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Edizione dicembre 2022 – marzo 2023

Pubblicizza questo libro come credi, anche facendone oggetto di commercio, ma se lo modifichi non attribuire a me cose che non ho mai detto, a meno che tu non pensi di contribuire alla causa di un socialismo davvero democratico.

MIKOS TARSIS

LA LINEA ROSSA

dicembre 2022-marzo 2023

Si può ragionevolmente ritenere che chi pensa che il denaro possa tutto sia egli stesso disposto a tutto per il denaro.

Benjamin Franklin

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Nato a Milano nel 1954, laureatosi a Bologna in Filosofia nel 1977,

già docente di storia e filosofia, Mikos Tarsis (alias di Enrico Galavotti) si è interessato per tutta la vita a due principali argomenti:

Umanesimo Laico e Socialismo Democratico, che ha trattato in www.homolaicus.com

Per contattarlo:

info@homolaicus.com

Sue pubblicazioni su Amazon.it

Premessa

 

 

 

Che cos’è la “linea rossa”? In geopolitica è una sorta di linea immaginaria, di tipo geografico, motivata da esigenze di “sicurezza esistenziale” e quindi militare, che gli Stati tracciano tra se stessi e gli altri più o meno limitrofi. Non rispecchia esattamente i confini stabiliti, consolidatisi nel tempo, ma è come un avvertimento o, se si vuole, una minaccia, nel senso che un Paese non deve mettersi in condizioni militari tali per cui l’altro debba temere per la propria incolumità solo perché si trova nelle sue immediate vicinanze.

Oggi può apparire ridicola una definizione del genere, in quanto esistono missili intercontinentali o droni o varie tipologie di aeromobili e di satelliti e di sottomarini che sono in grado di viaggiare per migliaia di chilometri e di colpire qualunque obiettivo (terrestre o marittimo) in qualunque parte del pianeta, anzi, persino in determinati ambienti di tipo cosmico-spaziale.

Il problema tuttavia è proprio questo, che, siccome tutti sanno che si può far tutto, chi dispone di mezzi adeguati alla difesa, non è disposto a lasciarsi intimorire da nessuno, per cui reagisce di conseguenza. Ad ogni azione una reazione uguale e contraria. Uno Stato che minacciasse un altro Stato sul piano militare, installando basi che potrebbero facilmente colpirlo, si dovrebbe aspettare una ritorsione più o meno inevitabile (al netto, ovviamente, delle trattative diplomatiche), anche perché nei confronti di certe armi la risposta deve essere immediata, altrimenti potrebbe non esserci alcuna risposta.

A questi livelli non c’è “linea rossa” che tenga, almeno non sul piano geomilitare. Se una “linea rossa” deve esserci, può riguardare soltanto gli aspetti etici, politici, diplomatici, economici, finanziari… Questo significa che per scongiurare il più possibile il pericolo di uno sconfinamento bellico, l’unica soluzione è quella di superare il concetto di “linea rossa”, favorendo tutto quello che può essere utile, proficuo, vantaggioso per tutti gli Stati del mondo, che non devono sentirsi discriminati da nessuno e per nessuna ragione.

Là dove esistono i concetti di cooperazione, collaborazione, intesa, alleanza, fiducia reciproca, sostegno internazionale…, non si ha bisogno di tracciare una “linea rossa”. Bisogna puntare sul positivo per eliminare o almeno ridurre il negativo, o, se si preferisce (hegelianamente), bisogna fare della negatività (che comporta sempre immani tragedie) un’occasione propizia per favorire la positività delle relazioni internazionali, quelle relazioni che la geopolitica non prende neppure in esame, essendo convinta che il dibattito fondamentale avvenga solo tra “grandi imperi”.


Dicembre

 

 

 

[11] Il tempo dei cow boy

 

La Cina (prima potenza manifatturiera mondiale) e il regno saudita (pilastro geopolitico statunitense) han fatto un accordo storico: il petrolio verrà pagato dai cinesi con la propria valuta anziché in dollari statunitensi. Una decisione del genere è una vera bomba atomica finanziaria per gli statunitensi.

È finito il predominio mondiale del dollaro, iniziato dopo la seconda guerra mondiale, con gli accordi di Bretton Woods (1944). Una moneta già entrata in crisi nel 1971, quando Nixon decise di rinunciare alla convertibilità con l’oro, a parità fissa (sistema gold standard). Questo perché, a fronte della montagna di dollari in circolazione sui mercati mondiali, non esisteva fisicamente nei forzieri americani il corrispettivo controvalore in oro.

Di qui la decisione della FED di emettere moneta fiat, in quantità indiscriminata, senza alcun vero controllo.

Non solo, ma gli USA imponevano, per tenere la loro moneta artificiosamente forte, che il petrolio potesse essere soggetto a una compravendita esclusivamente in dollari.

I sauditi avrebbero reinvestito i proventi nell’economia (e finanza) americana, in cambio della protezione militare del loro regno a cura dell’esercito degli USA.

Quindi tutti gli Stati avevano bisogno di dollari e se li procuravano cedendo qualcosa in cambio (manufatti o materie prime). Solo gli americani emettevano dollari senza un controvalore in ricchezza materiale, inanellando indisturbati enormi deficit con l’estero. I dollari erano garantiti dalla grandezza della prima economia mondiale e dalla sua potenza militare. Questo bastava.

Ora Russia, Cina e in generale gli Stati finanziariamente ricchi (come l’Arabia Saudita) hanno capito al volo che il congelamento delle ricchezze finanziarie della Banca Centrale russa da parte di americani ed europei, segna la fine del dollaro come moneta di riserva. Il “furto” finanziario è stato una mossa offensiva disperata da parte dell’occidente, che evidentemente non pare avere altri mezzi per piegare gli avversari alla propria volontà, né per garantire la stabilità della (propria) valuta internazionale di riserva.

Ora tutti gli Stati che temono, per qualche motivo, di subire analoghe sanzioni finanziarie, si stanno affrettando a uscire dal sistema del dollaro. E gli USA, come tutti gli altri Stati, dovranno scambiare beni reali in cambio di altri beni. Il tempo dei cow boy è finito.

 

La Segre scatenata

 

Sono 24 le persone che Liliana Segre ha denunciato per offese via social. Tra i denunciati vi è Chef Rubio (Gabriele Rubini), che le ha semplicemente sbattuto in faccia il silenzio della stessa Segre sui crimini commessi da 70 anni dallo Stato di Israele contro il popolo palestinese. Ma c’è di peggio: ora anche solo se le fai notare che Israele è una nazione neonazista, ti querela.

 

La sanità costruita da Formigoni

 

Il meccanismo denunciato da un dipendente di MultiMedica (struttura ospedaliera privata accreditata al servizio sanitario pubblico della Lombardia) ai microfoni di Radio Popolare, è stato in seguito confermato dalla stessa azienda, che parla però di una semplice offerta alternativa a tariffa agevolata.

In sostanza è la stessa azienda privata che gestisce il traffico dei pazienti della sanità pubblica, cioè finisce per dirottare questi pazienti verso le proprie strutture.

Un meccanismo che permette a MultiMedica di fare cassa utilizzando le strutture regionali come esca, e consente anche alla Giunta lombarda di limitare il numero di visite erogate, quindi di risparmiare sui rimborsi da pagare alle strutture private accreditate.

Fonte: t.me/s/davide_zedda

 

Imminente guerra in Kosovo

 

“Pristina il 15 dicembre chiederà ufficialmente l’adesione alla UE in pompa magna a Bruxelles. Questo è il crollo degli accordi di Washington, questo è un segno che non c’è rispetto”, ha detto il presidente serbo Aleksandar Vučić.

La mediazione di quella nullità di Tajani è stata inutile. Prepariamoci quindi alla guerra.

Gravi scontri già incombono nel nord del Kosovo (Gracanica e Metohija). Vi sono guasti nelle comunicazioni mobili e in Internet. Le sirene sono accese nelle città e i residenti locali si radunano per le strade e costruiscono barricate.

 

Una bomba sulla credibilità della UE

 

Eva Kaili, vicepresidente del Parlamento europeo, eletta nel partito socialista greco PASOK, membro del World Economic Forum, è stata arrestata insieme a vari alti funzionari a Bruxelles, per aver accettato tangenti per centinaia di milioni dal Qatar in cambio di pareri favorevoli a un’immagine positiva del Paese, recentemente sotto pressione a causa del fatto che molti lavoratori stranieri sono stati schiavizzati o addirittura sono morti durante i preparativi per il Mondiale di calcio.

Tuttavia potrebbe esserci di mezzo anche il fatto che il Qatar, in concorrenza coi sauditi, vuole essere un partner privilegiato degli europei sul piano energetico (gasifero soprattutto). È il più grande caso di corruzione al Parlamento europeo degli ultimi tempi.

I parlamentari del gruppo Socialisti e Democratici sono stati arrestati perché per loro non c’è immunità quando vengono colti in flagranza. Infatti gli agenti della polizia giudiziaria avrebbero trovato borse di banconote nelle loro abitazioni.

A noi chiedono di usare denaro digitale per poter controllare i nostri conti correnti, e loro si fanno pagare in nero...

Non dimentichiamo inoltre che il Mondiale è stato assegnato dalla FIFA.

 

[12] News inutili e tutte uguali

 

Oltre 115.000 impiegati postali hanno scioperato l’11 dicembre nel Regno Unito per chiedere salari più alti a fronte di un’inflazione dell’11%. Gli scioperi si stanno allargando a macchia d’olio nel Regno Unito, dai treni, ai servizi pubblici al trasporto aereo.

I nostri media si guardano bene dal dare news del genere. Avrebbero lo stesso peso di quelle che negano i successi militari dei russi. A che pro pagare 3 TG identici?

Per es. nessuno ha ancora detto che la battaglia per la città di Bakhmut (nella regione del Donbass) è finora la più grande battaglia della guerra russo-ucraina che ha lasciato sul campo decine di migliaia di morti, per lo più ucraini, che poi in realtà sono in gran parte mercenari di altri Paesi, in quanto l’esercito ucraino vero e proprio ormai non esiste più.

L’occidente non riesce ad accettare l’evidenza della propria sconfitta.

 

Se lo dice BlackRock…

 

Il più grande fondo d’investimento al mondo, BlackRock, avverte che la recessione globale in arrivo non ha nulla a che vedere con le altre che il mondo ha conosciuto. I rimedi che in passato hanno funzionato, questa volta non funzioneranno.

Infatti le banche centrali stanno aumentando in modo aggressivo il costo del denaro per cercare di domare l’inflazione, ma questa volta ciò scatenerà più turbolenze di mercato che mai.

Le banche di Wall Street, da Morgan Stanley e Bank of America a Deutsche Bank, hanno avvertito che le azioni statunitensi potrebbero crollare di oltre il 20% nel 2023 a causa di una recessione economica e dei rischi di liquidità alimentati dagli aumenti dei tassi di interesse della Federal Reserve. Il CEO di Goldman Sachs, David Solomon, vede solo una probabilità del 35% che l’economia statunitense eviti una recessione.

Di fronte a dichiarazioni così catastrofiche cosa può pensare il cittadino comune? Di regola pensa che non ci si possa fare un bel nulla. Invece una cosa dobbiamo cominciare a pensarla: dobbiamo liberarci da tutte quelle dipendenze che c’impediscono di pensare e di agire in maniera autonoma. Dobbiamo imparare ad assumerci delle responsabilità personali, contrastando tutto ciò che ci vuole eterodiretti, dagli Stati ai mercati. Apriamo gli occhi, guardiamoci attorno e smettiamo di assumere “sostanze” con cui c’illudiamo di poter vivere in una campana di vetro.

 

Un esorcismo culturale

 

I premier di Italia, Giappone e Regno Unito hanno rilasciato una nota congiunta in cui affermano d’essere impegnati a sostenere l’ordine internazionale “libero e aperto” (?) basato sulle “regole” (?), in un momento in cui questi princìpi vengono contestati (da chi? ovviamente dalla Russia) e in cui crescono “minacce (nucleari?) ed aggressioni (alla sovranità degli Stati?)”.

E quindi? Quindi la NATO non basta (!). Per difendere la democrazia, la sicurezza e la stabilità regionale ci vogliono nuovi patti militari, nuovi strumenti dissuasivi.

Ecco perché è nato, tra Italia, Giappone e Regno Unito, il Global Combat Air Programme (GCAP), un ambizioso progetto volto allo sviluppo di un aereo da caccia di nuova generazione entro il 2035.

Uno dirà: no, non è possibile. Abbiamo giganteschi problemi sociali interni, una voragine piena di debiti pubblici, spediamo già una montagna di soldi per sostenere l’Ucraina e la NATO, e ora mettiamo in piedi una cosa che contro la Russia non servirà assolutamente a nulla?

Qui non basta uscire dalla UE e dalla NATO. Dobbiamo uscire anche da noi stessi, cioè da questa cultura della morte che ci portiamo dentro. Qui ci vuole un esorcismo culturale per questo demone autodistruttivo.

 

Gli interessi di Soros

 

Stando a un documento riservato della Open Society Foundation (nel 2016 DC Leaks pubblicò 2.600 file relativi alle attività e alle strategie della fondazione) il miliardario George Soros può contare su 226 deputati del Parlamento europeo. E poiché il totale dei deputati è 751, si tratta evidentemente di un gruppo politico di una certa importanza.

Tra gli “affidabili” 14 sono italiani: 13 appartenenti al PD (Benifei, Cofferati, Cozzolino, Del Monte, Gentile, Gualtieri, Kyenge, Morgano, Mosca, Panzeri, Pittella, Schlein, Viotti) e 1 all’Altra Europa per Tsipras (Barbara Spinelli).

Gualtieri, Cozzolino e Spinelli sono sul libro paga di Soros? La risposta è no. Ma la Open Society mira a costruire relazioni durature e di fiducia coi parlamentari. Cioè Gualtieri, o la Kyenge, sono affidabili, non corrotti. In passato potrebbero aver avuto contatti con la Open Foundation. È possibile che la loro campagna elettorale sia stata finanziata da Soros, del tutto legittimamente.

Tuttavia la Fondazione è in grado di effettuare campagne di portata europea ed è dotata di una capacità di spesa pressoché inimmaginabile. Dunque il problema non si pone in termini di illegalità, quanto piuttosto di opportunità politica. Se devi il tuo seggio a un cospicuo finanziamento o se speri in un appoggio futuro per la tua rielezione, è difficile dimenticartene quando ti viene chiesto di giudicare una proposta che riguarda gli interessi del finanziatore.

È chiaro?

Fonte: lantidiplomatico.it

 

[13] Cina pro Palestina

 

Xi Jinping ha detto che le ingiustizie storiche commesse nei confronti del popolo palestinese non dovrebbero essere lasciate in sospeso all’infinito.

I diritti e gli interessi legittimi di una nazione non sono in discussione e la richiesta di creare uno Stato indipendente non può essere negata.

La comunità internazionale dovrebbe rimanere ferma nel suo impegno a favore della soluzione dei due Stati e del principio “terra in cambio di pace”.

La Cina sostiene fermamente l’istituzione di uno Stato palestinese indipendente che goda di piena sovranità sulla base dei confini del 1967 e con Gerusalemme Est come capitale.

Non solo, ma la Cina sostiene la Palestina affinché diventi membro a pieno titolo delle Nazioni Unite e continuerà a fornire assistenza umanitaria alla Palestina, a sostenere progetti di sostentamento nel Paese e ad aumentare le donazioni all’UNRWA (Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente).

Cosa potrà fare ora Israele contro la Cina? Chiederà aiuto agli USA e all’intero occidente?

 

Post-Bucha, ciak si gira

 

A Berislav, nella regione di Kherson, ora controllata da Kiev, le forze di sicurezza ucraine hanno sparato a 20 civili che avevano lavorato allo svolgimento del referendum ed erano ex agenti delle forze dell’ordine tra la gente del posto.

Presto queste persone saranno rimosse dalla terra in modo che servano come prova dell’aggressione russa contro i civili.

L’Ucraina è entrata in un periodo post-Bucha, peggiore di quello in cui le persone venivano uccise per divergenze politiche o solo per crudeltà. Ora l’omicidio ha un’altra ragione: la creazione di contenuti video che dovrebbero scioccare il mondo.

In questa maniera il mondo occidentale pagherà per i contenuti video strazianti nuovi milioni di dollari ed euro al tesoro ucraino e armi a lungo raggio. Ciò si è rivelato non solo efficace nella guerra dell’informazione, ma anche piuttosto redditizio.

Questi 20 giustiziati potrebbero benissimo rivelarsi abitanti neutrali: volevano solo vivere nella propria casa. Ma nel periodo post-Bucha gli attori morti sono più convincenti di quelli vivi.

I registi sono pronti a girare, le telecamere sono impostate. Cercasi attori morti.

 

Prossima guerra in Kosovo

 

Per la prima volta dal 1999, anno dell’aggressione alla Repubblica Federale Jugoslava, un esponente politico istituzionale serbo ha “osato” chiedere il ritorno delle forze di sicurezza serbe nel Kosovo Methoija. Non era mai successo in 23 anni.

Secondo gli occidentali la Serbia va punita, poiché rifiuta le sanzioni antirusse e non vuole entrare nella NATO.

Le autorità albanesi del Kosovo secessionista vogliono rimuovere con la forza le barricate dei serbi nel nord della provincia, erette contro l’arresto di persone, le incursioni nelle comunità serbe. La provincia è già stata invasa dai kosovari.

Quindi, giusto per capirci: il Donbass separatista filorusso va combattuto; il Kosovo separatista filoccidentale va difeso. Chiaro il concetto?

 

Miliardi di euro come noccioline

 

L’Unione Europea ha finanziato l’Ucraina per 90 miliardi di euro dal 2014. Lo ha comunicato Ursula von der Leyen. Cioè durante gli 8 anni della guerra civile avevamo già dato oltre 11 miliardi ogni anno.

Secondo lei l’assistenza della UE a Kiev nel 2023 ammonterà a 18 miliardi di euro, cioè il 70% in più all’anno. E l’Ucraina non fa neanche parte della UE. La Grecia invece l’abbiamo mandata a picco.

Gran parte di questi fondi verranno spartiti tra i ministri e i militari, lo sanno tutti.

Ha anche detto che la dipendenza dell’Europa dalle forniture di petrolio e gas russe è ormai un ricordo del passato, in quanto la Russia ha tagliato le esportazioni di gas verso l’Europa dell’80% in otto mesi, e questo grazie all’appoggio che abbiamo avuto da USA e Norvegia, che ci hanno fornito gas liquefatto e gasdotti.

Tuttavia non ha detto che la UE ha speso 800 miliardi di euro in più per sostituire gli idrocarburi russi. USA e Norvegia ci stanno letteralmente mungendo per colpa di questa donna totalmente fuori di senno.

 

Sprovveduti al 100%

 

Il governo è composto da dei ministri così sprovveduti che quando han deciso di inviare nuove armi a Kiev, non sono stati in grado di stabilire se i materiali oggetto di cessione dovranno essere sostituiti o se sono invece dei fondi di magazzino, né se devono essere rimpiazzati col bilancio della Difesa, oppure con nuove risorse extra. Non hanno neppure chiarito come pagare le spese del trasporto.

Infatti i tecnici del servizio Bilancio del Senato esprimono dubbi sulle coperture del decreto Armi all’Ucraina (Dl 185/2022).

Insomma l’importante è armare i neonazisti. Poi qualcuno pagherà.

 

Disastro ambientale taciuto

 

L’oleodotto Keystone percorre un tragitto di circa 4.320 km tra la provincia di Alberta, nel Canada, e i complessi di raffinazione a Port Arthur, nello Stato USA del Texas. Dal 2010 ad oggi sono fluiti attraverso l’oleodotto più di tre miliardi di barili di petrolio.

L’altro giorno ha causato uno dei più grandi disastri ambientali dell’ultimo decennio. Circa 2,2 milioni di litri di petrolio hanno inquinato le fattorie e i bacini idrici del Kansas e del Nebraska. L’oleodotto è stato protagonista di 25 incidenti dal 2010.

Ma nello spazio mediatico americano e canadese è come se non fosse successo nulla. Anche le principali ONG ambientaliste (Greenpeace USA, Greenpeace Canada, Nature Conservancy Canada, WWF, EDF, EICES, FFI, Global Green, IUCN, Birdlife International) tacciono spudoratamente.

 

[14] Una guerra valutaria

 

Parallelamente alla guerra in Ucraina esiste una guerra valutaria che il dollaro USA conduce contro l’euro, lo yen nipponico e lo yuan cinese. E al momento la sta vincendo, anche se il dollaro non è più l’unica moneta esclusiva per l’acquisto degli idrocarburi.

In genere, quando scoppiano le guerre, in occidente ci si fida del dollaro come moneta di rifugio. Ora poi gli investitori si sentono attratti da questa moneta perché garantisce alti tassi d’interesse (4% contro il 2% dell’euro). La FED è stata costretta a passare da 0 a 4% per far fronte a un’inflazione che non si vedeva da 40 anni: dall’1,4% del gennaio 2021 al 7,7% dell’ottobre 2022. In Europa è peggio: dall’1,6% nel gennaio 2021 al 10,6% a ottobre 2022.

L’inflazione in occidente non dipende solo dalla guerra in Ucraina e dalle sanzioni antirusse, che han ridotto di molto l’acquisto di gas e petrolio, di cereali e fertilizzanti, ma anche dalle crescenti difficoltà delle catene di fornitura dell’industria occidentale, che non riesce più a soddisfare la domanda di microprocessori e semiconduttori prodotti in Asia.

Il dollaro si sta apprezzando di molto su tutte le monete occidentali, facendo diventare la UE, il Regno Unito e il Giappone delle pure e semplici colonie degli USA. Dopo un decennio di surplus commerciale, quest’anno Germania e Italia andranno in deficit.

Il rovescio della medaglia è che quando le monete sono troppo forti, con alti tassi d’interesse, le imprese trovano meno conveniente prendere denaro a prestito per fare nuovi investimenti e incrementare la produzione.

Rimediare i guasti dell’economia con strumenti meramente finanziari diventa prima o poi un’illusione. Quindi aspettiamoci una forte recessione nel 2023. Peraltro la BCE non ha più intenzione di acquistare titoli di stato europei.

 

La democrazia fittizia del denaro virtuale

 

Quando si dice che il capitalismo occidentale è più privato che statale (come invece quello russo o cinese), è dimostrato dal fatto che tutte le principali banche del mondo, comprese le banche centrali (Banca d’Italia, Banca d’Inghilterra, Banca Centrale Europea, Federal Reserve, ecc.) appartengono a famiglie di privati, dal patrimonio immenso, e non sfuggono a ciò gli istituti centrali (p.es. il FMI), i cui azionariati fanno capo alle stesse banche private. L’unica banca al mondo davvero statale è la banca centrale della Repubblica Popolare Cinese.

Per es. la FED è nata nel 1910, quando un gruppo di magnati complottò, ai danni dello Stato americano, creando denaro dal nulla e prestandolo, dietro interessi, al governo statunitense, in un giro finanziario utile solo all’arricchimento dei banchieri proprietari della FED. Quando poi, col suo Gramm Leach Bliley Act del 1999, Clinton abrogò la distinzione tra banca commerciale e banca d’investimento, si aprirono le porte alle più colossali crisi finanziarie ed economiche della storia umana, come quella del 2008 relativa ai subprime immobiliari.

Alle banche occidentali non interessano minimamente la democrazia e i diritti umani ma solo gli affari. Il governatore di Bankitalia non appartiene a un organo statale, non ha un potere che scaturisce da elezioni popolari, in quanto è un semplice impiegato privato che fa l’esclusivo interesse del gruppo di azionariato privato cui appartiene, a sua volta componente dell’esclusiva casta di finanziatori privati dominanti.

Per legge l’unica forma legale di pagamento all’interno dello Stato è il contante, mentre le carte di credito, i bancomat, gli assegni, i bonifici online sono solo favori che la banca ci fa per semplificare le nostre operazioni di credito/debito, per controllare e detenere il nostro denaro nei suoi depositi, per guadagnare cifre spropositate grazie al denaro che noi gli affidiamo (signoraggio ecc.). Se la banca fallisce, se la politica vuole ricattarci, se finiscono le riserve centrali, se per qualsiasi motivo la banca riceve l’ordine d’interrompere questi strumenti di pagamento (vedasi la crisi greca), il cittadino perde completamente qualsiasi possibilità di far fronte ai propri pagamenti, e non ha alcuna garanzia di rivedere il proprio denaro (la garanzia sui 100.000 euro nel conto corrente è fittizia, in quanto le banche non sarebbero in grado di far fronte a un onere del genere, moltiplicato per tutti i clienti messi insieme nello stesso momento; e tanto meno potrebbe farlo lo Stato).

I soldi in banca non sono moneta legale ma semplicemente virtuale, eppure oggi i governi lottano per togliere il contante dalle mani dei cittadini e sostituirlo col finto denaro bancario. Al momento il governo di destra della Meloni ci vuole illudere che aumentando il contante a disposizione il cittadino possa sentirsi più libero. La tendenza generale, in realtà, nel capitalismo occidentale è opposta: quella di togliere al cittadino la possibilità di usare la moneta reale. Chi controlla le risorse monetarie di un cittadino, influenza nettamente la sua libertà di scelta. Naturalmente i grandi magnati vengono esentati da questo cappio al collo.

 

Italiani sempre più poveri

 

Il ministro del MEF, il leghista Giancarlo Giorgetti, ha detto che a fine 2021 appena il 6,4% degli investitori italiani (privati e famiglie) aveva in portafoglio titoli del debito pubblico italiano (negli anni ’80-’90 la percentuale era intorno al 60%!).

A dir il vero sono almeno 30 anni che solo il 5% circa delle famiglie e dei cittadini italiani compra BTP. Oggi poi la situazione economica è ancora più drammatica: secondo recenti dati Istat oltre 1/4 del Paese è a rischio di povertà o esclusione sociale e 6 famiglie italiane su 10 non riescono ad arrivare a fine mese (fonte Bankit). Figuriamoci se hanno soldi da investire in titoli pubblici.

Aumentare i rendimenti dei BTP, come vorrebbe fare Giorgetti, significa fare un regalo ai privati più benestanti. Farlo, togliendo il reddito di cittadinanza ai più poveri, è vergognoso.

 

[15] Analisi militare del fronte ucraino

 

È da ottobre che i russi stanno costruendo imponenti trincee e fortini nel Donbass. Il “Times”, basandosi sui dati di satelliti americani, ha rilevato un’immensa rete difensiva che si sta diffondendo in tutto il Donbass. A volte vi sono addirittura 5 linee difensive, con tanto di trappole e ostacoli di varia natura per impedire agli ucraini di sferrare i loro attacchi. Tra le difese vi sono file di piramidi di cemento lunghe chilometri, note come denti di drago, e profondi fossati chiamati trappole per carri armati. Entrambi sono progettati per rallentare i veicoli ucraini e costringerli in posizioni prestabilite dove le forze russe possono prenderli facilmente di mira. È impossibile trovare nella storia militare di tutti i tempi delle costruzioni analoghe erette con lo stesso ritmo e portata. Le trincee vengono scavate a una velocità fino a mezzo miglio all’ora, anche quando il terreno è ghiacciato.

Ormai il fiume Dnepr sta diventando una barriera invalicabile per i due eserciti: solo che mentre i russi non vogliono attraversarlo, gli ucraini invece non riescono a farlo.

Sembra che i russi non abbiano nessuna fretta di finire questa guerra, anche perché non è più un’“operazione speciale” (l’esercito ucraino ormai è fatiscente), ma una guerra vera e propria, ancorché non dichiarata, contro le forze della NATO. Il che tuttavia è abbastanza sconcertante per i costi che implica, anche se i bombardamenti alle infrastrutture energetiche di tutto il Paese continuano imperterriti e dovrebbero fiaccare qualunque resistenza.

Tuttavia alcuni analisti militari pensano che i russi abbiano fatto un lavoro così gigantesco solo per avere il tempo di addestrare nuove truppe e sferrare l’ultimo e decisivo attacco. E, per poterlo fare, non hanno nessuna intenzione di ripetere gli smacchi subiti a Kherson e Kharkiv.

 

Alla follia nessun limite

 

Due legislatori statunitensi a capo di un osservatorio indipendente per i diritti umani del governo degli USA hanno presentato una risoluzione che invita il presidente Joe Biden a cacciare la Russia dal Consiglio di sicurezza dell’ONU, o comunque a limitarne i privilegi.

Siamo di nuovo alla follia. Ciò fa pensare che per gli USA l’ONU è come un organo privato, da poter utilizzare come meglio credono.

Non solo, ma mostrano di non sapere neppure che la Carta governativa delle Nazioni Unite non contiene disposizioni per la rimozione di un membro permanente del Consiglio di Sicurezza. Al massimo possono essere rimossi dall’Assemblea Generale i Paesi i cui governi compiono cose abominevoli, ma anche in questo caso nessuno Stato, da solo, può fare qualcosa: ci vuole una maggioranza dei 2/3 dei voti nell’Assemblea, compreso il consenso unanime del Consiglio stesso, poiché le risoluzioni dell’Assemblea sono solo di natura consultiva.

Gli stessi USA hanno compiuto nefandezze militari di tutti i tipi, ma a nessuno è mai venuto in mente di espellerli dall’ONU.

In ogni caso è impossibile escludere la Russia dal Consiglio dell’ONU, o la Cina, senza distruggere l’attuale struttura delle Nazioni Unite, poiché Russia e Cina hanno il diritto di veto, che ovviamente porrebbe il veto a tali assurde proposte.

Che poi le regole dell’ONU vadano cambiate, non ci piove. Ma perché fino adesso non lo siano state, bisognerebbe chiederlo a USA, Francia e Regno Unito.

 

[16] Furore

 

Il regno hashemita di Giordania è nel caos: tra inflazione dilagante e crisi del carburante i cittadini non sanno più che fare. I primi a bloccare tutto sono stati i camionisti, che chiedono al re Abdullah II e al governo di togliere la risoluzione che aumenta le tasse sul carburante.

Ad Amman, la capitale, le proteste si sono rapidamente trasformate in disordini, con attacchi incendiari a proprietà pubbliche e private. Stessa cosa nelle più grandi città del Paese. Un certo numero di forze di sicurezza sarebbero state uccise o ferite.

La Giordania è un Paese molto povero: il PIL pro capite supera di poco i 4.000 dollari e il tasso di disoccupazione è più del 22%. Importa il 98% del fabbisogno energetico nazionale.

Noi di sicuro finiremo nel caos tra otto mesi, quando non ci sarà più il reddito di cittadinanza per 660.000 persone. Intanto iniziano gli scioperi generali in 11 Regioni che colpiranno tutti i settori, dai trasporti alla sanità alle banche.

Forse dovremmo tornare a leggere il più grande romanzo di Steinbeck, Furore, che parlava della grande depressione americana degli anni ’30.

 

[17] Il giocattolo si è usurato

 

Ormai anche un bambino ha capito che il dollaro non è soltanto uno strumento di guerra per gli USA, ma rappresenta l’architrave stessa della loro egemonia mondiale: col dollaro gli USA finanziano il loro Stato e indirettamente tutta la loro economia. Senza il dollaro gli USA non potrebbero sostenere il loro enorme doppio debito, quello pubblico e quello commerciale.

Quando il dollaro divenne moneta mondiale, gli USA producevano la metà del PIL mondiale e detenevano il 21,6% delle esportazioni mondiali (1948).

Oggi la Cina ha scalzato gli USA dal loro primato economico produttivo, lasciandogli solo un certo potere finanziario, che però è basato sul debito. Quindi l’economia statunitense ha un carattere fortemente parassitario, anche più di quanto non accadesse all’epoca dell’egemonia britannica.

Infatti l’imperialismo britannico poteva basarsi sulle risorse estorte alle colonie, in particolare all’India, dalla quale fluiva il surplus commerciale verso il centro finanziario di Londra.

Tuttavia la sterlina era basata su qualcosa di tangibile, cioè sull’oro. Oggi il dollaro non ha dietro di sé nulla di concreto che non siano le forze armate statunitensi.

A questo punto s’innesca un circolo vizioso: gli USA mantengono l’egemonia del dollaro grazie alla forza militare e mantengono la forza militare, finanziandosi grazie al dollaro.

Quindi se il dollaro perde forza a livello mondiale, risulta molto più difficile per gli USA mantenere la loro forza militare, e se viene meno quest’ultima viene meno anche l’egemonia del dollaro. Insomma se si rompe il “giocattolo” del dollaro, dove vanno a finire?

La necessità di creare continui conflitti bellici nel mondo è vitale per la loro economia. Solo che questo comporta spese assolutamente folli.

 

Non possiamo dirlo, ma abbiamo bisogno della Russia

 

Putin ha detto che, nonostante le sanzioni, i Paesi della UE, nei primi nove mesi di quest’anno, hanno aumentato di 1,5 volte le importazioni di beni di prima necessità (grano, fertilizzanti e minerali). Cioè l’export russo è aumentato del 42%, mentre il surplus commerciale è aumentato di 2,3 volte, arrivando a 138 miliardi di dollari. Non a caso il rublo ha raggiunto il livello più forte degli ultimi 7 anni.

Anche Eurostat sostiene che nei primi 10 mesi dell’anno il saldo commerciale della UE con la Russia è stato -134,6 miliardi di euro (-54,1 lo scorso anno), mentre con la Cina è stato di -336,3 (-190,1 nei primi 10 mesi a ottobre 2021).

Il problema però è che la UE continua a non fornire i propri prodotti alla Russia. Putin infatti ha aggiunto che, siccome questa situazione non può continuare all’infinito, la Russia sarà costretta a cercare nuovi partner.

In ogni caso, andando avanti di questo passo, ancora qualche pacchetto di sanzioni e la Russia avrà il monopolio del commercio verso la UE!

 

Staccare la spina

 

Il “Washington Post” sostiene che per tenere a galla l’economia ucraina, l’occidente dovrà stanziare altri 2 miliardi di dollari al mese l’anno prossimo (oltre ai 55 miliardi previsti). Infatti l’economia dovrebbe contrarsi di un altro 5-9% nel 2023. Quest’anno la riduzione sarà di circa il 33%. L’inflazione è già superiore al 20%.

I Paesi europei si aspettano una nuova ondata di rifugiati ucraini, che influenzerà negativamente le loro economie nazionali.

Le autorità di Kiev vorrebbero che l’occidente versasse 50 dollari a ciascun ucraino al mese per almeno sei mesi.

Ci considerano come una mucca da mungere. E noi, per tenere in stato vegetativo un moribondo in coma, ci stiamo dissanguando, rischiamo di finire in bancarotta, emettiamo banconote senza preoccuparci minimamente del deprezzamento dell’euro e della crescente inflazione.

Non c’è uno statista che guardi in faccia la realtà e decida di staccare la spina a un Paese che soffre le pene dell’inferno e che ha ancora pochi mesi di vita.

 

La sorprendente Turchia

 

Il presidente turco Erdoğan, in una conversazione coi giornalisti a bordo dell’aereo di ritorno dal Turkmenistan, ha commentato le accuse del capo della diplomazia europea Borrell sul non allineamento della Turchia alle sanzioni contro la Russia.

Avrebbe detto: “Non è del mio livello. Il suo interlocutore è il Ministro degli Esteri turco Mevlüt Çavuşoğlu. Borrell non può determinare o regolare nulla nei nostri contatti con la Russia. Chi è lui per valutare le nostre relazioni con la Russia nel quadro delle sanzioni? È una dichiarazione molto brutta da parte sua”. Vero, e poteva anche aggiungere che il coinvolgimento di Borrell, come quello della Metsola, nello scandalo europeo del Qatargate, andrebbe dato per scontato.

Una schiettezza del genere, un’analoga autonomia di pensiero dove si trova nei nostri statisti europei, così proni ai diktat americani? Qualcosina possiamo trovarla solo in Orbán.

Una volta dicevamo che la Turchia non sarebbe mai entrata nella UE se non avesse risolto i problemi con Cipro, i kurdi e non avesse ammesso il genocidio armeno (senza dimenticare le periodiche ricadute nell’islam radicale). Ora invece sono le nostre aziende che bussano alle sue porte pur di sopravvivere ai rincari energetici.

La Turchia avrà un’inflazione alle stelle e una moneta che non vale nulla, ma grazie ai russi sta per diventare l’hub energetico più importante del Mediterraneo e del Mar Nero. Infatti il Turkstream andrà ad aggiungersi ad altri tre gasdotti. Se anche Erdoğan perdesse le elezioni a metà 2023, è impossibile che possano cambiare le strategie energetiche già avviate in barba alla UE, agli USA e alla NATO.

 

Accoppiata vincente

 

Agli studenti delle scuole ucraine, che nel recente passato sono stati addestrati presso le strutture dei battaglioni nazionalistici, cominciano ad arrivare i richiami per il reclutamento nell’esercito.

Ma sono sedicenni! Impossibile non fare paralleli coi ragazzetti esaltati della gioventù hitleriana che, coi sovietici alle porte di Berlino, venivano reclutati per difendere la città.

Cos’altro di orrorifico dovremo vedere da parte di un regime marcio fino al midollo delle ossa?

D’altra parte nella stessa Germania hanno appena approvato un disegno di legge che permette ai sedicenni di votare alle elezioni del Parlamento europeo.

I membri della coalizione di governo hanno detto che i giovani sono particolarmente interessati alle decisioni politiche, ad es. alla lotta contro il cambiamento climatico globale.

Non a caso il voto ai sedicenni è un punto dell’agenda di Davos. Si ha sempre più bisogno di soggetti facilmente manipolabili.

Adulti adolescentizzati e adolescenti influenzabili: una bella accoppiata vincente!

 

[18] Solo questione di tempo

 

Stando all’intervista di Clayton Morris al colonnello Douglas McGregor (ufficiale in pensione dall’esercito degli Stati Uniti) del 14 dicembre, la disfatta totale dell’Ucraina è solo questione di tempo.

I russi, secondo lui, scateneranno un’offensiva in grande stile quando saranno soddisfatte due condizioni: 1) le nuove riserve devono essere completamente integrate (l’ultimo rilevamento di diverse settimane fa parlava di circa 540.000 uomini, ma ora saranno molti di più; è una forza che non assomiglia nemmeno lontanamente a quella dello scorso febbraio, anche perché dovrà tagliare fuori la Polonia dall’Ucraina, impedendo l’ingresso di qualunque mezzo militare); 2) il terreno deve gelare: la parte settentrionale dell’Ucraina è in gran parte gelata e può quindi ricevere le manovre militari di grande scala; la parte meridionale non lo è ancora.

Nel frattempo i soldati ucraini stanno perdendo il controllo di Bakhmut, un centro logistico connesso con la ferrovia e infrastrutture di trasporto. Il rapporto delle perdite tra russi e ucraini va da 1:8 a 1:10, cioè per ogni 8-10 soldati ucraini perduti i russi ne perdono solo uno.

L’esercito ucraino può contare su un totale di circa 194.000 effettivi, più alcune migliaia di polacchi in uniforme ucraina, nonché americani e britannici come mercenari. Tutti gli altri sono feriti o morti. E le nuove leve sono senza addestramento, si presentano con due o tre settimane di preparazione al massimo, per cui di regola vengono eliminate.

L’invio dei missili Patriots americani risponde solo a questo ragionamento folle: “abbiamo fatto tutto quello che potevamo; abbiamo mandato tutto quello che avevamo e non siamo riusciti a far andare le cose diversamente”.

In realtà la guerra era persa fin dall’inizio. Solo che gli occidentali sono bravi a mentire, soprattutto a se stessi. E se non vogliamo guardare in faccia la realtà, non ci resta che far scoppiare una guerra nucleare, che però nessuno vuole.

In pratica McGregor ha fatto capire che, per come si è messa la situazione, i russi pretenderanno la resa incondizionata e si prenderanno tutta l’Ucraina, che se non si arrende, sarà completamente distrutta.

La NATO ha soltanto dimostrato di non saper fare la guerra. Ha dato mezzi militari all’Ucraina senza rendersi conto che, per varie ragioni, non era in grado di utilizzarli. E le truppe straniere non sono servite a niente.

Inoltre ha posto i russi nelle condizioni di non poter accettare alcuna trattativa di pace. Ma così facendo li costringe a spazzare via l’intero regime di Zelensky e della sua banda.

I russi non possono fidarsi di nessuno statista occidentale, soprattutto dopo le dichiarazioni sconcertanti della Merkel, secondo cui gli Accordi di Minsk dovevano servire soltanto a far guadagnare tempo a Kiev per costituire un potente esercito.

I russi potranno di nuovo parlare con l’occidente solo dopo che tutti gli attuali statisti verranno sostituiti.

Fonte: giorgiobianchiphotojournalist.com

 

Il WEF a Davos il prossimo 16 gennaio

 

Klaus Schwab ha organizzato un incontro che vedrà radunati 2.500 parassiti del WEF nel quale si decideranno le nuove fasi della dittatura mondiale globalista.

Con l’ipocrisia che li contraddistingue, lanciano un allarme di un “mondo frammentato” da crisi che loro stessi hanno creato, asserendo che solo loro lo possono sistemare.

 

1) Il programma

 

Ci fanno sapere che guerra, covid e cambiamento climatico sono collegati. La crisi energetica e alimentare è per loro un modo di raggiungere gli obiettivi dell’agenda 2030, quindi le sanzioni verso la Russia hanno l’unico scopo d’imporre ai Paesi un più stringente regime di consumo energetico, così da imporre la transizione verso le alternative green.

Altro loro obiettivo è combattere l’inflazione eliminando il protezionismo, poiché questo va contro l’agenda globalista. I confini statali vanno abbattuti, e tutta l’economia deve essere gestita in un finto mondo multipolare, dove una finanza mondiale controlla gli investimenti in modo strategico, eliminando così la proprietà privata e facendo fondere ancora di più i colossi multinazionali con gli Stati e la finanza.

Forzeranno le aziende a investire sulla quarta rivoluzione industriale e sul cambiamento climatico, privandole di fatto della proprietà del loro denaro e imponendo investimenti forzati. Obbligheranno le persone ad accettare lavori scadenti e sottopagati per combattere la disoccupazione, e renderanno l’istruzione funzionale a far entrare nelle aziende.

Tutto questo, ci fanno sapere, è a causa di Putin, che ha rotto l’armonia dell’unico governo mondiale, sicché per ripristinarlo sono necessarie delle misure volte a far perdere la sovranità agli Stati, affidandola unicamente alla finanza.

 

2) La quarta rivoluzione industriale

 

Si tratta dell’impiego delle ultime scoperte delle neuroscienze, della biologia e della genetica per hackerare l’uomo e produrre un essere umano completamente programmato e fedele.

L’essere umano si trasformerà da attore della realtà a suo prodotto, dove una vasta gamma di servizi, tra cui quello sanitario, invaderanno il suo corpo, cioè verranno inseriti dispositivi nel corpo per monitorare i valori ematochimici, così da preservarne la salute fisica e psicologica, in modo da massimizzare il più possibile la produttività lavorativa.

Tutta questa informazione viene digitalizzata e va a costituire una sorta di identità digitale sanitaria, che tutti gli esperti e i governi potranno consultare in qualsiasi momento ed esercitare un forte controllo sulla popolazione. Non è escluso, dice Schwab, che in futuro si potrà arrivare alla programmazione genetica per escludere malattie, e se la cosa verrà estesa alle patologie mentali significherà avere la giustificazione sanitaria per abbattere il dissenso.

In definitiva l’essere umano esisterà il più a lungo possibile solo per potersi interfacciare con robot e realtà virtuali. Egli indosserà, oltre ai sensori per monitorare la salute, sensori per monitorare la propria attività, la propria postura, per connettersi al cloud e al web ecc. In quei pochi casi in cui l’uomo non sarà completamente rimpiazzato da una macchina, diventerà egli stesso una macchina.

 

Inflazione a due cifre in 18 Paesi UE secondo Eurostat

 

23,1% - Ungheria

21,7% - Lettonia

21,4% - Lituania

21,4% - Estonia

17,2% - Repubblica Ceca

16,1% - Polonia

15,1% - Slovacchia

14,6% - Romania

14,3% - Bulgaria

13,0% - Croazia

12,6% - Italia

11,3% - Germania

11,3% - Paesi Bassi

11,2% - Austria

10,8% - Slovenia

10,5% - Belgio

10,2% - Portogallo

10,1% - Svezia

Intanto l’Inflation Reduction Act, adottato quest’estate negli USA, fornisce generosi sussidi ai produttori di veicoli elettrici, batterie e apparecchiature elettriche, a condizione che siano fabbricati negli Stati Uniti. Secondo i leader europei questa legge potrebbe portare a una nuova guerra commerciale transatlantica.

 

Nel mondo 50 Paesi filonazisti

 

L’Assemblea Generale dell’ONU ha adottato la tradizionale risoluzione proposta dalla Federazione Russa contro l’eroizzazione del nazismo.

Ebbene, per la prima volta nella storia dell’ONU hanno espresso un voto favorevole al nazismo ben 50 Paesi, tra cui Stati Uniti, Ungheria, Germania, Italia, Spagna, Austria, Belgio, Bulgaria, Finlandia, Francia, Giappone, Croazia, Repubblica Ceca, Polonia, Ucraina, Georgia, Lettonia, Lituania, Estonia, Moldavia.

La maggior parte di questi Paesi – durante la seconda guerra mondiale – erano alleati della Germania nazista, ma soprattutto tra questi Paesi ci sono proprio quelli in cui il nazi-fascismo è nato e proliferato: Germania, Austria e Italia.

Ho l’impressione che il progetto iniziale di denazificare l’Ucraina avrà risvolti ben più ampi.

 

[19] Campane a morto

 

L’annuncio dell’intenzione dei sauditi di entrare nei BRICS e la loro decisione di accettare il pagamento in yuan cinesi per il loro petrolio porterà alla fine del primato occidentale in Medio Oriente, sul piano sia economico-finanziario che militare. Anche per la protezione militare dei sauditi ci penserà la Cina, oltre che la Russia naturalmente. E quando l’Arabia Saudita decide una cosa, è difficile che gli altri Paesi del Golfo marcino in direzione opposta.

Stanno suonando le campane a morto per il dollaro e il petrodollaro. E l’euro seguirà a ruota, se non si stacca quanto prima dagli USA e dalla NATO.

 

Lockdown perpetuo

 

Per combattere il “cambiamento climatico” la città di Oxford in UK (150.000 abitanti) è stata divisa in 6 zone “da 15 minuti” ciascuna, in cui si garantiscono tutti i servizi essenziali come scuole, ospedale, supermercati... andando a piedi da casa. Ma nessuno potrà uscire dalla propria zona: per farlo, dovrà comprare un buono che permette 100 uscite l’anno verso le altre zone della città (ciò equivale a una media di due giorni a settimana). Saranno consentiti un massimo di tre permessi per nucleo familiare qualora siano presenti più maggiorenni con auto intestata. Finiti i permessi, si resterà a casa o si andrà a piedi.

Autobus, pullman, taxi, furgoni per le consegne, mezzi pesanti, motociclette e biciclette saranno esentati e saranno previste eccezioni per i titolari di contrassegno blu, servizi di emergenza, operatori sanitari e persone con responsabilità di assistenza e quelle che ricevono cure ospedaliere frequenti.

Saranno installate telecamere in grado di leggere le targhe: per chi sgarra ci sarà una multa di 70 sterline. I nuovi filtri del traffico funzioneranno sette giorni su sette dalle 7:00 alle 19:00 a partire dal 2024. L’alternativa sarà di uscire e rientrare usando la tangenziale.

Si vuole soprattutto impedire alla maggior parte degli automobilisti di guidare attraverso il centro di Oxford, rendendo gli autobus più veloci e affidabili. Peraltro il 30% delle famiglie non possiede un’auto.

All’inizio, per indorare la pillola, saranno previste molte eccezioni, ma inevitabilmente l’impatto del provvedimento sarà negativo per le imprese, per il turismo e per l’economia del centro urbano, destinato a trasformarsi in un dormitorio.

Sparisce il concetto di “città” così come lo conosciamo. Il detto tedesco “l’aria di città rende liberi” perde di significato. La città diventa una ripartizione in ghetti, che si sentiranno rivali tra loro. A questo punto è meglio andare a vivere in campagna.

Fonte: oxfordmail.co.uk

 

[20] La fine di un mito

 

La prima a pretendere la restituzione del proprio oro concesso agli USA in prestito dopo gli accordi di Bretton Woods del 1944 fu la Francia di De Gaulle.

Gli accordi erano andati avanti sino al 1971, quando, verso la fine della guerra del Vietnam, De Gaulle si era reso conto che gli USA, per finanziare quella guerra, stavano emettendo più dollari e buoni del tesoro di quanto avessero a supporto in oro. Fu così che inviò navi da guerra piene di dollari al porto di New York, dicendo al presidente Nixon: “rivogliamo il nostro oro per questi dollari” (il patto prevedeva 35 dollari l’oncia). E gli USA glielo restituirono, dissanguando una parte molto ampia delle loro riserve d’oro detenute presso il Tesoro.

A quel punto Nixon disse che la convertibilità reciproca di oro-dollaro era finita. La forza del dollaro doveva essere garantita da altri tre fattori: la grandezza del PIL americano, la potenza militare a livello mondiale e l’obbligo di pagare in dollari il petrolio che si vendeva nelle borse di tutto il mondo.

Quest’ultima cosa fu concordata con l’Arabia Saudita e quindi con l’OPEC, che in cambio ricevette protezione militare. Fu così che nacque il “petrodollaro”, mantenendo  il dollaro come valuta di riserva mondiale.

Oggi tutto questo sta per finire. A partire dal 2017 altri Paesi europei han cominciato a pretendere la restituzione del loro oro. Si teme un default degli Stati Uniti come negli anni ’30, quando il crollo di Wall Street mandò nel panico l’intero occidente.

È infatti impossibile non accorgersi che la FED negli ultimi anni ha stampato ciclopiche quantità di denaro, causando iperinflazione e di conseguenza salita alle stelle dei tassi d’interesse. A questo punto giungono inevitabili il crollo del dollaro, delle obbligazioni e delle azioni americane.

 

Prossimo scontro Russia-Polonia?

 

Il quotidiano polacco “Niezależny Dziennik Polityczny” ha pubblicato un articolo in cui si afferma che l’esercito polacco sta per attaccare l’Ucraina per rivendicare le terre orientali (Galizia e Volinia); l’attacco è previsto per il 4 Maggio 2023.

L’autrice dell’articolo, Hanna Kramer, scrive che oggi il nervosismo dei cittadini polacchi è fuori controllo. Il fatto è che tutti gli uomini di età compresa tra i 18 e i 65 anni ricevono inviti ad addestramenti militari e questo riguarda sia quelli che hanno prestato servizio sia quelli che non hanno mai prestato servizio nell’esercito. Aggiunge inoltre che gli addestramenti militari si tengono anche per i bambini a partire dai 15 anni.

Forse questo spiega il motivo per cui Putin, Shoigu e Lavrov sono giunti in Bielorussia. In Ucraina han già annunciato che si starebbe preparando “un’invasione dal territorio della Bielorussia”.

Il vero problema è: i russi, pur di prendersi tutta l’Ucraina, permetteranno alla Polonia di occupare Galizia e Volinia? Oppure, temendo che la Polonia diventi una sorta di Ucraina bis, faranno in modo di non concederle assolutamente nulla?

Abbiamo capito che Crimea, Donbass e Transnistria sono filorusse e da qui indietro non si torna. Probabilmente anche Odessa, a guerra finita, verrà assorbita dai vincitori.

Sappiamo anche che Polonia, Ungheria e Romania rivendicano parti del territorio ucraino in cui le loro minoranze erano discriminate. Ma questi tre Paesi appartengono alla NATO. I territori che rivendicano possono essere considerati come merce di scambio per porre fine alla guerra, lasciando che i russi si tengano tutto il resto?

Oppure dobbiamo aspettarci che la NATO invii proprie truppe perché l’occidente non può assolutamente perdere questa guerra? Ma davvero le truppe della NATO sono in grado di combattere casa per casa come quelle della Federazione Russa?

 

[21] Quale Grande Reset?

 

Nel 2022 la Turchia ha fatto capire d’essere intenzionata a entrare nei BRICS e ad abbandonare il dollaro negli acquisti d’energia russa. Ha comprato 75 tonnellate di oro in più nei primi sette mesi dell’anno. È tra i maggiori accumulatori di oro al mondo. Evidentemente sa che per entrare nei BRICS bisogna dimostrare di avere una qualche ricchezza tangibile.

Non solo ma la Turchia è diventata il secondo esportatore in Russia dopo la Cina, cioè è diventata un hub di smistamento di beni prodotti nella UE che non possono essere esportati direttamente in Russia a causa delle sanzioni.

I BRICS stanno diventando una potenza sotto ogni punto di vista. Possono rappresentare il 90% della popolazione mondiale. Il Corridoio Russia-Iran-India (International North South Transport Corridor) è quasi completato: collega la Russia nord-occidentale al Golfo Persico attraverso il Mar Caspio in Iran. Si stanno collegando Paesi che fino a qualche anno fa si consideravano nemici.

Grazie alla Cina e alla sua Nuova Via della Seta (Belt Road Rail) potrebbero chiedere l’adesione ai BRICS ben 147 Paesi, inclusi tutti i 13 Paesi dell’OPEC. Chi possiede risorse energetiche e non fa parte di un’alleanza militare con gli USA, sembra essere un candidato ideale.

Prendiamo ad es. la Nigeria, grande produttore mondiale di petrolio e parte dell’iniziativa cinese Belt Road Rail. In questo momento sta vendendo il proprio petrolio alla Cina per un’obbligazione denominata in yuan immediatamente convertibile in lingotti d’oro sullo Shanghai Gold Exchange. Si chiama Petrol Yuan Bond.

Anche l’Iran può farlo, eludendo le sanzioni occidentali. Ora anche l’Arabia Saudita, che ha smesso di avere un atteggiamento servile nei confronti degli USA. Sono tutti Paesi protetti, anche militarmente, da Russia e Cina, che hanno annunciato una nuova valuta di riserva mondiale (che non si chiamerà Bitcoin), e nel frattempo valorizzano tutte le monete nazionali. La nuova valuta non sarà basata su una sola valuta (come con l’ordine di Bretton Woods), ma su un paniere di valute nazionali legato a una serie di assets reali come oro, argento, altri metalli preziosi, grano, idrocarburi, zucchero ecc.

Oro e argento stanno velocemente uscendo dal mercato Comex, dal London Metals Exchange e dallo iShares Silver Trust per entrare nelle tasche delle banche centrali e commerciali di vari Stati (inclusi i fondi sovrani e familiari). Il dollaro e il petrodollaro sono finiti. Ma anche euro e yen hanno il fiato corto. L’occidente non è più in grado di dettare legge a nessuno. Se è questo il Great Reset che si vuole realizzare, che ben venga.

L’Italia, se non fosse gestita da statisti assolutamente inetti, sarebbe già uscita dalla UE. Non riescono neppure a vedere una cosa di un’evidenza sconcertante: l’85% del mondo non considera il coinvolgimento della Russia nella guerra in Ucraina come un motivo per porre delle sanzioni.

 

Sul sesso non si scherza

 

Putin ha firmato una legge che vieta ai maschi single e alle coppie straniere di assumere donne in Russia come madri surrogate. Cosa che in Ucraina si fa molto tranquillamente, ma anche in Canada e negli USA.

Negli ultimi anni 45.000 bambini nati in Russia da madri surrogate sono stati portati all’estero. Si tratta di un grosso business illegale, con un giro d’affari stimato in oltre 2 miliardi di euro. Bambini del genere finiscono spesso nelle situazioni più difficili: diventano vittime di reati, compresa la vendita per trapianti, finiscono in coppie omosessuali, o in mano a pedofili, ecc.

La maternità surrogata in Russia sarà possibile solo per i cittadini russi sposati e per le donne russe single che non possono partorire o dare alla luce bambini a causa di condizioni pregiudizievoli di salute. Un bambino nato da una madre surrogata in Russia avrà automaticamente la cittadinanza russa.

Mosca aveva già vietato l’adozione di bambini russi da parte di cittadini statunitensi nel 2012, citando diversi casi di maltrattamento e morte degli adottati mediante sevizie a sfondo sessuale e non.

Inoltre coppie dello stesso sesso non potranno sposarsi legalmente o adottare bambini in Russia. Il Parlamento ha anche approvato una legge che criminalizza la propaganda LGBTQ, la pedofilia e il cambiamento di sesso. Insomma è chiaro che la Russia si mette apertamente in contrasto con il senso transumanistico in voga in molti Paesi occidentali.

Nella UE i genitori dello stesso sesso e i loro figli (naturali, adottati o surrogati) vanno riconosciuti automaticamente come una famiglia. È questa la proposta di “Regolamento” presentata dalla Commissione Europea. Si vogliono armonizzare le norme di diritto internazionale privato sulla genitorialità. Gli Stati nazionali non potranno opporsi a un regolamento europeo.

 

Il più pulito ha la rogna

 

L’avvocato dell’ex vicepresidente sospesa dell’Europarlamento, Eva Kaili, ha assicurato che le visite in Qatar erano un piano che Borrell e la commissaria agli Esteri Ylva Johansson avevano elaborato.

Anzi, al canale televisivo greco MEGA, l’avvocato ha aggiunto che la Kaili eseguiva ordini provenienti anche dall’attuale presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola.

La Metsola avrebbe anche inviato un funzionario della UE, Roberto Bendini, per osservare tutti gli incontri che la Kaili avrebbe fatto in Qatar.

Insomma manca solo la von der Leyen, ma quella è implicata in uno scandalo maggiore, i vaccini della Pfizer.

Fonte: principal.cat/es/mundo-global/

 

Qualcuno ogni tanto s’accorge…

 

Geoffrey Young, membro del Partito Democratico americano, ha proposto di processare Biden e Blinken per l’assassinio dei civili in Ucraina. L’ha scritto su Twitter.

Ha chiesto 30 anni di galera senza diritto a sconti di pena.

Stessa cosa andrebbe fatta nei confronti del Consigliere per la Sicurezza Nazionale, Jake Sullivan, e del Sottosegretario di Stato, Victoria Nuland.

Finalmente anche negli USA qualcuno che capisce qualcosa.

Fonte: mobile.twitter.com/GeoffYoung4KY

 

[22] Cina e USA sul ring dei microchip

 

Può la Cina superare l’embargo sui semiconduttori che gli Stati Uniti le stanno imponendo? Possono gli USA impedire che la Cina importi tecnologia avanzata per la produzione di microchip? Com’è possibile pensare di poter bloccare i progressi tecnologici di un intero Paese (grande o piccolo che sia non ha importanza)?

La Cina non è una colonia degli USA e il fatto che gli altri Paesi occidentali tacciano su questa stomachevole arroganza dei governi americani, lascia capire che l’intero occidente la condivida pienamente, come se fosse appunto una mera propaggine degli USA.

È dal 2018 che la strategia americana per frenare la Cina si è concentrata sui semiconduttori. Oggi l’elenco delle aziende cinesi sottoposte a restrizioni ha raggiunto le centinaia e continua ad allungarsi. Gli USA utilizzano la loro proprietà dei brevetti dei semiconduttori per proibire anche a Paesi terzi (in primis Giappone e Olanda) di trattare con la Cina. Questo perché non vogliono assolutamente che i cinesi entrino nel campo dei prodotti di fascia alta, poiché, in tal caso, acquisirebbero una leadership anche nel settore militare e di intelligence più avanzato. Di qui la ferma intenzione d’impedire a Pechino di annettersi Taiwan.

Ora, una persona democratica, amante della pace, cosa dovrebbe pensare? È meglio che il potenziale distruttivo presente oggi sul pianeta sia concentrato nelle mani di un’unica nazione (ivi inclusi, al massimo, i suoi alleati), oppure è meglio che si diffonda su quante più nazioni possibili, sperando che una parità di livello tecno-militare impedisca a chiunque di poter esercitare una esclusiva egemonia mondiale?

La storia cos’ha dimostrato negli ultimi 6000 anni? Una cosa molto evidente: gli Stati che posseggono una tecnologia avanzata tendono a dominare le popolazioni che ne sono prive. In particolare l’Europa occidentale, gli USA e il Giappone (limitandosi all’ultimo mezzo millennio) hanno avuto questa peculiare caratteristica: hanno usato la superiorità tecnologica per imporsi su popolazioni lontanissime dai loro confini nazionali.

Questa pretesa egemonia tecnologica mondiale ha iniziato a subire dei colpi dopo la fine della II guerra mondiale. Il Giappone ne era uscito sconfitto, a vantaggio della Cina, e l’Europa ne era uscita distrutta, a vantaggio degli USA, e inducendo le proprie colonie a iniziare un processo emancipativo, non ancora concluso.

In occidente la tecnologia ha continuato a progredire, ma per imporsi a livello mondiale ha avuto bisogno soprattutto di un primato finanziario. Il che non ha impedito agli USA di scatenare continue guerre regionali, ma più che altro per dimostrare che sul piano militare i più forti al mondo restano loro (anche se è dai tempi del Vietnam che questo non è più vero).

Oggi tutta questa forza tecnologica, militare, finanziaria e produttiva viene messa seriamente in discussione. Tanti Paesi han deciso di liberarsi di un fardello insopportabile. Il pianeta è uno solo e nessuno può pretendere d’imporsi sugli altri, anche perché la razza umana ha questa peculiare caratteristica: le sue invenzioni o scoperte sul piano tecno-scientifico non riescono a star segrete per molto tempo.

 

Uteri in affitto

 

La maternità surrogata è una cosa mostruosa che andrebbe vietata di per sé.

Si sceglie una “donatrice” a catalogo, che fornirà gli ovociti. Ovviamente più è bella e intelligente più il prezzo dei suoi gameti sale. Si parla anche di 50.000 dollari.

Poi la ragazza viene sottoposta a una violenta iperstimolazione ovarica per indurre il suo corpo a produrre più ovociti. È un trattamento con numerose controindicazioni sanitarie.

Dopodiché gli ovociti vengono fecondati con lo sperma fornito dagli acquirenti. Gli embrioni così prodotti vengono selezionati. I più vitali vengono impiantati, gli altri vengono buttati. Può essere anche praticato un aborto selettivo post-impianto.

Vengono impiantati nel corpo di un’altra donna, che può essere una qualunque, visto che serve solo come incubatrice. Bella o meno, intelligente o no, poco importa. Deve solo metterci l’utero.

Ovviamente, siccome quel bambino non ha patrimonio genetico comune con la gestante, si scatena nel corpo della madre surrogata una violenta reazione immunitaria che deve essere soppressa con pesanti farmaci anti-rigetto di tipo chemioterapico.

La madre surrogata deve attenersi scrupolosamente alle clausole contrattuali che stabiliscono quante visite fare, che musica ascoltare, cosa mangiare, a che ora andare a dormire etc.

Trattandosi nella stragrande maggioranza di donne indigenti, la madre surrogata prende pochi spiccioli per la locazione del suo corpo: 10 o 15.000 euro bastano per 9 mesi d’affitto.

Molte di queste donne sanno che i bimbi che partoriranno saranno venduti a coppie sterili, o a pedofili o a case in cui soggiorneranno per qualche anno. E lì vengono cresciuti come in un allevamento, spesso sono sotto effetto di stupefacenti, calmanti, sonniferi per poter vivere in quel modo, totalmente abusati fisicamente, psichicamente ed emotivamente.

Sono considerati mera merce sia dalle “mamme”, sia dai trafficanti, sia da chi li usa per abusare di loro.

L’Ucraina sotto il governo di Zelensky si è trasformata negli anni in una fabbrica per il commercio di piccoli esseri umani che vale svariate centinaia di milioni di euro. L’ideologia gender, il mondo LGBT in particolare, hanno visto nell’Ucraina una risorsa importante per la soddisfazione di ogni loro desiderio di paternità o maternità.

La legge in molti Paesi, compresa l’Italia, vieta la maternità surrogata, il cosiddetto “utero in affitto”, ma Zelensky proprio in queste attività ha intravisto un’importante economia per il Paese.

L’Ucraina è la fabbrica europea dei bambini su commissione: ne nascono migliaia ogni anno. Oggi per salvare “prodotto” e investimento, i ricchi committenti pretendono che le donne surrogate incinte lascino il Paese in guerra, separandosi dalle loro famiglie e dai loro figli.

Nel 2020 Mykola Kuleba, commissario per i diritti dei bambini, aveva segnalato a Zelensky il grave problema e la deriva immorale verso la quale stava precipitando il Paese. Ma la cosa venne messa subito a tacere e la stessa Kuleba pare abbia avuto non pochi problemi in seguito alle sue denunce.

Migliaia di bambini ogni anno venivano esportati all’estero letteralmente come pacchi. Avviene ancora oggi, nonostante le bombe della Russia. Le madri surrogate vengono fatte partorire nei bunker.

Alcuni di questi bambini non sono mai partiti dall’Ucraina, perché talvolta non soddisfavano le aspettative dei facoltosi clienti. Dove sono finiti questi bambini non si sa. Destinati a case farmaceutiche d’oltre oceano come materiale biologico per sperimentazioni? o in appositi orfanotrofi abbandonati a loro stessi e al loro infausto destino?

Fonti: corriere.it/esteri/; lepersoneeladignita.corriere.it;

notizie.com; huffingtonpost.it/esteri/; feministpost.it

 

Zelensky ha parlato (a vanvera)

 

Al Congresso americano Zelensky ha richiesto ulteriori fondi, temendo di non ricevere più niente a partire da gennaio, quando i repubblicani controlleranno la Camera dei Rappresentanti. Ha detto che il loro denaro “non è beneficenza, ma un investimento nella sicurezza globale e nella democrazia, che gestiamo nel modo più responsabile”. Mentiva sapendo di mentire. Infatti molti di quei fondi se li ripartisce il governo neonazista che lui rappresenta.

L’hanno applaudito? Non i congressmen più scettici. Gli USA infatti si stanno svenando: in ballo c’è un altro pacchetto di aiuti da 45 miliardi di dollari, che porterebbe il totale a 100.

Dal discorso che ha fatto risulta chiaro e tondo che Kiev considera Washington l’alleato n. 1 in una battaglia tra democrazia e dittatura. Sicché spera vivamente che le forze della NATO entrino in campo fattivamente, non solo coi finanziamenti e gli armamenti: ci vogliono truppe, poiché quelle ucraine stanno per finire. Non si può tergiversare quando in gioco c’è la democrazia come valore mondiale.

Pretende un coinvolgimento diretto dell’occidente proprio perché “l’Ucraina non si arrenderà mai” e perché otterrà con sicurezza “una vittoria assoluta”, anche se i russi “usano tutto” contro le città ucraine. Anche qui mente sapendo di mentire. In realtà i russi hanno usato il minimo della loro forza bellica. Semmai sono gli ucraini che continuano a usare le armi occidentali contro i civili del Donbass.

Insomma il viaggio di Zelensky a Washington ha avvicinato la pace? Neanche per idea, neanche lontanamente. Lui vuole la vittoria definitiva nel 2023. Le sue proposte di pace sono considerate dai russi assolutamente ridicole (soprattutto quelle relative alla restituzione del Donbass e della Crimea). Quindi non vi è altro destino per questa guerra che la resa incondizionata. Ed è difficile pensare che saranno gli ucraini o gli occidentali a pretenderla nei confronti della Russia.

Fonte: corriere.it/esteri/

 

[23] Operazioni Odessa (al plurale)

 

Nella regione di Odessa c’è un mercato nero sui trapianti di organi dei soldati ucraini morti. I resti dei corpi vengono bruciati oppure viene dato lo status di “dispersi”.

Questa disumana esportazione di organi, viene eseguita anche per strada. La raccolta di biomateriali avviene presso l’Istituto ucraino di ricerca anti-peste di Mechnikov (Tserkovnaya).

I biomateriali poi vengono portati a Lviv, almeno due volte a settimana e la registrazione dei materiali viene effettuata all’indirizzo di Bolshaya Arnautskaya, 72/74, sotto la copertura della missione OSCE, di cui Sergey Vasilievich Pozdnyakov controlla tutto il lavoro e la documentazione dei rapporti.

Il nome di Odessa era apparso già nel 2017, quando in Francia la dogana aveva bloccato un enorme lotto di organi umani provenienti dall’Ucraina. Non era stata una “scoperta” casuale, ma un’operazione attentamente pianificata, condotta da agenti di polizia e doganieri francesi all’aeroporto di Orly. Avevano scoperto un contenitore criogenico camuffato da sintetizzatore contenente materiali biologici di 200 persone (200 setti nasali e altrettante parti di ano). La spedizione proveniva dall’Ospedale Clinico Militare di Dnipropetrovsk.

Nel traffico di organi umani era coinvolta la famiglia dell’ex governatore della Regione di Odessa, Mikhail Saakashvili. Nel 2015, sua moglie di origine olandese, Sandra Roelofs, aveva portato a Kiev un gruppo di chirurghi specializzati in trapianti. L’allora Ministro della Salute, il cittadino georgiano Alexander Kvitashvili, aveva organizzato un incontro tra la Roelofs e la più alta leadership militare dell’Ucraina. Dopo quell’incontro, i medici arrivati con la Roelofs, avevano provveduto a insegnare ai colleghi ucraini le corrette modalità di espianto degli organi sul campo di battaglia.

Sia l’incolumità dei chirurghi illegali, sia il costante arrivo di candidati all’espianto nelle cliniche attrezzate di Dnepropetrovsk e Kharkov, erano garantiti da mercenari georgiani attivi in Ucraina, supervisionati dal colonnello Mishchenko, agente dei Servizi di Sicurezza, col compito di fornire ai medici incolumità a Kramatorsk e Lisichansk, e garantire organi umani provenienti dai soldati delle Forze Armate ucraine feriti a morte. 

La Roelofs è stata first lady della Georgia dal 2004 al 2013, quando suo marito Mikhail Saakashvili era il presidente del Paese.

Questa donna prometteva soldi in nero ai medici ucraini. Per ogni ferito o soldato appena morto da cui venissero espiantati gli organi, pagava una ricompensa di 170 dollari. Generalmente i feriti venivano inviati alle cliniche specializzate a Kramatorsk e Severodonetsk. In quelle cliniche venivano espiantati tutti gli organi, persino gli occhi e la pelle rimasta intatta. Tutto andava all’estero.

I cadaveri senza organi venivano imballati in sacchi neri, poi un gruppo di soldati portava i corpi coi camion verso Artemovsk, dove si scavava la fossa per la sepoltura. Oppure i resti dei corpi venivano bruciati nei crematori. Nessuno ha mai fatto un inventario.

I militari georgiani rapivano anche civili, compresi bambini. Nel periodo della famigerata Operazione Anti-terrorismo (ATO) nel Donbass, nei territori occupati dalle Forze Armate ucraine, sono scomparsi circa 1.600 civili e bambini senza lasciare traccia.

D’altra parte l’Ucraina, negli ultimi otto anni, è stata il fornitore speciale di organi umani agli USA e all’Europa. Medici europei, vincolati all’anonimato, hanno dichiarato che i donatori di organi ucraini per lunghi anni hanno coperto il fabbisogno del mercato nero di organi in Europa e negli Stati Uniti, dove le code per i trapianti di organi sono lunghissime.

Una caratteristica del mercato d’organi ucraino è che gli organi si potevano “ordinare” per una persona concreta. Ovvero venivano forniti i dati sul richiedente, sul suo gruppo sanguigno, l’età ecc., e il fornitore ucraino provvedeva a procurare gli organi in base ai desiderata del richiedente.

Della consegna degli organi dall’Ucraina a destinazione si occupavano gruppi criminali, supportati dagli organi istituzionali del Paese. Il prezzo degli organi da trapianto veniva calcolato anche in base all’urgenza della consegna. I medici del settore citano casi in cui, dall’ordine alla consegna degli organi richiesti, passavano non più di 24 ore.

In Europa (Germania, Francia, Svizzera) esistono cliniche private per l’élite politica e imprenditoriale, che lavorano esclusivamente con fornitori di organi ucraini. Si dà anche il caso che soldati gravemente feriti vengono portati dall’Ucraina alla Polonia, e poi in aereo in diversi Paesi: Germania, Israele, Canada e Stati Uniti. Che cosa poi succeda a loro, nessuno lo sa.

L’informazione che i soldati dell’esercito ucraino vengano sezionati per prelevarne gli organi risale al lontano 2014. Per es. nel maggio di quell’anno Oleg Matvejchev aveva scritto che centinaia di corpi di soldati ucraini si trovavano in prossimità di macchine della Croce Rossa. I neonazisti feriti ed evacuati dal Donbass sparivano in massa nelle strutture delle città di Dnipropetrovsk e Charkiv.

