavia.

Lei ha buon gioco ribattendo che la guerra nel Donbass dura da 8 anni, non è successa nel febbraio di quest’anno. E si meraviglia che in tutto questo tempo i giornalisti europei non abbiano detto assolutamente nulla in merito. Eppure vi erano state 13.000 persone assassinate.

Lui a questo punto ammette le colpe degli europei, dicendo che il mainstream è stato zitto anche nella guerra in Siria e in Cecenia. Falso. In realtà sia nell’uno che nell’altro caso ci siamo messi contro i russi e i loro alleati.

Fa autocritica solo per accusare i russi di non aver fatto valere le loro ragioni con la dialettica, ma solo con le armi. Tuttavia la Zakharova insiste nel dire che la colpa sta nei ministri degli Esteri europei, che sono sempre stati in contatto con Lavrov, che li rendeva edotti di tutto. Quanto poi alla Cecenia e alla Siria, i russi sono andati persino all’ONU proponendo di combattere insieme l’ISIS, ma la UE si oppose.

Qui Giletti la interrompe di nuovo, com’è solito fare con chiunque (e non solo lui), ricordandole che Aleppo è stata distrutta dai russi. Non sa che gli stessi americani (tra cui il colonnello e senatore Richard Black) han testimoniato che i russi sono intervenuti nella città solo dopo quattro anni di duri combattimenti tra l’ISIS e l’esercito di Assad, per cui la città era già completamente distrutta. Lei lo rimprovera per la sua ignoranza. Lui se ne risente e le fa presente che la Russia si è allargata di molto in Medioriente, sostituendosi agli americani (sic!). E lo vuol fare anche in Mali, poiché ciò fa parte della proiezione di potenza della Russia nel mondo (sic!). Come se la Russia avesse basi militari all’estero in conseguenza di un proprio attacco contro uno Stato sovrano!

Ma è la Zakharova a ricordargli che nel Mali è esistito per molto tempo un ruolo distruttivo da parte della Francia. Dopodiché lo invita a essere più serio e a informarsi meglio sul colonialismo europeo.

Lui ammette che francesi, inglesi e italiani sono stati colonialisti, ma poi (quando non ha argomenti) la interrompe di nuovo, dicendole di stare allo scopo dell’intervista, che è la guerra ucraina. Lei però insiste precisando che mentre gli USA cambiano i regimi e uccidono premier e presidenti senza rendere conto a nessuno, la Russia non lo fa mai, poiché interviene solo su richiesta del governo in carica.

Gli USA, con la UE, la Polonia e il consenso implicito dell’Italia hanno avuto tale atteggiamento aggressivo anche in Ucraina – aggiunge la Zakharova –, sostituendo con un golpe il governo legittimo di Yanukovich. Dopodiché nessuno ha applicato sanzioni al regime di Kiev.

Giletti si difende ammettendo le colpe dell’Europa, ma le spalma anche su Mosca, dicendo che ha aiutato militarmente i filorussi del Donbass. Poi, con un’iperbole, paragona quella guerra civile allo scontro tra nordisti e sudisti negli USA, cioè tra popoli fratelli! Due cose, in realtà, completamente diverse. Infatti in Ucraina è stata la parte più arretrata del Paese ad attaccare quella più industrialmente sviluppata. Ed è stata un’ideologia neonazista a farlo, che negli USA, se fosse possibile fare paragoni storicamente azzardati, avrebbe potuto trovare un’affiliazione con l’ideologia schiavista degli agrari del sud.

Dopodiché, di scemenza in scemenza, passa a fare il patetico e a interpretare il conflitto ucraino in maniera meramente moralistica, senza alcuno spessore politico, senza alcuna nozione storicamente fondata. Come se non sapesse che la Russia ha cercato per 8 anni di risolvere la guerra civile di Kiev contro le due repubbliche del Donbass con la trattativa. Anche la Germania e la Francia avevano il dovere di risolvere il conflitto, ma non hanno mai fatto nulla.

Giletti ragiona coi criteri manichei dell’aggredito giusto e dell’aggressore ingiusto e non vede più in là del suo naso. E si meraviglia che i russi, invece di limitarsi al Donbass, abbiano subito deciso di circondare anche Kiev e di bombardare anche il nord del Paese.

Lei trasecola e gli dice chiaro e tondo che non gli sembra un cittadino italiano, ma che sia giunto da Marte nell’ultima settimana. Poi gli ricorda che l’Italia, come tutta la NATO, è entrata a Baghdad distruggendo tutto e ammazzando molti civili. Quanto all’Ucraina, se non ci fossero gli USA, a quest’ora la trattativa con Kiev sarebbe già stata fatta. Gli stessi europei, che forniscono armi a Kiev e pongono sanzioni a Mosca, non possono poi pretendere d’intavolare dei negoziati.

Lui di nuovo si sente offeso per la battuta su Marte e dice che la storia la sa, e fa l’esempio del bombardamento della NATO su Belgrado, che abbiamo chiamato “missione di pace”. Fosse stato solo quello!

Giletti insiste nel dire che è la Russia a non volere la pace, non l’occidente. Lei però gli ricorda che poco prima di quella intervista i Paesi che circondano la Serbia hanno impedito all’areo di Lavrov di utilizzare lo spazio aereo di quel Paese.

La vera stoccata finale la Zakharova, quella che avrebbe atterrato un bisonte, la dà quando accusa l’occidente di non avere alcuna memoria storica, senza la quale non è possibile risolvere in maniera efficace alcun serio problema. Fare dei negoziati con uno smemorato è impossibile, meno che mai quando questo soggetto ritiene d’essere al centro del mondo.

Poi dice chiaro e tondo a Giletti che l’unico vero scopo degli USA è sia quello di isolare la Russia per poterla distruggere, sia quello di danneggiare la UE, impedendole di commerciale con la Russia. Ma la Russia, inevitabilmente, tenderà ad avvicinarsi sempre più alla Cina.

Giletti però, siccome è andato a Mosca come esponente del giornalismo nazionale (e forse persino occidentale), non ci sta a sorbirsi delle critiche. Sicché si sente in dovere di precisare che lo stalinismo ha fatto fuori 30 milioni di persone, e anche gli zar non erano così “perfetti”. Dove avrà tirato fuori quella cifra lo sa solo lui. Basta andare su Wikipedia, che certo non è né comunista né filorussa, per sapere che nel periodo 1921-53 i condannati a morte per controrivoluzione furono approssimativamente 340.000 persone, di cui circa 225.000 durante il periodo delle purghe staliniane 1936-39. Troppo poche? Bene, secondo Vladimir Kriuchkov, direttore del Kgb, tra il 1930 e il 1953 vennero incarcerate 3,8 milioni di persone, di cui 786.000 condannate a morte. I numeri che danno Aleksandr Solzhenytsin e Roy Medvedev non stanno né in cielo né in terra.

Insomma la Zakharova è costretta a dire a Giletti che ragiona in maniera molto semplificata, come fanno i bambini. E lei, pur dichiarandosi pacifista, deve purtroppo ammettere che ragionare con un occidente militarista, incapace di dimostrare la propria coerenza tra le parole e i fatti, è molto difficile. Poi coglie la palla al balzo e ricorda a Giletti che proprio l’occidente ha sostenuto, considerandoli eroi, i separatisti ceceni contro la Russia.

E qui la stoccata finale con una domanda da un milione di dollari: perché non dite le stesse cose nei confronti dei filorussi del Donbass che si sono dati due repubbliche autonome? Peraltro, aggiunge, questi filorussi non volevano affatto staccarsi dall’Ucraina, ma avere soltanto i loro diritti (p.es. parlare la loro lingua madre, festeggiare le loro feste...). E quando han fatto il referendum per affermarsi come repubbliche autonome, la Russia non le ha riconosciute: ci ha messo 8 anni prima di farlo.

Poi Giletti conclude nella maniera più stupida possibile: “Oggi cosa chiedete per intavolare delle trattative serie?”. Ma lei risponde: “La quantità di bombardamenti del regime di Kiev era aumentata tantissimo nell’ultimo periodo, prima del 24 febbraio, e l’ONU non ha mai fatto nulla. Noi non abbiamo la bacchetta magica e voi non volete vedere cose ovvie”.

È che Giletti, di questa guerra, teme che le conseguenze abbiano ricadute sulla UE, sull’Italia, sul mondo intero. Vuoi non dargli ragione? Solo che non capisce che sono le sanzioni alla Russia, più che la guerra in Ucraina, a provocare gravi disastri economici all’umanità.

Tuttavia la Zakharova gli ricorda che è stato Josep Borrell in persona a dire che non c’è spazio per le trattative e che tutto si deciderà sul campo di battaglia. L’occidente non vuole la trattativa, se non dopo una vittoria militare.

Lo sprovveduto Giletti però non s’accontenta e vuol sapere quali sono gli obiettivi militari di Putin. È proprio un ingenuo! T’immagini se un generale va a raccontare al nemico come intende regolarsi sul campo di battaglia?

La Zakharova ha dovuto congedarlo rimproverandolo di non capire nulla della situazione del Donbass: “Voi vedete i profughi ucraini da pochi mesi, noi li vediamo da 8 anni e li sosteniamo”. E gli obiettivi sono già stati detti da Putin: demilitarizzazione e denazificazione. La UE purtroppo ha perso l’occasione per svolgere il ruolo di paciere.

E lui, con un certo disappunto: “Guardi che i morti in Ucraina li ho visti coi miei occhi”. Povero essere. Anche la von der Leyen ha visto i morti di Bucha coi suoi occhi, ma non ha capito niente da chi sono stati ammazzati!

Poi ha chiuso nella maniera più squallida possibile: “Devo purtroppo lasciarla perché la pubblicità incombe”!

Fonte: youtube.com/watch?v=cpQlJvDwOnY

 

La propaganda russa va criminalizzata

 

Vediamo ancora delle particolarità dell’“Hybrid Bullettin” declassificato il 10 giugno. Sono 7 pagine e pare che di queste mostruosità anticostituzionali ce ne siano altre.

Singolare che alla voce “Le narrative pro-Cremlino diffuse via social”, si ritenga facenti parte della “propaganda russa”:

- l’esistenza dei biolaboratori americani (quando lo stesso Pentagono ne ha ammessi ben 46 nella sola Ucraina, anche se ovviamente per scopi tutt’altro che disumani!);

- l’impiego di armi chimiche da parte dell’Ucraina come pretesto per operazione false flag (come se in Medioriente gli USA non si siano proprio comportati così, dando poi la colpa ad Assad, a Saddam Hussein ecc. I russi avevano persino paura che i neonazisti ucraini facessero saltare le centrali nucleari!);

- la denazificazione dell’Ucraina (come se non fosse un problema reale, grande come una casa, di questo Paese, un fenomeno con addentellati a livello mondiale!);

- la russofobia (no, questa non c’è, come si può pensare questa cosa nella democratica Ucraina e soprattutto nella umanissima e pluralistica Unione Europea? Come può venire in mente una cosa così assurda? Non siamo mica al tempo dell’antisemitismo);

- la brutalità dell’esercito di Kiev (certo: i militari russi torturati, evirati, giustiziati sul posto, feriti alle gambe, dopo che si erano arresi, ce li siamo inventati. I video son tutti falsi.);

- la strumentalizzazione dei sondaggi relativi alla guerra (certo, l’opinione degli italiani, che in maggioranza sono contrari alla guerra, all’invio di armi, ai finanziamenti ecc., non conta niente: conta solo quella del governo e del parlamento. Lo vedremo alle prossime elezioni chi conta.);

- costanti attacchi all’immagine di Zelensky (oh mio Dio, ma non l’avevate visto quando nudo suonava il pianoforte col suo attributo? quando faceva, di nuovo tutto nudo, insieme ad altri, dei video sconci nel supermercato? E quando chiedeva tutte le armi del mondo per colpire la Russia? E alla NATO d’intervenire con le sue truppe? E di mettere una no-fly zone? E di far scoppiare una guerra mondiale? Un soggetto di questo genere, visto che in passato ha fatto l’attore comico, doveva chiedere una riedizione come protagonista del “Dottor Stranamore”).

 

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È la NATO che combatte in Ucraina

 

“Circa 3.000 soldati britannici stanno combattendo in Ucraina contro le forze russe”, secondo Mamuka Mamulashvili, comandante della legione georgiana che sovrintende alle operazioni che coinvolgono volontari stranieri. Ha già combattuto quattro volte contro i russi e li odia a morte, accusandoli di ogni nefandezza. Ha invitato i governi occidentali a “opporsi tutti insieme all’impero del male”.

Ha pure detto che circa 20.000 combattenti stranieri stanno assistendo le truppe ucraine. Ma il numero esatto di combattenti occidentali in Ucraina è sconosciuto: i russi parlano di oltre 6.500, provenienti da 62 Paesi del mondo (soprattutto da Polonia, Regno Unito, Svezia, Germania, Stati Uniti, Bielorussia, Turchia, Canada, Corea del Sud, Israele, Somalia...). In realtà il numero può essere molto può più grande, dal momento che l’afflusso è praticamente incontrollato.

Di sicuro si sa che ci sono fino a 2.500 militari sul territorio dello stabilimento di Azot nella regione di Severodonetsk, di cui circa il 20-25% sono mercenari stranieri. Questo secondo il ministero degli affari Interni della LNR. Sono stati i nazionalisti a portare deliberatamente molti civili da Severodonetsk nella zona industriale dello stabilimento per nascondersi dietro di loro come scudo umano. L’avevano già fatto a Mariupol. È la tattica dei vigliacchi senza scrupoli.

Come noto, i mercenari non sono protetti dalla Convenzione di Ginevra e la loro posizione è assimilabile a quella dei terroristi. Vale la pena morire per poche migliaia di dollari al mese?

Fonte: independent.co.uk

 

Il generale Fabio Mini papale papale

 

Il generale Fabio Mini (già Capo di Stato Maggiore del comando NATO per il sud Europa), in un’intervista apparsa sul sito di Maurizio Blondet, parla di un accordo bilaterale tra USA e Ucraina stipulato nel 2008 e aggiornato nel 2021.

Di che si tratta? È un documento programmatico che vincola gli USA a instaurare una leadership in Ucraina, e questo nel mentre la Georgia del presidente Saak’ashvili, sostenuto dagli americani e dalla NATO,  stava attaccando l’Ossezia meridionale in cui erano stanziate truppe della CSI (guidata dalla Russia) in missione di peacekeeping.

ll tentativo di annessione non riuscì, poiché la Russia intervenne militarmente costringendo le truppe di Tbilisi alla ritirata. Nonostante le minacce e alcuni movimenti di navi né la NATO né gli USA reagirono. Così la Russia riconobbe formalmente l’indipendenza dell’Ossezia e dell’Abkhazia sottoscrivendo con esse degli accordi di sicurezza e cooperazione. Fu appunto dopo quella guerra che l’Ucraina iniziò a premere per l’accesso alla NATO.

Quando l’accordo fu rinnovato la NATO dava per scontato che sia la Crimea che tutto il Donbass dovessero ritornare al governo di Kiev. I Trattati di Minsk non sono mai stati presi in seria considerazione.

Il linguaggio dell’accordo bilaterale esprime tutte le tesi della propaganda ucraina ultranazionalista. È redatto da estremisti che non lasciano aperta nessuna forma di moderazione. In ogni campo si individuano pretesti per un conflitto.

Se questo accordo gli USA vogliono mantenerlo in vigore, non ci saranno molte speranze di una soluzione negoziale con la Russia.

 

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Interessante che il generale abbia detto che gli esperti statunitensi della CIA elaborarono già nel 2000 il modello OTPOR con seminari e sessioni addestrative prima tenute in Ungheria, poi in quasi tutto il mondo. Doveva servire per introdurre degli infiltrati (agitatori ed estremisti) nei movimenti “spontanei”. La cosa funzionò benissimo in Serbia e fu ripetuta in Ucraina. Solo che qui avvenne una deviazione, in quanto la mobilitazione pacifica si trasformò subito in qualcosa di violento.

Infatti in Ucraina, a partire dal 2004, col governo Yushenko, sposato con una funzionaria del Dipartimento di Stato americano, furono creati e appoggiati movimenti ultranazionalisti, partendo sia dalle frange neonaziste, sempre esistite in Ucraina e in Europa, sia dai gruppi violenti degli ultras dello sport. Sono stati quindi creati e addestrati in Polonia e altri Paesi vari gruppi paramilitari e presunti “volontari” russofobici come spunto per il nazionalismo estremo che da sempre induce all’esercizio della sopraffazione fisica e politica.

Nel 2014 si sono visti gli effetti di questa infiltrazione nelle manifestazioni di piazza Maidan. Subito dopo quasi tutti i gruppi violenti paramilitari o mercenari sono stati ufficialmente inseriti nelle forze armate e soprattutto nei quadri dell’intelligence e delle forze di sicurezza interna (polizia e milizie territoriali).

La questione del Donbass, aperta da una richiesta di maggiore autonomia amministrativa, è stata trasformata in una repressione violenta degli autonomisti con migliaia di morti e delitti contro l’umanità che si è trascinata fino al 2022. I leader delle formazioni estremiste hanno assunto il potere formale anche dello Stato ucraino. Paradossalmente i partiti ufficiali costituiti da questi gruppi non sono riusciti ad arrivare al 2% dei voti nelle elezioni presidenziali. In compenso detengono quasi tutte le principali posizioni nell’ambito governativo e controllano in maniera pesante anche con minacce fisiche lo stesso presidente eletto.

 

* * *

 

Quindi non c’è dubbio che l’attuale guerra sia rivolta contro la Russia e non soltanto per difendere l’Ucraina. Gli statisti ucraini eseguono un piano per conto degli Stati Uniti e dell’Occidente, il cui scopo è la neutralizzazione della Russia nella sua potenzialità militare e politica. L’Ucraina in questo momento agisce come proxy dell’occidente. La guerra contro la Russia è un progetto globale di egemonia. La guerra per il Donbass non mira all’egemonia globale da parte della Russia e nemmeno della Cina. Ma potrebbe essere proprio il proxy Ucraina lo strumento per una reazione russa e/o cinese in vari campi per condurre a un vero riassetto del potere globale.

Fonte: maurizioblondet.it

 

È importante avere una bella casa

 

Se l’Ucraina sta vincendo la guerra con la Russia, allora perché le persone chiave nella cerchia ristretta del presidente Zelensky comprano case in Svizzera? E come fanno a offrire 9 milioni di dollari per l’acquisto di quelle case? Gli “aiuti stranieri” vengono dirottati in modo che possano acquistare ville multimilionarie?

Gli estratti dei registri fondiari o catastali sono liberamente consultabili. Gli acquisti vengono fatti in franchi svizzeri, il cui valore è quasi equivalente al dollaro americano.

Vi si trovano i nomi di Dmytro Razumkov, ex presidente del parlamento dal 2019 al 2021, che ha comprato una casa lussuosa per 8.954.621 franchi svizzeri.

Poi vi è Oleksandr Danyliuk (Daniljuk), ex segretario del Consiglio nazionale per la sicurezza e la difesa dell’Ucraina e ministro delle Finanze: ha acquistato una casa da 9.126.538 di franchi svizzeri.

Vi ricordate la Lyudmyla Denisova? Difensore civico licenziata a causa di false notizie sulle atrocità dell’esercito russo contro i bambini? Bene, pure lei ha comprato una casa per circa 9 milioni di franchi svizzeri.