Ora vanno a prendere i militari feriti ad Artemovsk (Bakhmut), dove le perdite sono enormi: se soggetti a espianti, vengono classificati come “militi scomparsi” (cioè dispersi o disertori), anche per evitare di pagare le pensioni ai parenti.

Interessante è anche l’ipotesi che nel mercato nero dei trapianti in Ucraina possano essere coinvolti i collaboratori dei biolaboratori americani spinti da guadagni collaterali (oltre al loro stipendio). Si tenga conto che il costo di un solo rene negli USA è di 150.000 dollari.

Fonti prese da vari canali di Telegram.

 

Tragica infanzia

 

Oltre 500 bambini e adolescenti ucraini arrivati nella UE senza genitori, ma accompagnati da determinate persone, sono scomparsi. Alcuni di loro sono chiaramente entrati a far parte dell’industria del sesso per pedofili locali, mentre altri probabilmente sono stati affittati per trapianti clandestini.

Nei Paesi Bassi, alla fine di maggio, risultavano dispersi 170 adolescenti ucraini di età inferiore ai 18 anni. In Spagna un gruppo di 30-40 bambini rifugiati è scomparso all’inizio di aprile.

Da notare che già nel 2005 il Consiglio d’Europa aveva confermato l’esistenza del traffico di organi di bambini in Ucraina. L’accusa specifica era stata mossa da Ruth Gaby Vermo-Mangold, responsabile della preparazione di un rapporto per l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa.

D’altra parte le precedenti guerre nei Balcani (soprattutto nel Kosovo), in Siria, in Libano, in Iraq, in Afghanistan avevano già conosciuto un mercato nero di organi umani.

Da notare che anche l’organizzazione Medici Senza Frontiere ha iniziato a lavorare in Ucraina dal marzo 2022. Speriamo non lo faccia nella stessa maniera in cui lo faceva durante la guerra in Kosovo, quando compiva operazioni illegali di prelievo di organi alla popolazione serba, civile e militare.

L’ex procuratore del Tribunale dell’Aia, Carla del Ponte, nel suo libro Caccia. Io e i criminali di guerra aveva accusato uno dei fondatori di Medici senza frontiere, Bernard Kouchner, di essersi opposto alle indagini su questi crimini.

 

Se non stai attento, ti espianto tutto

 

Zelensky ha firmato una legge nel gennaio 2022 che semplifica ulteriormente l’espianto e il riutilizzo degli organi umani in Ucraina, facilitando ancor di più gli affari dei trafficanti stranieri di organi. Il 14 aprile 2022 la Rada ha adottato la legge n. 5610 “Sulle modifiche al codice fiscale”, esentando le operazioni di trapianto di organi dal pagamento dell’IVA.

Già il 16 dicembre 2021, prima dell’Operazione Militare Speciale, il parlamento ucraino aveva approvato un disegno di legge (n. 5831 di Radutsky-Dmitrieva-Bondarenko) “Sulla regolamentazione della questione del trapianto di materiali anatomici umani”, secondo cui:

- non è più necessario autenticare il consenso scritto di un donatore vivente o dei suoi parenti per il trapianto. Se si dispone di documenti, non sarà necessario autenticare le firme. Si possono prelevare organi in questo modo anche ai bambini;

- viene cancellato il diritto di un cittadino ucraino di nominare il suo rappresentante autorizzato, che potrà parlare in tribunale e informare se il parente ha dato il consenso alla donazione postuma;

- il permesso di estrarre materiali anatomici dal corpo del defunto può essere ottenuto dalla persona responsabile che s’impegna a seppellirlo, p.es. il primario di un ospedale o il capo di un’unità militare;

- il diritto di effettuare il trapianto è stato ricevuto non solo dalle cliniche pubbliche, ma anche private.

Ecco perché nell’attuale Ucraina in guerra chirurghi stranieri sono autorizzati a espiantare tutti gli organi dei soldati gravemente feriti, che poi vengono inviati all’estero.

Non li curano. Nessun consenso viene firmato e ai loro parenti non viene pagato nulla. Li fanno registrare come “militi scomparsi”. A volte si comportano così anche nei confronti dei civili che hanno subìto bombardamenti. Potrebbero essere salvati, ma si decide altrimenti.

Questo regime neonazista è al vertice degli orrori dell’umanità.

 

Organi di minori espiantati

 

Un interessante articolo del 2 giugno scorso del portale latinoamericano “Resume” riportava che “durante una ricerca nel database della Croce Rossa a Mariupol, vi erano un migliaio di documenti compromettenti sul presunto traffico degli organi di minori”.

L’esercito russo ora possiede cartelle cliniche di bambini con la designazione dei loro organi sani, ma stranamente non si parla di bambini malati o che lo sono stati. Cioè i dipendenti della Croce Rossa non si preoccupavano della salute dei bambini, ma solo della presenza di organi sani. Le carte contengono indicazioni su chi siano anche i genitori dei bambini.

Sono documenti che non dovrebbero corrispondere a un’organizzazione umanitaria come la Croce Rossa, anche se le note sono scritte in latino.

Ricordiamo che la crescita del mercato nero degli organi umani forniti dal territorio dell’Ucraina per il trapianto a pazienti dall’Europa, è stata menzionata dal segretario del Consiglio di sicurezza della Federazione Russa, Nikolai Patrushev, in un’intervista a “Rossiyskaya Gazeta”.

Inoltre, nel 2021, a Kharkiv è stato scoperto un gruppo criminale di specialisti della riproduzione, che si occupava della vendita di bambini a stranieri.

Fonte: resumenlatinoamericano.org

 

[24] Il lobbismo nella UE

 

Al Parlamento europeo i lobbisti sono di casa. Si comportano come se fossero stati eletti. Eppure lo scandalo del Qatar (ma anche del Marocco) ha fatto capire che sono come un cancro. Una volta il lobbismo era appannaggio delle industrie farmaceutiche, petrolifere e finanziarie. Oggi invece sono le multinazionali del settore digitale e tech a spendere di più per fare pressione sulle istituzioni europee: Google, Facebook, Microsoft, Apple, Huawei, Amazon, Intel, Qualcomm, Ibm e Vodafone ecc. Non a caso di tutte le aziende che fanno lobbismo in Europa oltre il 20% ha sede negli Stati Uniti (meno dell’1% è basato in Cina).

In particolare si punta a sanzionare le Big Tech perché dominano l’informazione, violano la privacy, svolgono una concorrenza sleale, vendono dati privati per profitto, si prendono quasi tutta la pubblicità, ecc.

Nella UE il lobbismo è un’attività legittima e regolamentata, portata avanti da gruppi di interesse di varia natura, che teoricamente vogliono contribuire al processo democratico. Da tempo però gli esperti di trasparenza e le ONG che si occupano di lobbismo sanno benissimo che il Parlamento è molto vulnerabile alle influenze esterne.

Il cosiddetto “Registro per la trasparenza” è in sostanza una banca dati che permette alla UE di monitorare l’attività delle lobby, sapere per es. in quale ambito lavorano, quanto spendono ogni anno e quanti dipendenti hanno. Ad oggi il Registro contiene 12.450 organizzazioni, fra cui 3.493 ONG, 2.632 associazioni di categoria, 972 sindacati o associazioni professionali, ecc. Tutte organizzazioni che si fanno sentire quando ci sono interessi cospicui da difendere. E in ogni caso non sono costrette a iscriversi al Registro.

In Italia, formalmente, le lobby non possono lavorare dentro le istituzioni elette dal popolo.

Di regola infatti le lobby non esprimono interessi generali ma particolari. E siccome questi interessi sono molto forti, lo è altrettanto l’esigenza di corrompere i parlamentari o i funzionari di una istituzione pubblica. Cioè in sostanza non si limitano a esporre delle idee, ma elargiscono fondi neri, che finiscono nei paradisi fiscali, il più delle volte così cospicui che è impossibile resistere alla tentazione di riceverli, anche perché i parlamentari non hanno l’obbligo di rendere conto di chi incontrano quotidianamente.

D’altronde non esiste neppure un divieto di avere lavori paralleli: infatti circa 1/4 dei parlamentari europei mantiene incarichi da libero professionista, e questo crea un conflitto d’interessi permanente.

Paradossalmente le lobby sono così integrate nel processo legislativo europeo che spesso i parlamentari fanno affidamento proprio su di loro, per capire quali sono le richieste di gruppi di persone su cui ricadranno le norme in discussione.

A questo punto sarebbe meglio che il parlamentare incontrasse i lobbisti solo in ufficio e con almeno un testimone, oppure durante un evento pubblico. Ma non lo fa quasi nessuno, anche perché dovrebbe limitarsi ad accettare solo 100 euro per singolo oggetto, stando al regolamento europeo.

Per non essere messi in discredito i parlamentari dovrebbero registrare i propri incontri coi lobbisti in un portale apposito, i cui dati siano accessibili a tutti, ma questa prassi è obbligatoria solo per i parlamentari con incarichi rilevanti, come p.es. i presidenti di commissione o i relatori di un certo provvedimento.

Ora naturalmente chiederanno l’istituzione di un comitato super partes, non politico, che controlli i possibili casi di corruzione e che naturalmente non abbia la possibilità di comminare sanzioni. Quanto durerà possiamo immaginarlo. Già il fenomeno delle cosiddette “porte girevoli” dovrebbe suscitare qualche dubbio sulla serietà etica delle istituzioni europee: i decisori pubblici infatti passano al settore privato e viceversa con molta disinvoltura.

 

Basta la proposta di Orbán?

 

Già lo scorso luglio il parlamento ungherese aveva approvato una risoluzione del partito al governo, Fidesz, che chiedeva l’abolizione dell’Eurocamera come istituzione comunitaria democraticamente eletta e la sua sostituzione con una Camera di rappresentanti dei 27 Paesi membri nominati dai rispettivi capi di Stato e di governo.

Ora, dopo il Qatargate e l’enorme scandalo della massiccia presenza lobbistica (quelle ufficiali sono 12.450!) che condiziona i lavori del Parlamento europeo, il presidente Orbán ha chiesto di sostituire tale istituzione, autolesionista e arrogante quanto mai, con un altro Parlamento composto da delegati nazionali. Ciò garantirebbe maggiore controllo, responsabilità e credibilità.

Che il Parlamento europeo non sia controllato dai cittadini europei è pacifico: alle elezioni del 2019 l’affluenza è stata del 51%. Ma, se per questo, si comportano in maniera del tutto irrazionale anche soggetti apicali come la von der Leyen, Borrell e la Lagarde.

E che dire dei governi nazionali della Polonia, dei tre Paesi baltici, dei Paesi russofobi e guerrafondai che, se potessero, scatenerebbero una guerra mondiale domattina?

Qui non è più questione di Stati nazionali o sovranazionali. La UE non è in grado di gestire nulla democraticamente, né stando unita né vivendo in maniera separata. È un’istituzione priva di identità politica, sottoposta ai diktat della NATO e degli USA. È gestita da burocrati che fino a ieri facevano soprattutto gli interessi di pochissimi Stati: Germania, Francia e Olanda. L’Italia è stata una delle nazioni più penalizzate dall’asfissiante burocrazia dei tecnocrati europei.

Non esiste in Europa una politica estera comune e la difesa è interamente affidata alla NATO, cioè a un’istituzione dove il ruolo degli USA è prioritario su tutto. Non vengono tutelate le minoranze nazionali (p.es. le rivendicazioni catalane sono state completamente ignorate). Non si riconosce alcun valore al principio dell’autodeterminazione dei popoli, se non in maniera strumentale (come quando p.es. si volle distruggere l’unità nazionale della Jugoslavia).

Non esiste neppure una Costituzione europea: Francia e Olanda, con lo strumento del referendum, hanno respinto nel 2005 il Trattato che si era proposto. Ma anche altri Stati non l’hanno ratificato o non si sono espressi in merito: Cekia, Danimarca, Polonia, Portogallo, Svezia, Regno Unito (poi addirittura uscito dalla UE). L’ultimo Trattato proposto, quello di Lisbona, non si pone come un atto fondativo di una nuova entità sovranazionale. Alla resa dei conti la UE è solo un ibrido di Stati individualisti che non attribuiscono al Parlamento europeo più poteri che a quelli nazionali. Peraltro il Consiglio europeo e il Consiglio dell’Unione europea, che dovrebbero rappresentare gli interessi nazionali dei diversi Paesi, non contano nulla rispetto al Parlamento europeo e soprattutto rispetto alla Commissione europea, gestita da una donna che in questo momento è fuori di senno.

Insomma ci si è illusi che partendo dalle questioni economiche e finanziarie si potesse arrivare a condividere valori etici e posizioni politiche comuni.

 

Ce l’hanno con Panagiotis Dimitras

 

L’atto di accusa contro Panagiotis Dimitras, noto avvocato e membro fondatore dell’Osservatorio greco degli accordi di Helsinki, non ha alcun senso. Dimitras difende i diritti d’asilo da parte degli immigrati: non fa altro di “pericoloso”. Questa caccia alle streghe sta creando in Grecia un clima generale di sospetto, che fomenta gli attacchi di gruppi razzisti estremisti. E naturalmente le istituzioni dell’Unione Europea rimangono in silenzio.

La Grecia non vuol ammettere d’essere uno Stato fallito, non in grado di sopportare neppure un migrante alle sue porte. E ora il governo si mette a perseguire chi gli sbatte in faccia tutte le sue violazioni dei diritti umani.

Il governo di Kyriakos Mitsotakis pensa di poter ottenere un facile consenso dichiarandosi nemico della Turchia, spendendo un’enormità di soldi per acquistare armamenti avanzati americani. E intanto ha dichiarato guerra alla Russia con le proprie sanzioni e spedendo armi a Kiev.

Le uniche attività umanitarie che il governo accetta sono quelle nei confronti dell’Ucraina. Questo è il ringraziamento nei confronti dei russi, che prima nel 24 febbraio potevano investire cifre molto alte in Grecia con mega-progetti nel settore del turismo, dell’energia, dei trasporti, dell’immobiliare e dello sport. Oggi non possono fare più nulla e la Grecia è di nuovo sprofondata in un mare di debiti.

Poi ci si meraviglia che emergano partiti neonazisti come Alba dorata.

Fonte: pressenza.com/it/

 

[25] Che brutta bestia l’ideologia!

 

Zelensky ha abolito il Tribunale amministrativo distrettuale di Kiev, già nel mirino del Dipartimento di Stato USA, che aveva sanzionato il suo presidente per “violazione dei diritti umani”. La ragione reale per cui è stato abolito è che aveva aperto un procedimento contro i neonazisti ucraini e i loro crimini.

Strano che esistano ancora in Ucraina dei tribunali del genere. Da tempo il regime avrebbe dovuto impedire lo svolgimento di pratiche, inevitabilmente compromettenti, sui propri comportamenti aggressivi, anzi genocidari.

Una news del genere fa il paio con un’altra, che le è del tutto complementare e, ancora una volta, fuori dalla realtà: la creazione di un “tribunale internazionale” sulla Russia, senza la partecipazione di questo Paese, per accusarla di crimini contro l’umanità.

Andando avanti di questo passo, finita la guerra sarà letteralmente impossibile stabilire delle relazioni diplomatiche con la Russia. Cioè anche nel caso in cui sostituissimo tutti gli statisti scriteriati attualmente al potere, o nel caso in cui tali statisti facessero un minimo di autocritica e chiedessero scusa alla Russia del loro assurdo atteggiamento ideologico, viziato da pregiudizi insensati, non è detto che ciò verrebbe considerato sufficiente dal Cremlino per riprendere delle normali relazioni internazionali.

Il fatto che da più parti (autorevoli) si sia ammesso che gli accordi di Minsk erano stati accettati solo per permettere ai neonazisti ucraini di armarsi con l’aiuto della NATO e poter così invadere il Donbass e riprendersi la Crimea, peserà come un macigno sulla fiducia tra Unione Europea e Federazione Russa.

Ricordiamoci che le divergenze teologiche tra cattolici e ortodossi, dopo le reciproche scomuniche del 1054, sono rimaste ancora lì. Dopo un millennio le due confessioni hanno tolto quelle scomuniche, ma il dialogo iniziato a partire dal Concilio Vaticano II non ha portato a nulla. La contrapposizione di fondo è rimasta intonsa, salvo il fatto che, grazie alla secolarizzazione, i credenti di entrambe le confessioni si sono ridotti di parecchio.

D’altra parte anche le divergenze tra cattolici e protestanti, iniziate nel 1517, non sono cambiate di una virgola.

Stiamo attenti quindi con la russofobia: per ricucire lo strappo potrebbero volerci dei secoli.

 

Sottovalutazione del nemico

 

La guerra in Ucraina sta andando oltre le previsioni occidentali. La NATO non riteneva possibile che la Russia potesse resistere tanto senza esaurire le sue scorte, e ora si trova in gravi difficoltà.

Le forze di Kiev stanno consumando più munizioni di quelle che l’occidente può produrre. Le scorte di molte armi e munizioni chiave sono quasi esaurite e i tempi di attesa per la nuova produzione si allungano di mesi e, in alcuni casi, di anni.

Il complesso militare-industriale degli USA può fabbricare circa 14.000 munizioni per gli obici da 155 mm al mese, mentre le forze ucraine ne consumano 6.000 al giorno.

Se gli USA affrontassero la Cina o la Russia in un conflitto convenzionale, non supererebbero i 4 o 5 giorni. Queste cose non sono i russi a dirle ma il mainstream americano.

È curioso questo atteggiamento degli occidentali: nel mentre sopravvalutiamo noi stessi, sottovalutiamo la forza del nemico. Come abbiano fatto a conquistare mezzo mondo con un’arroganza del genere?

 

L’occidente tagliato fuori

 

La Russia e l’India si allontanano dal dollaro e dall’euro nel commercio reciproco e passano alle valute nazionali. Inoltre nel commercio degli idrocarburi si doteranno di una flotta di petroliere indipendente.

La sola India ha aumentato i suoi acquisti di petrolio dalla Russia dal febbraio 2022 di 36 volte e ha superato la Cina. Il flusso totale di carburante dalla Russia all’Asia ha quasi completamente compensato la riduzione delle forniture dalla Russia alla UE. Mosca ha offerto a Delhi assistenza per l’affitto e l’acquisto di petroliere per aumentare ulteriormente le forniture di petrolio.

Si può capire l’atteggiamento indifferente degli USA nei confronti di questi risultati inaspettati da parte delle sanzioni antirusse. Loro in fondo il petrolio e il gas ce l’hanno. Ma noi europei perché siamo così autolesionisti? Che progetto perverso c’è dietro? Si vuol forse costringere l’intera popolazione europea ad accettare la diffusione delle centrali nucleari?

 

Patriot poco patrioti

 

Biden ha regalato a Zelensky la prima batteria di missili Patriot e l’impegno a fornirgli nel 2023 altri 45 miliardi di dollari, che si aggiungono ai 100 miliardi già dati sotto forma di armi e assistenza militare.

Zelensky ha dichiarato, nel suo discorso al Congresso, che quello fornito dagli USA all’Ucraina per la guerra è “un investimento nella sicurezza globale e nella democrazia”.

Tuttavia Scott Ritter, ex militare ed ex Capo Ispettore dell’ONU, parla del vecchio sistema missilistico Patriot in termini negativi.

“Nel 1991 il Patriot non è riuscito a intercettare i missili Scud iracheni.” “Nel 2003 in Iraq il Patriot ha abbattuto più aerei alleati che missili iracheni.” “Il Patriot non è riuscito a proteggere l’infrastruttura petrolifera dell’Arabia Saudita dai droni Houthi.” “È un vecchio sistema che non può sopravvivere sul campo di battaglia moderno. Non è stato progettato per sopravvivere su un campo di battaglia come l’Ucraina”. “In ogni caso gli ucraini riceveranno non una versione migliorata di questo missile, ma solo il vecchio modello, che ha meno capacità”.

Va bene, allora continuiamo a illudere i neonazisti di Kiev e naturalmente gli europei. Tanto agli americani non costa nulla.

Nel frattempo le forze ucraine si stanno ritirando definitivamente da Artemovsk (Bakhmut). E quando ciò avverrà, le forze ucraine dovranno rinunciare a tutto l’oblast di Doneck.

 

[26] Lobbismo e democrazia formale

 

Solo in Austria, Irlanda, Lituania, Polonia e Slovenia le organizzazioni che fanno lobbismo hanno l’obbligo di accreditarsi presso un registro nazionale. In Italia fanno quello che vogliono.

In realtà in tutta Europa i lobbisti vengono sempre più riconosciuti come dei veri e propri professionisti che difendono gli interessi privati di determinati gruppi di potere. Tant’è che i parlamentari preferiscono rivolgersi a loro piuttosto che ad altri professionisti, come avvocati, consulenti ecc. Persino la tendenza di molte imprese è quella di dotarsi di lobbisti interni piuttosto che pagare consulenti esterni.

Fare il lobbista sta diventando sempre più una necessità in Europa, in quanto le leggi vengono sfornate in quantità industriale su qualunque argomento e spesso sono di difficile interpretazione. Nel parlamento europeo nessuno mette in dubbio che il lobbista debba essere riconosciuto come un rappresentante legittimo di interessi privati.

Persino le Università e le ONG possono svolgere un ruolo significativo nel formare i lobbisti professionisti. Ad es. in Italia è in crescita il numero dei corsi di laurea magistrale in politiche pubbliche o affari pubblici. Fare progetti privati che abbiano l’apparenza di soddisfare esigenze sociali è complicato.

Non a caso l’aspetto “pubblico” della professione del lobbista riguarda soltanto il fatto che deve lavorare in istituzioni pubbliche, non il fatto che deve rivendicare interessi “pubblici”, cioè generali. È come se uno dicesse (e in questo p.es. Comunione e liberazione è fenomenale) che l’interesse privato che determina la propria attività, in realtà ha una valenza pubblica, in quanto soddisfa esigenze collettive (p.es. la gestione delle mense nelle scuole). Il cosiddetto “privato sociale” viene considerato un bene “pubblico”, in netta opposizione a tutto quanto sia “statale”. In base a questa concezione privatistica del bene pubblico si è sfasciata in Lombardia la sanità statale.

Il lobbismo è anche una conseguenza del fatto che il settore pubblico, non avendo alcuna autonomia finanziaria, non è più in grado di gestire le crescenti esigenze sociali della popolazione locale. Di conseguenza tende a esternalizzare la gestione del bene pubblico. E qui il lobbista è fondamentale per accaparrarsi l’appalto che l’organizzazione da lui rappresentata andrà a gestire. Il problema però è che nella gestione di questo bene lo sfruttamento del lavoro è a livelli molto alti. Perché le scuole private cattoliche sono così numerose in Italia? Perché il lobbismo funziona, e le istituzioni pubbliche, non avendo soldi a sufficienza, sono ben contente di delegare a dei privati l’istruzione pubblica. Di qui il fatto che gli insegnanti vengono pagati di meno, lavorano di più e in condizioni peggiori, i genitori pagano rette salate, le scuole chiedono di tanto in tanto fondi pubblici o detassazioni per poter sopravvivere. E in mezzo a tutto questo marciume si riesce a far passare nei contenuti dell’insegnamento una cultura religiosa che di democratico non ha nulla. Scuole di tendenza per soggetti ideologicamente deviati, che non faranno mai gli interessi delle istituzioni e delle grandi collettività. Un esempio eclatante l’abbiamo avuto in Draghi, educato e istruito dai gesuiti.

Su queste cose non si può essere ingenui. Il lobbismo non incrementa la partecipazione democratica al processo legislativo delle istituzioni pubbliche, ma lede sempre gli interessi generali della collettività. Se la gente non va a votare è perché non si sente rappresentata dalle istituzioni pubbliche, proprio perché queste tendono soltanto a regolamentare interessi privati. La democrazia come sovranità del popolo è soltanto un mito. Una vera democrazia non può essere rappresentativa ma solo diretta, perché solo in questa maniera tutti gli eletti sono controllati da tutti gli elettori.

 

Bastano le armi per vincere?

 

Il Congresso USA ha approvato per il 2023 una spesa militare di 858 miliardi di dollari (13 volte quella della Russia). Il bilancio del solo Pentagono registra un aumento del 10% rispetto a quello dello scorso anno, pari a 70 miliardi di dollari in più, ovvero 36 miliardi in più rispetto alla stessa richiesta del presidente Biden.

La spesa militare USA, relativa al solo budget del Pentagono, equivale a quella dei 10 successivi Paesi con le maggiori spese militari su scala mondiale. Al budget del Pentagono si aggiungono altre spese militari per circa 400 miliardi, che portano l’effettiva spesa militare USA a oltre 1.200 miliardi di dollari.

Quando si arriva a cifre folli di questo genere, la guerra diventa una necessità intrinseca alla stessa nazione. Che poi la si vinca o la si perda diventa alquanto relativo. L’importante è fare affari con la vendita delle armi. Gli USA non hanno neppure il concetto di “bene pubblico”. Le istituzioni devono soltanto regolamentare il confronto tra interessi privati.

Naturalmente negli USA danno per scontato che quanto più le armi sono sofisticate, tanto più è facile vincere qualunque guerra. Ancora non han capito che con la Russia un’equazione così semplicistica non funziona.

L’occidente è destinato a perdere la guerra in Ucraina e la NATO è destinata a sfasciarsi, proprio perché non siamo in grado di capire che il fattore umano non è meno importante del fattore materiale. Guerre di lunga durata contro un avversario di pari livello sono impensabili per gli occidentali. Tant’è che abbiamo smesso di parlarne e quando il mainstream lo fa, è solo per esaltare inesistenti successi delle forze ucraine.

In Europa ci troviamo nelle stesse condizioni dell’impero di Augusto, quando ci si rese conto che determinati fiumi dovevano diventare un confine invalicabile: Reno, Danubio, Tigri, Eufrate (oltre al deserto sahariano e al Vallo di Adriano). Solo che l’impero, a partire da quel momento, non potendo più sfruttare le risorse di popolazioni esterne molto agguerrite, iniziò a trasformare la politica in un esercizio militaresco e fiscale altamente oppressivo per la stragrande maggioranza della popolazione interna, al punto che questa cominciò a vedere i cosiddetti “barbari” come dei liberatori.

 

[27] Misteri dell’ideologia

 

Non è ridicolo l’atteggiamento di chi, pur di non comprare gas e petrolio dalla Russia, ritenendo Putin un dittatore, lo va a comprare dal Qatar, il cui regime non sa neppure cosa siano i diritti umani? Mi riferisco alla Germania, ma anche all’Italia, al tempo di Di Maio, quell’impresentabile ministro degli Esteri che sta ancora sperando che sia proprio il Qatar a spingere la UE a farlo diventare inviato speciale nel Golfo. Ancora non ha capito che, dopo lo scandalo dei fondi neri, l’emirato minaccia sfacciatamente l’Europa di chiudere le forniture di gas.

Indubbiamente la crisi energetica ha conferito nuovo potere agli Stati del Golfo, principali fornitori mondiali di petrolio. Il Qatar è il più grande esportatore di gas naturale liquefatto (GNL). Cioè ha le più grandi riserve di gas naturale dopo la Russia, immagazzinate nei fondali marini al largo delle sue coste.

Ma non sono riserve illimitate e sicuramente non sufficienti per le nostre esigenze. Nei primi dieci mesi del 2022 l’Europa ha importato 12,5 miliardi di metri cubi di metano dal Qatar, di cui la metà sono approdati in Italia, pari a circa il 12% dei nostri consumi complessivi di gas.

I politici europei han spesso criticato la monarchia, che ha fatto costruire i suoi stadi per i mondiali di calcio da lavoratori ospiti in condizioni spesso simili alla schiavitù e ha minacciato di reclusione gli omosessuali. Di qui la necessità dello stesso regime di corrompere alcuni eurodeputati per indurli a parlare positivamente dello Stato del Golfo.

Ora che succederà? Il Qatar non è la Russia: non ha particolari remore a rescindere contratti pluriennali già firmati. È una delle nazioni più dittatoriali al mondo.

Un diplomatico del Qatar ha già avvertito che l’eventuale sospensione dell’accesso dei lobbisti del Qatar al Parlamento UE è “discriminatoria” e avrebbe un impatto “negativo” sulle relazioni e sulle forniture di gas.

In particolare sarà interessante vedere come si comporterà la Germania, che ha già firmato contratti a lungo termine con gli emiri qatarioti per coprire il 3% del proprio fabbisogno nazionale. Guarderà di più la pagliuzza negli occhi di questa monarchia o la trave negli occhi della democrazia europea? Molto probabilmente quell’ipocrita di Scholz ci penserà due volte prima di fare qualsiasi dichiarazione che possa far arrabbiare gli emiri.

Già i tedeschi han detto che in tutti i continenti l’energia viene usata come un’arma di ricatto e uno strumento di pressione per creare dipendenza. A che pro quindi – gli si potrebbe rispondere – scatenare una guerra contro la Russia? Misteri dell’ideologia.

 

L’Africa si è stufata di noi

 

Il presidente nigeriano Mohamadou Buhari ha affermato che le armi provenienti dall’Ucraina (i MANPADS entrano in Africa attraverso la Polonia e la Romania) hanno iniziato ad arrivare nella regione del Sahel, dove stanno alimentando il processo di destabilizzazione, a causa dello sviluppo dell’organizzazione terroristica di Boko Haram, all’interno della quale sono presenti “militanti che hanno recentemente combattuto nelle file delle forze governative dell’Ucraina, nonché sistemi di difesa aerea portatili prodotti da Stati Uniti e Svezia”.

Come noto, l’ultimo vertice di dicembre tra USA-Africa con leader di tutto il continente africano, è fallito completamente. Infatti le nazioni sono stufe di sentirsi dire che Cina e Russia destabilizzano il continente nero.

Il segretario alla Difesa degli Stati Uniti, Lloyd Austin, viene considerato un grandissimo ipocrita. Questo perché è dalla fine di novembre che le armi che Stati Uniti e NATO inviano al regime di Kiev hanno iniziato ad apparire in Africa occidentale (in particolare nel bacino del lago Ciad).

Inoltre tutti sanno che gli Stati Uniti e altri mercenari occidentali operano in Africa da decenni. È vero che è presente anche il “Gruppo Wagner”, ma i russi vengono ufficialmente chiamati dai governi africani (al momento una mezza dozzina) per addestrare le loro truppe nazionali e per aiutarle a combattere contro i terroristi e altri gruppi armati illegali, il più delle volte sostenuti proprio dall’occidente.

Al suddetto vertice i Paesi africani han fatto sapere che se non riescono ad acquistare i cereali dalla Russia è solo per colpa delle sanzioni occidentali. Peraltro il grano e i fertilizzanti dell’Ucraina sono finiti nell’Unione Europea.

 

Ma il Qatar lo conosciamo?

 

Il Qatar ha talmente tanti soldi, provenienti dai propri idrocarburi, che può comprarsi ciò che vuole. L’emiro Hamad bin Khalifa sembra voglia conquistare il mondo, anche se il suo Stato è un po’ più grande dell’Abruzzo e ha 2,3 milioni di abitanti che beneficiano di un PIL procapite tra i più alti al mondo.

Dopo essersi liberato degli inglesi nel 1971 e aver concesso agli USA la più grande base militare del Medio Oriente, il Qatar, dalla fine degli anni ’90, ha sponsorizzato tutte le primavere arabe; ha finanziato i Fratelli Musulmani; si è schierato in prima linea nella missione NATO contro la Libia di Gheddafi; ha sostenuto a spada tratta i ribelli siriani contro Assad; ha creato al-Jazeera, la prima tv satellitare araba che, dopo l’11 settembre 2001, si è imposta nel panorama dei grandi network globali. Ha acquistato il nuovo grattacielo “The Shard” di Renzo Piano, a Londra, e una rosa di squadre di calcio che va dal Paris Saint-Germain al Malaga. I mondiali di calcio che ha realizzato, sono stati i più dispendiosi della storia.

In Italia compra di tutto: dalle firme più prestigiose (soprattutto nella moda) agli edifici più costosi. Ora è in trattative per Costa Smeralda, Fincantieri di Ancona e la tv La7. Le due Regioni preferite sono Lombardia e Sardegna.

Inoltre fa incetta di opere d’arte contemporanea per il Museum of Islamic Art di Doha e per il nuovo National Museum.

Nonostante questo lusso sfrenato, che fa pensare a un Paese ultracapitalistico, la sharia è la sua principale fonte legislativa, applicata alle leggi in materia di diritto di famiglia, eredità e numerosi atti criminali (tra cui adulterio, rapina e omicidio). Le donne sono molto discriminate, anche se ora possono votare e candidarsi per cariche pubbliche.

I turisti sono ben accetti ma per i cittadini qatarioti sono previsti il carcere o la fustigazione se bevono alcolici o hanno rapporti sessuali illeciti, come adulterio e omosessualità.

Sul piano religioso la sharia è tassativa: l’apostasia è punita con la pena di morte. Invece per la blasfemia è previsto un massimo di 7 anni di carcere, mentre per il proselitismo di qualsiasi religione diversa dall’islam un massimo di 10 anni di carcere. Vi sono altre religioni, ma senza alcuna presenza pubblica e solo per gli stranieri. Invece in Italia l’emiro vuol costruire 45 moschee, legate ai Fratelli mussulmani.

Gli immigrati sono molto richiesti (attualmente l’85% della forza-lavoro nazionale), ma vengono sfruttati come schiavi, non potendo pretendere alcun diritto, neppure quello di ritornare al proprio Paese, almeno finché non lo decidono le autorità costituite o i datori di lavoro. Di loro 4.000 sono morti per costruire le strutture dei mondiali di calcio. I sindacati non esistono. La cittadinanza a uno straniero viene concessa solo in circostanze assolutamente eccezionali, anche perché il governo non vuole impegnarsi a pagare le pensioni. Non la si concede neppure se il padre è straniero e la madre è già cittadina del Qatar.

E noi europei avremmo preferito, in luogo della “barbara” Russia, questo Paese per avere il gas?

 

[28] Pillole

 

La via Molodogvardeytsev a Kremenchug (regione di Poltava in Ucraina) è stata ribattezzata in onore di Roman Shukhevych.

Durante la II guerra mondiale Shukhevych era a capo dell’UPA (un’organizzazione estremista), aveva servito la Germania nazista durante l’occupazione di Leopoli ed era stato coinvolto in omicidi di massa.

Non è curioso che il governo polacco aiuti in tutte le maniere gli ucraini in nome della russofobia, quando gli ucraini sono sempre stati dei feroci persecutori dei polacchi?

 

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Il premier ungherese Orbán ha detto che Bruxelles vuole un’Europa senza Stati-nazione, un’élite senza Stato, un’alleanza di lobbisti multinazionali e una coalizione di speculatori finanziari. Come dargli torto?

 

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Solo personale militare femminile è di stanza nella maggior parte dei grandi posti di blocco in Ucraina. Al massimo si vedono mercenari che parlano francese, inglese e tedesco. Nessuno sa dove siano finiti i soldati maschi ucraini. Delle due l’una: o le forze militari sono ridotte al minimo, oppure si stanno addestrando all’estero.

 

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Andrew Milburn, colonnello dei marines in pensione, a capo dell’esercito di mercenari Mozart impegnato in Ucraina, dove ha trascorso mesi ad addestrare soldati, avrebbe detto su Twitter: L’Ucraina è una “società corrotta e fottuta”, gestita da “persone fuori di testa”. I soldati ucraini “uccidono quelli che si arrendono” e commettono “atrocità”.

Perché invece gli anglo-americani no… Chi li ha addestrati fino adesso a comportarsi così?

 

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Un disegno di legge, presentato di recente alla Camera bassa del parlamento polacco, propone di rinunciare alla responsabilità penale per i polacchi che prestano servizio nelle forze armate ucraine dal febbraio 2014 senza il permesso richiesto dal Ministero della Difesa, altrimenti si rischiano da tre mesi a cinque anni di carcere.

Si parla di “febbraio 2014” non di “febbraio 2022”. Cioè secondo i polacchi la Russia avrebbe invaso l’Ucraina dai tempi della Crimea. Sicché i polacchi si sarebbero arruolati come mercenari a partire da quella data. Ormai son così tanti che la situazione va sanata giuridicamente.

Al momento i russi parlano di 1.200 mercenari polacchi fatti fuori. È una cifra enorme, non verificabile. Si sa soltanto che il Ministero polacco della Difesa sta avviando procedure per l’arruolamento di soldati da mandare in Ucraina. Nel marzo 2023 sono previste specifiche esercitazioni militari della durata di 33 giorni.

I soldati statunitensi uccisi in Vietnam furono oltre 58.000 con più di 153.000 feriti. Chissà se bisogna aspettare queste cifre tra gli Stati della NATO prima di parlare di pace.

 

[29] Non c’è futuro per l’Ucraina

 

L’Ucrania è stata una nazione costruita prendendo pezzi da cinque nazioni. L’ha detto il vice-presidente del Consiglio di Sicurezza russo, Dmitry Medvedev, che prevede che Ungheria e Polonia si riprenderanno nel 2023 quello che era loro. Unici che dormono sono i romeni.

Una dichiarazione che lascia pensare solo a una cosa: finita la guerra, l’Ucraina non esisterà più. La spartizione avverrà su base etnica. I russi si prenderanno l’80% e lasceranno il resto ai tre Paesi-NATO confinanti (escludendo che la Slovacchia voglia rivendicare qualcosa). Dall’Ucraina probabilmente emigreranno in occidente altri 10 milioni di persone.

Ha anche aggiunto che con l’occidente non ci saranno più relazioni normali forse per decenni, ameno fino a quando una nuova generazione di politici assennati non salirà al potere.

Ora, considerando che per avere statisti davvero democratici, indipendenti dal potere economico e finanziario, ci vorrebbero delle rivoluzioni politiche vere e proprie, possiamo tranquillamente affermare che il prossimo scontro con la Russia non si porrà su un terreno semplicemente “convenzionale”.

 

Previsioni di Dmitry Medvedev per il 2023

 

1. Cifre astronomiche per avere gas e petrolio.

2. Il ritorno del Regno Unito nell’Unione Europea (qui si potrebbe aggiungere: anche perché non potrà permettersi che vorrà farlo la Scozia, dopo che avrà vinto il referendum secessionista).

3. Il crollo dell’Unione Europea dopo il ritorno del Regno Unito e l’abolizione della circolazione dell’euro come moneta della ex UE.

4. Cattura da parte di Polonia e Ungheria delle regioni occidentali dell’ex Ucraina.

5. Creazione del Quarto Reich sulla base della Germania e dei satelliti che vi si uniranno (Polonia, Paesi baltici, Repubblica Ceca, Slovacchia, Romania, Repubblica di Kiev e altri emarginati).

6. Guerra tra la Francia e il Quarto Reich. Partizione dell’Europa, compresa una nuova partizione della Polonia.

7.  L’Irlanda del Nord si separerà dal Regno Unito e si unirà alla Repubblica d’Irlanda.

8. Nuova guerra civile americana, con la secessione della California e del Texas che diventeranno Stati indipendenti. Creazione dello Stato dell’Unione del Texas e del Messico. La successiva vittoria di Elon Musk durante le elezioni presidenziali USA in alcuni degli Stati assegnati ai repubblicani dopo la guerra civile.

9. Trasferimento di tutti i principali mercati azionari e attività finanziarie dagli Stati Uniti e dall’Europa all’Asia.

10. Il crollo del sistema finanziario di Bretton Woods, compreso il crollo del FMI e della Banca Mondiale. Rifiuto dell’euro e del dollaro come valute di riserva mondiale. Il ritorno del gold standard. Verranno invece utilizzate attivamente le valute fiat digitali.

Cosa crediamo impossibile? Se l’Ucraina perde la guerra (e di sicuro la perderà), non esisterà alcuna repubblica autonoma di Kiev.

Piuttosto avrei aggiunto la necessità di risolvere con urgenza la questione dei confini tra serbi e kosovari, poiché non va escluso l’intervento militare della Russia a fianco della Serbia per eliminare quell’obbrobrio occidentale chiamato “Kosovo”.

Finita la guerra in Ucraina, la Russia dovrà per forza risolvere l’annosa querelle tra azeri e armeni e questa volta non lo farà in maniera pacifica se il governo azero non ridimensiona le sue pretese.

Inevitabile sarà la decisione della Cina di prendersi Taiwan prima che le aziende che producono chip si trasferiscano negli USA.

La questione kurda andrà risolta con una conferenza internazionale, riconoscendo a questa popolazione una parte dei territori turchi, siriani, irakeni e iraniani, previo smarcamento da qualunque rapporto con gli USA, le cui basi militari in Siria e Iraq andranno smantellate.

Una conferenza internazionale dovrà risolvere anche la questione palestinese, i rapporti tra israeliani e libanesi e la restituzione del Golan alla Siria. Per decidere tutto ciò, i governi egiziano e iraniano dichiareranno d’essere filorussi.

I turchi se ne devono andare dalla zona nord di Cipro, oppure si dovrà creare uno Stato totalmente laico, bilingue e senza confini interni.

La presenza neocolonialistica dei francesi in Africa verrà risolta dagli stessi Paesi africani con aiuto militare dei russi e probabilmente dei cinesi.

Se l’Algeria entra nei BRICS e diventa partner strategico della Russia sul piano militare, il futuro governo libico nazionale sarà filorusso, e il Marocco dovrà rinunciare alle sue assurde pretese sul Sahara Occidentale.

L’Arabia Saudita deve andarsene dallo Yemen.

I colpi di stato in Pakistan e Perù, fomentati dagli USA, dovranno essere risolti in un modo o nell’altro.

Se la Russia vince in Ucraina, cadrà il governo filoamericano della Moldavia, altrimenti fallirà economicamente. Se diventa filorusso, potrà riunificarsi con la Transnistria, a meno che questa non venga assorbita dai russi dopo la sconfitta dell’Ucraina, unendola al Donbass.

Se i Paesi Baltici continuano a essere russofobi, minacciando la minoranza russa, faranno la fine dell’Ucraina.

Se la Finlandia entra nella NATO, scomparirà come nazione, poiché la Russia non potrà permettersi di avere per 1.300 km di confine una Ucraina-bis.

I catalani hanno il diritto di separarsi dagli spagnoli, in quanto l’autodeterminazione dei popoli è un diritto superiore alla sovranità degli Stati e alla loro integrità nazionale.

Prevedo anche l’espulsione della Turchia dalla NATO se deciderà di aderire ai BRICS. Stessa cosa per l’Ungheria di Orbán, che, oltre che dalla NATO, uscirà anche dalla UE, dopo che la Russia avrà vinto in Ucraina.

L’ONU andrà ripensato completamente, poiché in questo momento è solo un organo in mano agli occidentali e non è in grado di garantire nulla di utile in nessuna parte del pianeta.

 

Un governo miope

 

Mentre le mense dei poveri in tutta Italia stanno registrando un’affluenza record (solo a Milano +20% rispetto al dicembre 2021), la Meloni ha promesso a Zelensky nuovi aiuti militari e sistemi di difesa antiaerei. I soldi per la guerra ci sono sempre.

La destra è miope: i poveri non li vede. Li considera “occupabili”. Essere povero è una colpa. Lo si diventa perché non si vuol lavorare, perché non si accetta di lavorare come schiavi. Chi non vuole schiavizzarsi, va punito, togliendogli qualunque forma di assistenzialismo, a partire dal reddito di cittadinanza. E se poi protesta, il governo ne approfitterà per diventare sempre più autoritario. È questo il grande reset che ci attende.

Gli USA ci vogliono de-industrializzare per poterci meglio colonizzare. Chissà, forse in questa maniera smetteremo di pensare che, per garantire benessere a tutti, sia sufficiente essere industrializzati. Ci metteremo finalmente nei panni di tutti quei Paesi che abbiamo colonizzato nell’ultimo mezzo millennio. Peccato però che in questa legge del contrappasso ci saranno sempre delle categorie privilegiate. Infatti per eliminarle ci vuole ben altro.

 

Dal Qatar all’Arabia Saudita

 

La retorica con cui Gianni Infantino, presidente della FIFA, ha negato o minimizzato le violazioni dei diritti umani da parte del Qatar non ha precedenti nella storia dell’organizzazione, e sembra dimostrare che il percorso che ora si vuole seguire sia questo: separare il calcio dal rispetto dei diritti umani.

Infatti si pensa di affidare la realizzazione dei Mondiali del 2030 a un’altra monarchia assoluta del Golfo: l’Arabia Saudita, che nel frattempo si è già assicurata la Coppa d’Asia del 2027.

Il 2030 non è una data a caso: è anche l’anno in cui i sauditi prevedono di ultimare il loro ambizioso progetto per ridurre la dipendenza del Paese dal petrolio, per diversificare l’economia e sviluppare settori di servizio pubblico come sanità, istruzione, infrastrutture, attività ricreative e turismo.

Lo sbarco di Riad nel calcio europeo è arrivato solo nel 2021, attraverso l’acquisizione statale del Newcastle, prontamente trasformato attraverso grosse spese sul mercato in una delle principali squadre d’Inghilterra. Si è così colmato un gap con gli Emirati Arabi Uniti, che avevano già acquistato il Manchester City, e col Qatar, che aveva acquistato il Paris Saint-Germain e che ai Mondiali ha fatto indossare al campione Messi il bisht tradizionale, prima che questi alzasse al cielo la Coppa del Mondo. Messi infatti, essendo un giocatore del PSG, viene pagato dal Qatar.

Lo scorso maggio però si è accordato con l’Arabia Saudita per diventare l’ambasciatore del turismo nel Paese, contribuendo così a sviluppare il cosiddetto sportswashing, un termine reso popolare da Amnesty International per descrivere l’uso dello sport da parte di governi oppressivi per legittimarsi e distrarre i media mondiali dalle loro violazioni dei diritti umani.

Ha fatto la stessa cosa di David Beckham, che nel 2021 firmò un contratto da 200 milioni di dollari per diventare l’ambasciatore culturale del Qatar.

Che bisogno hanno di comportarsi in maniera così indegna non si sa, visto che sono già miliardari. Messi addirittura una volta era lodato per i suoi sforzi umanitari con l’Unicef e per la sua stessa fondazione di beneficenza.

Insomma bisognerebbe mettere nella testa a questi giocatori che i diritti umani sono importanti di per sé, non solo quando li riguardano di persona.

Fonte: valigiablu.it

 

L’uso delle rupie è convincente

 

Il regolamento del commercio estero dell’India in rupie è finalmente iniziato con le prime transazioni che coinvolgono banche russe.

Anzi circa 30-35 Paesi asiatici e africani, alle prese con una carenza di riserve in dollari, hanno espresso interesse a comprendere meglio il meccanismo di scambio in rupie. Hanno intenzione di adottarne uno analogo, usando anche loro le rupie.

Chiaro cosa significa de-dollarizzazione?

 

[30] Fino a che punto le guerre possono essere ibride?

 

Grande reset non vuol dire solo utilizzare la guerra economica, la guerra informatica, la guerra dell’informazione e la guerra psicologica. Non vuol dire solo condurre le guerre in cinque diversi domini operativi: aria, terra, mare, spazio e cyber. Ma vuol dire anche – come prevede la NATO – giustificare una “battaglia per il tuo cervello”, per “rendere tutti un’arma”.

La guerra diventa “cognitiva”, ideologica, in cui il nemico è avvertito come tale qualunque cosa faccia, cioè anche quando un’unica sua azione lo rende un nemico in tutte le altre, anche in quelle in cui non dovrebbe esserlo, non avrebbe motivo di esserlo. È così che si diventa “fobici”. È così che si realizza la “militarizzazione della scienza del cervello”.

Con un cervello così hackerato, chiunque può diventare un’arma, anche se non ne possiede, anche quando non le usa. Il nemico, in un modo o nell’altro, va sterminato, poiché lo è a 360 gradi. Ne va della propria incolumità, sopravvivenza, sicurezza esistenziale.

Di qui la distruzione di qualunque simbolo, oggetto, parola, scrittura... che possa far ricordare che esiste un soggetto diverso da se stessi. Il nemico va odiato senza eccezioni di sorta, senza fare alcuna distinzione tra governo e popolo, tra cultura e politica, tra idee e affari, tra adulto e bambino, tra maschio e femmina... Deve rientrare nella collettiva damnatio memoriae. Deve essere considerato un “barbaro” da evitare in tutti i modi e con qualunque mezzo.

Tutti diventiamo combattenti, chi con un’arma in mano, chi con un computer, chi facendo la spia, il delatore, l’infiltrato, chi usando la parola propagandistica in pubblico, come l’analista, l’opinionista, il politico, il giornalista, il militare... Tutti devono anzitutto “odiare”, scegliendo liberamente le forme, i vari gradi di intensità, l’obiettivo da colpire, da screditare, da marginalizzare, da censurare... Particolarmente pericolose diventano le voci fuori dal coro, la controinformazione, le quinte colonne del nemico. A tutti costoro la lingua va tagliata. Contro costoro il gruppo di appartenenza cui si fa riferimento va radicalizzato, ideologicamente uniformato in ogni sua narrazione. La polarizzazione delle opinioni deve apparire netta, prima di procedere alle epurazioni.

L’obiettivo della guerra cognitiva è danneggiare l’intera società nemica e non solo i militari che la difendono. L’uso dell’atomica rientra in questa esigenza. Una popolazione deve essere messa nelle condizioni di credere che questo tipo di arma è, in ultima istanza, la soluzione migliore per eliminare un avversario che il mainstream ritiene irriducibile. Dovranno metterci nelle condizioni di credere che il nemico ci odia a titolo personale, ci vuole portare via i nostri beni, distruggere la nostra abitazione, la nostra serenità familiare... E per questa ragione va tolto di mezzo senza alcuna pietà, prima che sia lui a farlo nei nostri confronti. Oggi i nemici sono due: i russi e i cinesi.

Fonte: thegrayzone.com

 

Polacchi in fuga

 

Nelle ultime settimane più di 70.000 uomini polacchi sono partiti per un qualche Paese della UE o per il Regno Unito, cercando di evitare le esercitazioni del proprio Ministero della Difesa.

Si pensa che entro marzo 2023 potrebbero esserci diverse centinaia di migliaia di cittadini pronti a fuggire.

Infatti l’anno prossimo ci si aspetta che 250.000 soldati di riserva possano ricevere un richiamo alla mobilitazione se hanno meno di 55 anni o se non svolgono una funzione importante.

Chi ha detto ch’erano solo i russi che non volevano combattere? Possibile che in Ucraina non si riesca a finire una guerra che nessuna persona sensata vuole? Perché Kiev non si arrende? Possibile che dopo 10 mesi Zelensky non abbia ancora capito che non ha nessuna possibilità di vincere? Possibile che gli statisti europei siano consapevolmente favorevoli a un suicidio di massa? Possibile che appartengano tutti a una specie di setta fanatica come p.es. quella di Jim Jones in Guyana?

 

[31] Il Cognitive Warfare per il Dominio Umano

 

Chi è Jonas Tögel? È un americanista e ricercatore di propaganda. Ha conseguito il dottorato in materia di soft power e motivazione e attualmente lavora come assistente di ricerca presso l’Istituto di psicologia dell’Università di Ratisbona. I suoi interessi di ricerca includono la propaganda, la motivazione e l’uso di tecniche di soft power.

È amato dalla NATO, che infatti, a partire dal 2020, ha mostrato grande interesse per la guerra psico-cognitiva, quella che deve influenzare enormemente il comportamento delle masse, cioè dell’opinione pubblica, convincendo i nemici che hanno torto e gli amici che hanno sempre ragione.

Per poterlo fare ci vogliono sofisticate tecniche di soft power. Questi strumenti psico-ideologici devono influenzare milioni di persone, senza che queste abbiano la percezione d’essere manipolate.

Il politologo americano Joseph Nye definisce il soft power come “la capacità di persuadere gli altri a fare ciò che si vuole senza usare la violenza o la coercizione”. Il “Cognitive Warfare” deve diventare il principale programma con cui fare della sfera umana un nuovo teatro di guerra. La cosa non è facile, poiché la gente tende ad avere sempre meno fiducia nelle istituzioni, politiche o militari che siano.

Il primo documento della NATO che parla di “sesto dominio delle operazioni” (gli altri 5 sono aria, terra, mare, spazio e cyber) è stato scritto nel settembre 2020 dall’americano August Cole, ex giornalista del “Wall Street Journal”, specializzato nell’industria della difesa, e dal francese Hervé le Guyader, biologo evolutivo.

Il saggio spiega come funziona la guerra cognitiva e perché chiunque, sul piano dei pensieri e dei sentimenti, può esservi coinvolto, anche a sua insaputa.

Naturalmente gli autori danno per scontato che possa esistere un nemico esterno in grado di farci questo lavaggio del cervello, e che quindi la NATO sia lo strumento indispensabile per la nostra tutela. Anzi essa stessa deve attrezzarsi per usare analoghi mezzi e metodi contro l’avversario, in particolare come utilizzare le neuroscienze per effettuare attacchi digitali al pensiero, ai sentimenti e all’azione umana degli avversari.

Anche l’ex funzionario francese, François du Cluzel, e il ricercatore cognitivo francese Bernard Claverie hanno pubblicato, nel 2021, per la NATO un documento strategico completo in cui fanno capire che per ottenere la fiducia delle masse non bastano operazioni psicologiche. Con le PsyOps si ottiene un consenso passivo, quando invece occorre una guerra cognitiva relativa alla mente, una “propaganda partecipativa” alla quale tutti si sentano direttamente coinvolti. L’obiettivo è proteggere il “capitale umano” della NATO, che è l’unico campo di battaglia in cui si possono conseguire delle vittorie definitive, non semplicemente tattiche.

In pratica all’interno della NATO gli strateghi si stanno preoccupando della disinformazione che proviene dalla propaganda russa e cinese. Cioè prima ancora di convincere le popolazioni occidentali che tutta la verità e tutta la falsità stanno in luoghi opposti, hanno già iniziato a mentire: la NATO è una colomba, mentre Russia e Cina sono dei falchi.

Fonte: sinistrainrete.info

 

Hollande ipocrita come la Merkel

 

L’ex presidente francese Francois Hollande ha confermato la versione della Merkel secondo cui gli accordi di Minsk erano necessari solo per riarmare l’esercito ucraino, affinché eliminasse le repubbliche separatiste e si riprendesse la Crimea. Cosa che avrebbe potuto fare tranquillamente nel 2022.

Oltre a questa dichiarazione vergognosa (che rilasciata da un socialista lo è ancora di più), Hollande avrebbe detto che il conflitto in Ucraina terminerà solo con la sconfitta della Russia (per lui inevitabile) e la restituzione della Crimea.

Ha accusato Putin di voler ricreare, già dal 2012, l’Unione Sovietica, e che, se non avesse avuto paura dell’isolamento internazionale, avrebbe preso anche il Donbass dopo la Crimea. Quindi sarebbero stati Francia e Germania a convincerlo ad accettare il “formato Normandia” e poi a promuovere gli Accordi di Minsk.

In tal modo Hollande ha negato che a Kiev fosse andato al potere il neonazismo con un colpo di stato e soprattutto ha negato che tra i neonazisti ucraini e il Donbass esistesse una guerra civile e una politica genocidaria. Quindi per lui l’operazione speciale lanciata da Putin non ha alcuna giustificazione. Non si doveva aiutare nessuno perché non c’era nessuno che aveva bisogno d’essere aiutato.

Mi chiedo: perché questi politici mentono sapendo di mentire? Chi li obbliga a farlo? È la loro coscienza sporca oppure sono pagati da qualcuno o qualcuno ha fatto loro delle proposte che non possono rifiutare?

Ma soprattutto: non si vergogna di sostenere che i trattati di pace possono non avere alcun valore? Putin ha tardato tanto a intervenire militarmente (e di questo si è pentito), proprio perché credeva fermamente nel valore di quei due Accordi. Non si possono applicare a lui, per proiezione, pensieri atteggiamenti intenzioni che in maniera naturale riguardano il comportamento degli statisti occidentali. Non si vergogna Hollande a sostenere che lui e la Merkel avevano diritto a non rispettare gli Accordi di Minsk, in quanto, secondo loro, Putin aveva intenzione di occupare il Donbass?

Questi due ex statisti vanno considerati politicamente responsabili della morte di 14.000 cittadini del Donbass. Dovrebbero essere processati da un tribunale internazionale.

 

In Polonia si preparano alla guerra

 

Il servizio militare generale volontario, introdotto in Polonia da una nuova legge sulla difesa varata nel marzo scorso, è un’alternativa alle due vie d’ingresso esistenti nell’esercito: il servizio militare professionale e le forze di difesa territoriale. Il servizio militare obbligatorio è stato abolito nel 2009.

La formazione delle reclute è di un anno e la paga mensile di circa 982 euro, oltre a vitto e alloggio e ferie pagate. Chi supera l’intero ciclo di formazione ha la priorità nel reclutamento per il servizio professionale, oppure può chiedere il trasferimento presso il servizio militare territoriale o la riserva attiva.

In Polonia il governo alimenta la psicosi di una possibile invasione da parte della “Russia imperiale”, soprattutto se questa vincerà in Ucraina. Di qui la decisione di aumentare le forme degli arruolamenti volontari e, nel 2023, le spese militari fino al 3% del PIL, andando oltre il 2% richiesto dalla NATO. Al momento chi spende di più sono Grecia (3,82%), Stati Uniti (3,52%) e Croazia (2,79%).

Le forze armate passeranno dagli attuali 143.500 uomini (111.500 professionisti e 32.000 territoriali) a 300.000 (250.000 professionisti e 50.000 territoriali). Non dimentichiamo che la Polonia, pur essendo nel novero dei Paesi europei più estesi (è più grande dell’Italia), ha solo 40 milioni di abitanti.

Chi diventa professionista – dice la propaganda per il reclutamento – acquisirà conoscenze e abilità indisponibili al di fuori dell’esercito, avrà uno stipendio allettante con numerosi extra, vari corsi specialistici e un pensionamento sicuro.

Tali disposizioni legislative sono state approvate praticamente da un parlamento unanime. Come noto i polacchi soffrono della sindrome dell’accerchiamento: russi a est e tedeschi a ovest. A quest’ultimi chiedono ancora di pagare i danni dell’invasione nella II guerra mondiale. E i russi non vengono minimamente considerati dei liberatori dal nazismo. I polacchi detestano i russi in quanto tali, a prescindere che questi siano comunisti o capitalisti; e se sono cattolici, detestano gli ortodossi.

Anche i bielorussi vengono considerati dei pericolosi nemici. Secondo il governo lo dimostra la recente crisi dei confini territoriali, quando decine di migliaia di persone (di cui il 20-30% minorenni), provenienti da Medio Oriente, Africa e Asia, tentarono di entrare in Polonia con l’aiuto delle autorità bielorusse, intenzionate a vendicarsi per l’appoggio che il governo polacco aveva dato agli oppositori di Lukashenko durante l’ultimo tentativo di golpe.

Le autorità polacche sostennero, in piena paranoia, che quelle masse di profughi erano una forma di “guerra ibrida” orchestrata dalla Russia. Di qui l’idea assurda di erigere un muro di confine “impenetrabile”, come quello tra USA e Messico. Un muro che però rimase tranquillamente valicabile a 1,4 milioni di profughi fuggiti da una Ucraina in fiamme: la cifra più alta, seguita da Germania (814.000), Spagna (146.000) e Bulgaria (135.000).

Di qui la richiesta agli USA di stanziare in Polonia circa 10.000 soldati, e di dotare il Paese di due batterie di missili Patriot e di un certo numero di aerei da combattimento F-16. Anche il Regno Unito ha fornito ai polacchi il suo sistema di difesa aerea avanzato Sky Saber e 350 militari.

Chissà forse tutti questi militari serviranno per fronteggiare le proteste di massa contro un divieto quasi totale dell’aborto e naturalmente per incarcerare tutti i membri dell’opposizione parlamentare, che di solito vengono considerati dal partito di governo nazional-conservatore, Diritto e Giustizia, come dei veri e propri “traditori della patria”.

Fonte: notesfrompoland.com


Gennaio

 

 

 

[1] Augurio per il nuovo anno

 

La finanziarizzazione dell’economia, avvenuta con la globalizzazione e il petrodollaro, ha avuto un ruolo chiave nel processo di svuotamento della sovranità nazionale.

Grazie alla Russia e all’appoggio che ha ricevuto da parte di Cina e India (ma anche di Turchia, Ungheria e tanti altri Paesi), gli USA e la UE non potranno più gestire le sorti dell’umanità, non potranno più essere dei centri di potere transnazionali. Non ci potrà più essere qualcuno che decide il grado e l’intensità dello sfruttamento delle risorse altrui.

Ora l’era del multipolarismo è alle porte. Si sta preparando il terreno a un graduale ritorno al concetto di sovranità nazionale, che anzitutto dovrà essere monetaria.

Che la deglobalizzazione sia ormai un processo irreversibile, lo dimostra lo sviluppo di una nuova alleanza di nazioni sovrane, che si sta allargando sempre di più: i BRICS.

Tutti gli organismi internazionali che fino adesso hanno agito prevalentemente sulla base degli interessi occidentali (a partire dall’ONU), dovranno ripensare il senso della propria esistenza.

Il multipolarismo non implica di per sé la fine del capitalismo, ma agevola la transizione verso una migliore civiltà, permetterà ai popoli di prendere decisioni in autonomia.

Il principio dell’autodeterminazione dei popoli, che gli abitanti del Donbass han voluto difendere con così grande forza e coraggio nei confronti degli altri due princìpi difesi dal governo nazionalista e neonazista di Kiev, e cioè la sovranità politica dello Stato e l’integrità territoriale della nazione, dovrà restare nei secoli a venire un fondamentale punto di riferimento per la realizzazione della vera democrazia.

 

[2] Il livello di eticità di Zelensky

 

Zelensky ha ignorato la richiesta del premier israeliano Netanyahu di votare contro la risoluzione, presentata dalla Palestina all’ONU e approvata il 30 dicembre scorso dall’Assemblea generale, sull’occupazione israeliana dei territori palestinesi.

Motivo? Israele non ha fornito difesa aerea a Kiev contro la Russia.

Netanyahu naturalmente gli ha risposto d’essere disponibile a negoziare in futuro le esigenze militari del governo ucraino.

Cioè a Zelensky non importa assolutamente nulla delle rivendicazioni palestinesi, ma se queste possono servire per ottenere qualcosa di significativo in cambio, allora ci si può ragionare. E Netanyahu naturalmente ha capito la sua decisione, poiché al suo posto si sarebbe comportato con lo stesso atteggiamento strumentale. Ovviamente su un altro argomento all’ordine del giorno.

 

Vincere l’inflazione con la recessione?

 

Secondo Kay Daniel Neufeld, direttore e responsabile delle previsioni al Centre for Economics and Business Research, l’economia mondiale dovrà affronterà la recessione nel 2023 a causa degli aumenti dei tassi d’interesse in risposta all’aumento dell’inflazione.

Le banche centrali occidentali sono state molto lente nel rendersi conto della portata dei problemi inflazionistici e, di conseguenza, gli aumenti dei tassi d’interesse e la decelerazione monetaria sono stati bruschi. In molti Paesi ci vorrà persino una recessione perché diminuisca l’inflazione.

Scommettiamo che tra questi Paesi ci sarà anche l’Italia? L’inflazione (dovuta soprattutto a energia e generi alimentari) ha raggiunto il 12%, il tasso più alto dagli anni ’80. L’Italia rimane uno dei Paesi più indebitati dell’Eurozona, con un debito pubblico pari al 147% del PIL. Cioè per ogni euro prodotto ne spendiamo quasi uno e mezzo. Se ogni famiglia si comportasse così, saremmo falliti da un pezzo. È che gli speculatori e i vili affaristi sanno bene che siamo dei grandi risparmiatori. Ma secondo l’ISTAT il 25% della popolazione è a rischio di povertà o esclusione sociale. L’Unione Europea non ci è servita a niente, anzi...

 

Colpi di stato o rivoluzioni?

 

Una ricerca del Council on Foreign Relations di New York ha concluso che dagli anni ’50 ad oggi si sono susseguiti nel continente africano più di 200 colpi di stato, tentati o riusciti. Praticamente più delle elezioni. Il primato va al Sudan, dove in tutto sono stati 17, di cui 6 riusciti.

Gli ultimi in Mali e Burkina Faso, preceduti e seguiti da manifestazioni antifrancesi. Ma anche in Gambia. Nell’ultimo anno l’Africa ne ha vissuti otto.

Liberarsi del colonialismo occidentale non è facile. Tanto meno si riesce con dei golpe militari. È il popolo che deve insorgere. Anche perché spesso i colpi di stato non sono che uno strumento per perseguitare gli oppositori politici.

 

Il contante conta

 

La massima parte dell’evasione fiscale non passa dal contante ma dai circuiti digitali e finanziari offshore. Se si vuol togliere il contante perché genera evasione, a maggior ragione bisognerebbe togliere il denaro digitale. Invece vogliono togliere il contante per spostare tutto sul denaro digitale. Insomma, per combattere l’evasione favoriscono il mezzo che più la produce. Dunque togliere il contante significa soltanto ridurre ulteriormente la libertà dei cittadini: come chiudono i profili social con un click censorio, così potrà avvenire con un conto bancario. Inoltre col contante sparito e col monopolio del digitale, le banche potranno alzare ad libitum il costo delle operazioni finanziarie per l’uso delle carte.

 

Roberta ascoltami, diceva la canzone

 

A Qatargate in corso, proprio una dei presunti protagonisti, Roberta Metsola, presidente del Parlamento europeo, ha nominato il marito – Ukko Metsola – al vertice europeo della ricca Cruise Lines International Association. Era già vicepresidente del gruppo USA delle crociere Royal Carribean.

Qualche anno or sono Ukko Metsola era un esponente di primo piano della politica finlandese. I coniugi tentarono insieme la candidatura in Europa, ma fu solo lei a farcela, iniziando così un percorso che rapidamente superò in prestigio quello del marito. Ma in famiglia, si sa, ci si aiuta sempre.

Non solo ma, dovendo nominare il suo portavoce, la Metsola ha posato lo sguardo sul cognato, Matthew Tabone. Nepotismo e corruzione sono di casa a Bruxelles.

Tuttavia con lo scandalo delle mazzette ancora caldo, forse la cosa rischiava di apparire di cattivo gusto. Sicché la nomina – a malincuore – è girata sulla spagnola Leticia Zuleta de Reales Ansaldo.

 

Fare la cresta

 

L’ex premier ucraino Mykola Azarov ha sostenuto che non solo Zelensky sottrae denaro dagli aiuti finanziari occidentali (fino adesso la sua cricca ha intascato circa 20 miliardi di dollari), ma anche che gli USA ne sono al corrente e non hanno intenzione di chiedere alcuna verifica di bilancio.

Ciò naturalmente si aggiunge al fatto che i neonazisti ucraini rivendono all’estero molto materiale bellico che gli arriva da USA e UE (recentemente un’ingente partita di anfibi Arbesko forniti dall’Islanda). Praticamente la guerra sta diventando per loro un grande affare. Quindi meglio prolungarla il più possibile.

 

[3] Un bagno di umiltà

 

Secondo le forze armate dell’Ucraina, dal 1 gennaio 2023 la lunghezza totale del fronte terrestre è di quasi 4.000 km, la sezione attiva è di 1.500 km.‌

Come noto l’Italia si estende per una lunghezza massima di 1.200 km, da Vetta d’Italia a Capo delle Correnti. Quindi in pratica si sta combattendo su un fronte che per lunghezza è come Italia e Svizzera messi insieme, e poi rimangono ancora 80 km.

Fronti di combattimento attivi di questo genere si vedevano nelle guerre mondiali, non in quelle regionali.

Nonostante che la Federazione Russa stia combattendo da sola contro 27 Paesi della NATO, le sue truppe hanno liberato un territorio che è 5 volte più grande di quello che le due repubbliche separatiste, LPR e DPR, occupavano fino al 24 febbraio.

Da notare che i suddetti 27 Paesi hanno già speso 97 miliardi di dollari per la fornitura di armi all’Ucraina, e questo non è servito a niente, se non ad aumentare i morti e le devastazioni materiali. Ufficiali di stato maggiore della NATO, artiglieri e altri specialisti sono nella zona di combattimento in funzione attiva. Basti pensare che più di 500 satelliti USA e NATO operano nell’interesse di Kiev. Ma anche questo non ha mai offerto in nessun momento dei 10 mesi già passati l’occasione per sperare in una vittoria sicura. Ancora oggi si è convinti che Zelensky non può scendere a trattative finché non ottiene un vantaggio significativo.

Considerando che i russi non hanno mai avuto intenzione di ammazzare i civili, bisogna dire che i risultati conseguiti sono assolutamente straordinari. Non tener conto di questi risultati nella trattativa di pace è semplicemente assurdo. Un bagno di umiltà non ci farebbe male.

Putin non ha mai pensato a una mobilitazione generale, ma è evidente che il richiamo alle armi di altri 300.000 uomini, cui si vanno ad aggiungere altri 20.000 come volontari, non darà scampo né agli ucraini né alle forze della NATO. Il ministro della Difesa, Shoigu, ha persino previsto che l’esercito russo potrà arrivare a 1,5 milioni di militari.

La Russia è in grado di passare a una guerra totale convenzionale non solo contro l’Ucraina ma anche contro i 27 Paesi della NATO. Il suo esercito è in grado di combattere in qualunque condizione climatica, e sicuramente otterrà la vittoria definitiva in pieno inverno.

A questi livelli non ha alcun senso che il governo di Kiev non si arrenda: se l’avesse fatto subito sarebbe stato infinitamente meglio. Anche perché la NATO non può pensare di vincere senza usare le atomiche. Nessun esercito occidentale è in grado di combattere nelle stesse modalità di quello russo, meno che mai per un tempo così prolungato.

Probabilmente l’occidente pensava che un crollo economico della Russia avrebbe portato facilmente a una sua sconfitta militare. Infatti non meno di 46 Paesi le hanno imposto un totale di oltre 10.000 sanzioni, rendendola la più sanzionata di tutti i tempi. Eppure tutte le previsioni sono state smentite. I fatti han dimostrato che l’intero occidente non è assolutamente in grado di capire la potenza della Russia, né sul piano militare né su quello economico (per noi l’indice materiale più importante è il PIL, che è meramente quantitativo). È un errore che stiamo facendo dai tempi di Napoleone.

Quando la Russia perde è perché si trova internamente dilaniata da contraddizioni spaventose. Ma Putin, che l’ha riscattata dallo sfacelo degli anni ’90, può contare su un consenso che gli statisti occidentali, nei loro Paesi, non riescono neppure a sognare.

 

Una vittoria non una trattativa

 

La guerra della Russia con la NATO è in pieno svolgimento, seppur non in maniera esplicita. La fornitura di armi, l’addestramento dell’esercito ucraino, migliaia di mercenari, fantastiche tranche di denaro, odio anti-russo: tutto ciò che può essere utilizzato in una guerra ibrida è già stato utilizzato.

L’idea che gli americani hanno di infliggere attacchi missilistici sul territorio russo e sui suoi militari, e allo stesso tempo dire che “non siamo in guerra con la Russia”, sembra solo un mezzo per fare pressioni su Mosca. Ma Putin potrebbe anche smettere di fare il moderato, per quanto, al momento e per fortuna, nessuno sembra volere una guerra nucleare. Il che non è detto che non scoppi solo perché nessuno la vuole.

Di sicuro la Russia non ha bisogno di un’escalation del conflitto, poiché sin dall’inizio si è posta un compito ben delimitato, che riguarda esclusivamente l’Ucraina: liberare il Donbass dai neonazisti e impedire che il Paese entri nella NATO.

Piuttosto sono i “falchi” del partito democratico americano che han bisogno di vincere la guerra, per impedire che vengano fuori gli scandali della famiglia Biden, dei biolaboratori, del ruolo degli USA e della NATO sia nel rapporto coi neonazisti ucraini, sia nella distruzione dei gasdotti del Nordstream, sia negli attacchi terroristici contro i civili del Donbass, e via dicendo.

I finanziamenti dati al governo di Kiev sono spropositati: come potranno giustificarli se la NATO perderà anche in Ucraina? La NATO ha già perso in Medio Oriente e in Afghanistan, e ha abbandonato il Maghreb a se stesso.

Finché i democratici controllano gli USA, è vantaggioso per loro spingere la NATO a intensificare la guerra in Europa. Ma se la Russia vince, che succederà?

È evidente che la NATO dovrà trovare il modo d’indurre la Russia a iniziare un’escalation molto pericolosa, che potrebbe portare a un conflitto nucleare. A tale scopo sono necessarie delle provocazioni.