La maggior parte di queste case è stata acquistata appena prima che la Russia iniziasse la sua operazione militare speciale. Sembrano tangenti per svolgere determinate iniziative.

In ogni caso amano così tanto l’Ucraina che han deciso di non viverci.

Fonte: databaseitalia.it

 

Il realismo di Craig Roberts

 

Scrive Paul Craig Roberts, economista americano, su geopolitika.ru:

La macchina da guerra americana è costituita da due fattori: 1) gli interessi economici e di potere del complesso militare e di sicurezza; 2) l’ideologia egemonica dei neoconservatori.

La prima richiede un nemico per giustificare l’irresponsabile potere delle agenzie di sicurezza e il budget annuale di 1.000 miliardi di dollari del complesso in sé.

La seconda crede in un’eccezionalità e indispensabilità degli Stati Uniti, che hanno diritto a un potere egemonico sul mondo.

Poiché le donazioni dell’industria degli armamenti per le campagne politiche esercitano un controllo sui funzionari eletti, e poiché i neocon con la loro dottrina Wolfowitz sono i principali responsabili della politica estera degli Stati Uniti, non ci sono gruppi d’interesse o leader politici in grado di sfidare il loro dominio. Ciò significa che le possibilità di pace sono pari a zero. È così che ci stanno portando verso una guerra nucleare.

Dopo aver provocato l’intervento militare russo in Ucraina, gli Stati Uniti e le loro marionette della NATO sono diventati combattenti nel conflitto, fornendo all’Ucraina armi, addestramento e sostegno diplomatico. Gli Stati Uniti e il Regno Unito stanno dotando l’Ucraina di missili che possono essere utilizzati per attaccare la base navale russa sul Mar Nero in Crimea. Una volta che tale attacco si verificherà, gli Stati Uniti e la NATO saranno in guerra con la Russia, una situazione di cui la Cina potrebbe approfittare occupando Taiwan.

L’intervento russo, limitato e prolungato, ha rafforzato l’opinione dell’occidente che il Cremlino non sia molto combattivo, cioè ha dato tempo e modo all’occidente di creare una narrativa della sconfitta russa e di organizzare le spedizioni di armi.

Una volta che i russi avranno completato il compito di cacciare gli ucraini dalla regione del Donbass, è probabile che si confrontino con un nuovo esercito ucraino creato nell’Ucraina occidentale. Sembra chiaro quindi che la situazione è pronta per una guerra più ampia.

La Russia però sembra essere pronta a questa eventualità, tant’è che Putin e Lavrov spesso lo ribadiscono: “più armi a lungo raggio voi fornirete e più noi sposteremo verso ovest dal nostro territorio la linea da cui i neonazisti minacciano la Federazione Russa”.

Fonte: geopolitika.ru

 

Arrestato Andriy Naumov

 

La polizia serba ha arrestato il 7 giugno in Serbia, mentre attraversava il confine con la Macedonia del Nord, Andriy Naumov, ex capo dei servizi di sicurezza dell'Ucraina (SBU) presso l’Oblast di Kherson.

Insieme al capo della SBU, Ivan Bakanov, Naumov aveva lasciato l’Ucraina poche ore prima dell’inizio dell’occupazione russa e naturalmente è accusato di tradimento.

Gli avrebbero anche trovato circa 600.000 euro in contanti, alcune mazzette in dollari e un certo quantitativo di smeraldi e diamanti per un valore di 20 milioni di dollari.

Al momento resta detenuto nel centro di custodia cautelare a Nis. Rischia una pena detentiva fino a 12 anni per contrabbando.

Un mese fa Bakanov era tornato, mentre Naumov ha continuato ad acquistare immobili in Europa.

La Serbia non ha ancora fornito all’Ucraina informazioni ufficiali sulla detenzione del suo cittadino e sulle circostanze in cui è avvenuta la detenzione. E Naumov non ha chiesto sostegno consolare al suo Paese. Pertanto, è possibile che il generale della SBU stia cercando di “comprare” la sua libertà dai rappresentanti delle “autorità competenti” serbe.

Povero Zelensky, chiude la stalla (gli ha tolto il grado di generale e l’ha accusato di tradimento) dopo che i buoi sono fuggiti. Cosa che lui stesso però dovrà fare...

Fonte: farodiroma.it

 

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Dai primi interrogatori

 

Dopo i primi interrogatori dei neonazisti arresisi nell’acciaieria di Mariupol, emerge quanto segue:

1. Quasi tutti ammettono di professare un’ideologia nazista basata sulla russofobia e sulla glorificazione dei criminali nazisti. Eventuali crimini contro la vita dei russi e della popolazione di lingua russa dell’ex Ucraina sono stati deliberatamente giustificati sulla base della “superiorità razziale” degli ucraini. I membri del battaglione Azov sono stati direttamente incaricati di abusare fisicamente della popolazione civile delle “regioni di Donetsk e Luhansk”, nonché di tutti coloro “sospettati di simpatizzare con la Russia”.

2. I capi delle suddivisioni testimoniano che nel febbraio-marzo 2022, su istruzione di Zelensky, sono stati fatti preparativi attivi per un attacco a Donetsk e Luhansk, e poi alla Crimea. Si stavano sviluppando piani per invadere il territorio delle regioni di Belgorod e Kursk.

3. Quasi tutti sostengono che la russofobia non è stata solo incoraggiata da Zelensky, e prima di lui da Poroshenko, e dal governo dell’Ucraina, ma è stata anche attivamente impiantata nella società. La russofobia è la politica ufficiale di Kiev dal 2014.

4. Tutti si contendevano la massiccia partecipazione degli addestratori della NATO alla preparazione delle operazioni contro le repubbliche del Donbass e della Russia. I rappresentanti americani ed europei hanno preparato e addestrato Azov e altri combattenti nazisti, sostenendo attivamente la russofobia e incoraggiando il nazismo ucraino.

5. I capi delle suddivisioni riferiscono che la tattica di usare i civili come scudo umano è stata introdotta proprio da istruttori occidentali sulla base della condotta delle ostilità da parte di organizzazioni terroristiche islamiste in Siria. Le perdite tra la popolazione civile dovevano essere completamente assegnate ai russi. Alcuni ammettono che l’ordine di aumentare in modo indipendente il numero di vittime civili provenisse da Kiev.

6. La società di informazioni in Ucraina era gestita anche da esperti stranieri, che fornivano ai nazisti supporto metodologico, tecnologico e materiale. L’obiettivo principale era la demonizzazione e la criminalizzazione definitiva della Russia, del suo popolo, del suo presidente, in modo che i combattenti non avessero dubbi sulla necessità del completo sterminio della “malvagità russa”.

7. Le informazioni sulle armi biologiche delle persone interrogate sono contraddittorie. Finora non ci sono prove affidabili della loro esistenza. Alcuni dicono di averne sentito parlare.

8. Alcuni degli interrogati hanno ammesso di aver commesso crimini di matrice razzista: stupri, torture, brutali omicidi sadici.

Fonte: t.me/InfoDefenseITA

 

Inquisita Alina Lipp

 

La giornalista tedesca Alina Lipp (Telegram @neuesausrussland), dopo aver denunciato i crimini degli ucraini commessi contro la popolazione del Donbass, rischia tre anni di galera se ritorna in Germania. Le autorità tedesche, che avevano già cancellato i suoi materiali da internet e bloccato il suo conto bancario e persino quello del padre, hanno avviato un procedimento penale contro di lei.

Non sarà ascoltata dagli inquirenti perché, dicono, questo potrebbe inquinare le indagini.

Da notare che non c’è stato neanche un giornalista tedesco in Donbass per 8 anni!

A quanto pare chi mette in discussione la narrazione ufficiale ora è equiparato a un criminale.

Peggio che in Italia.

Fonti: t.me/OrdEvG/7494 #AlinaLipp

facebook.com/hashtag/AlinaLipp/

 

Ancora sui biolaboratori

 

Gli USA hanno finalmente ammesso di aver “supportato” 46 biolaboratori in Ucraina. Lo ha riferito il Pentagono, ovviamente dichiarando che le ricerche ivi svolte erano legittime e non dirette a creare armi biologiche. In realtà lo scopo era quello di creare elementi di armi biologiche selettive; utilizzare l’Ucraina come bio-poligono; fare sperimentazioni cliniche di nuove medicine.

Singolare che il Pentagono abbia detto d’aver iniziato in questo campo sin dal 1991, cioè dopo l’implosione dell’URSS. Evidentemente, non potendo smantellare le armi nucleari in questo Paese e organizzando con la Russia di Eltsin lo smantellamento del nucleare nei Paesi ex-sovietici, il Pentagono si stava già chiedendo come attaccare la Russia usando armi non nucleari, ma ugualmente devastanti. I biolaboratori dovevano appunto servire a questo, usando volatili e insetti.

Laboratori analoghi, gestiti dagli americani, si trovano, senza ombra di dubbio, in Bangladesh, Repubblica Democratica del Congo, Egitto, Etiopia, Georgia, Ghana, Haiti, India, Indonesia, Kenya e in tanti altri Paesi. C’è un sito https://www.ncbi.nlm.nih.gov/books/NBK542569/#!po=25.0000 che fa l’elenco di tutti i biolaboratori mondiali, ma è impossibile stabilire se la loro attività sia legale o illegale.

Quello di Fort Detrick, il più importante biolab della Difesa USA, nel quale si studiavano pericolose tossine e germi, sembra stato chiuso per ragioni di “sicurezza nazionale”, sulle quali però vige il segreto più assoluto.

Qui possiamo soltanto aggiungere che gli USA fanno sperimentazioni biologiche sugli esseri umani sin dagli anni ’30. E non hanno mai smesso.

Le agenzie americane preposte alla ricerca biologica sono in genere le seguenti: Dipartimento di Stato americano; Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti; Dipartimento dell'Agricoltura degli Stati Uniti; Agenzia centrale di intelligence degli Stati Uniti; Agenzia statunitense per la riduzione delle minacce; Centro statunitense per le malattie e il controllo; Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale; Istituto di ricerca dell'esercito americano W. Reed Research Institute; Istituto medico di malattie infettive dell'esercito americano Fort Detrick.

Sono noti gli sponsor che hanno favorito le ricerche biologiche in Ucraina: Fondazione Bill e Melinda Gates; La Fondazione Clinton, Rosemont Seneca (Hunter Biden); Open Society; Gestione del Fondo Soros; Fondo per lo sviluppo della ricerca civile; Fondazione Rockefeller; Alleanza Ecohealth; Crescita pilota.

Gli esecutori coinvolti: Ambasciata USA in Ucraina; Centro Scientifico e Tecnologico dell'Ucraina; Ministero della Difesa ucraino; Ministero della Sanità ucraino; Black and Veatch; Metabiota (Hunter Biden); CH2M Hill Jacob's Engineering; Medico di Skymount.

Le aziende farmaceutiche che hanno ricevuto ricerche e materiale sulle armi biologiche sono le seguenti: Pfizer, Battelle, Gilead, Dynport Vaccine, AbbVie, Carexel, Eli Lilly and Co., Merck and Co., Moderna.

Naturalmente questo era anche un modo per riciclare il denaro.

Fonte: lantidiplomatico.it

 

Multipolarismo in America Latina

 

Su ComeDonChisciotte.org Alessandro Fanetti ha fatto il punto sul IX Vertice delle Americhe, terminato pochi giorni fa a Los Angeles, da cui il lungimirante Biden ha voluto escludere Cuba, Nicaragua e Venezuela.

In realtà questi tre cosiddetti “Paesi del Male” se ne sbattono dell’arroganza americana e preferiscono interfacciarsi con Russia e Cina.

La cooperazione tecnico-militare tra Mosca e Caracas è iniziata con Hugo Chavez, e la Repubblica bolivariana oggi è diventata una potenza regionale.

Lo stesso è avvenuto nel Nicaragua di Ortega, che ora è in grado di schierare grandi quantità di forze armate ed equipaggiamenti militari non molto lontano dagli USA.

La Russia ha cancellato il 90% del credito che aveva con Cuba nel 2014, e il resto ha promesso di reinvestirlo tutto nell’isola. Cuba, da parte sua, ha da sempre condannato l’espansione della NATO verso est e non ha partecipato alle sanzioni decise dall’occidente.

Pechino ha firmato una serie di accordi economici fondamentali nel 2014 con Cuba.

Il Venezuela è uno dei partner strategici per la Nuova Via della Seta, con ramificazioni anche nelle Americhe.

Nel 2021 il Nicaragua, contrariamente al passato, ha aderito al principio di “una sola Cina”, garantendosi la possibilità di rafforzamento dei legami con Pechino.

Insomma tre Paesi decisi a rompere l’egemonia USA nel continente, facendo capire che il XX sec. è definitivamente tramontato.

L’unipolarismo nato dopo il 1991, anno della dissoluzione dell’URSS, deve fare spazio al multipolarismo, o con le buone o con le cattive. Anche la UE deve farsene una ragione, e tutto l’occidente in generale.

A Biden l’han fatto capire chiaramente anche Messico, Guatemala, El Salvador e Honduras, che non han partecipato al vertice in quanto non sopportano la scelta degli USA di non invitare i cosiddetti “dittatori”.

L’Argentina ha partecipato ma ha fortemente criticato a livello pubblico la scelta di Washington.

Atteggiamenti del genere, così diffusi e corali in America Latina, sarebbero stati impensabili prima della guerra in Ucraina.

Fonte: comedonchisciotte.org

 

Grecia e Turchia ai ferri corti

 

La Grecia si sta stufando dell’arroganza turca e minaccia di paralizzare il Bosforo con un missile da crociera SCALP lanciato dal caccia francese Dassault Rafale di stanza presso la base aerea di Larisa. Se vengono distrutti i ponti, lo stretto sarà chiuso alle navi colme di cereali. Una tragedia.

Tuttavia non sarà facile, poiché la Turchia dispone di un potente sistema di difesa aerea russo S-400 Triumph, in grado di fermare i caccia greci anche sulle acque del Mar Egeo.

La guerra in Ucraina ha momentaneamente costretto Grecia e Turchia a mettere da parte la controversia legata al Mediterraneo e alla sovranità su alcune isole greche (il cui spazio aereo viene continuamente violato dai turchi). Senonché il premier ellenico Mitsotakis si è recato in America perché vuole acquistare gli F-35 in funzione anti-turca. Aerei che anche Erdoğan vorrebbe ma che Biden non gli vuole vendere, perché di lui non si fida, sia per l’acquisto degli S-400 russi, sia per gli ostacoli che pone all’ingresso nella NATO di Svezia e Finlandia.

Ovviamente la rottura tra i due leader confinanti ha radici anche economiche. Infatti si stanno avviando nuove perforazioni esplorative per la ricerca di gas nella zona economica esclusiva della Repubblica di Cipro da parte del consorzio Eni Cyprus Limited e Total Energies EP Cyprus BV. Un’operazione che va contro i piani di Erdoğan di trasformare la Turchia in un hub regionale del gas e che non tiene conto del fatto che Ankara contesta la sovranità greco-cipriota delle acque in cui si trovano i giacimenti e da cui dovrebbe passare anche il gasdotto EastMed.

Queste proiezioni di potenza sono penose. Se il multipolarismo deve ridursi a questo, finita una guerra ne scoppierà subito un’altra.

Fonte: avia-pro.it

 

Lo squallore dei Biden

 

L’ex moglie di Hunter Biden, Kathleen Buhle, ha pubblicato un libro, If We Break, in cui afferma che aveva ceduto al marito tutto il proprio patrimonio. Dei suoi affari però non sapeva nulla, perché le piacevano le cose belle e non voleva pensare a quanto costassero.

Tuttavia il marito era dipendente da alcol e droghe e di tanto in tanto si assentava per disintossicarsi o per avere relazioni extraconiugali.

Al momento per la protezione di Hunter Biden a Malibù, in California, i servizi segreti pagano 30.000 dollari al mese. La villa presa in affitto costa 20.000 dollari al mese.

Come noto il suo laptop è all'origine della scoperta della grande corruzione dei Biden in Ucraina e in Cina.

Fonte: ilmessaggero.it

 

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Vacche grasse a termine

 

La strategia dell’occidente era isolare Putin, ma non funziona. Mosca è sostenuta da Cina, India, Brasile e Sud Africa, che, insieme alla Russia, producono 1/3 del PIL mondiale. Più che mai ricevono fertilizzanti, energia e armi dalla Russia. Anche l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti sono ampiamente neutrali e finora han fatto poco per aumentare la propria produzione di petrolio.

Lo dice il quotidiano tedesco “Die Welt”.

Io avrei aggiunto un’altra cosa: se escludiamo il Sudafrica, i Paesi del BRICS sono in grado d’influenzare gli altri Paesi che vivono nei loro stessi continenti. Questo poi senza considerare che in Africa han capito da soli come comportarsi nei confronti della Russia: non han bisogno che sia il Sudafrica a dirglielo. Glielo dice il colonialismo patito da mezzo millennio. E in fondo la stessa cosa possiamo dire dell’America Latina, che ha snobbato il IX Vertice delle Americhe voluto dagli USA.

Per l’occidente le vacche grasse da mungere liberamente stanno morendo tutte. Ora per tornare a vivere alla grande, bisognerà ricorrere alle armi di grosso taglio, ma la pacchia in occidente sarà comunque riservata a pochi. La maggioranza vivrà in ristrettezze, quelle tipiche di un’economia di guerra. Su questo il Great Reset del Forum Economico Mondiale parla chiaro.

 

Ogni tanto si sentono anche i marxisti

 

Scrive Marco Pondrelli su “Marx21”:

In Italia siamo in presenza di un oligopolio informativo che ha emarginato le voci critiche. Oramai il format televisivo è chiaro: si invita un malcapitato che non si riconosce nelle idee mainstream per poterlo interrompere e permettere ai soliti noti di ripetere il loro mantra atlantista. Questo perché senza una voce critica non si riuscirebbe a costruire una trasmissione in cui non si fa che riproporre lo stesso concetto.

La demonizzazione maccartista del nemico è funzionale a chi ha sempre meno argomenti da spendere. Gli stessi che ieri dissertavano di Covid e vaccini oggi sono diventati esperti di Russia e geopolitica e domani magari ci spiegheranno la necessità dei sacrifici per difendere l’euro. Peccato che nessuno di loro abbia pensato di smascherare le fake news ucraine. O di rettificare le adesioni acritiche e precipitose fatte in precedenza, come p.es. si era fatto nei confronti delle dichiarazioni della Lyudmila Denisova, commissaria per i diritti umani ucraini, relative agli stupri dei soldati russi, che lei stessa poi ha smentito.

Pensiamo cosa accadrà quando da tutte le iniziative giuridiche che l’occidente ha fatto partire a carico delle presunte mostruosità compiute dai russi, si scoprirà che invece erano state compiute dagli ucraini. Ma questo è un mio pensiero. Un pensiero che vale assai poco, poiché se si arrivassero a conclusioni del genere, verrebbero immediatamente affossate e in occidente non si saprebbe nulla di nulla. Abbiamo davvero un bel giornalismo di regime… Le “veline” se le autoimpone. Almeno sotto il fascismo potevano sempre dire che gli venivano imposte dall’esterno.

Pondrelli, di suo, aggiunge che il noto dossier del Copasir ha avuto lo scopo d’intimidire chi dissente: se metti in dubbio l’operato del governo diventi un suo nemico. Sono metodi maccartisti.

Tra l’altro notiamo che nessuno ha sottolineato la pericolosità dello sbattere in prima pagina nomi, foto con accanto accuse di putinismo, di fronte a un Paese in cui alcuni delinquenti (vedi Napoli e Bologna) hanno già aggredito uomini e donne colpevoli di dissentire rispetto alla vulgata atlantista. L’articolo del “Corriere” potrebbe sembrare un’istigazione a delinquere.

Si noti inoltre che il 21 giugno il parlamento si esprimerà nuovamente sulle armi all’Ucraina. Sembra che questo dossier sia un messaggio rivolto ai dubbiosi: si sta dicendo ai parlamentari della Repubblica (uno dei quali risulta attenzionato da questo rapporto) di stare attenti alle loro scelte.

Nei decenni passati la stampa non solo denunciava il lavoro sporco dei servizi segreti, ma indagava alla ricerca della verità, e per questo molti giornalisti han pagato con la vita. Oggi i giornali si sono ridotti a buca delle lettere della Santa Inquisizione, complici consapevoli del disegno atlantista.

Notiamo, peraltro, che neanche la Presidente del Senato ha pensato doveroso intervenire per denunciare l’intimidazione subita da un rappresentante della Repubblica.[12]

Tuttavia la maggioranza degli italiani continua a pensare che la Russia non sia il nemico e che anzi si debba parlare con Mosca. Anzi molti si dicono convinti che siano gli Stati Uniti a contribuire al prosieguo della guerra.

Fonte: marx21.it

 

Corridoi privilegiati per gli ucraini

 

Pare che in Italia gli ucraini per ottenere la cittadinanza fruiscano di corridoi molto privilegiati e superveloci, assolutamente non paragonabili ai 24-36 mesi di tempo che si aspettano tutti gli altri richiedenti.

In altre parole il Ministero dell’Interno consente di non presentare molta della documentazione originale necessaria per l’ottenimento della cittadinanza, come ad es. il certificato di nascita e quello dei carichi pendenti nel Paese di origine.

I profughi ucraini, ma anche i cittadini ucraini già presenti sul territorio irregolarmente da anni, si sono visti accettare ogni tipo di richiesta, tra cui quella di creare un permesso di soggiorno ad hoc, paragonabile a quello per il diritto d’asilo, ma senza le limitazioni del caso, e dunque senza consegnare il passaporto in questura e con l’immediata possibilità di svolgere attività lavorativa in Italia.

Molti dei requisiti per l’emersione dal lavoro irregolare del 2020 (ancora non conclusa), non vengono accertati se si tratta di cittadini ucraini. Viceversa afghani, siriani e yemeniti continuano a vivere spesso in vari stati d’illegalità per via del fatto che non riescono a ottenere i necessari certificati dai loro Paesi di origine a causa delle guerre.

 

Sto con Roberto Mazzoni

 

Ottima intervista concessa dal giornalista Roberto Mazzoni, che ora vive negli USA, a Carlo Savegnago, che gestisce su YouTube il “Vaso di Pandora”.

Ha detto che l’inflazione negli USA sta aumentando così tanto che i 5 dollari al gallone di benzina (circa 4 litri) non si sono mai visti (in California può arrivare anche fino a 10 dollari). Questo è un problema grosso perché negli USA ci si sposta su gomma. E quando aumenta il prezzo del petrolio, aumenta tutto.

Addirittura in California s’è formato un flusso di migliaia di americani che si trasferiscono in Messico, preferendo camminare tra le strade cosparse di cadaveri dei cartelli della droga piuttosto che affrontare il carovita e la criminalità da loro.

L’inflazione è quasi al 17%. Ovviamente non è il dato ufficiale, ma quello calcolato sulla base dei valori usati dal governo prima che li modificasse (oggi p.es. non si considera più il costo delle case e degli affitti).

Insomma negli USA si prevede recessione, se non depressione, alimentata anche dagli aumenti dei tassi d’interesse della FED, che non serviranno affatto a diminuire l’inflazione, poiché questa è causata da molteplici fattori che la rendono incontrollabile. Questo vuol dire che nei supermarket o le merci non si trovano, o se ne trovano di meno a costi maggiorati, o hanno un prezzo leggermente aumentato ma sono di quantità o volume inferiore.

Ma in fondo è questo il sogno di George Soros: aumentare i disordini civili che inducono i benestanti a chiedere una dittatura politico-militare. Per far questo è sufficiente aumentare la disoccupazione e soprattutto il numero di coloro che non vogliono più cercare un’occupazione perché la ritengono una fatica sprecata.

Lo stesso Biden è una creatura di Soros, che ha investito molto denaro per modificare le procedure elettorali nel 2020. La Casa Bianca è piena di persone che provengono dalle sue no profit.

Soros è anche entrato a gamba tesa nella guerra in Ucraina, ma questa guerra, che i russi sono destinati a vincere sul campo, sarà la croce sulla tomba della NATO, un organismo già traballante dopo la pessima figura in Afghanistan. E oggi vediamo, dentro la NATO, l’Ungheria contro la Polonia, la Turchia contro la Grecia e contro l’ingresso di Svezia e Finlandia nella stessa NATO. E non dimentichiamo che la Turchia ha una situazione economica disastrosa, col 70% d’inflazione, che cerca ora di mascherare cercando di occupare vari territori della Siria ove sono presenti i kurdi. Il che favorisce frizioni con la Russia e un allargamento del conflitto ucraino al Mar Nero.

D’altra parte le sanzioni imposte alla Russia hanno penalizzato solo gli USA e la UE (a parte qualche oligarca russo). La NATO potrebbe vincere solo se fosse indotta a intervenire esplicitamente a causa di un attacco chimico o nucleare da parte dei russi. E si sa che non ci vuol molto a creare un incidente a bella posta. Il che però porterebbe a un’escalation fuori controllo. Tuttavia Mazzoni pensa che se la NATO interverrà direttamente, lo farà più contro la Cina (per la questione di Taiwan) che non contro la Russia.

In ogni caso l’Europa deve prepararsi a un’economia di guerra, cioè a razionamenti di cibo ed energia. Dopodiché si dovrà fare il grande salto verso una valuta digitale controllata dalle banche centrali degli Stati (quindi del tutto diversa dai bitcoin), cioè scavalcando il tradizionale sistema bancario.

In una situazione del genere è meglio vivere in piccoli centri urbani vicini ai luoghi di produzione, dove la filiera è molto corta, piuttosto che nelle grandi città.

Quanto alla guerra ucraina Mazzoni è stato chiaro: al punto in cui ci troviamo la Russia non è interessata a scendere a patti, perché ha perso troppi uomini, per cui la guerra andrà avanti finché Putin non avrà preso tutto il Donbass e Odessa, arrivando fino alla Transnistria. Cioè in sostanza vuole una resa. A quel punto l’Ucraina sarà come un guscio vuoto, un Paese da Terzo mondo, poiché trasportare cereali via terra diventerà troppo costoso.

Se poi l’occidente manderà armi più potenti, la Russia potrebbe arrivare a occupare tutta l’Ucraina.

Col tempo nel mondo si affermerà una piena indipendenza economica rispetto all’Europa, al punto che l’Eurasia (Cina, India e Russia) assorbirà la stessa Europa, facendola diventare parte del proprio territorio, lottizzandola. Il grosso della capacità produttiva vera e propria oggi è già in Asia. E la quantità maggiore di materie prime strategiche sono o in Russia o in Africa, e qui i commerci e gli accordi militari con Russia e Cina vanno a gonfie vele. Anche in Sudamerica il Brasile ha chiaramente fatto vedere di stare dalla parte di Russia e Cina. E il Brasile è in grado di trascinarsi dietro l’intera America Latina. Al IX Vertice delle Americhe voluto da Biden non era presente il Messico, che è il secondo partner commerciale degli USA dopo il Canada. E i russi avranno proprie basi militari in Nicaragua.

L’occidente sta perdendo anche la guerra valutaria, poiché dollaro ed euro diminuiranno di valore e non saranno più uno standard per altri Paesi: tutti gli Stati vogliono usare la loro moneta nazionale.

Fonte: youtube.com/watch?v=sS8XZJGj9TQ

 

Un documento inchioda i Biden e Zelensky

 

L’“Izvestia” ha reso pubblico il decreto con cui Zelensky chiedeva di distruggere tutti i file riguardanti i membri dei servizi di difesa ucraini, i dipendenti e il personale dello Stato e qualsiasi coinvolgimento con il biolaboratorio di Hunter Biden METABIOTA. Reca la data del 24/febbraio/2022, lo stesso giorno in cui iniziarono gli attacchi aerei dei russi contro l’Ucraina.

Ora abbiamo capito cosa stavano distruggendo, nello stesso giorno, i militari fuori dal quartier generale dell'Intelligence del ministero della Difesa ucraino a Kiev in questo video: https://twitter.com/dwnews/status/1496882679446392849

Naturalmente gli USA, pur avendo ammesso la presenza di 46 laboratori gestiti da loro in Ucraina, continuano a negare una vergognosa attività del Dipartimento della Difesa sulle armi biologiche e tossiche. Sono decenni che ostacolano qualsiasi indagine sull’argomento. Altri laboratori si trovano in Georgia e in chissà quali altri Stati ex-sovietici.

In ogni caso i Biden van considerati responsabili di crimini biologici contro l’umanità. E Zelensky ha dimostrato d’essere a conoscenza di ciò che avveniva nel suo Paese.

Fonte: bioclandestine.substack.com/p/zelensky-ordered-destruction-of-all?

 

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Il Milan anche no

 

In un art. sul settimanale “Left” Gregorio Piccin, responsabile di Rifondazione Comunista, sostiene che l’Italia ha inviato missili anti-carro radioattivi Milan in Ucraina.

La senatrice Paola Nugnes (Misto, ex M5S) presenterà un’interrogazione parlamentare, anche perché il governo italiano ha secretato le informazioni relative all’invio di armi in Ucraina. Macron ha già dichiarato ufficialmente di averli spediti.

Stiamo svuotando gli arsenali di armamento vecchio, che in certi casi è in grado di rilasciare una persistente eredità di morte, come già avvenuto in quasi tutti i Paesi dove la democrazia (radioattiva e cancerogena) è stata esportata: Iraq, Bosnia, Serbia, Kosovo, Afghanistan, Siria, Libia. Gli stessi carri Leopard che la Germania ha deciso d’inviare, possono sparare le munizioni all’uranio impoverito impiegate dai carri Abrams statunitensi.

Da notare che lo scorso 10 giugno, presso il tribunale di Cagliari, è iniziato il processo per disastro ambientale che vede imputati cinque generali delle forze armate italiane: Valotto, Graziano (attuale presidente di Fincantieri), Errico, Rossi e Santroni. Il disastro ambientale in questione, che riguarda il poligono NATO di Capo Teulada, è stato causato in particolare proprio dall’uso massiccio del missile portatile anti-carro Milan, di produzione franco-tedesca.

Le prime due versioni di quest’arma contengono torio altamente radioattivo nel sistema di puntamento. Tale metallo pesante viene rilasciato nell’ambiente circostante a ogni utilizzo. Risulta ugualmente contaminata anche l’area del poligono sperimentale di Salto di Quirra.

Soldati italiani sono morti a causa dell’uranio impoverito usato nelle precedenti guerre NATO. Il torio non è meno grave.

Pensiamo soltanto a cosa possa voler dire che armi del genere finiscano nel mercato internazionale illegale.

Fonte: left.it

 

L’analisi marxista della guerra ucraina è ideologica

 

Quello che non sopporto della sinistra radicale è l’idea di considerare la guerra in Ucraina come una forma di confronto tra due forme d’imperialismo, quello euroamericano e quello russo. Praticamente la Russia sarebbe intervenuta in Ucraina per ridefinire i rapporti di forza su scala globale. Cioè Putin avrebbe dichiarato guerra all’occidente approfittando di una situazione antirussa in Ucraina.

Porre la questione in questi termini, come fa p.es. la redazione di “Prospettiva marxista”, significa non capire che dopo l’implosione dell’URSS e la fine del Patto di Varsavia si è imposta a livello militare e mondiale solo una potenza, quella statunitense. La UE è diventata forte sul piano economico, e sempre su questo piano la Cina negli ultimi anni ha superato tutti.

La guerra in Ucraina non c’entra niente con questo confronto “imperialistico” su scala globale. Il confronto-scontro l’ha cercato, insistentemente, l’occidente (con l’invio di enormi finanziamenti e armamenti a Kiev), non l’ha cercato affatto la Russia. Tant’è che senza l’appoggio dell’occidente, il governo di Zelensky, dopo le prime devastanti sconfitte, sarebbe subito sceso a trattativa, e Putin si sarebbe accontentato del riconoscimento dell’indipendenza delle due repubbliche del Donbass e della situazione de facto e de jure della Crimea.

Come si fa a definire “imperialistica” una Federazione che interviene solo per difendere dalla discriminazione e, a volte, da una dura repressione i cittadini russofoni o filorussi che si trovano nei confinanti ex Paesi sovietici? E che presta aiuto militare solo a quei Paesi che esplicitamente lo chiedono, come p.es. la Siria. Chi ha chiesto la presenza degli americani e dei turchi in Siria? Nessuno, eppure le loro basi continuano a restare lì con fare molto minaccioso. Per non parlare d’Israele, che ogni tanto entra in Siria per bombardare postazioni iraniane.

La parola “imperialismo” non può essere usata in maniera metaforica o generica. Imperialisti sono sempre stati quei Paesi che hanno militarmente attaccato altri Paesi per colonizzarli. Oggi è una parola che non si usa più perché attacchi del genere sono per fortuna sempre più rari (un classico esempio di guerra imperialistica fu la difesa delle Falkland da parte degli inglesi contro l’Argentina). Al suo posto si usa il termine “globalismo”, specificandolo al massimo con le parole “neoliberistico” o “unipolare”. Lo si fa per indicare un potere economico e finanziario indiscusso, che i marxisti chiamano anche “neocolonialismo”.

Tuttavia la guerra in Ucraina ha assunto una valenza globale a favore del multipolarismo solo in maniera indiretta, in quanto né gli USA né la UE si rassegnano a perdere la loro egemonia pressoché totale sull’Ucraina, maturata soprattutto a partire dal golpe del 2014. Tutte le sanzioni abnormi imposte alla Russia sono state volute da un polo mondiale che vuole continuare ad avere un’egemonia economica che al tempo dell’imperialismo poteva tranquillamente garantirsi con lo strumento militare.

Oggi questa cosa non funziona più. La Russia è in grado di difendersi sul piano militare e non ha alcuna intenzione di diventare una colonia dell’occidente su quello economico. Su questa stessa strada si stanno ponendo anche Cina e India. E stanno alzando la testa i Paesi sudamericani contro gli USA e quelli africani contro la UE. E anche quelli tradizionalmente definiti “islamici” hanno smesso di credere (dopo le pesantissime guerre in Iraq, Siria, Libano e Afghanistan) che gli USA in Medioriente possano costituire un’alternativa a Francia e Regno Unito. Ormai solo Israele costituisce l’alleato più fedele degli americani.

 

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L’Ucraina nella UE? Anche no

 

La troika Draghi-Scholz-Macron ha chiesto a Zelensky di trattare con Putin promettendo un ingresso privilegiato nella UE.

Il più ipocrita naturalmente è Macron, che sino a ieri aveva detto che l’Ucraina ha ancora molta strada da fare per diventare un candidato alla UE.

Da notare che il processo di allargamento della UE si è praticamente interrotto dopo l’ingresso della Croazia nel 2013, tra le crescenti resistenze nell’Europa occidentale, preoccupata per l’arrivo di migranti economici dai nuovi Stati membri.

Ma perché si teme l’ingresso dell’Ucraina? Per svariate ragioni:

- è considerato uno dei Paesi più corrotti al mondo a causa del potere degli oligarchi;

- non è uno Stato di diritto, poiché non rispetta le minoranze politiche, etniche e linguistiche, nonché la separazione dei tre poteri costituzionali (il più debole dei quali è quello giudiziario);

- non è uno Stato democratico, poiché il governo non ha ancora risolto i suoi collegamenti con le frange neonaziste ampiamente diffuse sul territorio nazionale;

- va in gran parte ricostruita, per cui sottrarrà enormi somme di denaro;

- è sì un Paese ricco di risorse ma poverissimo nella redistribuzione del reddito: già prima del conflitto con la Russia lo stipendio mensile netto era pari a 295 euro;

- non può candidarsi finché il conflitto resta in corso (è più facile far entrare la Moldavia, nonostante il problema della Transnistria);

- la popolazione relativamente numerosa dell’Ucraina può cambiare radicalmente l’equilibrio di potere nel processo decisionale della UE. Se l’Ucraina aderirà, avrà molto peso in politica, che è determinata dalla maggioranza qualificata dei voti, e avrà diritto a un’ampia delegazione al Parlamento europeo.

 

E la Transcarpazia dove la mettiamo?

 

Su gloria.tv si sostiene che nel futuro trattato di pace tra Russia e Ucraina, quest’ultima dovrà restituire all’Ungheria parte della Transcarpazia, altrimenti qui si formerà un altro “Donbass”, essendo la minoranza ungherese stufa dell’egemonia ucraina.

L’oblast della Transcarpazia è una delle 24 Regioni dell’Ucraina (corrisponde alla regione storico-geografica della Rutenia subcarpatica). Si tratta di 12.800 kmq (prima della guerra le due repubbliche autonome di Donetsk e Lugansk erano insieme 16.800 kmq, un po’ meno del nostro Lazio). Anche qui si parlano ungherese, russo e ruteno, ma il governo di Kiev ha imposto solo l’ucraino come lingua ufficiale.

Le terre della Transcarpazia han quasi sempre fatto parte del Regno d’Ungheria, almeno sino alla dissoluzione dell’impero austro-ungarico.

Dopo essere divenuta un territorio estremo orientale della Cecoslovacchia dal 1919 al 1939, la Transcarpazia venne occupata dall’Ungheria filonazista durante la II guerra mondiale, per poi essere annessa all’URSS nel 1945. Dal 1991 è la regione estremo-occidentale dell’Ucraina.

Mi pare dubbio però che poco più di 150.000 ungheresi abbiano la forza per opporsi al milione di ucraini che occupano il loro territorio, a meno che non intervenga la UE o la Russia per riconoscere loro un regime speciale di autonomia. Gli stessi ungheresi, che a fine ’800 erano circa il 26%, oggi si sono ridotti a poco più del 12%.

Gli autori del sito pongono in essere una lotta ideologica tra ortodossi e cattolici/uniati che ha decisamente fatto il suo tempo.

 

Non c’è trippa per gatti

 

Mi sbaglierò, ma ho sempre più l’impressione che se la NATO non invia truppe in Ucraina, la Russia stravincerà. Ma se la NATO lo farà, sarà un disastro per l’intera Europa occidentale, checché ne pensi Di Maio, che parla come se fosse la controfigura di Stoltenberg.

Per impedire ai russi d’occupare l’intero Donbass e di congiungerlo alla Transnistria, il governo di Kiev dovrebbe fare cose mostruose, come usare armi chimiche o bombardare una centrale nucleare, sperando che il mondo intero creda all’ennesima sceneggiata con cui si vuole incolpare Putin.