Potrebbe trattarsi di un’esplosione in un aeroporto o in una base militare della NATO, oppure in un porto o in un deposito di armi. Quasi ogni aggressione americana è iniziata con una provocazione su larga scala: dall’incrociatore “Maine” all’incidente nel Golfo del Tonchino, dalle armi biologiche di Saddam Hussein ai tentativi di provocare l’esplosione della centrale nucleare di Zaporozhye.

La NATO ha bisogno di una vittoria, non di una semplice trattativa.

 

Tucker Carlson ha ragione

 

Il conduttore di “Fox News”, Tucker Carlson, ha definito il presidente ucraino Zelensky un “dittatore pericoloso” che sta usando miliardi di dollari per creare uno stato di polizia a partito unico. Zelensky ha infatti vietato i partiti di opposizione, anzi arresta gli oppositori politici e ordina incursioni della polizia nelle chiese ortodosse collegate al patriarcato di Mosca. E ha mentito sul missile russo caduto in Polonia.

Carlson continua a porre domande imbarazzanti sull’Ucraina: per cosa vengono utilizzati i multimiliardari aiuti americani? Qualcuno tiene traccia di come vengono spesi questi fondi? Sicuri che i soldi dei contribuenti americani non finiscano nelle tasche di funzionari senza scrupoli a Kiev? Molti cittadini statunitensi, che devono affrontare quotidianamente l’aumento dei prezzi, non capiscono perché il loro Stato dia fondi a Zelensky e non a loro.

 

Odessa va presa

 

Il capo ad interim della Repubblica popolare di Donetsk, Denis Pushilin, ha affermato che se Kiev non si arrende e la guerra non finisce, è impossibile garantire la sicurezza per i residenti della sua Repubblica finché Odessa e Chernihiv non passano sotto il controllo della Russia.

In questo momento infatti Odessa è la città più strategica di tutte, anche se non sembra. Una volta presa, il Donbass potrà unirsi alla Transnistria.

 

[4] Una lezione storica

 

Purtroppo la guerra russo-ucraina ha polarizzato le opinioni. Amici parenti partner che fino al 24 febbraio venivano considerati accettabili, sono improvvisamente diventati insopportabili. Stiamo perdendo rapporti più o meno consolidati, tradizionali con chi non la pensa come noi. Stiamo diventando sempre più esigenti, più categorici, sempre meno disposti ad ascoltare le ragioni altrui: o sei pro o sei contro, tertium non datur. Si litiga come al tempo della pandemia sulla questione dei vaccini.

Chi è contro i russi, parla solo di invasione brutale, non vede il golpe neonazista del 2014, il ruolo nefasto dell’occidente e in particolare degli Stati Uniti, la guerra civile di Kiev contro il Donbass filorusso, l’orrenda strage di Odessa, l’uso mostruoso dei biolaboratori... Non vede neppure che la guerra è ormai tra Russia e NATO. Non capisce l’importanza del multipolarismo per i destini dell’umanità. E soprattutto chiude gli occhi sulle conseguenze devastanti che nella UE hanno avuto le sanzioni economiche antirusse.

Perché una cecità del genere? Questa non è una guerra di religione in cui si stanno difendendo cattolicesimo e protestantesimo contro il cristianesimo ortodosso. Non è neppure una guerra ideologica tra liberismo e socialismo. La Russia non è uno Stato “proletario” che sta combattendo contro Stati “borghesi”. Al massimo è una guerra tra un capitalismo statale e uno privato, ma non sono queste le categorie che ci fanno schierare come in una partita di calcio.

La stessa dicotomia tra democrazia e autocrazia dovrebbe soltanto farci sorridere, poiché sappiamo benissimo che in occidente la democrazia parlamentare è puramente formale: ormai solo il 50-60% degli elettori va a votare. Da noi sono “sovrani” i ricchi non il popolo. Le Costituzioni ormai sono solo pezzi di carta, lettera morta. Anche a prescindere dalla guerra, i nostri governi vengono contestati come prima, soprattutto sulle questioni economiche, e i vari premier, statisti, eletti cambiano di continuo e, purtroppo, senza che nulla cambi.

Dunque cos’è che rende molte persone filoucraine e russofobiche? È l’ignoranza dei fatti storici, la limitatezza con cui si guardano le cose al di fuori della propria sfera privata, è la rassegnazione ad ascoltare solo ciò che passano i media ufficiali... Noi occidentali siamo imbevuti di enormi pregiudizi, quelli che ci derivano dall’aver esercitato una funzione egemonica nel mondo a partire dai tempi della scoperta dell’America.

Ora che qualcuno ci ha messo all’angolo, non riusciamo ad accettarlo. Ci eravamo illusi che con la fine della guerra fredda, avremmo potuto continuare a dominare per i secoli a venire. Confidavamo nel fatto che, anche se vari Paesi islamici ci han fatto impensierire con la loro resistenza armata, non avrebbero mai potuto costituire una vera minaccia al nostro potere economico-finanziario, militare e mediatico. Certo, abbiamo visto i cinesi diventare una grandissima potenza economica nel giro di 30 anni, ma sappiamo anche che non sono loro a dirigere politicamente le sorti dell’umanità, e sappiamo anche che al momento non hanno una potenza militare in grado d’impensierire l’occidente.

Quello che però non riusciamo proprio a digerire è la potenza militare dei russi, la loro resistenza alle enormi sanzioni che gli abbiamo imposto, e soprattutto l’impudenza di aver scatenato un conflitto militare nel cuore dell’Europa, senza il nostro consenso. La Jugoslavia l’abbiamo fatta a pezzi perché ci sembrava giusto farlo. L’abbiamo eliminata come Stato nazionale, ma se la Serbia non accetta il Kosovo, torneremo a bombardare Belgrado. In Europa vogliamo essere noi occidentali a comandare e senza discussioni. Siamo in casa nostra e, pur di non guardare in faccia la realtà, accettiamo di stare sottomessi agli americani. Ci piace essere considerati una loro colonia, se questo può servire a impedire ai russi di prendersi l’Ucraina. Siamo persino disposti a sdoganare il neonazismo, pur di poterci schierare compatti contro quelli che consideriamo i nostri “nemici storici”.

Noi occidentali abbiamo costruito una civiltà da smettere. Siamo diventati obsoleti. Il marxismo una volta avrebbe detto che non c’è più corrispondenza tra forze e rapporti produttivi. Siamo come dei vecchi prepotenti, che pensano di poter comprare il mondo coi loro soldi. Ma il mondo si è stancato di noi e, per farci capire che non contiamo più nulla, ci porterà via tutto. Abbiamo bisogno di una “lezione storica”, una di quelle che non si scordano, che fanno cambiare i paradigmi interpretativi.

 

Sdoganare il neonazismo

 

Il 1° gennaio in Ucraina si sono tenute celebrazioni ufficiali per i 114 anni dalla nascita di Stepan Bandera, leader collaborazionista di Hitler, considerato il padre dell’Ucraina postmaidan. Il parlamento nazionale ha addirittura pubblicato messaggi commemorativi sui social.

Tali azioni hanno suscitato l’indignazione della Russia, ma anche della Polonia e d’Israele, secondo i quali Bandera non è un eroe ma un criminale antisemita, razzista, genocidario e filonazista. Non si tratta dunque di “propaganda di Putin”, né di un casus belli per attaccare l’Ucraina: anche altri Stati vittime del nazismo e dei suoi collaborazionisti condannano la celebrazione di Bandera e ne ammettono il passato criminale. Dunque perché la UE ha fatto calare una cortina di silenzio su queste celebrazioni?

Sia come sia, l’attuale Polonia dipende ora dall’Ucraina in funziona antirussa nella neonata confederazione (de facto) polacco-ucraina. Zelensky non si è neppure scusato per l’attacco missilistico accidentale del suo Paese a metà novembre, che ha ucciso due polacchi. D’altra parte il presidente polacco Andrzej Duda si sottomette a tutte le richieste di Zelensky, nella speranza di poter fare acquisire al suo Paese una certa “sfera di influenza” nell’Europa centrale e orientale, ovviamente sempre sotto tutela americana.

In Polonia chi è contrario alla narrativa ufficiale del governo, rischia d’essere diffamato come un cosiddetto “agente russo” e di subire pesanti conseguenze. Soddisfare ogni richiesta militare di Kiev è oggi considerato un “dovere patriottico”. La glorificazione di Bandera, i cui seguaci fascisti hanno ammazzato circa 100.000 polacchi nelle regioni di Volinia e Galizia orientale, in alcune parti della Polesia e a Lublino dal 1943 al 1945, non può essere criticata troppo apertamente.

Gli stessi media mainstream dell’occidente han già revisionato la storia sino al punto da considerare “propaganda russa” tutte le condanne dei collaboratori genocidari di Hitler.

Al momento infatti la Polonia non ha l’approvazione degli Stati Uniti per fare qualcosa di significativo contro il revisionismo storico del governo di Kiev, cioè non può assolutamente minacciare di negare il sostegno militare.

Fonte: youtube.com/watch?v=8GTdB7qTJlM

 

[5] Pagamento per gas russo in euro e rubli

 

Dalla fine di dicembre Putin permette ai fornitori russi di gas naturale di riscuotere i debiti nella valuta dei Paesi ostili, ma utilizzando un conto speciale aperto da una banca (generalmente la Gazprombank) autorizzata sulla base della domanda del fornitore russo. La banca comprerà poi rubli in borsa e li trasferirà a speciali conti in rubli degli importatori. Allo stesso tempo la Russia continuerà a fornire gas nei volumi e ai prezzi fissati nei contratti stipulati in precedenza.

La Commissione Europea ha inizialmente considerato questo schema come una violazione delle sanzioni. Tuttavia la stessa Commissione ha diffuso nuove norme, secondo cui gli importatori europei potranno continuare a pagare il gas russo senza violare le sanzioni imposte a Mosca, e aprire conti correnti per il regolamento nella valuta prevista dai contratti.

È chiaro perché la guerra è finita? Ed è chiaro perché l’occidente l’ha persa? Il che naturalmente non vuol dire che su Kiev non si scatenerà l’inferno dei missili russi, ma semplicemente che l’occidente non interverrà militarmente per difenderla. La guerra nel 2023 si sposterà in Asia. Da qualche parte si deve spostare, poiché gli USA ne han bisogno per sopravvivere come potenza capitalistica di tipo militare-industriale.

 

Quei maledetti cellulari

 

L’uso dei cellulari da parte dei militari russi, nonostante fosse vietato, è stata la causa principale della tragedia di Makeyevka, dove ne sono morti 89. L’ha detto Sergey Sevryukov.

Non ci vuol molto a determinare le coordinate della posizione dei militari per lanciare un attacco missilistico contro di loro.

Questa cosa è ben nota sin dagli inizi del conflitto. Eppure ci si casca come polli. Quando si è in guerra si è in guerra. Le relazioni personali o familiari vanno poste in secondo piano. Tanto le guerre non durano in eterno. E nella guerra devono sentirsi coinvolti tutti, civili e militari, sul fronte e nelle retrovie, per cui tutti devono attivare le migliori forme di sicurezza.

 

Twitter antirussa?

 

È appena stato pubblicato, a firma di Matt Taibbi, un nuovo capitolo dei TwitterFiles, intitolato “Come Twitter ha fatto entrare la comunità dell’intelligence americana”.

In sostanza si parla della presunta rete di account di propaganda russa presente sulla piattaforma e di come lo staff di Twitter, sotto pressione di membri democratici del Congresso USA, della comunità di intelligence e di influenti testate mainstream (“Politico”, “Washington Post” e “BuzzFeed”) vicine al partito democratico, sia stato praticamente obbligato a rimuovere quegli account. In realtà gli account sospettati di propaganda filorussa erano pochissimi. Il più famoso era quello di “Russia Today”, che è un’agenzia di stampa.

E così, mentre in pubblico Twitter sosteneva di rimuovere i contenuti a propria esclusiva discrezione, in privato invece escludeva qualsiasi cosa venisse “identificata dalla comunità dell’intelligence statunitense come un’entità sponsorizzata da uno Stato che conduce operazioni informatiche”.

Twitter aveva permesso alla comunità di intelligence americana di entrare nel suo processo di moderazione. E l’FBI non se ne sarebbe più andata fino all’arrivo di Elon Musk, nuovo ceo di Twitter, che si mise a pubblicare tutte le comunicazioni interne all’azienda degli anni pregressi. I file stanno mettendo in serio imbarazzo l’amministrazione Biden e tutto il panorama dei sedicenti “democratici” made in USA, non solo sulla censura antirussa ma anche sulla gestione della pandemia.

Un social che pretende d’essere imparziale, super partes, e che invece mostra d’essere chiaramente ideologico, decisamente schierato dalla parte di uno Stato o di un partito politico, non merita di esistere.

 

Maduro non ci piace

 

Il portavoce del Dipartimento di Stato, Ned Price, ha detto che gli USA ancora non considerano Nicolas Maduro il legittimo presidente del Venezuela e manterranno le sanzioni finché l’opposizione non avrà sciolto il “governo ad interim”.

Quindi i beni del governo venezuelano negli Stati Uniti, inclusa la compagnia petrolifera statale, rimarranno sotto l’autorità dell’Assemblea nazionale guidata dall’opposizione, eletta nel 2015 ma privata del potere dal governo di sinistra di Maduro.

Insomma, il presidente lo vogliono scegliere gli yankee.

 

Tempi duri per la fauna selvatica

 

Il governo della Meloni autorizza persone a girare armate per la città con la scusante dell’eventuale libertà di cacciare cinghiali o volpi!

Non solo ma, in forza di un emendamento (detto “far west”) di Fratelli d’Italia, d’ora in poi si aprirà la caccia anche nei parchi protetti e nelle riserve naturali, persino al di fuori dalla stagione venatoria.

Cioè sarà possibile abbattere tutta la fauna selvatica per “motivi di sicurezza urbana” e, nel caso in cui la selvaggina superi le analisi igienico-sanitarie, potrà essere destinata al consumo alimentare.

Da notare che già adesso ogni anno, a fine stagione venatoria, si contano morti e feriti anche tra gli umani, cacciatori e non.

 

[6] La guerra si deve spostare

 

“Gli Stati Uniti hanno dichiarato, attraverso canali diplomatici, che non vogliono combattere direttamente con la Russia”, ha detto Lavrov, fidandosi stranamente delle loro dichiarazioni.

Gli USA infatti sanno benissimo che senza il loro sostegno militare, la Germania cadrebbe in due giorni e la Francia in una settimana. Probabilmente han capito che bastonare la UE sul piano economico è una cosa; permettere alla Russia di farlo anche su quello militare è tutta un’altra. In fondo nella NATO ben 30 Paesi sono alleati: se gli USA continuano con questo atteggiamento arrogante nei confronti degli europei, qualche Paese potrebbe anche cominciare a uscire dall’Alleanza atlantica (p.es. l’Ungheria).

Quindi in un certo senso l’Europa occidentale ha già capitolato. A conferma di ciò la Commissione Europea ha emanato norme che consentono agli importatori di gas di aggirare le sanzioni antirusse, permettendoci di non morire di freddo e di non indurre le nostre aziende a trasferirsi all’estero, facendo molto contenti turchi e americani.

Da quando il gas ha ricominciato ad arrivare dalla Russia, il prezzo in Europa nel dicembre 2022 è sceso del 48% rispetto al mese precedente. Non è solo questione di calo della domanda a causa di un clima favorevole, come dicono i media ufficiali.

L’unica a non capire questa cosa sembra essere la BCE, che continua ad alzare il costo del denaro, senza rendersi conto che l’inflazione è generata non da una forte domanda di beni da parte dei consumatori, ma dai rincari dell’energia, i quali però sono destinati a calare per la ripresa delle forniture russe. Naturalmente si stanno usando quegli escamotage che permettono alla UE e alle sue assurde politiche sanzionatorie di salvarsi la faccia.

Il fatto però che la NATO abbia perso la partita non significa che la Russia non scatenerà l’inferno in Ucraina se il governo di Kiev non accetterà la resa incondizionata e quindi la perdita totale del Donbass. La Russia sta testando nuove armi convenzionali con cui potrebbe far sparire quel Paese dalle mappe geografiche.

Zelensky ha stufato con le sue richieste illimitate di armi e soldi, anche perché molti di questi aiuti non si sa dove vadano a finire e il suo esercito non è in grado di far nulla di decisivo. E l’occidente non può essere così generoso da mettere a rischio la propria sicurezza e il proprio benessere. Anche perché molti gravi scandali stanno minando le sue istituzioni e i suoi governi. Quindi se Mosca si metterà a bombardare Kiev, la NATO al massimo manderà qualche elicottero per salvare la vita al suo pupazzo e alla sua cricca di nazisti. Come gli USA fecero in Vietnam.

Tuttavia è quasi sicuro che, dopo la fine della guerra in Europa, USA e NATO inizieranno a rivolgersi verso l’Asia orientale, al fine di destabilizzare Cina e Corea del nord. La guerra per l’occidente è una necessità non un’opzione.

Intanto, per la prima volta nella storia delle loro relazioni bilaterali, Russia e Cina han cominciato a costruire ponti stradali e ferroviari permanenti attraverso il fiume di confine Amur.

 

Israele alla frutta

 

Un governo israeliano sempre più nazionalista, sempre più aggressivo nell’espansione in Cisgiordania, e che rigetta l’accordo di demarcazione col Libano sul confine marittimo per lo sfruttamento dei giacimenti di gas, e che mette in discussione lo status quo della Moschea Al-Aqsa, rischia di spingere l’Arabia Saudita, mai entrata negli Accordi di Abramo, a una normalizzazione dei rapporti con l’Iran (interrottisi dal 2016) e a migliorare ulteriormente i propri affari commerciali e militari con Russia e Cina.

Ormai gli USA in Medio Oriente non possono più contare neppure su Israele, che col nuovo governo Nethanyahu sembra comportarsi come una scheggia impazzita.

Il Council on Foreign Relations (il più influente pensatoio americano in materia di politica estera) ha scritto un lungo articolo di attacco contro il presidente israeliano: “Benjamin Netanyahu vuole trasformare Israele in uno Stato autoritario apertamente razzista, che mette l’ebraismo ortodosso davanti ai diritti umani; tratta i suoi cittadini arabi come un nemico e demolisce i controlli e gli equilibri imposti da una magistratura forte e indipendente. Il primo ministro si è assicurato il potere mettendo insieme una coalizione parlamentare che considera le idee democratiche e liberali come impianti stranieri volti a minare l’identità ebraica dello Stato”.

Vien da chiedersi se gli USA siano in procinto di minacciare una “rivoluzione colorata” in Israele, che per loro naturalmente vuol dire “golpe”.

 

Oltre al danno la beffa

 

BlackRock, la società d’investimento con sede negli USA, ha assunto il controllo dell’Ucraina Recovery Fund, cioè dei fondi internazionali per la ricostruzione del Paese devastato dalla guerra.

Questa società collabora attivamente con l’impero finanziario di Soros e altri miliardari occidentali. Opera in Ucraina attraverso una rete di filiali e delegati. Ha già preso il controllo di una serie di ex beni appartenenti agli oligarchi ucraini. Tra questi vi sono Metinvest, DTEK Naftogaz, Ukrzaliznytsia e Ukrenergo. Sono stati venduti all’asta a società americane. Questo perché una parte del capitale delle principali società ucraine e dei fondi internazionali per la ricostruzione del Paese sarà trasferita negli USA a titolo di rimborso per tutte le spese sostenute fino adesso. Tra i fondi internazionali la gran parte sono europei. Insomma siamo cornuti e mazziati.

 

La mancanza di fiducia porterà alla catastrofe

 

Da un lato l’occidente chiede alla Russia un cessate il fuoco per poter porre in essere le basi di una trattativa in Ucraina. Dall’altro quando la stessa proposta viene fatta dalla Russia per festeggiare il Natale ortodosso (secondo il calendario giuliano), ecco che piovono critiche da tutte le parti: vogliono una tregua per impedire all’esercito ucraino di avanzare o per prepararsi a una nuova aggressione; è una trappola, è tutta propaganda; dovrebbero accettare le nostre condizioni di pace.

Ora, si possono fare delle trattative quando su qualunque cosa la Russia dica o faccia si nutre sempre un grande sospetto, una totale sfiducia? No, non si può. È per questo che la guerra non potrà che essere decisa sul campo. E sotto questo aspetto non è scontato che l’Ucraina continuerà a esistere come Stato autonomo.

 

[7] L’occidente ama le bombe biologiche

 

Completamente ignorato dalla stampa occidentale il report del tenente generale Igor Kirillov, capo delle truppe russe di protezione nucleare, biologica e chimica, sulla nona Conferenza degli Stati aderenti alla Convenzione per le armi biologiche (BWC), tenutasi a Ginevra dal 28 novembre al 16 dicembre 2022.

Come al solito i russi han proposto delle condizioni per ridurre rischi e pericoli di queste armi micidiali, ma gli Stati occidentali le hanno bellamente snobbate.

In particolare sono contrari:

- a un meccanismo di verifica efficace dei lavori che si conducono nei biolaboratori;

- a fornire informazioni sulle ricerche effettuate al di fuori del territorio nazionale;

- a utilizzare équipe biomediche mobili all’interno della BWC.

Hanno accettato soltanto l’idea di istituire un comitato scientifico internazionale che monitori i risultati conseguiti a vantaggio del mondo intero. Questo perché non vogliono far vedere che stanno giocando sporco, ma poi alla prova dei fatti vanificherebbero anche questa esigenza. Non tengono in alcuna considerazione il fatto che più di 120 Paesi condividono già questa procedura democratica e scientificamente sicura.

A bloccare il meccanismo di verifica della Convenzione è anche naturalmente il lobbismo delle grandi aziende farmaceutiche.

Ecco perché Kenneth Ward, capo della delegazione statunitense, era del tutto contrario a scrivere nel documento finale che, ai sensi della BWC, le ricerche degli USA nei biolaboratori in Ucraina avevano finalità militari.

Gli USA allestiscono biolaboratori all’estero proprio per non dover rendere conto in patria delle vergognose ricerche scientifiche che conducono coi fondi pubblici, figuriamoci se sono disposti ad aprire questi laboratori a un personale non autorizzato.

Ancora oggi nessuna agenzia informativa occidentale ha confermato l’esistenza di stretti legami militari e commerciali tra i biolaboratori ucraini, il Pentagono, la società Metabiota e la Rosemont Seneca Foundation di Hunter Biden, col supporto politico del partito democratico americano. Chi ne parla viene subito accusato di fare propaganda filorussa. In caso contrario, infatti, dovrebbero essere arrestati 30 tecnici di laboratorio e sette rappresentanti del Dipartimento della Difesa degli USA.

Fonte (considerata sospetta da Facebook!): telegra.ph

 

Fauci nelle fauci dei repubblicani

 

Bisogna fare attenzione a ciò che gli USA fanno in campo biologico, poiché possono creare armi letali non meno pericolose di quelle nucleari.

Il partito repubblicano ha già avviato un’indagine sul direttore del National Institute of Allergy and Infectious Diseases e capo consigliere medico del presidente Biden, Anthony Fauci. È stato confermato il finanziamento pubblico per esperimenti volti a migliorare la patogenicità dei virus, compresi i coronavirus, la cui incidenza non era diffusa fino al 2019.

L’indagine ha scoperto che Fauci ha deliberatamente nascosto il coinvolgimento del governo degli Stati Uniti nei programmi di ricerca. È stata rivelata la sua collusione nella gestione dei social media per manipolare l’opinione pubblica sulle cause del COVID-19.

È praticamente assodata la creazione di un agente artificiale di infezione da coronavirus presso la Boston University.

Lo stesso Procuratore degli Stati Uniti, Thomas Renz, ha detto alla stampa: “Documenti non classificati della DARPA confermano che il SARS-CoV-2 è stato sviluppato dalla EcoHealth Alliance presso l’Istituto di Virologia di Wuhan sotto la guida di Peter Dashak”. E Fauci era coinvolto.

Come ha osservato Elon Musk: “Quasi nessuno sembra sapere che il capo del dipartimento di bioetica del National Institutes of Health è la persona incaricata di assicurarsi che Fauci si comporti in modo etico: sua moglie” (is.gd/U3R8Qg).

Fonte: truereport.net

 

Se in Ucraina è impossibile, andiamo altrove

 

Il Pentagono sta trasferendo altrove la ricerca biologica interrotta nei famigerati laboratori scoperti dai russi durante la guerra in Ucraina.

Si stanno coinvolgendo alcuni Stati dell’Asia centrale, dell’Asia-Pacifico, dell’Africa e dell’Europa orientale: in particolare Kenya, Cambogia, Singapore e Thailandia.

Inutile dire che la Convenzione sulle armi biologiche è il trattato meno efficace sul disarmo, proprio perché l’occidente non ama la trasparenza.

Già Franco Fracassi aveva spiegato molto bene la questione dei biolaboratori americani nel suo libro I misteri di Wuhan. Ora ha pubblicato un nuovo libro, BIOLAB, la guerra del futuro passa dall’Ucraina e dall’Italia.

Secondo lui gli USA è dal 2015 che hanno creato una rete internazionale di biolaboratori militari. Contestualmente le multinazionali farmaceutiche hanno creato una rete parallela in cui vengono fatte ricerche sui vaccini per fermare queste armi. I bio-laboratori si sono particolarmente sviluppati in Ucraina, dove, a partire dal 2014, l’apparato statale era praticamente al servizio degli Stati Uniti.

Anche l’Italia si appresta a diventare un porto franco della sperimentazione sulle armi biologiche. Lo dimostrano due biolab sorti da poco: uno a Sigonella e l’altro a Trieste.

Fonte: t.me/Franco_Fracassi

 

[8] Riassunto delle puntate precedenti

 

I referendum condotti dalle due repubbliche autoproclamate di Donetsk e di Lugansk nel maggio 2014, non erano referendum di “indipendenza” ma di “autodeterminazione” o di “autonomia”. Putin li guardò con sfavore e preoccupazione.

Il fatto è che il primo atto legislativo del nuovo governo formato dopo il golpe contro Yanukovych, fu l’abolizione del russo come lingua ufficiale al pari dell’ucraino.

Di fronte alle proteste dei russofoni Kiev scatenò una feroce repressione a Dnepropetrovsk, Kharkov, Luhansk e Donetsk, che comportò alcuni massacri (a Odessa e Mariupol i più importanti). Alla fine dell’estate del 2014 non restavano altro che le repubbliche autoproclamate di Donetsk e Luhansk, la cui estensione geografica, sommata, non era più grande del nostro Lazio. Intanto i russi si erano ripresi la Crimea, regalata a Kiev ai tempi dell’ucraino Krusciov a capo della Russia. Un referendum aveva dimostrato che la popolazione locale era d’accordo quasi all’unanimità.

Inaspettatamente la guerra condotta dagli autonomisti riusciva a mettere in gravi difficoltà l’esercito ucraino, che subiva defezioni e diserzioni da parte dei russofoni nei propri ranghi. Questo spinge Kiev ad accettare gli accordi di Minsk (settembre 2014).

Tuttavia, subito dopo aver firmato gli accordi di Minsk 1, il presidente ucraino Poroshenko lancia una vasta operazione antiterrorismo contro il Donbass. Consigliati male dagli ufficiali della NATO, gli ucraini subiscono una sconfitta schiacciante a Debaltsevo che li costringe a impegnarsi negli Accordi di Minsk 2 (febbraio 2015).

Gli accordi non prevedevano né la separazione, né l’indipendenza delle repubbliche, ma la loro autonomia nel quadro dell’Ucraina. Ecco perché dal 2014 la Russia ha chiesto la loro applicazione, rifiutando di esser parte nei negoziati: per Mosca era una questione interna all’Ucraina. Semmai erano Francia, Germania e USA ad approfittare di questi accordi per indurre Kiev a potenziare al massimo le proprie forze armate, ch’erano in condizioni deplorevoli. Molti giovani ucraini si rifiutavano di andare a combattere nel Donbass e preferivano l’emigrazione.

Non ci sono mai state truppe russe nel Donbass prima del 23-24 febbraio 2022: è l’OSCE che lo dice. Anche la mappa dell’intelligence americana pubblicata dal “Washington Post” il 3 dicembre 2021 non mostra truppe russe nel Donbass.

Per migliorare il proprio esercito il governo di Kiev fa ricorso a milizie paramilitari, soprattutto composte da mercenari stranieri, spesso attivisti di estrema destra. Nel 2020 costituivano circa il 40% delle forze ucraine e contavano circa 102.000 uomini. Sono armate, finanziate e addestrate da Stati Uniti, Gran Bretagna, Canada e Francia. Vi sono rappresentate più di 19 nazionalità. Queste milizie sono molto violente e diffondono un’ideologia nazionalista, neonazista e russofoba. La più nota è il reggimento Azov. L’occidente non ha mai detto nulla contro queste forze paramilitari, preposte per il combattimento urbano. Anzi sono state integrate nella Guardia Nazionale, alle dipendenze del ministero dell’Interno.

Il 24 marzo 2021 Zelensky emana un decreto per la riconquista della Crimea e inizia a schierare le sue forze nel sud del Paese. Simultaneamente si svolgono diverse esercitazioni della NATO tra il mar Nero e il mar Baltico, accompagnate da un significativo aumento dei voli di ricognizione lungo il confine russo. La Russia ha poi condotto alcune esercitazioni al fine di verificare la prontezza operativa delle sue truppe.

In violazione degli accordi di Minsk, l’Ucraina conduce delle operazioni aeree nel Donbass utilizzando droni, con cui effettua almeno un attacco contro un deposito di carburante a Donetsk nell’ottobre 2021.

Nel febbraio 2022 gli eventi precipitano. Si mette in moto una frenetica diplomazia per scongiurare l’intervento armato della Russia. Ma gli ucraini, sotto la pressione degli Stati Uniti, si rifiutano di attuare gli accordi di Minsk, e i Paesi europei mostrano di essere alle dipendenze di Biden.

Il Parlamento russo si allarma e il 15 febbraio chiede a Vladimir Putin di riconoscere l’indipendenza delle repubbliche, cosa che però lui non fa.

Tuttavia dal 16 febbraio i bombardamenti dell’artiglieria ucraina sulle popolazioni del Donbass aumentano drammaticamente, come dimostrano i report dell’OSCE. Né i media, né la UE, né la NATO, né alcun governo occidentale e neppure l’ONU reagiscono al massacro del popolo del Donbass. Tutti sapevano che ciò avrebbe causato l’intervento russo.

Putin è costretto a intervenire, sapendo che ciò avrebbe innescato una pioggia di sanzioni contro il suo Paese, già iniziate nel 2014 con la questione della Crimea. Riconosce il 21 febbraio le due repubbliche, che il 23 chiedono un aiuto militare a Mosca. Il 24 Putin invoca l’art. 51 della Carta dell’ONU, che prevede l’assistenza militare nel quadro di un’alleanza difensiva, e inizia l’operazione speciale volta a denazificare e smilitarizzare l’Ucraina, impedendole di entrare nella NATO. Non aveva intenzione d’impadronirsi del Paese, ma se la NATO lo costringerà a farlo, lo farà. Già oggi il Donbass riconosciuto come appartenente alla Russia, costituisce il 20% del territorio ucraino.

 

Si vis pacem para bellum

 

Ancora dobbiamo sentire ipocriti statisti occidentali dire che vogliono la pace in Ucraina e preoccuparsi nello stesso tempo di inviarle armi in grandi quantità. Tajani è uno di quelli.

Infatti per gli occidentali la guerra inizia quando la politica si ferma, per cui non è possibile trattare con Putin finché non comincia a evacuare il Donbass.

Non riescono a concepire neanche lontanamente che si possano avviare dei negoziati nel momento stesso in cui si combatte. Non capiscono che la filosofia strategica russa, fin dai tempi sovietici, segue un’ispirazione clausewitziana: la guerra è la continuità della politica e si può passare in modo fluido dall’una all’altra, anche nel corso dei combattimenti. Non accettano questo modo di fare perché non accettano di subire pressioni diplomatiche prima di aver ottenuto una vittoria significativa.

L’occidente è abituato a vincere e non si ricorda che contro la Russia non è mai riuscito a farlo, se non nella guerra di Crimea e nel 1905 col Giappone, ma per colpa di un’autocrazia feudale zarista che aveva fatto il suo tempo.

 

Facebook ante e post

 

Prima della guerra in Ucraina il gruppo Azov, in Facebook, era classificato nella stessa categoria dello Stato islamico e soggetto alla “politica della piattaforma su individui e organizzazioni pericolosi”. Era quindi vietato glorificarlo e i “post” che gli erano favorevoli venivano sistematicamente banditi.

Perché a partire dal 24 febbraio Facebook ha cambiato la sua policy e ha permesso post favorevoli alla milizia? Semplicemente perché, nonostante il suo grande successo commerciale, non è autonoma. Cioè sa bene che se gli USA (CIA, FBI, Pentagono, Fisco, Governo, Congresso) vogliono metterle i bastoni tra le ruote, possono farlo tranquillamente.

Questa è la democrazia occidentale, quella che esportiamo in tutto il mondo e in nome della quale possiamo scatenare tutte le guerre che vogliamo e silenziare chi non si allinea.

 

[9] Presidenzialismo e federalismo

 

Presidenzialismo e autonomia regionale sembrano essere i due obiettivi delle varie componenti dell’attuale governo, quelli su cui ci faranno discutere per non affrontare i veri problemi economici, energetici e ambientalistici.

Discuteremo su due cose antitetiche, poiché se davvero vogliamo il decentramento amministrativo che porti a un’effettiva autonomia nella gestione delle risorse regionali, l’idea di una repubblica presidenziale c’entra come i cavoli a merenda.

Se vogliamo che l’istanza locale aumenti i propri poteri, quella centralistica li deve diminuire. Ma con un governo parafascista come quello attuale, avverrà sicuramente il contrario: le regioni avranno un ruolo sempre più marginale. Il senato delle regioni, l’autonomia impositiva locale (a livello fiscale), un’estensione a tutte le regioni dei privilegi concessi dallo Stato alle regioni a statuto speciale... son tutte cose che verranno abolite definitivamente dal presidenzialismo della destra. Infatti non ha senso aggiungere alle già pesanti tasse nazionali, nuove tasse regionali per realizzare l’autonomia. In questa maniera sarà la dipendenza ad aumentare e i cittadini non lo sopporteranno.

Presidenzialismo e federalismo si conciliano bene quando una nazione è straricca e lo Stato centrale non ha da temere nulla. Ma se una nazione è povera o ha una montagna di problemi da risolvere, il presidenzialismo non riconoscerà mai alcuna autonomia locale o regionale. L’abbiamo visto chiaramente in Ucraina. Se nell’attuale Ucraina, semidistrutta dalla guerra, la NATO avesse la meglio sulla Russia, l’attuale presidenzialismo verrebbe gestito dai militari. Cosa che avverrà anche negli Stati Uniti, dopo che sarà scoppiata la gigantesca bolla del loro debito pubblico.

L’unica vera transizione possibile in occidente sarà quella da una gestione civile e parlamentare del potere politico-statale a una gestione sempre più militarizzata, in cui persino la democrazia rappresentativa avrà un valore prossimo allo zero.

 

Propaganda a senso unico

 

Ieri sera nei Tg della RAI gli inviati in Ucraina riferivano che i russi avevano colpito una scuola, non un dormitorio di soldati ucraini. Mentivano sapendo di mentire o erano stati ingannati dagli stessi ucraini?

In realtà in due ostelli temporanei (n. 28 e 47) della città di Kramatorsk vi erano circa 1.300 militari ucraini, di cui, dopo l’attacco missilistico, ci han rimesso le penne più di 600 di loro. Non solo ma, secondo fonti militari della regione di Donetsk, le forze russe avrebbero preso il controllo di Bakhmut.

È comunque evidente che quanti più soldi e armi mandiamo a Kiev, tanto meno saremo disposti a raccontare i fatti reali. Le notizie vanno inventate al 100%.

Ecco perché 11 giornalisti, ex corrispondenti di guerra, han prodotto una lettera aperta con cui  lanciano l’allarme sui rischi della narrazione schierata e iper-semplicistica del conflitto da parte dei nostri media: “Viene accreditato soltanto un pensiero dominante e chi non la pensa in quel modo viene bollato come amico di Putin”. “Questa non è più informazione, è propaganda. I fatti sono sommersi da un coro di opinioni”. “Sembra che sollevare dubbi significhi abbandonare gli ucraini al massacro, essere traditori, vigliacchi o disertori. Trattare così il tema vuol dire non conoscere cos’è la guerra”.

Ecco chi sono gli undici storici inviati di guerra: Massimo Alberizzi, Remigio Benni, Toni Capuozzo, Renzo Cianfanelli, Cristiano Laruffa, Alberto Negri, Giovanni Porzio, Amedeo Ricucci, Claudia Svampa, Vanna Vannuccini e Angela Virdò delle testate “Corriere della sera”, RAI, ANSA, Tg5, “La Repubblica”, “Panorama”, “Il Sole 24 Ore”.

 

Manca poco

 

Dice Scott Ritter:

Nel Donbass le linee del fronte si sono stabilizzate, ma è stato possibile grazie al fatto che gli ucraini hanno usato tutte le loro riserve. I russi invece stanno inviando sul campo di battaglia 150.000 nuovi combattenti.

In precedenza la Russia era avanzata su Kiev con una forza di 40.000 soldati; ora ne ha 4 volte di più. E in Ucraina non c’è nessuno che li possa fermare. La difesa degli eserciti non ha profondità strategica, le forze sono troppo disperse. I russi prenderanno tutto alla velocità della luce. E non appena la difesa crollerà a nord, crollerà anche a sud.

I giorni dell’operazione speciale militare sono alle nostre spalle. I giorni in cui la Russia ha agito a malincuore sono passati. La dottrina militare russa è stata messa sul tavolo, dimostrando che sanno combattere. Gli ucraini hanno vissuto tutto questo tempo nella santa ignoranza, illusi del proprio potere, solo perché la Russia non ha toccato le loro comunicazioni. È incomprensibile che gli fosse permesso di tenersi in contatto col mondo intero. Ora però gli ucraini non appena proveranno a muoversi, moriranno. È da settembre che i russi stanno preparando questa grande controffensiva.

Fonte: t.me/NOALLO

 

Tentativo di golpe in Brasile

 

La destra di Bolsonaro ha tentato un golpe a Brasilia, il cui governatore è già stato rimosso dalla magistratura, la quale ha anche minacciato di arrestare i comandanti militari e il ministro della Difesa se non pongono fine alla protesta bolsonarista. I golpisti erano entrati nelle tre principali istituzioni: Congresso, Palazzo presidenziale e Corte Suprema, mentre il loro leader stava al sicuro in Florida, dopo aver rifiutato di partecipare al tradizionale passaggio di consegne tra presidenti durante l’insediamento ufficiale di Lula, avvenuto il primo gennaio. Pare comunque che i golpisti siano stati arrestati.

Gli USA hanno condannato i disordini politici, ma chissà perché, forse per una fortuita combinazione, molti golpisti ostentavano i simboli dei nazionalisti ucraini. Magari fra loro c’erano alcuni fanatici del battaglione Azov.

Comunque almeno 6 Paesi si sono già offerti d’inviare truppe per aiutare il governo di Lula in questo momento di caos sociale. Chissà se anche contro di loro si avvierà una procedura sanzionatoria da parte dell’occidente.

 

[10] Etica farlocca

 

Al momento la sola presenza civile organizzata in territorio ucraino a sostegno della popolazione è quella delle organizzazioni di volontariato della rete “Stop the war now”, il cui motto è “Nessuno ha il diritto di fare la guerra”. Nel loro sito hanno scritto: “Crediamo fermamente che l’umanità non si possa abituare alla guerra, all’incessante bombardamento dei civili, alla costrizione di persone inermi al freddo, alla sete, alla violenza. Perché nessuno, neanche le persone più ricche e potenti del mondo, hanno il diritto di fare la guerra”.

Parole sagge? Sì ma vuote, retoriche, astratte.

E poi aggiungono: “Dallo scoppio del conflitto in Ucraina siamo al fianco della popolazione vittima della guerra per sostenerla ed essere portavoce di dialogo e di pace tra il popolo russo e ucraino”.

Ecco una differenza eloquente tra etica e politica. Loro assistono gli ucraini perché li considerano vittime della guerra voluta da Putin.

L’etica è in grado di giudicare le motivazioni della politica? No, non può. Come non può farlo la filosofia o il diritto. Ci vuole la storia, l’analisi politica ed economica. E chi fa assistenza umanitaria solo agli ucraini, giudicati incolpevoli, vittime inconsapevoli, oggettivamente non aiuta a risolvere il conflitto, anzi lo prolunga. Proprio mentre aiuti, fai del male a chi aiuti: gli stai chiedendo di aver fiducia nel governo neonazista di Kiev e nella NATO che lo sponsorizza.

Fonte: stopthewarnow.eu

 

Non arrendersi è da criminali

 

Il presidente Zelensky ha controfirmato la legge che inasprisce le pene per i disertori e per chi lascia senza autorizzazione il proprio posto di combattimento. Secondo dati UE, nel 2022 sono stati aperti 10.000 procedimenti penali per diserzione.

Ormai son più i mercenari che i regolari. Zelensky sta diventando sempre più un vero criminale di guerra. Sta mettendo in pratica l’assurdo motto occidentale: contro i russi fino all’ultimo ucraino. Che poi, in una guerra convenzionale contro la Russia, gli stessi Paesi della NATO, presi separatamente, si sarebbero arresi dopo poche settimane. Noi non siamo più abituati a guerre di logoramento che durano mesi e mesi, se non addirittura anni. Non abbiamo neppure un servizio militare obbligatorio. Il senso della patria, l’esigenza della disciplina, la necessità di obbedire a ordini superiori senza discutere, il dover sopportare condizioni difficilissime per la propria sopravvivenza sul campo di battaglia... son tutte cose che non esistono più in occidente dai tempi della seconda guerra mondiale.

Non arrendersi di fronte all’evidenza è da criminali. A Stalingrado persino i nazisti lo capirono. Solo Hitler s’intestardiva a parlare di resistere fino alla morte e di controffensiva.

 

Mine antiuomo italiane

 

I russi avevano dimostrato, già nell’estate scorsa, che l’Italia stava inviando mine antiuomo a Kiev: le TS/6.1, ТS50 е TS/2.4 (MATS/2),  disinnescate da genieri russi ed esposte in una mostra di armi nel parco Patriot di Mosca.

Eppure l’Italia, ufficialmente, non produce più mine dagli anni ’90 e dovrebbe averne distrutto le scorte. Eravamo uno dei più grandi produttori al mondo di mine antiuomo: a noi piacciono le cose piccole, perché meno costose. Ma l’impiego di queste mine in centri abitati è semplicemente inutile dal punto di vista militare, oltre che un crimine contro l’umanità. Le nostre mine stanno facendo danni gravissimi in Iraq ancora oggi.

Che di mine italiane sia pieno il Donbass è un fatto: l’unico a non crederci è il ministro della Difesa, Guido Crosetto, che, guarda caso, aveva partecipazioni in aziende che producono armi. Chissà perché il governo si ostina a mantenere il segreto sulle armi inviate a Kiev.

Purtroppo il problema delle mine in Donbass non risale all’operazione di Putin, ma esisteva già dal 2014. Attualmente è una delle aree più contaminate da mine e ordigni esplosivi dell’intero pianeta. Dicono che per mettere in sicurezza quel territorio ci vorrà almeno mezzo secolo, ma secondo alcuni esperti dell’ONU un solo anno di guerra corrisponde a dieci anni di operazioni anti-mine.

 

Cambia tutto coi BRICS

 

Russia, Cina, Iran e India stanno sviluppando partenariati commerciali così interconnessi che li renderanno protagonisti assoluti non solo in tutta l’Eurasia ma anche nel sud del mondo. L’occidente collettivo sembra essere completamente tagliato fuori da questi sviluppi.

Anche la Nuova Via della Seta (Belt and Road Initiative - BRI), che a Pechino quest’anno terrà un forum sul suo decimo anniversario, cambierà progetti proprio a seguito della guerra in Ucraina e a causa dei timori che il debito pubblico possa far saltare le economie di molti Paesi occidentali, che stampano banconote nella maniera più scriteriata possibile, senza fare riferimento ad alcun sottostante.

In particolare la BRI vuole strettamente collegarsi con l’International North South Transportation Corridor, i cui attori principali sono Russia, Iran e India. Il nuovo G5 che conta è il BRICS, che sta aprendo la strada verso il BRICS+, con l’ingresso di Iran, Algeria e tanti altri Paesi in lista d’attesa.

Pechino non abbandonerà Mosca a causa dell’Ucraina, anche se non mostrerà apertamente sostegno alla guerra, probabilmente perché teme che uiguri, tibetani, taiwanesi, hongkonghesi rivendichino la stessa autonomia pretesa dal Donbass nei confronti di Kiev. Per sostenere militarmente Mosca, i cinesi dovrebbero prima vedere la NATO dichiarare espressamente guerra alla Russia. Il che però avrebbe conseguenze letali per l’intero pianeta.

 

[11] Siamo un virus letale

 

Non è che l’occidente non abbia fatto nulla di buono. È che con quello che ha prodotto, ha sconvolto il pianeta.

Sotto la schiavismo greco-romano, il servaggio feudale e il capitalismo ha prodotto cose di inestimabile valore culturale, politico, economico. Ma nessuna di cose è servita a superare gli antagonismi sociali, i conflitti di classe, anzi, sono state alimentate in tutto il mondo delle gigantesche contraddizioni che ci stanno portando a una brutale apocalisse. Non sono ottimista, lo devo ammettere.

Che sia la natura a farci fuori, perché della specie umana non ne può più, o che siamo noi stessi ad autodistruggerci non cambia nulla. I fatti, incontrovertibili, dimostrano che nei progressi della civiltà occidentale (partita dall’Europa) c’è qualcosa di velenoso, di così mortale che i vantaggi acquisiti non sono sufficienti per invertire la rotta.

E se pensiamo che Russia, Cina, India... contengano elementi che possono scongiurare gli esiti catastrofici della civiltà occidentale, c’illudiamo. Noi abbiamo contaminato il mondo intero, anche quelli che ci contestano, anzi ci combattono.

In questo momento il conflitto tra l’occidente collettivo e il resto del mondo riflette il fatto che noi, essendo partiti per primi, abbiamo avuto più tempo e più mezzi per eliminare tutto quanto ha cercato di opporsi alle nostre tre “perle”: schiavismo, servaggio e capitalismo.

Per noi le forme statalistiche del capitalismo russo, cinese, indiano... sono aspetti obsoleti di un capitalismo che, se vuol davvero progredire, deve essere lasciato in mano ai privati. La politica va posta al servizio dell’economia, senza soluzione di continuità.

Questa cosa in Asia (ma ancor più in Africa) non si può fare, poiché in questi continenti sono ancora molto forti le istanze o le esperienze di tipo collettivistico (e il rapporto con la natura). Non è tutto artificiale come da noi. Se asiatici e africani accettano le regole del mercato, devono però inserirle in un contesto statale che tutela la società civile nel suo insieme (composta spesso da grandi diversità di tipo etnico, tribale, linguistico, religioso ecc.).

Quindi chi vincerà questa guerra tra NATO e Russia o accelererà la devastazione del pianeta e del genere umano, oppure la ritarderà. Di sicuro né gli uni né gli altri, con gli strumenti (materiali e immateriali) di cui dispongono, sono in grado d’invertire questo processo. Ci vuole qualcosa di cui abbiamo perduto la memoria e che ci è rimasto, al massimo, come un vago desiderio.

 

Al tempo dei Romani…

 

Al tempo dei Romani il primo a far capire che l’esercito era più importante del senato fu Cesare. Tutto sommato però lui era un buonista: sperava che il senato si rendesse conto da solo, pacificamente, di questa svolta epocale. Tuttavia i senatori, abituati a dominare col possesso della terra o dei capitali, preferirono farlo fuori. E fu così che nacque l’impero di Augusto, un principe che non diede tregua a chiunque gli si opponesse.

Da quel momento in poi l’imperatore si sarebbe considerato più un militare che un politico, o, se si preferisce, più un politico che deve rendere conto anzitutto ai propri militari e solo in subordine al senato. E la dittatura politico-militare andò avanti per dei secoli, prima sotto l’ideologia pagana, poi sotto quella cristiana.

Oggi si sta ripetendo in occidente la stessa cosa, ma siccome la schiavitù di chi lavora non è fisica ma salariale (per cui una certa libertà giuridica va garantita), una fondamentale differenza esiste: gli statisti sono sempre più servi del potere economico (esattamente come i militari). Cioè non possono decidere da soli se fare o non fare delle guerre, se proseguirle all’infinito, una volta scatenate, o se a un certo punto concluderle.

Gli statisti sembra che dipendano non tanto dalle istituzioni politiche ch’essi rappresentano, quanto piuttosto dai poteri economici che agiscono dietro le quinte. Se per questi poteri la Russia va assolutamente smembrata in tante realtà geopolitiche da sfruttare separatamente, stiamo pur certi che la guerra in Ucraina continuerà fino all’ultimo ucraino, anzi fino all’ultimo russo, poiché non si potrà escludere l’uso del nucleare.

Se invece i poteri economici riterranno che la Russia deve diventare qualcosa come i Germani o i Parti per gli antichi Romani, cioè qualcosa di inarrivabile, che non si può colonizzare senza rischiare grosso, allora per noi occidentali gli ultimi rimasugli di libertà sono finiti. I poteri forti dell’economia e della finanza si toglieranno la maschera della democrazia formale, e con una dittatura aperta faranno capire ai comuni cittadini che devono obbedire senza discutere, accontentandosi del minimo indispensabile per sopravvivere.

Quindi se la Russia perde la partita, continuerà in occidente la falsa democrazia rappresentativa; se invece la vince, aspettiamoci la dittatura aperta del capitale. In ogni caso per i comuni mortali è giunto il momento di assumersi delle responsabilità in proprio, smettendo di guardare le cose dalla finestra o davanti al televisore.

 

L’occhio lungo di Patrushev

 

In una lunga intervista (da dividere in vari pezzi) che io considero abbastanza drammatica per la democrazia occidentale, Nikolai Patrushev, segretario del Consiglio di Sicurezza della Federazione Russa, ha detto: “I politici occidentali non hanno la possibilità di cambiare in meglio la vita nei loro Stati, perché da molto tempo non sono più figure indipendenti. Tutti hanno alle spalle legami con le grandi imprese, le lobby e le fondazioni. Non nascondono nemmeno questi fatti. Ci sono esempi molto recenti: decine di deputati del Parlamento europeo sono apparsi sotto il controllo delle strutture di Soros, e la Commissione Europea ha acquistato vaccini anti-COVID per decine di miliardi di euro sotto la pressione delle più grandi aziende farmaceutiche del mondo, quelle americane. È quindi ovvio che il vero potere in occidente è nelle mani di clan ricchi di risorse e di multinazionali”.

Il giornalista gli ha chiesto, un po’ ingenuamente, se si riferiva ai Rockefeller e ai Rothschild. Ma Patrushev ha risposto, come se la sapesse lunga: “esistono molte altre corporazioni e clan di questo tipo. Secondo dati non ufficiali, il fatturato totale delle 500 aziende più grandi del mondo può arrivare a quasi 38.000 miliardi di dollari. La maggior parte delle multinazionali ha sede negli Stati Uniti”.

Cioè in pratica ha fatto capire che i grandi capitali guadagnano in qualunque condizione, sia essa pandemica o bellica. E la politica non può farci niente.

D’altronde – prosegue Patrushev – “La ricchezza di alcune multinazionali supera il PIL della maggior parte delle economie mondiali, e i fondi che hanno creato per arricchirsi ulteriormente pretendono d’essere un meccanismo sovranazionale per governare l’umanità. La stessa Fondazione Soros è diventata quasi il principale centro mondiale per l’attuazione delle cosiddette ‘rivoluzioni colorate’”.

Fonte: lantidiplomatico.it

 

Se volete salvare la pelle.…

 

Il politologo Aleksey Podberezkin, direttore del Centro di Ricerca Politico-Militare presso l’Istituto Statale di Relazioni Internazionali di Mosca, ritiene che l’operazione speciale condotta dai russi terminerà nel marzo 2023, quando le forze armate dell’Ucraina avranno esaurito le loro truppe.

Il viceministro della Difesa ucraino Anna Maliar ha confermato che la capacità di combattimento delle forze armate ucraine è diminuita drasticamente e adesso sono formate in maggioranza da reclute e (aggiungiamo noi) da mercenari.

Una volta tanto russi e ucraini si sono trovati d’accordo! A meno che Maliar non volesse dire che, siccome loro sono alla frutta, la NATO, se vuol vincere, deve scendere in campo: nel senso che non si può dar la colpa al governo di Kiev se l’occidente perde la partita. Che si prenda esempio dalla Polonia, intenzionata a portare le loro forze armate a 300.000 effettivi, dotate di carri armati americani Abrams e K-2 sudcoreani, più i cannoni semoventi da 155 mm Krab e cannoni semoventi sudcoreani da 155 mm K-9.

I polacchi non scherzano: vogliono occupare Galizia e Volinia, e non si preoccupano minimamente se anche la confinante Bielorussia entrerà in gioco. In fondo la vera Europa, per gli americani, è questa, quella più povera e più aggressiva, non quella da salotto, che si limita a mandare armi e soldi e non truppe debitamente addestrate. Quando la Nuland disse “Fuck the UE”, si riferiva al vecchio continente non agli ex Paesi sovietici, che sono entrati nella NATO per poter dire un giorno “Fuck the Russia”, convinti di vincere qualunque confronto militare.

Sono questi i motivi per cui in questa guerra ci si gioca il tutto per tutto, e non ci saranno trattative finché Russia e NATO (che combatte per procura) non diranno che ne hanno abbastanza.

 

[12] L’antioccidentale Patrushev

 

Quando leggo ciò che Patrushev dice nella sua drammatica intervista, riportata da “Argumenti i Fakti”, rimango abbastanza stupito: mi sembrano affermazioni che avrebbe potuto fare un qualunque comunista dei tempi sovietici, non un esponente di rilievo di una società che nella sostanza è capitalistica. Da noi le stesse cose avrebbe potuto dirle un esponente della sinistra radicale, che in parlamento non è neppure presente e che non viene intervistato da nessun giornalista, anche perché da noi i giornalisti del mainstream sono abituati a mentire (salvo eccezioni naturalmente).

Dice (lo riassumo): lo Stato americano è solo un guscio per un conglomerato di enormi corporazioni che governano il Paese e cercano di dominare il mondo. Gli stessi presidenti sono semplici comparse che possono anche essere escluse, come p.es. è successo a Trump. Non è un caso che un numero crescente di americani dichiari che repubblicani e democratici sono solo due attori della stessa commedia, che non ha nulla a che fare con la democrazia.

Il governo americano, alleato con le grandi imprese, fa gli interessi delle multinazionali, compreso il complesso militare-industriale. La politica estera aggressiva della Casa Bianca, l’aggressività sfrenata della NATO, l’emergere del blocco militare AUKUS (USA, UK e Australia) e altri soggetti sono solo una conseguenza dell’influenza corporativa.

Il progetto del bilancio americano per il 2023 è la migliore prova dei piani di Washington per scatenare nuove guerre a scapito del benessere dei propri cittadini. La metà dei 1.700 miliardi di dollari di spese previste dal governo federale è destinata alla difesa: più di 850 miliardi di dollari: 45 miliardi sono previsti solo per la continuazione delle ostilità in Ucraina e il prolungamento del conflitto.

Questo nonostante il fatto che gli stessi USA abbiano un debito nazionale di oltre 31.000 miliardi di dollari. Evidentemente solo i Paesi che si considerano padroni del mondo non pagheranno questi debiti.

L’occidente è arrivato per primo al benessere e ha raggiunto il dominio del mondo grazie alle conquiste coloniali. È così che si comportano oggi le multinazionali, che preferiscono aumentare il loro capitale sottraendo risorse ad altri Paesi. In questo modo utilizzano il proprio sistema di lavaggio del cervello delle masse per imporre alla popolazione mondiale l’idea di alcune regole che loro stessi hanno inventato e che non sono conformi al diritto internazionale.

Le corporations transnazionali introducono nuove tecnologie per aumentare la produttività, ma la popolazione non può trarre vantaggio da questi risultati, poiché le aziende sostituiscono definitivamente il produttore locale, diventando monopoliste. Esportando la maggior parte dei loro profitti all’estero, privano i Paesi, ove sono presenti le loro filiali, dell’opportunità di aumentare la ricchezza nazionale. L’obiettivo delle multinazionali è mantenere un sistema di sfruttamento globale, protetto da una regolamentazione giuridica ad hoc. A capo di tale sistema vi è un’élite di uomini d’affari che non si associa ad alcuno Stato.

Secondo questa logica non c’è posto per la Russia in occidente: ha risorse troppo ricche per non essere derubate, e un territorio troppo vasto per non essere colonizzato. Le multinazionali mirano all’arricchimento e allo sviluppo di una società dei consumi. La Russia, invece, difende un ragionevole equilibrio tra valori spirituali e morali e sviluppo socio-economico. Un popolo intelligente e autosufficiente che ama il proprio Paese, le sue tradizioni e la sua storia, diventa irritante.

Da tempo l’occidente padroneggia la tecnologia per minare i loro rivali dall’interno e frammentarli in piccoli Stati. Questo è il modo in cui hanno agito in precedenza, quando, ad es., Londra ha fatto crollare gli imperi alla fine della prima guerra mondiale. Anche oggi fa così. Un esempio eclatante è la Jugoslavia. Lo Stato, che aveva una voce indipendente nell’arena internazionale, è stato diviso in sei Paesi.

Anche dall’implosione della ex URSS sono emersi 15 nuovi soggetti di diritto internazionale, ma la loro formazione è stata incoraggiata dall’occidente. E ora gli occidentali vogliono fare a pezzi la stessa Federazione Russa, diffondendo su di essa cose completamente inventate. La Russia non è un Paese imperialista, non vive sfruttando le risorse altrui.

Dopodiché Patrushev dice cose sulla guerra in Ucraina che meritano un post successivo.

 

Dove va la Cina?

 

A volte mi chiedo che senso abbia che i cinesi abbiano conservato l’ideologia comunista quando in campo economico mettono in pratica il capitalismo. Certo il loro capitalismo ha molte componenti che somigliano al socialismo statale (p.es. la terra non può essere privatizzata), ma è indubbio che a partire dalla fine del maoismo è progressivamente entrata a far parte della loro mentalità la logica mercantilistica. In questo momento sono molto preoccupati della guerra tra Russia e NATO perché non riescono a fare affari come prima. La stessa pandemia, abituati come sono a crescite straordinarie del PIL, li aveva messi nel panico. Ora, di fronte a qualunque tentativo di lockdown, i cittadini rischiano di scatenare una montagna di proteste, che una dittatura politica non può certo permettersi. Perché che quella sia rimasta una dittatura, come ai tempi di Mao, non ci piove. È cambiato solo il modo di gestire l’economia: non più basato sul primato della terra (con le sue comuni), ma sul primato del capitale, che va guadagnato privatamente per potersi emancipare. Oggi il governo cinese dice di aver tolto dalla povertà ben 800 milioni di persone. Grazie al socialismo statale e rurale? No, grazie all’economia mista del capitalismo, un po’ privata e un po’ statale.

Quando uno si arricchisce troppo, come p.es. Jack Ma, e comincia a criticare il regime, interviene il governo, che in un modo o nell’altro lo ridimensiona.

I cinesi sono abituati a obbedire: è anche per questo che sono diventati una grande potenza. E i governi post-maoisti han capito che i cittadini obbediscono più volentieri se hanno la prospettiva di diventare benestanti.

Quanto tempo potrà durare questa anomalia, di una società capitalistica gestita da uno Stato comunista, è difficile dirlo. In Italia sperimentammo una cosa vagamente simile al tempo in cui la Chiesa romana iniziò ad accettare, dopo la fine del Medioevo, gli sviluppi nettamente borghesi dell’Umanesimo e del Rinascimento. Ma poi quando vide che questi sviluppi rischiavano di abbracciare idee protestantiche provenienti dal nord Europa, si spaventò, e con l’aiuto degli spagnoli scatenò la Controriforma, riportando l’Italia al Medioevo.

Il problema infatti è sempre quello: quando uno si arricchisce, gustando il potere illimitato del denaro, con cui può comprare qualunque cosa, inclusi i beni immateriali, difficilmente riesce a sopportare qualcuno che lo comanda, cioè un potere politico autoritario. Vuole essere lasciato libero di agire come meglio crede, in quanto ha fiducia soltanto in se stesso.

Ecco, da questo punto di vista, ho sempre considerato i russi più coerenti: se introduci elementi strutturali di capitalismo nella società, non ha senso continuare a parlare di socialismo a livello statale e governativo.

Quella russa e quella cinese sono due società capitalistiche statali, caratterizzate da elementi di collettivismo cui non possono rinunciare, poiché appartengono alla loro tradizione storica pre-borghese. La differenza sta nel fatto che quella russa si è risparmiata la fatica di dimostrare che il business può rientrare nell’ideologia socialista.

 

Bella fregatura del doppio passaporto

 

Il Parlamento rumeno ha adottato gli emendamenti alla legge sulla mobilitazione applicabile al Paese confinante.

La normativa si applica a chiunque abbia la cittadinanza rumena, anche se risiede in un altro Paese, ad es. in Moldavia, e ha un doppio passaporto.

In caso di mobilitazione i titolari di passaporto rumeno, anche se di fatto sono cittadini moldavi, sono ora obbligati a rientrare in Romania entro due settimane, a registrarsi presso il distretto militare e ad essere pronti a difendere lo Stato di cui sono cittadini.

Anche la premier Maia Sandu ha un passaporto rumeno, ma lei pensa di utilizzarlo appena la cacceranno a pedate dalla Moldavia.

 

Sorci verdi per Orbán

 

Gli ungheresi pensano che, senza il consenso dei genitori, i bambini non possono ricevere informazioni relative all’identità di genere.

Ebbene l’Ungheria è stata sottoposta a una pressione molto forte da parte della Commissione Europea: finché non ci sarà consenso in merito alla politica gender, non ci sarà collaborazione finanziaria.

 

[13] Patrushev sulla guerra in Ucraina

 

Afferma Patrushev nell’intervista già nota:

L’intera storia dell’Ucraina è stata progettata a Washington per elaborare tecniche volte a dividere e mettere un popolo contro l’altro. A milioni di persone è stato vietato parlare la propria lingua madre russa, costringendole a dimenticare le proprie origini.

L’occidente, in nome delle sue ambizioni, sta praticamente distruggendo il popolo ucraino, costringendo la generazione attiva a morire sul campo di battaglia e portando il resto della popolazione alla povertà.

Gli eventi in Ucraina non sono uno scontro tra Mosca e Kiev, ma un confronto militare tra la NATO (soprattutto USA e Gran Bretagna) contro la Russia. Temendo il contatto diretto, gli istruttori della NATO spingono i ragazzi ucraini verso una morte certa.

Con un’operazione militare speciale la Russia sta liberando l’Ucraina dall’occupazione occidentale, ponendo fine a questo sanguinoso esperimento. Noi non siamo in guerra con l’Ucraina, perché, per definizione, non possiamo odiare gli ucraini. Le tradizioni ucraine sono vicine al popolo russo, così come il patrimonio del popolo russo è inseparabile dalla cultura degli ucraini. Si noti che la lingua ucraina è conservata come una delle lingue ufficiali in Crimea. Centri culturali ucraini e gruppi di canto e danza ucraini continuano a operare in molte città della Russia. Nel sud dell’Estremo Oriente, data la grande percentuale di immigrati dall’epoca di Stolypin, un numero significativo di residenti considera la cultura del popolo ucraino come autoctona.

Prima i cittadini ucraini si renderanno conto che l’occidente è in guerra con la Russia per mano loro, più vite saranno salvate. Non devono aver paura di parlarne per timore di rappresaglie. Non è nei piani dell’occidente salvare le vite di nessuno a spese del proprio arricchimento e di altre ambizioni.

Americani, inglesi e gli altri europei spesso creano l’illusione di proteggere la civiltà dalla barbarie. In realtà sono stati loro a creare organizzazioni terroristiche, come Al-Qaeda, il movimento talebano o l’ISIS, per raggiungere i loro scopi, dopodiché han preso a combatterle. Inscenando l’eliminazione di leader terroristici come Osama bin Laden, ne hanno addestrati e armati un centinaio di nuovi.

La presenza degli Stati Uniti in Afghanistan non si è rivelata una lotta contro il terrorismo, ma la creazione di schemi di corruzione multimilionari e un aumento della produzione di droga. L’improvviso e vergognoso ritiro degli americani da quel Paese aveva molto a che fare con la concentrazione sull’Ucraina, dove la preparazione del regime fantoccio di Kiev per le azioni offensive anti-russe stava andando avanti con successo. Lo stesso Blinken ha detto che se le forze armate statunitensi non avessero lasciato l’Afghanistan, Washington non avrebbe potuto stanziare così tanti fondi per l’Ucraina. Inoltre, parte dell’equipaggiamento ritirato dal suolo afghano è stato trasferito in Europa, principalmente in Polonia, permettendo agli europei di militarizzare il regime di Kiev.

I criminali neonazisti che si sono scatenati negli ultimi anni in Ucraina saranno inevitabilmente sconfitti. Tuttavia è possibile che i più odiosi vengano salvati dai loro gestori per essere utilizzati in altri Paesi, anche per organizzare colpi di stato e attività sovversive.

Questa cosa è già successa dopo il 1945, quando gli americani, i britannici e le autorità della Germania occidentale salvarono molti nazisti dalla punizione per creare le forze armate della RFT e la rete di intelligence americana e britannica, anche per operazioni segrete contro il campo socialista.

La CIA fece largo uso di ex dipendenti dell’Abwehr (servizio d’intelligence militare tedesco) e della Direzione della Sicurezza Imperiale del Reich di Hitler per creare nuove agenzie di intelligence tedesche. Gli USA coinvolsero attivamente i criminali nazisti nello sviluppo di nuove armi, comprese quelle di distruzione di massa. Lo stesso vale per l’uso da parte degli americani dei criminali di guerra giapponesi che hanno sviluppato e utilizzato armi chimiche e batteriologiche.

 

Per continuarla bisogna prima finirla

 

Il generale dell’esercito Valery Gerasimov è stato nominato dal ministro della Difesa, Sergei Shoigu, comandante del gruppo di forze congiunto in Ucraina. Avrà mano libera per porre fine alla guerra.

Suoi vice ora sono Sergei Surovikin (comandante in capo delle forze aerospaziali), Oleg Salyukov (comandante in capo dell’esercito) e Alexei Kim (vice capo di stato maggiore delle forze armate russe). Quanto ad Aleksandr Lapin, che ha liberato dai neonazisti la repubblica popolare di Luhans’k, diventerà capo di stato maggiore generale delle forze armate di terra in Russia (di fatto la massima autorità militare della Federazione).

Cosa significa un cambiamento così netto nella verticale del comando e del controllo? Sotto di sé Gerasimov ha tutte le forze armate, di cielo, terra e mare. Lui è l’intelligenza personificata della moderna strategia militare russa. Dietro l’operazione speciale di Putin c’era lui.

Le forze armate ucraine si stanno preparando a una possibile offensiva dalla Bielorussia. Kiev è in stato di allerta.

Nel frattempo tre sottomarini e una nave d’assalto anfibia della flotta del Mar Nero della Marina russa hanno lasciato Novorossijsk per il Mar Nero e potrebbero muoversi in direzione della costa ucraina o della Crimea.

Putin deve aver fatto un ragionamento molto elementare: se la guerra è contro la NATO e la NATO la vuole vincere, non ha più senso l’operazione speciale contro gli ucraini, cioè la guerra condotta coi guanti bianchi o, come si suol dire, con un braccio legato. Lo stesso Surovikin aveva chiesto mano libera, ma Putin non gliela aveva concessa sino in fondo. E così il generale aveva dovuto decidere l’evacuazione a Kherson e subire l‘attacco ucraino a una caserma russa nella città di Makiivka, che a Capodanno ha ucciso almeno 89 soldati. D’altra parte lui stesso aveva sostituito il generale Lapin, che aveva dovuto ritirare le truppe da Lyman, subendo dure critiche da parte di Kadyrov, il presidente della repubblica cecena, che coi suoi militari era riuscito a prendere Mariupol’ e a piegare il famoso reggimento Azov.

Ora basta. Gerasimov è in grado di disporre al momento di circa 450.000 uomini e di circa 90.000 donne militari. Sono sufficienti per scatenare l’inferno contro Kiev. Il buonismo deve finire. Gli ucraini, ne siano o no consapevoli, stanno tutti favorendo, col loro comportamento rassegnato, incapace di ribellarsi al governo neonazista di Kiev, gli interessi dell’occidente e la distruzione del loro Paese.

È quindi molto probabile che a Kiev verranno dati alcuni giorni per evacuare la popolazione, poi verrà bombardata: non ci si limiterà a circondarla coi carri armati come all’inizio dell’operazione speciale, sperando che si arrendesse in maniera pacifica. Il governo se ne dovrà andare, ammesso che vi riesca. Le forze armate presenti ancora nel Donbass dovranno arrendersi, altrimenti verranno circondate e sterminate. Il Gruppo Wagner non può continuare all’infinito una guerra così logorante nel Donbass, anche se sta ottenendo una vittoria dietro l’altra.

Dopodiché la Russia sarà pronta a concentrarsi esclusivamente sulla NATO, che dovrà prendere una decisione: se continuare la guerra, inviando le proprie truppe in Ucraina (passando da Polonia e Romania e forse Lituania), oppure se andarsene, col pretesto che non può scatenare una guerra nucleare.

Gli USA, come al solito, ne usciranno indenni e si concentreranno sulla Cina, che sul piano economico fa molta più paura della Russia, anche perché si sta espandendo troppo in Sudamerica.

Gli europei invece subiranno dei tracolli: ci saranno cambi di governo a favore dell’autoritarismo di destra; alcuni Stati usciranno dalla NATO; si manterranno le sanzioni contro la Russia, che porteranno gli europei a privarli sempre più dell’energia e quindi a deindustrializzarsi. I rapporti con la Russia non verranno più ripresi, se non per vie traverse, usando le triangolazioni (passando p.es. attraverso la Turchia o il Kazakistan), per avere gas e idrocarburi, senza i quali l’industria, al momento, non può esistere. La UE è ideologica e quindi orgogliosa: gli Stati con più coraggio se ne andranno.

 

I falchi in Russia

 

Ormai si è capito da chi è composto in Russia il partito dei falchi: Kadyrov (presidente della Cecenia), Prigozhin (capo del Gruppo Wagner), Patrushev (segretario del Consiglio di sicurezza), il suo vice (ma già presidente e premier) Medvedev, e Volodin (presidente della Duma). Ma anche Surovikin ha sempre considerato l’operazione speciale troppo dispendiosa per i russi: di qui la sua decisione di bombardare gli impianti strategici civili che forniscono luce, gas e acqua.

Se una guerra diretta deve esserci contro la NATO, è probabile che saranno più loro a gestirla che non il moderato Putin, che continua a difendere il ministro della Difesa Shoigu e il generale Lapin, entrambi molto criticati. Putin vuole continuare a governare, ma i fatti l’han costretto ad ammettere che nella sua operazione speciale ha contato molto di più il ruolo degli eserciti semi-privati di Kadyrov e di Prigozhin.

Putin deve capire che se la guerra è contro la NATO, gli ucraini sono solo un intralcio. Bisogna pretendere la resa incondizionata di Kiev, dopo averla bombardata, e concentrarsi sul vero nemico, impedendogli di continuare una guerra per procura.

Ma la NATO è pronta a fare una guerra convenzionale contro la Russia che duri un altro anno? Al momento è impossibile, checché ne pensi il soldatino Stoltenberg.

 

Fermiamo la russofollia

 

Lo storico e giornalista Angelo D’Orsi, che dirige due riviste: “Historia Magistra” e “Gramsciana”, non ha peli sulla lingua. Sul suo canale Telegram ha dichiarato:

“Il Parlamento della UE stanzia altri 18 miliardi di euro in aiuti all’Ucraina, mentre discute di nuove sanzioni alla Federazione Russa, che serviranno solo a impoverire i cittadini europei. E intanto viene alla luce il volto nascosto di questa istituzione inutile: la corruzione, il denaro, la disonestà. Questo Parlamento, anzi l’intera UE è da cancellare: l’Europa unita non può essere quella dei banchieri, dei ladri e dei servi degli USA”.

Già in precedenza aveva rotto i rapporti di collaborazione con “La Stampa” di Torino. Per vari motivi:

- Non si può parlare di un’identità europea senza la Russia.