È infatti letteralmente impossibile che, rebus sic stantibus, Mosca non possa pretendere la resa incondizionata di Kiev. La lentezza con cui l’esercito russo avanza è determinata unicamente non dalla potenza delle armi che Kiev riceve dall’occidente (se non in misura molto limitata), ma dal fatto che i russi continuano a stare molto attenti a non colpire i civili. Se non avessero scrupoli, l’esercito ucraino sarebbe in rotta da tempo, con o senza i mercenari, che costituiscono poche migliaia di disperati e di illusi.

Anzi, da quanto s’è capito, più le armi da noi inviate sono potenti, più Mosca si riserva di colpire bersagli fino ad oggi risparmiati. A questo punto dobbiamo aspettarci l’occupazione di Kiev. Cioè una fuga dal Paese di almeno 20 milioni di persone. È questo che la NATO vuole? Lo vuole anche la UE? Agli USA di sicuro non importa nulla di questo scenario: l’importante è che la UE dipenda economicamente, politicamente e militarmente dagli americani.

Non mi meraviglierei che Putin rompesse il fronte della NATO, assicurando a Ungheria, Romania, Slovacchia e persino Polonia parti di territorio ucraino, non tanto per terminare la guerra il più presto possibile (a quanto pare lui sembra non avere alcuna fretta), quanto soprattutto per impedire al proprio esercito di sentirsi indotto a fare devastazioni materiali che avrebbero poi costi altissimi nelle riparazioni. Andando avanti di questo passo, sarà facile arrivare tra 1-2 mesi a mille miliardi di dollari di danni.

Tanto ormai è chiaro che Mosca vuole un’Ucraina del tutto fuori della NATO, meno armata possibile, non in grado d’impensierire la Russia per i secoli a venire.

 

Un nuovo G8

 

Un art. di Andrew Korybko, che scrive su oneworld.press (fonte censurata da Facebook), è stato tradotto su Marx21.it. Riporta alcune affermazioni del presidente della Duma russa, Vjačeslav Volodin, secondo cui “Il gruppo di Paesi che non partecipano alle guerre delle sanzioni (Cina, India, Russia, Indonesia, Brasile, Messico, Iran e Turchia) è del 24,4% in vantaggio rispetto all’attuale G7 in termini di PIL a parità di potere d’acquisto”.

Cioè mentre le economie del G7 vogliono uno scontro epocale contro la Russia e continuano a crollare sotto il peso delle sanzioni che le hanno imposto, questa stessa politica sanzionatoria ha portato alla formazione di un “nuovo G8” nel mondo, accelerando in maniera inaspettata la transizione sistemica globale verso il multipolarismo, in atto ben prima della guerra in Ucraina. Quindi aveva ragione Hegel: dal negativo nasce il positivo.

Gli osservatori possono aspettarsi un’ulteriore accelerazione della suddetta transizione man mano che questi leader multipolari lavoreranno a stretto contatto per costruire un modello di globalizzazione non occidentale che ponga fine al saccheggio delle risorse del Sud del mondo da parte del “Miliardo d’oro” (così viene chiamato il vecchio G7).

Naturalmente gli USA non lasceranno che tale processo avvenga in maniera pacifica. Anzi ordineranno alle loro colonie neo-imperiali d’inviare le proprie truppe nel Sud del mondo (e soprattutto in Africa occidentale) nell’ambito delle guerre per procura che gli stessi USA dovrebbero scatenare in quei Paesi, nel disperato tentativo di mantenere un accesso privilegiato alle loro risorse. Questo può portare Stati come l’Etiopia, il Mali e persino la Nigeria a diventare campi di battaglia della Nuova Guerra Fredda.

Inoltre c’è da aspettarsi che altri “colpi di stato”, come quello che presumibilmente ha avuto luogo in Pakistan contro l’ex premier Khan come punizione per la sua politica estera indipendente, rimarranno sempre una minaccia per gli Otto Grandi.

Gli Stati Uniti vorrebbero “sottrarre” questi importanti Paesi al blocco multipolare che si sta rapidamente coagulando e non si fermeranno davanti a nulla per replicare il “precedente pakistano” adattandolo a ciascuna delle loro specifiche circostanze interne.

Cina, India e Iran sono più immuni a questo scenario rispetto a Brasile, Indonesia, Messico e Turchia, ma sono tutti in un modo o nell’altro vulnerabili alle campagne di destabilizzazione americane, anche se questo non significa automaticamente che tali tentativi avranno successo. Quanto più gli Otto Grandi lavoreranno insieme, tanto maggiori saranno le probabilità di sventare ogni progetto di cambio di regime.

Domanda: che gli USA si stiano sganciando da Kiev perché in fondo l’obiettivo l’hanno già raggiunto: quello d’indebolire seriamente l’Unione Europea? di renderla meno competitiva rispetto agli USA? di indurla a rompere i rapporti con la Russia e a rifornirsi di idrocarburi dagli stessi americani?

Insomma ci siamo cascati come polli. Ora non ci resta che chiedere d’entrare nel BRICS, se non vogliamo che inflazione e recessione, cioè stagflazione, ci riducano al lumicino.

 

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La droga dall’Ucraina alla Russia

 

Un art. piuttosto inquietante del sito aduc.it parla di droghe sintetiche (mefedrone e alfa-PVP, i cosiddetti “sali da bagno”) prodotte in Ucraina (con la complicità del Servizio di Sicurezza) a partire dal golpe del 2014 per distruggere la Russia dall’interno. Tant’è che tra il 2014 e il 2021 circa 7.200 cittadini ucraini sono stati incarcerati in Russia con l’accusa d’aver commesso reati legati alla droga.

Ciò è stato confermato da Maria Zakharova che, nel suo canale Telegram, si basa sui recenti interrogatori dei prigionieri ucraini. Infatti scrive che fino al 2014 le droghe sintetiche rappresentavano solo il 5% del traffico illegale delle droghe nella Federazione russa, ma l’anno scorso lo smercio era arrivato al 60%.

Nella sola regione di Belgorod i volumi di droghe sintetiche rilevati dal 2019 al 2020 erano aumentati di 20 volte. I laboratori creati dagli ucraini nelle regioni di confine lavoravano a pieno regime: un solo laboratorio consentiva di ottenere fino a 30 kg di droghe al giorno (circa 300.000 dosi). Il prezzo al dettaglio era di circa 2.000 rubli al grammo. Questo con una spesa minima per affitto, attrezzature e agenti chimici. Il ruolo di mediatore finanziario è sempre stato svolto dalla PrivatBank, la banca dell’oligarca sponsor di Zelensky, Ihor Kolomoyskyi.

Erano gli stessi servizi speciali ucraini a trovare potenziali corrieri sul territorio del loro Paese: erano loro a rifornirli di denaro e attrezzature per distribuire queste droghe euforizzanti in Russia. Col ricavato si finanziavano anche i battaglioni neonazisti.

La maggior parte dell’attenzione era naturalmente indirizzata verso i giovani, che alla lunga subivano patologie mentali devastanti.

I proventi delle vendite illegali andavano agli stessi servizi segreti, non certo agli spacciatori, i quali erano sempre tenuti sotto stretto controllo, ivi inclusi i loro parenti. I corrieri guadagnavano da 20.000 e a 40.000 rubli al mese.

 Il giro della droga KhimProm operava in 14 regioni della Russia: è stato disarticolato nel 2017. Venivano prodotti tra i 150 e i 500 kg di sostanze a settimana. Negli ultimi anni il Servizio di sicurezza federale e il ministero dell’Interno russo hanno bloccato oltre 500 laboratori.

 

Rogo dei libri

 

Oleksandra Koval, direttrice dell’Istituto del Libro ucraino (parte del Ministero della Cultura ucraino), procederà a eliminare circa 100 milioni di libri russi dalle biblioteche pubbliche ucraine. Il Ministro della Cultura e delle Politiche dell’Informazione, Oleksandr Tkachenko, ha dichiarato che i libri – tra cui le opere di scrittori e poeti del calibro di Dostoevskij e Pushkin – diventeranno carta da riciclare. Il patrimonio librario dell’Ucraina, se l’intento sarà attuato, sarà dimezzato.

Le opere residue russe non eliminate saranno messe a disposizione degli studiosi per un’attenta analisi del totalitarismo sovietico e russo.

Se non è neonazismo questo, che cos’è? Non si sta forse ripetendo il 10 maggio 1933, in cui cominciarono in Germania i roghi dei libri non ariani?

Nulla sembra turbare i leader degli Stati nazionali occidentali, intenti a ripetere che gli ucraini difendono i “nostri valori” con le armi. L’eliminazione dei libri è in linea con la messa al bando dei partiti filorussi e della lingua russa. È in atto una pulizia etnica vera e propria, che ha lo scopo di rendere “etnicamente omologato” uno Stato etnicamente plurale.

Un provvedimento del genere rispecchia la totale mancanza di cultura che c’è negli ambienti neonazisti dell’Ucraina, ivi inclusi quelli governativi e istituzionali. Meraviglia che la società civile resti così passiva. Per non parlare dell’assenza di giudizi critici da parte occidentale.

Il bello è che se c’è una cosa che della Russia più somiglia al pensiero euroccidentale è proprio la sua letteratura classica. Infatti, se si escludono i riferimenti alla religione ortodossa, qualunque romanzo russo avrebbe potuto essere stato scritto in un qualunque Paese europeo che avesse abbracciato in ritardo il capitalismo della seconda rivoluzione industriale, come p.es. l’Italia o la Germania.

Detto altrimenti: proprio al tempo in cui quella letteratura veniva prodotta, con tutti i suoi forti riferimenti al mondo rurale, nell’area occidentale dell’Europa questo mondo veniva completamente stravolto dal dilagare del capitalismo industriale privato. Gli eroi di quei romanzi classici sono lacerati da quelle tipiche contraddizioni delle società che sperimentano transizioni traumatiche tra un mondo che muore (quello rurale) e un altro che nasce (quello urbano della borghesia).

Ma anche l’altra letteratura “russa”, quella clandestina perché antistalinista, diffusa in tutta la Federazione, ha un valore universale che nessun rogo potrà mai cancellare.

Fonte: linterferenza.info

 

Analisi generale di Masala

 

Ha detto Giuseppe Masala, intervistato da Stefano Orsi (ne riportiamo solo una parte):

Sembra essere irreversibile il cambio dell’architettura del sistema monetario internazionale negli scambi globali. Un sistema che dal 1945 è di fatto incentrato sul dollaro, che ha avuto successive modifiche: dapprima l’aggancio all’oro, poi nel 1971 la disconnessione, infine il vincolo assoluto al commercio del petrolio.

Oggi gli USA hanno ben 18.000 miliardi di posizione finanziaria netta negativa e subiscono una fortissima concorrenza nei mercati internazionali. Di qui la decisione di provocare la Russia nel suo punto dolente: l’Ucraina, in modo da obbligarla a tagliare i ponti con la UE, indebolendo sia l’una che l’altra, soprattutto la Germania, che comanda commercialmente non solo in Europa ma in buona parte del mondo e non ci sta a svolgere il ruolo della colonia americana.

Per la guerra in Ucraina Washington ha mosso soprattutto i suoi vassalli nell’est europeo, la Polonia in primis ma anche i Paesi Baltici, usati per forzare la mano agli stessi Paesi euroccidentali. Tutti i Paesi ex sovietici sono pedine degli USA (e indirettamente anche del Regno Unito) che devono dar fastidio alla stessa UE, non solo alla Russia. Di sicuro gli USA non possono permettersi di perdere potere economico sulla UE, che considerano come una parte del loro impero.

La situazione si è drasticamente peggiorata quando l’occidente ha sequestrato i 300 miliardi di dollari della Banca centrale russa. Questo ha spinto Putin a creare una situazione in cui il dollaro non venisse più usato, col rischio che, a fronte del mostruoso debito americano, si riducesse a carta straccia. Anche la Cina segue la strategia russa. Infatti il governo ha chiesto alle proprie aziende di commerciare in yuan e di accettare le valute degli altri Paesi, bypassando completamente il dollaro.

Gli USA stanno reagendo in due maniere: una è quella di dotarsi di una moneta digitale facile da usare, sempre in dollari; l’altro strumento è appunto quello militare, non solo in Europa ma anche nel Mar Cinese Meridionale per la questione di Taiwan, sfruttando le alleanze con Giappone, Corea del Sud, Filippine ecc. Non dimentichiamo poi che al giorno d’oggi le guerre si fanno anche solo con gli strumenti economici e finanziari.

Quanto alla Germania, è sì un nano politico, ma è in grado di servirsi di propri vassalli in Europa per far valere le proprie ragioni: p.es. ha usato l’Ungheria per evitare che Putin chiudesse il rifornimento energetico; ha usato Danimarca e Olanda per impedire che l’Ucraina entri subito nella UE; e ha usato la Turchia per impedire che Svezia e Finlandia entrino nella NATO.

Quanto alla Russia, bisogna dire che, dopo aver rafforzato il rublo, sta passando alla seconda fase: quella di destabilizzare le monete dei Paesi belligeranti, come il dollaro e l’euro. Per farlo ha due strumenti: far salire l’inflazione in questi Paesi (che li costringe ad aumentare il tasso d’interesse sui titoli di stato: per ogni punto in più di rendimento l’Italia paga 25 miliardi di interessi) e ridurre le forniture di gas, aumentandole verso la Cina.

Peraltro hanno anche messo a pieno regime la produzione di GNL oltre il circolo polare artico e con la loro flotta di navi metaniere possono portare in tutto il mondo il loro metano liquefatto.

I più isolati sono gli europei, non solo perché al recente forum di San Pietroburgo erano presenti ben 150 Paesi, ma anche perché abbiamo scarse riserve energetiche e grossi problemi di natura economica e monetaria e ora abbiamo pure la guerra in casa.

E se in questo momento proviamo a riaprire il NordStream 2 gli USA faranno in modo di portare il conflitto russo-ucraino alle sue estreme conseguenze, perché per loro è fondamentale deindustrializzare la UE, anche a costo di creare una nuova NATO con inglesi, polacchi, ucraini e Paesi Baltici ed eventualmente Finlandia, Moldavia, Georgia, tutti Paesi più o meno confinanti con la Russia, pronti ad attaccarla. La Lituania ha già bloccato il passaggio sulle ferrovie di molti materiali diretti verso l’enclave russa di Kaliningrad.

Per essere così sicuro di potersi riprendere tutti i territori perduti, contro ogni evidenza sul campo di battaglia, è evidente che il governo ucraino si sta aspettando un intervento congiunto di inglesi, polacchi e baltici, dopodiché interverranno gli USA.

La NATO però rischia di frantumarsi in due tronconi anche per un’altra ragione: si sta acuendo il conflitto tra Grecia da un lato (sostenuta da Francia, Regno Unito, USA, Italia) e Turchia dall’altro (sostenuta da Germania e Albania) per il possesso di alcune fondamentali isole attorno alle quali vi sono importanti giacimenti di gas da estrarre nei fondali marini. Francia e Turchia son già contrapposte in Libia.

C’è poi il conflitto, appena aperto, tra Spagna, Italia, Algeria e Marocco. Nei suoi rapporti commerciali con l’Algeria per la questione del gas, l’Italia è riuscita a scavalcare nettamente la Spagna, che prima della guerra ucraina era un partner privilegiato dell’Algeria a livello energetico. È successo questo perché la Spagna sostiene apertamente il Marocco nella questione del Sahara occidentale, e ciò ha indispettito molto l’Algeria, che ha rotto i ponti con Madrid. Non dimentichiamo che la Spagna si sente più filo-americana che filo-europea, proprio perché ha interessi enormi in Sudamerica.

Fonte: youtube.com/watch?v=tk70lKbvUG8

 

Boccheggiare

 

La Russia è diventata il primo fornitore di petrolio della Cina, superando l’Arabia Saudita. Le importazioni cinesi dalla Russia sono aumentate del 55% rispetto allo scorso anno. Anche le importazioni cinesi di gas naturale liquefatto russo sono aumentate del 56% nell’ultimo anno. Lo riferisce “Reuters”.

Secondo “Times of India”, dall’inizio dell’estate al 15 giugno l’India, approfittando di sconti fino al 30%, ha importato coke e antracite dalla Russia per 331,17 milioni di dollari, sei volte di più rispetto allo stesso periodo del 2021. Secondo i calcoli degli analisti, nelle ultime settimane l’India ha acquistato carbone russo per una media di 16,55 milioni di dollari al giorno, superando di 7,71 milioni di dollari i precedenti volumi di acquisto giornalieri. Anche gli acquisti indiani di petrolio russo sono cresciuti in modo significativo dall’inizio di giugno, con una media di 110,86 milioni di dollari al giorno. Questo è più del triplo dei 31,16 milioni di dollari spesi in precedenza ogni giorno. Il volume del petrolio russo acquistato è aumentato di oltre 31 volte dalla fine di maggio, a 2,22 miliardi di dollari. “I dealer russi”, scrive il giornale, “sono liberali per quanto riguarda i metodi di pagamento e accettano pagamenti in rupie e dirham indiani”.

E la UE boccheggia per motivi ideologici.

 

Lituania: Ucraina2?

 

“La NATO ha iniziato il blocco della regione russa di Kaliningrad con l’aiuto della Lituania. Si tratta di un’aggressione diretta contro la Russia, che costringe a ricorrere all’autodifesa. Le misure provocatorie della parte lituana violano gli obblighi legali internazionali, in primo luogo la Dichiarazione Congiunta della Federazione Russa e dell’Unione Europea sul transito tra la regione di Kaliningrad e il resto del territorio della Federazione Russa del 2002”. Così il capo della commissione della Federazione Russa per la protezione della sovranità Andrii Klymov.

Credo che il blocco ferroviario di Kaliningrad, voluto dalla NATO, attesti inequivocabilmente come da parte occidentale non ci sia alcuna volontà di arrivare a un accordo né sull’Ucraina né tantomeno sul problema degli squilibri commerciali internazionali, ma anzi ci sia la volontà di allargare il fronte del conflitto in corso.

Lascia davvero stupefatti come piccoli Paesi guidati da élites naziste e folli come i Paesi Baltici spingano per lo scontro diretto, totalmente incuranti del destino dei popoli. Cosa rimarrebbe della Lituania in uno scontro con la Russia?

 

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Nathalie Tocci capisce qualcosa?

 

Nathalie Tocci, direttrice dell’Istituto Affari Internazionali sul futuro dell’Europa, non vede che la UE è una colonia degli USA, una colonia fastidiosa perché troppo benestante, con troppi abitanti, con molti meno problemi rispetto agli antagonismi macroscopici degli USA.

Dice che attraverso questa guerra in Ucraina noi europei abbiamo riscoperto la solidarietà, come per la pandemia e le altre crisi europee precedenti. Infatti abbiamo messo sanzioni contro la Russia (come se questa non fosse “europea”), abbiamo pensato a come renderci indipendenti dall’energia russa (come se fosse la cosa più facile del mondo). Siamo capaci di trasformare le crisi in opportunità, sempre e comunque.

Per lei “resilienza” vuol dire anche “sopportare il dolore”, cioè recessione, inflazione, disoccupazione, razionamento... Putin crede che noi siamo deboli. Ma noi resisteremo a tutte le sfide e faremo entrare l’Ucraina nella UE.