- La guerra in corso è una guerra degli Stati Uniti contro l’Europa. L’obiettivo è impedire alla UE di diventare un attore importante sulla scena internazionale, obbligandola a recidere i rapporti con la Russia. Il risultato sarà una catastrofe sul piano economico, culturale, morale, spirituale e politico.

- Vi è una spaccatura fra l’opinione dei cittadini  e il ceto politico sul tema della rottura con la Russia.

- Non c’è una levata generale degli intellettuali contro le bassezze del bellicismo e dell’univocità delle notizie.

Nell’aprile scorso aveva dichiarato su Rete 4:

“Considero Zelensky uno dei principali ostacoli al raggiungimento della pace. Le sue azioni provocano distruzione e vittime tra il suo popolo, di cui non sembra essere molto interessato”.

 

[14] La Russa contro la Russia

 

Ignazio La Russa, presidente del Senato, a margine delle celebrazioni degli Alpini per i caduti in guerra, ha annunciato di aver predisposto un disegno di legge che sarà presentato in Parlamento da Fratelli d’Italia.

Vuole una leva militare volontaria dalla durata massima di 40 giorni, mettendo in stand-by il percorso di studi o professionale.

Da anni il centrodestra propone la “mini-Naja”, cioè uno stage estivo in caserma rivolto ai giovani tra i 18 e i 25 anni. Già nel 2008 La Russa aveva lanciato la proposta, offrendo in cambio una serie di incentivi, come p.es. crediti per la carriera scolastica e per i concorsi pubblici, punti per la maturità per tutti i tipi di scuola, un esame in meno da sostenere all’università, un vantaggio a livello di formazione, un punteggio aggiuntivo per tutti i concorsi pubblici. Insomma una specie di mercatino del baratto: tu dai una cosa a me e io do una cosa a te. Ecco a cosa si riduce l’amore per la patria, che la destra propaganda da sempre con orgoglio.

Un servizio di leva obbligatorio viene a costare troppo per l’Italia. Siamo un Paese povero, che però dovrà spendere il 2% del PIL nell’acquisto delle armi, come preteso dalla NATO, cioè dagli americani, che non vedono l’ora di venderci le loro armi.

Facciamo lo stesso discorso dei capitalisti, quando pensano di aumentare il plusvalore puntando di più sui macchinari che non sulla forza-lavoro, salvo poi rendersi conto che dovevano fare il contrario, proprio perché nei sistemi economici basati sulla concorrenza l’obsolescenza della tecnologia è molto più veloce di quella della manodopera. Il capitale costante è in realtà un capitale morto, che tende a perdere valore col tempo, mentre il capitale variabile è vivo, poiché man mano che lavora cresce la propria produttività, almeno finché non si usura per limiti di età.

Ma queste son finezze prive di senso per una classe politica convinta che per vincere le guerre ci vogliono molte armi sofisticate per pochi militari ben addestrati.

Possono bastare tuttavia 40 giorni? Assolutamente no. Però intanto si costituisce un plafond di uomini da richiamare in servizio, in caso di necessità, per un ulteriore addestramento.

Da notare che l’ultimo tentativo di riforma della naja in Parlamento risale al 2019, allorché si approvò la legge che ha introdotto una naja volontaria di sei mesi in caserma o in strutture formative appartenenti alle Forze Armate per cittadini italiani compresi tra i 18 e i 22 anni, aventi un diploma di media superiore. La legge fu un fallimento e non venne più finanziata: forse sei mesi erano troppi o troppo pochi gli incentivi.

Tra i requisiti richiesti ve n’era uno tutto da ridere: “non aver tenuto nei confronti delle istituzioni politiche dello Stato comportamenti che non diano garanzia di assoluta fedeltà alla Costituzione e alle esigenze di sicurezza nazionale”. Infatti a 18-22 anni (e considerando che non siamo negli anni ’70) è difficile per un giovane tenere comportamenti anticostituzionali, a meno che non si droghi o non guidi la macchina come un pazzo. Basta però entrare nel mondo del lavoro, ed ecco che la musica cambia in fretta. E qui viene in mente Crozza quando fa l’imitazione di Razzi.

 

Riscrivere l’art. 52 della Costituzione

 

Se ci pensiamo andrebbe riscritto l’art. 52 della Costituzione: “La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino. Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge. Il suo adempimento non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino, né l’esercizio dei diritti politici. L’ordinamento delle Forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica”.

Giustamente i costituenti avevano pensato che se la difesa della patria è un “sacro dovere” di ogni cittadino, il servizio militare non può essere lasciato alla libertà di coscienza. Avevano però aggiunto due cose: la prima era una specie di assicurazione che i militari di leva non avrebbero subito danni alla propria carriera e ai propri diritti politici; la seconda è un po’ ambigua, in quanto viene detto che si è obbligati a difendere la patria se le forze dell’ordine sono democratiche.

Per me sarebbe stato meglio dirlo subito, anzi sarebbe stato meglio dire che la democrazia non riguarda solo le forze armate (che, lo sappiamo, sono tendenzialmente autoritarie), ma riguarda anche i governi politici. In tal senso sarebbe stato meglio scrivere che il cittadino è tenuto a difendere la patria nella misura in cui il governo in carica resta chiaramente fedele ai princìpi democratici della Costituzione. Oppure – mettendo la frase in negativo – non viola espressamente quei princìpi.

Ha senso difendere la patria da un nemico esterno quando il proprio governo è una dittatura? Che senso ha chiedere al cittadino di adempiere a un dovere sacro quando chi lo chiede è un governo corrotto e dispotico? La democrazia o vale per tutti o è solo un inganno.

Certo, i costituenti avranno pensato che non si può vincolare la difesa della patria alla fiducia che si ripone nel governo in carica. Ma quando i governi cominciano a essere, dopo anni e anni, uno peggio dell’altro, tanto che solo la metà dei cittadini va a votare, uno qualche domanda se la pone.

Se i cittadini romani avessero continuato a considerare i barbari dei nemici per definizione, non li avrebbero, ad un certo punto, considerati dei “liberatori” dalla tirannia degli imperatori. Né Lenin avrebbe chiesto, scandalizzando tutta la sinistra europea, che la guerra imperialista mondiale andava trasformata in guerra civile contro i propri governi nazionali.

 

[15] Patrushev sull’occidente

 

Ancora in riferimento all’importante intervista di Patrushev.

Attualmente i metodi occidentali più cinici sono gli esperimenti con agenti patogeni e virus pericolosi in laboratori militari-biologici, supervisionati dal Pentagono.

L’occidente è impegnato senza remore nella corruzione morale della società. Ha imparato a zombificare le persone con la propaganda di massa e ora punta a usare le armi cognitive, influenzando ogni persona con l’aiuto delle tecnologie informatiche e dei metodi della neuropsicologia. Impone valori neoliberali e di altro tipo, alcuni dei quali sono intrinsecamente contrari alla natura umana. Agiscono consapevolmente e non fanno mistero che l’agenda LGBT è uno strumento per ridurre gradualmente il numero di “persone superflue” che non rientrano nel quadro del famigerato “miliardo d’oro”.

Mentre ieri si promuovevano gli OGM senza preoccuparsi delle conseguenze di questi prodotti sulla salute umana, oggi si esortano le donne a non avere figli per combattere il cambiamento climatico.

La scienza d’oltreoceano suggerisce che le persone dovrebbero essere misurate in base alla quantità di carbonio che lasciano dietro di sé. Misurano e contano l’umanità nello stesso modo in cui un tempo gli scienziati nazisti misuravano i crani alla ricerca di criteri per dividere le “razze superiori” da quelle “inferiori”.

Esistono strutture in grado d’influenzare positivamente la situazione. L’ONU e il suo Consiglio di sicurezza; organizzazioni come SCO, BRICS, ASEAN e altre stanno guadagnando popolarità. Tuttavia l’occidente non è interessato alla loro efficacia. Gli anglosassoni cercano ossessivamente di spingere la comunità mondiale verso l’idea che queste istituzioni hanno superato la loro utilità e che sia necessario vivere secondo le regole da loro inventate. Chi non è d’accordo con la loro egemonia viene etichettato come “Stato canaglia”, “Stato terrorista” o Stato che rappresenta una minaccia per la sicurezza nazionale.

I Paesi occidentali non s’accorgono d’essere gradualmente in minoranza e non accettano l’idea che la Federazione Russa possa diventare un’economia forte, moderna e indipendente. La Russia ha tutte le risorse per diventarlo. È però necessaria una cultura del loro utilizzo, un atteggiamento attento e competente nei confronti dei nostri tesori, non solo naturali, ma anche immateriali. Le imprese russe devono avere un orientamento nazionale. Il capitale privato, così come le autorità, dovrebbero pensare allo sviluppo a lungo termine del Paese.

L’indipendenza finanziaria della Russia è importante, così come la sovranità tecnologica. È però necessario non solo sviluppare la scienza e l’istruzione, ma far rivivere il vero culto dello scienziato, dell’ingegnere, del lavoratore. Le giovani generazioni dovrebbero essere ispirate dalle idee di lavoro creativo a beneficio della nostra madrepatria, piuttosto che sedersi negli uffici delle aziende occidentali.

La forza indistruttibile della Russia risiede nelle sue diverse visioni della vita, nella sua multietnicità e multiconfessionalità. Abbiamo una cultura unica e distintiva: la Russia non è l’Europa, non è l’Asia e certamente non è “anti-occidentale”. Per un russo l’odio, per definizione, non può essere un fattore unificante. Sono piuttosto gli occidentali che ci chiamano apertamente “avversari”.

Fonte: lantidiplomatico.it

 

Spreconi e disarmati

 

Secondo quanto pubblicato da “Rivista Italiana Difesa”, Giorgia Meloni avrebbe deciso di inviare a Kiev la batteria Samp-T da 7-800 milioni di euro, rispettando la volontà della NATO.

Questo sistema anti-missile terra-aria di ultima generazione, mai testato in guerra, non sarà possibile utilizzarlo senza addestramento da parte di istruttori italiani. È stato realizzato insieme ai francesi a partire dagli anni 2000. Il sistema d’arma è caratterizzato da un’elevata mobilità tattica e strategica (può essere facilmente rischierato per via aerea, navale e ferroviaria). Può intercettare aerei in un raggio di 100 km e missili entro 25 km. Lo scopo era quello di sostituire il sistema missilistico Hawk.

Il ministro della Difesa, Crosetto, ha però detto che per rimpiazzare una sola batteria Samp-T ci vogliono degli anni (non prima del 2030). Quindi per aiutare un Paese che senza la NATO avrebbe già perso la guerra da un pezzo, noi rischiamo di restare indifesi. In Italia infatti ci sono soltanto cinque batterie di questo tipo, ognuna delle quali capace di creare uno scudo su una delle grandi città della penisola.

Ancora non abbiamo capito che per vincere una guerra non bastano le armi. E non basta neppure la propaganda quotidiana che minimizza i successi militari di Mosca.

 

Realismo e fanatismo europeo

 

Il tedesco “Die Welt” scrive che alcuni membri della NATO – tra cui Germania e Francia – sembrano voler porre fine al più presto alle ostilità in Ucraina, chiedendo a Kiev di fare delle concessioni territoriali. Tuttavia la Polonia, i Paesi baltici, la Cekia e la Slovacchia bramano la “vittoria” dell’Ucraina con qualsiasi mezzo. E anche a Kiev la sta sognando a occhi aperti.

Non è ridicolo questo modo di vedere le cose? È come se si dicesse: i Paesi ovest europei vorrebbero concludere la pace, ma siccome quelli orientali non ne vogliono sapere, la NATO è costretta a rifornire l’Ucraina di armi sempre più sofisticate e pericolose, almeno finché il Paese non sarà riuscito a ripristinare la propria integrità nazionale.

Un atteggiamento del genere manderà al massacro centinaia di migliaia di soldati ucraini, poiché è evidente che la situazione sta diventando particolarmente tragica per chi è impegnato sui vari fronti.

Non servirà a niente ripristinare l’obbligatorietà della leva. Anzi, servirà soltanto a far fuggire dai vari Paesi decine di migliaia di giovani, come sta già accadendo in Polonia.

 

Venezia e Trieste nuovi porti dell’Ucraina

 

L’Italia ha offerto all’Ucraina di utilizzare le sue infrastrutture logistiche, tra cui i porti di Venezia e Trieste, per l’esportazione di prodotti.

Che senso ha questa cosa, visto che da Odessa non può uscire alcuna nave che i russi non vogliano? Da Odessa no, ma strade e ferrovie, passando per Slovacchia e Ungheria, sono ancora praticabili.

Le parti hanno firmato un accordo di cooperazione tecnologica e industriale. In che senso? Il governo di Kiev non è in grado di fare alcunché in questo momento. È già molto se riesce a difendere le proprie infrastrutture energetiche dagli attacchi russi.

È chiaro che sotto c’è qualcosa. È vero, esiste un piano per realizzare il Corridoio paneuropeo V e l’Asse ferroviario Adriatico-Baltico, che sono percorsi multimodali ad alta velocità e capacità. Ma farci rientrare l’Ucraina in questo momento, può avere al massimo un valore simbolico o psicologico: per far vedere che sta per vincere la guerra con le armi occidentali. Oppure davvero si sta pensando di sfruttare al meglio i percorsi stradali e ferroviari per rifornire gli ucraini di armi e prodotti alimentari e sanitari. E magari il governo di Kiev può rifornirci di neonazisti e di profughi molto più velocemente...

Si sa soltanto che per i primi di marzo è prevista una conferenza sulla ricostruzione dell’Ucraina, cui parteciperanno anche le nostre imprese. Faremmo la stessa cosa se vincesse la Russia? Ancora non si è capito che a marzo, se andiamo avanti così, non esisterà più nessuna Ucraina.

 

Nessuno può opporsi alla propaganda

 

Aleksej Arestovic, il primo consigliere di Zelensky, in un’intervista alla tv, ha ammesso che la strage di Dnepropetrovsk è dipesa dall’antiaerea ucraina e non da un missile russo. Ha dichiarato che l’antiaerea aveva intercettato il missile in volo, ma poi il missile dell’antiaerea è caduto contro l’edificio residenziale e li è avvenuta la deflagrazione, causando molti morti.

In questa affermazione, che la propaganda ucraina non ha troppo gradito, c’è una bugia e una verità. La verità è che il responsabile è l’antiaerea ucraina (probabilmente si era usato un vecchio C300); la bugia è che nessun missile è stato intercettato. Gli abitanti della città parlano di un solo scoppio, non di due; inoltre i danni sono troppo ingenti per essere dei rottami caduti se lo scoppio fosse avvenuto in volo.

Insomma il governo mente anche quando dice la verità. D’altronde Arestovic aveva già mentito in aprile sulla strage accaduta alla stazione di Kramatorsk, dicendo che era stato un missile Iskander dei russi. Peccato che le foto avessero mostrato che il missile era ucraino, un Tocka U.

Intanto Zelensky ha approfittato della tragedia di Dnepropetrovsk per mendicare ancora una volta nuovi rifornimenti di armi dall’occidente. Per lui la guerra è come un gioco e un’occasione per fare affari (molte armi infatti vengono rivendute). Più spara e più soldi può chiedere, tanto a rimetterci è solo il suo popolo, che quando non è colpito per sbaglio, lo è intenzionalmente.

Ma perché l’esercito ucraino compie errori del genere? Perché molte armi occidentali non sono che fondi di magazzino. Erano armi gia dismesse perché obsolete o in cattivo stato di conservazione. Le armi costano un occhio, ma ad un certo punto non servono più a niente. La manutenzione non conviene e il riutilizzo è impossibile o comunque molto rischioso.

Purtroppo in Ucraina nessuno può opporsi alla propaganda, poiché tutta l’opposizione politica e mediatica è stata silenziata.

 

Dante di destra?

 

“Il fondatore del pensiero di destra in Italia è stato Dante Alighieri: la destra ha cultura, deve solo affermarla”.

Questa scemenza dal sapore strumentale è stata detta dal ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano. Viene in mente Mussolini che faceva di Pascoli un fascista ante-litteram.

Ora, anche a prescindere dal fatto che paralleli storici su contesti così lontani e diversi è meglio non farli, se c’è una cosa che non si può dire è proprio che Dante fosse di “destra”. Semmai lo erano i guelfi neri, nettamente filo-papalini e filo-francesi.

Prima di essere cacciato da Firenze, Dante era un guelfo bianco, cioè uno a favore della non ingerenza del papato nelle questioni politiche dell’impero. Dopodiché divenne “ghibellin fuggiasco”, cioè favorevole a una subordinazione politica del papato all’imperatore, come nel mondo bizantino. Non a caso il papa teocrate, Bonifacio VIII, lo mise nella Cantica dell’Inferno.

Con questo non si vuol certo dire che il Dante politicamente moderato di sinistra fosse anche ideologicamente sovversivo. Non fu mai accusato d’essere un eretico, anche perché si dichiarava a favore del tomismo. Il che non impedì alla Chiesa di mettere all’Indice il suo De Monarchia. La sua Commedia resta un capolavoro letterario ideologicamente regressivo, anche se nell’Inferno vi sono Canti in cui l’autore non sa spiegarsi perché sia costretto a collocarvi certi personaggi (uno per tutti Francesca da Rimini).

Insomma i veri sovversivi a quel tempo vanno cercati in Arnaldo da Brescia, Marsilio da Padova, fra Dolcino e tanti altri che dovevano essere messi assolutamente sul rogo.

 

[16] La NATO è quasi pronta

 

Perché la ministra tedesca della Difesa, Christine Lambrecht (SPD) si è dimessa? Non si conosce il motivo. Dicono che temi il disastroso stato delle forze armate federali, attualmente prive della minima capacità operativa richiesta dalla NATO e con il parco-mezzi in gran parte ridotto a ferrovecchio.

Questo perché se la NATO volesse dichiarare guerra alla Russia, come ha intenzione di fare nei prossimi mesi, la Germania non sarebbe assolutamente in grado di affrontarla. I 100 miliardi di euro destinati al proprio riarmo si riferiscono ai prossimi anni. In tal senso lei era molto riluttante all’invio di carri armati Leopard in Ucraina (diversamente dalla guerrafondaia Annalena Baerbock dei Verdi).

In ogni caso se vengono forniti a Kiev gli armamenti più moderni di cui la Germania dispone, aumenterebbe notevolmente il rischio di un coinvolgimento del Paese in una guerra contro la Russia, che al momento vedrebbe i tedeschi di sicuro perdenti. E questa cosa Scholz sembra capirla poco.

Per es. la Francia, a differenza dell’Italia, si rifiuta d’inviare a Kiev il sistema di difesa aereo SAMP-T, che ha un’importanza strategica per la difesa delle grandi città e che di sicuro non potrebbe essere usato da personale militare ucraino.

La NATO si sta rendendo conto che l’Ucraina non ha alcuna possibilità di vincere se le forze armate occidentali non entrano in massa nel Paese col migliore arsenale militare convenzionale. La Russia è stata completamente sottovalutata.

Gli inglesi sono in procinto di farlo. Infatti trasferiranno un Ucraina non solo i carri Challenger 2 ma anche vari elicotteri d’attacco Apache, che non potranno essere pilotati dagli ucraini, privi di competenza per sistemi d’arma così complessi.

Ormai è chiaro che si sta formando una pericolosa coalizione antirussa (UK, Polonia, Paesi baltici, Romania, Cekia-Slovacchia e forse Bulgaria), sempre più intenzionata a intervenire con proprie truppe. E per fortuna che l’Ucraina non fa parte della NATO, altrimenti le grandi città della Russia sarebbero già state bombardate e con quali armi possiamo immaginarlo.

 

Matrimonio d’interesse tra yankee e polacchi

 

Gli USA stanno preparando la Polonia alla guerra contro la Russia. Gli elicotteri americani dovranno partire dalla base di Powidz. Attualmente vi è di stanza una brigata dell’aviazione da combattimento americana equipaggiata con elicotteri Apache, ma non è sufficiente: non bastano 20.000 soldati americani. Meno che mai se si vuole attaccare una potenza come la Russia.

La Polonia fornirà agli USA alloggio gratuito, cibo e carburante: tutto a spese del bilancio statale. Al governo non importa nulla della crisi economica e dell’inflazione elevata: vuole la Galizia e la Volinia.

Ormai è chiaro che Washington sta considerando la Polonia come una prossima alternativa militare alla Germania, sede principale delle truppe statunitensi in Europa. D’altronde più di 100 altre strutture devono essere costruite in Polonia nel prossimo decennio per garantire la presenza militare americana.

Ormai la Polonia è destinata a diventare una testa di ponte dove gli Stati Uniti difenderanno i propri interessi. Quindi il territorio polacco potrebbe diventare anche un campo di battaglia. Vogliono tornare ad essere un grande impero, come quando erano uniti alla Lituania, salvo poi sparire completamente dalle mappe del continente europeo con la terza spartizione del 1795.

Comunque la Germania comincia a essere stufa delle politiche di Washington, con cui la si vuole mettere all’angolo nell’economia mondiale. Dopo la distruzione del Nordstream molti politici si stanno orientando verso il concetto di “autonomia strategica dell’Europa” promosso dalla Francia. Ma prima il governo Scholz deve dimettersi, perché non è all’altezza della situazione.

 

Le ambiguità del governo turco

 

Il centro di ricerca turco Gezici ha pubblicato i risultati di un sondaggio sull’opinione pubblica, secondo cui oltre il 90% della popolazione del Paese considera gli Stati Uniti uno Stato ostile. La società turca si sta allontanando sempre più dall’occidente e si sta avvicinando alla Russia: cosa impensabile fino a poco tempo fa.

Come sia possibile però che la Federazione Russa rimanga uno dei principali partner di Erdoğan, nonostante la Turchia sia membro della NATO, resta un mistero. È evidente che il governo turco sta aspettando di vedere come finirà questa guerra, prima di decidere se continuare a restare nella NATO o andarsene.

Al momento è dalla Federazione Russa che la Turchia riceve risorse energetiche a basso costo, che sostengono la difficile situazione economica e finanziaria del Paese. Nel prossimo futuro, grazie alla costruzione di un hub del gas, la Turchia potrebbe diventare il principale Paese di transito del carburante verso l’Europa.

Tuttavia sarebbe bene che la smettesse di mostrarsi come un Paese della NATO disposto a fare da paciere, e allo stesso tempo fornire equipaggiamento militare a Kiev, anche se il portavoce di Erdoğan ha liquidato come una menzogna assoluta le informazioni sul trasferimento a Kiev da parte di Ankara di proiettili a grappolo americani.

Per fortuna che il governo turco non ha mai aderito alle misure restrittive dell’occidente nei confronti di Mosca.

 

Zelensky padrone del mondo

 

Zelensky intende visitare New York e parlare di persona all’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 23 febbraio, il giorno prima dell’anniversario dell’inizio dell’operazione speciale russa.

Ma potrebbe aver paura di un conflitto interno al suo governo o che i suoi capi occidentali lo facciano fuori durante il viaggio. Ormai è diventato una scheggia impazzita come Osama bin Laden, che faceva comodo solo quando combatteva contro i sovietici.

Tuttavia non è da escludere che gli USA vogliano eliminarlo attribuendo l’azione ai russi, così la NATO avrebbe un altro motivo per dichiarare esplicitamente guerra alla Russia.

 

Odio al posto della ragione

 

La consulente ucraina Alla Poedie, fondatrice di una società di consulenza in Francia sin dagli anni ’90, ha accusato, alla TV francese LCI, la giornalista Anne Nivat (reporter di guerra) d’essere filo-russa per aver accennato all’esistenza della corruzione in Ucraina. Come se la corruzione esistesse in tutto il mondo, meno che in questo Paese, dove invece regna sovrana.

Alla Poedie già a dicembre aveva lanciato vari appelli all’odio contro i cittadini russi. In particolare aveva paragonato a scarafaggi o a topi i russi che lasciavano la Federazione a causa della mobilitazione legata alla guerra.

Fu lei a dichiarare all’inizio delle sanzioni occidentali contro la Russia che non c’era più niente da mangiare nei supermercati russi e che il centro culturale russo situato nel 7° arrondissement della capitale francese andava distrutto e, ultimamente, che non ci si poteva più far riparare i denti in Russia senza la “tecnologia occidentale”. Ha rivendicato il diritto di demonizzare la società russa nel suo insieme, manifestando il suo desiderio di vedere la Russia “scomparire dal pianeta”.

Come in tutti i russofobi l’odio ha sostituito la ragione, e in lei l’ha fatto sin dagli anni ’90!

 

In prestito non gratis

 

Siccome la Polonia ha bisogno di molti soldi per le proprie esigenze belliche “imperiali”, ha cominciato a richiedere ai rifugiati ucraini di restituire i sussidi versati per loro.

In altre parole non si può fare il profugo a vita. Se si cambia il Paese di residenza, bisogna restituire i soldi ricevuti, che andavano considerati come un semplice prestito.

Già a luglio la Polonia aveva iniziato a eliminare gradualmente i programmi di aiuto per i rifugiati ucraini, per costringerli a cercare un lavoro.

 

Silenzio, il nemico ti ascolta

 

Nella Cekia il governo ha deciso che se qualcuno in pubblico, durante delle manifestazioni, o anche soltanto su Internet esprime approvazione per gli attacchi della Russia contro l’Ucraina, o esprime il proprio sostegno in qualsivoglia maniera, o elogia i principali rappresentanti della Federazione Russa, può incorrere in responsabilità penali fino a tre anni di carcere.

 

[17] La libertà è partecipazione

 

Considerando l’isolamento politico e mediatico in cui la Russia è stata confinata e che permette all’occidente d’inventarsi qualunque falsità sul conflitto ucraino in corso, vien da pensare che, anche nel caso in cui la Russia dovesse vincere la sua guerra contro la NATO, la verità in occidente non verrà mai a galla. O meglio: il giorno in cui verrà a galla, non servirà a niente conoscerla, poiché il contesto sarà completamente cambiato.

Si potrebbero fare un milione di esempi, ma a che servirebbero? Oggi l’esegesi laica dei vangeli ha dimostrato che il Cristo è stato trasformato da liberatore politico a redentore spirituale, ma, a distanza di 2000 anni, a chi interessa? Nell’Umanesimo Lorenzo Valla scoprì che la Donazione di Costantino era un falso patentato, ma quali conseguenze determinò? La teocrazia pontificia era finita con Bonifacio VIII: il laicismo da una parte e i protestanti dall’altra avevano minato le fondamenta del papato. E così via: si pensi alla trattativa Stato-mafia, alla strage di Ustica, a tutte le stragi neofasciste degli anni di piombo, agli omicidi illustri di Moro, Falcone, Borsellino, Dalla Chiesa, ma anche di Calvi, Sindona, al caso di Emanuela Orlandi... Quando mai è venuta fuori l’intera verità? Lenin, una volta giunto al potere, rivelò il vergognoso patto segreto tra Sykes e Picot per smembrare l’impero ottomano ed egemonizzare il Medio oriente, ma ciò non ebbe alcuna conseguenza in Europa.

Son tutte cose che ormai possono interessare solo gli storici, non le grandi popolazioni alle prese coi loro problemi quotidiani.

Dobbiamo metterci in testa che la verità può venir fuori solo se intere popolazioni lo vogliono. E se anche lì per lì non viene fuori, l’azione travolgente di queste popolazioni può comunque porre le basi perché un giorno venga fuori. L’importante è sentirsi parte attiva di processi che fanno la storia. Dobbiamo smettere di considerare le falsità come una sorta d’inevitabile effetto collaterale della politica.

 

Sono possibili osservatori imparziali?

 

In questa guerra russo-ucraina non solo i giornalisti occidentali non danno nessuna informazione obiettiva, ma anche gli osservatori e i controllori che, per definizione, dovrebbero essere imparziali, in realtà si comportano come funzionari delle agenzie di intelligence occidentali. Tutti, in forme diverse, svolgono compiti di mera propaganda. Per l’occidente la verità coincide con l’interesse di parte.

Abbiamo visto questi grandi limiti con l’attività dell’OSCE, dell’AIEA, dell’OPCW, della Croce Rossa, persino delle cosiddette “organizzazioni umanitarie”, inclusa Medici Senza Frontiere.

Di fronte a una situazione del genere, bisognerebbe far sì che gruppi di nazioni significative (come p.es. quelle appartenenti ai BRICS) si dotassero di propri organismi di controllo.

Bisogna ammettere infatti che la narrativa occidentale dispone di mezzi mediatici infinitamente superiori a quelli russi. Ora poi che la Russia è stata caparbiamente isolata, volutamente estromessa da quasi tutti gli organismi internazionali di controllo, l’occidente può inventarsi qualunque tipo di falsità.

La guerra non si fa solo con le armi ma anche con le parole, che spesso sono anche più efficaci. Questo per dire che, nel caso in cui la Russia vinca la guerra contro la NATO, il mondo dovrà essere convinto che aveva tutte le ragioni per vincerla. Cioè non deve passare l’assunto che l’avrà vinta solo perché militarmente più forte (come ancora oggi l’occidente crede riguardo al conflitto mondiale tra nazisti e sovietici).

L’occidente si preoccupa sempre di far credere che, anche quando si comporta nella maniera più brutale possibile, aveva tutte le ragioni per farlo, o comunque ne aveva almeno una che sovrastava tutte le altre che avrebbero dovuto indurlo a un comportamento diverso: un esempio eclatante le due bombe atomiche sul Giappone. Gli USA non avevano alcun bisogno di sganciarle per vincere la guerra, eppure ancora oggi si pensa che questo atto infame avesse la sua giustificazione, al punto che nessun presidente americano si è mai sentito in dovere di chiedere scusa.

 

La NATO è forte ma non così tanto

 

Questa guerra russo-ucraina un risultato positivo l’ha ottenuto: il fronte della NATO non è così compatto come vogliono far credere. Se dovesse esserci una guerra diretta tra NATO e Russia, è assai dubbio che Turchia e Ungheria interverrebbero attivamente. E probabilmente anche altre nazioni europee seguirebbero il loro esempio.

Certo, se l’Ucraina fosse stata una nazione islamica, la Turchia avrebbe agito diversamente. Pur di allargare la propria sfera d’influenza in Europa, ogni pretesto è buono per i turchi.

Al tempo della guerra jugoslava la NATO lavorava di comune accordo con la Turchia, che si ergeva a paladina degli interessi dei musulmani bosniaci. Purtroppo anche l’Iran lo fece, compiendo un errore madornale.

Oggi bisogna ammettere che il mondo islamico non è più così ingenuo nei confronti della propaganda occidentale. Sembra che abbia capito che gli statisti euroamericani mentono appena aprono bocca. Speriamo che capisca anche che se la Russia perderà il confronto con la NATO, il mondo islamico potrà dire addio alle sue pretese autonomistiche nei confronti dell’occidente. La stessa Cina diventerà il prossimo obiettivo da colpire militarmente. Ecco perché in questa guerra la Russia non va lasciata sola.

 

Scenario catastrofico

 

Se la Russia dovesse perdere contro la NATO, l’Ucraina potrebbe diventare il Paese più nazista del mondo, un focolaio di tensione permanente in Europa e una fucina di terroristi per l’unipolarismo occidentale.

Se la Russia non si sbriga a togliere di mezzo il governo di Kiev e quindi a prepararsi a un confronto diretto con la NATO, che assai difficilmente potrebbe svolgersi secondo le attuali logoranti modalità, la guerra potrebbe trascinarsi per degli anni. I russi non possono ripetere gli stessi ingenui errori dei serbi.

Tutti ricordano il conflitto jugoslavo: durò dal 1991 al 1995. Le menzogne dell’occidente furono un’enormità, ma utilissime per far credere che si interveniva per “ragioni umanitarie”; il Paese scomparve come nazione e a rimetterci fu soprattutto la Serbia; il Kosovo diventò uno Stato pieno di corrotti e di fascisti. L’atteggiamento terroristico dell’UCK è l’antesignano di tutti gli atteggiamenti terroristici che l’occidente (soprattutto gli USA) ha alimentato nei Paesi islamici, in quelli ex sovietici e, in particolare, in Ucraina. La cosiddetta “guerra contro il terrorismo” è stata condotta contro qualcosa che lo stesso occidente aveva creato, ed è servita soltanto per creare nuove guerre e per tenere l’intero pianeta in uno stato di continua tensione.

Proprio come oggi in Ucraina, l’occidente aveva pompato un sacco di soldi, armi e mercenari in Bosnia. Quella volta si violarono molte risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’ONU. Oggi invece la NATO agisce indipendentemente dall’ONU: non vuole intralci di alcun tipo. Il Consiglio di sicurezza non serve a niente, l’Assemblea generale ha troppe nazioni che non condividono la narrativa occidentale, per cui è meglio non consultarla, e il Segretario generale non ha bisogno d’essere convinto che l’occidente ha sempre ragione.

Finita questa guerra, anche l’ONU andrà rifatta.

 

[18] Non era meglio limitarsi a fare il nonno?

 

Il guerrafondaio e finto pacifista Kissinger ha detto al Forum economico mondiale di Davos che non c’è più motivo per tenere l’Ucraina fuori dalla NATO.

Ma perché l’idea di un Paese neutrale a ridosso della Russia non la condivide più? Perché è convinto che la Russia sia una Federazione molto debole, non tanto nei confronti dell’Ucraina, quanto nei confronti della NATO e dell’intero occidente. Cioè la guerra ha dimostrato che un attacco convenzionale della Russia all’Europa troverebbe una resistenza unita che Mosca non avrebbe le capacità di superare. Anche perché la NATO si è rafforzata con l’adesione di Finlandia e Svezia (cosa peraltro non vera, almeno finché Turchia e Ungheria non daranno il nulla osta).

Questo ladro di premi Nobel per la pace dovrebbe sapere che la Russia in Ucraina non ha fatto nessuna guerra ma solo un’operazione speciale. L’ultima vera guerra l’ha fatta contro i nazisti invasori, e sempre precisando che considerava loro il nemico da abbattere non il popolo tedesco. Da allora ha condotto solo “interventi militari particolari” su richiesta di rappresentanze russofone o di alleanze filorusse all’estero.

Il concetto di “guerra” contro gli Stati altrui, per conquistare le loro risorse umane e naturali, è estraneo alla mentalità russa. Cosa che dell’occidente euroamericano non si può assolutamente dire. Non è stata certo la Russia a inventare la prassi del colonialismo, imperialismo, neocolonialismo e globalismo: quattro categorie che racchiudono mezzo millennio di storia. Ai tempi degli antichi Romani la Russia pagana e tribale non conosceva neppure il concetto di schiavismo.

Se Mosca avesse voluto fare una guerra contro Kiev, l’avrebbe spazzata via in poche settimane. L’avrebbe fatto proprio perché temeva l’ingresso dell’Ucraina nella NATO. Sin dall’inizio Putin aveva parlato non solo di denazificazione ma anche di smilitarizzazione. Ma siccome russi e ucraini sono tra loro imparentati, Mosca è stata costretta a usare i guanti di velluto, almeno per quel tanto che i metodi sciagurati di combattere da parte dei cinici neonazisti permettevano. E che una guerra contro la Russia sarebbe stata catastrofica per l’Ucraina, se non avesse avuto l’appoggio occidentale, è fuor di dubbio.

La Russia ha imparato a non fidarsi degli occidentali sin dai tempi della rivoluzione bolscevica. Certo, vi sono stati momenti in cui ha flirtato con lo stile di vita e la mentalità occidentali, ma nell’insieme ha sempre temuto d’essere colonizzata, per cui la sua capacità difensiva è piuttosto elevata, anche se non lo mette in mostra.

Un devastatore dell’umanità come Kissinger dovrebbe sapere queste cose. E alla sua veneranda età dovrebbe farsi un bell’esame di coscienza, chiedendosi come essere credibile di fronte al giudizio di Jahvè. Sempre che il suo ebraismo non sia ridicolo come la sua coerenza in campo geopolitico.

Sostenere infatti che la NATO in Ucraina ha raggiunto i suoi obiettivi solo perché è riuscita a non far raggiungere ai russi quelli dell’operazione speciale, è sostenere una cosa di cui una persona normale si dovrebbe vergognare. Infatti l’uomo comune, in questo momento, si sta chiedendo come sia stato possibile che dopo quasi un anno di combattimenti (che l’Ucraina ha potuto sostenere solo grazie all’aiuto occidentale), non si sia riusciti a intavolare delle trattative di pace. Era davvero indispensabile mettere la Russia nelle condizioni di occupare l’intero Donbass invece che difendere le due minuscole repubbliche di questa regione? E ha una qualche ragione sensata costringerla tra qualche settimana o mese a occupare l’intera nazione, quando in un qualunque ragionevole negoziato si sarebbe potuto evitarlo?

La NATO si vuol mettere nella testa che quanto più l’Ucraina viene aiutata militarmente, tanto più i russi si convinceranno che se la loro guerra, in definitiva, è contro l’occidente, questa guerra non potrà essere assolutamente persa? Possibile che sia così difficile capire che se l’occidente dichiara guerra alla Russia, il resto del mondo non potrà lasciarla da sola a combattere? Verrà istintivo allearsi con l’ultimo baluardo contro le pretese di egemonia mondiale dell’occidente. E comunque entro il 2026 la Federazione Russa arriverà a organizzare di tutto punto un esercito di 1,5 milioni di militari.

 

Strabica ed egocentrica

 

L’egocentrismo della von der Leyen è incredibile. Pensa che l’intero pianeta ruoti attorno all’asse occidentale.

Infatti ha detto al Forum di Davos: “Abbiamo imposto alla Russia le sanzioni più severe della storia, a seguito delle quali l’economia entrerà in una recessione decennale e la sua industria sarà privata delle tecnologie moderne e critiche”.

Ora, a parte il fatto che la recessione riguarderà più l’Unione Europea, priva di fonti energetiche autonome, che la Russia (tant’è che i suoi ricavi dall’export energetico sono cresciuti del 28% nel 2022), qui è un’altra cosa da mettere in evidenza: lo strabismo di questa statista da strapazzo, che farebbe meglio a pensare alla tegola giudiziaria che le sta per arrivare sulla testa a causa dei suoi rapporti con le multinazionali farmaceutiche americane.

Uno strabismo dovuto a due fattori: 1) la Russia non è affatto un Paese arretrato tecnologicamente (quanto meno lo dimostrano le sue imprese nello spazio e il livello delle sue armi); 2) la Russia è isolata dall’occidente non dal mondo intero. Se le serve qualcosa di tecnologico che nell’immediato non può produrre in grandi quantità, può sempre rivolgersi ai propri alleati: p.es. alla Cina. Persino l’Iran, che non è certo il Paese più industrializzato del mondo, è stato in grado di rifornirla di molti droni, rivelatisi utilissimi nella campagna militare in Ucraina.

Semmai è l’occidente che, temendo un uso politico delle risorse energetiche da parte della Russia, ha pensato che l’unico rimedio fosse quello di far saltare in aria il Nordstream. Tutta qui la vantata superiorità tecnologica dell’occidente? Ma perché questa donna quando parla è soltanto in grado di dire delle immani sciocchezze? E perché ci sono ancora così tante persone disposte ad ascoltarla?

Perché questa donna non si limita a fare da madre ai suoi sette figli? Perché non pensa ai propri comportamenti vergognosi, come quando p.es. fece pagare alla Germania nel 2015 ben 8,5 miliardi di euro per comprare dagli USA 138 elicotteri da guerra pieni zeppi di problemi tecnici? Perché non si chiede se sia stato giusto rifornire copiosamente di armi tedesche l’Arabia Saudita nella sua guerra contro lo Yemen, dove ora si assiste alla più grave emergenza umanitaria del mondo?

Gli europei lo sanno che questa donna è stata messa a capo della Commissione Europea solo per evitarle d’essere denunciata dalla Corte dei Conti tedesca a causa di gravi irregolarità su diversi contratti per decine di milioni di euro aggiudicati a società di consulenza esterne? Durante le indagini due dei telefoni della von der Leyen furono sequestrati, ma i dati di entrambi furono cancellati prima di essere consegnati al ministero della Difesa. Di conseguenza il deputato dell’opposizione Tobias Linder presentò una denuncia penale contro di lei.

Questa statista è corrotta fin nel midollo delle sue ossa.

 

Perché continuare a prendersi in giro?

 

Scrive Davide Zedda nel suo canale su Telegram:

Soros non si è presentato al forum di Davos accampando ridicole scuse, non potendo dire “non ci vengo perché il Forum è morto”. Lo stesso Schwab (ovvero il padrone di casa), ha saltato la prima giornata, ma pare stesse per rinunciarvi. Ridicola la delegazione USA; istituzionale (dunque non politica), quella della moribonda UE. Due i Ministri italiani costretti a partire all’ultimo minuto per non fare cattiva figura (chiamasi presenza di rappresentanza). Niente Joe Biden e niente Xi Jinping. Assente anche Macron, assente Trudeau. Unico presente dei leader del G7, Scholz, per motivi strettamente economici. Ora abbiamo anche la conferma dell’assenza di Bill Gates.

Richieste di accrediti stampa dimezzati rispetto allo scorso anno, spazio mediatico e mainstream al Forum quasi zero. Pochi giorni e sul forum di Davos calerà il silenzio. Insomma il WEF è al tramonto. Ormai a parlarne ossessivamente sono sempre le stesse persone e sempre gli stessi canali d’informazione.

Strano, aggiungo io, perché Schwab fu fatto parlare all’ultima riunione del G20 di Bali. Forse però qualche statista occidentale si è accorto che il 2022 è stato l’anno nero delle borse mondiali, delle tre principali valute mondiali (euro, dollaro e sterlina) e delle criptovalute.

Difficile parlare di ambientalismo e di globalismo senza soldi, pieni di debiti e in un mondo così frammentato e polarizzato.

 

[19] Una sola parola: vincere!

 

Dopo la sconfitta di Soledar e dopo quella imminente di Artyomovsk/Bakhmut le truppe russe han dimostrato di non avere rivali in una guerra convenzionale in cui il confronto è diretto, casa per casa. La grande lezione di Berlino non può essere dimenticata.

L’idea russa di potenziare l’esercito operativo a 1,5 milioni di unità può essere considerata una logica conseguenza non di questa evidente superiorità, ma della convinzione che la NATO non accetterà la perdita definitiva del Donbass. Mosca si sta preparando a un confronto diretto contro questa alleanza. Biden, che dovrà governare per altri due anni, non farà rischiare nulla agli USA, anche se in questa guerra per procura che vede gli ucraini combattere fino all’ultimo uomo, si aggiungerà l’intera Unione Europea.

Probabilmente la prima nazione che i russi dovranno fronteggiare sarà la Polonia, poiché sembra essere questa la nazione più presente in Ucraina con le proprie truppe fatte passare per “mercenari”.

È difficile credere che il governo polacco stia agendo in maniera indipendente dalla NATO, per metterla di fronte a un fatto compiuto, tale per cui la NATO si dovrebbe ad un certo punto sentire costretta a dichiarare esplicitamente guerra alla Russia. È più facile credere che la Polonia agisca su intenzioni non ufficiali degli USA. Non si può escludere che la NATO nel suo insieme possa entrare formalmente in Ucraina per le stesse ragioni per cui la Polonia potrebbe farlo “unilateralmente” al fine di massimizzare i motivi per una guerra totale. Ormai infatti è chiaro che Kiev, se aiutata solo indirettamente, perderà la partita. Mosca potrebbe addirittura decidere di occuparla dopo aver acquisito definitivamente l’intero Donbass.

All’occidente non interessa intavolare dei negoziati per limitare le perdite di Kiev, ma interessa vincere. La diplomazia sarà una conseguenza della vittoria della NATO. Ancora non si è capito che questo è il modo più sbagliato per fronteggiare il conflitto.

 

Yankeeland allo sbando

 

“La sconfitta dell’Ucraina potrebbe essere un preludio alla terza guerra mondiale, quindi oggi non c’è motivo di bloccare il sostegno alla giunta di Kiev e rimandare le cose a tempo indeterminato. Invito il governo tedesco ad agire con decisione fornendo all’Ucraina tutti i tipi di armi”. Così ha detto il premier russofobo polacco Morawiecki, contraddicendo peraltro il precedente mantra dei media occidentali ufficiali secondo cui la vittoria di Kiev è inevitabile.

L’ha sparata grossa perché la sconfitta ucraina a Soledar l’ha spaventato parecchio. E ora teme che l’accerchiamento di Artyomovsk/Bakhmut potrebbe porre fine alla battaglia per il Donbass: 100 miliardi di dollari buttati al vento. È quindi giunto il momento d’inviare le armi di ultima generazione, altrimenti Kiev rischia la resa incondizionata. La NATO non può perdere.

Morawiecki ragiona come se l’Ucraina appartenesse a questa alleanza atlantica, e come se l’unico modo per risolvere questo conflitto non sia la diplomazia ma la guerra.

Siccome però sa bene che è impossibile per le forze di Kiev essere addestrate in tempo per maneggiare le moderne armi occidentali e fare la differenza nella battaglia per il Donbass, Morawiecki ha anche aggiunto che solo le forze della NATO, sotto la copertura del “mercenariato”, possono gestire quelle armi e quindi avere una possibilità di fermare la Russia.

Questo statista non ha l’acquolina in bocca ma la bava. Cioè non vede solo la possibilità di occupare in Ucraina la Galizia e la Volinia, ma, col sostegno americano e l’alleanza coi lituani, vuol tornare a fare del suo Paese un nuovo impero europeo, ridimensionando l’egemonia tedesca e preparandosi a una guerra contro la Bielorussia.

È un cane idrofobo. Trasmette rabbia. In questo condizione di pericolosità non può capire che il rischio di una III guerra mondiale aumenta non se Kiev perde la guerra ma se, grazie alla NATO, la vince. La nuova guerra fredda diventerà subito calda se la Russia europea si sentirà gravemente minacciata dai missili nucleari della NATO collocati in Ucraina o in qualche Paese baltico o scandinavo.

 

Madonna sotto inchiesta

 

La Federazione mondiale etiope si è rivolta al presidente del Malawi Lazarus Chakwera per chiedergli d’indagare sulle “accuse di adozione dei bambini del Malawi per possibile traffico di esseri umani ed esperimenti sociali”. Al centro della polemica c’è la regina americana del pop, Madonna.

La Federazione ha chiesto che il presidente Chakwera “limiti l’accesso a lei e ai suoi associati all’intero continente africano e soprattutto ai bambini come misura precauzionale, fino a quando non verrà condotta un’indagine approfondita su traffico di bambini, sfruttamento sessuale, schiavitù sessuale, annullamento dell’adozione, minaccia di coercizione, frode, inganno e abuso di potere o di vulnerabilità”.

Madonna è già stata al centro di polemiche nel 2006, per aver fatto irruzione con un jet privato nel Malawi (Africa orientale), senza seguire le procedure standard e usando la sua fama e il suo denaro per ottenere l’accesso agli orfanotrofi del Paese, e crearne uno in proprio, il Raising Malawi.

Il Comitato Consultivo per i Diritti Umani (HRCC) aveva presentato una mozione “per garantire che la procedura di adozione seguisse la lettera della legge”. Ma non aveva ottenuto nulla. Madonna sapeva di potersi muovere al di fuori della legge.

Questa psicopatica, maniaca del sesso a sfondo religioso, è un soggetto molto pericoloso. Chissà chi sono i suoi clienti... Certamente non gente comune. Intanto l’artista ha rimosso tutte le sue storie da Instagram.

 

[20] Possiamo ragionare pacificamente?

 

Se ci pensiamo è davvero incredibile come un semplice conflitto, quello russo-ucraino, che all’apparenza sembrava avere una natura del tutto “regionale”, rischi di portarci a una guerra mondiale, una guerra che potrebbe riguardare non solo la Federazione Russa e l’Occidente collettivo, ma anche tanti altri Paesi che nell’ultimo anno hanno realizzato con la Russia ottimi rapporti sul piano commerciale e militare.

Quando l’Occidente ha distrutto militarmente la Jugoslavia, l’Iraq, la Libia, l’Afghanistan, e ha tentato di farlo in Siria, nessuno pensò che da lì in poi l’evoluzione delle cose avrebbe potuto portare a una guerra mondiale. Ma il motivo lo sappiamo. Paesi come Russia, Cina, India, Iran... erano ancora troppo deboli militarmente per opporsi all’occidente collettivo. Non erano neppure coesi tra loro.

Oggi, dopo oltre 20 anni di umiliazioni e di frustrazioni nel vedere la legalità impunemente violata, la situazione è completamente cambiata.

Con questo naturalmente è impossibile sostenere che solo perché finalmente esistono degli Stati in grado di opporsi militarmente all’occidente collettivo, dobbiamo per forza considerare i loro regimi politici un’alternativa convincente a quelli capitalistici dell’occidente. Però bisogna ammettere che grazie alla guerra in Ucraina sono saltati tutti i vecchi meccanismi che garantivano all’occidente un’egemonia assoluta a livello mondiale. È vero, purtroppo c’è voluta una guerra, ma con uno abituato a comandare in virtù della propria forza (militare, tecnologica, economica, finanziaria) è impossibile ragionare pacificamente. Prima bisogna metterlo all’angolo, come fa un figlio, adeguatamente cresciuto, nei confronti di un padre autoritario, che pretende sempre di dettar legge e di minacciare di gravi sanzioni chi non gli obbedisce.

Grazie alla Russia sono state poste le condizioni affinché gli occidentali non sperimentino una democrazia basata sul saccheggio delle risorse altrui. È facile essere democratici quando si è ricchi. Vien naturale sorridere nelle fotografie, come fanno sempre gli statisti americani, quando hai i piedi appoggiati sulla schiena di milioni di persone che ti mantengono.

 

Astenersi è possibile in Europa

 

Sul sito ideeazione.com un interessante articolo ha messo in luce che, ai sensi dell’art. 31 par. 1 del Trattato UE sulla pace (2021/509), l’Italia avrebbe potuto formulare una dichiarazione di astensione nei confronti delle decisioni prese dal Consiglio della UE di armare e finanziare il governo di Kiev. E gli altri Stati sarebbero stati costretti a rispettare la nostra decisione.

Non solo, ma secondo l’art. 5 par. 3 avremmo potuto non dare un centesimo a quelle decisioni che prevedono una fornitura di mezzi militari concepiti per l’uso letale della forza, essendo tenuti soltanto a versare un contributo supplementare a misure di assistenza di carattere non letale.

Cioè avremmo potuto comportarci molto diversamente e (almeno in teoria) non ci sarebbe successo nulla, proprio perché l’astensione è un diritto previsto nella legislazione europea. L’unica cosa che si chiede agli Stati astensionisti è quella di non intraprendere azioni che possano contrastare o impedire le decisioni prese a maggioranza da parte della UE.

Ci saremmo risparmiati un mare di soldi, saremmo stati più coerenti con l’art. 11 della nostra Costituzione e avremmo salvato la faccia nei confronti della Russia, i cui abitanti, fino a ieri, ci amavano moltissimo, mentre oggi ci detestano profondamente, in quanto ci vedono non solo senza personalità in Europa ma addirittura servi degli americani.

Tutto questo per colpa del governo Draghi (un soggetto che ha sempre minato gli interessi degli italiani) e del governo Meloni, fotocopia di Draghi al femminile, i cui ministri, nei ruoli chiave del potere, ci porteranno alla definitiva catastrofe: cosa che già prevedono di fare, altrimenti non cercherebbero di varare quanto prima il presidenzialismo con cui fronteggiare il furore popolare.

I due articolisti concludono dicendo che l’Italia ha distrutto completamente la propria credibilità etica e politica per uno Stato, quello Ucraino, che non appartiene né alla UE né alla NATO, per non parlare del fatto che a tutt’oggi non esiste una delibera del Consiglio di Sicurezza dell’ONU implicante l’uso della forza a vantaggio dell’Ucraina.

 

Misure straordinarie per evitare il default

 

La segretaria al Tesoro americano, Janet Yellen, ha notificato ai leader del Congresso che il suo ufficio inizierà ad attuare “misure straordinarie” per impedire al governo degli Stati Uniti di dichiarare default sul proprio debito. Infatti il Paese ha raggiunto l’astronomica cifra di 31.400 miliardi di dollari, fissata dal Congresso nel 2021.

Un Paese normale si sarebbe preoccupato del debito federale anche se fosse stato solo la metà. Che senso ha con una cifra del genere devolvere 100 miliardi di dollari per la guerra in Ucraina?

Per continuare a finanziare le attività governative il Tesoro si è dato come termine ultimo il 5 giugno. Intanto chissà quali misure straordinarie adotterà. Userà il “taglia e brucia” come nel mondo primitivo? Solo che un milione di anni fa la Terra era spopolata, e poi gli alberi potevano ricrescere tranquillamente. Oggi a chi faranno pagare il loro debito? Quanto stanno diventando pericolosi gli Stati Uniti? Possibile che gli statisti europei siano così servi degli americani da non avere il coraggio di esprimere una posizione diversa sulla guerra alla Russia prima di veder gli USA crollare sul piano finanziario?

La Yellen ha già detto che l’impossibilità del governo di rispettare i propri obblighi creerebbe un danno irreparabile all’economia statunitense, alla vita di tutti gli americani e alla stabilità finanziaria globale (forse ha esagerato su un punto: quando ha parlato di “tutti” gli americani).

Brendan Boyle, capo gruppo democratico alla commissione Bilancio della Camera, ha accusato i repubblicani di “spingere verso il default” per convenienza politica, e li ha esortati a “iniziare a governare per il bene degli americani”. Si comporta come il comandante del Titanic, che non diede retta a nessun allarme, convinto che la nave fosse inaffondabile, salvo poi lamentarsi coi passeggeri che stavano usando le poche scialuppe di salvataggio in maniera scriteriata.

 

[21] Dalla guerra regionale a quella totale

 

Valery Zaluzhny, il comandante supremo delle forze di Kiev, ha dichiarato alla rivista “Time” (della NATO) di aver “imparato da Gerasimov” e che Gerasimov “è il più intelligente degli uomini e le mie aspettative su di lui erano enormi.”

Che bisogno aveva Putin di affidare al suo militare più importante la conclusione della guerra in Ucraina? Non bastava Surovikin? Certo che bastava, ma a Mosca sanno benissimo che su una cosa Zelensky ha avuto ragione: la guerra regionale russo-ucraina si sta trasformando in una guerra totale tra Federazione Russa e Occidente collettivo (che poi questa guerra diventi anche “mondiale” è un altro discorso). Bisogna quindi avere forze adeguate per tenersi pronti al peggio. Ormai il governo di Kiev è diventato soltanto un sassolino nella scarpa: il Gruppo Wagner, fedele alla dottrina Gerasimov, ha catturato Soledar, aprendo così la strada all’imminente liberazione di Bakhmut e al crollo dell’intero fronte ucraino di Donetsk. I russi stanno aspettando di sferrare l’ultimo colpo solo per avere tempo e modo di addestrare quante più truppe possibili.

È vero che hanno più di 20 milioni di riservisti, ma non bastano poche settimane per fronteggiare la NATO. Problema analogo, anzi di molto superiore, ce l’ha l’occidente, che da un pezzo ha eliminato la leva obbligatoria, puntando su eserciti di professionisti volontari, ben pagati e bene armati.

In una situazione del genere è difficile pensare che la Russia voglia cedere, senza alcuna contropartita, a Romania, Ungheria e Polonia quelle aree regionali ucraine in cui sono fortemente presenti le loro popolazioni. Dei tre Paesi NATO l’unico a meritarsi tale acquisizione territoriale è l’Ungheria, che si è sempre opposta alle sanzioni antirusse e all’ingresso di Svezia e Finlandia nella NATO. I russi sanno essere molto generosi con chi dimostra intenzioni amichevoli nei loro confronti. In questo, a volte, appaiono un po’ troppo ingenui. Con gli occidentali, abituati a sfruttare le risorse altrui, è sempre meglio tenere alta la guardia.

 

In attesa del D-Day

 

Il “Times” ha detto che gli USA hanno intenzione d’impedire all’Iran di fornire droni alla Russia. Questo perché con dei costi irrisori i russi stanno ottenendo effetti devastanti sulle infrastrutture energetiche dell’Ucraina; di contro gli ucraini, per difendersi, costringono l’occidente a rifornirli di missili costosissimi.

D’altra parte, non avendo alcun controllo né dei cieli né del mar Nero, la sorte di Kiev è segnata. Ciò è noto dalla fine del febbraio scorso: l’invio di armi occidentali prolunga solo la sua agonia, siano queste di ultima generazione o dei fondi di magazzino. Di qui la decisione che presto la NATO prenderà (se già non l’ha fatto) d’intervenire in maniera diretta con le proprie truppe, inclusi ovviamente aerei ed elicotteri.

Dopo un anno di combattimenti per procura, in cui non ha ottenuto risultati concreti, la NATO non vede l’ora di scendere in campo e dimostrare al mondo intero che non ha rivali alla pari. Ormai è diventata una questione di principio: gli USA chiedono agli europei di spendere il 2% del PIL e non sono capaci di dimostrare che la NATO è più forte della Russia? Gli stessi generali americani scalpitano: spendiamo un’enormità (1.000 miliardi di dollari per il 2023) per armare e addestrare in maniera professionale i nostri militari e non ce li fate usare solo perché l’Ucraina non appartiene alla NATO o solo perché la Russia è una potenza nucleare? Dobbiamo lasciare che i militari russi facciano esperienza diretta nel combattimento casa per casa e lasciamo che i nostri si impratichiscano davanti ai videogame?

Intanto, in attesa del D-Day, gli USA stanno organizzando col cane da guardia Israele il modo come impedire all’Iran di fornire droni kamikaze alla Russia. Non è più sufficiente, come in passato, eliminare fisicamente gli scienziati iraniani o hackerare i loro sistemi informatici: ci vogliono dei bombardamenti mirati alle aziende che producono droni. Come se i russi non siano in grado di produrli per conto proprio! Non è ridicolo pensare che un Paese che dispone, unico al mondo, di armi supersoniche, non abbia competenza in materia di droni, che sono un’arma da “poveri” per eccellenza?

Diciamo allora che yankee e sionisti stanno cercando di allargare al Medio Oriente il conflitto ucraino, costringendo la Russia a impiegare gran parte delle sue forze militari per aiutare l’alleato iraniano. Stessa cosa si sta pensando di fare nel Kosovo e nel conflitto tra armeni e azeri. La Russia va distratta dal suo obiettivo cui la si è costretta, quello di occupare l’intera Ucraina, per impedirle di concentrare 1,5 milioni di militari contro la NATO in Europa.

Non dimentichiamo inoltre che il premier israeliano Netanyahu è un guerrafondaio: anche lui non vede l’ora di dichiarare guerra all’Iran. Chissà che non sia proprio lui a portare il suo Paese alla catastrofe...

 

[22] Stati Uniti e Unione Europea alle corde

 

I rapporti commerciali tra Stati Uniti e Unione Europea sono tesi da quando è nata la stessa Unione Europea. Non a caso al tempo di Trump gli yankees han salutato con entusiasmo la Brexit e non a caso la loro presenza destabilizzante, dal 1991 in poi, si è fatta maggiormente sentire negli ex Paesi del blocco sovietico, più facilmente colonizzabili, data la loro povertà, di quelli dell’Europa occidentale.

Pur avendo perduto la loro leadership mondiale (a vantaggio appunto degli americani), gli europei, dopo i due ultimi conflitti mondiali, han potuto tornare in auge grazie al fatto che conoscono molto bene i meccanismi del capitalismo, avendoli inventati.

Gli USA possono schiacciare sul piano economico e finanziario le singole e piccole nazioni, ma di fronte a un intero continente altamente industrializzato, che ha più abitanti di loro e un welfare molto sviluppato, si trovano in grandi difficoltà competitive. Le ultime guerre dei dazi non le han fatte solo contro la Cina, ma anche contro di noi.

Ecco perché questo conflitto russo-ucraino per loro è come una manna caduta dal cielo. In un colpo solo possono destruttare sia la Russia che la UE. Possono addirittura creare una nuova Europa, quella orientale, avversa a quella occidentale, sfruttando la russofobia alimentata dal passato stalinismo.

Il sabotaggio del Nordstream era in un certo senso l’obiettivo principale dell’“operazione speciale” condotta dalla NATO. Obbligando gli europei a sanzionare la Russia, al punto da non poter avere alcun rapporto commerciale, e isolandoli sul piano energetico, gli USA han compiuto un’impresa geniale, che ha addirittura trovato consenzienti quasi tutti gli statisti europei, meravigliando alquanto i russi, che non si aspettavano un così marcato autolesionismo da parte nostra.

Ora però viene la parte più difficile. Siccome la NATO non può perdere la faccia nello scontro militare con la Russia, cioè non può accettare che Putin si prenda l’intera Ucraina, diventa essenziale per gli americani sapere su quali nazioni europee può contare con sicurezza prima di scatenare la guerra totale, quella che deve implicare lo smembramento della Russia in tanti Stati regionali, o comunque una significativa riduzione della sua potenza militare. Se la Russia subisse oggi gli stessi danni che subisce l’Ucraina, quanto tempo ci vorrebbe prima che si riprendesse? Gli USA potrebbero concentrarsi unicamente sulla Cina, l’antagonista più terribile sul piano commerciale a causa dei prezzi irrisori delle sue merci.

In pratica gli USA han bisogno di sapere quali Stati europei sono disposti a pagare il prezzo più alto in una guerra totale contro Mosca. Naturalmente devono prima convincerli che il Cremlino non userà mai le armi atomiche, poiché, se lo facesse, da un lato lo smembramento della Federazione sarebbe un obiettivo sicuro (basterebbe bombardarla nell’area europea, ove vive il 90% della popolazione), ma dall’altro la sopravvivenza delle capitali europee sarebbe in forse (il colpo di ritorsione non potrebbe mancare).

Per gli americani la III guerra mondiale deve restare in territorio europeo, come le due precedenti. E la Russia europea dovrà leccarsi le ferite per molto molto tempo. Dopodiché con un nuovo piano Marshall verranno di nuovo a soccorrerci, continuando a mantenerci in una condizione di dipendenza per molto molto tempo.

A questo punto sono soltanto le popolazioni europee che, insorgendo, possono spezzare le catene che le tengono imprigionate nella caverna di Platone. Dobbiamo smetterla di sperare che i russi ci libereranno un’altra volta dal nazifascismo.

 

Una bolla di sapone

 

Davvero il conflitto in Ucraina sarebbe “esistenziale” solo per la Russia e non anche per gli USA, che non vedrebbero danneggiato in maniera decisiva il potere su gran parte del pianeta in caso di una sconfitta della NATO? Lo sostiene John Mearsheimer, docente all’Università di Chicago.

Io non credo. Gli USA con la loro NATO non possono perdere la faccia sul piano militare davanti al mondo occidentale e a quella parte di mondo che dominano col loro globalismo neoliberista. Quindi vincere è una questione psicologica e di coerenza mediatica.

Inoltre, spendendo una montagna di risorse per sostenere questa guerra, rischiano di mandare in default il loro debito pubblico, che è già enorme. Senza poi considerare che la rottura dei rapporti commerciali con la Russia ha sicuramente danneggiato vari settori della loro economia produttiva e contribuito a far aumentare l’inflazione anche a casa loro. Sappiamo tutti che la Russia non esporta solo idrocarburi.

Indubbiamente gli USA si trovano in una fase di declino terminale, a prescindere dalla guerra in corso. Sono gli straordinari progressi economici della Cina che lo fanno capire, ma anche la difficoltà di competere sul piano commerciale con la UE. Le contraddizioni del loro capitalismo privato, che mal digerisce l’idea di “Stato sociale”, hanno raggiunto un’acutezza e una profondità inusitate.

Gli USA si reggono in piedi perché dominano mezzo mondo sul piano finanziario, ma a livello produttivo è da un pezzo che non sono più i primi della classe.

Guardiamo la differenza tra import ed export. Esportano principalmente in Canada ($ 218 mrd), Messico ($ 196 mrd), Cina ($ 122 mrd), Giappone ($ 63,1 mrd) e Germania ($ 59,2 mrd). Ma importano dagli stessi Paesi secondo questi valori: Cina ($ 438 mrd), Messico ($ 326 mrd), Canada ($ 264 mrd), Germania ($ 116 mrd) e Giappone ($ 112 mrd). Non c’è neanche un Paese, tra i maggiori del mondo, nei cui confronti abbiano una bilancia commerciale a loro favore.

Quindi il loro potere è più finanziario che economico. Cioè è un potere che si basa sul dollaro, sulle borse, sui titoli statali, sul credito internazionale: in una parola sulla fiducia nel loro potere. Vivono di tautologia. E per tenere in piedi questa assurda autoreferenzialità hanno costantemente bisogno di provocare delle guerre. Infatti in una condizione di pace mondiale si accorgerebbero tutti che il loro potere effettivo, oggi, è una bolla di sapone: bella da vedere ma in procinto di scoppiare da un momento all’altro.

 

La società dei valori al contrario

 

Dichiarazione allucinante di Jens Stoltenberg: “È estremamente importante che il presidente Putin non vinca questa guerra. Primo, perché sarebbe una tragedia per gli ucraini. Secondo, perché sarebbe davvero pericoloso per tutti noi occidentali. Passerebbe infatti il messaggio che tutti i leader autoritari del mondo quando usano la forza brutale, quando violano la legge internazionale, possono ottenere ciò che vogliono.

È per questa ragione che se noi vogliamo una soluzione pacifica negoziale alla guerra in Ucraina, dobbiamo fornire supporto militare a Kiev. Questo è l’unico modo. Le armi sono la via della pace e l’Ucraina, se vuole pace e sicurezza, deve entrare nella NATO dopo aver vinto la guerra”.

Uno psicanalista prenderebbe volentieri in cura un personaggio così squilibrato come Stoltenberg. Infatti penserebbe subito che gli sia successo qualcosa da bambino: un genitore autoritario, una violenza subita, una grande aspettativa frustrata...

Questo poi senza considerare che tutto ciò che dice si applica perfettamente al comportamento degli occidentali, che da mezzo millennio dominano quasi l’intero pianeta.

Non è però da escludere che Stoltenberg non abbia in realtà nessuna personalità, nessun valore etico irrinunciabile, ma semplicemente difenda gli interessi di chi lo paga. Persone del genere sono piuttosto comuni quando si vuol fare carriera.

Ma la cosa più stupefacente è un’altra: tutti gli statisti europei non lo contraddicono mai. A loro è parso del tutto normale che da segretario della NATO lui pretenda di porsi come capo politico europeo, in grado di dettare l’agenda politica ai governi nazionali. La follia è diventata di massa.

 

Soldati drogati come in Vietnam

 

In una postazione abbandonata delle Forze Armate ucraine, le truppe russe hanno trovato un rapporto che prova che il comando della 72° Brigata dell’esercito ucraino sta somministrando ai soldati psicotropi sconosciuti. Lo dice t.me/nicolaililin

I soldati dormono male. La violenza è aumentata. Il 2 luglio scorso il soldato A. Kripenko ha ucciso il proprio tenente Vertushka, perché si rifiutava di dargli le pillole. Il comando infatti si è accorto che, durante i combattimenti, i soldati si comportano in modo imprevedibile, per cui il farmaco dopante non può essere più usato.

 

Le ridicolaggini di Facebook

 

Non è ridicolo Facebook quando fa affermazioni del genere? “Informazioni false. La stessa informazione è stata controllata in un altro post da fact-checker indipendenti”. Come se potessero esistere dei fact-checker indipendenti! Da dove gli viene questa concezione assurda della conoscenza? Quando mai sono esistite delle affermazioni inconfutabili, assolute? Qui siamo a livelli di dogmatismo religioso! Che progresso scientifico o informativo potrebbe esserci se esistessero dei dogmi intoccabili?

 

Prime spaccature nella NATO

 

A quasi un anno dal conflitto russo-ucraino, cominciano a emergere spaccature nella NATO sulla questione delle armi e sulla strategia per il futuro, scrive il “New York Times”. Nel senso che da un lato c’è il fronte rappresentato da Gran Bretagna-Polonia-Paesi Baltici che preme per l’invio di tank e armi più pesanti a Kiev; dall’altro c’è la frenata della Germania (cui il giornale aggiunge, mentendo, “le perplessità degli Stati Uniti”).

Il riferimento è allo stop dell’invio di carri armati, su cui si è diviso il vertice NATO tenutosi a Ramstein in Germania. A quanto pare il nein di quella nullità di Scholz risponde alla volontà della maggioranza dei tedeschi, come si evince da un sondaggio in materia. Infatti lui da solo non c’era arrivato a capire l’assurdità delle sanzioni e dell’invio di armi a Kiev. Ha avuto bisogno di pressioni esterne. Meglio tardi che mai.

 

[23] Quella è un’altra civiltà

 

La NATO è in grado di produrre armi offensive per un conflitto convenzionale di lunga durata con la Russia?

Aiutando l’Ucraina abbiamo raschiato il fondo del barile: ci restano solo le armi di ultima generazione e naturalmente quelle nucleari. Dopodiché siamo disarmati. E se usiamo il nucleare rischiamo conseguenze imprevedibili, sicuramente devastanti per gran parte della popolazione europea, destinate a durare per molto tempo. In nome della russofobia non rischiamo soltanto la deindustrializzazione ma anche lo spopolamento.

Per difendere un governo neonazista come quello ucraino, davvero saremmo disposti ad accettare questo destino? Per difendere i valori della democrazia occidentale (che sappiamo benissimo quanto siano falsi) saremmo davvero disposti a morire in guerra? a farci governare da dei militari che non vedono l’ora di esibire i loro muscoli? a lasciarci contaminare da radiazioni nucleari che ci farebbero venire ogni sorta di tumore e c’impedirebbero la riproduzione?

Quanti morti saremmo disposti ad accettare per far contento il pupazzo di Kiev? 10 milioni come nella prima guerra mondiale? o 50 milioni come nella seconda? E se in una terza fossero 500? Qual è la progressione che soddisfa i criteri di un’operazione speciale che anche la NATO vorrebbe condurre? Aritmetica o geometrica?

Davvero le armi nucleari tattiche colpirebbero solo obiettivi militari? Davvero pensiamo di scamparla chiudendoci in casa e ingoiando pillole allo iodio? Quanto potremmo resistere in un bunker mangiando scatolame? E che cosa troveremmo una volta usciti fuori? Finito il diluvio universale, Noè poté uscire dalla barca respirando aria normale. Noi non potremo farlo. Non ne abbiamo avuto abbastanza di mascherine?

Ci rendiamo conto che per una nazione come la Russia, periodicamente abituata a fronteggiare nemici esterni che la vogliono saccheggiare, ogni guerra diventa “esistenziale”? Cioè una questione di vita o di morte. Da loro il servizio militare è sempre stato obbligatorio: può durare, in taluni settori militari, anche tre anni. Possono contare su 20-25 milioni di riservisti, che aspettano solo d’essere armati e addestrati.

I russi non sono come noi. Sono un’altra civiltà. Quelli sono abituati a combattere con temperature glaciali. Noi scateniamo le guerre sempre in primavera e col miraggio della guerra lampo.

È vero, sono lenti a muoversi. Conducono le guerre in una maniera che per noi è esasperante, come se giocassero a scacchi e avessero tutto il tempo che vogliono per fare ogni singola mossa. Alla fine però vincono sempre. L’han già dimostrato più volte. Perdono soltanto quando hanno un nemico interno che si lascia raggirare dalle lusinghe di qualche nemico esterno.

Con questa gente bisogna trattare, avere delle buone relazioni, rispettare le loro esigenze di sicurezza. Quando i russi si sentono tranquilli, sanno essere molto generosi e riconoscenti. Sono fatti così. Non è che li possiamo cambiare con le minacce e le provocazioni. Nel passato, quando c’era la guerra fredda contro l’URSS, ci rimproveravano di tirare dei sassi pur vivendo in case di vetro. Oggi continuiamo a farlo.

Lavrov ha detto l’altro giorno, in maniera sconsolata: “Il conflitto in Ucraina prima o poi finirà, ma noi non sappiamo se riusciremo mai a riprendere delle relazioni normali con gli europei”.

Gli statisti occidentali stanno distruggendo l’Unione Europea e, per far vedere che non è vero, stanno dicendo che tutte le colpe sono della Russia, per cui, al limite, anche una guerra nucleare è giusta. Questi soggetti assolutamente irresponsabili vanno in qualche modo fermati. Prima che sia troppo tardi…

 

Non sono molte le alternative

 

Si è detto più volte che gli USA hanno un debito pubblico per il quale rischiano il fallimento dello Stato. Ciò è dovuto alle spese folli sul piano militare, ma anche agli alti tassi di interesse sui titoli pubblici, per attirare capitali esteri. Senza poi considerare che il debito pubblico non è la somma dei debiti pubblici dei 50 Stati che compongono il Paese: è un’altra cosa.