E naturalmente dà per scontato che la guerra sarà una maratona non uno sprint, cioè durerà a lungo.

Una giornalista le ha chiesto: ma Putin dice che nel futuro vinceranno gli Stati sovrani, mentre noi siamo una colonia americana e non abbiamo classi dirigenti che si oppongano a questa condizione subalterna.

E lei, serafica risponde: man mano che il mondo si è interconnesso, l’universalismo a livello valoriale (kantiano) si è andato perdendo. Noi europei siamo democratici per definizione (sic!) e abbiamo sottovalutato i valori autoritari, come quelli russi. È finita l’era dell’incoscienza-innocenza: dobbiamo prendere atto che ci sono valori antitetici a quelli democratici dell’Europa. Non ci possiamo permettere di non far niente. Insomma dobbiamo per forza entrare in guerra, altrimenti i nostri valori moriranno. Una non-azione non serve a niente. Dovevamo intervenire militarmente anche in Libia per avere fonti energetiche sicure. E dovevamo farlo anche in quei Paesi africani che, siccome non sono democratici, determinano imponenti flussi migratori verso l’Europa.

Per parlare così, sembra che questa gente sia nel libro paga degli americani. Cioè, se non lo fossero, davvero direbbero cose del genere?

Fonte: affarinternazionali.it

 

Compromettente il diario della figlia di Biden

 

I diari della figlia Ashley del presidente degli Stati Uniti Joe Biden, in cui ammette di “aver fatto più volte la doccia con papà”, han fatto esplodere le trasmissioni televisive americane.

Il popolare presentatore di “Fox News” Tucker Carlson ha detto che un presidente così corrotto non ha posto alla Casa Bianca. E ha esortato i giornalisti a chiedere al presidente alla prossima conferenza stampa cosa sia successo nella famiglia Biden.

Bisogna però ammettere che gli americani sono culturalmente primitivi, eticamente molto approssimativi. Per mandare a casa un presidente han bisogno di sapere che esplicitamente tradisce la moglie o ha rapporti incestuosi coi figli. Non è sufficiente che col suo folle comportamento rischi di scatenare una guerra mondiale nucleare o di mandare in rovina l’intera economia occidentale.

Gli statisti europei, poi, neppure si esprimono: avendo il complesso dello schiavo succube e imbelle, aspettano di vedere come si comporta il Paese colonizzatore.

Fonte: neovitruvian.com

 

Chi gestisce il cibo?

 

Siamo soliti dar la colpa a Putin per la scarsità di cereali nel mondo, per il rischio della fame nei Paesi più poveri. In realtà il cibo viene gestito in occidente da multinazionali che non c’entrano niente con la Russia.

La gran parte dell’approvvigionamento alimentare globale è già controllato da un gruppo di oligarchi, tra cui i giganti finanziari BlackRock e Vanguard.

Tra i primi tre azionisti di CF Industries Holdings Inc. (la più grande azienda di fertilizzanti al mondo) figurano sia Vanguard  che BlackRock, i quali sono anche i primi azionisti della Union Pacific, il gigante ferroviario che trasporta fertilizzanti e altri input agricoli negli Stati Uniti.

Anche le 10 principali aziende alimentari del mondo sono in gran parte possedute da BlackRock e Vanguard: si tratta di Nestlé, PepsiCo, General Mills, Kellogg’s, Associated British Foods, Mondel’z, Mars, Danone, Unilever e Coca-Cola.

E sempre loro sono anche i principali azionisti di AppHarvest, un’azienda agricola con sede nel Kentucky che vanta una delle serre (di soli pomodori) più grandi del mondo coi suoi 2,76 milioni di mq.

Sono loro che decidono cosa puoi mangiare e bere e ha che prezzo nei supermarket. E prima delle sanzioni, lo decidevano anche in Russia, dove però Putin ha detto basta.

Sono loro che decidono se farci mangiare prodotti a base di OGM o coltivati in una piastra di Petri. Alla faccia del km zero, dell’economia sostenibile e dell’autoconsumo.

Larry Fink, CEO di BlackRock (che deve gestire 20.000 miliardi di dollari di investimenti!), l’ha fatto capire indirettamente: “è ora di forzare il comportamento delle persone a cambiare”. Anche Bill Gates la pensa uguale: non a caso sta comprando quanti più terreni agricoli possibili.

“Col denaro si controlla il mondo, con le armi le nazioni, ma col cibo si controllano i popoli”, diceva il guerrafondario Kissinger.

Se a questo incubo unisci il fatto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità si sta impadronendo della medicina e dell’assistenza sanitaria, muovendosi rapidamente per approvare un nuovo “trattato sulle pandemie” che darà all’ONU il controllo totale sulla salute pubblica, capisci bene che si stanno aprendo le porte di un cupo fascismo totalitario in tutto il mondo. Poche multinazionali e poche migliaia di persone pretendono di controllare i destini dell’intera umanità.

La guerra in Ucraina dovremo considerarla come un piccolo antipasto di ciò che davvero ci attende.

Fonte: scenarieconomici.it

 

Avremo freddo, molto freddo

 

L’Associazione federale tedesca delle proprietà immobiliari ha già chiesto che il prossimo inverno la temperatura minima negli appartamenti venga ridotta fino a 16 gradi Celsius di notte, in caso di carenza di gas, e a 18 gradi di giorno.

Sarà facile farlo, perché in Germania sono estremamente diffusi i sistemi centralizzati di riscaldamento e teleriscaldamento. Naturalmente si abbasserà il riscaldamento anche nelle piscine, sempre che non vengano chiuse.

Siccome anche le aziende temono il peggio, stanno mettendo le mani avanti: se non volete la nostra chiusura – ha detto l’Associazione delle Aziende Industriali –, le centrali elettriche o a gas devono essere riconvertite a carbone o a olio combustibile.

Con la pandemia abbiamo vissuto una lotta darwiniana supportata relativamente dai vaccini. Ora però ci ammazzeremo a vicenda, perché non siamo abituati a scenari del genere. E ammazzeremo anche l’ambiente.

Fonte: scenarieconomici.it

 

Cingolani cigola

 

Il Ministro per la Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, ha indicato le prime misure “Per la transizione al buio”:

- due ore d’interruzione dell’illuminazione nelle ore notturne dalle 4 alle 6. Sicuramente faremo felici gli astrofili e  l’Italia assomiglierà un po’ di più alla Corea del Nord;

- dovranno essere fermati gli impianti che lavorano in ciclo continuo, 24 ore al giorno. Ma fermarli significa chiuderli per un periodo non di ore, ma di diversi giorni se non di settimane! Davvero una bella competenza a dire una cosa del genere!

Intanto Germania, Austria e Olanda hanno riattivato le centrali a carbone. In Italia ne verranno riattivate 6. Come noto, il carbone è il combustibile fossile più inquinante. Alla giovane Greta Thunberg verrà una sincope.

 

La poltrona e il bostik

 

Di Maio è diventato ministro degli Esteri in quanto rappresentante dei 5Stelle. Visto che è uscito dal suo partito, con altri 71 parlamentari, dovrebbe avere l’onestà di dimettersi. Tanto sarà facile sostituirlo.

In caso contrario dovrebbe uscire dal governo Conte, altrimenti sembra che i protagonisti di questa pantomima siano altri: la poltrona e il bostik. Due soli mandati non piacciono a nessuno e il rischio di non essere eletti alle prossime elezioni, con la riduzione di 1/3 dei parlamentari, spaventa parecchio.

 

Iniziano gli scioperi

 

Oggi a Bruxelles dalle 70-80.000 persone sono scese in piazza. La gente portava striscioni con slogan: “Più rispetto, salari più alti”, “Abolire le accise” e “Smettila di spendere soldi per le armi e usale per gli stipendi”.

Per salari più alti e migliori condizioni di lavoro il più grande sciopero ferroviario britannico in circa 30 anni è iniziato oggi. Circola solo 1/5 dei treni. Circa 40.000 dipendenti hanno in programma di colpire le ferrovie e la metropolitana di Londra, che è già ferma.

Migliaia di camionisti in Corea del Sud, a causa dell’impennata dei prezzi del carburante, hanno scioperato in alcuni porti e depositi di container del Paese, minacciando di rallentare l’export delle merci dalla nazione asiatica.

Vi sono scioperi anche nel distretto di Stryisky, nella regione di Leopoli, dove c’è un grande snodo ferroviario.

Gli italiani d’estate non fanno queste cose (le ultime manifestazioni di scuola e sanità sono di maggio), ma a settembre faran cadere il governo, proprio perché non ne possono più.

 

Discorso penoso di Draghi

 

Un leader europeo come Draghi che in tutto il suo discorso al senato non cita neanche una volta la parola Donbass, non merita di governare il nostro Paese.

Un uomo che considera propaganda solo quanto affermano i russi, sdogana il neonazismo ucraino e ci porta alla catastrofe.

Un premier che non attribuisce alcuna responsabilità al governo di Kiev sull’impossibilità di trasferire all’estero i cereali stoccati, mente sapendo di mentire.

Parla di pace e non propone nulla per realizzarla. Uno che è lì senza essere stato eletto, dovrebbe avere più rispetto degli italiani.

 

Povero Macron

 

Certo che con un’astensione al 54% la maggior parte dei nuovi deputati all’Assemblea Nazionale francese è stata eletta con meno di 1/4 degli iscritti. In alcune circoscrizioni, i nuovi parlamentari sono stati eletti da meno di 1 elettore su 10.

Il partito di Macron è stato votato da appena il 16% degli elettori.

Cos’è, democrazia questa? Questa non è una democrazia rappresentativa ma una specie di dittatura semi-democratica. Chi avrebbe il coraggio di dire che una democrazia si basa sull’esercizio del voto? Se gli astenuti avessero davvero un peso, il parlamento francese dovrebbe essere numericamente dimezzato.

 

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Il saggio Nebenzya

 

Ha detto Vasily Nebenzya, rappresentante permanente della Russia all’ONU: state spendendo miliardi per una guerra per procura con la Russia fino all’ultimo ucraino. Indulgete nella frenetica russofobia nei vostri Paesi, assecondando i polacchi, i cechi e i baltici che ne sono stati a lungo ossessionati. Nei vostri Paesi ci sono persino adesivi su negozi e bar in cui è scritto che non servono i russi lì.

In che modo questo è diverso dal razzismo? Cambiate la parola “russo” con “nero” o “ebreo”. Perché tali associazioni vi fanno rabbrividire, ma potete trattare i russi in quel modo? Perché sostenete la campagna “cancella la Russia” lanciata dagli strateghi politici ucraini? Ma non importa: il regime criminale russofobo di Kiev è stato condannato nel 2014, quando ha lanciato una guerra contro il suo stesso popolo, e milioni di ucraini stanno aspettando di sbarazzarsene.

Io però mi chiedo: perché siamo diventati così russofobi?

1- Per ignoranza. Non sapevamo nulla della guerra civile in atto e l’abbiamo giudicata solo per quello che è successo a partire dal 24 febbraio.

2- Per orgoglio. Noi europei siamo filo-atlantisti e non accettiamo che la Russia impedisca a un Paese di aderire alla NATO e tanto meno alla UE, che per noi son quasi la stessa cosa.

3- Per moralismo. Per noi un Paese aggredito ha sempre ragione, a meno che non sia evidente la necessità di attaccarlo, ma in questo caso dobbiamo essere noi a farlo, perché la democrazia è una nostra prerogativa.

4- Per paura. Quando vediamo che la Russia risolve i problemi con la forza militare, temiamo che possa farlo anche con noi.

5- Per pregiudizio. Da sempre siamo abituati a considerare la Russia come un Paese nemico.

Queste sono le 5 sbagliate motivazioni che dobbiamo toglierci dalla testa.

1- La guerra civile in Ucraina esisteva anche per colpa di noi occidentali, che sin dal 2014, anno del golpe, non abbiamo mai fatto nulla per impedirla.

2- La NATO è un’organizzazione offensiva preposta a occupare la Russia e tutti i suoi alleati, potenziali o reali, e mantiene la UE in una condizione di sudditanza nei confronti degli USA. E comunque la Russia non ha mai impedito all’Ucraina di aderire alla UE, come non l’ha impedito ad altri Paesi ex-sovietici.

3- Il governo di Kiev è sommamente corrotto, in quanto gestito da oligarchi e da neonazisti.

4- La Russia non ha mai attaccato l’Europa, semmai è successo il contrario. Quando nel passato la Russia zarista attaccava qualche paese europeo era su richiesta di altri Paesi europei.

5- Non ha alcun senso considerare nemico un Paese che sul piano commerciale per noi è solo un affare.

Più in generale la russofobia è un danno enorme per l’Europa, che ci renderà materialmente più poveri e culturalmente molto più limitati. Una guerra nucleare contro la Russia riporterebbe l’Europa al Medioevo.

 

Ora ho capito i droni turchi

 

Mi chiedevo per quale ragione la Turchia avesse rifornito l’esercito ucraino dei propri droni Bayraktar TB2, che in un primo tempo avevano colto in contropiede l’offensiva russa.

Il motivo risale al 2020, quanto il governo neonazista di Kiev aveva sostenuto politicamente e attraverso la vendita di armi il regime totalitario e genocida dell’Azerbaigian nella sua operazione militare contro gli armeni del Nagorno-Karabakh, che chiedevano la loro indipendenza dopo decenni di persecuzioni.

Kiev celebrò persino la vittoria di Baku adornando le sue città coi colori dell’Azerbaigian, anche se questo Paese aveva fatto ricorso a migliaia di jihadisti siriani che commisero numerose atrocità su soldati e civili armeni.

La Turchia, il principale sostenitore di Baku, fu grata a Kiev e in cambio la riempì di droni da combattimento.

 

Ma chi comanda nella UE?

 

Questi tre Stati hanno tra loro meno di 7 milioni di abitanti: Estonia: 1,3 – Lettonia: 1,9 – Lituania: 2,7, tra cui molti di etnia e lingua russa (in Lituania il 5,8%, in Estonia il 24,8% e in Lettonia il 25%).

Com’è possibile che la Lituania abbia il coraggio di provocare la Russia impedendole di rifornire l’exclave di Kaliningrad? Possibile che nella UE comandino i Paesi Baltici con la Polonia in testa? Da Kaliningrad i russi sono in grado di colpire molte capitali europee, incluse Copenaghen e Berlino, Stoccolma ed Helsinki, fino a 600 km di raggio. Qui si sta scherzando col fuoco e con un fuoco nucleare.

È come se tutti si fossero scordati che esiste una legge geopolitica che nessuno può violare senza conseguenze: nessuno Stato può garantire la sua sicurezza a danno del suo vicino, soprattutto quando quest’ultimo è più potente. Gli Stati Uniti l’hanno sempre applicata senza che nessuno ci trovasse nulla da ridire. Di recente infatti han minacciato le Isole Salomone di non firmare un accordo di cooperazione militare con Pechino. Nel passato avrebbero fatto a pezzi Cuba se la Russia non avesse smantellato i propri missili nucleari. Ora cosa faranno col Nicaragua, dove, con la scusa di un’operazione di assistenza umanitaria, il premier Daniel Ortega ha approvato l’arrivo di truppe russe con tanto di navi, aeronavi e materiale bellico?

Purtroppo è chiaro che la via diplomatica d’uscita dalla crisi è compromessa, poiché tutti gli europei si trovano in una situazione di cobelligeranza più o meno accentuata che non consente loro di fare da mediatori. La pace si giocherà sul campo di battaglia.

Noi stessi dovremmo modificare l’art. 11 della nostra Costituzione. Questo potrebbe essere il momento buono per farlo, visto che la stragrande maggioranza dei parlamentari è favorevole alla guerra. Potrebbero riscriverlo così:

“In caso di necessità e quando sono state tentate tutte le soluzioni diplomatiche, l’Italia può usare la guerra come strumento per risolvere le controversie internazionali”. Che è poi quello che ha fatto sin dalla guerra nella ex Jugoslavia.

Tuttavia, anche se fosse riformulato così, dovremmo sempre chiederci perché la nostra diplomazia non ha funzionato per niente. Chissà se Di Maio è in grado di risponderci?

 

L’importanza dell’isola dei Serpenti

 

Sembrava uno scoglio spopolato, di cui si parlò solo all’inizio della guerra ucraina, per il quale il governo di Kiev inventò la sua prima panzana. Invece è un punto strategico, assolutamente imprescindibile, per i russi. Perché? Lo spiega Mirko Mussetti, collaboratore di “Limes” e autore del libro La rosa geopolitica. Economia, strategia e cultura nelle relazioni internazionali, Paesi Edizioni 2021.

L’isolotto è di fronte al delta del Danubio ed è ben rifornito di equipaggiamento militare (in particolare di missili terra-terra e terra-aria e ovviamente di forze navali). I russi possono inibire i rifornimenti militari tra Ucraina e Romania; possono controllare la base NATO vicino al porto rumeno di Costanza; volendo, potrebbero anche costruire un ponte aereo tra la Crimea e la Transnistria. Ma soprattutto sono in grado di controllare tutti gli scambi commerciali che passano per il Danubio, in entrata e in uscita, coi suoi cinque porti. E il Danubio è il più importante fiume navigabile d’Europa.

Se, finita la guerra, l’isolotto dovesse rimanere in mano russa, bisognerà per forza ridisegnare le zone economiche esclusive del Mar Nero, in particolare nel quadrante nord-occidentale del bacino, quello più ricco di idrocarburi e di risorse sottomarine.

Insomma non conta niente essere piccoli: conta dove ci si trova.

Fonte: youtube.com/watch?v=QOYivib5r0Y

 

I tempi cambiano

 

Quel che la Russia non è riuscita a fare quand’era molto più potente e si chiamava URSS, riesce a farlo, inaspettatamente, oggi, senza nessuna ideologia politica e senza nessun sistema economico statalistico da far valere.

Tramite un’operazione di assistenza umanitaria, escogitata dal premier nicaraguense Daniel Ortega, la Russia è entrata militarmente in questo Paese, con tanto di navi, aeronavi e truppe.

E si prevede che lo farà anche in altri Paesi alleati del Nicaragua, cioè Venezuela, Messico, Cuba, Repubblica Dominicana ed El Salvador. Dal 1 luglio ci saranno le prime esercitazioni militari, col pretesto delle operazioni umanitarie, ma anche per esercitarsi a combattere il narcotraffico e il crimine organizzato nel Mar Caraibico e nelle acque dell’Oceano Pacifico sotto la giurisdizione del Nicaragua.

Si sono fatti furbi. Anche questo è un insegnamento che viene dall’occidente, la cui ipocrisia costringe ad essere astuti come serpenti. Naturalmente il Dipartimento di Stato americano l’ha presa molto male. Loro che hanno basi navali in tutto il pianeta, non ne vogliono neanche una dei russi in Sudamerica.

 

Repressione a pieno regime

 

Il 16 giugno l’ufficio del pubblico ministero ucraino ha rilasciato nuove informazioni della Procura generale sui casi penali oggetto di indagine da parte delle forze dell’ordine, a partire dal 24 febbraio scorso.

Il numero totale di procedimenti penali politicamente motivati per i seguenti reati: “combattere una guerra di aggressione”, “alto tradimento”, “invasione dell’integrità territoriale”, “sabotaggio”, “attività di collaborazione”, sarebbero 26.388 casi, in continuo aumento. Praticamente una media di 306 procedimenti penali al giorno.