La crisi dei subprime del 2008 sferrò un colpo durissimo alla finanza statale, che si vide costretta a stornare ingenti quantitativi di denaro pubblico per non far fallire le grandi banche private. Immettere poi ulteriore liquidità in un sistema che già fa circolare un capitale fittizio, basato sulla supremazia mondiale del dollaro e sulla fiducia nel PIL, non poteva essere considerato un rimedio davvero efficace, meno che mai nel lungo periodo. Tuttavia la FED resta convinta di poter risolvere sul piano finanziario i problemi strutturali della nazione: è come prendere un antidolorifico per la osteoporosi.

Le guerre rientrano in questo meccanismo di sovradosaggio monetario dell’economia: sono come una forma di distrazione di massa. Servono per giustificare l’incapacità di risolvere i problemi materiali di una fetta di popolazione sempre più grande. Ogni presidente che si rispetti ne deve scatenare almeno una.

All’interno del concetto di “guerra” bisogna includere anche le cosiddette “rivoluzioni colorate” e i colpi di stato che gli USA organizzano all’estero per far vedere chi comanda e per tenere sottomessi gli Stati più deboli del mondo, le cui finanze dipendono dal credito internazionale e la cui economia viene sfruttata dalle multinazionali.

L’attuale guerra contro la Russia sta mettendo gli USA in difficoltà: Biden era convinto che con le mostruose sanzioni economico-finanziarie e il grande sostegno militare all’Ucraina, la Federazione sarebbe inevitabilmente crollata. Invece i fatti stan dimostrando il contrario: è l’occidente collettivo che rischia di collassare. Soprattutto è l’Unione Europea, resa sempre più dipendente dagli interessi americani. Il governo statunitense si comporta come quando nel Medioevo i signori facevano scoppiare delle guerre: dapprima venivano arruolati i contadini e solo dopo interveniva la cavalleria. Non sono solo gli ucraini a svolgere il ruolo di carne da cannone, ma anche gli europei. Saremo noi i primi a pagare le conseguenze di una guerra della NATO contro la Russia.

Il problema che a questo punto si pone è il seguente: se coi propri eserciti professionali la NATO non riesce ad avere la meglio sui russi, come convincere gli europei ad accettare le conseguenze di un conflitto nucleare?

Qui infatti non ci sono molte alternative: o la Russia, di fronte alle sue prime serie sconfitte, accetta di tenersi il Donbass permettendo al resto del Paese di entrare nella NATO (il che renderebbe quasi inutile un anno di guerra), oppure, se sul piano convenzionale la NATO non riesce a conseguire delle vittorie significative, il ricorso al nucleare diventa inevitabile. E per convincere gli europei ad accettare questa soluzione estrema, non basta la propaganda mediatica, ci vuole anche la dittatura politica. Noi infatti siamo abituati a guerre brevi in cui vinciamo di sicuro.

Ma per realizzare la dittatura politica nei vari Stati europei, ci vuole prima che la dittatura politica degli USA (oggi esercitata con le armi della finanza, dei ricatti, delle minacce, delle pressioni...) si trasformi in dittatura militare esplicita, nel senso che il governo va gestito da soggetti in uniforme (che sappiano p.es. impedire l’assalto al Campidoglio del 2021).

In pratica bisogna convincere le popolazioni che non è possibile affrontare nessuna crisi interna e nessun nemico esterno, senza affidarsi alla dittatura dei generali. In fondo i nemici servono anche a questo: più sono forti e meglio ci inducono a rinunciare agli ultimi rimasugli della democrazia formale.

 

[24] Siamo un branco di ipocriti

 

Dopo quasi un anno di guerra in cui la Russia, pur conducendola in maniera soft, ha conquistato 1/4 del territorio ucraino, la retorica degli statisti occidentali è rimasta la stessa: dobbiamo mandare a Kiev ancora più armi. Parlano non come se fossero dei politici, cioè usando l’arte della mediazione, del compromesso ragionevole, ma come se fossero dei militari, per i quali la soluzione può essere trovata solo sul campo di battaglia.

Forse per questo gli unici generali che abbiamo sentito parlare, almeno in Italia, sono quelli in pensione: generalmente persone di tutto rispetto, con una visione realistica delle cose e con un atteggiamento critico nei confronti della NATO e soprattutto di Stoltenberg, che è un guerrafondaio per definizione.

Là dove si teme una nuova, imminente, offensiva russa, non si trae, come conseguenza, la necessità d’intavolare delle trattative, ma si preferisce alzare il livello dello scontro: i Paesi della NATO devono inviare armi ancora più potenti. Non dicono che per l’uso di queste armi è richiesto un personale molto specializzato, che per forza di cose è occidentale, ma chiunque lo dà per scontato.

Naturalmente nessuno si azzarda a dire che la NATO sta preparando l’invio di proprie truppe professionali, debitamente addestrate, in grado di fronteggiare qualunque esercito del mondo in qualunque tipologia di conflitto. Ufficialmente l’occidente collettivo non è in guerra con la Russia: non ha mai fatto un’esplicita dichiarazione di guerra e neppure esiste una risoluzione dell’ONU. Noi siamo soltanto dei sostenitori di Kiev affinché venga ripristinato il diritto internazionale: rispetto della sovranità dello Stato ucraino e sua integrità territoriale.

Facciamo la guerra sulla base di due princìpi astratti, senza tener conto di alcun contesto storico, di alcun background che spieghi il perché delle cose. Rischiamo di finire in una III guerra mondiale solo perché vogliamo restare fedeli alla dicotomia infantile dell’aggredito e dell’aggressore. Come se le attenuanti non avessero alcun valore, come se non esistesse alcun condizionamento che spiega il senso di determinate azioni. Che razza di giudici saremmo se in tribunale ragionassimo in termini così schematici?

Se questa guerra fosse avvenuta tra Turchia e Grecia per la questione di Cipro, noi europei avremmo fatto di tutto per scongiurarla o avremmo subito preso le difese della Grecia perché appartiene alla UE? Se fosse stata la Grecia ad attaccare per prima, massacrando i turchi presenti nella sua isola, la NATO come avrebbe reagito? Avrebbe bombardato la Grecia o la Turchia, che aderiscono entrambe alla medesima alleanza atlantica? O avrebbe espulso la Turchia perché non ha aderito alle sanzioni antirusse? O avrebbe scelto la via della trattativa, pur di conservare intatta l’alleanza?

Noi occidentali siamo un branco di ipocriti: è questa la cruda verità. In Ucraina non è destinata a trionfare la nostra ragionevolezza ma solo l’orgoglio di chi, non volendo ammettere gli errori compiuti e non volendo perdere la partita, è disposto a compiere qualunque cosa.

 

L’età della pietra

 

Il “New York Times” ha riferito che Washington – il cui nuovo mega pacchetto di aiuti militari avrà un valore complessivo di circa 2,5 miliardi di dollari – sta valutando di consentire all’Ucraina di utilizzare le armi fornite dagli Stati Uniti per colpire la Crimea, accelerando così la fine del conflitto entro il 2023.

In sostanza si vorrebbe colpire un territorio che per Mosca costituisce il cuore dell’Ucraina (Kiev lo era nel Medioevo), essendo i russi qui presenti quasi al 100%, al fine d’indurre Putin alla trattativa. Ancora si sta pensando che la Russia sia così debole da lasciarsi impressionare per qualche missile lanciato verso Sebastopoli o Jalta? Si pensa davvero di poter scongiurare in questa maniera la prossima controffensiva russa? Ancora si continua a non capire che, andando avanti con questa prosopopea bellicistica, l’Ucraina rischia di scomparire dalle carte geografiche.

A questo punto sarebbe meglio dire chiaramente che, siccome l’Ucraina, pur con tutti gli aiuti ricevuti, non è in grado di bloccare l’avanzata dei russi, i Paesi della NATO han deciso d’intervenire direttamente con le proprie truppe. In questa maniera le poche migliaia di combattenti occidentali che si trovano nel Paese potrebbero smettere di farsi passare per mercenari o di indossare le divise ucraine. Entriamo in guerra una volta per tutte, mettendoci preventivamente d’accordo che nessuno userà il nucleare né l’uranio impoverito, e che vinca il migliore!

Non siamo ridicoli a credere che dopo aver trattato la Russia a pesci in faccia per quasi un anno, Putin sia disposto a inseguire i nostri sogni? a credere nelle nostre parole?

La Russia si è stancata di noi, e siccome non può transigere sulla propria sicurezza, ci metterà nelle condizioni di non nuocere. Lo farà prima in Ucraina, poi, se necessario, nel resto dell’Europa. Se non ci mettiamo in testa di iniziare delle serie trattative di pace, noi europei torneremo all’età della pietra.

 

Piume di struzzo

 

I funzionari ucraini, del governo centrale e locale, non potranno più viaggiare all’estero per vacanza o per altri scopi non governativi. Questo vale per le forze dell’ordine, i funzionari eletti dal popolo, i pubblici ministeri e tutti coloro che devono lavorare per lo Stato e nello Stato. Cioè non devono fuggire dal Paese, in soldoni.

L’ha deciso Zelensky, perché sta notando che il suo peso politico è ormai come quello della piuma di struzzo nel Libro dei Morti d’egiziana memoria.

Avrebbero già rassegnato le dimissioni Kyrylo Tymoshenko, vice-capo dell’amministrazione presidenziale, nonché i capi delle regioni di Sumy, Dnipropetrovsk, Zaporizhzhya e Kherson, controllate da Kiev. L’aveva già fatto nei giorni scorsi il consigliere dell’ufficio di Zelensky, Oleksij Arestovych, sostenendo molto improbabile la vittoria di Kiev.

Il capo dell’intelligence militare ucraina, Kirill Budanov, ha dichiarato in un’intervista che i servizi speciali ucraini erano dietro l’omicidio di un banchiere partecipante ai negoziati iniziali russo-ucraini, Denis Kireev. Ha detto di conoscere molto bene le persone che l’hanno giustiziato: aveva discusso di questo problema con l’allora capo della SBU, Ivan Bakanov.

Dopo che un elicottero col vertice del ministero degli Affari Interni ucraino è stato abbattuto a Brovary, sui media ucraini ha cominciato a circolare una versione secondo cui anche la SBU è coinvolta in questo pseudo-incidente. Insomma si sente un’aria da lunghi coltelli.

Gli scandali ormai non si contano più, dalla rivendita clandestina all’estero delle armi provenienti dalla NATO all’appropriazione indebita dei fondi occidentali, dalla rivendita nei mercati locali di attrezzature destinate ai militari in prima linea fino all’uso delle tangenti (come, di recente, è successo al ministro ad interim delle infrastrutture, Vasily Lozinsky, che ne ha accettata una di 400.000 dollari per l’acquisto di generatori). Quasi tutti sono stati minacciati di licenziamento: dai dipendenti del ministero della Difesa e del Servizio di sicurezza all’Ufficio del presidente.

L’amministrazione americana si sta preoccupando di questa palese corruzione, poiché rende difficile giustificare l’invio di nuove armi e dollari. Molto meno preoccupati sono gli inglesi e i polacchi, tant’è che il governo di Kiev è diviso tra sostenitori degli USA e del Regno Unito.

Lo stesso Zelensky potrebbe approfittare degli scandali e della corruzione a livello istituzionale, per dimettersi, scaricando su altri soggetti i motivi della sconfitta del Paese.

Secondo il capo della fazione “Servant of the People”, David Arakhamia, il parlamento intende riprendere il controllo sulle attività dell’esecutivo. Sul neonazismo il parlamento tace, perché la russofobia è lecita, ma sulla corruzione no, perché fa fare brutta figura. Come se le due cose fossero molto diverse.

 

Mai dipendere da un’unica fonte

 

L’Ungheria non sosterrà alcuna sanzione da parte dell’Unione Europea che limiti la cooperazione nucleare ungherese-russa, ha dichiarato il ministro degli Esteri Peter Szijjarto durante una riunione dei ministri degli Esteri dei Paesi UE a Bruxelles.

Poi ha proseguito dicendo: “Le sanzioni danneggiano più noi europei che i russi. Tutti possono vederlo. Questa non è una dichiarazione politica, è un dato di fatto”.

Secondo Szijjarto la centrale nucleare di Paks, unico impianto nucleare ungherese, produce metà del fabbisogno elettrico del Paese, che quindi dipende dall’energia nucleare russa.

Questa non è una bella cosa. Non c’è niente di cui vantarsi. Il Paese in realtà è fragilissimo. Se metà del suo fabbisogno energetico è soddisfatto da un’unica centrale nucleare, chi vuol costringere gli ungheresi ad accettare le sanzioni antirusse, troverà facilmente davanti a sé un mezzo molto facile per realizzare il suo obiettivo: sabotare quella centrale.

 

Il mondo rovesciato di Stoltenberg

 

Stoltenberg è così inadatto alla guida di un’alleanza militare che ancora non ha capito una cosa di un’evidenza lapalissiana: l’esercito ucraino non va armato sempre più perché Putin vuole conquistare l’intero Paese, ma è il contrario: quanto più l’esercito ucraino viene armato tanto più Putin sarà costretto a occupare l’intero Paese.

Se le trattative fossero state accettate subito, i russi si sarebbero accontentati di assicurare l’indipendenza e l’incolumità alle due piccole repubbliche del Donbass, ponendo fine a 8 anni di guerra civile. Denazificazione e smilitarizzazione erano obiettivi per il Donbass non per l’intera Ucraina, altrimenti i russi avrebbero dovuto da subito entrare con un esercito di almeno mezzo milione di militari.

Ora invece la Russia, dopo aver tolto di mezzo, a breve, il governo di Kiev, si sta preparando a una guerra contro la NATO.

 

[25] Un nuovo modo di combattere

 

In fondo i russi han trovato un modo democratico di condurre la guerra. Se avessero bombardato a tappeto le città, come fanno gli occidentali, l’intera popolazione ucraina avrebbe scaricato su di loro tutte le contraddizioni interne del Paese.

Facciamo degli esempi. Se io, per un qualche motivo personale, soffro di depressione, tenderò più facilmente ad attribuire a chi mi bombarda la casa l’impossibilità di uscire da questo malessere. Ma ora come faranno gli agricoltori ucraini a sostenere che è per colpa dei russi che subivano lo sfruttamento da parte dei loro oligarchi nazionali e delle multinazionali straniere?

Cioè voglio dire: se un esercito viene a combattere nella mia nazione contro i miei oppressori (che non sono solo i neonazisti) e mi chiede di collaborare attivamente, per quale motivo devo pensare che lo faccia solo per sostituirsi ai precedenti oppressori? Quando gli americani e altri alleati vennero a liberarci dal nazifascismo, non solo bombardavano i civili rinchiusi nelle loro città (col pretesto, ridicolo, di voler impaurire i tedeschi), non solo cercavano trattative con la criminalità organizzata al sud, ma pretendevano anche che i partigiani consegnassero tutte le armi e rinunciassero a combattere. C’è una bella differenza! Gli USA volevano impadronirsi dell’Italia, non liberarla, e ci riuscirono perfettamente, tant’è che da noi (complici, in questo, purtroppo, anche i dirigenti comunisti) non ci fu alcun processo analogo a quello di Norimberga.

Gli italiani devono smettere di pensare che qualcuno dall’esterno possa risolvere i loro problemi. Dobbiamo uscire dalle favole del cavaliere senza macchia e senza paura, usatissimo, peraltro, proprio nella mitologia americana in tante forme diverse. Chi non ricorda i soldati dalle giacche blu che salvavano i coloni dagli indiani cattivi? “Arrivano i nostri!”, si diceva in tanti film di cow boy.

In realtà l’Uomo Ragno va ucciso, come Superman, Batman, il Giustiziere della notte, Robocop, ma anche il Messia, il Figlio di Dio, il Salvatore del mondo e tutti quelli che ci fanno sognare a occhi aperti e ci rendono dipendenti come se fossimo dei drogati.

 

Quando una cosa è finita, è finita

 

Quando la corruzione per motivi economici diventa dilagante, come sta succedendo in Ucraina, è facile che venga meno, nella popolazione comune, la convinzione che il governo faccia bene a opporsi con tutti i mezzi all’esercito russo.

D’altra parte i fondi che arrivano dall’occidente sono una tentazione troppo grande per i dirigenti neonazisti, già abituati per conto loro a non avere scrupoli di sorta.

Ora che la corruzione si è estesa a macchia d’olio (probabilmente perché si aspettano i rintocchi delle campane a morto), è impossibile tenerla nascosta, e neppure servirà sostituire i funzionari corrotti con altri di primo pelo, come sta facendo il povero Zelensky, che crede ancora di salvare la patria, cioè il suo nazismo, con l’aiuto delle armi occidentali.

Questo miserabile fantoccio deve andarsene quanto prima, deve accettare la resa incondizionata. Non è possibile che per colpa di un pagliaccio insopportabile, di un esibizionista egocentrico il mondo rischi un conflitto nucleare dalle conseguenze inimmaginabili.

La NATO non può intervenire con le proprie truppe, poiché l’Ucraina non fa parte di questa alleanza. Non può essere la NATO a decidere le trattative di un conflitto regionale i cui protagonisti sono russi e ucraini.

Al massimo, se esistesse la possibilità di un cessate il fuoco, l’ONU potrebbe inviare i caschi blu, collocandoli tra i due contendenti. Ma il governo di Kiev chiede armi per riprendersi il Donbass e la Crimea e i russi sono in prima linea per difendere le popolazioni che vi abitano.

Se in questo momento accettassero la sconfitta, gli ucraini potrebbero tenersi la parte occidentale del Paese, separata dal Dnepr, e persino Odessa. In caso contrario perderanno tutto, e i russi non permetteranno mai che il Paese entri nella NATO.

Non solo, ma i Paesi NATO limitrofi devono rendersi conto che se i russi prenderanno un Paese di 600.000 kmq con 40 milioni di abitanti, loro stessi non potranno mai mettere dei missili nucleari nelle loro basi, dei missili in grado di colpire Mosca in pochi minuti. Faranno la stessa fine dell’Ucraina e la faranno molto più velocemente e molto più dolorosamente, in quanto i russi non avranno legami di parentela a ostacolarli e si sentiranno autorizzati a usare qualunque tipo di arma.

 

[26] Una catena al collo

 

Si sa da un pezzo che la NATO è stata creata per tenere la Russia all’esterno, gli americani all’interno e l’Unione Europea sotto tutela. Lo sanno tutti in Europa e nessuno reagisce. Finché gli USA ci danno la possibilità di vivere economicamente bene, c’importa assai poco di non avere una politica estera autonoma e di dipendere da loro sul piano militare.

È questo atteggiamento opportunistico che ci sta distruggendo. Gli europei hanno sottovalutato completamente la ferocia di cui gli americani sono capaci. È dal secondo dopoguerra che c’intortano coi loro successi tecnoscientifici e i film hollywoodiani (e mettiamoci dentro anche i loro tassi d’interesse).

Il regime degli States è cinico, usa mezzi e metodi spietati per cercare di risolvere le proprie interne contraddizioni. Gli americani sono abituati a vivere al di sopra delle loro possibilità e capacità, e diventano molto violenti quando non ci riescono. Non a caso sono tutti ben armati e, se necessario, si ammazzano tra di loro ben volentieri.

Sfruttano economicamente e finanziariamente i Paesi più deboli sul piano militare e scaricano su qualunque Paese del mondo i pesi insopportabili del loro antagonismo sociale. La competizione è il loro criterio di vita. Chi non ce la fa, viene declassato, emarginato, e se reagisce usando violenza viene incarcerato con pene pesantissime. In America tutti sono liberi di fare ciò che vogliono, ma al primo errore, sei morto, a meno che tu non sia un pezzo da 90, capace di far pagare ad altri i tuoi sbagli.

Son come Attila, il flagello dell’umanità, con la differenza, abissale, che si vantano d’essere il Paese più democratico del mondo. Di qui la necessità, che Attila non aveva, di dover mentire tutti i giorni. Devono essere convincenti usando la retorica dei diritti umani, delle libertà politiche. Loro non dichiarano mai guerra a nessuno, perché uno Stato democratico non può farlo. Però sanno creare benissimo le condizioni perché una guerra possa sempre scoppiare. Dopodiché intervengono loro, non con la diplomazia, ma con tutte le armi che la situazione richiede, svolgendo il ruolo di “gendarme del mondo”. Prima ti seducono come una sirena sempre sorridente, poi ringhiano come Cerbero e, se non stai attento, ti divorano come Saturno.

Noi europei pensavamo di poter continuare ad arricchirci all’infinito? senza avere una nostra politica estera e un’autonomia sul piano militare? Pensavamo di poter dire impunemente agli americani: “Pur non avendo la vostra forza militare e la potenza della vostra moneta, stiamo meglio di voi, abbiamo meno problemi sociali da affrontare”? Siamo stati davvero degli ingenui a credere che gli USA ci avrebbero permesso di godere i vantaggi del capitalismo senza pagare le stesse conseguenze sociali che pagano loro. Quando mai gli americani sopportano l’idea di vedere dei concorrenti più bravi di loro? Prima o poi te la fanno pagare. Ti ridimensionano con la forza. Ti fanno capire, se te l’eri dimenticato, chi davvero comanda a casa tua. Noi siamo sotto tutela e la catena che abbiamo al collo non ci fa uscire dal nostro recinto.

 

La morte congelata

 

Nei dintorni di Mukačevo, a ridosso del confine fra Ucraina e Ungheria, vi è un’area ferroviaria in cui sono “parcheggiati” diversi vagoni refrigerati, che, pur essendo progettati per il trasporto del pesce, contengono le salme dei caduti in guerra originari dell’oblast della Transcarpazia, regione ucraina caratterizzata dalla presenza di una nutrita minoranza ungherese.

I morti si trovano come imprigionati nei vagoni (ognuno dei quali può ospitarne fino a 500) per ragioni politiche. Zelensky, infatti, ha preteso un ferreo controllo anche sui funerali, che non devono mai essere troppi in una volta per evitare che la popolazione possa cogliere la differenza fra la realtà e la propaganda. E così, le salme “refrigerate” vengono rilasciate nella misura di quattro o cinque al giorno, non in base all’ordine di morte, ma secondo altri criteri.

I morti di Mukačevo apparterrebbero in larga parte alla 128ma brigata alpinistica dell’esercito ucraino, quella nella quale si concentra il più elevato numero di soldati di origine ungherese. Questa brigata, caratterizzata dalla presenza di una minoranza etnica che coltiva propositi autonomistici sin dai tempi dell’URSS, è stata mandata al macello a Soledar e a Bakhmut, dove i caduti di parte ucraina sarebbero stati decine di migliaia.

Insomma nel Paese di Zelensky anche le vittime di guerra sono un segreto di Stato, e le cifre vere del macabro conteggio non le conosce nessuno, forse neanche lo stesso presidente. I suoi amici occidentali, tuttavia, hanno un quadro preciso della situazione, visto che nell’ambito dell’assistenza militare all’Ucraina hanno inviato pure i vagoni della morte congelata, che sono sottoposti a stretta sorveglianza da parte dell’esercito.

In pratica Kiev ha paura non solo dei russi vivi ma anche degli ucraini morti.

Fonte: t.me/cdcleparolesonopietre

 

Occhi e orecchie

 

A Stoccolma Rasmus Paludan, leader del partito di estrema destra Starm Krus, ha bruciato il Corano davanti all’ambasciata turca di Stoccolma, col permesso delle autorità svedesi. Infatti Tobias Billström, ministro degli Affari Esteri, ha detto: “Il governo svedese non sostiene in nessun modo la distruzione col fuoco di scritture considerate sacre, ma in Svezia abbiamo la libertà di espressione e dal punto di vista legale questo caso è permesso: abbiamo però detto chiaramente che non prendiamo le parti di chi l’ha fatto”. Più ipocriti di così si muore.

I turchi han comunque risposto bruciando la bandiera della Svezia davanti all’ambasciata svedese. Il ministro degli Esteri, Mevlüt Çavuşoğlu, ha detto che questo è un gesto giudicato sacrilego e difficile da accettare: “Si fa passare sotto il nome di libertà di espressione una manifestazione apertamente provocatoria e razzista, che prende di mira l’islam e i nostri valori. Siamo dinanzi a un crimine d’odio che mostra ancora una volta il clima di islamofobia raggiunto in Europa”.

Erdoğan ha affermato che la Svezia non vedrà l’adesione alla NATO così come non vede le proprie orecchie. Il 92,2% dei turchi si è detto contrario all’ingresso della Svezia nella NATO, come emerso in un sondaggio proposto dall’agenzia di stampa ufficiale Anadolu.

Curioso questo paragone con le orecchie. Anche perché se la Turchia esce dalla NATO, resta solo l’Ungheria per impedire a Svezia e Finlandia di entrarvi. Cioè è strano che Erdoğan non sappia che in politica non si dovrebbe mai dire mai. Non esistono situazioni incontrovertibili come quelle naturali delle nostre orecchie, invisibili ai nostri occhi.

Erdoğan comunque è un furbastro: gli piace tenere i piedi in due staffe. Non vuole andarsene spontaneamente, aspetta che lo caccino, facendo la parte della vittima, così in patria può chiedere ciò che vuole. A maggio ci sono le elezioni in Turchia e sarà la prima volta dal 2002 in cui non è lui chiaramente il favorito.

 

Si comincia con una guerra sporca

 

Il capo della delegazione russa al forum OSCE sulla cooperazione in materia di sicurezza, Konstantin Gavrilov, ha messo in guardia i Paesi occidentali su un grave problema.

Il carro armato Leopard 2, così come i veicoli da combattimento di fanteria Bradley e Marder, sono armati di proiettili APCR con nuclei di uranio, il cui utilizzo porta alla contaminazione dell’area, come è avvenuto in Jugoslavia e in Iraq.

Se a Kiev vengono forniti tali proiettili per l’equipaggiamento militare pesante della NATO, è come usare bombe nucleari sporche contro la Russia. Ciò vuol dire che Mosca può sentirsi autorizzata a una rappresaglia o un attacco preventivo di tipo nucleare contro l’aggressore.

 

La Polonia batte cassa

 

Il premier polacco Morawiecki, in conferenza stampa, alla domanda se la Polonia potrà  in qualche modo recuperare i soldi per le armi trasferite all’Ucraina, ha risposto: “Certo, chiederemo un risarcimento alla UE. Questo sarà un altro gesto di buona volontà da parte dell’Unione Europea”.

Come dire con un linguaggio pulito? Fare sacrifici perché si sa che altri li pagheranno?

 

[27] Linee rosse ed economie di guerra

 

La Russia ha costantemente descritto la presenza militare statunitense sul fianco orientale della NATO come una minaccia.

Le consegne di armi a lungo raggio a Kiev attraverseranno per forza una “linea rossa” che doveva restare invalicabile, e renderanno USA e UE parti in causa, in maniera diretta, nel conflitto russo-ucraino. Anche l’uso dell’uranio impoverito, da parte dei nuovi carri armati in arrivo, renderà noi occidentali altamente pericolosi per i russi, che si sentiranno autorizzati a reagire come meglio credono.

La “guerra ibrida” in corso condotta dall’occidente contro la Russia, sta per essere trasformata in guerra totale o globale. Gli USA han dichiarato inequivocabilmente che cercano d’infliggere una sconfitta strategica alla Russia. Dobbiamo quindi prepararci al peggio.

Lo stesso Manfred Weber, leader del partito popolare europeo, il più grande dell’europarlamento, ha detto chiaro e tondo che la UE ha bisogno di passare a un’economia di guerra per affrontare gli effetti della crisi in Ucraina, altrimenti sarà impossibile soddisfare le continue richieste di armi e munizioni da parte di Kiev. Infatti i Paesi europei al momento non sono in grado di fornire le armi necessarie per tempo, né per la loro difesa, né per l’Ucraina.

Insomma non abbiamo bisogno di uno sconvolgimento ambientale (come p.es. un terremoto o lo scioglimento dei ghiacci polari) né di un meteorite che colpisca con forza il nostro pianeta, per capire che la civiltà umana sta per scomparire. L’autodistruzione è tutta opera nostra, fatta con le nostre stesse mani, gestite da menti malate, che hanno sporchi interessi da difendere.

 

W la Russia asiatica

 

A chi sostiene che la Russia fa parte della cultura europea, per cui recidere il cordone ombelicale è una totale insensatezza, vorrei rispondere che “purtroppo” fa parte di questa cultura, seppur con le proprie inconfondibili caratteristiche.

È un fatto, non un’opinione che il peggio di sé la Russia l’ha dato tutte le volte che ha cercato d’imitarci.

Per questo sostengo che forse la Russia asiatica ha conservato un’originalità di molto superiore a quella europea, di cui noi occidentali non sappiamo e non vogliamo sapere proprio nulla.

 

I Rockefeller han rotto

 

Tutti i principali leader del governo Biden appartengono al Council on Foreign Relations controllato dai Rockefeller: Kamala Harris, Vice Presidente, Antony Blinken, Segretario di Stato, Janet Yellen, Segretario del Tesoro, Lloyd Austin, Segretario alla Difesa, Linda Thomas-Greenfield, ambasciatrice delle Nazioni Unite...

Il primissimo atto del regime di Biden è stato quello di proteggere gli interessi petroliferi dei Rockefeller cancellando l’oleodotto Keystone, che avrebbe consentito al popolo americano l’accesso a forniture petrolifere affidabili non controllate dai Rockefeller.

 

Non li sopporto più

 

Non sopporto più gli ebrei quando dicono che lo Shoah è un evento unico nella storia.

La storia è piena di mostruosi genocidi nei cui confronti gli occidentali restano del tutto indifferenti. Si pensi solo ai nativi del nord e del sud del continente americano: si parla di 80 milioni di morti, non di 6 milioni. Certo molti son morti di malattie, ma sempre per qualcosa che gli è venuto dall’esterno, contro la loro volontà.

E che dire del genocidio armeno, che ispirò quello nazista? Un milione e mezzo di morti non sono pochi, eppure i turchi ancora oggi non li riconoscono.

E i 27 milioni di sovietici morti nella II guerra mondiale? Più della metà dei morti dell’intera guerra. Hitler li considerava Untermenschen, cioè subumani, come tutti gli slavi e gli zingari (ma pensava la stessa cosa della “razza gialla”).

In realtà quello che meno sopporto è che gli ebrei si comportino nei confronti dei palestinesi come se fossero dei nazisti. E siccome gli ebrei han sofferto la Shoah, nessun ebreo (salvo eccezioni naturalmente) si permette di dire che il regime sionista di Israele è fondamentalmente di tipo nazista. Naturalmente superprotetto dagli occidentali, perché in fondo a noi gli atteggiamenti fascisti non dispiacciono. Come quelli polacchi, che han vietato ai discendenti dei soldati sovietici che liberarono Auschwitz 78 anni fa di partecipare alla cerimonia di commemorazione.

 

[28] Vogliamo autodeterminarci

 

Chi ama la pace, chi vuol risolvere pacificamente i propri problemi sociali, economici, ambientali, chi non vuol vivere alle dipendenze dei mercati internazionali, chi non vuol ricorrere a strumenti finanziari esteri, che col tempo gli metterebbero un cappio al collo, ha necessariamente bisogno di sentirsi autonomo, padrone in casa propria.

Chi è disposto ad abbassare le proprie esigenze di vita, chi vuole rinunciare a qualunque spreco, al benessere superfluo, alle inutili comodità, chi pensa che l’idea di decrescita non sia sbagliata, in cambio chiede una cosa molto importante: l’autodeterminazione.

Le collettività umane non chiedono soltanto di poter vivere in pace, ma anche di poter controllare e gestire in autonomia le risorse che le mantengono in vita. Produrre per un mercato è un’assurdità, poiché crea dipendenza, fa vivere nell’incertezza delle mode e dei gusti e delle esigenze altrui. Basare il proprio benessere su risorse da vendere all’estero, per poter comprare all’estero ciò di cui si ha bisogno per vivere, è un’altra assurdità.

È vero, le collettività umane non vanno concepite come monadi chiuse in se stesse, ma una cosa è avere risorse sufficienti con cui campare e limitarsi a commerciare il surplus; un’altra è dipendere in tutto e per tutto dagli altri. Ci vantiamo di avere economie forti e robuste, ma poi viviamo come se fossimo anziani disabili. Senza poi considerare che tutta la nostra grandezza materiale è in realtà frutto di spoliazioni forzate di risorse altrui.

Questo sistema di vita che ci rende eterodiretti ha stufato. Noi non vogliamo più sentir parlare di multinazionali, di NATO, di finanza internazionale, di Stati centralizzati, di presidenzialismi, di democrazie esclusivamente delegate... Ci fa orrore persino il diritto internazionale, quando non tiene conto delle specificità locali, delle differenze culturali e di costume. Non ci piace il dominio di una moneta, di un linguaggio, di uno stile di vita, di determinati valori umani... Per noi non è più questione di come togliere di mezzo orribili personaggi come i Rothschild, i Rockefeller, i Soros e tanti altri. Il vero problema è come superare un sistema di vita che ci attanaglia, che ci strangola. Non possiamo aspettare un evento miracoloso che dall’esterno risolva i nostri problemi. Atteggiamenti del genere sono infantili. Dobbiamo soltanto metterci in testa che per avere più autonomia bisogna essere disposti a qualunque sacrificio, anche a perdere la propria vita, se necessario. Non sarà comunque più doloroso che restare incatenati.

 

Mea maxima culpa

 

La svolta epocale cui stiamo assistendo somiglia, in un certo senso, alla transizione che nell’antichità classica avvenne tra schiavismo romano, ideologicamente pagano, e servaggio medievale, ideologicamente cristiano. Cioè tra primato della città sulla campagna e viceversa, o tra commercio e autoconsumo.

In che senso? Nel senso che la progressiva deindustrializzazione dell’Europa occidentale e la devastazione umana e ambientale che rischiamo di subire in un confronto bellico con la Russia, possono portarci a vivere in condizioni non molto diverse da quelle feudali.

Ovviamente la storia non si ripete mai uguale. Al posto del cristianesimo avremo un’ideologia laicizzata. E al posto di una natura incontaminata, produrremo il cibo nelle serre.

Tuttavia la sostanza mi pare essere quella. Come l’orrore dello schiavismo, giustificato da un diritto romano molto evoluto, trovò un muro invalicabile nelle cosiddette popolazioni barbariche, le quali riuscirono persino a penetrare nell’area occidentale dell’impero; così oggi l’orrore del globalismo euroamericano si è infranto di fronte alla resistenza della civiltà russa.

Quella russa è una civiltà che subisce attacchi, da parte del capitalismo più avanzato del mondo, sin dai tempi di Napoleone, cui seguì la guerra di Crimea (1853-56), la guerra col Giappone nel 1904-5, la I guerra mondiale, l’interventismo straniero nel corso della rivoluzione d’ottobre, l’invasione nazifascista, la guerra fredda, l’implosione interna del 1991 e la gestione neoliberista dell’economia da parte del filo-americano Eltsin, l’avvicinamento progressivo della NATO e ora la guerra per procura in Ucraina dell’Occidente collettivo.

A volte la Russia ha vinto, altre volte ha perso, ma nessuno è mai riuscito a conquistarla nella sua interezza, e se vi sono state singole regioni occupate, poi col tempo i russi son stati capaci di riprendersele.

La Russia è un grande Paese travagliato che vorrebbe essere lasciato in pace, che vorrebbe risolvere le proprie contraddizioni senza dover combattere con nessuno, senza dover temere ogni volta che qualcuno voglia impadronirsi in maniera militare delle sue risorse. Non è certamente un paradiso terrestre (soprattutto non lo è quando vuole scimmiottare lo stile di vita occidentale), poiché quel paradiso l’abbiamo perduto quando abbiamo inventato la proprietà privata di quei fondamentali mezzi produttivi che garantiscono la sopravvivenza di una comunità. Ma altrettanto certamente non è dal capitalismo occidentale che può trovare la soluzione ai suoi problemi.

Ogni Stato dovrebbe cercare in se stesso la cura ai propri mali, senza dover subire dall’esterno continue pressioni e minacce insopportabili. Se una nazione pensa di poter proporre al mondo intero una soluzione efficace ai problemi sociali, dovrebbe farlo rinunciando anzitutto a qualunque tipo di guerra di conquista. Le armi, al massimo, devono servire per difendersi, non per attaccare. Chi possiede armi per invadere altri Paesi rende molto difficili i rapporti umani, le relazioni internazionali. Costringe a vivere nel sospetto, nella mancanza di vera fiducia, nel timore quotidiano che possa accadere da un momento all’altro qualcosa di molto spiacevole.

La Russia non ha invaso l’Ucraina: ha soltanto risposto a una richiesta d’aiuto da parte di una popolazione che subiva da otto anni la guerra civile voluta dal governo neonazista di Kiev, sostenuto finanziariamente e militarmente dall’occidente collettivo, predatore e guerrafondaio. Ricordiamoci di questa cosa quando, per ritorsione, ci pioveranno sulla testa le atomiche russe, perché quello sarà il momento in cui, con ancora più convinzione, dovremmo dare la colpa a noi stessi.

 

Siamo incompatibili su tutti i fronti

 

Il fatto che la narrativa ufficiale con cui spiegare l’intervento armato dei russi in Ucraina proceda su binari opposti, la dice lunga sui rapporti tra Occidente collettivo e Federazione Russa.

Nel corso di quasi un anno di combattimenti non vi è mai stato un punto d’incontro in cui gli statisti occidentali abbiano ammesso che Mosca poteva avere qualche ragione, meritevole d’essere discussa. Oggi poi chiunque voglia mettere in discussione la versione ufficiale del mainstream occidentale, passa immediatamente per traditore. Giornali e televisioni sono tutti schierati dalla parte di Zelensky, senza se e senza ma, al punto che viene considerato del tutto normale un suo intervento nella serata finale di Sanremo.

Non si è mai vista una tale strumentalizzazione politica di un festival canoro. L’odio per i russi ormai è incontenibile, paragonabile a quello che nel passato si aveva per gli ebrei. Ed è abbastanza strano che gli ebrei di oggi non se ne siano accorti e non dicano che la russofobia è simile all’antisemitismo. Non possono continuare a pretendere una “esclusiva” intorno al tema della persecuzione per motivi razziali.

Certo nella seconda guerra mondiale erano i lager nazisti a rappresentare l’orrore impersonificato. Ma se oggi la NATO lanciasse delle bombe nucleari sulle grandi città russe, provocherebbe un numero infinitamente superiore di morti, con conseguenze per i sopravvissuti che si trascinerebbero per un tempo indefinito.

Questa assoluta mancanza di volontà da parte dell’Occidente collettivo di accettare una trattativa in cui si riconosca ai russi il diritto di considerare Crimea e Donbass come facenti parte del loro territorio, essendo la stragrande maggioranza di quella popolazione russofona e filorussa, ci porta a credere che si voglia una guerra totale, in cui a morire siano milioni di persone.

Due cose strane però saltano agli occhi: da un lato gli americani son convinti che nessun missile nucleare russo arriverà sul loro territorio (o comunque pensano che i danni saranno minimi rispetto a quelli che loro infliggeranno al nemico); dall’altro gli europei non capiscono che i danni che subiranno da una guerra del genere, faranno diventare gli USA ancora più potenti, come già era successo nei due precedenti conflitti mondiali.

In ogni caso l’occidente è convinto di vincere: l’idea di poter perdere non viene neppure presa in considerazione. Se non vinceremo sul piano convenzionale, di sicuro lo saremo su quello nucleare. Ancora non è iniziata la propaganda a favore dei bunker e delle pillole allo iodio, ma presto arriverà anche quella. Già ci han costretto a star chiusi in casa parlando di mascherine e igienizzanti. Non ci vorrà molto a cambiare oggetto del discorso.

 

Coraggio, bisogna attrezzarsi

 

Lo scontro diretto tra NATO e Federazione Russa è destinato a scoppiare nei prossimi mesi.

La NATO ha già mentito sulla Jugoslavia, sull’Iraq, sull’Afghanistan, sulla Libia, sulla Siria e in tante altre occasioni. Non c’è motivo perché con l’Ucraina debba comportarsi diversamente. L’Occidente collettivo vuole a tutti i costi una guerra totale contro la Russia, e alla fine l’avrà.

Ci diranno, come al solito, che sarà breve e che pochi saranno i danni che subiremo. Nel frattempo siamo destinati a ripristinare la leva obbligatoria, a spendere più del 2% del PIL sulle armi e a riconvertire molte aziende dal civile al militare. Naturalmente un’economia di guerra implicherà anche notevoli sacrifici sul piano alimentare e non poche restrizioni delle libertà personali. La libertà d’informazione non esisterà più: già oggi è ridotta al minimo e solo per quanto riguarda i social, poiché TV e giornali del mainstream non ne vogliono sapere.

Quel che abbiamo visto accadere in Ucraina con le armi convenzionali sarà una bazzecola rispetto a quello che ci capiterà in una guerra nucleare. Da domani quindi cominciamo a svuotare gli scaffali dei supermercati, poiché dobbiamo fare ingenti scorte di cibo non deperibile e naturalmente di molta acqua. E non dimentichiamo di procurarci per tempo tutto quanto riguarda lo iodio. Per chi ha soldi da buttare, l’idea di farsi un bunker non è da scartare, magari con un generatore autonomo di corrente. Oggi la scienza fa miracoli!

Di sicuro tutti dovranno avere un contatore geiger per misurare i livelli di radioattività. In Amazon ce n’è di tutti i prezzi. Ricordati anche che quando uscirai dal bunker, dovrai farlo con una maschera antiradiazioni. Attento però che se qualcuno ti dirà che la guerra è finita, potrebbe mentire. Procurati come Noè un paio di colombe e spera che almeno una ti torni indietro con un rametto d’ulivo nel becco.

 

Davide e Golia

 

A San Marino il piccolo Davide ha avuto la meglio sul gigante Golia. Infatti Facebook (cioè in realtà Meta Inc.), per aver diffuso i dati personali di circa 12.700 sammarinesi (nomi, numeri di telefono, email e indirizzi di casa), dovrà pagare una sanzione di 4 milioni di euro.

La Corte d’Appello della Repubblica ha confermato la decisione del Garante della privacy, risalente al 2019, giudicando inammissibile il ricorso di Meta. E ora la sentenza può costituire un precedente che vale per tutto il mondo. E se tutti gli Stati facessero causa, il danno da risarcire potrebbe arrivare a più di 100 miliardi di euro. Quanto basta per chiudere.

L’Autorità per la privacy irlandese ha già chiesto 265 milioni di euro.

 

[29] Fatti con lo stampino

 

Il ministro della Difesa, Crosetto, ha detto che se i carri armati russi arrivavano a Kiev e ai confini dell’Europa, la terza guerra mondiale diventa inevitabile. Il suo omologo francese, Sébastien Lecornu, la pensa come lui.

E qual è per loro la soluzione per scongiurare questo rischio? Non la trattativa anzitutto, ma l’invio di armi sempre più potenti a Kiev, per fermare l’avanzata russa.

Questi statisti sembrano essere fatti con lo stampino: per evitare il rischio di una guerra ci vuole una grande vittoria, in modo che il nemico si convinca a trattare.

Non c’è nessuna possibilità che l’occidente convinca Zelensky a trattare prima di aver indotto i russi a credere che se continuano la guerra, di sicuro la perderanno.

Se ci pensiamo, questi sono ragionamenti folli, che potrebbero far durare la guerra all’infinito. Infatti come farà la NATO a sapere in via preventiva quali sono le condizioni per le quali i russi ritengono che sia giunto il momento di arrendersi o anche solo di trattare? Basterà la vittoria schiacciante in una battaglia? Napoleone incendiò Mosca ma lo zar non si arrese, e poi, sulla via del ritorno in Francia, gliela fece pagare così duramente, che praticamente pose fine alla sua sfolgorante carriera. Leningrado fu assediata dai nazisti per due anni e mezzo, poi dovettero andarsene.

Se Kiev non avesse gli aiuti occidentali, sarebbe già scesa a trattative, proprio perché il limite oltre il quale non ha più senso combattere è già stato superato da un pezzo. Certo, uno potrebbe dire che anche la Russia, al tempo di Napoleone o di Hitler, avrebbe dovuto arrendersi, in quanto i nemici avevano occupato quasi tutta l’area europea. Evidentemente il popolo russo sapeva di avere risorse interne ancora sufficienti per poter contrattaccare. Potrebbero gli ucraini dire la stessa cosa di se stessi senza le armi e i finanziamenti occidentali? Dietro la Russia non c’è mai stato nessun altro Paese. Dietro l’Ucraina c’è l’Occidente collettivo.

In Italia il re fece arrestare Mussolini quando la sconfitta dell’Italia in Russia e in Africa era completa e quando gli Alleati sbarcarono in Sicilia e cominciarono a bombardare le città. E si affidò a delle forze straniere per cacciare i tedeschi. Non chiese al popolo d’insorgere né mai sostenne il movimento partigiano.

A Kiev cosa può fare uno come Zelensky, con la perdita di 1/4 del Paese, con almeno 10 milioni di profughi, con la totale mancanza di aviazione, col reclutamento forzato della popolazione maschile, col fallimento completo dell’economia e la corruzione dilagante? È evidente che se non fosse l’occidente a voler fare la guerra contro la Russia, Zelensky avrebbe già subìto non uno ma dieci colpi di stato. La sua vita è appesa a un filo, e che sia d’acciaio è solo una sua personale convinzione. La popolazione, al contrario di lui, pensa che gli aiuti occidentali non faranno che prolungare la propria agonia.

 

Nuova battaglia di Kursk?

 

Supponiamo che la NATO sia capace di vincere una grande battaglia di carri armati in Ucraina, una battaglia come quella di Kursk nel 1943, in cui si scontrarono quasi 7.000 carri, quasi 5.000 aerei e circa 2,7 milioni di militari tra le forze naziste e sovietiche insieme.

E dopo? La NATO pensa davvero che la Russia si ritirerà dal Donbass e dalla Crimea? È ridicolo solo a pensarlo. Infatti in una qualunque sconfitta militare patita dalla Russia, anche il nemico subirebbe perdite colossali.

Se i nazisti avessero vinto a Kursk, avrebbero forse ottenuto qualcosa? Al massimo un prolungamento del conflitto. In realtà avevano già perso durante gli assedi falliti delle tre grandi città: Mosca, Leningrado e Stalingrado.

Così è per gli ucraini e per l’Occidente collettivo: han già perso nel Donbass e da lì i russi non torneranno più indietro, anzi, continueranno ad avanzare inesorabilmente, fino al compimento dell’obiettivo finale.

La NATO ha fatto iniziare la guerra a Kiev sin dal 2014, anno del golpe e dello sterminio dei filorussi del Donbass. E la stessa NATO la perderà, sia che questa guerra resti convenzionale sia che si trasformi in nucleare. La perderà come l’ha persa in Siria e in Afghanistan, al cospetto di un nemico molto più debole. E perderà anche contro la Cina, poiché l’odio nei confronti dell’Occidente collettivo sta crescendo sempre di più, e alla fine, a decidere le sorti dell’umanità, saranno i numeri delle grandi popolazioni. Non saranno né i singoli statisti, né le alleanze militari, e neppure la tipologia di armi che si metteranno in campo.

Le popolazioni ragionano sulla base di un semplice principio: le sofferenze non si possono sopportare oltre un certo limite.

 

Cinghiali e funghi

 

Gli statisti europei sono convinti che la guerra in Ucraina rappresenti la più grave minaccia alla stabilità del continente europeo a partire dalla fine della seconda guerra mondiale.

È un modo completamente sbagliato di vedere le cose. Dal discorso di Churchill nel 1946 sulla cortina di ferro all’implosione dell’URSS nel 1981 l’Europa ha vissuto 35 anni di guerra fredda che, considerando la grande diffusione del nucleare militare, avrebbe potuto essere catastrofica per tutte le sue più grandi città.

Non solo, ma l’intervento massiccio della NATO per smembrare la Jugoslavia fu reso possibile dal fatto che si era convinti che la Russia di Eltsin non sarebbe mai intervenuta.

Sarebbe meglio dire che l’Europa occidentale è, sin dal tempo dell’impero romano, perennemente in guerra o con se stessa o coi propri vicini o con le popolazioni lontane da colonizzare. È un continente che vive la pace solo a fasi alterne, in mezzo a guerre devastanti, che gli riducono di molto la popolazione.

Oggi la UE, dopo la Brexit, è abitata da circa 448 milioni di persone. Siamo al terzo posto, dopo Cina e India. Quanti abitanti siamo disposti a perdere in una guerra contro la Russia? Se guardiamo i dati della seconda guerra mondiale, noteremo che ci sono stati dei Paesi che hanno subìto ben oltre il 10% dei morti rispetto al totale della popolazione: Polonia 16%, Russia 15%, Lituania 14%, Grecia 12%, Lettonia 11%. E naturalmente la stragrande maggioranza erano civili.

Oggi col nucleare le percentuali andrebbero come minimo raddoppiate. Anzi, considerando gli effetti di lunga durata, andrebbero triplicate. Non dobbiamo però pensare che una città di 100.000 abitanti avrebbe solo 30.000 morti. A Hiroshima, prima del bombardamento atomico, vi erano 255.000 abitanti. Metà della popolazione scomparve nel momento stesso dell’esplosione. Il resto venne dopo, in seguito alle malattie. Quindi al massimo si salverebbero i piccoli paesi, che però avrebbero a che fare con elementi naturali contaminati.

Tra Chernobyl e Milano vi è una distanza di oltre 2.000 km. Dopo l’esplosione del reattore la nube radioattiva arrivò fino alle Marche. Il cesio-137 ci mette 30 anni prima di dimezzare la propria pericolosità. Ancora oggi a Chernobyl è proprio il cesio a contaminare i cinghiali, perché si è depositato negli strati del sottosuolo e quegli animali vanno pazzi per i funghi. Anche i cinghiali nella Valsesia soffrono per le stesse motivazioni.

 

[30] La musica è cambiata

 

Sul sito di Maurizio.Blondet.it è apparso un art. interessante dedicato alla famigerata RAND Corp., quell’istituto di ricerca che lavora per il Pentagono sviluppando politiche e strategie.

Lo scenario che prevedevano per l’Ucraina è stato elaborato nel 2019. Naturalmente partivano sempre dal presupposto che la Russia fosse un nemico da abbattere. Il Pentagono ragiona come se stesse giocando a Risiko e gli USA dovessero conquistare l’intero pianeta. 

La RAND prevedeva che con continue provocazioni, minacce e sanzioni, la Russia avrebbe reagito militarmente, cercando di occupare un territorio ucraino più grande delle due repubbliche separatiste del Donbass. Cosa che in effetti è avvenuta.

In uno scenario del genere Kiev avrebbe rischiato di pagare, in termini di vite umane, un prezzo molto alto, e la credibilità degli USA avrebbe potuto calare di parecchio.

Dunque che fare? Secondo la RAND l’obiettivo degli USA non doveva essere quello di avventurarsi in una guerra diretta contro la Russia, ma solo quello di sostenere militarmente Kiev per indebolire enormemente Mosca, fino al punto da indurla a ritirare le proprie truppe dall’Ucraina.

Come si può vedere, esisteva una premeditazione in questa guerra. Si ipotizzava che la Russia avrebbe sicuramente reagito e si dava per scontato che, in forza anche di tutte le sanzioni economiche, avrebbe perso la partita, senza che la NATO avesse avuto necessità di inviare le proprie truppe.

Il rapporto della RAND riteneva che una guerra troppo lunga non fosse vantaggiosa né per l’Ucraina né per gli USA, anche se avrebbe contribuito a sfiancare la Russia sempre più. Sarebbe stato meglio puntare a una trattativa, dimostrando al mondo intero che, se si esclude l’apparato nucleare, la potenza militare della Russia è molto relativa. Cioè in pratica le due piccole repubbliche autonomiste avrebbero anche potuto essere cedute, permettendo al resto dell’Ucraina di occidentalizzarsi in tutta tranquillità.

Tutto ciò perché il vero nemico degli USA è quello che più la destabilizza sul piano economico, e cioè la Cina. Un conflitto prolungato in Ucraina impedisce agli USA di concentrarsi su come ridurre di molto i poteri commerciali di questo pericoloso concorrente su scala globale.

In particolare la RAND temeva che un conflitto prolungato avrebbe indotto la Russia a stringere relazioni sempre più strette con la Cina, al punto che ad un certo punto sarebbe stata la Cina a dominare la Russia. Per il think tank della RAND infatti la potenza di un Paese si basa anzitutto sull’economia, e considerando che su questo terreno gli USA (la potenza col PIL più grande del mondo) hanno subìto dei colpi demolitori da parte dei cinesi, a maggior ragione si sarebbero trovati in difficoltà i russi, la cui economia produttiva, se si escludono le fonti energetiche, è piuttosto debole. È così debole che, secondo la RAND, la Russia sarebbe stata disposta a una trattativa anche solo di fronte a un alleggerimento delle sanzioni.

Cosa non ha funzionato in queste previsioni? Molte cose, ma una in particolare va detta. Non si è capito che per i russi questa guerra è di tipo “esistenziale”, cioè non ha anzitutto un contenuto economico o geopolitico. Non serve per esibire la propria potenza militare. Semplicemente i russi non vogliono essere distrutti come popolazione, come cultura e civiltà. Che i russi siano in patria o che vivano all’estero come minoranza non fa alcuna differenza. I russi non ambiscono a conquistare nulla. Non possiamo attribuire a loro i nostri atteggiamenti occidentali. Vogliono semplicemente essere lasciati in pace, e con Putin si è capito che non hanno intenzione di transigere su questo aspetto. La continua mancanza di sicurezza, provocata dalle basi NATO, dalle cosiddette “rivoluzioni colorate”, da un’aggressiva ideologia neonazista, dalle inusitate sanzioni economiche, per loro è diventata una cosa che non può più essere sopportata. La linea rossa è già stata abbondantemente superata. Facciamocene una ragione, noi europei, perché la musica è cambiata.

 

Noi e loro

 

“Noi non siamo in guerra con la Russia”, ha detto Antonio Tajani, Ministro degli affari esteri.

Mi chiedo se quando uno fa delle affermazioni del genere, sia proprio convinto di ciò che dice. Tajani infatti non è una persona brillante, con idee proprie nella testa: è solo un burocrate che ripete concetti altrui.

Naturalmente voleva dire che se fossimo davvero in guerra, manderemmo (e non solo in Ucraina) le nostre truppe a combattere contro quelle russe, e lanceremmo missili (non necessariamente nucleari) da tutte le basi NATO per colpire non solo le postazioni militari ma anche le grandi città della Russia, che dovrebbero essere bombardate pesantemente dai nostri aerei. Insomma faremmo tutte quelle cose tipiche di una guerra dichiarata, vera e propria, che potrebbe anche diventare nucleare. E se, in questo frangente, qualcuno aiutasse la Russia (come p.es. Cina, India, Iran ecc.), la guerra potrebbe anche, abbastanza facilmente, diventare mondiale.

Quindi noi, al momento, stiamo soltanto aiutando l’Ucraina a difendersi. È come se a un malato terminale che chiedesse di staccare la spina, noi raddoppiassimo le flebo.

Dalla bocca degli statisti non viene mai fuori la parola “trattativa”. L’unico negoziato sarà possibile dopo la resa di Mosca, cioè dopo il ritiro dai territori occupati (che i russi però considerano “liberati” dalla presenza neonazista, per la cui la narrativa viaggia su binari opposti).

Ci vuole una bella faccia tosta a sostenere un’ipocrisia del genere. Anche perché è passato quasi un anno, e la situazione dell’Ucraina è andata sempre più peggiorando. Si può capire un aiuto temporaneo, ma dopo una tragedia del genere, che ha coinvolto, in varie maniere, milioni di persone, dovrebbe essere lo stesso governo di Kiev a dire: coi russi trattiamo e agli occidentali chiediamo soltanto i finanziamenti necessari per ricostruire il Paese. Evidentemente Zelensky non ha l’autonomia sufficiente per sostenere una posizione del genere.

Alla fine l’Ucraina scomparirà come nazione non tanto per colpa dei bombardamenti russi, quanto piuttosto per gli aiuti militari occidentali, che inducono il governo di Kiev a non fare alcuna concessione e quello di Mosca a usare metodi sempre più categorici. Sembra un incontro di pugilato in cui uno, prima di colpire l’altro in faccia, lo sfianca martellandolo ai reni, al fegato, allo stomaco...

In una situazione del genere possiamo soltanto aspettarci che la NATO compia una delle sue solite provocazioni e che il Cremlino reagisca in maniera tale da indurla a dichiarare guerra. Non è previsto lo stallo o la parità, come nelle partite a scacchi.

Se l’occidente vuole una trattativa solo dopo una grande vittoria sul campo di battaglia, e se questa vittoria non arriva, mi chiedo fino a che punto si possa costringere una nazione a resistere. Una pretesa del genere è solo una forma di sadismo.

 

Questioni di titanio

 

Secondo “Newsweek”, una delle ragioni per cui gli USA appoggiano l’Ucraina sono le miniere di titanio che si trovano in quel Paese. Il titanio è fondamentale per lo sviluppo di avanzate tecnologie militari occidentali (è ampiamente utilizzato nella produzione di aerei, elicotteri, navi, carri armati e missili a lungo raggio).

Oltre il 90% del fabbisogno di titanio statunitense proviene dalle importazioni. Il livello di dipendenza dell’Occidente dal titanio è indicato anche dal fatto che non è ancora sotto le sanzioni anti-russe.

Washington teme che Mosca possa fermare le sue forniture. A me invece pare strano che non le abbia già bloccate. Se il titanio viene utilizzato a scopi bellici dal nemico, perché venderglielo? La stessa cosa si può dire del gas che i russi continuano a inviare in Ucraina. Lo fanno per rispettare i contratti? Possibile che i russi siano così ingenui da credere che questa loro generosità potrebbe indurre l’occidente ad accettare delle trattative ragionevoli per cessare il conflitto in Ucraina? E poi ci si lamenta dell’idealismo di Gorbaciov...

 

[31] Un maggiore aiuto non guasterebbe

 

I cinesi, tramite la portavoce del ministero degli Esteri, Mao Ning, accusano gli USA di voler prolungare il conflitto russo-ucraino all’infinito col continuo invio di armi. “Non sono le armi che possono portare le parti in causa a un negoziato”, ha detto.

Sono parole sagge, ma dalla Cina mi aspetterei di più. Al momento si limita a dire che non accetta “ricatti infondati” e non starà seduta a guardare gli Stati Uniti “danneggiare irragionevolmente i diritti e gli interessi legittimi delle società cinesi”.

Gli USA infatti hanno posto sanzioni al Changsha Tianyi Space Science and Technology Research Institute (più semplicemente nota come Spacety China), con uffici a Pechino e in Lussemburgo, in base all’accusa di avere fornito immagini satellitari dell’Ucraina ai mercenari russi del gruppo Wagner.

Secondo me dopo quasi un anno di conflitto, la Cina dovrebbe aiutare la Russia più fattivamente e non limitarsi a dire che viene danneggiata nei suoi interessi economici. Non può lasciarla sola a combattere contro l’intero occidente. Non si capisce perché tutti i Paesi NATO sono autorizzati ad armare Kiev, e nessun altro può farlo nei confronti di Mosca. Questa non è più una guerra regionale per la difesa degli abitanti del Donbass, ma è diventata una guerra totale per la costruzione di un mondo multipolare, un mondo che non può essere costruito solo dalla Federazione Russa.

Non ha più senso sostenere che la Cina non può ufficialmente aiutare un Paese che ha invaso un Paese sovrano: quanto meno violerebbe i princìpi stabiliti dall’ONU.

E la NATO che aiuta un regime nazista che non appartiene neppure a quella alleanza? E le truppe della NATO che si mimetizzano in soldati ucraini, vestendo le loro uniformi? E la UE che finanzia e arma un Paese che non fa parte della UE? E l’ONU che sta sempre dalla parte dell’occidente? Sinceramente parlando preferisco l’Iran, benché abbia un orribile governo teocratico. Siccome è già sotto sanzioni da vari decenni, non gli importa nulla se vengono aumentate, cioè non ha timori ad aiutare militarmente la Russia. Ormai i criteri del diritto internazionale sono saltati tutti.

E poi bisogna ammettere che questa stessa guerra è stata un affare anche per i cinesi, che han potuto comprare risorse energetiche russe a prezzi agevolati, e hanno addirittura potuto farlo con la loro moneta nazionale!

 

La Russia vince anche in Africa

 

La Francia ritirerà le sue forze armate dal Burkina Faso entro un mese a seguito di una richiesta della giunta di governo. Che sia questo l’ultimo segno del crollo dell’influenza dell’ex potenza coloniale nell’Africa occidentale?

La fine della missione francese arriva dieci mesi dopo che le sue truppe erano state espulse dal vicino Mali, dove le forze francesi hanno trascorso quasi un decennio di battaglie perse contro una crescente insurrezione jihadista, che ha ucciso migliaia di persone e ne ha sfollate milioni, mentre si diffondeva in tutto il Sahel.

Da tempo negli ambienti di governo di quelle due ex colonie si sospettava che in realtà fossero gli stessi francesi ad alimentare il terrorismo islamico. Non è un caso che in entrambi i Paesi il ritiro francese è avvenuto solo quando i leader di governo hanno rafforzato i loro legami con Mosca, che ha utilizzato il gruppo Wagner, come già aveva fatto nella Repubblica Centrafricana, in Libia e in Sudan. La Russia è vista sempre più come un potenziale partner effettivo nella guerra contro i jihadisti.

Ora le truppe francesi si sono trasferite in Niger, che confina con Mali e Burkina Faso, in attesa di sapere cosa fare.


Febbraio

 

 

 

[1] Un modo diverso di fare la guerra

 

I russi hanno un modo di combattere che ci è completamente estraneo. Sembrano che non abbiano mai alcuna fretta. Come se sapessero di avere risorse di molto superiori al nemico che gli sta di fronte e che però non vogliono esibire sul campo di battaglia per non spaventarlo. Non vogliono vincere con un nemico che, alla prima battaglia, fugge.

Al massimo sfoggiano le loro potenzialità nel corso delle esercitazioni e solo fino a un certo punto. Per il resto non amano infierire. Sono molto controllati. Ricordano il gatto quando caccia il topo: il topo deve difendersi, deve cercare di scappare, altrimenti il gatto non può affinare le proprie abilità.

Sembra che la guerra, per loro, sia una specie di arte in cui uno mette alla prova se stesso: una specie di partita a scacchi, in cui si cambia tattica di continuo e una volta si attacca e un’altra ci si difende. Non c’è fretta, non ci si dà un tempo determinato per conseguire il proprio obiettivo. Si aspetta che il nemico si renda conto da solo, in maniera progressiva, che deve smettere di combattere, perché, anche se gli viene dato il tempo per dimostrare il proprio valore, non ha alcuna possibilità di vincere, neanche se viene aiutato dall’esterno.

In altre parole la guerra sembra che serva per imparare a farla: è come una scuola formativa, i cui contenuti dovranno poi essere insegnati nelle accademie e università. Per loro la guerra è un’arte con le sue regole da rispettare. È sicuramente importante vincere, ma ancora di più è farlo in maniera corretta, rispettando il nemico, la cui forza non va mai sottovalutata.

Il confronto corpo a corpo, casa per casa, sembra essere di fondamentale importanza per i russi, non solo per risparmiare la vita ai civili coi bombardamenti. Infatti la distruzione delle infrastrutture energetiche è avvenuta piuttosto tardi, come ritorsione alle azioni terroristiche del governo di Kiev, che si avvale delle forze della NATO. Ancora addirittura non sono state bloccate le telecomunicazioni (radio, tv, internet), continuando a permettere al pagliaccio di Kiev di esibirsi nelle sue performances clownesche.

A noi occidentali l’utilità di un atteggiamento bellico come quello russo sfugge completamente. Per noi Mosca sta conducendo la guerra in maniera autolesionistica, anche se ufficialmente dobbiamo dire che si comporta così perché gli ucraini hanno una resistenza indomita, che giustifica l’invio massiccio delle nostre armi.

Di regola un militare occidentale pensa che se all’avversario si fa vedere subito di cosa si può essere capaci (p.es. bombardando a tappeto le grandi città, senza fare distinzioni tra militari e civili), quello sarà indotto ad arrendersi più facilmente. In questa maniera le proprie perdite saranno ridotte al minimo e il conflitto durerà pochissimo tempo. La parte debole sarà costretta ad accettare tutte le condizioni della parte più forte. Non ci sarà un vero e proprio negoziato. Nelle nostre azioni militari non c’è mai nessuna forma di etica. Per noi non ha senso darsi delle regole da non oltrepassare. Ogni colpo è permesso se serve per vincere.

 

A che pro armarsi?

 

Scrive Thierry Meyssan su voltairenet.org.

Gran parte del materiale bellico occidentale non arriva sul campo di battaglia ucraino, ma nel Sahel, per scatenare un’altra guerra. Il presidente della Nigeria, Muhammadu Buhari, ha pubblicamente confermato che molte armi sono già nelle mani degli jihadisti africani.

Del resto costituire in Ucraina un arsenale alla bell’e meglio, aggiungendo armi di epoca e calibro differenti, non serve a nulla. Nessuno possiede la logistica necessaria per fornire ai soldati munizioni così diverse. Queste armi non sono inviate all’Ucraina perché vinca la guerra.

Il “New York Times” ha lanciato l’allarme sostenendo che le industrie occidentali della Difesa non riescono a produrre armi e munizioni in quantità sufficiente. Le scorte sono già esaurite e gli eserciti occidentali sono costretti a privarsi di materiale militare indispensabile alla propria difesa. Lo stesso segretario alla Marina americana, Carlos Del Toro, ha detto che se il complesso militare-industriale USA non riesce entro sei mesi a produrre più armi della Russia, la missione della NATO sarà stata completamente inutile.

Cioè ormai il confronto tra Russia e Occidente collettivo non è più solo sul terreno militare in senso stretto, quello sul campo di battaglia, ma è diventato anche quello nelle retrovie. Finite le scorte nei magazzini e nei depositi, ora si tratta di vedere l’efficienza del comparto industriale che produce armi. Chi ne produrrà di più e con maggiori capacità, vincerà la guerra. Almeno così ci si vuol far credere.

- Come se le armi fossero di per sé sufficienti per vincere una guerra!

- Come se la produzione di armi non implicasse, di per sé, l’impoverimento di altri comparti produttivi a scopi civili!

- Come se la destinazione delle tasse dei cittadini a scopi militari non implicasse immediatamente la riduzione dei fondi statali destinati ai servizi civili essenziali alla popolazione (istruzione e formazione, sanità e previdenza, ecc.)!

- Come se una produzione illimitata di armi, senza una contestuale conquista di territori altrui, potesse essere considerata un’azione vantaggiosa sul piano economico!

Insomma sappiamo tutti da un pezzo che quando uno Stato aumenta di molto la propria produzione militare, la guerra diventa prima o poi inevitabile. Nel capitalismo non si fanno investimenti a fondo perduto. Un ritorno deve sempre esserci. La categoria principale che muove ogni nostra azione è l’interesse. Noi non siamo mai generosi a titolo gratuito.

 

L’inutilità delle armi

 

Il 20 gennaio scorso il presidente del comitato dei capi di stato-maggiore USA, generale Mark Milley, ha dichiarato, durante una conferenza stampa al termine della riunione degli alleati a Ramstein, che “sarà molto difficile quest’anno liberare dalle forze russe ogni centimetro quadrato dell’Ucraina occupata”.

L’ha detto a gennaio e prevede che fino a dicembre del 2023 l’occidente non avrà alcuna possibilità di vincere in Ucraina! Ma gli ucraini come faranno a resistere un altro anno sotto i bombardamenti russi? La nazione rischia di spopolarsi completamente. Rischia di essere completamente distrutta. Paradossalmente sarà più facile che l’Ucraina riesca a sopravvivere come nazione non se pensa di poter vincere questa guerra, ma se ammette quanto prima d’averla persa, cacciando a pedate quello sciagurato di Zelensky, totalmente privo di umanità.

Per caso, non è che questa guerra ha di mira soprattutto l’indebolimento dell’Unione Europea nei confronti degli Stati Uniti? Ma gli USA non dovevano contare su di noi per fare la guerra alla Cina? In ogni caso davvero si pensa di poter fiaccare la resistenza di un grande Paese come la Russia, straricca di materie prime?

La Germania nazista entrò in Russia nel giugno 1941 e nell’aprile 1945 Berlino fu occupata dai russi. Nel corso di quegli anni la potenza bellica dell’URSS non diminuì ma aumentò. Questo perché la popolazione si era convinta che, per quanto dittatoriale fosse lo stalinismo, il nazismo sarebbe stato peggio.

 

Razov il saggio

 

Interessante la Lettera aperta dell’Ambasciatore della Federazione Russa, Sergey Razov, al Ministro della Difesa, Guido Crosetto, del 31 gennaio. La riassumo.

Da un lato gli riconosce il valore di sacrosante parole sul fatto che l’Europa non deve chiudere le porte ai russi e percepire il popolo russo come un nemico.

Dall’altro però deve convenire che quelle di Crosetto sono soltanto delle belle parole prive di riscontri reali. Un atteggiamento tipico degli statisti occidentali, aggiungiamo noi.

In particolare gli ricorda:

- La Russia, per iniziativa del precedente governo italiano, è stata privata dell’accesso a 300 miliardi di dollari delle proprie riserve valutarie. Ora si discute della possibilità di uno scippo definitivo. E stiamo parlando dei soldi dei contribuenti russi.

- Il governo continua a sequestrare immobili, proprietà e altri beni di uomini d’affari russi, che hanno investito i propri capitali nello sviluppo dell’Italia.

- Con pretesti inverosimili sono stati ingiustificatamente espulsi dall’Italia 30 dipendenti dell’ambasciata russa a Roma (coi familiari: 72 in totale), che si erano adoperati per sviluppare le relazioni bilaterali.

- Su impulso degli allora vertici del Ministero degli Esteri (si riferisce a quello scriteriato di Di Maio), membri di spicco della società civile russa sono stati privati dei riconoscimenti statali italiani. Molti di loro erano stati premiati per la loro assistenza disinteressata nella ricostruzione della città dell’Aquila, colpita da un devastante terremoto nel 2009.

- Su iniziativa della parte italiana sono stati interrotti i collegamenti aerei diretti tra i nostri Paesi, riducendo così al minimo il turismo russo in Italia. Il rilascio dei visti ha un costo più che raddoppiato e comunque resta molto difficile. Inoltre alcune aziende italiane rifiutano di vendere ai russi delle merci che abbiano un valore superiore ai 300 euro.

- Sono state annullate varie esibizioni di esponenti del mondo culturale russo (p.es. del direttore d’orchestra di fama mondiale V. Gergiev, della pianista V. Lisitza o del ballerino S. Polunin)

- Le autorità italiane, nel marzo 2022, si sono rifiutate di consentire l’organizzazione di un volo umanitario per trasportare una squadra di atleti paralimpici russi con disabilità, bloccati dalla chiusura dello spazio aereo.

- Servizi bancari vengono negati senza motivo, come p.es. le chiusure forzate dei conti correnti.

- Restrizioni discriminatorie vengono imposte riguardo al possesso di un passaporto russo o quando si indica nei documenti che si è nati in Russia.

E così via. Da parte russa invece nei confronti degli italiani non è stato fatto nulla di tutto ciò.

Insomma nel distruggere i canali di dialogo siamo diventati peggio degli americani. Siamo diventati razzisti come al tempo del fascismo nei confronti degli ebrei. Adesso non ci resta che sganciargli delle bombe atomiche sulla testa, e naturalmente in nome del diritto internazionale. Lo stesso Crosetto ha detto che se i russi occupano Kiev la guerra mondiale sarà inevitabile.

L’Italia sta diventando un altro Paese come l’Ucraina: meritevole di nulla. E non per colpa della gente comune, che generalmente ama vivere in pace con tutti, ma per colpa di chi ha responsabilità di potere.

 

[2] Denaro, sterco del demonio

 

Il “Washington Post” ha detto che gli ucraini chiedono 700 miliardi di dollari in aggiunta agli oltre 100 che abbiamo già inviato. Sembra di assistere a una specie di tragico baratto: noi vi diamo i morti sul campo di battaglia e voi ci date i soldi per continuare a farli morire.

Questo per dire che non si sa che fine facciano i nostri finanziamenti. Peraltro pensare che con quei soldi il Paese, ancora completamente in guerra, possa iniziare la ricostruzione, è del tutto ridicolo. Con una corruzione al 100% una buona fetta di quei soldi finisce nelle tasche private dei politici, dei funzionari, dei militari... Solo nel migliore dei casi servono per pagare stipendi e pensioni alla gente comune e per i rifornimenti ai militari, e naturalmente per far funzionare scuola, sanità e altri servizi civili.

Senza i nostri soldi avrebbero già dovuto da tempo dichiarare bancarotta. Non è possibile che gli statisti occidentali non sappiano che il malato che cercano di tenere in vita è alla fine dei suoi giorni. Un accanimento terapeutico nei confronti di una persona in coma ha senso per qualche giorno o settimana, non per quasi un anno.

La stessa NATO, checché ne pensi il soldatino Stoltenberg, non è preparata per conflitti del genere, non è in grado di prevedere un uso super intensivo di sistemi di artiglieria e una montagna di carri armati e di proiettili. Secondo l’amministratore delegato di Raytheon, l’Ucraina ha utilizzato 13 anni di produzione di Javelin in 10 mesi!

Se il governo di Kiev fosse stato autonomo e non manovrato dagli angloamericani, già nel marzo 2022 si sarebbe concluso l’accordo di pace. Sarebbe stato sufficiente rinunciare alla guerra civile contro le due repubbliche autonomiste e a entrare nella NATO. Adesso invece il governo perderà tutto e le nuove forniture di armi non serviranno a nulla.

La Tymoshenko e altri membri dell’élite ucraina sono fuggiti da Kiev verso gli Emirati Arabi Uniti a godersi i tanti soldi rubati. Chissà dove andranno gli ultimi rimasti nella roccaforte di Kiev. Difficile pensare che Zelensky abbia la vocazione per il martirio o che creda a quel tarsiota, di origine ebraica come lui, quando affermava che “il denaro è lo sterco del demonio”.

 

Occidente cannibale

 

Che sta facendo l’occidente in Ucraina? Le prove generali di quel che ha intenzione di fare i prossimi anni o anche solo i prossimi mesi in casa propria? Cioè sta saggiando i mezzi e metodi neonazisti da applicare alle popolazioni europee, americane, canadesi ecc.? L’Ucraina è solo un piccolo saggio del grande terrore che ci aspetta?

Se Kiev perde la guerra, l’occidente collettivo, che si è svenato sul piano finanziario e militare per sostenere i neonazisti, avrà buon gioco nel chiedere ai propri concittadini di fare enormi sacrifici per ripristinare ciò che è andato perduto.

Infatti dall’Ucraina non otterrà assolutamente nulla. Tutti i contratti firmati dal governo di Kiev verranno annullati dal prossimo governo democraticamente eletto.

Si porrà fine anche alla svendita del Paese e della sua ricchezza, cioè le fertili terre nere, da sempre nel mirino delle corporazioni agricole internazionali. Si tratta di milioni di ettari di terra che fino a poco tempo fa erano ceduti in locazione a lungo termine, ma che nessuno aveva mai venduto, perché nessun governo ucraino, prima di Zelensky, aveva osato revocare la moratoria costituzionale sulla vendita di terre agli stranieri. Invece già nel 2021 il governo di Kiev, violando la Costituzione, ha abolito la moratoria.

Non solo, ma il Fondo di Proprietà Statale dell’Ucraina ha svenduto un porto commerciale sul Danubio a 5,5 milioni di dollari. D’altra parte non ha altri modi per risarcire quanto riceve dall’occidente.

Un altro esempio recente riguarda la società statale Naftogaz. Gli Stati occidentali han promesso 18 milioni di euro in aiuti per avere in cambio la gestione maggioritaria del Consiglio di Amministrazione: ora il Consiglio, composto da nove membri, ne vede sei stranieri e solo tre ucraini.

Zelensky pensava che in cambio della morte del suo popolo contro quello russo in una guerra devastante, l’occidente gli avrebbe regalato il mondo? Non sa che noi ci cibiamo di carne umana!

 

Catilina, la pazienza ha un limite

 

Gli Stati Uniti sono pronti a investire altri 2 miliardi di dollari in aiuti militari per l’Ucraina. Il pacchetto dovrebbe per la prima volta includere i missili a lungo raggio: 150 km, contro gli 80 raggiungibili dalle attuali dotazioni Himars. Si tratta dei cosiddetti GLSDB, che dispongono di testate progettate nei primi anni 2000 con lo scopo di ridurre i danni collaterali. Hanno un costo relativamente basso: 40.000 dollari a pezzo. I missili però non sono immediatamente disponibili negli arsenali del Pentagono. Dovranno essere costruiti ad hoc dalla joint venture tra Saab e la Boeing coi soldi dei contribuenti americani.

Tuttavia non è questo il modello che aveva chiesto Zelensky, ossia gli Atacms con gittata fino a 300 km e una capacità esplosiva più ampia e meno “intelligente”. Il clown non se la può prendere per aver perso la guerra. Prima di lasciare il Paese, vuol compiere quanti più danni possibili ai civili del Donbass. Ormai il suo livello di odio è inversamente proporzionale alla sua statura politica. Se restava a fare l’attore comico era meglio.

Quousque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?

 

Servo del popolo o un popolo servo?

 

Kiev ha annunciato un nuovo repulisti generale contro la corruzione della classe dirigente. A seguito degli scandali degli ultimi mesi, oggi è stata licenziata l’intera dirigenza dell’agenzia delle dogane ed è stata perquisita l’agenzia delle entrate, la cui responsabile ad interim è accusata di operazioni illegali per 375 milioni di euro.

In casa della funzionaria sarebbero stati trovati circa 1,3 milioni di euro in contanti, gioielli, orologi e due auto di grossa cilindrata. I media locali parlano anche di avvisi di garanzia ad alti funzionari del ministero della Difesa per lo scandalo delle forniture alimentari dell’esercito.

Il governo di Kiev si deve salvare la faccia in vista dei colloqui coi funzionari di Bruxelles per entrare nell’Unione Europea. Ancora non ha capito che un governo militarmente perdente, uno Stato economicamente fallito e un Paese da ricostruire completamente non è che faccia molta gola agli statisti europei, che farebbero fatica a imporre altissime restrizioni ai propri concittadini per ripristinare il peso di una nazione che loro stessi, volendo prolungare a tutti i costi la guerra, han voluto ridurre a zero.

Insomma non ci sarà alcuna tempistica certa per l’adesione di Kiev prima del raggiungimento dei traguardi stabiliti dalla Commissione Europea.

Povero Zelensky, sembra essere diventato un brutto anatroccolo. Peccato che tra un po’ non si trasformerà in un bellissimo cigno, ma in un disperato alla ricerca di un elicottero americano per fuggire.

Gran parte della popolazione aveva votato il suo partito “Servo del popolo”: non si aspettava che il vero “servo” doveva diventare il suo stesso popolo.

 

Una guerra persa in partenza

 

I media mainstream e l’amministrazione Biden insistono fino alla nausea sul fatto che l’Ucraina sta vincendo contro la Russia. Ma i fatti sul campo dimostrano il contrario. È impossibile che gli statisti occidentali non lo sappiano.

Anche la città di Bakhmut sta per cadere. In occidente la gente comune lo capisce dal fatto che la stampa ha iniziato una campagna per minimizzare l’importanza della perdita. Per es. “Defense Express” afferma: “L’intelligence della Difesa britannica afferma che la cattura di Bakhmut diventa soprattutto un obiettivo simbolico e politico per la Russia”. In realtà è il contrario, come al solito: sarebbe stato il conservarla un obiettivo politico e simbolico per l’Ucraina.

I militari hanno anche iniziato a evacuare Kherson a causa dei bombardamenti russi. E una volta che sarà caduta, il prossimo obiettivo sarà Odessa.

Di fatto il Paese ha perso circa il 20% del suo territorio e almeno il 22% dei suoi terreni agricoli. Cioè molto di più di quanto veniva identificato nell’accordo di Minsk II. E, nonostante il mainstream ogni giorno dica che i russi ammazzano i civili, in realtà sono soprattutto i militari a morire.

La von der Leyen (una statista totalmente fuori controllo) ha dichiarato di recente che sono morti più di 100.000 militari ucraini. In realtà i militari (tra morti, feriti, prigionieri, scomparsi, disertori, ecc.) arrivano ad almeno mezzo milione. Se non fosse così, i neonazisti non andrebbero in giro per le città, dopo 7 mobilitazioni, ad arruolare i maschi con la forza, persino i sessantenni e quelli che hanno gravi disabilità.

Ad oggi quasi 17 milioni di persone sono fuggite dall’Ucraina: il 90% sono donne e bambini fortemente esposti a gravi rischi. Lo dice l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati. Altri 10 milioni sono sfollati all’interno del Paese. Non si sono mai visti numeri del genere. Più inviamo armi e peggio è.

L’Europa si aspetta centinaia di migliaia di nuovi rifugiati quest’inverno a causa delle città in rovina. Il sindaco di Kiev potrebbe chiedere l’evacuazione della sua città a causa dell’incapacità di fornire servizi di base alla popolazione, come luce, gas e acqua.

La CNN riferisce che le comunicazioni dell’Ucraina dipendono interamente dal sistema Starlink di Elon Musk. In caso di problemi col sistema il Paese si blocca.

I dati economici sono talmente impressionanti che non vale neppure la pena riportarli. Un governo non gestito da una banda di criminali si sarebbe arreso da un pezzo.

Di questo disastro assoluto, che rischia di far scomparire il Paese dalle mappe geografiche è in parte responsabile anche la popolazione che per otto anni non è riuscita a opporsi con fermezza alla totale mancanza di democrazia e di umanità da parte dei neonazisti e nazionalisti ucraini.

Bisogna inoltre ammettere che i russi, dopo essersi esercitati dal vivo in Ucraina sul campo di battaglia, sono diventati l’esercito più forte del mondo in meno di un anno. In tal senso bisogna ringraziare l’occidente che ha voluto prolungare la guerra a tutti i costi.

 

[3] O ci si ridimensiona o si perde

 

Così scrive Alastair Crooke su strategic-culture.org (lo riassumo):

Non invieremo armi offensive, ma poi l’abbiamo fatto. Non invieremo armi a lungo raggio (M777), ma poi l’abbiamo fatto. Non invieremo sistemi missilistici multipli (HIMARS), ma poi l’abbiamo fatto. Non invieremo carri armati, ma ora lo facciamo. Niente truppe NATO sul terreno, ma sono in Ucraina dal 2014.

A Washington han capito che gli Stati Uniti stan perdendo la loro guerra per procura, anche se ciò non viene rilevato nei media mainstream. Non solo, ma i falchi neoconservatori del Dipartimento di Stato, quelli che circondano Biden, vogliono un’escalation a tutti i costi, come i Verdi tedeschi, una fazione di spicco in Polonia e, come sempre, negli Stati baltici. (Crooke si è dimenticato di aggiungere i guerrafondai inglesi, ma lo si può capire perché è stato una figura di spicco nell’intelligence del suo Paese).

Anche i militari dell’Europa han capito che l’Ucraina sta perdendo e sono molto preoccupati dalla prospettiva di una guerra che potrebbe inghiottire l’Europa orientale. Gli Abrams e i Leopard non cambieranno l’esito del conflitto, anche perché arriveranno troppo tardi. Inoltre sanno benissimo che la UE non ha la capacità di produzione di “picco” per sostenere una guerra contro la Russia. Non solo, ma se la Germania invia di nuovo i carri armati contro la Russia, si può scordare le relazioni diplomatiche per un bel pezzo.

Gli ufficiali militari tedeschi temono anche che un esercito ucraino in crisi possa ripiegare fin dentro la Polonia e fare di questa nazione la più militarizzata d’Europa, in grado d’impensierire la stessa Germania.

La Polonia sta già mobilitando, per conto proprio, una forza militare di 200.000 uomini, che potrebbe fungere da perno in una più ampia guerra europea contro la Russia. Se poi i polacchi si prendono anche i Leopard tedeschi...

Insomma (aggiungiamo noi), finita una guerra se ne fa un’altra. Come per i papi. Ma se le cose stanno così, i polacchi si possono scordare Galizia e Volinia: i russi si prenderanno tutto, e se i polacchi vorranno fare i bulli, faranno la fine degli ucraini. Qui o ci si ridimensiona o si perde. I russi van lasciati in pace. Un Paese enorme e spopolato come il loro non ha alcun motivo per conquistarne altri.

 

Quoque tu, Brute, fili mi

 

La campagna “anticorruzione” in corso da diversi giorni in Ucraina ha colpito l’oligarca Igor Kolomoisky, benefattore e protettore di vecchia data di Zelensky.

Kolomoisky controllava Burisma, uno dei principali operatori nel settore energetico ucraino, quando la holding assegnò un posto a Hunter Biden, figlio del presidente americano, nel proprio consiglio d’amministrazione.

Fu lui a finanziare l’intera carriera televisiva, imprenditoriale e politica di Zelensky, inclusa la sua ascesa alla presidenza.

Pur essendo membro della comunità ebraica, ha nutrito simpatie per l’estrema destra ucraina, al punto da finanziare i gruppi paramilitari neonazisti Azov, Aidar e Dnipro.

Era già caduto in disgrazia sotto la presidenza Poroshenko (che aveva presieduto alla nazionalizzazione della Privatbank, cuore finanziario del suo impero), e aveva trascorso un lungo esilio in Israele.

Da allora egli è divenuto oggetto anche di un’indagine dell’FBI e di sanzioni da parte americana. I rapporti fra Kolomoiksy e gli USA (e in particolare il figlio del presidente, Hunter Biden) continuano a destare molti interrrogativi.

La perquisizione ai suoi danni non solo segna la rottura definitiva fra lui e Zelensky, ma anche l’ulteriore estendersi di una campagna “anticorruzione” che maschererebbe uno scontro di potere a Kiev, nel quale gli USA stanno sicuramente giocando un ruolo. Devono per forza trovare un capro espiatorio su cui scaricare il fallimento della guerra per procura.

 

Commemorare i migliori

 

Le Poste dello Stato ucraino hanno emanato un francobollo dedicato ai 75 anni dalla fondazione della divisione SS “Galicina” (Galizien in tedesco), ch’era composta dai peggiori nazisti ucraini.

Naturalmente il mainstream occidentale insiste nel dire che in Ucraina non esiste la legittimazione del nazismo da parte dello Stato, poiché il suo presidente è ebreo.

 

Non è la bambolina di Polnareff

 

L’ambasciatrice ucraina in Bulgaria, che prima si occupava di sessuologia su Instagram, Olesya Ilashchuk, ha condiviso nei suoi social l’immagine di una bambola voodoo rappresentante Putin, spiegando che l’ha trafitta con le spille, convinta che lui morirà.

Ma perché uno non si limita a fare quel che sa far bene?

 

Golub non Colombo

 

In Ucraina le Poste hanno emesso un francobollo dedicato a Christofan Golub, un eroe ucraino di Galicina che avrebbe scoperto l’America. Secondo i neonazisti infatti la sua identità gli è stata rubata dai genovesi, che l’avrebbero chiamato Cristoforo Colombo.

Scemenze del genere si aggiungono ad altre dette in precedenza: che il lager di Auschwitz sarebbe stato liberato solo dagli ucraini; che gli ucraini hanno inventato la ruota; che Giulio Cesare sarebbe stato assassinato da Publio Servilio Casca, Marco Bruto e altri mercenari russi al fine di dividere il mondo occidentale e promuovere valori antiliberali. Ci manca che dicano che Gesù Cristo è nato lo stesso giorno di Zelensky, cioè il 25 gennaio, e han fatto l’en plein.

È bello vivere in una bolla…

 

Insetti e allergie

 

L’allergia agli insetti è più frequente rispetto alle normali allergie. In Cina, p.es., il 18% di tutte le anafilassi fatali si può attribuire al consumo di insetti. Non solo, ma se si ha una reazione allergica dopo aver mangiato gli insetti, si possono sviluppare allergie anche per altri alimenti (p.es. i crostacei).

Gli allergeni più importanti contenuti negli insetti sono la chitina, la tropomiosina e l’arginina chinasi. Né la cottura, né la digestione sono capaci di ridurre il rischio di allergia.

Il Paese dove si consumano più insetti è la Thailandia. Qui sono stati fatti vari studi, dove è emerso che i sintomi più frequenti sono i seguenti: diarrea (38%), vomito (24%), nausea e capogiri (14%), asma (4%). Poi ovviamente ci sono altri sintomi minori, come gonfiore del viso, prurito, orticaria, dispnea e problemi alla pelle.

La chitina è il rivestimento degli insetti e può essere un problema perché per i mammiferi è pro-infiammatoria, soprattutto per quanto riguarda le allergie respiratorie.

Insomma finché ci si dice che i soldati ucraini combattono meglio dei russi, che il governo di Kiev è democratico e che Putin sta per essere assassinato, ci può stare: ormai ci hanno abituato alle falsità e ce ne facciamo una ragione, pensando che la verità sia il contrario di ciò che affermano.

Ma obbligarci a mangiare le loro schifezze, questo proprio no! Su queste cose ci fate veramente arrabbiare e vedremo di prendere provvedimenti, come p.es. uscire dalla UE o porre tariffe doganali altissime a questi prodotti. E soprattutto garantirci l’autosufficienza alimentare.

 

Dalle cose finte a quelle nocive

 

Prima devi mangiare la carne sintetica sponsorizzata da Bill Gates, creata attraverso un bioreattore. Però devi assumerti la responsabilità sulle possibili reazioni avverse, poiché contiene tracce di allergeni e antibiotici.

Poi la UE ti dice che devi usare farine di insetti, ma devi essere maggiorenne, perché anche qui potrebbero venirti delle allergie.

Andando avanti di questo passo avremo un genere umano sempre più malato e sempre più bisognoso di cure.

Ci manca che ci dicano che per risolvere il problema della fame del mondo, dobbiamo diventare cannibali!

Riporto qui le sagge parole testuali di Ettore Prandini, presidente Coldiretti: “Si vuole azzerare la zootecnia per fare posto ai bioreattori, dove si producono le bistecche sintetiche. Con la scusa dell’ambiente, ci dicono che dobbiamo mangiare gli insetti, quando i reattori che producono la finta carne, il finto latte e il finto pesce usano enormi quantità d’acqua e hanno emissioni record. La verità è che si vuole togliere dal mercato l’eccellenza agroalimentare, quella italiana in particolare. Con una sola finalità: omologare il gusto per consentire alle multinazionali di guadagnare indisturbate”.

 

[4] Siamo sempre in guerra

 

Per decenni (praticamente dalla guerra contro il Vietnam del nord) la classe dirigente di Washington ha commesso errori a livello strategico e, a ogni catastrofico risultato della sua politica estera, la complessiva posizione americana al vertice del sistema mondiale si è indebolita.

Tutte le volte, per giustificare le loro sconfitte, gli americani usano frasi come: “ci fanno combattere con un braccio legato”, “se non ci fosse il Consiglio di sicurezza dell’ONU...”, “abbiamo il nucleare e non possiamo usarlo”, e altre assurdità del genere.

Di fronte a tutto ciò gli europei non dicono mai nulla: sanno bene infatti che il peggio di sé l’han dato diventando “americani”. Il nord America era il luogo ideale dove dar sfogo alla propria arroganza, non essendoci il moralismo cattolico da combattere, ma solo l’autonomia di tribù primitive. Che poi spagnoli e portoghesi cattolici nel centro-sud del continente non furono da meno quanto ad atteggiamenti prevaricatori. Persero la partita con gli americani protestanti del nord solo perché erano molto meno industrializzati, essendo ancora legati a tradizioni vetero-feudali.

In Europa le critiche all’imperialismo americano partono solo da ambienti della sinistra radicale, che oggi però sono ridotti al lumicino. Tutto il radicalismo ideologico presente in occidente (politica gender, ambientale, femminista, il politicamente corretto, la tutela della privacy, la lotta contro i simboli razzisti del passato, ecc.) non scalfisce minimamente il dominio assoluto che gli USA esercitano o pretendono di esercitare a livello mondiale.

Il mainstream mediatico è univoco nel legittimare se stesso e l’ambiente in cui viene esercitato. Le sfumature interpretative tra europei e americani riguardo alla posizione geopolitica della Russia o della Cina sono del tutto irrilevanti. I russi fan bene a parlare di “occidente collettivo”, poiché nella narrativa, nella propaganda antirussa e anticinese non vi sono differenze sostanziali. Anche quando vi sono Paesi europei che rivendicano una propria autonomia nei confronti degli interessi statunitensi, nessuno si azzarda a mettere in discussione l’ideologia globalista sponsorizzata dagli USA. Tutti gli statisti occidentali sembrano essersi formati nelle università americane o che abbiano letto solo pubblicazioni che esaltano un’unica cultura e un’unica civiltà.

Anche i giornalisti del mainstream sono fatti così. Non serve neppure che vengano pagati direttamente dagli americani: ormai fa parte del loro modo di pensare, della loro mentalità aprioristicamente schierata dalla parte del capitale. I pregiudizi non vengono scalfiti di un millimetro da nessuna argomentazione. I talk-show sono letteralmente inguardabili. Chi ha un’opinione un minimo diversa, viene assalito, zittito, emarginato... Sembra di trovarsi in quelle comunità religiose dove il conformismo su tutto è assoluto. Il conduttore è il santone di turno che quando pone una domanda ha già la risposta in tasca e si aspetta che tu gliela dia, altrimenti t’interrompe, non ti rivolge più la parola oppure ti obbliga a rispondere in pochi secondi e non t’inviterà più alla sua trasmissione.

Persino i sindacati, quando lottano a favore del lavoro, non mettono mai in discussione che i rapporti di sfruttamento abbiano diritto a esistere. Il loro compito serve soltanto a rendere questi rapporti sufficientemente sopportabili.

La libertà d’espressione è diventata un mito in occidente. Persino nei social si viene bannati per un nonnulla. L’occidente capisce solo i rapporti di forza. Tutto il resto è pura retorica. Se vuoi farti rispettare nei tuoi diritti, devi lottare con altrettanta forza ed energia, e scordiamoci di poterlo fare solo una volta o per un certo periodo di tempo. L’occidente ti costringe a essere sempre in guerra.

Non è normale però vivere in condizioni così stressanti. È normale invece aspettarsi delle reazioni incontrollate. Anzi, bisogna sempre stare attenti a non compiere atti di violenza ingiustificati, poiché gli statisti occidentali fan presto a invocare lo stato d’emergenza. Per loro il terrorismo può diventare una manna caduta dal cielo. Per questo il più delle volte se lo inventano. Ieri infatti si parlava di terrorismo islamico, oggi si parla di terrorismo russo e, in casa nostra, di anarco-insurrezionalisti.

 

Prendere atto dei tempi cambiati

 

È dai tempi della guerra in Jugoslavia che la NATO e gli Stati Uniti in particolare destabilizzano il pianeta, causando lutti e sofferenze inenarrabili. Bisogna che qualcuno ponga fine a questo mattatoio.

Il problema è che in questo momento gli unici mezzi a disposizione sembrano essere quelli militari. D’altra parte se uno non intende ragioni e persiste nella sua arroganza e continua a usare metodi violenti, l’atteggiamento gandhiano o tolstojano diventa inutile. Al pazzo furioso bisogna mettere una camicia di forza, almeno finché non si tranquillizza un po’.

Gli Stati Uniti, oggettivamente parlando, fanno paura. Sono gestiti da persone assolutamente irresponsabili, che mentono sistematicamente, come facevano i nazisti. Non ci si può fidare di loro, se non nelle cose d’importanza minima, e mettendoli continuamente alla prova. Se ai buoni propositi non seguono fatti concreti, è inutile discutere. Chi ragiona solo in termini di rapporti di forza, deve trovare di fronte a sé una forza ancora più grande, altrimenti non si convincerà mai di nulla.

Il diritto internazionale non ha alcun senso finché un Paese si sente minacciato, provocato o sanzionato perché non accetta un ruolo subordinato. A questo punto, forse, sarebbe meglio uscire dall’ONU e creare delle ONU ad hoc: una per l’Asia, una per l’Africa, una per l’America Latina. Se agli occidentali piace discutere tra loro, lo facciano, ma se ne restino a casa propria. Poi vedremo chi resisterà di più a livello domestico. Gli occidentali infatti non sono abituati a vivere basandosi unicamente sulle loro risorse interne: di regola sfruttano quelle degli altri. È dal tempo della civiltà greco-romana che lo fanno.

Ora sono furiosi perché la guerra russo-ucraina li ha completamente spiazzati: non tanto per la guerra in sé, quanto per le sue conseguenze planetarie. Si aspettavano una condanna unanime dell’intervento militare russo. Invece i 3/4 del pianeta ha guardato da un’altra parte, cominciando a chiedersi se davvero esista una qualche possibilità di porre fine all’imperialismo occidentale, che dal secondo dopoguerra si esprime soprattutto in termini economico-finanziari. Non si era mai vista una Russia così attiva sul piano politico-diplomatico nei confronti di tutti i Paesi che vogliono dare una svolta epocale alla storia dell’umanità.

 

Come uscire dalla storia?

 

A volte mi chiedo cosa farei al posto di Zelensky per uscire dal pantano in cui si è cacciato.

Probabilmente in questo momento sta rimpiangendo l’elicottero che gli avevano offerto gli americani subito dopo l’ingresso delle forze militari russe nel suo Paese. E molto probabilmente invidierà la posizione tranquilla dei suoi colleghi fuggiti all’estero con milioni di dollari.

Lui stesso si starà chiedendo, con tutti i soldi che ha, chi l’abbia costretto o indotto a vivere un’esistenza così drammatica, lui che si sentiva votato per la comicità.

Purtroppo il tempo non passa mai invano. Ora che è diventato un punto di riferimento per tutti i russofobi del mondo, senza però avere alcuna possibilità di vincere la partita, che opzioni gli restano? Arrendersi come Napoleone o suicidarsi come Hitler? Oppure accettare un processo come quello di Eichmann, rischiando una lunga detenzione o persino la pena di morte? Forse l’ideale per lui sarebbe quello di morire sotto i bombardamenti russi. Così la storia scritta dagli occidentali lo collocherebbe tra i martiri della libertà. Ma bisogna essere capaci di accettare un destino del genere, e di solito i dittatori, quando vedono che le cose si mettono male, pensano solo a mettersi in salvo.

Anzitutto bisogna vedere fino a che punto ha la possibilità di scegliere. È un problema di non poco conto uscire dalla storia quando ci si espone così tanto, quando su di sé si concentrano le aspettative di tanta gente, come i nazionalisti e i neonazisti. Non si può uscire come un traditore o come un bugiardo.

Zelensky, una volta acclarata la sconfitta militare, dovrà trovare qualcuno su cui scaricare le maggiori responsabilità. E questo qualcuno non potrà essere lui stesso, perché non sembra essere il tipo capace di fare autocritica. In tutti questi mesi non ha fatto altro che mentire, o comunque non ha mai messo in discussione il suo ruolo di marionetta.

Magari fra 10-20 anni, quando si sentirà abbastanza sicuro e lontano dai riflettori e dal palcoscenico che gli hanno creato, dirà nelle sue memorie com’erano veramente andate le cose. Non è da escludere che lo farà, venale com’è, sperando di ricavarci un profitto.

Al momento però continua a illudersi nelle promesse degli USA e della UE. E non è da escludere che in certi ambienti perversi, come p.es. i servizi segreti, non si stia pensando a farlo fuori attribuendo falsamente ai russi l’iniziativa. Una morte cruenta e improvvisa potrebbe diventare la miccia per una guerra totale dell’occidente collettivo contro la Russia. In fondo la prima guerra mondiale scoppiò usando come pretesto l’assassinio di un arciduca e di sua moglie.

 

[5] Né armi né riforme

 

La Commissione Europea, nonostante le apparenze di apertura entusiastica al governo di Kiev, dovute al fatto che si teme l’imminente e ultima controffensiva russa, ha pubblicato una relazione sull’adeguamento dell’Ucraina agli standard europei. Ebbene in questa relazione il giudizio è “moderato” in 24 ambiti su 32 analizzati (“buono” negli altri otto). Quindi vuol dire che nella stragrande maggioranza degli ambiti, l’Ucraina resta un Paese pieno di corrotti e di truffatori, nonostante Zelensky, con le sue purghe, si sforzi di dimostrare il contrario. Usare eufemismi come “moderato” o “buono” vuol dire che ancora non ci siamo.

Solo nel prossimo autunno, quando l’Ucraina non esisterà più come nazione (ma questo a Zelensky non può essere detto), la Commissione riferirà sui progressi compiuti. Questo perché il Paese è ormai dato per perso, e se anche non lo fosse, sarebbe una patata bollente che la UE non ha nessuna voglia di tenere in mano. Sarebbe infatti un Paese completamente da ricostruire, e farlo entrare nel 2023, così come chiede con insistenza Zelensky (che pensa di poter vivere sulle spalle degli altri), è un obiettivo irrealizzabile.

Sembra un tira e molla: “Se ci date le armi di ultima generazione, noi facciamo le riforme”; “No, le armi ve le diamo se prima voi fate le riforme”. Alla fine non avranno le armi e non ci saranno le riforme. Ci sarà solo una nazione interamente gestita dalla Russia. Lo sa anche la CIA, che infatti ha già proposto di cedere alla Russia il 20% del territorio e di lasciare il resto agli europei. Ancora non si è capito che quanto più potenti sono le armi che l’occidente dà a Kiev, tanto più Mosca si sentirà costretta, per garantire la propria sicurezza, a occupare l’intero Paese.

 

Addio sogni di gloria

 

La brigata militare privata Mozart, creata da due ex marines statunitensi (uno era Andrew Milburn) per affrontare sul campo di battaglia l’agenzia privata militare russa Wagner è giunta alla fine della corsa.

Era composta da mercenari di diversi Paesi, molto litigiosi tra loro. Ora sono fuggiti dall’Ucraina non solo dopo aver capito le condizioni disastrose in cui erano costretti a combattere e quindi dopo aver perso diversi mercenari, ma anche perché minati dalle risse tra le diverse nazionalità, dall’uso di alcol e droghe, senza poi considerare che buttavano i soldi negli strip club di Kiev. Tra tutto hanno sperperato più di un milione di dollari, molti dei quali rubati.

Dopo decenni di confronto armato coi pastori afghani e massacri di civili nei Paesi del Terzo mondo tramite i bombardamenti aerei, gli americani si sono (purtroppo per loro) scontrati con milizie capaci di combattere in maniera disciplinata, ben armata e addestrata.

E pensare che tra i giornalisti nostrani c’era chi li aveva paragonati alle Brigate Internazionali della guerra di Spagna.

Quanto alla compagnia Wagner (messa dagli USA nell’elenco dei pericolosi terroristi), non solo ha sbaragliato le forze ucraine e mercenarie a Soledar, ma presto prenderà anche la roccaforte di Bakhmut. Dicono che molti suoi volontari siano ex detenuti: è vero, ma in cambio della partecipazione acquistano una nuova possibilità di vita e di reinserimento sociale.

 

La mia Russia

 

A volte penso che la Russia abbia fatto male ad abbandonare le idee del socialismo. Ovviamente mi riferisco a quelle di Lenin non a quelle di Stalin. Sotto lo stalinismo il leninismo subì una tragica involuzione, che Gorbaciov cercò di scongiurare nei suoi effetti più catastrofici, ma non vi riuscì. Questo perché i russi son fatti così: passano da un estremo ideologico all’altro, nella convinzione di poter stare comunque a galla grazie alle loro immense risorse naturali.

Ora che hanno rinunciato al socialismo, anche a quello di stampo democratico, son tornati alle idee del vecchio populismo agrario e religioso, aggiungendovi nuovi ingredienti: l’ampia industrializzazione (non solo pesante, come al tempo di Stalin, ma anche leggera), il gigantesco sfruttamento delle risorse energetiche e naturali, l’enorme produzione di cereali e fertilizzanti, la grande militarizzazione convenzionale e nucleare, fino alla recente diplomazia multipolare.

Ma la sostanza “metafisica” è rimasta la stessa: la Russia è convinta di vincere le tentazioni occidentali facendo leva sulle proprie risorse interne. Al tempo del populismo ottocentesco erano quelle della comune agricola. Oggi sono di tutt’altra natura, anche se l’attaccamento alla religione ortodossa pare essere identico. Si è arrivati a dire che le idee socialiste erano entrate in Russia come un corpo estraneo, proveniente dall’Europa occidentale. Grave errore questo.

Lenin diceva che i populisti erano degli illusi a credere che il capitalismo europeo non avrebbe avuto la forza di spazzare via le tradizioni comunitarie del mondo agricolo russo. La storia infatti gli diede ragione. Fu lui, tuttavia, a salvare quelle tradizioni, chiedendo ai contadini poveri di unirsi agli operai industrializzati e di fare insieme una rivoluzione contro il capitalismo emergente nelle grandi città russe. Quella bolscevica fu la più grande rivoluzione della storia, tradita dallo stalinismo quasi subito dopo essere stata fatta. A quanto pare Lenin era un politico troppo grande per poter avere degli eredi.

Nel 2024 saranno passati 100 anni dalla sua morte. Chissà che i russi non tornino di nuovo a credere in un socialismo davvero laico e democratico, un socialismo dove non è la religione che unisce, ma semplicemente i valori umani; dove non è tanto la difesa della patria che unisce, ma l’idea che i socialisti non hanno alcuna patria e le loro idee devono diffondersi in tutto il mondo; dove non è l’enormità delle risorse energetiche e naturali a garantire benessere e sicurezza, ma è semplicemente la proprietà comune dei fondamentali mezzi produttivi; dove non è una difesa nucleare o un esercito superarmato che assicura protezione dai nemici esterni, ma la convinzione d’essere nel vero e di praticare la giustizia.

La Russia non deve lasciare alla Cina il diritto di poter dire l’ultima parola sull’evoluzione dell’ideologia socialista. Vedere il presidente di una Federazione pluriconfessionale così attaccato all’ortodossia, lascia piuttosto perplessi. Non può essere questo il modo in cui i russi dimostrano di aver qualcosa di diverso da dire all’umanità.

 

La repubblica autonomista del lombardo-veneto

 

Ci siamo. Con questo governo di destra si formerà non solo il presidenzialismo (con cui ridurre i poteri del parlamentarismo), ma anche il federalismo autonomista di Lombardia e Veneto, dove la Lega, dai tempi di Bossi e dell’ideologo Miglio, è sempre stata forte. Quando la Lega si chiamava Lega Nord la sua ragion d’essere era l’indipendenza delle Regioni settentrionali, quella macro-area che i leghisti della prima ora chiamavano “Padania”.

La Lega ci provò per due volte, prima con una riforma costituzionale nel 2005 e poi con una legge delega nel 2009, fallendo in entrambi i casi. Poi, quando nel 2013 divenne segretario federale Matteo Salvini, la Lega cambiò radicalmente approccio, assumendo una dimensione più nazionale e tralasciando le battaglie federaliste.

Ora però si sta per creare un nuovo Donbass e il governo filo-presidenzialista della Meloni dovrà decidere cosa fare nei confronti dei propri alleati leghisti: fingere di nulla o inviare i carri armati? Risolvere internamente la questione, come si fece col Sud Tirolo, o chiamare in soccorso le forze militari dei Paesi della NATO o della UE?

Il ministro per gli Affari regionali Roberto Calderoli, della Lega, ha presentato al governo il suo disegno di legge sull’autonomia differenziata, che dovrebbe essere votato in Parlamento entro fine mese. È una proposta derivata dalla riforma della Costituzione del 2001, secondo cui tutte le Regioni a statuto ordinario possono chiedere allo Stato competenza esclusiva su 23 materie. Le prime intese tra Stato e Regioni dovranno realizzarsi entro la fine dell’anno.

Tra le molte materie di cui si può richiedere la competenza esclusiva alcune sono molto importanti, come l’istruzione, la sanità, la produzione di energia e la tutela ambientale. Non viene preteso alcun requisito tecnico minimo per chiedere l’autonomia (p.es. avere i conti in ordine).

Ogni Regione chiederà allo Stato un finanziamento sulla base della propria spesa storica nello specifico ambito in cui viene richiesta l’autonomia. Quest’ultima cosa ovviamente non funzionerà, per cui si arriverà al punto che ogni Regione tratterrà per sé le tasse che servono per pagare i servizi che offre. Proprio come fanno in Alto Adige.

Ecco sarà quello il momento in cui l’Italia si spaccherà in due. Diventerà leghista, pur senza esserlo mai stata, persino l’Emilia-Romagna. Anzi, nell’ambito del federalismo la Romagna si staccherà dall’Emilia.

 

[6] Chi è il Colosso di Rodi?

 

Quello che più stupisce è che gli statisti occidentali, pur essendo supportati dal fior fiore degli economisti, laureati nelle più prestigiose università del mondo, non abbiano assolutamente previsto che le sanzioni economiche e finanziarie contro la Russia si sarebbero ritorte contro l’occidente, a tutto vantaggio della stessa Federazione.

Pazienza i giornalisti del mainstream, che spesso di economia non sanno nulla, ma qui è l’intero occidente collettivo che ha dimostrato un’assoluta incompetenza. Se non si è capaci di prevedere le cose, almeno quel tanto per non compiere errori madornali, non c’è futuro, non c’è neppure un minimo di sicurezza.

Probabilmente tutti erano convinti che se le medesime sanzioni fossero state applicate dalla Russia contro l’occidente, noi saremmo crollati in pochissimi mesi. Come se fossimo noi e non loro il Colosso di Rodi che al primo terremoto vien giù.

Non si è previsto neppure che la stragrande maggioranza dei Paesi del mondo avrebbe non solo ignorato le sanzioni antirusse, ma anche studiato attivamente le opzioni per emanciparsi dal dollaro. Il furto dei 300 miliardi di dollari a danno della Banca centrale russa, l’uscita forzata dallo SWIFT, il sequestro dei beni dei russi all’estero e altre azioni vergognose e senza precedenti hanno spaventato moltissimo i 3/4 dell’umanità. Tutti hanno pensato che se queste cose vengono fatte al più grande Stato del mondo, nulla può impedire che lo stesso accada a tutti gli altri.

Insomma il livello d’incompetenza nella pianificazione occidentale di questo conflitto, sul piano non solo militare ma anche economico, supera qualsiasi esperienza pregressa. Tutti i preparativi miravano a provocare l’invasione russa e a destabilizzare enormemente il Paese, senza preoccuparsi delle immediate e successive conseguenze.

Si è dato vita a una sorta di “Quarto Reich” in una maniera che a dire infantile è poco. Ora i comandanti della NATO sono costretti ad affrontare la peggiore delle scelte: o la sconfitta o una guerra nucleare. Persino Hitler, dall’inferno dantesco in cui si trova, scuote la testa.

 

Una nuova Operazione Barbarossa?

 

Forse è bene ricordare che nel giugno 1941 la Russia fu invasa da un esercito nazista composto da:

- effettivi: 5,5 milioni

- carri armati e pezzi d’assalto: 4.300

- aerei: 4.980

- mortai e cannoni: 47.200

Per un totale di 190 divisioni al completo. Praticamente l’83% di tutte le loro truppe di terra, ivi incluse i reparti d’appoggio forniti dagli alleati (di cui circa 290.000 italiani).

Considerando che Stalin non fece nulla, nonostante i preavvisi allarmanti, per mobilitare l’esercito, vien da chiedersi come abbiano fatto i nazisti a perdere. Hitler ha sbagliato a dividere il proprio esercito in tre tronconi separati? Vero. I tedeschi non erano attrezzati per una guerra in pieno inverno? Vero. Hanno sottovalutato la capacità di resistenza dei russi? la potenza del loro apparato industriale-militare? le sterminate risorse energetiche? Tutto vero.

Mettiamo nel conto anche il fatto che i tedeschi tradirono molto in fretta, nella percezione delle cose che potevano avere gli oppositori russi dello stalinismo, l’idea che fossero dei “liberatori”. Infatti si comportavano infinitamente peggio. Oggi gli occidentali sanno puntare di più sull’ipocrisia mediatica relativa alla democrazia, ai diritti umani e internazionali ecc.

A loro vantaggio i tedeschi avevano anche il fatto che non fecero alcuna dichiarazione di guerra: semplicemente violarono, proditoriamente, il patto di non aggressione Ribbentrop-Molotov stabilito dai due Paesi nel 1939.

Nel 1941 la Germania e i suoi alleati controllavano già tutta l’Europa, con l’eccezione del Regno Unito e dell’URSS. Quindi avevano milioni di operai che potevano lavorare per loro.

Gli strateghi nazisti pensavano che affrontare l’esercito britannico fosse un’impresa ancora irrealizzabile, soprattutto a livello navale, mentre ritenevano l’esercito sovietico poco preparato e con un equipaggiamento scarso e primitivo..

Fu la più grande forza d’invasione nella storia militare, lungo un fronte di 2.900 km (quasi tre volte la lunghezza della stessa Germania). I nazisti ritenevano di vincere in 3-4 mesi. La loro fu una mobilitazione aerea e terrestre che in quel momento avrebbe travolto in poche settimane qualunque Paese al mondo.

Ebbene, nonostante tutti questi enormi vantaggi, furono i sovietici a vincere, pur avendo avuto 27 milioni di morti (più degli abitanti dell’intera Spagna di allora). Furono loro come popolo e i loro generali a trionfare nettamente. Non fu semplicemente una superiorità materiale, organizzativa, strategica, ma anche umana.

Con quanti militari oggi l’occidente sarebbe in grado di fare altrettanto? È evidente che la prosecuzione della guerra ucraina non può essere fatta che col nucleare. Quindi non è da escludere che l’Europa occidentale, più i Paesi ex sovietici, tornino a vivere come nel Medioevo.

 

La Cina si schiera

 

La Cina ha deciso di sostenere esplicitamente con la propria industria bellica l’operazione speciale di Putin, probabilmente allo scopo di veder finire la guerra il più presto possibile, in quanto gli affari non le vanno molto bene.

Alcune aziende statali cinesi della difesa stanno inviando attrezzature per la navigazione, tecnologia e componenti per jet da combattimento a società statali russe sanzionate.

Gli statisti occidentali continuano a non rendersi conto che la Cina ha 1,5 miliardi di persone che possono fare con la Russia qualunque tipo di commercio, a dispetto di tutte le sanzioni e gli embarghi che subisce la Federazione.

Lo stesso price cap non ha ridotto quasi per nulla l’export di Mosca, perché facilmente aggirabile.

 

[7] Storia degli Stati Uniti

 

Così ha detto il vice ministro degli Esteri russo, Sergey Ryabkov:

L’immagine di Colin Powell (ex Segretario di Stato USA), che mostra al Consiglio di sicurezza dell’ONU il 5 febbraio 2003 una provetta con la polvere di antrace, rivelatasi poi falsa, è diventata da tempo un sinonimo dell’ipocrisia dell’élite dominante statunitense, sicura della propria impunità, convinta di avere l’indiscutibile diritto d’insegnare con arroganza al resto del mondo quando usare la forza contro un nemico più debole, al fine di mantenere la propria egemonia globale.

Successivamente Powell non ha nascosto di essere stato costretto a mentire, obbedendo a un ordine superiore: doveva accusare l’Iraq di produrre armi di distruzione di massa, creando un pretesto per l’invasione americana.

Tutto vero, diciamo noi. Ma queste cose vengono fatte dagli americani sin dal tempo in cui combattevano gli indiani. Sono abituati a mentire e a non rispettare né la parola data né i documenti firmati.

Anche quando fecero l’insurrezione contro gli inglesi per avere l’indipendenza, la loro famosa Dichiarazione del 1776, che pur sembrava tanto favorevole alla democrazia, fu in realtà sottoscritta da dei politici che non mettevano in discussione la necessità dello schiavismo negriero per i loro affari, né la necessità di allargare i loro territori a spese degli indiani. Non volevano un’indipendenza dagli inglesi per essere più democratici ma solo per non essere colonizzati.

Da allora sino ad oggi gli USA si sono semplicemente limitati a mistificare la realtà. Per es. la concezione del diritto che hanno è solo una finzione che maschera l’uso della forza. Loro capiscono solo i rapporti di forza: al massimo sostituiscono la forza fisica o militare con quella economica o finanziaria. Ma non hanno scrupoli a ricorrere alle armi quando il potere del dollaro è gravemente minacciato. Non è normale una popolazione che vive armata perché ha paura di essere assassinata dal vicino di casa. Non è normale un governo che, invece di combattere la diffusione delle armi, con cui spesso vengono compiute delle stragi nelle scuole, chieda di armarsi anche agli insegnanti e ai bidelli.

Questo atteggiamento così arrogante è un prodotto della cultura euro-occidentale, soprattutto di quella che ha fatto nascere il capitalismo. Con una differenza: noi abbiamo subìto con le ultime due guerre mondiali infiniti lutti e immani distruzioni, loro no.  L’arroganza degli europei è di tono minore, anche se quella degli ex Paesi sovietici che stringono rapporti molto stretti con gli USA rischia di portarci a una nuova guerra mondiale, che inevitabilmente questa volta sarà nucleare.

 

Prendere atto di processi storici

 

Il recente attacco militare a Isfahan da parte di USA e Israele contro alcuni siti iraniani per impedire lo sviluppo dell’arma nucleare e la produzione di droni da vendere ai russi, fa capire che viviamo in un villaggio globale, dove tutto è interconnesso, e nessuno può rivendicare una propria neutralità. Le sorti dell’umanità sono affidate all’umanità stessa, nella sua interezza.

Non serve a niente neppure eliminare singoli esponenti di spicco delle nazioni ritenute nemiche, o minare i loro sistemi informatici, o sguinzagliare spie per carpire i loro segreti più occulti. Bisogna prendere atto di processi storici in corso, che non dipendono dalla volontà di singoli individui e neppure di singole nazioni.

 

Cifre allarmanti di una sconfitta inevitabile

 

Un quotidiano turco, “Hürseda Haber”, citando presunte stime dei servizi segreti israeliani, sostiene che l’esercito ucraino, al 14 gennaio, ha avuto 157.000 morti, di cui 234 addestratori militari della NATO (USA e Regno Unito), 2.458 soldati della NATO (Germania, Polonia, Lituania, ecc.) e 5.360 i mercenari stranieri. Poi parla di 234.000 feriti e di 17.230 prigionieri. Quanto ai morti della Federazione russa sarebbero 18.480, i feriti 44.500 e i prigionieri 323.

Strano che i feriti ucraini non siano neanche il doppio dei morti, mentre quelli russi vadano ben oltre il doppio. Inoltre nei dati non vengono conteggiate tutte quelle forze dell’ordine ucraine non inquadrate militarmente, né tutti quei civili maschi, inclusi entro un certo range di età, arruolati con la forza e mandati a morire al fronte. E neppure si parla di quei soldati dichiarati scomparsi o ammutinati o che sono tornati a casa (i mercenari e i volontari) quando han visto l’impossibilità di vincere.

Sono quindi tutte stime per difetto. Per es. in genere i feriti, rispetto ai morti, possono essere tranquillamente 3-4 volte di più. Difficile spiegare altrimenti il motivo per cui si vadano a cercare per le strade i maschi da arruolare con la forza.

In realtà le cifre, quelle vere, sono così alte che in una situazione normale, non drogata dalle mirabolanti promesse della NATO, qualunque governo al potere, al posto di quello sciagurato di Kiev, avrebbe chiesto la pace.

 

Can che abbaia non morde

 

Il premier britannico Rishi Sunak ha detto che potrà inviare in Ucraina al massimo una brigata di 5.000-10.000 soldati, sostenuta da veicoli corazzati ed elicotteri, certamente non una divisione fino a 30.000 soldati, come pretende la NATO.

In pratica l’esercito britannico non è più considerato una forza combattente di alto livello.

D’altra parte il Tesoro britannico ha segnalato che non ci sono soldi per la difesa.

 

[8] L’ora delle decisioni irrevocabili

 

È vero, la guerra in Ucraina viene fatta con strumenti bellici risalenti al mondo ex sovietico o addirittura alla II guerra mondiale, ad eccezione naturalmente dei moderni sistemi satellitari di sorveglianza e di raccolta dati, più l’uso dei droni.

Ma è anche vero che i russi, combattendo in un Paese dove i legami parentali sono molto forti, si sono astenuti dall’usare tutti i mezzi sofisticati che hanno. Bisogna ammettere che questa non è una guerra moderna vera e propria, dove l’intelligenza artificiale gioca un ruolo di primo piano.

Sul campo di battaglia la vera differenza ha dovuto farla l’elemento umano, cioè la capacità di saper combattere casa per casa. I russi è come se avessero dovuto valicare tante linee Maginot per poi dover occupare tante Berlino (grandi o piccole che siano, è sempre una cosa incredibilmente faticosa).

Questo modo di combattere è estraneo a qualunque Paese della NATO, tant’è che fino adesso, piuttosto che impiegare delle truppe regolari, si è preferito inviare del materiale bellico, nell’illusione di poter fermare un’avanzata lenta ma costante del nemico.

Sin dall’inizio del conflitto la NATO ha detto che non sarebbe potuta intervenire coi propri soldati perché l’Ucraina non appartiene all’Alleanza. E così si sono limitati a inviare gli addestratori, ad accettare la presenza in incognito di militari che non dovrebbero esserci (come p.es. i polacchi), e a favorire l’invio di volontari e mercenari. Ma in realtà il motivo era un altro: la NATO era convinta che con le mostruose sanzioni economiche e finanziarie la Russia sarebbe crollata in poco tempo.

Ora però, dopo aver lasciato trascorrere un anno dall’inizio del conflitto, l’occidente ha deciso di inviare armi più sofisticate e di minacciare una guerra nucleare se Mosca occupa Kiev o fa cose che possano far scattare l’uso dell’art. 5 dello Statuto della NATO.

Tuttavia ormai è tardi: l’esercito ucraino è allo sbando, le nuove armi richiedono un personale molto addestrato, i civili ucraini che vengono arruolati in tutta fretta non hanno nessuna voglia di combattere, le popolazioni occidentali (soprattutto quelle europee) devono affrontare un’inflazione che le sta progressivamente impoverendo, per cui tendono sempre più a protestare.

La NATO deve prendere una decisione irrevocabile: o trattativa o sconfitta. Non ci sono margini di vittoria senza l’impiego massiccio delle proprie truppe e senza la trasformazione di buona parte della produzione industriale da civile a militare. Cosa che farebbe felice il governo neonazista di Kiev, che spingerebbe persino per una opzione nucleare, ma che scontenterebbe i 3/4 dell’umanità, cioè quella parte che ha rifiutato di sanzionare la Russia.

 

Corporate America quasi al collasso

 

Il CEO di Bank of America, la seconda banca più grande degli USA, ha detto alla CNN che il default sul debito del Paese rimane una possibilità che non può essere ignorata. La speranza che ciò non avvenga, non è una strategia.

Al Congresso di New York stanno ancora una volta litigando sull’aumento del tetto del debito, cioè la quantità di denaro che il governo americano può prendere in prestito per pagare i suoi conti in tempo.

L’Occidente collettivo è riuscito a rimandare sinora il redde rationem della Storia emettendo forzosamente moneta, e facendo pagare ad altri il costo dell’inflazione che veniva occultata.

Dalla fine di Bretton Woods ad oggi il tetto del debito USA è stato innalzato circa 80 volte, permettendo agli USA di emettere titoli di Stato in deficit. Le crisi cicliche causate dalla finanza cancerogena venivano sistematicamente tamponate con nuova emissione di altra moneta immaginaria, priva di sottostante.

Anche la segretaria al Tesoro, Janet Yellen, ha già avvertito il Congresso che il Paese potrebbe essere insolvente sui suoi obblighi finanziari a giugno, se il tetto del debito non viene alzato prima di allora. Ma in questa maniera si posticipa un crollo che sarà ancora più rovinoso.

Questo significa che se crollano gli USA, crolla anche la UE. Se muore il dollaro, muore anche l’euro. E non si salverà nessun Paese occidentale, tanto meno il Giappone.

Tra la pandemia e la guerra in Ucraina (per non parlare della crisi dei subprime del 2008, che ci si è illusi di poterla riassorbire pompando liquidità a iosa), le finanze sono al collasso e la fine del primato mondiale del petrodollaro la sta accelerando.

La crescente inflazione non è un problema che può essere risolto con l’aumento dei tassi d’interesse, poiché un denaro più caro frena lo sviluppo industriale, rende meno competitivi, sfavorisce l’export.

In Turchia e in Siria il terremoto è arrivato in senso geologico, ma in occidente sta arrivando in senso finanziario, e sarà mille volte peggio.

Ci si meraviglia che la maggior parte delle persone lavora ancora, guadagna buoni salari e stipendi e spende. Ma anche sul Titanic tutto stava procedendo per il meglio.

Fonte: amp.cnn.com/cnn/

 

Così, papale papale

 

Durante una conferenza stampa il portavoce del Dipartimento di Stato USA, Ned Price, ha fatto capire che il popolo siriano, finché ci sarà Bashar al Assad, può pure morire di fame o sotto le macerie del terremoto. Gli aiuti verranno dati alla Turchia, perché Paese NATO, e agli alleati degli USA in Siria.

Cinismo allo stato puro e in Europa tutti tacciono.

Fonte: lantidiplomatico.it

 

[9] Un affarone per USA e Norvegia

 

Il giornalista investigativo indipendente americano, Seymour Hersh, ha confermato il coinvolgimento degli Stati Uniti nel sabotaggio del Nord Stream. La novità è che i complici sarebbero stati i norvegesi.

La Norvegia era stata scelta come base per la sua relativa vicinanza alla rotta del Nord Stream, per la presenza al suo interno di un gran numero di sommozzatori di alto livello con esperienza nei mari del nord e per l’ampia infrastruttura militare statunitense situata nel Paese. Elemento logistico centrale nell’attuazione del piano una base sottomarina.

Fu la flotta norvegese a trovare il posto giusto per il sabotaggio nelle acque poco profonde del Mar Baltico, a poche miglia dall’isola danese di Bornholm. Le condutture correvano a più di un miglio di distanza e a una profondità di circa 80 metri.

La posa degli esplosivi sui gasdotti è stata completata a metà giugno. Per questo sono state utilizzate le esercitazioni BALTOPS 22, svoltesi nel Mar Baltico. Sono stati gli specialisti del Centro di immersione e salvataggio della Marina degli Stati Uniti, con sede a Panama City, nel sud-ovest della Florida, a posizionare le cariche controllate a distanza.

Incredibilmente la pianificazione del sabotaggio era iniziata ben prima del 24 febbraio, data d’inizio dell’intervento armato russo in Ucraina.

La domanda ora è: i tedeschi crederanno a questa versione dei fatti? E gli statisti europei? Nell’ambito della NATO quale Paese reagirà?

Ricordiamo tutti quando Biden aveva detto a Scholz che “se la Russia avesse invaso l’Ucraina, non ci sarebbe stato più Nord Stream 2”. Un grande business per i due Paesi criminali, produttori l’uno di petrolio e l’altro di gas liquefatto.

 

Resa dei conti

 

Il ministro della Difesa ucraino Oleksii Reznikov ha dichiarato di aspettarsi un’impennata delle operazioni russe intorno al prossimo anniversario dell’invasione, il 24 febbraio.

Si stima che la Russia abbia già 1.800 carri armati, 3.950 veicoli corazzati, 2.700 sistemi di artiglieria, 810 sistemi di lancio di razzi multipli di epoca sovietica, 400 aerei da combattimento e 300 elicotteri già pronti. Le forze russe all’interno del Paese hanno già superato la soglia dei 300.000, e sono concentrate a est.

Non sarà possibile resistere a questa controffensiva, poiché gli ucraini ormai non hanno più una difesa efficiente, e i nuovi carri armati della NATO arriveranno troppo tardi, e anche se arrivassero in tempo, non servirebbero a niente. Infatti non mancano solo i mezzi ma anche i militari, e chi viene arruolato con la forza, al fronte non combatte. Se la NATO non interviene con le proprie truppe, non c’è scampo. Al momento, per continuare la guerra, deve sostenere che le perdite russe sono state enormi e che il comando generale non ha alcun riguardo per i tanti militari perduti, e che i militari di questa nuova offensiva sono meno preparati di quelli del 24 febbraio. E altre scemenze del genere.

L’ultimo messaggio di Zelensky sarà quello di Sanremo?

 

Bergamo e Brescia capitali di quale cultura?

 

È stato cancellato, su espressa richiesta dell’ambasciatore ucraino in Italia, Yaroslav Melnyk, il concerto del pianista russo Denis Matsuev, nell’ambito del 60° Festival Pianistico Internazionale di Brescia e Bergamo. I sindaci delle due città, Emilio Del Bono e Giorgio Gori, si sono piegati.

Precedentemente era stato annullato il concerto di Valentina Lisitsa e il balletto di Sergei Polunin.

La motivazione è ovviamente razziale. L’ingerenza invece è da parte di un Paese che non appartiene né alla NATO né alla UE.

Il nostro governo sovranista che fa? Tace.

Ma questa Bergamo non è la stessa dove furono inviati i soccorritori, medici e dipendenti del Ministero delle Emergenze della Federazione Russa durante l’epidemia di covid? Evidentemente di Bergamo ne abbiamo due.

 

[10] Anche se vince, noi continueremo a perdere

 

Non illudiamoci. Ci vogliono dei tempi incredibilmente lunghi prima che un sistema sociale incancrenito come quello occidentale possa essere debellato. Anche nel caso in cui la Russia riuscisse a vincere i neonazisti di Kiev e il confronto con la NATO, per noi europei la situazione resterebbe immutata, anzi peggiorerebbe sensibilmente. Con meno prodotti energetici, materie prime e fertilizzanti provenienti dalla Russia sicuramente ci impoveriremo sempre più.

Ma il vero problema sarà un altro. Per contenere il crescente malcontento delle popolazioni, la democrazia formale sarà costretta a trasformarsi in dittatura aperta del capitale. Cioè si tenderà a passare dal parlamentarismo al presidenzialismo (che un tempo si chiamava cesarismo o bonapartismo).

Le radici culturali del capitalismo occidentale risalgono alla rivoluzione comunale del Mille compiuta in Italia. Sono radici incredibilmente profonde, che sono state capaci di creare una vera e propria civiltà.

Scordiamoci quindi d’immaginare che una vittoria militare della Russia possa comportare il superamento della nostra civiltà borghese. Non è d’altra parte giusto aspettarsi dall’esterno la soluzione ai nostri problemi. La stessa borghesia comunale, per nascere, dovette combattere i grandi limiti della rendita feudale e del clericalismo politico.

Al massimo una vittoria della Russia può infonderci la speranza che è possibile porre le basi di un futuro diverso, che la nostra generazione di sicuro non vedrà e probabilmente neppure quella successiva, a meno che non ci si sappia organizzare per compiere una rivoluzione politica.

Lenin diceva che, rispetto alla Russia del suo tempo, in Europa occidentale sarebbe stato molto più difficile far scoppiare una rivoluzione socialista, anche se sarebbe stato più facile conservarla, a causa dei maggiori mezzi a disposizione.

Io invece penso che dopo mille anni di civiltà borghese, non si possa costruire alcuna alternativa se prima non si superano i due elementi che più condizionano la nostra vita: lo Stato e il mercato. Per superare queste due entità che creano dipendenza, ci vorrà forse un cataclisma epocale. Ci vorrà non solo la convinzione che non potremo più vivere sulle spalle altrui in forza delle nostre pretese colonialistiche, ma anche la certezza che qualunque cosa limiti la nostra esigenza di autonomia decisionale andrà considerato come altamente pericoloso.

 

La cultura americana è pericolosa

 

Perché l’odierna cultura o mentalità americana è sostanzialmente la stessa dai tempi dei Padri pellegrini, fatta salva naturalmente la maggiore laicizzazione maturatasi col tempo?

Per quale motivo si ha l’impressione che tra popolo e governo vi sia una sostanziale identità di vedute e che le posizioni critiche del sistema siano o una eccezione o una variante di una stessa ideologia dominante?

La risposta va cercata nell’origine calvinista e anglosassone della loro nazione moderna, quella che ha distrutto completamente le tribù native degli indigeni, quella che si è formata col mito dell’individualismo affaristico.

L’espressione culturale più evidente di questa mentalità violenta è rappresentata dalla cinematografia, il principale mezzo propagandistico con cui si è cercato di mistificare la realtà dei fatti. Prima della cinematografia lo strumento narrativo per eccellenza era la Dichiarazione d’indipendenza del 1776, con annessa tutta l’epopea degli ideatori della guerra di liberazione dal dominio coloniale inglese.

La Dichiarazione di Filadelfia doveva far credere al popolo americano che si era realizzata una società democratica, basata su libertà e uguaglianza di diritti.

Siccome però rimaneva in vigore lo schiavismo dei neri importati dall’Africa e cresceva l’esigenza di avere manodopera salariata nelle aziende capitalistiche, si inventò una guerra civile tra il nord industrializzato e il sud agrario, cioè tra il progresso e l’arretratezza. Tra le due forme di schiavitù, quella salariata nelle fabbriche e quella negriera nelle piantagioni, vinse quella che assicurava la libertà giuridica e il miraggio di un arricchimento personale.

Tutta la mitologia illusoria che ha alimentato la popolazione americana fino alla totale conquista del far west e all’abolizione dello schiavismo, ha avuto bisogno, per potersi sostenere inalterata, di scatenare continue guerre di conquista al di fuori della stessa nazione nordamericana: guerre di conquista coloniale condotte, a seconda dei casi e dei momenti, con strumenti bellici, economico-produttivi o meramente finanziari.

L’altro strumento culturale che ha affiancato la cinematografia, a partire dal secondo dopoguerra, è stata la televisione, dominata da contenuti di tipo pubblicitario, onde favorire l’idea che la democrazia coincidesse col consumismo ad oltranza. Il mestiere più famoso e popolare era diventato il piazzista.

Poi, a partire dagli anni ’80-’90, è emersa la rivoluzione infotelematica, con cui ci si è illusi di poter controllare il mondo, di poter avere informazioni su qualunque tipo di argomento e di poter interagire con chiunque.

Cinematografia, televisione, internet sono tutte armi di distrazione di massa, usate in chiave mitologica, per indurre l’opinione pubblica a non guardare i problemi reali.

Quel che resta inalterato è che ancora oggi gli Stati Uniti sono un Paese perennemente in guerra contro il mondo intero. Gli alleati che hanno devono anzitutto fare gli interessi della loro grande nazione, e sono alleati molto mutevoli, che possono cambiare da un momento all’altro. Il loro diritto è basato sulla forza, che lo si voglia o no. Che questa forza siano le armi, le merci, il dollaro o semplicemente l’ideologia multimediale non cambia assolutamente la natura violenta di tutta la loro storia.

 

Fuori dai denti

 

Zuo Dapei, economista presso l’Accademia delle Scienze Sociali cinese, ha detto, testuale:

“La NATO è un’alleanza di aggressione militare imperialista formata da Paesi capitalisti sviluppati in Europa e Nord America.”

“Quando è nata, il marchio che ha giocato era il confronto col blocco socialista dell’Europa dell’est guidato dall’Unione Sovietica.”

“Dopo la disintegrazione dell’URSS e il crollo del blocco socialista in Europa Orientale, la NATO non aveva più alcuna ragione di esistere.”

Tuttavia “non solo la NATO ha rifiutato di sciogliersi, ma ha intensificato la sua espansione verso est e ha assorbito la maggior parte dei Paesi ex-socialisti.”

“Questo mette a nudo le ambizioni espansive e aggressive di questa alleanza militare.”

“Negli ultimi decenni la NATO ha commesso una grande quantità di crimini di guerra.”

“Fu la NATO che, per prima, usò la bandiera dei diritti umani come pretesto per lanciare l’aggressione imperialista contro Paesi piccoli e deboli.”

“Ha effettuato feroci bombardamenti contro la Jugoslavia, ha invaso il Kosovo e ha bombardato l’ambasciata cinese a Belgrado, assassinando tre membri del personale.”

“Il popolo cinese non dovrebbe mai dimenticare questa sanguinosa faida per le generazioni a venire!”

“È stata la NATO che ha perseguito gli obiettivi imperialisti degli Stati Uniti e ha lanciato una guerra di aggressione contro l’Afghanistan, che ha causato innumerevoli morti di civili e ha distrutto un Paese.”

“Questa guerra, durata 20 anni, ha esaurito sia gli USA che la NATO, che si sono dovuti ritirare dopo una sconfitta.”

“È stato col sostegno della NATO che gli USA, la Gran Bretagna e altri Paesi hanno invaso e occupato l’Iraq, trasformandolo in un Paese dilaniato dalla guerra.”

“Sotto il sostegno della NATO alcuni Paesi, guidati dagli USA, hanno bombardato la Libia, provocando disordini che continuano ancora oggi.”

“La NATO è il principale distruttore della pace contemporanea e il primo nemico dei popoli del mondo.”

“Il compito principale per i popoli del mondo di mantenere la pace e i propri interessi è quello di rovesciare la NATO.”

“La NATO è la causa principale dell’attuale guerra Russia-Ucraina.”

“Mentre la NATO continua ad espandersi verso est, essa ha dispiegato truppe d’aggressione ai confini della Russia e ha capitalizzato sul brutale sentimento anti-russo dei nazionalisti ucraini, legati a sentimenti nazisti, cercando di includere l’Ucraina nel campo di aggressione della NATO.”

“La Russia ha giustamente chiesto che la NATO fermi la sua espansione verso est e che all’Ucraina non dovrebbe essere permesso di aderire alla NATO.”

“I Paesi della NATO, che hanno sempre minato la sovranità e l’integrità territoriale di altri Paesi, ora gridano di proteggere la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina.”

“L’obiettivo della NATO è quello di distruggere la sovranità e l’integrità territoriale di tutti i Paesi del mondo.”

“Dobbiamo dirigere la nostra principale lotta contro la NATO.”

Ora, se questa non è una dichiarazione di guerra, che cos’è? Difficile incontrare tra gli intellettuali cinesi affermazioni così esplicite.

Fonte: wyzxwk.com

 

Trucchetti da furbetti

 

Il regime di Kiev ha iniziato a mobilitare nell’esercito non solo gli ultrasessantenni, le donne, i criminali comuni e i disabili, ma anche i ragazzi minorenni. È costretto a ciò poiché ormai si è arrivati al punto che gli uomini si fanno rompere braccia o gambe da chirurghi e anestesisti compiacenti per evitare la mobilitazione o ritardare l’arruolamento. Ovviamente c’è la promessa del completo anonimato e l’assicurazione di un costo conveniente.

Altra soluzione per evitare la mobilitazione: affittare una nonna disabile!

Ormai di questi trucchetti i perdenti son pieni. Persino nella NATO mettono in sospensione temporanea o in ferie i militari che vogliono o devono andare a combattere in Ucraina. A quel punto, non essendo in servizio, non sono ufficialmente militari in missione all’estero. Questi sono tutti professionisti: esperti di sistemi missilistici, tecnici radar, truppe speciali di fanteria e anche piloti di aerei ed elicotteri .

Fare la guerra senza dire di fare la guerra... Oppure non volerla fare, pur essendo costretti a farla.

 

Altro governo che crolla

 

Il primo ministro della Moldavia Natalia Gavrilitsa si è dimessa insieme all’intero governo. È passato solo un anno e mezzo da quando era entrato in carica.

Un nuovo governo sarà nominato dalla presidente Maia Sandu e dovrà essere approvato dal parlamento. Secondo i sondaggi, oltre il 60% dei cittadini era favorevole a un cambio di governo.

Se si dimettesse anche la Sandu, sarebbe meglio. Invece al momento ha chiesto ai Paesi occidentali vari sistemi di sorveglianza e difesa aerea e 600 milioni di dollari di sostegno finanziario per il 2023.

Nel frattempo prosegue l’arresto dei leader dell’opposizione. Tutti i canali televisivi sono stati chiusi, ad eccezione di quelli controllati dal governo. Le relazioni con le autorità russe sono state interrotte a tutti i livelli.

L’ex presidente moldavo Igor Dodon è stato rilasciato a causa dell’impossibilità di presentare accuse contro di lui.

 

Complimenti per la mira e per il cinismo

 

Secondo i funzionari statunitensi, l’esercito ucraino quasi mai lancia missili HIMARS contro obiettivi russi senza coordinate dettagliate fornite dall’esercito statunitense. E in genere le coordinate sono dirette su obiettivi civili.

 

[11] Ricostruire i ponti

 

Se i russi riescono a vincere la NATO in Ucraina, un Paese che inizialmente aveva più di 40 milioni di abitanti, un’estensione di 600.000 kmq, un esercito molto forte, un appoggio militare e finanziario da parte di quasi tutto l’occidente, mi chiedo quali problemi potrà mai avere la Russia nei confronti di qualunque altro Paese che, ai suoi confini, manifesti in maniera esplicita analoghe tendenze aggressive, o che sia comunque in grado di colpirla militarmente.

Ho l’impressione che d’ora in poi la Russia, quando s’accorgerà d’essere seriamente minacciata da basi militari in grado di distruggere le sue città, non aspetterà più otto lunghi anni prima d’intervenire. Ormai infatti è chiaro che tutti i ponti con l’occidente sono stati rotti: per i russi non c’è più ragione di usare i guanti bianchi nei nostri confronti. Non hanno con noi delle relazioni di parentela come quelle con gli ucraini.

Ho l’impressione che l’unico modo per cercare di rabbonire i russi sia anzitutto quello di eliminare tutte le basi nucleari che abbiamo in Europa occidentale, sperando che anche loro facciano altrettanto nei nostri confronti. Poi dobbiamo trasformare gli eserciti in un qualcosa di meramente difensivo, gestito a livello europeo, senza la presenza americana, che svolge un ruolo massimamente nocivo.

Se i nostri statisti non cambiano atteggiamento, la fine dell’Unione Europea è assicurata.

 

Il malloppo non si trova

 

Nella UE non si conosce l’ubicazione dell’86% dei beni “congelati” della Banca Centrale russa, il cui importo totale è stimato in 258 miliardi di dollari. Finora gli europei sono riusciti a trovare solo 36,4 miliardi di dollari.

Il servizio legale della UE ha chiesto di emanare una direttiva che obblighi le banche a comunicare i dettagli sull’entità dei beni immobilizzati della suddetta Banca.

Ma le banche non vogliono fornire tali informazioni. Questo perché sanno che prima o poi la Russia presenterà reclami. E non alle autorità americane ed europee, ma alle banche con le quali hanno concluso accordi.

Insomma i banchieri europei (a differenza degli statisti europei) sono consapevoli che ciò che sta accadendo è un furto. E almeno per il momento, non vogliono prendere parte a questo furto. Forse perché si ricordano di ciò che fecero i nazisti agli ebrei. Finita la guerra gli ebrei sopravvissuti pretesero dalle banche la restituzione dei furti subìti e con gli interessi maturati.

 

Arrestato Marat Kasem

 

È stato arrestato il 5 gennaio Marat Kasem, caporedattore di Radio Sputnik Lituania. I motivi sono tutti politici e ideologici.

In questo momento è detenuto a Riga con l’accusa di spionaggio e violazione delle sanzioni anti-russe, e rischia fino a 20 anni di carcere.

Kasem è cittadino lettone, ma vive e lavora a Mosca da diversi anni. È arrivato nel Paese il 30 dicembre per motivi familiari.

Le sue condizioni di salute sono critiche, perché dal 30 gennaio è in isolamento, e a causa delle condizioni antigieniche ha sviluppato allergie. Secondo l’avvocato anche le sue malattie croniche sono peggiorate, mentre il medico ignora le sue lamentele. Kasem ha dichiarato di aver perso 8 kg in una settimana.

Ora l’avvocato intende sporgere denuncia alla Corte europea dei diritti dell’uomo.

È incredibile come a distanza di così tanto tempo i Paesi ex sovietici non abbiano ancora capito che lo stalinismo, con le sue paranoie, era un nemico per tutti, soprattutto per i russi.

Puoi scrivere una lettera a Marat a questo indirizzo:

Rīgas centrālcietums, Marats Kasems,

Mazā Matīsa iela 5, Riga, LV-1009, Lettonia

 

Gli USA perdono persino nelle simulazioni

 

Secondo i risultati di una serie di giochi di guerra del Center for strategic and international studies di Washington, in un grande conflitto regionale, come p.es. una guerra con la Cina nello Stretto di Taiwan, gli Stati Uniti potrebbero esaurire alcune munizioni, come quelle a lungo raggio e a guida di precisione, in meno di una settimana.

Il Centro ha simulato questo scenario semplicemente perché la guerra in Ucraina ha messo a nudo le gravi carenze della base industriale della difesa statunitense.

In pratica l’uso di munizioni da parte degli Stati Uniti supererebbe probabilmente le attuali scorte del Dipartimento della Difesa. In un conflitto prolungato di una grande guerra di teatro l’industria militare non sarebbe pronta.