L’art. 110 perseguita principalmente i blogger e coloro che hanno espresso un’opinione diversa dalla propaganda ufficiale.

Ma è l’accusa di tradimento (art. 111 c.p.) la più grave di tutte. Un cittadino accusato può finire in carcere per 15 anni o per tutta la vita.

Fonte: t.me/clarastatello/257

 

Economisti ed ecologisti latitanti

 

Gli USA hanno promesso alla UE 15 miliardi di metri cubi di gas all’anno. Solo l’Italia ne ha bisogno di 76.

15 miliardi di metri cubi di gas, una volta liquefatti, si trasportano mediamente con 125 navi, ognuna delle quali dagli USA impiega circa 20 giorni per attraversare l’Atlantico e raggiungere l’Italia. Altri 20 giorni servono per il percorso inverso (più almeno 2 giorni per le operazioni di carico e scarico).

Per il tragitto attraverso l’Atlantico la nave brucia circa 4.000 kg di gasolio marittimo ogni ora (96.000 kg al giorno), che per 40 giorni del viaggio di andata e ritorno fanno quasi 4.000 tonnellate. Moltiplicate per 125 viaggi: sono mezzo milione di tonnellate di gasolio bruciato in un anno, per trasportare il gas in Europa, con tutte le emissioni nocive del caso.

Capisco che ai politici non importi nulla di tutto ciò, ma gli economisti e gli ambientalisti dove sono?

 

Come faccio ad ammazzarti?

 

Anche per ammazzare i russi o i cinesi, gli americani han bisogno degli uni o degli altri.

Infatti negli ultimi anni si sono affidati quasi interamente alla Cina – e in misura minore alla Russia – per procurarsi un minerale fondamentale per la produzione di munizioni: l’antimonio. Senza il quale non si hanno proiettili perforanti, armi nucleari e varie attrezzature militari, come p.es. i visori notturni. Viene usato anche come agente antifiamma e per produrre vernici, smalti, ceramiche e gomme, nonché un’ampia gamma di leghe metalliche. È velenoso come l’arsenico.

Gli USA prevedono che entro il 2025 finiranno le loro scorte strategiche non solo di antimonio ma anche di titanio, tungsteno, cobalto e litio: metalli fondamentali nella produzione di armi. Per l’antimonio non gli rimane che il Tagikistan, terzo fornitore mondiale. Che però fa parte dell’Organizzazione del Trattato di sicurezza collettiva, voluta dalla Russia, cui hanno aderito anche Kazakistan, Kirghizistan, Armenia e Bielorussia. E nessuno di questi Paesi ha votato all’ONU contro l’intervento armato in Ucraina.

Fonte: defensenews.com

 

Gola profonda

 

L’ex deputato ucraino Ilya Kiva, fuggito a Mosca, citando una fonte anonima, ha affermato: “Lo Stato Maggiore delle Forze Armate dell’Ucraina ha terminato di pianificare, insieme al comando polacco, l’operazione per l’ingresso dell’esercito polacco nel territorio dell’Ucraina occidentale. L’inizio della cosiddetta ‘missione di pace’ polacca è previsto per la fine di luglio, secondo le previsioni dello Stato Maggiore dell’Ucraina, cioè al momento della completa distruzione dell’esercito ucraino nel Donbass”.

Lui stesso aveva già detto che la tragedia di Bucha era stata preparata dalla SBU e pianificata dall’intelligence britannica MI6.

Ha pure detto che Zelensky esporta le riserve statali di grano ucraino in Polonia. Le prime 10.000 tonnellate di carico hanno attraversato il confine.

Lo stesso Zelensky ha la cittadinanza russa! E qui ha esibito una foto del passaporto di lui, quand’era ancora molto giovane.

 

Funzionano a meraviglia!

 

Le sanzioni alla Russia funzionano alla perfezione! Infatti la settimana scorsa: Borsa di Milano: - 4,50%; Borsa di Mosca: + 4,20%.

Il governo dei peggiori (di sempre) retto da Mario Draghi sta portando l’Italia sul baratro con la sua politica atlantista. Nessun partito ha il coraggio di farlo cadere, neppure adesso che siamo a fine legislatura.

Si è vantato dicendo che “le sanzioni funzionano. Il FMI prevede che inciderà per 8,5 punti di PIL sull’economia russa”. Però non dice quanto le sanzioni stanno costando al popolo italiano e quante imprese falliranno.

 

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Il Texas rompe con Washington?

 

Il partito repubblicano del Texas, dopo aver concluso giorni fa il congresso, non riconoscendo la regolare elezione di Biden, ora inizia a muoversi per tenere un referendum, nel 2023, per separarsi dagli Stati Uniti. L’ex governatore repubblicano Rick Perry (in carica fino al 2015) ha sostenuto che nel 1845, quando si unì al resto dell’America, il Texas si riservò il diritto di staccarsene in qualsiasi momento. In realtà il diritto non gli fu mai riconosciuto. Nel 1861, allo scoppio della guerra civile, il Texas si proclamò indipendente, ma quando il Sud perse venne riassorbito. Nel 2009 Perry si era espresso a favore della soluzione indipendentista. Oggi il governatore Greg Abbott, repubblicano, non la pensa diversamente.

E comunque non c’è solo il Texas, col suo Movimento Nazionalista, che vuol secedere. Non passa decennio senza che qualche Stato federale minacci la secessione: dall’Alaska al Vermont all’Alabama. Nel 2007 nel Tennessee si svolse persino una “Convention secessionista”. Sono su posizioni analoghe altri due ex governatori repubblicani: Bobby Jindal della Lousiana (fino al 2016) e Mark Sanford della Sud Carolina (fino al 2011).

Il gruppo indipendentista del Vermont, fondato nel 2003 dal professore Thomas Naylor, è insofferente a un governo centralista, antidemocratico, intrusivo e irresponsabile nei confronti dei bisogni delle piccole comunità.

Stesso discorso per il New Hampshire, dove le manifestazioni pro indipendenza si sono moltiplicate negli ultimi anni. “Ci trattano come una colonia”, dicono gli attivisti.

Di vecchia data anche le aspirazioni della California, che diventò territorio americano solo nel 1847, dopo numerose guerre tra USA e Messico. La bandiera californiana è ancora quella del 1836, con su scritto “Repubblica della California”, senza nessuna menzione agli USA. Sono due i partiti californiani che spingono per l’indipendenza. Entrambi considerano la California come un grande mondo a parte che funzionerebbe meglio se stesse per conto suo. Il gruppo California Freedom Initiative ha predisposto un dossier sulla transizione e sul post indipendenza, con tanto di proposta di dichiarazione d’indipendenza californiana.

Anche alle Hawaii c’è chi sogna di abbandonare Washington. In questo caso s’insiste molto sulla diversità e la peculiarità della storia delle Hawaii rispetto agli Stati Uniti. Il movimento autonomista qui esiste da sempre.

Come minimo si pretende una maggiore autonomia: vedi le posizioni di Georgia, Louisiana, Arkansas e Oregon.

È stata la Brexit a dare una certa spinta alle rivendicazioni autonomistiche degli Stati federali americani. In genere le proteste non hanno un contenuto ideologico, ma sono contro il fisco e le enormi spese dello Stato (soprattutto quelle per operazioni militari in Paesi lontani e per salvare le banche). Il che provoca conseguenze disastrose per l’accesso al credito dei privati cittadini, per la caduta dei prezzi delle case, per la riduzione dei fondi pensionistici e per la mancanza di nuovi posti di lavoro. Il Texas, seconda economia del Paese, non può più accettare una situazione del genere. Se diventasse indipendente, si classificherebbe, per il PIL, al 14° posto a livello mondiale. Questo perché possiede circa 1/4 delle riserve di idrocarburi degli USA e il suo petrolio è considerato di ottima qualità. Inoltre è il primo produttore americano di gas naturale, così come per il gesso, il magnesio e lo zolfo, e vi sono depositi di lignite e di catrame. Nel 2006 è diventato il primo Stato americano produttore di energia eolica davanti alla California. Può persino contare sul suo potenziale di energia solare e idroelettrica, riconosciuto fra i maggiori centri energetici del pianeta. Più tutto il resto: ricerca medica, industrie ad alta tecnologia, biotecnologie e ingegneria aerospaziale, turismo, mass-media… e due centri finanziari molto importanti: Dallas e Houston.

Però la legge è chiara: per separarsi, uno Stato deve ottenere l’autorizzazione degli altri 49.

Fonte: affaritaliani.it

 

I governi iniziano a dimettersi

 

Il governo bulgaro del primo ministro Kiril Petkov è caduto dopo un voto di sfiducia del parlamento sulla spesa di bilancio e sulla decisione di sbloccare o meno l’adesione della Macedonia del Nord alla UE, gettando il Paese in disordini politici tra la guerra in Ucraina e l’aumento dell’inflazione.

Come noto, Sofia non riconosce l’esistenza di una nazione macedone distinta da quella bulgara e considera lo Stato confinante della Macedonia del nord semplicemente come un proprio territorio sottrattole ingiustamente. Petkov è accusato di aver tramato segretamente per rimuovere il veto all’adesione di Skopje alla UE.

Il premier, un 42enne laureato ad Harvard che si è impegnato a combattere la corruzione, ha assunto una forte posizione pro-europeista e pro-NATO da quando la Russia è entrata militarmente in Ucraina: una posizione insolita per un Paese con un atteggiamento tradizionalmente amichevole nei confronti di Mosca. Gli analisti prevedono che un nuovo governo porterebbe una politica più neutrale nei confronti della Russia. Anche perché la Bulgaria consuma circa 3 miliardi di metri cubi di gas all’anno, di cui oltre il 90% proveniente dalla Russia, tant’è che fino alla fine del 2024 potrà continuare ad acquistarlo.

Naturalmente Petkov, non sapendo cosa dire, ha accusato anche l’ambasciatore russo di quanto avvenuto. Come se non sapesse che l’invio delle armi al regime di Kiev e la co-belligeranza bulgara nel conflitto hanno portato a fortissime proteste di piazza e alla polarizzazione totale del parlamento. Non a caso il 7 giugno il governo è stato costretto a dire basta all’invio di armi a Kiev, suscitando le ire dell’ambasciatore dell’Ucraina a Sofia, Vitaliy Moskalenko.

Ora il presidente Rumen Radev è tenuto a indire elezioni anticipate entro due mesi e a nominare un’amministrazione provvisoria se Petkov (che è premier da 6 mesi) non riuscirà a mettere insieme una nuova maggioranza. Ma questa sarebbe la quarta elezione in meno di 18 mesi.

E comunque mi pare significativo che i bulgari abbiano avuto il coraggio di far cadere il governo e noi no. D’ora in poi non si potrà più usare l’espressione “maggioranza bulgara”, per indicare con dileggio l’unanimità negli ex regimi comunisti. Dovremo sostituirla con “maggioranza draghiniana”.

 

Odessa=Mariupol2?

 

Nella regione di Odessa la lingua russa (parlata dal 78% della popolazione) e ovviamente la letteratura russa saranno vietate in tutte le scuole a partire dal 1° di agosto. In particolare le opere di Pushkin e Dostoevskij saranno sostituite con altre opere.

Ci si può chiedere naturalmente: quali altre opere di pari livello sono state prodotte in Ucraina? Dovranno per forza andarle a prendere all’estero.

Fino all’inizio della II guerra mondiale Odessa a livello demografico era equamente distribuita tra tre diverse popolazioni maggioritarie: russi, ucraini ed ebrei, più molteplici minoranze. Con la guerra però gli ebrei furono sterminati o dovettero espatriare.

Oggi su un milione di abitanti gli ucraini sono circa il 61% e i russi il 29% (dati del 2001 di Wikipedia). Ma mezzo milione, a partire dal 24 febbraio, se ne sono andati. È già scomparso il nome russo Odessa, ed è tornato l’ucraino Odesa.

È stata la zarina Caterina II a farla costruire nel 1794 sopra un centro ottomano, a sua volta costruito su un antico insediamento greco. L’ha dichiarò “città aperta”, un’etichetta concessa a nessun altro luogo dell’impero. Anche il sindaco Gennady Trukhanov fino al 2017 aveva un passaporto russo e ha detto in un’intervista al “New York Times”: “Odessa è la capitale multiculturale dell’Ucraina. Sono preoccupato per il crescente odio per tutto ciò che è russo”.

Dovrebbe però chiedere al governatore militare della sua regione, ex comandante della battaglione neonazista “Ajdar”, Maxim Marchenko, cosa ne pensa, visto che ha già fatto rimuovere tutte le antenne paraboliche private dalle case. Proprio Marchenko, nominato il 2 marzo governatore di Odessa da Zelensky, ha ordinato di allestire postazioni di tiro nelle scuole e negli ospedali, e ha proibito di far uscire i residenti dalla città attraverso i corridoi umanitari. È ricercato dai russi perché su di lui pesano accuse di rapimenti, arresti illegali e torture di civili.

Odessa è cruciale per la sopravvivenza economica dell’Ucraina: controlla l’accesso sul Mar Nero e il suo porto è il polmone economico ucraino da cui passano gli scambi con l’Europa e l’Asia.

È stata teatro di un’orrenda strage di filorussi nel 2014 da parte delle forze ucraine. Il motivo è noto: protestavano contro il golpe neonazista di Kiev.

Per impedire lo sbarco dei marines russi, gli ucraini al largo del porto han posizionato centinaia di mine, le stesse che impediscono di esportare i cereali stoccati nei silos.

Se dopo aver visto la sconfitta dell’esercito ucraino nel Donbass, Odessa vorrà difendersi dai russi, sarà un suicidio. Si spera che il sindaco sia abbastanza intelligente da arrendersi senza combattere, come han fatto a Melitopol e Kherson. Non a caso ha cominciato a rimuovere le fortificazioni dalle strade, col pretesto del normale funzionamento degli affari della città.

 

Mali e Burkina Faso alla riscossa

 

Quanto abbiamo visto in Mali e, prima ancora, nella Repubblica Centrafricana, ora sta accadendo in Burkina Faso.

Il Mali è uno dei Paesi africani che ha subìto il giogo della Francia coloniale per decenni. All’inizio degli anni ’60 tale colonizzazione assunse una nuova forma: non più un governo coloniale controllato direttamente dalla Francia, ma uno gestito indirettamente sempre da Parigi. Attraverso nuovi accordi coloniali, la Francia è riuscita a controllare le risorse naturali di questi Paesi e persino la loro capacità di emettere valuta, tramite il Franco CFA.

Il Mali ha protestato recentemente contro le ingerenze francesi nella sua politica e si è arrivati al ritiro delle truppe transalpine dopo che il governo maliano ha siglato un accordo di cooperazione con la Russia. Tuttavia le forze francesi cacciate dal Mali con l’aiuto dei volontari russi del gruppo Wagner, si erano trasferite nel Burkina Faso.

Di qui la richiesta di nuovo aiuto difensivo alle forze russe. Il popolo del Burkina Faso ha chiesto il ritiro delle truppe francesi (2.400 unità) e di altri 900 soldati europei, tra cui quelli italiani, che difendono il neocolonialismo francese col pretesto di lottare contro il terrorismo. Siamo testimoni di eventi la cui portata storica è davvero notevole.

Il prossimo Paese potrebbe essere il Niger, ricco di giacimenti di uranio estremamente importanti per l’industria nucleare di Parigi.

 

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Menti limitate

 

Solo una mente molto limitata, come quella di Sallusti o di Parenzo o di Tabacci, può ancora confondere, come fanno gli ucraini, russo con sovietico. Odiare i russi quando gli stessi russi odiano se stessi per quand’erano sovietici, non ha alcun senso.

Se c’è stato un popolo che ha sofferto più di tutti dello stalinismo non è forse stato quello russo? I prigionieri ucraini dovrebbero essere rieducati sul piano culturale. I nostri politici e giornalisti darei invece per scontato che siano irrecuperabili.

 

I russi stupiscono sempre

 

Tre mesi dopo che il rublo è crollato a causa delle sanzioni economiche più dure contro un Paese nella storia moderna, il rublo ha preso una svolta sorprendente, balzando del 40% rispetto al dollaro. È stata la valuta con le migliori performance al mondo quest’anno.

Di solito in un Paese che deve affrontare sanzioni internazionali e un grande conflitto militare, c’è una fuga di investitori e un deflusso di capitali, che porta a un ribasso della sua valuta.

Ma le misure insolitamente aggressive della Russia per impedire la fuga di denaro dal Paese, combinate con un forte aumento dei prezzi del carburante, creano domanda per il rublo e ne aumentano il valore.

Possibile che nessun economista occidentale avesse previsto una cosa del genere? Non c’era bisogno d’essere marxisti per capirlo...

 

Ci ritenevamo insostituibili

 

Il volume di petrolio russo fornito via nave a India e Cina è quasi raddoppiato in poche settimane. Se il 13 marzo le forniture ammontavano a 44,7 milioni di barili, il 22 maggio a questi Paesi già venivano forniti 79,1 milioni di barili.

Totò, riferito alle sanzioni, direbbe: “Ma mi faccia il piacere!”. In effetti gliel’abbiamo fatto...

 

Se lo dice lei

 

“L’Ucraina spende 5-6 miliardi di dollari al mese per la guerra. Sono costi sbalorditivi ma insufficienti per vincere la guerra”. L’ha detto Samantha Power, capo di USAID, in un talk show.

Avrebbe dovuto aggiungere che sono soldi buttati, perché non arrivano al fronte, altrimenti i militari non si lamenterebbero di continuo di essere trattati come carne da cannone.

 

Non possiamo pretendere troppo

 

L’ex senatore degli Stati Uniti, Richard Black ha detto: “Sì, la guerra non è finita, ma è persa. Diciamo perché. Duello di artiglieria: la Russia spara 50.000 proiettili ogni giorno, questo è 10 volte più dell’Ucraina, che subisce 200 morti al giorno.

Le perdite sono raddoppiate in circa tre settimane. Questo vuol dire che perde 6.000 soldati ogni mese, 12 volte più di quanto l’America ha perso in Vietnam.

Nessuna nazione è in grado di sopportare perdite così enormi per molto tempo”.

Vallo a dire ai nostri politici e giornalisti: loro sì che s’intendono di questioni militari!

 

Il futuro è BRICS

 

Il BRICS (Russia, Cina, India, Brasile e Sudafrica) è nato nel 2009 e oggi costituisce il 23% dell’economia mondiale e il 17% degli interscambi. Le basi del mondo multipolare si vedono bene.

Tuttavia l’India dovrà presto fare delle scelte obbligate, che le impediscano di tenere il piede in due staffe. Infatti, temendo la Cina nell’Indo-Pacifico, ha deciso di aderire al QUAD (con USA, Giappone e Australia) e all’IPEF (Indo-Pacific Economic Framework), lanciato da Biden nel maggio di quest’anno, che include 14 Paesi, prevalentemente asiatici. I loro obiettivi sono proprio quelli di ribilanciare l’egemonia economica cinese.

Non basta che Pechino e New Delhi importino il petrolio russo “a sconto” dopo le “auto-sanzioni” europee, che ci obbligheranno a razionare l’energia e a tornare al carbone. Mosca è diventata il primo fornitore di Pechino, scalzando l’Arabia Saudita. E le importazioni indiane, prima quasi inesistenti, oggi superano quelle di tutti i Paesi dell’Europa centro-settentrionale. Ci vuole una fiducia reciproca tra i due colossi asiatici.

Tuttavia noi occidentali siamo messi peggio, poiché sarà impossibile far accettare alle grandi aziende energetiche private un tetto massimo al costo del gas non più proveniente dalla Russia il prossimo inverno: da 130 (attuale quotazione in borsa) a 90 euro al megawattora. Quando mai l’occidente è stato in grado di controllare i profitti dei privati, soprattutto delle multinazionali? Dovremmo diventare statalisti come un tempo i sovietici! Oppure dovremmo imitare la Cina, che di tanto in tanto riporta all’ordine i suoi miliardari, cioè gli fa fare un po’ di galera, quel tanto che basta per fargli capire chi comanda.

Peraltro forse pochi sanno che in Italia il gas naturale viene impiegato per produrre qualcosa come il 40% dell’energia elettrica! Quindi non solo rischiamo il freddo ma anche il buio.

Probabilmente un autolesionismo così insipiente da parte dei governi europei si è visto soltanto alla vigilia delle due guerre mondiali. Forse si erano illusi che tramite l’Ucraina saremmo prima o poi potuti entrare in Russia per spartirci le sue risorse. Ora si mangiano le mani per non aver saputo prevedere con largo anticipo le mosse di Putin.

 

Buone le idee del BRICS

 

Mi è piaciuto che nell’attuale forum dei BRICS, gestito dalla Cina, si sia detto:

- che all’ONU devono contare di più i Paesi in via di sviluppo (in effetti che nel Consiglio di Sicurezza siano solo in cinque a comandare è ridicolo: come minimo ci vorrebbe una rotazione delle cariche, e in ogni caso l’Assemblea generale dovrebbe essere più importante del Consiglio di sicurezza, come lo è il livello politico-legislativo su quello esecutivo e giudiziario);

- che occorre rafforzare il meccanismo di Contingent reserve arrangement (il cui obiettivo è fornirsi reciprocamente valuta in caso di problemi di liquidità, anche perché con la fine del primato del dollaro, ogni valuta nazionale diventa importante);

- che bisogna tornare a parlare di disarmo, non proliferazione nucleare e controllo degli armamenti (di tutti gli armamenti, inclusi quelli biologici). In effetti bisognerebbe sanzionare chi si oppone a questa evidente necessità per tutto il genere umano. Non c’è bisogno di mettere sanzioni economiche o finanziarie, che finiscono solo per colpire i popoli: bastano quelle politiche o diplomatiche.

 

Illusioni ucraine

 

In meno di quattro mesi quasi 1/3 dei 44 milioni di abitanti ucraini sono fuggiti dalle proprie case.

Dal 24 febbraio circa 4 milioni di loro sono finiti in Polonia, che ora si sta stufando di doverli spesare di tutto. È vero però che con l’avanzare del conflitto e il suo spostamento nel Donbass, 3/4 di questi rifugiati sono tornati a Kiev o si sono trasferiti verso la Germania, la più ricca di tutti, che oggi accoglie quasi 800.000 profughi, 9 ogni 1.000 abitanti: uno sforzo di accoglienza molto superiore a quello di Francia e Italia.

Il 57% degli ucraini che vivono ancora nelle loro case è a corto di denaro e se l’escalation militare dovesse continuare, il 43% dei posti di lavoro in Ucraina (circa 7 milioni) potrebbe andare perduto.

Strano che non si ribellino a Zelensky. Davvero pensano che la UE li aiuterà gratuitamente? Solo perché sono stati aggrediti? Si vede che proprio non ci conoscono!

 

L’opportunista Casini non si smentisce mai

 

Pier Ferdinando Casini, versione 2022:

“Il problema non è la NATO: quello che non può accettare Putin è il contagio democratico ai confini della Russia”.

Pier Ferdinando Casini, versione 2015 (dopo le sanzioni alla Russia a causa della Crimea):

“Dalla caduta del Muro la NATO ha dato garanzia di non espansione ad est... Adesso diamoci una calmata, non sono un nostalgico della guerra fredda. Ritengo non sia utile spingere sull’acceleratore. Con l’embargo commerciale ci faremo male tutti: c’è già crisi economica e disoccupazione. Chi ha parlato d’ingresso dell’Ucraina nella NATO ha fatto dei danni enormi”.

Certo chiunque col tempo può cambiare idea. La coerenza di per sé non è un valore. Ma sostenere che Putin teme il contagio democratico ai confini del suo Paese è ridicolo. Tutti gli ex Paesi sovietici entrati nella NATO sono i più fascisti e russofobi dell’Europa e della NATO. Solo un politico profondamente ignorante o con pregiudizi ciclopici può non vedere una situazione del genere. Non a caso gli USA vogliono creare una nuova NATO proprio con questi Paesi, più facilmente manovrabili in funzione antirussa.

 

Non sempre Bonomi piagnucola

 

Carlo Bonomi, quello che piagnucola perché il reddito di cittadinanza fa concorrenza ai suoi salari da fame, è andato a Kiev a incontrare Zelensky. Gli ha promesso che la filiera produttiva italiana s’impegnerà per la ricostruzione.

Strano questo incontro, poiché di solito sono i governi, rappresentanti degli interessi dei capitalisti, ad andare in giro per il mondo e stipulare accordi economici che favoriscano il capitale dei rispettivi Paesi.

Qui invece abbiamo Confindustria che va direttamente a parlare con un Capo di Stato. Come se la classe dominante italiana avesse ormai bypassato le istituzioni ch’essa stessa ha creato per la tutela e la prosecuzione dei propri interessi.

I padroni fan tutto da soli: non c’è pericolo però che mandino a casa questo governo catastrofico per le sorti del nostro Paese. Anzi per loro più la guerra va avanti e più ci sarà da guadagnare nella ricostruzione.

 

Uno Stato fallito vuole entrare nella UE

 

Il 2 giugno la Banca Nazionale ucraina ha aumentato il tasso di sconto dal 10% al 25% annuo: un colpo inaspettato per molte banche.

Ora per i cittadini sarà molto più oneroso contrarre mutui, ricevere prestiti. Il denaro costerà molto di più. Anzi le stesse banche rischiano di fallire. La Kharkiv Megabank è già stata dichiarata insolvente. Se ne salveranno poche. Molto dipenderà se gli azionisti saranno disposti a salvare le proprie istituzioni finanziarie durante o dopo la guerra.

In ogni caso i banchieri non riusciranno a pagare i prestiti ricevuti in precedenza dalla Banca Nazionale (ch’erano a un tasso del 10-11%), anche perché una parte significativa del rifinanziamento è stata investita dalle stesse banche in titoli di Stato del Ministero delle Finanze.

La Banca Nazionale aveva abbassato il tasso di sconto al 6% annuo solo in occasione della pandemia (durata due anni), ma le banche avevano reinvestito i prestiti che coprivano i danni della pandemia in titoli azionari dello stesso Stato, poiché davano un tasso d’interesse del 10-11% e sembrava non esserci alcun rischio. Ora però le banche dovranno pagare il 25-26% annuo sui prestiti della Banca Nazionale e continueranno a ricevere l’11% annuo per i titoli di stato.

Fare entrare nella UE un Paese finanziariamente fallito come questo è assurdo. Non ha neppure un parametro idoneo. Per di più la guerra sta distruggendo “fisicamente” le garanzie per i prestiti bancari, cioè sta portando al fallimento degli affari e delle persone.

Il governo neonazista di Kiev era totalmente incapace di gestire la finanza anche prima della pandemia. Infatti nel periodo 2014-2017 più di 90 banche erano fallite, e la Banca Nazionale non aveva fatto nulla per salvarle.

Queste cose le capisce anche un bambino. Strano che Draghi non le veda.


 

Conclusione

 

 

 

Con questo terzo libro chiudo i miei post dedicati al conflitto ucraino e collocati nel sito di Facebook, con cui ho definitivamente terminato la mia collaborazione a seguito delle ingiustificate censure che ho subìto. Molto probabilmente mi limiterò a interagire con Sfero o Quora o con altri social (Telegram, Youtube…).

Il comportamento dei soldati ucraini e del loro governo e soprattutto delle formazioni paramilitari neonaziste mi è sembrato assolutamente vergognoso, la cui gravità meriterebbe un processo internazionale come quello di Norimberga. Certo, anche i russi possono aver compiuto delle atrocità, ma si è trattato di casi sporadici, spesso non intenzionali: non ho intravisto alcuna sistematicità. Se avessero voluto vincere facilmente, si sarebbero comportanti come gli americani, bombardando a tappeto intere città ed eventualmente usando armi chimiche.

Ho compatito i giornalisti quando dicevano che i russi non erano all’altezza perché i loro generali morivano facilmente ammazzati e procedevano con una lentezza incredibile, facendo errori tattici e strategici, incomprensibili per una grande potenza militare.

È vero, non sempre i russi erano in grado di disporre di tutti i mezzi sofisticati della NATO e in più avevano bisogno di risparmiare assolutamente i civili. Eppure han vinto lo stesso, anche se la guerra sta al momento continuando. Dunque onore al loro coraggio. Loro sì che son stati degli eroi, insieme ai ceceni e ad altre compagnie non russe. I militari ucraini che hanno usato i civili come scudi umani, e che hanno infierito su di loro in varie maniere indegne e che non hanno rispettato le Convenzioni di Ginevra nel trattamento dei prigionieri russi, passeranno alla storia come dei criminali meritevoli solo di profondo disprezzo, anche se più di loro dovremmo disprezzare la democrazia formale dell’occidente, che li ha allevati sin dalla culla.


 

Nota bibliografica

 

 

 

Forse un giorno avrò il tempo di leggere tutti i libri sotto riportati, poiché, senza nulla togliere all’importanza di ciò che si vede in rete, bisogna ammettere che le informazioni che si ottengono dai libri restano decisamente superiori a tutto. L’elenco quindi è più che altro ad uso interno, essendo pacifico che molti di essi sono largamente conosciuti da chi cerca informazioni non banali.

Personalmente ritengo, almeno per quanto riguarda la guerra russo-ucraina in relazione alla conoscenza della NATO, che Manlio Dinucci sia il più esperto di tutti. I suoi libri da leggere potrebbero essere i seguenti: La guerra. È in gioco la nostra vita, ed. Byoblu 2022; L’arte della guerra, ed. Zambon 2015; Diario di guerra. Escalation verso la catastrofe (2016-2018), ed. Asterios 2018.

Molto attivo nel Donbass e in rete è Giorgio Bianchi, di cui bisogna leggere Governare con il terrore, ed. Meltemi 2022.

Altri titoli trovati, che promettono bene, cioè soprattutto obiettività, sono quelli di Giacomo Gabellini, 1991-2022. Ucraina. Il mondo al bivio. Origini, responsabilità, prospettive, Arianna Editrice 2022; di Gabriele Sannino, La fine del Nuovo Ordine Mondiale. La caduta dell’élite globale, Edizioni Aurora Boreale 2022; di Alessandro Orsini, Ucraina. Critica della politica internazionale, ed. Paper First 2022.

Molto probabilmente meriterebbero d’essere letti, ancorché datati, quelli di  di Guy Mettan, Russofobia. Mille anni di diffidenza, ed. Sandro Teti 2016, e di Enrico Vigna, Ucraina, Donbass. I crimini di guerra della Giunta di Kiev, Zambon editore 2015.

Assai presente nella rete alternativa è Paolo Borgognone, di cui alcuni libri andrebbero letti: Goodbye globalism! Le origini sociopolitiche del “Grande Reset”, ed. Il Cerchio 2022; Capire la Russia. Correnti politiche e dinamiche sociali nella Russia e nell'Ucraina postsovietiche, ed. Zambon 2015; L’immagine sinistra della globalizzazione. Critica del radicalismo liberale, ed. Zambon 2016; La disinformazione e la formazione del consenso attraverso i media (3 voll.), ed. Zambon 2013; Il fallimento della sinistra “radicale”, ed. Zambon 2013; Deplorevoli? L’America di Trump e i movimenti sovranisti in Europa, ed. Zambon 2017.

Imprescindibili per capire la situazione del conflitto ucraino: Franco Fracassi, IV Reich, Franco Fracassi Editore 2021; Ucraina. Dal Donbass a Maidan, Franco Fracassi Editore 2022.

F. Cardini – F. Mini, Ucraina. La guerra e la storia, ed. PaperFIRST, 2022.

Massimo Mazzucco, Ucraina. L’Altra Verità, ed. Byoblu 2022.

Gianfranco Peroncini, Ucraina. La Dottrinza Brzezinski, ed. Byoblu 2022.

Enrico Vigna, Ucraina, Donbass. I crimini di guerra della Giunta di Kiev, Zambon Editore 2015.

Da leggere alcuni testi di Alexander Dugin, che sicuramente hanno un ampio respiro, ancorché discutibile negli aspetti più spiritualistici: La quarta teoria politica, ed. Aspis 2020; Putin contro Putin, ed. AGA 2018; Teoria del mondo multipolare, ed. AGA 2019; Spasibo Russia, ed. AGA 2022; Contro il Grande Reset, ed. AGA 2022; Soggetto Radicale. Teoria e fenomenologia, ed. AGA 2019.

Meritevoli di considerazione dovrebbero essere anche i libri di Enrica Perucchietti, ben presente in rete, di cui il principale è sicuramente False flag. Sotto falsa bandiera: Strategia della tensione e terrorismo di stato, Arianna Editrice 2016. Ma da leggere sarebbero anche La fabbrica della manipolazione 4D. Come difendersi dal condizionamento mentale, Arianna Editrice 2022; Fake news 4D. Come il potere controlla i media e censura l’informazione indipendente per ottenere il consenso, ‎Arianna Editrice 2020; Governo globale. La storia segreta del nuovo ordine mondiale (con Gianluca Marletta), Arianna Editrice 2021; Cyberuomo. Dall’intelligenza artificiale all’ibrido uomo-macchina. L’alba del transumanesimo e il tramonto dell’umanità, Arianna Editrice 2020.

Sulle fake news va letto anche di Franco Fracassi (scritto col padre Claudio), Sotto la notizia niente, ed. Byoblu 2022.

Tra le riviste più significative restano “Limes” ed “Eurasia”.


 

Bibliografia su Amazon

 

 

 

Memorie:

Sopravvissuto. Memorie di un ex

Grido ad Manghinot. Politica e Turismo a Riccione (1859-1967)

Storia:

Homo primitivus. Le ultime tracce di socialismo

Cristianesimo medievale

Dal feudalesimo all’umanesimo. Quadro storico-culturale di una transizione

Protagonisti dell’Umanesimo e del Rinascimento

Storia dell’Inghilterra. Dai Normanni alla rivoluzione inglese

Scoperta e conquista dell’America

Il potere dei senzadio. Rivoluzione francese e questione religiosa

Cenni di storiografia

Herbis non verbis. Introduzione alla fitoterapia

Arte:

Arte da amare

La svolta di Giotto. La nascita borghese dell’arte moderna

Letteratura-Linguaggi:

Letterati italiani

Letterati stranieri

Pagine di letteratura

Pazìnzia e distèin in Walter Galli

Dante laico e cattolico

Grammatica e Scrittura. Dalle astrazioni dei manuali scolastici alla scrittura creativa

Poesie:

Nato vecchio; La fine; Prof e Stud; Natura; Poesie in strada; Esistenza in vita; Un amore sognato

Filosofia:

Laicismo medievale

Ideologia della chiesa latina

L’impossibile Nietzsche

Da Cartesio a Rousseau

Rousseau e l’arcantropia

Il Trattato di Wittgenstein

Preve disincantato

Critica laica

Le ragioni della laicità

Che cos’è la coscienza? Pagine di diario

Che cos’è la verità? Pagine di diario

Scienza e Natura. Per un’apologia della materia

Spazio e Tempo: nei filosofi e nella vita quotidiana

Linguaggio e comunicazione

Interviste e Dialoghi

Antropologia:

La scienza del colonialismo. Critica dell’antropologia culturale

Ribaltare i miti: miti e fiabe destrutturati

Economia:

Esegeti di Marx

Maledetto capitale

Marx economista

Il meglio di Marx

Etica ed economia. Per una teoria dell’umanesimo laico

Le teorie economiche di Giuseppe Mazzini

Politica:

La guerra totale

Il signore del gas

La truffa ucraina

Lenin e la guerra imperialista

Io, Gorbaciov e la Cina (pubblicato dalla Diderotiana)

L’idealista Gorbaciov. Le forme del socialismo democratico

Il grande Lenin

Cinico Engels

L’aquila Rosa

Società ecologica e democrazia diretta

Stato di diritto e ideologia della violenza

Democrazia socialista e terzomondiale

La dittatura della democrazia. Come uscire dal sistema

Dialogo a distanza sui massimi sistemi

Diritto:

Siae contro Homolaicus

Diritto laico

Psicologia:

Psicologia generale

La colpa originaria. Analisi della caduta

In principio era il due

Sesso e amore

Didattica:

Per una riforma della scuola

Zetesis. Dalle conoscenze e abilità alle competenze nella didattica della storia

Ateismo:

Studi laici sull'Antico Testamento

Diario su Cristo

Cristo in Facebook

L’Apocalisse di Giovanni

Johannes. Il discepolo anonimo, prediletto e tradito

Pescatori di uomini. Le mistificazioni nel vangelo di Marco

Contro Luca. Moralismo e opportunismo nel terzo vangelo

Metodologia dell’esegesi laica. Per una quarta ricerca

Protagonisti dell’esegesi laica. Per una quarta ricerca

Ombra delle cose future. Esegesi laica delle lettere paoline

Umano e Politico. Biografia demistificata del Cristo

Le diatribe del Cristo. Veri e falsi problemi nei vangeli

Ateo e sovversivo. I lati oscuri della mistificazione cristologica

Risorto o Scomparso? Dal giudizio di fatto a quello di valore

Cristianesimo primitivo. Dalle origini alla svolta costantiniana

Guarigioni e Parabole: fatti improbabili e parole ambigue

Gli apostoli traditori. Sviluppi del Cristo impolitico


Indice

 

Premessa...................................................................................... 5

Maggio............................................................................................. 7

[10].............................................................................................. 7

A rischio la raffineria Isab di Priolo............................................ 7

Europa furiosa contro la Svizzera................................................ 7

Mentana e Fabbri......................................................................... 8

Missouri e Lousiana contro Washington..................................... 9

Un Paese normale........................................................................ 9

Incredibile intervista a Richard Black......................................... 9

Svolta epocale in Irlanda........................................................... 14

Europa isolata dalle sue stesse sanzioni.................................... 14

Anomale incongruenze.............................................................. 15

[11]............................................................................................. 15

Le sanzioni alla Russia distruggono la UE................................ 15

Nel nostro Parlamento dov’è la democrazia?............................ 16

Una crisi alimentare senza precedenti....................................... 16

Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio........................................... 17

Gli ucraini ci mettono alle strette.............................................. 17

Siamo a un passo dalla guerra totale......................................... 18

Disastro nello Sri Lanka............................................................ 19

[12]............................................................................................ 19

Anche l’Ansa neonazista?......................................................... 19

Sorprese a non finire.................................................................. 20