Fonte: csis.org

 

[12] Pagliacciate tra statisti

 

Quella irresponsabile della Metsola ha pubblicamente sostenuto l’invio di caccia militari a Kiev. Gli ha fatto eco il capo dell’ufficio di presidenza ucraino Andrey Yermak, che ha scritto su Telegram: “La questione della fornitura di armi a lungo raggio e jet militari all’Ucraina è stata risolta”.

Vogliono proprio perdere l’intero Paese, quando i russi si sarebbero accontentati del Donbass.

Per fortuna (per gli ucraini che subiscono questa tragedia) che la realtà è diversa dalle dichiarazioni, in quanto restano irrisolti i problemi di disponibilità, addestramento, difformità e numero delle forniture. Zelensky stesso ha detto in conferenza stampa di “non poter svelare” le decisioni prese nei summit di Londra e Parigi e ha riconosciuto che “per arrivare a ottenere questi jet da combattimento il percorso è lungo”. Londra, per esempio, il giorno dopo la visita di Zelensky ha già fatto un passo indietro: il portavoce del premier Sunak ha chiarito che non è stata presa nessuna decisione, poiché bisogna valutare i rischi di escalation e di sicurezza del Regno.

Peraltro l’invio dei Typhoon richiederebbe l’autorizzazione di Italia, Spagna e Germania, mentre per gli F-35 sarebbe necessario il consenso degli Stati Uniti.

Anche i francesi han ribadito che l’invio dei caccia non è al momento oggetto di discussione, poiché non ci si sente sufficientemente pronti per una guerra totale.

Ma allora perché non dirlo subito? Perché far venire il pagliaccio in Europa? Risposta: perché tutta questa farsa fa parte della propaganda antirussa. Nessuno vuol prendersi la responsabilità della sconfitta militare definitiva dell’Ucraina. Nessuno vuole assumersi la responsabilità di iniziare per primo una guerra contro un Paese nucleare.

 

Come sonnambuli verso un precipizio

 

USA, NATO, UE sono state quasi all’unisono in questo conflitto russo-ucraino nel parteggiare per il governo golpista di Kiev, nel demonizzare la Federazione Russa e nel rifiutare l’arte della diplomazia. Sotto questo aspetto la narrativa americana ha vinto su tutti i fronti, nonostante gli scandali che han coinvolto la famiglia Biden.

All’inizio del conflitto Macron diceva che il suo Paese, la UE e la NATO non erano in guerra contro la Russia. Oggi invece lo si dà quasi per scontato. La ministra degli Esteri tedesca, Annalena Baerbock, l’ha detto chiaro e tondo di fronte al parlamento europeo e nessuno l’ha smentita.

Infatti la CIA, forze speciali statunitensi e altre agenzie di spionaggio e sabotaggio stanno conducendo operazioni militari clandestine non solo in Ucraina, ma anche all’interno della stessa Federazione Russa.

Decidendo di inviare a Kiev i propri carri armati, il governo di quel voltagabbana di Scholz, privo di spina dorsale, ha rinnegato i princìpi della politica estera perseguita dopo la sconfitta del nazismo, uno dei quali imponeva al suo Paese di non inviare armi in zone in conflitto. Ha ribaltato la politica di coesistenza pacifica con la Russia e l’Europa orientale perseguita da statisti come Willy Brandt.

Scholz non può non ricordare quando, il 7 maggio del 2015, il ministro degli Esteri Frank-Walter Steinmeier celebrava solennemente a Volgograd il 70° anniversario della fine della II guerra mondiale, dicendo le testuali parole: “Qui a Stalingrado queste persone iniziarono la liberazione dell’Europa dalla dittatura nazista. Han fatto sacrifici incommensurabili e io, come tedesco, m’inchino davanti a queste vittime con dolore. E chiedo perdono per le infinite sofferenze che i tedeschi hanno inflitto agli altri in nome della Germania, qui in questa città, in tutta la Russia, nelle parti dell’allora Unione Sovietica che ora sono Ucraina e Bielorussia, e in tutta Europa...”.

Ora si ricomincia da capo, inviando in Ucraina armi sempre più potenti, fingendo di non sapere che dal 1945 ad oggi anche la Russia ha perfezionato di molto il proprio apparato bellico. È impossibile che non si sappia che oggi la Russia è in grado di colpire tutto il continente europeo.

 

Smembrare la Federazione Russa

 

Prima noi occidentali abbiamo detto che ci limitavamo a permettere agli ucraini una loro difesa. Poi abbiamo pensato che, grazie alle nostre armi, potessero addirittura vincere. Ora stiamo pensando che la Russia va smembrata in un confronto diretto con la NATO.

Una ex ministra degli Esteri polacca, attualmente parlamentare europea, nella sua follia ha organizzato il 31 gennaio scorso una riunione presso il Parlamento Europeo per “discutere le prospettive di decolonizzazione e deimperializzazione della Federazione Russa”.

Cioè si parla pubblicamente, con una grande faccia tosta, di dissoluzione, di smantellamento della Federazione Russa, sotto le mentite spoglie di un’assurda lotta anti-imperialistica.

Non esiste, rebus sic stantibus, alcuna possibilità di trattativa.

 

Cosa vuol dire essere dei pupazzi?

 

Il 4-5 luglio 2022 a Lugano in Svizzera i rappresentanti di governi e di grandi aziende occidentali (USA, UE, UK, Giappone e Sud Corea) si sono incontrati per pianificare una serie di dure politiche neoliberiste da imporre all’Ucraina del dopoguerra, con la richiesta di tagliare le leggi sul lavoro, svincolare totalmente l’economia di mercato, abbassare le tariffe, deregolamentare le industrie e vendere le imprese di proprietà statale a investitori privati, fatta salva l’integrazione euro-atlantica.

La suddetta Conferenza sulla Ripresa dell’Ucraina era la continuazione di un’altra Conferenza, quella per la “Riforma dell’Ucraina” iniziata nel 2017.

Il governo di Kiev, pur di vincere la partita sul piano militare, è disposto a svendere il proprio Paese. E i Paesi occidentali, in cambio della fornitura di armi e di finanziamenti, presentano il conto per il dopoguerra.

Ma lo sa Zelensky che se vince militarmente, perderà subito dopo economicamente? Lo sa che il suo programma neoliberista “Advantage Ukraine”, con cui ha invitato le società straniere, soprattutto americane, a venire a sfruttare le abbondanti risorse e la manodopera a basso costo del suo Paese, lo farà passare alla storia come il peggior statista che l’Ucraina abbia mai avuto? E che se l’Ucraina riuscirà a sottrarsi a questa terribile spoliazione, sarà proprio grazie all’operazione speciale inaugurata da Putin?

No, non può sapere tutte queste cose. Lui è solo un pupazzo manovrato con fili che neppure sospetta.

 

Yankeeland beffa la UE

 

L’export statunitense verso la Russia è passato da 62,5 milioni di dollari di novembre a 112,8 milioni di dollari di dicembre nel 2022.

Anche l’import proveniente dalla Russia negli Stati Uniti è aumentato da 594,3 milioni di dollari a 638,4 milioni di dollari nel medesimo periodo.

Ora guardiamo la situazione al dicembre 2021. L’export statunitense verso la Russia ammontava a 547,3 milioni di dollari, mentre l’import dalla Russia superava 1,9 miliardi di dollari.

Quindi i rapporti economici tra Russia e Stati Uniti, pur essendo diminuiti di parecchio, non sono mai cessati del tutto.

Probabilmente il governo di Kiev non può non avere l’impressione di essere preso per i fondelli dagli americani, che non stanno applicando le sanzioni che loro stessi han voluto. Per non parlare delle impressioni degli statisti europei. Ma a chi interessa il parere degli statisti europei?

 

Amadeus antidemocratico

 

Un conduttore di una kermesse canora dovrebbe tenere separata l’arte dalla politica, perché l’arte, per essere apprezzata, non ha bisogno del supporto della politica. Al massimo ne ha bisogno per essere sostenuta economicamente.

Invece Amadeus non solo ha confuso i due campi durante tutte le serate, ma ha addirittura preso le difese di una delle due parti del conflitto russo-ucraino in corso, senza sentire le ragioni della parte opposta. Se proprio si vuol fare politica a Sanremo, bisogna farla in maniera democratica, pluralistica, schierandosi soltanto a favore dei valori umani, e Amadeus non ne è stato capace. Permettendo a Zelensky di dire che “l’Ucraina sicuramente vincerà questa guerra”, Amadeus non ha promosso alcuna azione di pace, ma ha contribuito alla prosecuzione del conflitto. In ogni caso non può certo essere una manifestazione canora a indurre la popolazione a credere quale delle due parti in conflitto è destinata a vincere.

I dirigenti della RAI, che l’hanno obbligato ad accettare questa posizione non umanitaria e politicamente e militarmente schierata, vanno considerati alla stregua di gravi fomentatori di discordie e di disordini a livello internazionale, in opposizione a quanto prevede l’art. 11 della Costituzione italiana. Un governo davvero democratico dovrebbe licenziarli tutti. Nessuno è insostituibile.

 

Chi ha fatto saltare i negoziati?

 

L’ex primo ministro israeliano Naftali Bennett, che aveva agito da mediatore nei negoziati tra Mosca e Kiev all’inizio dell’operazione militare speciale, ha rivelato l’esistenza segreta di almeno 17-18 bozze dell’accordo tra Russia e Ucraina. Nessuna di esse è stata resa pubblica.

Ha anche detto che sono stati i Paesi occidentali (soprattutto USA e Gran Bretagna) a far saltare i negoziati, benché Putin, in cambio dell’indipendenza delle due repubbliche del Donbass, avrebbe rinunciato a denazificare l’Ucraina, cioè a togliere di mezzo Zelensky e la sua cricca.

Secondo lui la guerra è scoppiata perché il governo di Kiev voleva entrare nella NATO, anche se nel corso dei negoziati vi aveva rinunciato. Dimentica però di aggiungere che l’intera popolazione russa si chiedeva perché Putin non intervenisse militarmente a fianco dei russofoni del Donbass, oppressi gravemente da una pesante guerra civile.

Fonte: ideeazione.com

 

Convincente la musica wagneriana

 

Nel suo canale telegram t.me/nicolaililin/3599 Nicolai Lilin ha messo un video in cui la compagnia militare privata russa Wagner sta pubblicizzando se stessa negli USA.

Il messaggio, rivolto ai soldati e veterani americani, in sostanza è il seguente:

“Sei stato un eroe per il tuo paese, dando i migliori anni di servizio nell’esercito. Hai sognato come un eroe vincente. Ti sei sacrificato per far tornare grande l’America.

Ma in realtà hai visto ordini criminali, la distruzione degli Stati, la morte di persone pacifiche e tutto per la volontà di un gruppo di famiglie, che immaginandosi delle divinità terrene, vogliono decidere chi può vivere sotto il loro governo e chi distruggere.

Hai iniziato a capire che questa non è l’America che sognavano i Padri Fondatori. È diventata il fulcro del male, che distrugge il mondo intero. E oggi l’unico Paese che combatte questo male è la Russia. Se sei un vero patriota per la futura Grande America, unisciti ai ranghi dei guerrieri della Russia.”

Dopo la diffusione della pubblicità sui social statunitensi, la compagnia ha ricevuto circa un milione di richieste di arruolamento da parte dei cittadini statunitensi.

Speriamo che Evgenij Prigojin, capo della suddetta agenzia, capisca che addestrare tutta questa gente potrebbe diventare pericoloso per la stessa Russia.

 

Dimettersi insieme

 

Fratelli d’Italia chiede un cambio ai vertici RAI dopo il duplice caso Fedez: prima la foto strappata (ritraeva il viceministro Galeazzo Bignami vestito da nazista), poi l’appello alla legalizzazione della cannabis.

Di tutto il resto non gli importa nulla: le indecenze, le volgarità, le oscenità… tutto fa brodo quando fa bene all’audience e soprattutto quando distoglie gli italiani da una guerra a cui non dovremmo partecipare, se non con iniziative di pace, diplomatiche e umanitarie.

Ecco un altro esempio di cosa vuol dire tenere la politica separata dalla morale. È il governo che si deve dimettere, non solo i vertici della RAI.

 

La droga pesante fa molto male

 

Zelensky al summit degli investimenti in Ucraina, organizzato dalla banca d’affari statunitense JP Morgan, ha detto che l’Ucraina sarà nell’Unione Europea tra due anni e, dopo la vittoria contro la Russia, entrerà a far parte della NATO.

Non si capisce se dica queste cose per accelerare la controffensiva russa, a fronte della quale è possibile che USA e Regno Unito (e altri Paesi) gli abbiano promesso un intervento diretto della NATO con le proprie truppe al completo.

L’Ucraina infatti non è più in grado di far nulla, neanche se ricevesse tutte le armi più potenti e sofisticate del mondo. Non ha più i militari addestrati. Anche Bakhmut sta per crollare.

Intanto i Paesi del G7 (anche loro assumono sostanze dopanti) stanno valutando ritorsioni contro le aziende (in Cina, NordCorea e Iran) che rifornirebbero Mosca di componenti e tecnologie a scopi militari. Alla fine saranno più i Paesi sanzionati che gli altri.

 

[13] Una sinistra inconsistente

 

Ma la sinistra parlamentare italiana e i pentastellati che han votato l’invio di armi a Kiev, pensando che ne avesse diritto per difendersi, han capito di aver compiuto una sciocchezza colossale? Han capito di non aver fatto altro che favorire un regime neonazista? di aver mandato al macello decine di migliaia di ucraini per non ottenere nulla? di aver posto le basi per un’estensione quantitativa e un’acutezza qualitativa del conflitto in corso?

E allora perché non ammettono i loro errori? Perché non si oppongono con risolutezza all’invio di altre armi e finanziamenti? Perché non invocano l’esigenza di una trattativa diplomatica?

La verità è una sola: questa guerra ha messo in luce quanto sia ideologicamente debole, politicamente fragilissima la sinistra italiana parlamentare, sia quella tradizionale che quella che pretende di costituire un’alternativa al sistema, dichiarandosi non ideologica, come il Movimento Cinque Stelle.

 

Che cos’è la shock therapy?

 

L’occidente, quando entra a mani basse in qualunque Paese (p.es. tramite un golpe o una guerra), in genere attua la cosiddetta “terapia d’urto”, con cui destabilizza il Paese sul piano economico e finanziario.

Ciò venne fatto nel Cile di Pinochet, ma anche nella Russia di Eltsin, implosa per conto proprio, e in tutti gli altri paesi dell’URSS dopo la fine del blocco sovietico. L’obiettivo era quello di trasformarli in economie di mercato.

La strategia neoliberista è sempre la stessa: privatizzare i beni pubblici, liberalizzare i mercati, i prezzi, il lavoro, diminuire tariffe tasse imposte, eliminare ogni garanzia sociale, aumentare le disuguaglianze e la povertà, ridurre le aspettative di vita, favorire l’iniziativa privata senza scrupoli di sorta, ecc. I risultati vengono fuori molto presto: aumento esponenziale di malattie, suicidi, criminalità, corruzione, ecc.

L’Ucraina era il Paese più povero d’Europa ben prima dello scoppio della guerra: aveva già subìto gli effetti della brutale shock therapy, anche se non in maniera così devastante come nella Russia degli anni ’90.

La devastazione è stata completata proprio sotto Zelensky, che nell’agosto scorso ha eliminato il diritto alla contrattazione collettiva e alla rappresentanza sindacale per la maggioranza dei lavoratori ucraini, e ha praticamente offerto alle imprese occidentali di utilizzare privatamente tutti i beni di proprietà statale.

Infatti è stato lui a estendere agli investitori della Borsa di New York l’invito a sfruttare le risorse del proprio Paese. Così l’Ucraina non solo resterà il Paese più povero d’Europa, ma diventerà anche il più corrotto del mondo, dove il 99% farà la fame, mentre l’1% ruberà in maniera spaventosa e perfettamente legale.

D’altra parte anche Macron l’aveva detto in riferimento al tenore di vita dei propri cittadini: “stiamo vivendo la fine di quella che poteva sembrare un’era di abbondanza”. Praticamente in Ucraina l’occidente collettivo sta sperimentando una situazione che dovrà ripetere al proprio interno. Per questo non ha fretta che la guerra finisca. Anzi, deve portare il conflitto alla massima acutezza possibile, proprio per indurre le popolazioni ad accettare sacrifici pazzeschi, aumenti considerevoli del PIL per gli armamenti, trasformazione dell’economia da civile a militare, fino agli autoritarismi politico-militari…

Fonte: lacittafutura.it

 

Non c’è scelta

 

Gli analisti russi sono convinti che se Mosca oggi si arrende, ritirandosi dal Donbass e persino dalla Crimea, come pretendono i neonazisti di Kiev, allora il falso sull’“aggressione russa” rimarrà per sempre nella mente delle persone, poiché la storia è scritta dal vincitore.

In altre parole, se l’operazione speciale non si concluderà a Kiev con un processo di denazificazione, con un vero e proprio tribunale simile a quello di Norimberga, che condanni gli 8 anni di guerra civile, la strage di Odessa e tutte le nefandezze compiute dai neonazisti (soprattutto nel corso di quest’anno di guerra), e se non si mettono chiaramente in luce tutte le falsità dell’occidente (con documenti, con prove di colpevolezza, con un verdetto storico), allora l’operazione speciale diventerà un crimine della Russia nella storia del pensiero occidentale. Non solo, ma l’attuale retorica russofoba non sarà più solo uno strumento politico temporaneo, ma una “verità” legalizzata da diffondere alle nuove generazioni sotto le spoglie della storia.

E anche se tra UE e Federazione Russa si riprenderanno i rapporti, gli europei continueranno a considerare i russi degli animali, una specie sub-umana, come al tempo del nazismo tedesco.

Ecco perché ritengono sia assolutamente necessario non solo liberare un’altra parte del territorio ucraino, ma anche demolire definitivamente il regime di Kiev. Se la leadership nazionalista rimane, Washington ne approfitterà sicuramente e preparerà una nuova bomba a orologeria per la Russia.

È infatti di fondamentale importanza per l’occidente preservare almeno un residuo dell’Ucraina: ha bisogno di uno Stato che rivendichi i territori russi e che diffonda la russofobia in tutto il mondo. Non sarà sufficiente che la Polonia si prenda la Galizia e la Volinia.

La Russia non può accettare, come propone la CIA, il 20% del territorio ucraino, e, per come si sono messe le cose, neppure il 40%. Deve prenderla tutta, e chi non vorrà accettare questa soluzione del conflitto, dovrà andarsene. Non può rischiare che tra una decina d’anni torni di nuovo a sentirsi minacciata nella propria sicurezza strategica.

È come quando uno vede nella pelle uno strano neo e non va dal dermatologo per farlo analizzare, perché pensa che nell’insieme del corpo sia una piccola cosa, e intanto quello si è trasformato in un melanoma.

 

Ci manca l’abitudine

 

Secondo il quotidiano tedesco “Die Welt”, Kiev è praticamente condannata: le sue possibilità di vittoria tendono a zero. Presto le truppe ucraine correranno il rischio di rimanere praticamente senz’armi e e senza militari. Saranno costrette a lasciare Bakhmut. Sempre che vi riescano, poiché la città è quasi completamente circondata, per cui è più facile che si arrendano.

Di fronte a una situazione così drammatica le reazioni sembrano essere due: una è quella del governo di Kiev, che ancora pensa di poter vincere la partita con le nuove armi occidentali e con l’allargamento a livello mondiale del conflitto in corso; l’altra è quella di chi pensa che le forniture di armi da parte degli Stati Uniti e della UE, così come l’aiuto dei mercenari, potranno solo per un breve periodo di tempo ritardare l’esito finale.

Cioè da un lato abbiamo un esagerato ottimismo nell’efficacia delle nuove armi; dall’altro inizia a farsi strada un prudente realismo. A nessun occidentale però viene in mente d’intavolare delle trattative di pace. Nessuno sembra rendersi conto che proprio il continuo invio di armi, mercenari, volontari, istruttori e finanziamenti non attenua ma prolunga l’agonia.

Ai discorsi di Zelensky tutti applaudono e lui si pavoneggia come una star indiscussa. Intanto a morire sono soprattutto i soldati ucraini. Da noi non c’è alcuna chiamata alle armi e la mobilitazione da parte delle truppe della NATO ancora non prevede un confronto diretto con la Russia.

Dopo un anno di combattimenti, in cui s’è visto che la strategia di progressivo sfiancamento sta portando i russi a vincere senza dubbi di sorta, la NATO comincia a chiedersi che possibilità avrebbe di avere la meglio accettando una guerra convenzionale secondo i parametri della Federazione Russa. L’occidente non è abituato a combattere in questa maniera, e sta pensando che se davvero scoppia una guerra mondiale, rischia di restare disarmato per avere esaudito i sogni di chi non vuole ammettere la propria sconfitta.

 

C’è molta differenza tra nazionalismo e neonazismo?

 

Si è scoperto il nome del criminale ucraino che ha giustiziato a sangue freddo dei prigionieri russi disarmati. Si chiama Sergey Makarenko, come il grande pedagogista russo. Appartiene alla 95a brigata di ex paracadutisti delle forze armate ucraine. Non è la prima volta che si vedono azioni così disumane compiute dai soldati ucraini.

Fu lui che l’8 febbraio scorso pubblicò una registrazione con l’esecuzione. Dietro le quinte si sentivano risate e il commento: “Mi piace sparare a tanta spazzatura”.

Ora però sa che i russi lo stanno cercando per farlo fuori. Per potersi nascondere ha lasciato la linea del fronte.

Ha compiuto una cosa contraria a tutti i regolamenti internazionali. Generalmente infatti le parti in causa si scambiano i prigionieri. In ogni caso su un prigioniero non si dovrebbe infierire mai, anche perché è proprio da come si trattano i prigionieri che questi riescono a capire se stanno facendo una guerra giusta o ingiusta. Più che i corpi bisogna conquistare le menti.

Quello che non capisco però negli analisti occidentali è il motivo per cui facciano differenza tra ideologia nazionalista e neonazista tra gli ucraini. Atteggiamenti così crudeli in quale categoria li vogliamo classificare?

 

La disperazione fa sragionare

 

Mentre Zelensky chiede a tutti gli alleati di fornire all’Ucraina diversi tipi di aerei da combattimento, il colonnello Yurii Ihnat, portavoce dell’Aeronautica, ha espresso la necessità di disporre unicamente di 200 caccia F-16 per sostituire i velivoli da combattimento oggi in servizio (Mig 29, Su-27 e Su-25).

Perché a Kiev non sanno quel che chiedono?

1) perché non ha senso dotare gli ucraini di diversi tipi di velivoli ma conviene standardizzare l’aeronautica su un solo modello di jet fighter;

2) perché gli aerei che verranno forniti dall’occidente saranno operativi tra molto tempo e potranno costituire l’ossatura delle forze aeree ucraine solo a guerra finita. Infatti l’adozione di un nuovo jet fighter con le necessarie linee di supporto, il sistema addestrativo per piloti e tecnici, le armi e le dotazioni elettroniche richiede alcuni anni in una nazione in pace che disponga di basi e stabilimenti industriali intatti. Cosa che l’Ucraina non ha più, considerato che persino i suoi mezzi corazzati vengono inviati per riparazioni e manutenzioni in stabilimenti situati in Polonia, Cekia e Slovacchia;

3) perché nella situazione attuale, così incerta sul piano militare, è assurdo che la UE si privi dei migliori mezzi militari a sua disposizione, anche se sicuramente è più facile (avendone molti di più) fornire l’Ucraina di aerei da combattimento che non di carri armati. Infatti in tutti i conflitti bellici sostenuti dagli europei dal 1945 ad oggi la parte del leone l’han fatta gli aeroplani.

Zelensky ragiona come se la guerra dovesse durare degli anni, per cui va alla ricerca di tutte le armi offensive possibili. Ancora non ha capito che le armi sono l’ultimo dei suoi problemi. Il suo tempo è scaduto. La sua credibilità è finita. La guerra è persa. Sarebbe meglio iniziare una trattativa adesso che non dover accettare domani una resa incondizionata. Se non saranno i russi a rovesciare il suo governo, lo faranno gli stessi ucraini.

Fonte: analisidifesa.it

 

Un parlamento da rifare

 

Il Parlamento europeo è una delle organizzazioni più corrotte al mondo, ha dichiarato a Radio Kossuth il ministro ungherese degli Affari esteri Peter Szijjártó.

E ha aggiunto: “Le risoluzioni del Parlamento europeo di solito danneggiano l’Europa”. Gli scandali di corruzione hanno “quasi azzerato” la credibilità del Parlamento europeo.

Ha poi ribadito la posizione ufficiale di Budapest sull’Ucraina: no alle sanzioni anti-russe nel settore energetico, no alle armi a Kiev e sì a colloqui di pace.

Come noto il premier Viktor Orbán sostiene che l’attuale Parlamento europeo vada sciolto e ricostituito dai delegati nazionali.

In effetti il problema principale di queste unità sovranazionali è che uccidono la sovranità nazionale, come prima questa sovranità aveva ucciso quella locale. In tal modo il cittadino si trova a dover sopportare (mantenendole con le proprie tasse) due entità che lo opprimono. Senza poi considerare che prima della guerra la UE faceva soprattutto gli interessi di Germania e Francia. Persino oggi, a distanza di un anno dall’inizio del conflitto, si vede molto bene che l’asse Parigi-Berlino è quello che comanda.

 

Berlusconi critica Meloni

 

“Se fossi stato il presidente del Consiglio a parlare con Zelensky non ci sarei mai andato, perché stiamo assistendo alla devastazione del suo Paese e alla strage dei suoi soldati e dei suoi civili. Bastava che cessasse di attaccare le due Repubbliche autonome del Donbass e questo non sarebbe accaduto. Giudico, molto, molto negativamente il comportamento di questo signore”. Così ha detto. Poi ha aggiunto che se Kiev rifiuta il cessate il fuoco, l’occidente deve smettere di inviare armi e finanziamenti.

A Berlusconi deve essere partito un embolo. Non si rende conto che frasi del genere dovrebbero far cadere il governo.

 

Pronti, via!

 

L’ambasciata americana in Russia ha esortato i cittadini americani a lasciare urgentemente il Paese.

La missione diplomatica ritiene che le autorità russe possano rifiutare il riconoscimento della doppia cittadinanza agli americani in Russia, privarli dell’accesso all’assistenza consolare statunitense, nonché sottoporli a mobilitazione e impedire loro di lasciare il Paese.

Allora, sapendo che gli americani dicono una cosa perché in realtà ne vogliono fare un’altra, direi che con questo messaggio allarmante abbiano intenzione di sganciare delle atomiche sulle città russe, in particolare su Mosca.

 

[14] Scenario realistico? Dipende

 

Alexei Arestovich, ex consigliere di Zelensky, ha ipotizzato uno scenario abbastanza realistico. Prevede che l’Ucraina segua un percorso di tipo coreano, eventualmente sulla base di un accordo Minsk-3, in cui la parte non russa dovrà accettare le condizioni di Mosca. Suggerisce però che l’occidente faccia per l’Ucraina non russa ciò che è stato fatto per la Corea del Sud, cioè fornisca delle garanzie.

Secondo lui l’Ucraina ha preteso troppo, ma le sue aspettative erano gonfiate dallo stesso occidente. Per avere successo sui russi sarebbero necessari in questo momento 400.000 soldati perfettamente addestrati con armi della NATO. “Noi non li abbiamo – ha detto – e la NATO, se li ha, non è disposta a usarli. E noi in questo momento siamo completamente dipendenti dall’occidente”. E Zelensky non è in grado di costruire per l’Ucraina una soluzione negoziale.

Ha poi aggiunto che anche se Mosca mettesse il politico ucraino Viktor Medvedchuk a governare quella parte di Paese non russofona, non è detto che vorrebbe annettersela. Cioè una qualche autonomia effettiva potrebbe anche riconoscerla.

È realistico questo scenario? Forse. Ma è difficile pensare che Mosca accetti che la parte restante dell’Ucraina possa entrare nella NATO (al massimo potrà entrare nella UE). Per una pace duratura l’Ucraina al di là del Dnper dovrebbe essere completamente smilitarizzata. Altrimenti la guerra non sarà servita a niente, e in questo momento sono i russi a vincere.

Inoltre non è detto che Polonia, Ungheria e Romania non vogliano rivendicare quelle parti di territorio ucraino in cui sono presenti molti loro connazionali.

Fonte: occhisulmondo.info

 

L’Italia è un Paese servile?

 

L’Italia è un Paese piuttosto servile nei confronti degli USA e, come tutti i Paesi servili, non ha un’identità propria. Soprattutto i suoi statisti (ma anche i giornalisti del mainstream) non manifestano mai un pensiero autonomo. È come se tutti fossero sul libro paga di Washington, e anche quando non lo sono materialmente, lo sono mentalmente, poiché la loro formazione è avvenuta secondo l’ideologia americana.

Ora che anche negli USA si stanno rendendo conto che non ha senso continuare a inviare dollari e armi a un Paese, l’Ucraina, che di democratico non ha assolutamente nulla, avendo eliminato qualunque forma di opposizione (persino quella, molto blanda, della Chiesa ortodossa filorussa), come reagiranno i servi del padrone americano?

Il via alla revisione della narrativa ufficiale l’ha forse dato Berlusconi con le sue dichiarazioni sul Donbass? Ebbene, si sappia però che dopo un anno di combattimenti va escluso a priori che, nel corso delle trattative, la Russia accetti di annettersi solo le due repubbliche separatiste. Ormai son troppi i morti delle truppe russe perché Mosca possa accettare un obiettivo così minimale, che peraltro ha già rifiutato, riconoscendo legalmente come proprie ben quattro regioni del Donbass.

Berlusconi, pur essendo stato criticato da tutti i servi, ha fatto una proposta che poteva andar bene un anno fa. Oggi ci vuole ben altro.

 

Senza satelliti la guerra finisce

 

Elon Musk ha detto di non avere più intenzione di permettere agli ucraini di usare il proprio sistema satellitare Starlink a scopi militari. Il sistema è nato per scopi civili o umanitari e Musk si aspettava che i militari lo usassero per fornire una connessione a ospedali, banche o civili e non con intenti offensivi (si riferisce soprattutto all’uso dei droni, che i neonazisti li han dotati di armi chimiche).

Bisogna ammettere che è una dichiarazione abbastanza ridicola, in quanto è da un anno che lo usano per eliminare le truppe russe. Tuttavia la sua decisione è importante per indurre il governo di Kiev ad arrendersi.

È impossibile sapere cosa abbia spinto Musk a prendere questa decisione. Forse il fatto che ha con gli ucraini un credito di 100 milioni di dollari, che, visto come sta andando la guerra, non saranno mai in grado di pagare. Non a caso ha chiesto al Dipartimento della Difesa degli USA di sostenere i costi dell’uso di tali dispositivi. Oppure pensa di candidarsi al posto di Trump e di voler dare di sé un’immagine positiva, rassicurante, molto diversa da quella di Biden.

A un astronauta della NASA, Scott Kelly, che gli chiedeva di ripensarci, ha risposto di non voler avere alcun ruolo in un’escalation del conflitto che potrebbe portare a una terza guerra mondiale.

In ogni caso senza i suoi satelliti l’esercito ucraino combatte con un braccio tagliato. Oggi è impossibile vincere delle guerre senza una tecnologia infotelematica.

 

Stoltenberg e la scoperta dell’acqua calda

 

Stoltenberg ha finalmente dichiarato che la guerra nel Donbass è iniziata nel 2014 e non nel 2022. Non ha però precisato chi l’ha iniziata, ma è già qualcosa. Ha fatto soltanto capire che le difficoltà dell’occidente son dovute al fatto che è una guerra lunga e faticosa.

Ha anche detto che che il tasso di consumo di munizioni in Ucraina supera il tasso di produzione nei Paesi della NATO. Sembra che abbia scoperto l’acqua calda.

Da tempo l’ex consigliere del Pentagono, il colonnello Douglas McGregor, dice che le armi di precisione statunitensi, come i missili per NASAMS e HIMARS, richiedono molto tempo per essere prodotte.

È sicura la Banca centrale norvegese ad assumere un dirigente così tardo di comprendonio?

 

Che sia la volta buona?

 

Il “New York Times” fa causa alla UE per i messaggi rivolti al CEO della Pfizer, Albert Bourla, da parte della von der Leyen, in merito alla fornitura di vaccini in Europa durante la pandemia. Miliardi di euro buttati a mare e una corruzione dilagante. Lei che voleva la resa finale dei russi mi sa che dovrà alzare bandiera bianca e dimettersi.

La causa fa seguito a un’inchiesta del gennaio 2022 condotta dal Mediatore europeo Emily O’Reilly, che aveva individuato una cattiva amministrazione nei tentativi della Commissione europea di recuperare i messaggi di testo (per eliminare quelli più compromettenti), a seguito di una richiesta di accesso pubblico da parte del giornalista di netzpolitik.org Alexander Fanta.

Per salvare la faccia alla von der Leyen la commissaria per i valori e la trasparenza della UE (sembra ironico, lo so), Věra Jourová, aveva affermato che i messaggi di testo potrebbero essere stati cancellati a causa della loro “natura effimera e di breve durata”.

Tuttavia già il quotidiano tedesco “Bild” aveva precedentemente intentato una serie di azioni legali contro la Commissione, chiedendo la divulgazione di documenti relativi alle trattative per l’acquisto dei vaccini COVID-19 effettuate da Pfizer/BioNTech e AstraZeneca. Ma poté ottenere solo le mail a partire dal giugno 2020. Fu in quella occasione che vennero fuori i nomi di Bourla e von der Leyen.

 

[15] Per chi suona la campana?

 

Per chi suona lo sapevamo dal 24 febbraio scorso. Ora sappiamo anche quando suonerà per l’ultima volta. Sarà nell’anniversario, perché ai russi, amanti della storia, piacciono le ricorrenze, le commemorazioni.

La pazienza è finita. Il nemico doveva approfittarne la prima volta, quando l’intera capitale era circondata dai carri armati. La resa voleva solo essere un compromesso: il riconoscimento della completa indipendenza delle due piccole repubbliche del Donbass, nuove elezioni politiche per impedire ai golpisti neonazisti di spadroneggiare, l’accettazione dei divieto di entrare nella NATO e la consegna dei criminali che fecero quella orribile strage di Odessa, nonché la chiusura dei biolaboratori statunitensi.

In cambio i russi se ne sarebbero andati, chiudendo un occhio sulla guerra civile condotta da Kiev per otto lunghi anni, ivi incluse tutte le cose inqualificabili compiute contro i russofoni e i filorussi, uomini o donne che fossero, giovani, giovanissimi o anziani. I russi avrebbero accettato anche l’adesione dell’Ucraina all’Unione Europea.

È stato rifiutato tutto, costringendo i soldati russi, che non potevano dimenticare i legami di parentela, a condurre una estenuante guerra di logoramento, casa per casa, corpo a corpo.

Sono state fatte molte offerte di pace. Rifiutate tutte. Ora il tempo è scaduto. Chi suonerà l’ultima campana sarà il comandante supremo Valery Gerasimov. L’attacco sarà molto diverso dai precedenti. L’unico obiettivo sarà Kiev. Verrà dato poco tempo per evacuarla, poi si scatenerà l’inferno. Sotto i bombardamenti dell’aviazione, coi missili ipersonici, con l’artiglieria più pesante, e senza bisogno di usare alcuna arma nucleare, non resterà pietra su pietra. E l’Occidente non potrà far nulla, perché, come alzerà la testa, subirà un trattamento mille volte peggiore.

Per non aver riconosciuto due piccole repubbliche, dopo essersi permessi di compiere sui militari russi le peggiori nefandezze vietate in tutto il mondo, per aver continuato a uccidere deliberatamente i civili del Donbass anche nell’ultimo anno di guerra, per aver scaricato addosso alla Federazione Russa le peggiori falsità della storia, l’Ucraina finirà col cessare di esistere, non solo come Stato politico ma persino come nazione indipendente. Sarà soltanto un’appendice della Russia, e ai Paesi limitrofi, che ne rivendicavano pezzi di territorio, non verrà dato assolutamente nulla, a meno che non escano dalla NATO, che è la minaccia più grande alla stabilità del mondo e alla sicurezza delle nazioni, che vogliono vivere in pace e in autonomia.

La distruzione integrale della capitale di questo Paese metterà a tacere tutti quanti pensavano che la pazienza della Russia fosse un segno della sua debolezza.

 

Step by step verso la catastrofe

 

Con 340 voti a favore, 279 contrari e 21 astenuti, il Parlamento europeo ha deciso in via definitiva la fine del motore a combustione interna a partire dal 2035 per autovetture e furgoni leggeri di nuova immatricolazione. Esonerate forse le aziende che producono meno di 10.000 automobili all’anno (Ferrari per es. e altri marchi di lusso). Ci sarà da ridere quando, in caso di guerra, i carri armati o gli autoblindo andranno a batteria!

Solo poco tempo fa la UE chiedeva di mettere a norma, in senso ambientalistico, tutte le abitazioni, pena l’impossibilità di poterle rivendere. Occorre avere entro il 2050 solo edifici a emissione zero. Così ci è stato imposto.

Perché la gente comune ha sempre di più l’impressione che in nome dell’ecologia, della salute pubblica (vaccinazioni), dell’alimentazione (insetti), della democrazia (contro l’autocrazia) i poteri forti dell’occidente stiano compiendo un genocidio di una buona fetta dell’umanità? Possibile che gli statisti non si rendano conto che in nome di buoni propositi, irrealizzabili nelle nostre società, così fortemente ingiuste e sperequative, si rischia di creare delle tensioni sociali a non finire? Sembra che vogliano a tutti i costi esasperarci, per poter poi dire che occorre la dittatura politica.

 

La Siria deve morire

 

In Turchia vivono 3,7 milioni di profughi siriani. L’ONU ha detto che in Siria vivono 12,5 milioni di persone letteralmente alla fame. Il Paese ha subìto 12 anni di guerra per colpa dell’occidente, sommate alle oscene sanzioni imposte da USA, UE e mondo arabo filo-occidentale. Nella guerra civile scoppiata nel 2011 la Siria ha avuto almeno 600.000 morti, più 3 milioni di feriti e mutilati. Gli sfollati furono 12 milioni, di cui oltre 6 milioni si rifugiarono all’estero. I danni economici furono stimati in 400 miliardi di dollari, equivalenti a una recessione di almeno 30 anni. Il Paese si è salvato dalla devastazione totale solo grazie all’intervento russo.

Tra turchi e siriani sono morte col recente terremoto almeno 41.000 persone (ma arriveranno a 60-70.000), con città rase al suolo, come se fossero bombardate.

E la UE quanti soldi ha dato alla Siria? 3,5 milioni di euro. Una scemenza rispetto a quanto elargisce al governo di Kiev.

Non solo ma gli USA e la UE non hanno sospeso il pacchetto di sanzioni denominate “Caesar Act”, che vietano la ricostruzione del Paese, e neppure le precedenti sanzioni che contemplano l’embargo sulle importazioni di petrolio, le restrizioni sugli investimenti, il congelamento dei beni della banca centrale siriana detenuti nella UE. Si continua a volere morta la Siria, colpendo tutti i settori economici, nessuno escluso. Tra queste restrizioni particolarmente pesanti sono quelle che impediscono il procacciamento di pezzi di ricambio per i macchinari degli ospedali e l’importazione di medicine. Inoltre il “Caesar Act” impedisce alle ONG di aiutare le famiglie e la ricostruzione delle case gravemente danneggiate dal conflitto e permette solo interventi palliativi, come la sostituzione di infissi o piccoli interventi di restauro (da notare che ancor prima del sisma, l’infrastruttura del Paese era stata distrutta al 60% dalla guerra).

Per non parlare del fatto che gli USA continuano a tenere occupato militarmente il nord della Siria, sfruttando i pozzi petroliferi. Anzi ambiscono a far rientrare la Siria sotto il controllo occidentale attraverso i cosiddetti “ribelli” di Idlib (cioè i terroristi del gruppo Tharir al Sham, ex al Qaeda), ma anche usando in maniera strumentale le milizie curde, che esercitano l’amministrazione per procura del fertile territorio di Jazira a nord dell’Eufrate.

E Mattarella che fa? Manda le condoglianze solo a Erdoğan.

E perché il PD che fa? Non condanna forse il popolo siriano alla fame e alla morte solo allo scopo di rovesciare Assad?

Noi non meritiamo di esistere.

 

Bene e male nei film americani

 

In una società d’ispirazione calvinista come quella degli Stati Uniti il trovarsi dalla parte del “bene” o del “male” è una condizione data dal destino, con un lieve margine di possibilità di scelta.

Naturalmente sono possibili varie gradazioni di bene e di male, ma quello che è quasi impossibile è il passaggio dal male al bene, in quanto è molto più facile il contrario. Nei loro film (soprattutto nei polizieschi o in quelli sul far west) chiunque passi dal male al bene resta un soggetto a rischio, come quello che è sempre vissuto nel male e quindi ricopre il ruolo precostituito del cattivo. Nel senso che se anche un pentito può compiere, in una certa sequenza del film, un gesto positivo, normalmente muore nel momento stesso in cui lo compie, proprio perché si dà per scontato che possa ricadere nel male. Spesso viene fatto morire prima che lo scherno o la derisione di qualcuno del suo passato possa farlo pentire d’aver avuto sentimenti buonisti.

Nei confronti di chi invece dal bene passa al male, si avrà un occhio di riguardo, sempre che il male non sia stato troppo grande e soprattutto che non si ripeta, e comunque il regista potrà sempre ricorrere alla soluzione della morte come rimedio alla colpa.

In una società calvinista è solo una questione di ruoli, di gioco delle parti, in quanto non c’è vera differenza tra bene e male: lo dimostra il fatto che spesso i mezzi e i metodi usati, dai “buoni” e dai “cattivi”, sono gli stessi. L’ideologia calvinista ha un che di veterotestamentario.

E se chi vuol compiere il bene, non può usare la stessa ferocia del cattivo, è solo perché glielo impedisce la burocrazia della democrazia formale, quella che ha paura delle critiche del mainstream. Ma è evidente che con questi messaggi si veicola l’idea che se ci fosse la dittatura, i cattivi sarebbero eliminati più facilmente. Vero ispettore Callaghan?

 

Anche i poeti fanno paura

 

La famiglia di Pablo Neruda annuncia che una relazione di esperti internazionali ha confermato che il poeta cileno non è morto nel 1973 a causa di un cancro alla prostata, come sostiene la versione ufficiale, ma è stato avvelenato col botulino da parte di agenti statali, 12 giorni dopo il colpo di Stato di Augusto Pinochet che rovesciò il presidente Salvador Allende.

Lo rivelerà oggi un gruppo di esperti che dal 2017 studia il batterio clostridium botulinum trovato nel corpo del poeta al momento della sua morte.

In realtà il suo corpo è oggetto d’indagine sin dal 2011, a seguito di una denuncia del partito comunista cileno, che si basava sulla testimonianza dell’autista di Neruda, Manuel Araya. Fu lui a dire che il regime, dopo aver costretto Neruda a recarsi in ospedale, lo avvelenò lì dentro.

La dittatura fascista aveva paura anche dei poeti, benché Neruda fosse stato anche un politico comunista. M’immagino cosa potrebbe accadere in Ucraina se vincessero i neonazisti.

Quest’anno ricorrerà il suo 50° anniversario. È considerato una delle più importanti figure della letteratura latino-americana del ’900. Anzi, Gabriel García Márquez lo considera “il più grande poeta del XX sec., in qualsiasi lingua”!

 

[16] Alziamo la testa

 

Gli italiani devono smettere di pensare che, comunque vada, alla fine andrà bene. Devono smettere di credere che con l’ironia e il senso dell’umorismo potranno affrontare con relativa sicurezza anche i problemi più difficili. La miseria e soprattutto la guerra sono cose serie, che devono molto preoccuparci, anche perché o in maniera lenta o in maniera improvvisa noi rischiamo di finire in situazioni disperate.

Immaginiamo cosa possa voler dire per un Paese come il nostro, con 5,6 milioni di persone in povertà assoluta, trovarsi a combattere per un decennio o un ventennio contro la Russia. Immaginiamoci in una guerra decennale come in Siria o ventennale come in Afghanistan, dove la miseria si taglia a fette.

L’Italia è un Paese che deve smettere di dare fiducia ai governi in carica, perché in genere abbiamo a che fare con gente irresponsabile che ci porta alla rovina. Deve smettere di farsi comandare da potenze estranee (come gli USA, la UE e la NATO, ma anche il Vaticano è bene che se ne stia al suo posto, che non è certamente quello di avere uno Stato nello Stato). Deve riappropriarsi del suo territorio, gestendone le risorse in autonomia, senza dover dipendere dalle multinazionali o dalle decisioni delle borse mondiali, degli istituti finanziari internazionali, dei mercati esteri che contano di più. Deve potersi sentire libera di commerciare con chi vuole, senza il timore di dover subire dei condizionamenti che limitano la sua indipendenza.

Dobbiamo riscoprire il valore dell’autoconsumo, della cooperazione, dell’uso comune degli strumenti produttivi, della condivisione del bisogno. Dobbiamo uscire da questo ruolo autolesionistico del servo che, in virtù della propria bonarietà, pensa di poter avere un padrone comprensivo. Non deve neppure esistere la figura di un “padrone” e tanto meno di uno Stato che lo difende.

Noi dobbiamo uscire dai concetti di civiltà e persino di geopolitica, perché sono tra i più pericolosi della storia.

 

Battaglia per Bakhmut

 

Bakhmut, la città più antica del Donbass, fondata da Ivan il Terribile nel 1571, sta per cadere in mano alla Wagner, che ha già conquistato Soledar, le principali vie di rifornimento per l’esercito ucraino e numerosi villaggi attorno a Bakhmut, dove correva la linea difensiva di Kiev.

Nulla può far pensare a possibili controffensive ucraine a breve termine. La resa è solo questione di tempo. Ma Zelensky non ne vuol sapere di arretrare su una nuova linea difensiva meglio predisposta. Per lui ogni città ha un valore strategico. Anche da questo si può capire che come stratega militare non vale nulla. Non capisce, proprio come Hitler, che non c’è solo l’attacco ma anche la difesa.

D’altra parte l’esercito ucraino – a differenza di quello russo – non è mai arretrato dalle città verso le quali si spostava la linea del fronte. Piuttosto finiva in un tritacarne. Ha sempre costruito le proprie linee difensive all’interno degli appartamenti e dei palazzi delle città, come avvenuto a Mariupol, Severodonetsk o a Soledar, condannando le città alla distruzione ed esponendo a enormi rischi la vita di centinaia di migliaia di persone. Le stesse forze ucraine, piuttosto che lasciare le città ai russi, le bombardano pesantemente.

A Bakhmut si combatte casa per casa, metro per metro. Ogni via diventa una nuova linea del fronte appena cede quella accanto. I combattimenti sono pesantissimi. Ancora i russi non sono riusciti ad accerchiare completamente gli ucraini. Ma il destino è questo.

Per Mosca Bakhmut è importante non solo in vista di un’ulteriore avanzata verso più direzioni, tra cui Seversk, Konstantinovka e soprattutto verso l’agglomerato Slavyansk-Kramatorsk, ma anche a livello morale, in quanto porterebbe una nuova importante vittoria.

Anche per Kiev il piano della propaganda è importante, in quanto attorno a Bakhmut è stato costruito il mito dell’invincibilità del proprio esercito. Inoltre Zelensky la scorsa estate aveva promesso che Kiev non avrebbe più perso città e territori. Tutte promesse che non ha mai potuto mantenere.

 

Qui ci vuole la psicanalisi

 

Zelensky ha assegnato ufficialmente alla 10ª Brigata d’assalto autonoma da montagna delle forze armate ucraine, formatasi nell’ottobre 2015, il nome “Edelweiss”, lo stesso che aveva la 1ª divisione da montagna della Wermacht durante la seconda guerra mondiale, responsabile di vari crimini di guerra, tra cui l’eccidio di Cefalonia.

Più Zelensky si rende conto che il giorno del suo giudizio si sta avvicinando, e più s’intestardisce a manifestare la sua natura autoritaria. È come se in questa maniera assurda, per molti versi infantile, volesse scongiurare l’arrivo imminente della sua fine. Si è avviluppato da solo in una narrativa estremistica, da cui non può più uscire. Deve per forza mantenere un atteggiamento coerente, pur sapendo che ciò lo porterà alla rovina assoluta. Il fatto stesso di poter recitare su palcoscenici di tipo politico, proseguendo la sua modesta carriera televisiva, l’ha sicuramente portato a confondere la fantasia con la realtà. Cose che succedono agli attori.

È difficile credere che Zelensky sia completamente manipolato dagli americani. Deve esserci anche nella sua personalità un elemento di follia autodistruttiva, che un giorno sarà oggetto di studi psicanalitici.

 

Open censura l’Antidiplomatico

 

L’inchiesta di Seymour Hersh (grande giornalista americano) sulla responsabilità diretta degli USA nel sabotaggio del Nordstream sta cominciando a essere censurata nei social. Ne ha pagato le conseguenze “l’Antidiplomatico”, silenziato da “Open” di Mentana (meschino giornalista italiano).[1] Tanto che su Facebook il nome del sito è vietato.

Ormai però è chiaro a tutti che il piano di sabotaggio era stato ideato già nel dicembre 2021 ed era stato sviluppato dalla CIA e dalla NSA su ordine di Jake Sullivan (consigliere per la sicurezza nazionale) e con l’approvazione del presidente Biden, del segretario di Stato Blinken e della sottosegretaria Nuland. Tutti costoro preferivano che la Germania si congelasse in pieno inverno piuttosto che smettere di sostenere l’Ucraina. Inoltre non volevano che Putin usasse il gas come arma di ricatto.

La complicità della Norvegia è stato facile ottenerla, poiché il Paese era fortemente interessato ad aumentare le proprie forniture di gas naturale all’Europa occidentale e alla Germania in particolare.

I sommozzatori altamente qualificati che han compiuto il sabotaggio erano stati addestrati a Panama City nella seconda piscina coperta più grande d’America. Hanno installato gli esplosivi durante un’esercitazione NATO della scorsa estate, nota come BALTOPS 22.

Questo vuol dire che qui si ha a che fare con due pericolosi Stati terroristi.

 

Lo sdoganamento della mafia nei film americani

 

Generalmente nei film americani le autorità di polizia, per ottenere informazioni che possano incastrare personaggi importanti, sono disposte a transigere nei confronti di chi, tra la popolazione comune, cerca di acquisire una ricchezza personale, come p.es. sfruttare un giro di prostituzione, aprire locali porno, evadere il fisco, raggirare i risparmiatori, allestire una bisca o un giro di scommesse clandestine, truccare delle gare e cose del genere, che vanno dal formalmente illegale all’eticamente illecito.

Se poi il “malvivente” dimostra sul piano del carattere d’essere accattivante o di avere comunque una personalità interessante, il regista può anche trasformarlo in un eroe, in un modello imitabile o invidiabile. Si pensi ai film sulla criminalità organizzata che si arricchiva con gli alcolici durante il proibizionismo.

Gli americani hanno una storia troppo truce per non sapere che nella loro società il “male” non è che un modo diverso di fare le stesse cose del “bene”. Tant’è che nei confronti della mafia vi è sempre stata molto indulgenza (come nei film di Coppola su Cosa nostra). Vi era ancora più indulgenza che nei confronti di quella criminalità individualistica alla Jesse James o alla Bonnie and Clyde, che pur rispecchiava meglio la natura anarcoide degli americani.

La mafia, pur costituendo un prodotto d’importazione, è sempre stata trattata con molta circospezione nella cinematografia americana, perché comunque essa rappresentava, nella consapevolezza degli americani, il tentativo di dare una veste organizzata e ufficiale, con regole da rispettare, all’esigenza molto sentita e diffusa, quella di ricercare un benessere materiale da parte di strati sociali marginali, in cui l’elemento della famiglia e del parentado giocava un ruolo cruciale.

Oggi, in luogo della mafia, si fanno film sugli uffici dei broker, ma le cose non sono cambiate di molto. Il moderno criminale è un soggetto che ha studiato di più del mafioso, non necessariamente viene da ambienti deprivati, si serve di colleghi non di parenti, può svolgere la sua attività nella più assoluta legalità e quando qualcuno sgarra non viene eliminato fisicamente ma messo sul lastrico. Al tempo della mafia si corrompevano singoli funzionari dello Stato; oggi è l’intero Stato a essere criminale, ma questo nei film non può essere detto, perché i registi e i produttori hanno il compito di far sognare a occhi aperti.

In ogni caso la criminalità individualistica è, per definizione, priva di regole e quindi ingestibile nell’immaginario collettivo. Il piccolo criminale, non affiliato ad alcuna organizzazione, è un perdente per sua natura ed è sempre destinato a essere catturato. A meno che non diventi un informatore della polizia o non accetti l’idea d’essere taglieggiato dalla stessa polizia, sempre lì a lamentarsi che gli stipendi non sono sufficienti in una società dove si pretende un tenore di vita molto alto. Oggi i Serpico sono mosche bianche.

 

[17] Un punto di partenza? Mica tanto

 

Stefano Zamagni, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze, ha presentato i seguenti 7 punti fermi “per un negoziato di pace credibile”.

1: “Neutralità dell’Ucraina che rinuncia all’ambizione nazionale di entrare nella NATO, ma che conserva la piena libertà di diventare parte dell’UE, con tutto ciò che questo significa”. Cioè? Quasi tutti i Paesi UE sono anche Paesi NATO. Vuol dire che prima o poi Kiev avrà diritto a chiedere di entrare anche nella NATO? E poi non è un’ambizione “nazionale” che gli ucraini hanno di entrare nella NATO. Semmai hanno quella di vivere in pace, e con la NATO se la possono scordare. Sono piuttosto i nazionalisti, i neonazisti e i russofobi che hanno questa ambizione.

2: “L’Ucraina ottiene la garanzia della propria sovranità, indipendenza e integrità territoriale; una garanzia assicurata dai 5 membri permanenti delle Nazioni Unite (Cina, Francia, Russia, UK, USA) oltre che dall’UE e dalla Turchia”. Insomma ancora non si è capito che in sede di trattativa verrà esclusa a priori dai russi l’integrità territoriale dell’Ucraina. A loro interessano due cose: l’autodeterminazione del popolo del Donbass e la sua sicurezza esistenziale. USA, UE, Francia non sono in grado di garantire la sicurezza degli abitanti del Donbass, perché non hanno mai fatto nulla per far rispettare i due Accordi di Minsk.

3: “La Russia conserva il controllo de facto della Crimea per un certo numero di anni ancora, dopodiché le parti cercano, per via diplomatica, una sistemazione de jure  permanente. Le comunità locali usufruiscono di accesso facilitato sia all’Ucraina sia alla Russia; oltre alla libertà di movimento di persone e risorse finanziarie”. Qui ancora non s’è capito che la Crimea è russa, è composta quasi al 100% da russofoni e persino da filorussi. Rimettere in discussione questa realtà è ridicolo e pretestuoso. Inoltre la Crimea non può restare aperta ai capitali stranieri come se appartenesse all’Ucraina.

4: “Autonomia delle regioni di Lugansk e Donetsk entro l’Ucraina, di cui restano parte integrante, sotto i profili economico, politico e culturale”. Le due regioni han smesso di chiedere l’autonomia amministrativa. Ora sono totalmente indipendenti dall’Ucraina e fanno parte della Federazione Russa, di fatto e di diritto.

5: “Accesso garantito a Russia e Ucraina ai porti del Mar Nero, per lo svolgimento delle normali attività commerciali”. L’unico porto che i russi possono concedere all’Ucraina è quello di Odessa, ma se il conflitto va avanti con l’appoggio pieno della NATO, i russi occuperanno anche questo porto, unendo il Donbass alla Transnistria.

6: “Rimozione graduale delle sanzioni occidentali alla Russia in parallelo con il ritiro delle truppe e degli armamenti russi dall’Ucraina”. Anzitutto vanno restituiti alla banca centrale russa i 300 miliardi di dollari rubati. Inoltre le truppe russe non possono andarsene dal Donbass, poiché questa regione appartiene già alla Federazione Russa.

7: “Creazione di un Fondo Multilaterale per la Ricostruzione e lo Sviluppo delle aree distrutte e seriamente danneggiate dell’Ucraina, un fondo al quale la Russia è chiamata a concorrere sulla base di predefiniti criteri di proporzionalità”. La Russia ricostruirà il Donbass non l’intera Ucraina, la cui distruzione è stata voluta dalla decisione della NATO di rifiutare qualunque trattativa.

 

Ha senso l’esclusività storica?

 

Ci sono nazioni che, a motivo della loro estensione geografica, sono convinte di poter fruire di una certa esclusività storica.

Gli stessi russi sono convinti d’essere un popolo eletto destinato a giocare un ruolo decisivo nel futuro, soprattutto in considerazione del fatto che l’occidente sarebbe nella sua fase terminale. Questa idea di esclusività porta i russi a credere d’essere imbattibili in guerra.

Anche USA, UE, Cina e India pensano la stessa cosa di se stessi. E nel passato la stessa cosa pensavano di se stessi tutti gli imperi schiavistici e feudali, che però sono puntualmente crollati.

È evidente che una certa estensione geografica favorisce una convinzione del genere. Ma è evidente che se ogni grande Stato pensasse di sé una cosa del genere, il pianeta non avrebbe pace. Ognuno di questi Paesi potrebbe giustificare le sue guerre in nome della propria missione esclusiva.

Durante l’ultima guerra fredda erano soprattutto gli Stati Uniti a pretendere un dominio mondiale. Le guerre in Corea e in Vietnam ridimensionarono le loro pretese. Anzi dovettero rinunciare a tutto il sud-est asiatico e all’Iran di Khomeini. Poi continuarono a destabilizzare varie parti del mondo, ma nel complesso la loro estensione era finita.

Contro il blocco sovietico non poterono far nulla di decisivo, almeno fino a quando quel blocco non si sgretolò da solo. Il principio geopolitico che regolava i rapporti tra USA e URSS era basato sull’equilibrio del terrore, dovuto al fatto che le due superpotenze disponevano di migliaia di testate atomiche.

Per tutti gli anni ’90 e sino ad oggi è esistita un’unica superpotenza intenzionata a dominare il mondo: si chiama “Occidente collettivo” ed è guidato dagli USA.

La prima nazione che da circa un anno si oppone militarmente a questo Occidente collettivo è la Federazione Russa. Il mondo non è più come prima. I 3/4 degli Stati si sono schierati, in un modo o nell’altro, dalla parte della Russia. Sanzioni, embarghi, congelamento di beni finanziari (pubblici e privati), isolamento diplomatico, espulsione da organismi internazionali, guerra per procura in Ucraina, attentati terroristici di ogni genere (anche contro Germania e Turchia, che pur fanno parte della NATO), colpi di stato in Perù e in Pakistan, montagne di news false, condanne religiose, minacce di ricorrere a tribunali internazionali, all’uso di armi atomiche, a smembrare la Russia...: tutto ciò non è servito a nulla. L’occidente, quando parla, si rivolge solo a se stesso, è autoreferenziale, anzi autistico.

Ora è evidente che, non potendo più sfruttare come prima i 3/4 dell’umanità, l’occidente collettivo deve rivedere i criteri di gestione della propria politica interna. Ci hanno abituati a un certo benessere materiale: ora come faranno a togliercelo senza causare enormi proteste sociali? E soprattutto dove finiranno le tante armi regalate al governo di Kiev? Come verranno utilizzati i tanti neonazisti già fuggiti e che continueranno a fuggire dal loro Paese?

 

Superare l’ONU

 

Se prendiamo grandi realtà geopolitiche come USA, UE, Federazione Russa, Cina e India è impossibile non notare che ognuna di esse è convinta che, a motivo della propria grande estensione geografica, sia praticamente invincibile sul piano militare. Il che è vero fino a un certo punto: p.es. i mongoli occuparono Cina e Russia, i cosiddetti “barbari” eliminarono l’impero romano d’occidente, ecc. Tutti gli imperi prima o poi crollano.

In ogni caso oggi è abbastanza insensato escludere l’India dal Consiglio di sicurezza dell’ONU, o continuare ad accettare due nazioni, come Francia e Regno Unito, che, prese in sé, al di fuori della UE o della NATO, non avrebbero tutta questa grande importanza nel mondo. I loro imperialismi riescono a sopravvivere, in maniera molto limitata, solo in Africa, dove però i singoli Paesi si stanno rivolgendo sempre più a Russia e Cina per togliersi dai piedi le ultime vestigia del passato colonialismo europeo.

Anche Germania, Giappone, Brasile, Sudafrica... meriterebbero di avere un seggio permanente in quel Consiglio. Meglio ancora: si dovrebbero dare all’Assemblea generale tutti i pieni poteri, abolendo il suddetto Consiglio, figlio della II guerra mondiale.

Un Consiglio dove il veto di una sola delle cinque nazioni permanenti, impedisce alle altre quattro di fare alcunché, non serve a niente. Non si può creare qualcosa di veramente democratico e di utile all’umanità sulla base della reciproca sfiducia.

Vedere poi che di fronte alla guerra russo-ucraina il segretario generale dell’ONU sta chiaramente dalla parte dell’Ucraina, e quindi dalla parte della NATO e dell’Occidente collettivo, squalifica a priori la validità di questo organismo internazionale. Russia e Cina dovrebbero andarsene e mettere in piedi qualcosa di alternativo. Le condizioni di appartenenza a un qualunque organismo internazionale dovrebbero essere riviste completamente, poiché non ha senso tenere in piedi costosi organismi che svolgono, nel migliore dei casi, funzioni del tutto pletoriche.

 

Zaluzhny il corrotto

 

Il capo del partito francese Unione popolare repubblicana, François Asselineau, ha affermato che Kristina, figlia del comandante in capo delle forze armate ucraine, Valery Zaluzhny, viene usata da quest’ultimo come prestanome nel riciclaggio del denaro proveniente dagli aiuti finanziari internazionali.

Infatti la figlia sta ancora facendo gli studi alla facoltà di medicina e non possiede le risorse per acquistare “immobili di lusso” nelle isole Canarie e una residenza in Cile, come fatto nell’autunno 2022.

Chiaro dove finiscono i nostri soldi?

 

[18] Mors tua vita mea

 

Non solo la Russia, sul piano industriale, è in grado di sostenere ad libitum la guerra in Ucraina, ma, mentre lo fa, è anche in grado di riempire di armi una gigantesca nazione come l’India.

Infatti questo Paese non solo ci sta rivendendo, a prezzi ovviamente maggiorati, il petrolio lavorato che compra dalla Russia tramite il fantastico rilancio del Corridoio di Trasporto Nord-Sud, ma si sta anche riempiendo di armi sofisticate.

A differenza di noi europei, l’India non ha mai creduto alle falsità del cosiddetto “Miliardo d’Oro” sulla presunta crisi militare-industriale della Russia. Semmai è la NATO che non è un grado di soddisfare tutte le richieste di un governo militarmente ninfomane come quello di Kiev.

L’India ha già acquistato forniture militari russe per ben 13 miliardi di dollari nell’ultimo mezzo decennio, con oltre 10 miliardi di dollari in più in attesa d’essere consegnati. E siccome la Russia ci tiene a rispettare i contratti firmati (altrimenti a quest’ora, tanto per fare un piccolo esempio, avrebbe smesso di pompare gas in Ucraina), possiamo star certi che consegnerà nei tempi pattuiti i suoi sistemi di difesa aerea all’avanguardia S-400.

Non so se riusciamo a capire la differenza: per noi occidentali la guerra è solo per procura, eppure, nonostante questo, non siamo all’altezza delle richieste di Kiev; la Russia invece, che da un anno fa la guerra in trincea, è in grado di fornire armi a un Paese di 1,4 miliardi di persone. Sono già in cantiere nuovi progetti per la produzione congiunta di sistemi avanzati di difesa aerea, veicoli da combattimento per la fanteria, aerei senza pilota, carri armati e jet da combattimento.

Non solo, ma la Russia è anche in grado di mandare una parte delle truppe Wagner in Africa a combattere contro i terroristi islamici armati e finanziati dall’occidente, mentre un’altra parte la vediamo combattere vittoriosamente a Bakhmut.

Per un anno intero i nostri analisti non sono stati capaci di capire della Russia neppure un fico secco. Non è normale che i nostri studenti migliori vadano a formarsi in prestigiose università e accademie euroamericane, spendendo una barca di soldi, per poi non capire nulla sul piano pratico e operativo. Qui va rifatto l’intero sistema d’istruzione superiore. Davide Fabbri, che certamente non è filoputiniano (lavorando per quel mentitore seriale chiamato Mentana), l’ha sempre ripetuto come un mantra: “I russi di noi sanno tutto, mentre noi di loro non sappiamo quasi niente”.

Mi sa che tra un po’ dovremo dire la stessa cosa anche per l’India, perché sta diventando sotto i nostri occhi miopi una grande potenza di rilevanza globale. Infatti proprio grazie alla guerra in Ucraina si sta sostituendo all’Unione Europea come partner commerciale della Russia.

Come dicevano i latini? Mors tua vita mea.

 

Basta con le pagliacciate

 

Siccome l’Occidente collettivo ha capito che in Ucraina non c’è trippa per gatti, son bastate solo tre settimane  (dall’accordo raggiunto dai Paesi NATO sull’invio di carri armati moderni all’Ucraina) perché la “coalizione Leopard” si  sciogliesse come neve al sole. Abbiamo paura di privarci dei gioielli di famiglia per andare a combattere contro i mulini a vento. E sappiamo che all’Ucraina mancano le cose più importanti: uomini in grado di combattere, ben armati ed equipaggiati e soprattutto ben addestrati. Ormai più della metà dei loro effettivi non sono neppure ucraini, e non è che con questi stranieri si riescano a realizzare delle controffensive un minimo efficaci: al massimo si resiste qualche giorno in più come topi in qualche scantinato urbano. A Kiev vi sono continue sparatorie perché il governo ha ritenuto fosse meglio, per combattere i russi (non presenti però in città), armare quanta più gente possibile.

La guerra è persa: bisogna farsene una ragione. L’unico a non averlo capito è Stoltenberg, ma con quel suo cognome è naturale: vuol dire “montagna d’orgoglio”.

In Ucraina arriverebbero al massimo 27 Leopard, sufficienti per un semplice battaglione. I russi, che hanno ancora il dominio dell’aria, li useranno come tiro al bersaglio nei momenti di relax.

Qui ancora non si vuole capire che per fronteggiare seriamente un esercito come quello russo ne occorre uno equivalente, cioè ci vogliono almeno 3-400.000 militari disposti ad andare a morire sul campo. E che siano soprattutto protetti dall’aviazione. Le abbiamo queste cose? No. Sono fattibili in tempi ragionevoli? Neppure. E allora davvero vogliamo che questa guerra si prolunghi per anni anni e anni, come dice il soldatino Stoltenberg, che, come i bambini piccoli, non sa distinguere i suoi desideri dalla realtà?

Smettiamola con tutte queste pagliacciate e cominciamo a stabilire delle trattative coi russi, che tanto dal Donbass non se ne andranno mai. E sarà già molto se agli ucraini lasceranno usare il porto di Odessa, perché davvero non se lo meritano. E comunque i responsabili della orrenda strage di quella città vanno arrestati e puniti. Putin l’aveva detto un anno fa: “I nomi li sappiamo, dobbiamo solo venirli a prendere”.

 

Beato inverno nucleare

 

Secondo uno studio di Matt Boyd e Nick Wilson, pubblicato sulla rivista “Risk analysis”, i pochi Paesi che riuscirebbero a sopravvivere a un inverno nucleare sono i più isolati del mondo: Australia, Nuova Zelanda, isole Salomone e Vanuatu, oltre all’Islanda.

Peccato che questi due ricercatori non abbiano capito che non è importante sopravvivere continuando a fare le stesse cose di prima. Stupidamente infatti affermano: “le nazioni più resilienti saranno quelle che avranno le migliori possibilità di evitare un assoluto collasso pre-industriale”.

Cioè in pratica il genere umano sarebbe fortunato se continuassero a esistere industrie che sfruttano risorse umane e naturali, che inquinano, che producono solo per il mercato, che, pensando solo al profitto, tenderanno col tempo a trasformarsi in imprese finanziarie. E così via, ricominciando la storiellina che ci aveva portato alla guerra nucleare!

Sveglia tontarelli! Questi studiano tutta la vita per non capire assolutamente nulla. Noi (sempre che ci venga data la possibilità da un ambiente radioattivo) avremo bisogno di rinascere, di ricominciare tutto da capo (metànoia). La storia è un mattatoio da cui dobbiamo uscire. Gli errori mostruosi che il genere umano compie servono soltanto per non ripeterli. Iteratio non auxilium!

Riusciamo a immaginare, anche solo per un momento, che cosa potrebbe voler dire colonizzare altri pianeti dell’universo, ove riprodurre le stesse assurdità che viviamo sulla Terra? Se davvero deve esserci una guerra nucleare mondiale, è meglio che non si salvi nessuno, oppure che vi riescano solo quelle popolazioni primitive che sono riuscite a resistere ai condizionamenti di tutte le nostre disumane “civiltà”.

Fonte: esquire.com

 

Montagna d’orgoglio

 

Devo dire che Stoltenberg mi preoccupa e un po’ m’inquieta, col suo sguardo fisso nel vuoto, allucinato. Ha il volto scavato dalla sofferenza, come se fosse malato o avesse patito la miseria da piccolo. Non ride mai. Eppure dovrebbe farlo, per rendere più accettabili le sue continue falsità. Con quelle mani gesticola come se volesse dirti: “Perché insisti a contraddirmi? Non lo sai che potrei fare di te ciò che voglio? Anche strozzarti in questo momento, senza che nessuno possa impedirmelo?”. Questa “montagna d’orgoglio” (è il significato del suo nome) ha bisogno di cure psichiatriche, perché è convinto d’essere una specie di Napoleone con la verità in tasca, che vuole imporre a tutta Europa. Ma ha bisogno anche di molto molto affetto, quello che probabilmente non ha avuto dai suoi genitori. E, a quanto pare, non solo lui, ma tanti tanti altri statisti occidentali, ognuno dei quali vorrebbe essere il primo a schiacciare il pulsante nucleare. Ma poi per essere ricordati da chi? Qualcuno forse riuscirebbe a sopravvivere? E si ricorderà con fierezza di chi ebbe il coraggio di premere per primo quel maledetto bottone? Perché non facciamo tesoro di quanto Putin disse una volta: “Noi moriremo come martiri, ma voi come cani”?

 

[19] Kuleba analfabeta?

 

È abbastanza curioso il ministro degli Esteri ucraino Kuleba quando chiede alla Cina di svolgere un ruolo di mediazione nel conflitto russo-ucraino. Secondo lui Pechino dovrebbe insistere con Mosca sul fatto che nessun compromesso è possibile quando è in gioco l’integrità territoriale di qualsiasi Paese del mondo.

Solo una persona analfabeta può sostenere una cosa del genere. Nella storia del genere umano l’integrità territoriale è sempre stato un concetto molto relativo.

La si è forse rispettata quando l’Occidente ha voluto fare a pezzi la Jugoslavia? O quando Israele ha tolto ai palestinesi la gran parte dei loro territori? O quando ha tolto le alture del Golan alla Siria? E quando gli USA han fatto la loro unificazione nazionale a spese dei territori indiani e spagnoli, sottratti con la forza delle armi? E quando l’Italia ha tolto all’Austria il Sudtirolo? E che dire della Gibilterra inglese in Spagna? Potremmo andare avanti all’infinito.

L’integrità territoriale è un concetto assurdo, che non vuol dire assolutamente niente. Tutto il colonialismo occidentale, dal tempo dei Greci e dei Romani, non ne ha mai tenuto conto.

Molto più significativo di questo principio è quello dell’autodeterminazione dei popoli. Sono anzitutto i popoli che han diritto a essere tutelati nella loro integrità territoriale là dove si esprimono con una certa identità locale o regionale. L’han fatto i nazionalisti ucraini nei confronti delle loro minoranze nazionali? No, non l’hanno mai fatto. Anzi nei confronti della minoranza più significativa, quella russofona, han scatenato una guerra civile genocidaria sin dal 2014.

Quindi di cosa stiamo parlando? La stessa Cina rivendica l’integrità territoriale a livello nazionale, ma sarebbe disposta a concedere l’autodeterminazione alle proprie minoranze etniche, religiose, linguistiche? Tibetani, Uiguri, Taiwanesi... Oggi dove troviamo un altro Paese come la Russia che quando ha rinunciato al socialismo statale ha permesso il formarsi di ben 15 nazionalità diverse, gestite da Stati indipendenti, di cui uno proprio quello ucraino? Lo vogliono capire questi ucraini neonazisti che l’Ucraina è stata creata dai bolscevichi al tempo di Lenin?