I sauditi si prendono mezzo Yemen........................................... 21

Da parte del Comitato Ucraina antifascista di Bologna............ 22

Il bambino Di Maio colpisce ancora......................................... 23

Zelensky è un militarista fascista.............................................. 23

Acuto Toni Capuozzo................................................................ 24

Sempre più grave la questione biologica................................... 24

[13]............................................................................................ 26

Possibile scenario...................................................................... 26

Ho rivalutato Mazzucco............................................................ 27

Teoria e prassi agli opposti........................................................ 29

Dobbiamo arrivare alla fame?................................................... 29

[14]............................................................................................ 30

Quali alternative all’occidente?................................................. 30

Funzionamento della NATO...................................................... 31

Non ho capito Erdoğan.............................................................. 34

L’opinione di Pepe Escobar....................................................... 35

[15]............................................................................................ 36

Avvedutezza e lungimiranza in Eliseo Bertolasi....................... 36

Forme della censura................................................................... 40

L’occidente moderno................................................................. 40

Sto con Marco Bertolini............................................................ 41

Mors nostra, Vita vostra............................................................. 42

Di Maio ha le traveggole........................................................... 42

Quella donna pericolosa............................................................ 43

[16]............................................................................................ 43

Il fosforo per ricordare non bombardare................................... 43

Ribellarsi è ancora possibile?.................................................... 44

Dollaro contro Euro................................................................... 45

Un sistema monetario parallelo?............................................... 46

Tornare a Bretton Woods?......................................................... 47

Drang nach Osten...................................................................... 49

Il destino degli Stati Uniti.......................................................... 50

Lezioni di storia contemporanea............................................... 51

Beata incoscienza...................................................................... 52

Sperimentazioni umane............................................................. 53

[17]............................................................................................ 54

Da Poroshenko a Zelensky........................................................ 54

L’omicidio di Aleksandr Zakharchenko.................................... 55

Oltre la guerra civile quella religiosa........................................ 56

Si profila una tragedia alimentare............................................. 57

[18]............................................................................................ 59

La grande corruzione dell’Ucraina............................................ 59

Kosovo sempre più pericoloso.................................................. 61

La russofobia di Facebook......................................................... 62

[19]............................................................................................ 63

Gli ultimi 30 minuti................................................................... 63

Bandiere sovietiche................................................................... 64

Pressioni occidentali.................................................................. 65

Le basi giuridiche della guerra al Donbass............................... 66

[20]............................................................................................ 67

Il dominio del dollaro................................................................ 67

Cose da pazzi............................................................................. 69

Nel tuo orto non puoi far nulla.................................................. 70

La Coldiretti sull’Italia vede nero............................................. 70

Blinken è obbrobrioso............................................................... 71

Carestia ad portas...................................................................... 71

Adrian Bocquet conferma la versione russa.............................. 72

[21]............................................................................................ 73

Assurde pretese.......................................................................... 73

Le gravi responsabilità dell’occidente....................................... 74

Angelo D’Orsi ha sempre ragione............................................. 76

Tajani fuori tempo massimo...................................................... 76

Acuto Pepe Escobar................................................................... 77

Piano Italia per la pace.............................................................. 78

Il gas scisto fa male................................................................... 79

[22]............................................................................................ 80

Torniamo al medio Pleistocene................................................. 80

Barzellette americane................................................................ 81

La verità non è mai un’evidenza............................................... 82

Impressionante Michel Chossudovsky...................................... 84

[23]............................................................................................ 85

Sviste non casuali sul neonazismo ucraino............................... 85

Putinismo tra zarismo e capitalismo.......................................... 86

Sto con Bianca Laura Granato................................................... 88

[24]............................................................................................ 89

L’incontentabile Kiev................................................................ 89

Di Battista a confronto col generale Fabio Mini....................... 90

Saper mentire è un’arte.............................................................. 92

[25]............................................................................................ 93

Che vergogna!............................................................................ 93

Combattere come i lupi............................................................. 93

Il rapporto strategico-militare tra Russia e Ucraina.................. 95

La moglie di Yushchenko.......................................................... 96

Von der Leyen sempre più pericolosa....................................... 96

[26]............................................................................................ 97

Non abbiamo bisogno di Salvini............................................... 97

Gratteri senza peli sulla lingua.................................................. 97

L’egocentrismo dei neonazisti................................................... 98

Qui bisogna combattere per forza............................................ 100

Intervista a Franco Fracassi..................................................... 101

L’occidente a favore del neonazismo...................................... 103

Dmytro Yarosh straparla.......................................................... 103

Anche la Croazia ostile a Svezia e Finlandia.......................... 104

L’insensato Massimo Teodori.................................................. 104

Braccia legate.......................................................................... 105

[27].......................................................................................... 105

Nazisti anche quando processano............................................ 105

Davvero Kissinger è un realista?............................................. 106

Le previsioni di Germán Gorráiz López.................................. 107

Interessante Crooke................................................................. 108

La limitatezza di Draghi.......................................................... 109

PD irriconoscibile.................................................................... 110

1. Il realismo economicistico di De Benedetti......................... 112

2. Il realismo economicistico di De Benedetti......................... 112

3. Il realismo economicistico di De Benedetti......................... 113

4. Il realismo economicistico di De Benedetti......................... 114

5. Il realismo economicistico di De Benedetti......................... 115

6. Il realismo economicistico di De Benedetti......................... 116

[28]........................................................................................... 117

Una questione generazionale................................................... 117

Non era una “pezza”................................................................ 118

Chi sarà più isolato?................................................................. 119

Siamo agli sgoccioli?............................................................... 120

Catastrofe alimentare in arrivo................................................ 121

L’antisemitismo in Ucraina..................................................... 122

Odessa ultima spiaggia............................................................ 122

[29].......................................................................................... 123

Noi, sempre noi, prima di voi.................................................. 123

1. Il neonazismo ucraino: le origini......................................... 123

2. Il neonazismo ucraino: Bandera & soci.............................. 124

3. Il neonazismo ucraino: Mykola Lebed................................ 125

4. Il neonazismo ucraino: il battaglione Azov......................... 126

5. Il neonazismo ucraino: le ultime propaggini....................... 127

Meglio l’Azov della Russia..................................................... 128

Presenza neonazista anche in Portogallo................................. 129

Presenza neonazista anche in Spagna...................................... 131

La guerra totale........................................................................ 132

[30].......................................................................................... 134

Mentana mi preoccupa............................................................ 134

Zelensky il sionista.................................................................. 134

Povera Slovacchia................................................................... 136

Tra Polonia e Ungheria non ho dubbi...................................... 137

Il destino di Taiwan................................................................. 138

Sto con Orbán.......................................................................... 138

La nuova postura della NATO................................................. 139

[31].......................................................................................... 140

Romania e Bulgaria................................................................. 140

Chiuso il Ministero della verità............................................... 141

La fame prossima (s)ventura................................................... 143

Le prossime guerre stellari anticipate in Ucraina.................... 145

Arrestata Elena Berezhnaya.................................................... 147

Giugno......................................................................................... 149

[1]............................................................................................ 149

Mercenari allo sbando............................................................. 149

Odessa mon amour.................................................................. 150

Il grano di Zelensky................................................................. 151

Pierre Haski capisce poco........................................................ 152

Interessante Zecchinelli........................................................... 153

[2]............................................................................................ 155

Buone riflessioni di Sandro Valentini...................................... 155

Destituita la Denisova.............................................................. 157

Interessanti le tesi di Meyssan................................................. 158

Povera NATO.......................................................................... 160

Un governo USA sempre più militarizzato............................. 161

L’inferno e le buone intenzioni................................................ 162

Varie e non eventuali............................................................... 165

[3]............................................................................................ 167

Il visionario Chernev............................................................... 167

L’articolo 11 ha ancora senso?................................................ 168

Ripudiare vuol dire ripudiare................................................... 169

1. Ineccepibile Ainis................................................................ 170

2. Puntiglioso Ainis................................................................. 171

3. Preoccupato Ainis................................................................ 172

Il crollo imminente della difesa ucraina.................................. 173

Sesto pacchetto........................................................................ 173

Sto con Zhok............................................................................ 174

Il parametro limitato del PIL................................................... 176

Differenza di stile.................................................................... 177

Sanzioni inutili......................................................................... 178

Il mondo arabo s’è stufato degli americani............................. 178

… anche gli indiani................................................................. 179

[4]............................................................................................ 179

L’assurdità della guerra moderna............................................ 179

Astratte supposizioni............................................................... 181

1. Introduzione alla corruzione ucraina................................... 182

2. I motivi della corruzione..................................................... 183

3. Il ruolo dell’Unione Europea............................................... 184

4. Osservazioni della Corte dei Conti...................................... 185

5. Conclusioni della Corte dei Conti....................................... 186

[5]............................................................................................ 188

Il decalogo di Tiozzo............................................................... 188

L’insostenibile leggerezza dell'essere...................................... 190

Le minoranze oppresse in Ucraina.......................................... 191

La fine della parità linguistica in Ucraina............................... 192

[6]............................................................................................ 194

Si può dare e fare di più........................................................... 194

Kiev non apprezza. E allora?................................................... 195

I sondaggi contano qualcosa?.................................................. 196

Una lista ufficiale di proscrizione............................................ 197

Colpi letali sempre più gravi alla nostra economia................. 198

[7]............................................................................................ 200

Cinismo ucraino....................................................................... 200

A Gorizia fanno pena............................................................... 201

Il vitello e il bue....................................................................... 202

La fame incombe..................................................................... 202

Ancora sulla “lista nera”.......................................................... 203

Vogliono la guerra, è evidente................................................. 204

[8]............................................................................................ 204

L’insegnamento fondamentale di questa guerra...................... 204

Cosa fare?................................................................................ 206

Catalogna come Donbass?....................................................... 207

Armi vietate o molto pericolose.............................................. 208

Tutta colpa della NATO........................................................... 209

Brucia essere sconfitti.............................................................. 210

[9]............................................................................................ 212

La coscienza sporca agisce in segreto..................................... 212

Borgognone mi convince......................................................... 213

1. La nuova destra come fenomeno mondiale......................... 215

2. Il movimento Reconquista e Intermarium........................... 216

3. Il Canada e i neonazisti ucraini........................................... 218

Anche lo sport è politica.......................................................... 219

David Zhvania rivelò i piani del golpe del 2014..................... 219

[10].......................................................................................... 221

Ci mancava anche la droga!.................................................... 221

Il destino della Bessarabia....................................................... 222

Smettiamola di dar sempre la colpa agli altri.......................... 223

Cosa vuol dire essere ucraino?................................................ 225

[11]........................................................................................... 226

1. La pena di morte andrebbe abolita...................................... 226

2. Per che cosa uno fa il mercenario?...................................... 228

Un mondo capovolto............................................................... 229

Fascisti brasiliani e neonazisti ucraini..................................... 230

O sovrani o colonie.................................................................. 231

Un Paese a sovranità molto limitata........................................ 232

[12].......................................................................................... 233

Poverini, son rimasti senza benzina......................................... 233

Davvero un modello europeo il SudTirolo?............................ 233

L’importanza di Di Maio......................................................... 234

[13].......................................................................................... 235

Rovesciamento della realtà...................................................... 235

Se lo dicono i norvegesi.......................................................... 235

Lucciole per lanterne............................................................... 236

Un guizzo di dignità................................................................ 237

Trovata in rete.......................................................................... 238

Non ci vuol molto per capirlo.................................................. 240

L’incudine del martello............................................................ 241

Nazisti comprensivi................................................................. 241

[14].......................................................................................... 242

Telegram sotto accusa.............................................................. 242

L’immaturo Giletti intervista la portavoce di Lavrov.............. 242

La propaganda russa va criminalizzata................................... 247

[15].......................................................................................... 248

È la NATO che combatte in Ucraina....................................... 248

Il generale Fabio Mini papale papale...................................... 249

È importante avere una bella casa........................................... 251

Il realismo di Craig Roberts.................................................... 252

Arrestato Andriy Naumov....................................................... 253

[16].......................................................................................... 254

Dai primi interrogatori............................................................. 254

Inquisita Alina Lipp................................................................. 255

Ancora sui biolaboratori.......................................................... 256

Multipolarismo in America Latina.......................................... 257

Grecia e Turchia ai ferri corti.................................................. 258

Lo squallore dei Biden............................................................. 259

[17].......................................................................................... 260

Vacche grasse a termine........................................................... 260

Ogni tanto si sentono anche i marxisti.................................... 260

Corridoi privilegiati per gli ucraini......................................... 262

Sto con Roberto Mazzoni........................................................ 263

Un documento inchioda i Biden e Zelensky........................... 265

[18].......................................................................................... 266

Il Milan anche no..................................................................... 266

L’analisi marxista della guerra ucraina è ideologica............... 267

[19].......................................................................................... 268

L’Ucraina nella UE? Anche no................................................ 268

E la Transcarpazia dove la mettiamo?..................................... 269

Non c’è trippa per gatti............................................................ 270

Un nuovo G8........................................................................... 271

[20].......................................................................................... 272

La droga dall’Ucraina alla Russia........................................... 272

Rogo dei libri........................................................................... 274

Analisi generale di Masala...................................................... 275

Boccheggiare........................................................................... 277

Lituania: Ucraina2?................................................................. 278

[21].......................................................................................... 278

Nathalie Tocci capisce qualcosa?............................................ 278

Compromettente il diario della figlia di Biden........................ 280

Chi gestisce il cibo?................................................................. 280

Avremo freddo, molto freddo.................................................. 281

Cingolani cigola....................................................................... 282

La poltrona e il bostik.............................................................. 282

Iniziano gli scioperi................................................................. 283

Discorso penoso di Draghi...................................................... 283

Povero Macron........................................................................ 284

[22].......................................................................................... 284

Il saggio Nebenzya.................................................................. 284

Ora ho capito i droni turchi..................................................... 285

Ma chi comanda nella UE?...................................................... 286

L’importanza dell’isola dei Serpenti........................................ 287

I tempi cambiano..................................................................... 288

Repressione a pieno regime..................................................... 288

Economisti ed ecologisti latitanti............................................ 289

Come faccio ad ammazzarti?.................................................. 289

Gola profonda.......................................................................... 290

Funzionano a meraviglia!........................................................ 290

[23].......................................................................................... 291

Il Texas rompe con Washington?............................................. 291

I governi iniziano a dimettersi................................................. 292

Odessa=Mariupol2?................................................................. 294

Mali e Burkina Faso alla riscossa............................................ 295

[24].......................................................................................... 296

Menti limitate.......................................................................... 296

I russi stupiscono sempre......................................................... 296

Ci ritenevamo insostituibili..................................................... 296

Se lo dice lei............................................................................ 297

Non possiamo pretendere troppo............................................. 297

Il futuro è BRICS..................................................................... 297

Buone le idee del BRICS......................................................... 298

Illusioni ucraine....................................................................... 299

L’opportunista Casini non si smentisce mai............................ 299

Non sempre Bonomi piagnucola............................................. 300

Uno Stato fallito vuole entrare nella UE................................. 300

Conclusione............................................................................. 302

Nota bibliografica.................................................................... 303

Bibliografia su Amazon........................................................... 305

 



[1] L’idea che il virus del Covid-19 fosse stato rilasciato da un laboratorio (accidentalmente o deliberatamente) è apparsa all’inizio della pandemia, ma su questo non si è mai fatto chiarezza.

[2] Il Kosovo si è autoproclamato indipendente dalla Serbia il 17 febbraio 2008. Sebbene la Serbia non l’abbia riconosciuta, l’indipendenza è stata invece accolta da 98 Stati membri dell’ONU su 193 (tra cui l’Italia). Secondo la Corte internazionale di giustizia del 22 luglio 2010 la dichiarazione d’indipendenza non ha violato né il diritto internazionale generale né la risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza ONU. Lo stesso però non si è detto riguardo alla Crimea.

[3] Sulla Cambogia gli Stati Uniti sganciarono 3 milioni di tonnellate di bombe: una volta e mezzo quelle lanciate dagli Alleati in tutta la II Guerra Mondiale. Poi vi furono 3 milioni di morti in quattro anni causati dal governo di Pol Pot.

[4] Due Borse Valori hanno ancora il monopolio sulla vendita del petrolio: la International Petroleum Exchange di Londra e la statunitense New York Mercantile Exchange, ambedue controllate da capitale americano. Di fatto sono gli Stati Uniti i veri controllori di tutte le transazioni petrolifere sul pianeta, un’eredità avuta dopo la II Guerra Mondiale e capitalizzata fino ad oggi.

[5] Nel 2010 Hillary Clinton, segretaria di stato, dovette scusarsi dopo le rivelazioni su un esperimento altrettanto inumano condotto tra il 1946 e il 1948, dallo US Public Health Service, di nuovo riguardante le malattie veneree. In quel caso le cavie erano prigionieri, soldati e pazienti psichiatrici, deliberatamente infettati per studiare gli effetti della penicillina e di altri trattamenti.

[6] Di Manlio Dinucci vedi La guerra. È in gioco la nostra vita, ed. Byoblu, 2022.

[7] Queste armi nucleari sono progettate per penetrare in profondità nel suolo, nella roccia, oppure nel cemento armato per colpire un bersaglio profondamente sotterraneo e pesantemente corazzato. In teoria la quantità di fallout radioattivo dovrebbe essere ridotto rispetto a quello causato dall’esplosione di una bomba nucleare standard in aria. In pratica però queste armi, venendo a contatto con grandi quantità di macerie e di particelle del terreno (sottoposte a un’intensa attivazione neutronica), possono ugualmente generare un intenso fallout radioattivo.

[8] Il Presidente Mattarella, su proposta del ministro degli Esteri Di Maio, ha revocato le onorificenze dell’Ordine al Merito della Stella d’Italia a eminenti personalità russe, conferite per i loro alti meriti nella promozione delle relazioni italo-russe, tra cui il premier Mikhail Mishustin e il ministro dell’Industria e del Commercio Denis Manturov. Che bassezza!

[9] Poroshenko è riuscito a lasciare l’Ucraina al terzo tentativo. Il pretesto della fuga in Polonia è stata la richiesta, rivolta a Zelensky, che l’ha concessa, di lasciarlo andare a Rotterdam per un vertice del Partito popolare europeo.

[10] Bisogna precisare che Adolfo Urso ha smentito che i nomi pubblicati siano mai stati sottoposti all’attenzione del Copasir. D’altra parte se la cosa fosse partita dal Copasir, rischierebbe d’essere denunciato, poiché il diritto di parola è costituzionale.

[11] Olena Semenyaka, classe 1987, dottoranda in filosofia al momento dello scoppio della “rivoluzione” del 2014, è considerata la first lady del nazionalismo ucraino. Dopo aver militato in Pravyj Sektor (Settore Destro), dal 2014 al 2015, Semenyaka, insieme al noto neonazista Andriy Biletsky, nel 2016 ha creato il partito che funge da braccio politico del battaglione Azov, il Corpo Nazionale, e dal 2018 ricopre il ruolo di Segretario Internazionale del Corpo Nazionale.

[12] Si riferisce al senatore Vito Petrocelli, già costretto a dimettersi dalla presidenza della Commissione Esteri per un semplice tweet in cui scriveva “Buona festa della liberaZione”, evidenziando la Z simbolo dell’intervento armato dei russi.

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