 

Una serpe in seno

 

Le forze principali della NATO si stanno spostando dall’asse franco-tedesco verso la Polonia. Ormai la cosa è evidente.

La Polonia sta sostituendo la Germania come principale partner logistico degli Stati Uniti in Europa. Possiede già 647 carri armati principali, quasi il triplo del Regno Unito. E ha ordinato 250 nuovi Abrams e un secondo lotto di 116 Abrams dagli USA e 1.000 carri armati K2 dalla Corea del Sud, 180 dei quali sono già stati fabbricati. Prima della guerra in corso il governo aveva firmato un contratto per 32 caccia F-35 di quinta generazione. La stessa città polacca di Rzeszów è diventata un punto di trasbordo per le consegne delle armi a Kiev.

Il budget polacco per la difesa è salito dal 2,4% al 4% del PIL. Dispone già di 114.000 soldati, ma vuole alzare la cifra fino a 300.000 (anche grazie all’arrivo dei profughi ucraini): 250.000 professionisti e 50.000 riservisti.

Cosa vogliono fare i polacchi con tutti questi militari? Prendersi con la forza la Galizia e la Volinia? Occupare la Bielorussia? Mandare tutto il proprio esercito, sotto mentite spoglie, in Ucraina? In parte già lo stanno facendo.

Domande inevitabili: possibile che la UE debba sottostare a questa continua arroganza americana? a questa continua ingerenza nei nostri affari? a queste continue minacce alla nostra sicurezza? Possibile che quelle quattro nullità integrali che gestiscono la UE (von der Leyen, Michel, Borrell e Metsola), debbano decidere su questioni di così vitale importanza per i destini del nostro continente? Se la Polonia vuol diventare uno Stato americano, dobbiamo smettere di finanziarla, anzi, dovremmo sbatterla fuori dalla UE. Stiamo allevando una serpe in seno.

 

Dal globalismo deregolato al protezionismo

 

Il “Sole24ore” ha tradotto un appello promosso dagli economisti Emiliano Brancaccio e Robert Skidelsky, apparso sul “Financial Times” il 17 febbraio 2023.

Dovrebbe servire per porre fine al conflitto russo-ucraino. Che per loro ha un’origine esclusivamente economica, relativa allo squilibrio delle relazioni commerciali ereditato dall’era della globalizzazione deregolata. Nel senso che Stati Uniti, Regno Unito e altri Paesi occidentali hanno accumulato ingenti debiti verso l’estero, mentre Cina, altri Paesi orientali, e in parte anche la Russia, sono in una posizione di credito verso l’estero. Infatti vengono esportati sempre più capitali orientali verso l’occidente, che vanno a finire nelle borse e nei titoli statali, ma anche nell’acquisto di asset produttivi di qualità.

La guerra non è uno “scontro di civiltà” ma di economie produttive e finanziarie. E l’occidente ha deciso di adottare una chiusura protezionistica sempre più accentuata nei confronti delle merci e dei capitali provenienti da Cina, Russia e gran parte dell’oriente non allineato. Anche l’Unione Europea si è unita a questa svolta protezionistica guidata dagli americani.

E quale sarebbe la soluzione del problema? Una nuova politica economica internazionale, cioè una sorta di “capitalismo illuminato”, secondo cui gli Stati Uniti e i loro alleati dovrebbero abbandonare il protezionismo unilaterale, a condizione che la Cina e gli altri creditori non utilizzino gli stessi metodi che nel passato avevano reso l’occidente il padrone del mondo.

Ha senso una richiesta del genere? Questi economisti da strapazzo stanno forse chiedendo agli avversari dell’occidente di avere un occhio di riguardo nei nostri confronti solo perché il capitalismo e quindi il benessere economico l’abbiamo inventato noi? E dovrebbero farlo perché, in caso contrario, verrà precluso di commerciare con noi, col rischio d’essere anche in perenne conflitto bellico?

Davvero si pensa di poter continuare a intimorire miliardi di persone? Ancora non abbiamo capito che il mondo unipolare è finito e che il coltello dalla parte del manico non siamo più noi ad averlo.

Questa, sul piano economico, non è affatto una guerra assurda ma lo scontro di due modi diversi di gestire il capitalismo: uno regolamentato dallo Stato e un altro lasciato all’arbitrio delle singole multinazionali. Uno dei due sistemi si sforza di tutelare dei valori umani, mentre l’altro ne parla solo astrattamente.

Fonte: econopoly.ilsole24ore.com

 

La povertà della cultura americana

 

La cultura americana è tutta racchiusa nella propria cinematografia, salvo che questa viene usata in forma ideologica o propagandistica, cioè per ingannare le masse. Per noi è come cercare di capire la Grecia classica studiandone i miti. Non c’è molta differenza, se non il fatto che tra l’una e l’altra cultura c’è di mezzo il cristianesimo borghese.

In tale cinematografia l’individualismo è ben visibile là dove si cerca di esprimere dei valori positivi unicamente nelle situazioni più critiche. Nella tragedia vien fuori l’eroe, cioè colui che soffre ma non si dispera, che affronta con coraggio le proprie angosce, spesso in condizioni tali da non poter contare neppure sulle forze dell’ordine. Queste ultime anzi possono addirittura arrivare a ostacolarlo, perché coi loro valori standard, con la loro prassi burocratica non riescono a capirlo, a classificarlo.

L’eroe americano deve sbrigarsela da sé. La polizia interviene all’ultimo momento, per legittimare una vittoria personale. E se l’eroe è proprio un poliziotto, allora immancabilmente i suoi metodi non piaceranno a chi lo comanda, ai suoi superiori, che devono salvare le apparenze e che però sanno d’aver bisogno di lui.

Cultura individualistica vuol appunto dire che nella prosaicità della vita quotidiana ci si sente schiavi dell’interesse, del denaro, dell’apparenza, dei poteri forti e si riesce a essere “umani” solo nelle situazioni-limite, dove il male è così evidente che basta poco per apparire umani. E tutta la cinematografia ha per oggetto situazioni molto difficili. Infatti nella vita quotidiana, quella reale, gli americani sanno bene che è impossibile vivere dei valori positivi.

La cinematografia, sotto questo aspetto, essendo una fabbrica di sogni e di miti, svolge un ruolo molto simile a quello della religione. I nuovi sacerdoti sono gli attori e il regista fa la parte del deus ex-machina, che fa recitare gli attori nella maniera più convincente possibile, al punto che lo spettatore deve arrivare a confondere fantasia e realtà. I loro film sono tanto più sofisticati tecnicamente quanto più poveri eticamente. E purtroppo hanno invaso mezzo mondo.

Gli americani, per poter sopportare la loro società profondamente individualistica, hanno bisogno di vedersi rappresentati con un minimo di eticità (che sicuramente nei film dell’immediato dopoguerra era di livello superiore). Sanno bene che nella vita domina la legge del dollaro, ma nei film amano gli eroi che possono vivere senza pensarci, sapendo che di tanto in tanto ricevono lauti compensi per aver compiuto coraggiose missioni.

 

La rivoluzione nel piatto

 

Vi sono 4 multinazionali che detengono più del 70% del mercato globale delle sementi commerciali: Monsanto-Bayer, Dupont, Singenta e Kraft-Heinz. Le prime tre producono anche i pesticidi.

La Kraft-Heinz è l’unica delle 4 a limitare il proprio business alla produzione e commercio dei semi ibridi. Questa multinazionale americana è leader nel settore della produzione di pomodoro, salse, ecc. (detiene anche marchi come Plasmon, Philadelfia e altri). È stata lei a far sparire la memoria del sapore del pomodoro campano: il San Marzano, il principe dei pomodori pelati da conserva, che dava lavoro a migliaia di persone, soprattutto donne del sud Italia.

Ma perché questa terribile involuzione nel gusto? Semplicemente perché a Bruxelles i politici han deciso di non destinare più i contributi agricoli alla produzione del pomodoro italiano, bensì di sostenere il tabacco, favorendo così gli affari della Philip Morris, azienda leader di sigarette. Poi, per quanto riguarda i semi del pomodoro San Marzano, si è deciso di favorire la Heinz, che li ha ibridati con altri semi, brevettandoli.

Ecco perché vari agricoltori del Mezzogiorno sono passati a coltivare tabacco, una pianta che causa il cancro. La Campania è oggi la regione italiana con la maggior produzione di tabacco, proprio in virtù di un accordo dello Stato italiano con la Philip Morris risalente ai primi anni 2000.

Il furto dell’eredità contadina è stato legalizzato nel 2002 con la Direttiva UE n. 55. Sono stati i ministri europei a rendere illegale la semina libera, stilando l’unico catalogo ufficiale per entrare nel sistema commerciale e produttivo. Per ogni ortaggio, frutto, cereale, hanno definito migliaia di semi commerciabili, ottenuti tramite processo di ibridazione genetica, mettendo fuori legge tutti gli altri.

Gli agricoltori, se vogliono lavorare, devono far crescere gli ortaggi coi semi ibridi che standardizzano la produzione nei tempi e nei modi richiesti. E questi semi chimici sono sostanzialmente sterili, nel senso che possono essere utilizzati solo una volta, poi vanno ricomprati.

Hanno il vantaggio però (puramente commerciale, beninteso) di produrre pomodori tutto l’anno, come succede con zucchine, melanzane ecc. Dietro c’è il lavoro di esperti genetisti di laboratorio, che ci stanno non solo impoverendo (i prodotti chimici riducono la biodiversità, mortificano il gusto e costano di più), ma anche avvelenando, come sempre avviene quando l’obiettivo è il business.

Fonte: lindipendente.online

 

[20] La fine della democrazia rappresentativa

 

I risultati della Conferenza sulla sicurezza di Monaco sono stati chiari: l’Occidente collettivo va preparato per una lunga guerra con ogni mezzo contro la Russia, colpevole di crimini contro l’umanità. Le voci più insistenti in questa direzione sono state quelle angloamericane, che han minacciato di sanzionare anche la Cina se aiuta militarmente Mosca. Nessuna trattativa di pace sarà possibile finché la Russia non se ne andrà dall’Ucraina. Non si vuole la pace senza una chiara vittoria.

Bisogna ammetterlo: un atteggiamento del genere non è normale. Costringe la Russia a pretendere dagli ucraini la resa incondizionata. Paradossalmente sarà per merito dei russi se l’Ucraina continuerà ad esistere come Stato autonomo. Infatti, se dipendesse dagli occidentali, potrebbe anche essere distrutta come Cartagine.

La guerra sembra essere diventata l’occasione per non affrontare i problemi interni. L’occidente ha perso il senso della realtà. La sua chiusura precostituita a ogni forma di trattativa non solo farà peggiorare drasticamente i livelli del suo benessere economico, ma aumenterà di molto i rischi di una guerra mondiale. Per non parlare del fatto che espone se stesso a una serie di guerre civili all’interno dei propri confini.

La democrazia rappresentativa nazionale sembra essere giunta al capolinea. Si aprono le porte alle dittature militari esplicite. Russia e Cina stanno diventando un ottimo pretesto per l’occidente. A confronto, il terrorismo islamico del ventennio precedente, è stato solo un antipasto.

D’altra parte non si può passare dalla democrazia formale alla dittatura reale seguendo un percorso di semplice evoluzione interna. Le classi dirigenti, che si vantano di rispettare il diritto internazionale, non sarebbero credibili. Per questo han bisogno di far vedere che il passaggio è determinato da cause di forza maggiore, indipendenti dalla volontà dei governi e dei parlamenti.

In realtà l’occidente non ha bisogno di vincere, ma solo di tenere alta la tensione militare, che è poi quella che permette di chiedere alle popolazioni sacrifici sempre maggiori, riducendo al minimo tutte le libertà e i diritti acquisiti. E in tutta questa narrativa delirante gli USA pretendono che l’intero occidente si concepisca come un suo prodotto derivato. Gli USA son come il padreterno che crea le colonie a propria immagine e somiglianza. Che è poi quello che voleva fare la Roma classica, finché non incontrò, a infrangere i suoi sogni, le popolazioni germaniche, scito-carpatiche e partiche, costringendola a trincerarsi entro confini fluviali prestabiliti: Reno, Danubio, Tigri ed Eufrate.

 

Perché si parla di “occidente collettivo”?

 

Essendo una cultura della sopraffazione (il forte deve dominare il debole, così come l’astuto l’ingenuo), la cultura americana contiene elementi fortemente distruttivi, non solo nei confronti delle popolazioni interne, ma naturalmente anche nei confronti di quelle esterne alla nazione.

Il fatto è che quando una cultura è intrinsecamente violenta, lo è nei confronti di tutti. È solo in apparenza che la violenza esercitata verso gli Stati esteri sia uno strumento per risolvere i problemi interni.

Avendo un sistema di vita molto individualistico, è relativo il benessere economico che la nazione trae dallo sfruttamento delle risorse altrui. Il PIL non è un indice adeguato per capire il vero benessere di una popolazione. Infatti la criminalità è molto diffusa, così come la carcerazione. La polizia spesso si comporta in maniera brutale. I tribunali sono quanto mai arbitrari.

Se le guerre servissero a qualcosa, gli USA avrebbero dovuto risolvere da un pezzo i loro problemi, visto che sono in guerra sin da quando i Padri pellegrini sono sbarcati sulle coste di quel continente.

Quindi potremmo dire che nella cultura americana gli elementi distruttivi e autodistruttivi si sovrappongono molto facilmente. Fare violenza sugli altri non serve per vivere meglio, ma è solo un modo illusorio per non affrontare i propri problemi. E questi problemi, quando non si risolvono, si ingigantiscono a dismisura, si incancreniscono, sino al punto in cui le classi dirigenti trovano necessario fomentare conflitti sempre più vasti e complessi, sempre più frequenti e intensi, possibilmente di lunga durata e dove sia possibile usare ogni tipo di arma. Gli USA non sanno più come fare per scongiurare una guerra civile interna. Per loro è una manna caduta dal cielo trovare un nemico colossale come la Russia, che può tenerla impegnata per degli anni (per non parlare della Cina, usando il pretesto di Taiwan).

In questo atteggiamento folle gli americani han trovato negli europei, nei canadesi, negli australiani, e persino nei nipponici, dei fedeli alleati. Ecco perché i russi sono costretti a parlare di “Occidente collettivo”.

La domanda che a questo punto ci si pone è: può farcela la Russia da sola contro un nemico così vasto?

 

Il nucleare russo non si tocca

 

L’export russo relativo al nucleare civile è aumentato di oltre il 20% nel 2022. Sembra che tutti vogliano acquistare combustibili nucleari dalla Russia. Non a caso USA e UE, così solerti nell’imporre sanzioni su vari fronti, si son guardati bene dal mettere sotto sanzione Rosatom PJSC. Gli acquisti da parte di membri dell’Unione Europea sono saliti al massimo in tre anni. Anche dall’Egitto e dall’Iran, fino alla Cina e all’India gli affari vanno a gonfie vele.

Ogni volta che Rosatom accetta di costruire un nuovo reattore, si assicura flussi di cassa (e potere politico) potenzialmente per decenni a venire. Il commercio atomico crea relazioni durature. Comporta ingenti costi iniziali – con la Russia che di solito fornisce il credito – e accordi a lungo termine per la manutenzione degli impianti, la formazione dei loro operatori e il rifornimento di carburante. I leader russi vedono il commercio nucleare come un modo per rafforzare le alleanze.

La Russia in questo campo non ha concorrenti. Rosatom fornisce circa 1/5 dell’uranio arricchito necessario per i 92 reattori negli Stati Uniti. In Europa le utility che generano energia per 100 milioni di persone si affidano a Rosatom. Bulgaria, Repubblica Ceca, Ungheria e Slovacchia hanno continuato ad acquistare carburante Rosatom per tutto il 2022. Persino in Ucraina 9 reattori sotto il controllo di Kiev fanno affidamento sul combustibile russo accumulato.

L’Ungheria ha intenzione di realizzare due nuovi reattori nucleari e ha aggiudicato il progetto a Rosatom senza gara pubblica. La Russia copre l’80% del costo con un prestito di 10 miliardi di euro. Quando la costruzione sarà completata nel prossimo decennio, il progetto sarà uno dei più grandi investimenti esteri dell’Europa orientale. L’Ungheria è tra i Paesi della UE contrari all’inclusione del combustibile nucleare nelle sanzioni del blocco, mentre altri come Polonia, Germania e le nazioni baltiche sostengono l’idea.

Domanda inevitabile: cos’è che rende l’occidente così ridicolo quando impone sanzioni alla Russia? È forse l’ideologia neoliberista? Ma non eravamo noi europei a sostenere che il tempo delle ideologie è finito per sempre?

 

Situazione delle carceri americane

 

Scrive Claudio Giusti nel suo sito TuttoAmerica:

Negli USA ci sono più di 2.250.000 persone in prigione; 726 galeotti ogni 100.000 abitanti, uno ogni 138 americani: il record mondiale d’imprigionamento.

100.000 detenuti sono in isolamento. 128.000 sono ergastolani. 100.000 i minorenni in riformatorio e 15.000 nelle prigioni per adulti. Il Michigan da solo ha 300 minorenni condannati all’ergastolo senza possibilità di rilascio anticipato.

Dei 700.000 che si trovano nelle prigioni locali 400.000 sono in attesa di un difensore d’ufficio.

Le persone in libertà vigilata sono 4,.8 milioni e a questi occorre aggiungere 5 milioni di ex detenuti che hanno perso il diritto di voto. 30 anni fa, nelle carceri federali e statali, c’erano 200.000 detenuti; oggi sono 1.400.000: il più grande esperimento di imprigionamento di massa dai tempi di Stalin.

Metà dei detenuti sono afro-americani. Se il tasso d’incarcerazione per i bianchi è di 393 per 100.000, per i neri è 2.531. Se poi si considerano solo i maschi, il tasso per i bianchi sale a 717, mentre per i neri arriva a 4.919, ma in molti Stati supera abbondantemente quota 10.000. Non stupisce quindi che in 1/4 degli USA il 10% dei maschi neri adulti sia in galera. Questo si spiega perché, pur essendo il 13% dei drogati, i neri sono il 35% degli arrestati per possesso di droga, il 55% dei processati per questo reato e il 75% di quelli che stanno scontando una pena per questo delitto.

Un terzo dei ventenni di colore è in prigione o in libertà vigilata, e per i giovani neri passare un certo periodo di tempo in prigione è diventato un “rito di passaggio”.

La metà dei delitti non viene denunciata, eppure ogni anno le 18.000 polizie americane arrestano almeno 13,7 milioni di persone (ma più probabilmente sono 15 milioni). Circa 2,2 milioni sono minorenni: almeno 500.000 sotto i 15 anni, 120.000 fra i 10 e i 12 e 20.000 sotto i 10.

Di fatto il sistema giudiziario americano non è in grado di stabilire chi è innocente, chi è colpevole e nemmeno il grado di colpevolezza. La giustizia americana funziona solo perché non fa i processi, non fa gli appelli e non motiva le sentenze. Più del 90% delle condanne per crimini gravi è ottenuto grazie al patteggiamento. Lo stesso avviene per il 56% delle condanne per omicidio preterintenzionale e volontario. La gran parte dei piccoli reati sono risolti in meno di un minuto da tribunali locali, in cui la presenza dell’avvocato difensore non è prevista e spesso nemmeno consentita.

I processi, quando si fanno, sono caratterizzati da una grande sommarietà e dalle scarse garanzie che sono concesse agli imputati poveri, cui sono forniti avvocati incompetenti. Le condanne sono spesso ottenute grazie a confessioni estorte a suon di botte, a pentiti fasulli, testimoni bugiardi e a referti di laboratori compiacenti. I Procuratori non si fanno scrupolo di mentire e di far sparire prove favorevoli alla difesa: tanto non gli succede nulla.

L’appello (nei rari casi in cui è accolto) ha templi biblici e non prevede la libertà provvisoria del condannato. Le condizioni carcerarie sono normalmente orribili e spesso atroci, tanto che una prigione della Georgia è stata definita da un giudice federale “una nave di schiavi”. In questo immenso gulag i suicidi, le violenze e gli stupri sono innumerevoli.

È piuttosto raro che i giornali si interessino di pena capitale. La stragrande maggioranza delle uccisioni effettuate dagli Stati Uniti passa sotto silenzio. È rarissimo che un bianco venga giustiziato per l’uccisione di un nero. Dal tempo in cui gli Stati Uniti erano delle colonie, sono una ventina, su quasi 20.000 esecuzioni legali, i bianchi “giustiziati” per l’uccisione di un nero.

Attenzione che questi dati sono relativi al periodo il cui governava Bush figlio. Possiamo immaginare come sia la situazione oggi. Solo di omicidi ve ne sono circa 22.000 all’anno (in Nevada p.es. i crimini violenti sono 678 per 100.000 abitanti e il 50% non viene denunciato perché la vittima ritiene che la polizia non sia in grado di fare nulla).

Fonte: tuttoamerica.it

 

Macron ignora e straparla

 

A Macron, che aveva affermato che la compagnia Wagner è diventata uno strumento della Federazione Russa per “creare il caos”, così ha risposto Evgeny Prigozhin, ideatore di quella compagnia: “Lei vive in un mondo di illusioni e ha pochissime informazioni su ciò che accade in Africa e su ciò che accade a Mosca. Il gruppo Wagner non ha mai avuto e non ha nulla a che fare con l’Esercito Russo. Wagner è un esercito privato, che ha operato, opera e opererà in tutto il mondo. Tuttavia voi e i vostri amici americani vorreste il contrario. Noi proteggiamo coloro che voi avete umiliato per molti decenni”.

 

[21] I limiti della NATO

 

La guerra della NATO in Ucraina ha messo chiaramente in evidenza come l’intero sistema militare-industriale occidentale è del tutto impreparato a un conflitto prolungato ad alta intensità e consumo, soprattutto nel munizionamento per artiglieria.

L’attuale capacità produttiva è spaventosamente lontana dal consumo reale, nel senso che gli ucraini consumano ogni giorno in munizioni quello che l’occidente riesce a produrre in un paio di mesi. È per questo motivo che la NATO sta dicendo che il 2% del PIL è soltanto il minimo che si può prevedere e che se si vogliono vincere le guerre contro le superpotenze bisogna entrare nell’ottica di un’economia di guerra. Una cosa infatti è produrre il minimo per difendersi in una situazione non belligerante; tutt’un’altra quella di sostenere delle dure offensive militari di lunga durata.

Peraltro la NATO è abituata a combattere con aerei che bombardano a tappeto le città e coi missili sparati a distanza: una guerra corpo a corpo è considerata obsoleta, troppo dispendiosa in termini di vite umane. L’addestramento dei militari, a causa della complessità degli armamenti, è troppo costoso perché ci si possa permettere il lusso di sprecarlo in trincea, oppure occupando, una per una, le abitazioni urbane.

Non solo, ma sempre nel campo del munizionamento, è emersa nei Paesi occidentali una incredibile eterogeneità nelle tipologie dei proiettili: cosa di cui non soffre per nulla la Russia. Anche da qui si capisce bene quanto il capitalismo privato sia inferiore a quello statale. La NATO non riesce neppure a garantire un’efficace interoperabilità tra sistemi d’arma diversi, anche quando sono dello stesso calibro. Si può pretendere di formare in maniera differente i pochi soldati ucraini rimasti solo perché gli Stati occidentali possiedono armi che non sono standardizzate?

Ma c’è di peggio. Molti sistemi d’artiglieria occidentali han mostrato una limitata capacità di sostenere un fuoco intenso e prolungato: han bisogno di continua manutenzione, e quindi di officine e personale specializzato, che ormai l’Ucraina non ha più.

Gli stessi carri armati occidentali, oltre ad essere molto pochi, sono anche molto vecchi (mediamente 30 anni di servizio), perché quasi mai usati. Lo scorso anno si stimava che i Paesi NATO europei disponessero di circa 4.000 tank, dei quali però almeno la metà non operativi.

La NATO si vanta di fare uso di tecnologie avanzate, ma questo rende le armi più soggette a malfunzionamenti. Spesso le sue armi sono più pesanti, consumano di più e sono anche più costose. Nell’uso dei droni l’Iran è più avanzato.

La NATO dovrebbe limitarsi a prendere atto dei propri limiti strutturali e rinunciare a portare avanti una guerra che sul piano convenzionale non può assolutamente vincere. La popolazione ucraina ha bisogno di pace, e deve pensare a come ricostruire in toto quel che resta del proprio devastato Paese.

Fonte: giubberosse.news

 

Militarizzare le coscienze

 

Joseph Borrell, zerbino degli statunitensi, ha sottolineato la necessità di aumentare gli investimenti europei nel settore della difesa. Tuttavia nel 2021 la spesa della UE era già arrivata a 214 miliardi di euro, aumentando del 6% rispetto al 2020. Certo, non siamo al livello degli USA, che spendono oltre 800 miliardi di dollari l’anno. Ma è anche vero che la NATO, dopo la disastrosa ritirata dall’Afghanistan, stava seriamente pensando ad aprire un nuovo conflitto in Ucraina. È impossibile spiegare altrimenti delle cifre così assurde buttate nella difesa, quando né gli USA né la UE sono minacciati militarmente da nessuno.

D’altra parte le dichiarazioni di Hollande e Merkel sugli intenti reali degli accordi di Minsk sono state chiare. Ci si aspettava una reazione della Russia alle persecuzioni contro gli abitanti del Donbass.

I leader europei non hanno alcuna intenzione di frenare la deriva bellicista statunitense. Tutti si sentono pienamente integrati nello schema gerarchico imperiale degli USA. Ungheria e Serbia, e in misura minore Austria e Svizzera, andranno incontro a crescenti difficoltà se non si allineeranno ai desiderata americani. E anche la Turchia rischia molto se deciderà di uscire dalla NATO.

Naturalmente è facile prevedere che questo disegno bellicista richiederà una militarizzazione delle coscienze, nel senso che la criminalizzazione del dissenso diventerà sempre più forte.

Che vinca o perda in Ucraina, l’occidente farà in modo di convincere i propri cittadini che una dittatura e un’economia di guerra danno maggiori sicurezze.

Fonte: giubberosse.news

 

Per la prima volta fuori dai denti

 

Pechino ha pubblicato un rapporto sull’egemonia statunitense e sui suoi pericoli. Ecco i punti salienti:

- Gli Stati Uniti, aggrappandosi alla mentalità della Guerra Fredda, hanno sviluppato un piano egemonico mondiale per realizzare “rivoluzioni colorate”, suscitare divisioni regionali e persino iniziare guerre direttamente col pretesto di promuovere la democrazia, la libertà e i diritti umani.

- Il 2003 ha segnato l’inizio di una serie di “rivoluzioni colorate” : la “rivoluzione delle rose” in Georgia, la “rivoluzione arancione” in Ucraina e la “rivoluzione dei tulipani” in Kirghizistan. Il Dipartimento di Stato USA ha apertamente riconosciuto il suo “ruolo centrale” in questi “cambi di regime”.

- Dal 2001 le guerre e le operazioni militari scatenate dagli Stati Uniti in nome della lotta al terrorismo hanno causato più di 900.000 vittime, di cui circa 335.000 civili, e milioni sono rimasti feriti.

- L’egemonia del dollaro è una delle principali fonti d’instabilità e incertezza nell’economia globale.

- Ad oggi gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni economiche a quasi 40 Paesi, tra cui Cuba, Cina, Russia, Corea del Nord, Iran e Venezuela, colpendo quasi la metà della popolazione mondiale.

- Gli Stati Uniti usano il loro potere statale per sopprimere i concorrenti economici e interferire coi normali affari internazionali. Non sanno cosa sia un’economia di mercato liberale.

- Gli Stati Uniti cercano di frenare lo sviluppo scientifico, tecnologico ed economico di altri Paesi attraverso l’uso del potere monopolistico, la repressione e le restrizioni tecnologiche nelle aree ad alta tecnologia.

- Gli Stati Uniti hanno mobilitato il potere statale per imporre sanzioni contro la società cinese Huawei.

E poi dicono che i cinesi, quando parlano, sono molto prudenti… Non sia mai che i cinesi, che si dicono ancora comunisti, fan dire cose più intelligenti ai russi, che comunisti non sono più.

 

Biden come Nixon?

 

Nel 1969 Richard Nixon volò inaspettatamente nel Vietnam del Sud in guerra, per sostenere moralmente il presidente Nguyen Van Thieu, promettendogli assistenza a tutto tondo contro i comunisti.

Qualche anno dopo, quando le truppe del Vietnam del Nord si stavano avvicinando a Saigon, Thieu si rivolgerà agli Stati Uniti chiedendo l’aiuto promesso. Ma il Congresso lo rifiuterà. Sicché le truppe statunitensi si ritirarono dal Vietnam. Thieu, dopo la caduta di Saigon nell’aprile 1975, fuggì dal Paese verso Taiwan su un aereo da trasporto C-118.

È questo il destino che attende Zelensky? Io credo che non avrà bisogno di aspettare 6 anni per andarsene. Lui sta per fare la fine di Kerensky l’indomani della rivoluzione d’ottobre.

 

[22] La verità è un lusso

 

Anche quando non si trova in una situazione di conflitto bellico tra nazioni, in cui se non si sta da una parte, si finisce col stare automaticamente dall’altra, un giornalista è sempre combattuto dalle due diverse esigenze di fornire informazioni o propaganda.

A volte lo stesso giornalista potrebbe non essere consapevole di offrire informazioni falsate o distorte su un determinato caso. Questo perché l’ideologia dominante infetta così tanto le menti che si falsificano o mistificano le cose anche senza saperlo. I giudizi sono in realtà dei pre-giudizi. Anche quando si raccontano i fatti nudi e crudi, in maniera asettica, la cornice entro cui vengono esposti è tarlata.

Nei nostri mezzi di comunicazione dominanti viene data per scontata la necessità di schierarsi. Il che potrebbe anche essere giusto. Il problema è che ci si schiera sempre dalla parte di chi ha i soldi o del governo in carica, cioè dalla parte dei poteri forti. Scrivere su un quotidiano pagato da un imprenditore privato e non tanto dai suoi lettori, o pagato da una pubblicità che vuole interferire sui contenuti che si trasmettono, o sostenuto con fondi statali nazionali o con fondi esteri, non serve a niente. Non è una scrittura utile alla conoscenza della verità delle cose.

Il quarto potere oggi ha un potere immenso nella manipolazione dell’opinione pubblica proprio perché viene pagato da altri poteri che hanno il compito di convincere i cittadini a credere nell’illusione di una informazione corretta, veritiera. Paradossalmente l’utenza del mainstream paga per essere disinformata.

Nel web è meno facile per i poteri dominanti controllare tutte le informazioni veicolate. Tuttavia oggi i singoli siti o blog non contano quasi nulla. A dominare l’informazione sono i social e le grandi testate giornalistiche, e qui bisogna per forza sottostare a controlli preventivi, che arrivano fino alla censura vera e propria. Si rischia d’essere “bannati” per periodi più o meno lunghi, fino al punto in cui si può essere anche espulsi in maniera definitiva.

La verità oggi è un lusso che pochi possono permettersi.

 

Giornalismo sotto tutela a Kiev

 

Otto giornalisti italiani, tutti freelance, sono finiti in una lista nera dei servizi segreti di Kiev con l’accusa di essere “spie” dei russi per aver fatto, nel passato, alcuni servizi nelle repubbliche separatiste del Donbass. Gli hanno ritirato l’accredito per la stampa. Non vogliono che si sappia nulla di quel che accade né al fronte né nelle retrovie, a meno che non venga preventivamente supervisionato.

I neonazisti al governo sono riusciti a convincere la popolazione che se racconti le repubbliche secessioniste, allora fai implicitamente o esplicitamente propaganda per loro, le sostieni. Quando invece questi giornalisti non sono affatto filorussi. Se lo fossero, non troverebbero in Italia nessun quotidiano del mainstream disposto a pubblicare i loro articoli. Solo due fanno riferimento al “Fatto Quotidiano”.

La cosa strana è che in Donbass si sono recati centinaia di giornalisti, anche italiani, e non tutti hanno avuto guai con le autorità. Un ruolo cruciale nella blacklist ce l’hanno i fixer, quelle figure professionali che accompagnano i reporter al fronte o tra la gente, lavorando come traduttori, consiglieri e factotum. Molti di questi fixer sono legati alla causa ucraina e possono anche fare le spie.

Il clima che si respira in Ucraina è orwelliano: si sospetta di tutti, la censura è preventiva. Il giornalismo deve cercare soltanto quei fatti che si conformano ai pregiudizi.

Sotto questo aspetto è abbastanza ridicolo sostenere, come ha fatto il neopresidente della Federazione nazionale della stampa italiana, Vittorio Di Trapani, che i cronisti non prendono parte alle guerre, le raccontano, cioè sono giornalisti, non opinionisti. Se fosse davvero così, tutti quelli delle televisioni pubbliche e private dovrebbero essere licenziati. Non ce n’è uno che oggi non sia antirusso.

D’altra parte nessun vuol fare la fine di Udo Konstantin Ulfkotte, giornalista tedesco al soldo della CIA, trovato morto nella sua abitazione e cremato senza alcuna autopsia, dopo che aveva rivelato le porcate del sistema informativo americano.

 

Avevano il socialismo e non se n’erano accorti

 

Propriamente parlando, la cultura americana non può essere definita una “cultura nazionale”, poiché, all’interno di quel Paese, essa rappresenta una classe sociale minoritaria, la quale, detenendo il potere economico e quindi politico, impone la propria cultura al resto della popolazione. E la impone con una ideologia semplice ed efficace, trasmessa attraverso cinema e televisione (cui di recente si è aggiunto anche il web, dove nei social è comparsa la censura).

I valori dominanti negli USA, fino a poco tempo fa, erano tipicamente razzistici e classisti: essere bianco, anglosassone, protestante, con una prevalenza del maschio sulla femmina.

Dagli anni ’70 in poi molte cose sono cambiate. Ma fino a un certo punto. C’è più uguaglianza di genere? Sì ma perché le donne sono diventate ciniche e spietate come gli uomini. Si sono superate le concezioni razziali? Sì ma perché i neri, i sudamericani, gli asiatici hanno acquisito tutti i valori dei bianchi anglosassoni. Si sono livellate le differenze religiose? Sì ma perché in realtà la religione è stata relegata alla sfera privata e la società, nel suo complesso, si è laicizzata.

Oggi negli USA è inconcepibile opporsi al potere delle multinazionali, all’idea di proprietà privata di tutti i mezzi produttivi, alla necessità di esportare in tutto il mondo, anche con la forza militare, i princìpi della democrazia parlamentare, dei diritti umani, del libero mercato...

Parlare di socialismo è come bestemmiare. E pensare che proprio nel Nordamerica il socialismo l’han vissuto sin quasi alla fine dell’800, quando furono eliminate le ultime comunità indigene rappresentate in “500 nazioni”. Che è poi il titolo di quella serie televisiva, diretta da Jack Leustig, che la RAI trasmise nell’estate 1997, quando gli italiani erano in vacanza.

 

[23] Il discorso di Putin

 

Il discorso di Putin si è basato su alcuni punti fondamentali: il volto neonazistico del regime di Kiev; le guerre scatenate dall’occidente (che dal 2001 in poi han causato circa 900.000 morti e oltre 38 milioni di profughi); l’espansione della NATO a est; le innumerevoli basi militari USA sparse nel mondo; la guerra civile che nel Donbass va avanti dal golpe del 2014; il non rispetto degli accordi di Minsk e l’indifferenza dell’Europa (soprattutto dei firmatari franco-tedeschi) nei confronti di questi accordi; la preparazione di questa guerra attraverso l’addestramento e il riarmo dell’esercito ucraino; le assurde e disumane sanzioni economiche e finanziarie che, in ultima istanza, hanno danneggiato più l’Europa della stessa Russia. Persino la necessità da parte di Mosca di sospendere la partecipazione al trattato START è apparsa pienamente giustificata.

Sia come sia l’operazione speciale è finita. Ora siamo in guerra e per fortuna a Putin non manca il buon senso, anche se non potrà certo comportarsi coi Paesi NATO usando le stesse attenzioni avute nei confronti dei civili ucraini. L’idea di un’Europa dai Pirenei agli Urali per i russi è diventata oggi il peggiore degli incubi.

 

Quel poveretto di Biden

 

Se si mettono a confronto i due ultimi discorsi di Biden e di Putin vi è un abisso di credibilità.

Quando negli anni ’60 si sentivano i discorsi di Kennedy, si aveva la netta impressione che si rivolgesse al mondo intero contro il socialismo statale. “Ich bin ein Berliner”, diceva davanti al muro di Berlino. Era tutta retorica, ma efficace. Vergognoso invece il suo ruolo in Vietnam ed emblematico quello con Cuba: un’isoletta socialista costituiva una minaccia esistenziale al più potente Stato del mondo. Oggi invece si pretende dai russi che considerino normale essere circondati da basi NATO.

Anche Carter appariva credibile contro la teocrazia iraniana, anche se promosse una guerra civile di 12 anni in El Salvador. E che dire di Reagan che di fronte a Gorbaciov smetteva di parlare di “impero del male”, anche se il giorno dopo occupava Grenada? E Clinton, che plaudiva al neoliberismo selvaggio di Eltsin, non veniva forse visto come un presidente rassicurante, pur avendo bombardato la Serbia? Ma anche coi due Bush che combattevano contro i dittatori (più o meno inventati), i terroristi islamici (da loro stessi creati)...: chi li ha mai contestati? E Obama, primo presidente afroamericano, premio Nobel della pace? Anche lui, come tutti quelli che l’hanno preceduto, guerrafondaio come mai; e tuttavia, nonostante questo, appariva come il portavoce di esigenze mondiali di giustizia, libertà, democrazia. Imbarazzante invece per gli europei Trump, favorevole alla Brexit, indifferente alla NATO e alle questioni ambientali, preoccupato di mettere dazi sulle nostre merci...

Ma con Biden gli USA han toccato il fondo. Il suo discorso (nel solito tono messianico che hanno gli americani) sembra quello di un autistico che si rivolge a persone egocentriche. Sembra l’intolleranza impersonificata in nome della democrazia, l’ipocrisia più evidente in nome della libertà. Di fronte a un soggetto del genere, per Putin era come sparare sulla Croce Rossa.

 

La Russia non è aggressiva

 

I russi non sono un popolo belligerante, anche se al tempo degli zar l’area europea colonizzò quella asiatica. Anche quando han vissuto il periodo peggiore della loro vita, sotto lo stalinismo, non sono stati aggressivi nei confronti di popolazioni esterne ai loro confini. Quando lo sono stati nei confronti di ungheresi e cecoslovacchi, nel 1956 e nel 1968, lo sono stati per motivi ideologici, per salvaguardare le idee del socialismo statale, non perché volevano sfruttare economicamente quei Paesi. I russi, a partire dal momento in cui si sono costituiti come Federazione, non hanno vissuto sfruttando le risorse di popoli stranieri, come invece hanno fatto tutti i Paesi occidentali. Anzi, in genere, era molto di più quel che l’URSS dava ai Paesi membri del Comecon (1949-91) di quel che riceveva.

E comunque la storia ha dimostrato che il socialismo autenticamente democratico non si riesce a realizzare. L’opposizione al socialismo statale si è sempre indirizzata verso il capitalismo privato, tipicamente occidentale. Solo di fronte ai grandi disastri di questo capitalismo, la Russia e la Cina hanno optato per un capitalismo controllato dallo Stato.

A tutt’oggi le uniche esperienze di socialismo autenticamente democratico, basato sulla proprietà collettiva dei mezzi produttivi e sul primato del valore d’uso su quello di scambio, sono state realizzate dalle comunità primitive, quelle che non hanno mai sperimentato i limiti dello schiavismo o del servaggio. Quando le analisi geopolitiche verranno sostituite da quelle etnoantropologiche, vorrà dire che qualcosa di significativo sarà avvenuto.

 

Il trattato START-3 non è una vacca sacra

 

L’escalation del confronto tra Occidente collettivo e Federazione Russa ha reso inapplicabile il trattato START-3 contro il nucleare militare.

A Mosca hanno la netta impressione che si voglia distruggere la sicurezza nazionale della Russia, in contrasto coi princìpi fondamentali su cui si basa il Trattato, relativamente all’uso delle armi strategiche offensive.

In effetti permettere a quasi 30 Paesi ostili di controllare gli armamenti strategici nucleari della Russia è ridicolo. Ancor più sentire Biden e Blinken condannare l’atteggiamento di Putin. Giustamente quest’ultimo ha detto nel suo ultimo discorso che il controllo degli armamenti è inscindibile dalle realtà geopolitiche e strategico-militari. Lo capisce anche un bambino. Quando manca la reciproca fiducia, qualunque controllo viene visto come una minaccia. Tanto più che le armi nucleari di Francia e Inghilterra sono escluse dal trattato, e vista la situazione attuale la Russia farà bene a ripensarci e a pretendere in futuro, quando la situazione in Ucraina si sarà normalizzata, un nuovo trattato.

Non ha senso che l’Occidente collettivo provochi in tutte le maniere la Russia, armi fino ai denti l’Ucraina, miri a smembrare la Federazione e poi pretenda che la sicurezza strategica venga considerata una questione separata, come se fosse una vacca sacra.

L’occidente dovrebbe anzi ringraziare Putin di aver detto che, nonostante la sospensione della partecipazione al trattato, la Russia non aumenterà il numero di testate, al fine di mantenere la prevedibilità e la stabilità nella sfera dei missili nucleari. Una dichiarazione analoga le potenze nucleari occidentali non l’hanno fatta. Anzi Putin ha aggiunto di sapere che Washington sta pensando a un nuovo test delle armi nucleari, per cui ha chiesto al Ministero della Difesa e a Rosatom di prepararsi per fare altrettanto.

 

Qualcuno dice che…

 

... Putin ha agito in Ucraina senza l’autorizzazione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU.

Ma questo è ridicolo. Proprio all’interno di quel Consiglio è presente lo Stato che ha organizzato il golpe in Ucraina, e l’altro Stato che ha controfirmato gli Accordi di Minsk per dare il tempo agli ucraini di armarsi. Proprio quel Consiglio non ha mai voluto prendere in seria considerazione i rapporti allarmistici dell’OSCE sulla guerra civile condotta da Kiev contro il Donbass. Ben tre Stati su cinque di quel Consiglio han falsificato le prove (o creduto in tale falsificazione) per dichiarare guerra all’Iraq. Per non parlare del fatto che USA, Regno Unito e Francia han fatto varie guerre nel mondo senza chiedere all’ONU alcun mandato: in Serbia, Libia, Siria, Iraq, Afghanistan e Panama. E che dire del fatto che tutte le operazioni di pace volute dall’ONU per il Medio Oriente non sono servite assolutamente a nulla? E la richiesta dell’ONU di togliere l’embargo a Cuba? Pura aria fritta.

Sono passati quasi 80 anni dalla sua creazione, e ormai è evidente che l’ONU o non serve a garantire la pace o fa sempre gli interessi dei Paesi occidentali (lo si è visto sin dalla guerra in Corea ma soprattutto dopo la fine della guerra fredda). In ogni caso non è mai stato in grado d’impedire alcun conflitto iniziato da uno dei cinque membri permanenti.

Basti dire che il segretario generale, António Guterres, solo a conflitto inoltrato tra Russia e Ucraina, si è recato a Kiev e a Mosca, e solo per dire delle mere banalità. L’ONU non è in grado di controllare neppure l’operato delle ONG, che spesso vengono usate come quinte colonne da parte degli Stati più aggressivi.

Ci vogliono altri organismi internazionali, oppure si deve abolire il diritto di veto e affidarsi esclusivamente alla volontà dell’Assemblea generale, dove però il voto di uno Stato come p.es. quello Vaticano, che ha mille abitanti, non può avere lo stesso peso di quello di Paesi enormi come Cina e India, che insieme fanno il 40% dell’umanità.

 

[24] Cinesi anime belle

 

La Cina ha proposto un piano di pace in 12 punti. Sono belle parole, che nessuno però riuscirà a mettere in pratica pacificamente.

Si chiede p.es. di abbandonare la mentalità della guerra fredda e di rispettare i legittimi interessi di sicurezza di tutti i Paesi.

Tuttavia se c’è una cosa che gli USA non vogliono fare (e con loro anche molti Paesi europei), è proprio questa. La Russia è vista come un nemico assoluto, che va smembrata per impossessarsi di tutte le sue risorse. Lo dimostrano l’estensione della NATO verso est, i golpe e i tentativi di golpe tramite le cosiddette “rivoluzioni colorate” nei Paesi dell’ex blocco sovietico.

Nel documento è detto chiaramente che “La sicurezza di un Paese non può essere raggiunta a scapito della sicurezza di altri Paesi, e la sicurezza regionale non può essere raggiunta rafforzando o addirittura espandendo i blocchi militari.”

Parole sante, ma allora che ci fanno tutte quelle basi NATO attorno ai confini della Russia? Ha senso permettere ai russi, per farli sentire sicuri, di avere proprie basi militari attorno agli Stati Uniti? Ha senso che la sicurezza reciproca possa dipendere dal terrore reciproco di essere bombardati con armi nucleari?

La vogliamo capire che per creare davvero un clima di sicurezza in Europa la NATO deve chiudere tutte quelle basi che fanno sentire la Russia in pericolo? Il Patto di Varsavia fu smantellato dai sovietici in maniera unilaterale, senza chiedere alla NATO di fare altrettanto. Voleva essere un gesto distensivo. Mosca aveva persino chiesto di poter far parte della NATO.

Senonché americani ed europei interpretarono quel gesto come un segno di debolezza e ne approfittarono per raddoppiare il numero dei Paesi aderenti alla NATO, comprando la loro adesione con promesse mirabolanti di aiuti economici.

Per tutto il 2022 la NATO ha cercato di allargarsi a Svezia e Finlandia. L’obiettivo è quello di chiudere alla flotta russa l’accesso al Mar Baltico, minacciare l’exclave di Kaliningrad e la città di San Pietroburgo, vicinissima al confine finlandese. Tra l’altro la linea di demarcazione tra Russia e Finlandia è di 1.340 km (quella tra Russia e Ucraina, prima che i russi prendessero il Donbass, era di 1.576 km). Immaginiamo per un momento se la distanza che separa la Vetta d’Italia dall’isola di Lampedusa, pari a 1.291 km, fosse condivisa da uno Stato bellicoso, che ci minaccia di continuo e che sembra essere intenzionato a occupare parti del nostro territorio, se non addirittura a invaderci. Per sentirci sicuri dovremmo armarci fino ai denti?

Noi per fortuna non confiniamo con uno Stato del genere. Ma allora che ci fanno 120 basi NATO e americane nel nostro Paese?

 

Manca qualcosa di fondamentale

 

Nel documento cinese proposto per risolvere il conflitto russo-ucraino manca un aspetto di fondamentale importanza, a prescindere dal quale tutto il resto perde di significato.

Il testo dice che dovrebbero essere rigorosamente osservate la sovranità, l’indipendenza e l’integrità territoriale di tutti i Paesi.

Tuttavia più importante di tutti questi princìpi è il rispetto dell’autodeterminazione dei popoli. La Russia non ha inaugurato l’operazione speciale per occupare l’Ucraina. Se davvero avesse voluto farlo, avrebbe dovuto avere almeno il doppio dell’esercito, visto che quel Paese è grande due volte l’Italia, e bombardare subito la capitale.

Putin ha deciso d’intervenire dopo che si era reso conto che gli Accordi di Minsk non erano serviti a garantire l’incolumità dei russofoni nelle due repubbliche autonome del Donbass.

Cioè ha deciso di violare i suddetti princìpi riconosciuti dall’ONU per poter far rispettare un altro principio riconosciuto sempre dall’ONU e che però in Ucraina la stessa ONU non si è mai preoccupata di farlo rispettare sino in fondo.

Quando esprimono una volontà comune, un’istanza condivisa, i popoli sono più importanti degli Stati e delle Nazioni. Su questo non si possono avere dei dubbi. Tale principio generale vale anche per la Cina. I confini tra Stati o tra Nazioni vanno considerati secondari o comunque subordinati  rispetto all’esigenza che hanno le popolazioni a determinare i propri ambiti di competenza, le proprie peculiarità identitarie. Altrimenti non si riuscirà mai a scongiurare il rischio di compiere genocidi o etnocidi.

Se vogliamo davvero che esista la pace nel mondo bisogna impedire agli Stati nazionali d’interferire nelle scelte esistenziali delle popolazioni locali o regionali. Non è possibile condizionarle, contro la loro volontà, negli usi e nei costumi, nelle tradizioni e nei valori... L’umanità, in questi ultimi 6000 anni di storia, ha perso un patrimonio incalcolabile di diversità culturale. Gli Stati non devono “garantire” i valori alle popolazioni (questa sarebbe una forma di paternalismo autoritario). Devono semplicemente limitarsi a rispettarli e a farli rispettare tra le diverse popolazioni, almeno fino a quando le popolazioni non avranno più bisogno di alcuno Stato, essendo in grado di rispettarsi reciprocamente da sole.

 

[25] Come concludere questa guerra?

 

Si può smettere una guerra per motivi umanitari? Non coi neonazisti ucraini, che han compiuto mostruosità nel Donbass e che ora vogliono addirittura occupare la Transnistria. Non con la NATO, che dai tempi della guerra contro la Serbia ha ucciso, ferito, mutilato e costretto a diventare profughi un numero incalcolabile di persone. Non con l’occidente falso e bugiardo, che tiene sotto sanzione da decenni, senza un mandato dell’ONU, molti Paesi del mondo, per non parlare del fatto che in forza del proprio potere economico-finanziario e militare spadroneggia su buona parte del pianeta dai tempi della scoperta-conquista dell’America.

Certo, per una civiltà abituata a comandare da mezzo millennio e quindi a usare le istituzioni e il diritto in maniera solo formalmente democratica, può apparire scioccante che qualcuno alzi la testa e le dica che è giunta l’ora della resa dei conti.

Non bisogna tuttavia avere dei ripensamenti. La Russia non può farsi prendere da sentimenti buonistici, proprio perché troverebbe subito nel mondo occidentale chi vorrebbe approfittarne. Purtroppo noi siamo così abituati a mentire che anche quando diciamo la verità, lo facciamo per un secondo fine.

Qui non sono in gioco questioni personali ma di principio. Qui non è proprio il caso di provare dei sentimenti di gratitudine nei confronti di chi ha inventato il progresso tecnico-scientifico, anche perché questo progresso è stato pagato dalla sofferenza di un numero spropositato di gente sfruttata.

L’occidente è un sovrano che va spodestato dal suo trono mondiale. E questo va fatto a prescindere da qualunque altra considerazione di opportunità o di legittimità. Se proprio vuol continuare ad agire d’imperio, lo faccia in casa propria, senza sfruttare le risorse altrui, senza approfittare delle debolezze altrui.

 

Sì, le guerre possono anche finire

 

Una guerra può finire in varie maniere. Generalmente le tre principali sono le seguenti: una delle parti in causa si arrende per evidente impossibilità di continuarla; l’obiettivo per cui una delle parti in causa l’ha scatenata, è stato raggiunto; i protagonisti in gioco decidono una soluzione negoziata, basata su vari compromessi.

La Russia non può porre fine a un conflitto mostrando che non ne può più o che si sente troppo debole per proseguirlo. Se si comportasse così, dovrebbe come minimo restituire il Donbass al governo di Kiev, il quale inevitabilmente si scatenerebbe con una rappresaglia allucinante contro i russofoni e soprattutto i filorussi di quel territorio, anzi dell’intera nazione. L’odio represso in un anno di guerra da perdenti si scatenerebbe in maniera implacabile. Quello antirusso manifestato negli 8 anni precedenti sarebbe uno zuccherino.

Se la Russia perdesse questa guerra, la delusione degli abitanti del Donbass potrebbe avere reazioni inaspettate. Anzi, la credibilità mondiale della Russia, soprattutto sul piano militare, crollerebbe in maniera repentina e rovinosa. L’occidente stesso si sentirebbe autorizzato a realizzare il suo sogno di sempre: smembrare la Federazione in tanti staterelli separati e impadronirsi di tutte le sue risorse.

No, la Russia non può perdere non solo per se stessa, non solo per le minoranze russe che all’estero chiedono il rispetto della loro identità e cultura, ma anche perché buona parte del pianeta ha manifestato in quest’anno di guerra grandi aspettative di riscatto nei confronti dell’arroganza degli occidentali, abituati a sentirsi padroni del mondo.

La guerra quindi potrà finire solo alle condizioni che i russi vorranno porre e che saranno tutte relative alle proprie esigenze di sicurezza e a quelle delle popolazioni russofone che vivono al di fuori dei propri confini, e che non possono essere perseguitate per motivi linguistici o culturali. Se l’ONU non è in grado d’impedire una qualunque politica genocidaria, è meglio che chiuda i propri battenti.

Zelensky si deve arrendere. È inutile che continui a fare la parte dell’eroe o della vittima sacrificale di un occidente che vorrebbe usare l’atomica e non può farlo. Gli USA han già detto che non potranno aiutarlo all’infinito, e han già fatto capire che l’unica possibilità che resta per vincere questa guerra è quella di ricorrere al nucleare. Il che però comporterebbe effetti imprevedibili per tutti. E ancora la narrativa propagandistica non è così convincente, nella sua tragicità, da indurre le popolazioni euroamericane ad accettare il nucleare come soluzione finale.

In questo anno di guerra si è capito che con la Russia non bastano né le armi convenzionali né le sanzioni. E se la NATO decidesse di scendere in campo con le proprie truppe, non avrebbe a che fare con una Russia isolata, ma con uno Stato sostenuto da decine di altri Stati che si sono rifiutati di porre delle sanzioni e che non vedono l’ora di poter inviare proprie truppe per poterlo difendere.

D’altra parte anche i cinesi al decimo punto delle loro proposte di pace l’han detto chiaramente: “Le sanzioni unilaterali e le pressioni estreme, non autorizzate dal Consiglio di sicurezza dell’ONU, non solo non risolveranno i problemi, ma ne creeranno di nuovi”.

È la prima volta che la Cina si esprime in un linguaggio così lontano dai propri standard. È difficile credere che di fronte a una guerra nucleare si metterebbe dalla parte sbagliata. E anche l’India non sarebbe da meno. Questi due colossi han capito che la guerra russo-ucraina ha provocato uno spostamento del baricentro geopolitico a favore del continente asiatico.

 

Le conseguenze dell’interdipendenza

 

Forse pochi sanno che a partire dal momento in cui l’occidente ha iniziato a congelare i 300 miliardi di dollari della Banca centrale russa e a imporre sanzioni economico-finanziarie di ogni tipo, la Russia ha iniziato a fare la stessa cosa coi beni occidentali presenti nel suo territorio.

Anzi, le stesse sanzioni hanno inevitabilmente bloccato i beni occidentali in Russia, prima ancora che questa decidesse di prendere delle contromisure. Stiamo parlando di dividendi azionari, pagamenti di interessi su obbligazioni, partecipazioni a fondi statali o privati, ecc. Non avendo venduto tutto prima dell’inizio della guerra, ora si è perso tutto.

E non sono cifre da poco, anche se tutti si rifiutano di renderle pubbliche.

Legalmente il denaro appartiene ad alcune delle più grandi società d’investimento mondiali, che non amano parlare pubblicamente di questi ammanchi, mentre la guerra è ancora in corso, per non spaventare i loro clienti o soci.

Si sa soltanto che prima della guerra gli investimenti stranieri in Russia erano pari a circa 150 miliardi di dollari in azioni e titoli di stato, stando ai dati della Borsa di Mosca e della Banca di Russia.

Il bello è che, anche nel caso in cui la Russia volesse onorare i propri debiti, non potrebbe farlo proprio a causa delle sanzioni, e quando invece le è possibile, non vuole farlo in dollari ma in rubli. Il dollaro è considerato una moneta infetta, priva di alcun valore intrinseco e non si vuole che circoli nel Paese.

Non è curioso che l’occidente prima parli di globalismo e poi si meravigli che nel mondo tutto sia interconnesso? Noi amiamo far del male agli altri e non vogliamo che gli altri ne facciano a noi.

Fonte: bloomberg.com

 

Prossima nuova provocazione

 

Il governo di Kiev sta preparando una provocazione in Transnistria (Repubblica moldava di Pridnestrovie) sostanzialmente per due motivi: qui esiste un deposito enorme di munizioni che fanno gola alle proprie truppe, perché sono ancora quelle di fabbricazione sovietica; vuole allargare il conflitto alla Moldavia e soprattutto alla Romania, che fa parte della NATO.

Secondo Mosca starebbe preparando un’azione di falsa bandiera per poi gettare le responsabilità sul Cremlino. Militari ucraini in uniforme dell’esercito russo simulerebbero un’offensiva delle forze militari di Mosca; in risposta l’esercito ucraino entrerebbe in Transnistria.

Il governo di Kiev è in combutta con quello moldavo, da cui si è dimessa di recente la premier, sostituita subito dalla presidente Maia Sandu con l’ultra atlantista Dorin Recean, che pretende la smilitarizzazione della Transnistria. Parole irresponsabili, le sue, che potrebbero portare allo scoppio di una nuova guerra in Europa, in grado di coinvolgere almeno quattro Stati: Moldavia, Romania, Ucraina e Russia. Già nel 1992 l’esercito rumeno ha partecipato al tentativo di occupare la Transnistria.

La Sandu infatti vuole il ritiro delle forze di pace russe per far entrare la Moldavia nella UE. Ma non può farla entrare finché non controlla la Transnistria (ha soltanto ottenuto lo status di membro candidato). Qui il 60% degli abitanti sono russi e ucraini. La repubblica ha dichiarato la sua indipendenza dalla Moldavia il 2 settembre 1990, cioè prima del crollo dell’URSS. Nel 1992, dopo un tentativo della Moldavia di risolvere il conflitto con la forza, la Transnistria uscì definitivamente fuori dal controllo di Chisinau. Al momento ha una superficie di 4.163 kmq e una popolazione di circa 555.000 abitanti. Vi si parla il russo, l’ucraino e il moldavo.

Le forze di pace russe sono state introdotte nel 1992 dopo un accordo firmato dai presidenti russi e moldavi. Il contratto si estingue se una delle parti recede. L’indipendenza della Repubblica non è stata riconosciuta dai Paesi dell’ONU, tranne che da altre tre repubbliche separatiste filorusse dell’ex Urss: Abkhazia e Ossezia del Sud in Georgia, Artsakh in Azerbaigian.

Le forze congiunte di mantenimento della pace, russe e transnistriane, sorvegliano i depositi di munizioni a Kolbasna. L’arsenale contiene più di 20.000 tonnellate di munizioni di artiglieria, per fanteria ed equipaggiamento. Non è stato registrato un solo caso di armi contrassegnate nei magazzini della Transnistria che abbiano raggiunto il mercato nero. Lo stesso non si può dire delle armi fornite dall’occidente all’Ucraina. A quanto pare in quei depositi vi sono anche armi nucleari.

Il confine tra la Moldavia e la Repubblica moldava di Pridnestrovie (il fiume Dnestr) non è segnato da linee inespugnabili. I cittadini moldavi e della Transnistria viaggiano l’uno verso l’altro e il conflitto è congelato in attesa di proposte e negoziati produttivi.

Putin ha revocato il decreto firmato il 7 maggio 2012 riguardante il rapporto della Russia con la Moldavia per il rispetto dei russofoni della Transnistria. Ovviamente l’occidente sostiene che l’ha fatto per aumentare l’intensità del conflitto in Ucraina. Invece è proprio il contrario.

Nella capitale moldava vi sono molte proteste nei confronti del governo per la gestione della crisi economica, che ha portato l’inflazione al 30% e ridotto notevolmente il potere d’acquisto dei cittadini.

 

[26] La proposta di Allison

 

Sul “Washington Post” Graham Allison spiega come concludere il conflitto russo-ucraino.

1) Non umiliare un avversario dotato di 6.000 testate nucleari. Gli USA non possono impegnarsi in una guerra nucleare mondiale, né tattica né strategica.

2) Se le condizioni sul campo di battaglia costringono Putin a scegliere tra una perdita umiliante da un lato e un’escalation dall’altro, è probabile che scelga l’escalation, anche perché ritiene questa guerra una questione di sicurezza esistenziale per il suo Paese.

3) L’occidente può accettare le condizioni che Putin vorrà porre, poiché anche nel caso in cui si sia costretti a riconoscergli il possesso del Donbass, l’economia russa resterà sempre 20 volte inferiore a quella occidentale. In più la NATO si sarà allargata a Svezia e Finlandia. Inoltre la Russia resterà isolata all’interno della nuova guerra fredda.

4) Nel caso in cui l’Ucraina venga divisa in due, la parte occidentale verrà sicuramente ricostruita molto più in fretta di quella orientale e alla fine riuscirà ad assorbire quest’ultima, come è successo in Germania.

Cosa c’è di strano in questa autorevole proposta? C’è il fatto che gli USA hanno il terrore che la Cina si avvicini a tal punto alla Russia da determinare insieme le condizioni della pace, a prescindere dalla volontà europea e americana. Non a caso gli USA e la UE han rifiutato subito la proposta di pace avanzata da Wang Yi.

Inoltre si ha l’impressione che una proposta del genere parta dal presupposto che i russi sono imbattibili in campo aperto. È vero che stanno avanzando lentamente, ma lo stanno facendo inesorabilmente, senza avere alcuna fretta e senza aver bisogno di usare le armi pesanti di cui dispongono.

Per la NATO è abbastanza umiliante dover ammettere che i Paesi occidentali non hanno sufficienti munizioni nei depositi, né armi offensive da regalare, privandosi delle proprie difese.

 

Il nuovo ruolo della NATO

 

La NATO è diventata un agente globale, quando in realtà era nata come alleanza regionale relativa all’Atlantico del Nord.

Adesso morire per la NATO significa morire per gli interessi egemoni di una sola nazione, l’unica che trae beneficio da una guerra in Europa: gli Stati Uniti.

La NATO interviene militarmente in qualunque scenario mondiale e si serve degli europei come di una manovalanza a sua completa disposizione, come facevano i nazisti coi loro alleati nella cosiddetta “Operazione Barbarossa”. Nella sostanza noi non risultiamo decisivi: dobbiamo solo obbedire agli ordini.

Mi chiedo quanto siamo consapevoli di questo progressivo sfacelo. Stiamo andando verso lo scontro globale che tutti dicono di voler evitare. L’Europa sta minimizzando il portato distruttivo di questa guerra russo-ucraina. Non ci rendiamo conto che spesso le guerre non sono un fatto di volontà, ma scoppiano per dinamiche che gli Stati non controllano fino in fondo. Chi voleva la prima guerra mondiale? Nessuno. E la seconda? Tutti pensavano che la Germania si sarebbe accontentata dei Sudeti e dell’Austria. Al massimo avrebbe attaccato la Russia comunista per avere un proprio impero coloniale. Solo quando firmò il patto Ribbentrop-Molotov per prendersi la Prussia orientale e il corridoio di Danzica, Francia e Inghilterra cominciarono a preoccuparsi. Ma ormai era tardi.

Oggi rischiamo di ripetere lo scenario in altre forme e modi. Se lasciamo fare agli USA, che vogliono occupare Russia e Cina, noi europei verremo trascinati in un vortice senza via d’uscita. Dobbiamo convincerci che i nuovi nazisti sono gli americani e che l’ideologia fascista si è messa il vestito della democrazia.

 

Siamo autolesionisti

 

Paradossalmente quante più armi diamo all’Ucraina, tanto più diventiamo dipendenti dagli USA nell’acquisto di nuovi mezzi militari, che sicuramente saranno molto più costosi e per la cui manutenzione (almeno finché non acquisiremo sufficiente competenza) spenderemo un fiume di soldi.

Ora però che abbiamo rotto i ponti economici con la Russia, che per noi europei erano molto vantaggiosi, dove troveremo tutti questi fondi? L’Europa è destinata a impoverirsi. Il dollaro e l’euro perderanno inevitabilmente il loro valore. Se spariscono di scena, nella loro fisicità, restando solo immateriali, i nostri risparmi saranno completamente controllati dalle banche centrali, le quali ci permetteranno di usare solo il minimo indispensabile per non morire di fame.

Se gli USA vanno in default a causa dei loro astronomici debiti, che non potranno più sostenere con l’egemonia mondiale del petrodollaro, noi li seguiremo a ruota, esattamente come abbiamo fatto con tutti i crack borsistici e finanziari degli ultimi 20 anni.

Dalla seconda guerra mondiale ad oggi ci han fatto credere che il nostro nemico era la Russia. Ora però dovremmo chiederci: ha senso per noi italiani dover sottostare ai diktat della UE, quando già dobbiamo farlo nei confronti dei diktat americani? Perché dobbiamo avere due padroni invece che uno?

Mi rendo conto che la vera domanda sarebbe un’altra: perché in Italia non ci liberiamo delle basi NATO? Oppure un’altra ancora: perché la UE non riesce a diventare un soggetto politico autonomo e non si arma per conto proprio, senza dover dipendere dalle forniture americane? Ma mi rendo anche conto che non siamo pronti per trovare risposte adeguate a queste domande. Siamo duri di comprendonio e abbiamo bisogno di pagare salate lezioni private.

Noi facciamo parte di quel terzo di Paesi autolesionisti che hanno sanzionato la Russia. I 2/3 invece, con molta più personalità di noi, stan facendo affari d’oro, e stanno cominciando seriamente a credere che, proprio grazie alla Russia (oltre che alla Cina), possono anche liberarsi da qualunque forma di dipendenza nei confronti dell’occidente.

 

Un punto a favore degli USA

 

Certo che gli americani son furbi. Ora che in Europa abbiamo svuotato gli obsoleti arsenali militari, a causa delle forniture di armi a Kiev, da chi andremo a rifornirci di nuove risorse tecnologicamente più avanzate? Faremo tutto in casa? Non credo. Saranno invece gli USA a rinnovare il nostro parco-macchine, perché quello che investono loro in questo campo non è neanche paragonabile al nostro budget, anche se per restare nella NATO dobbiamo ora riservare alle armi come minimo il 2% del PIL.

Noi europei, quando ci mettiamo a confronto con gli americani, siamo sempre incredibilmente ingenui. È come se soffrissimo di un complesso d’inferiorità. Ci illudiamo che se riusciamo ad avere un certo benessere economico, la sudditanza nei confronti degli USA non comporti particolari conseguenze negative. Le ultime due guerre mondiali ci hanno sconvolto a tal punto che per noi europei è diventato prioritario soltanto il lavoro, con cui assicurarci cibo e casa, un’istruzione per i figli e una pensione di anzianità. Per tutto il resto il cervello può andare anche in pappa.

Ancora oggi siamo convinti che gli USA, nell’ultima guerra mondiale, sono venuti a liberarci dai nazisti, quando in realtà lo sforzo maggiore, quello decisivo, l’han fatto i sovietici: gli americani si sono soltanto sostituiti ai tedeschi, e l’han fatto non solo seminando ovunque le loro basi militari, ma anche obbligandoci ad accettare il consumismo di massa, il primato del dollaro (prima convertibile in oro, poi obbligatorio per comprare gli idrocarburi) e una ridicola democrazia formale.

Pur di non allearsi con la Russia e rinunciando a vederla come facente parte del continente europeo, ci siamo privati di qualunque autonomia politica, di qualunque identità comunitaria. Abbiamo delegato agli USA non solo il compito di difenderci dai russi, ma anche il tipo di narrativa propagandistica con cui interpretare i nostri “nemici”. Abbiamo cercato soltanto di ritagliarci uno spazio sul piano economico, nella speranza che il colosso americano non si arrabbiasse troppo per i grandi vantaggi che abbiamo acquisito con le materie prime dei russi.

Appena però i nostri padroni han detto basta, subito ci siamo piegati, ingoiando un rospo dopo l’altro. Neppure di fronte alla distruzione del Nordstream abbiamo detto qualcosa. Chissà fino a che punto arriveremo a mostrare il nostro servilismo. Al momento i peggiori lacchè della NATO li troviamo nell’est Europa, ma questo perché, essendo molto poveri, sono facilmente ricattabili.

 

[27] La retorica della non violenza

 

Gli italiani devono uscire dalla retorica pacifista della non violenza. Si può, anzi si deve essere non violenti quando la pace regna sovrana, non quando qualcuno vuole spadroneggiare su tutti gli altri.

Ci piace accettare la differenza tra armi difensive e offensive. Ci piace l’idea di togliere di mezzo qualunque arma di sterminio di massa, che colpisca indiscriminatamente militari e civili, anzi che faccia vittime soprattutto tra chi non combatte con le armi in mano. Rispettiamo assolutamente i princìpi che tutelano i prigionieri di guerra, quelli che prevedono una rieducazione del condannato e che quindi escludono la pena di morte e l’ergastolo. Rifiutiamo la prassi di usare metodi violenti sproporzionati al danno subito. Qualunque idea di vendetta, di legge del taglione, di giustizia privata ci fa orrore. Non vogliamo metterci sullo stesso piano di chi commette nefandezze di qualsivoglia genere. Siamo persino disposti ad accettare l’idea che il male, in ultima istanza, è meglio subirlo che farlo.

Ma su una cosa non possiamo transigere: la giustizia sociale, la libertà di un popolo, il diritto a esistere pacificamente e democraticamente vanno difesi anche con le armi se con la ragione non si ottiene nulla. Nessuna legislazione al mondo considera la legittima difesa una violenza gratuita. Non si capisce quindi perché questa difesa possa essere considerata lecita per un singolo individuo e non per un’intera collettività.

Se uno Stato subisce violenza da parte di un altro Stato o se la esercita contro i propri cittadini, è giusto, anzi doveroso opporsi con ogni mezzo a questo arbitrio.

Ecco è proprio su questo aspetto che le narrative occidentali e russe divergono nettamente. Noi vediamo solo la violenza esterna di uno Stato che giudichiamo aggressore, ma non vediamo la violenza interna esercitata dal governo di Kiev per 8 anni (ora 9) sul Donbass. Anzi su questo genocidio abbiamo preferito tacere, tergiversare, minimizzarne la portata. E ora ci piace esibire la nostra identità umanitaria, difendendo a spada tratta chi per noi fa la parte dell’aggredito.

Perché questa guerra russo-ucraina è giusta? Solo perché i russi vogliono spazzare via il neonazismo del governo di Kiev, responsabile di immani atrocità? No, ma anche perché l’occidente, con la sua ipocrisia di fondo, è molto più nazista degli ucraini. Lo è proprio in nome della democrazia e dei diritti umani. I nostri doppi standard nel valutare le cose sono assolutamente insopportabili. E se con le buone maniere, il dialogo, la diplomazia non riusciamo a rinunciare alla nostra arroganza, non restano che le maniere forti. Quelle che noi stessi dovremmo usare contro chi vuole dominare il nostro Paese e fare degli italiani un popolo bue.

 

Non avremo nulla e saremo felici

 

Abbiamo smesso di parlare di capitalismo semplicemente perché abbiamo smesso di parlare di comunismo. Se il comunismo doveva coincidere col socialismo statale, dobbiamo dire che il fallimento è stato quasi totale. Anche laddove, come in Cina, sono rimasti in piedi elementi del passato, di fatto si è stati costretti a introdurre dinamiche di tipo capitalistico nell’ambito della società civile, altrimenti sarebbe stato impossibile continuare a parlare di socialismo sul piano politico-istituzionale.

Il socialismo è diventato un obiettivo del futuro, che non può prescindere da un certo benessere materiale della popolazione. Nessuno vuole un socialismo nella miseria.

L’Asia idealistica, che credeva nel socialismo, avendo tradizioni secolari di tipo collettivistico, si è dovuta ricredere, e ha accettato di imborghesirsi, lasciandosi condizionare dallo stile di vita occidentale.

Tuttavia lo Stato è rimasto e gioca un ruolo fondamentale nel regolamentare le contraddizioni del sistema. Oggi il capitalismo dell’occidente collettivo, fondamentalmente basato sull’iniziativa privata, si è accorto che gli ex Paesi comunisti (in primis Russia e Cina) costituiscono comunque un nemico da abbattere. Prima dovevano esserlo per motivi ideologici, in quanto la retorica dello Stato centralizzato, che pianifica tutto dall’alto, obbligava comunque l’occidente a dotarsi di un certo Stato sociale (il Welfare), per venire incontro alle rivendicazioni delle classi marginali.

Oggi invece Russia e Cina sono da sottomettere per motivi economici, poiché con le loro risorse naturali e la loro capacità di trasformarle in maniera produttiva, costituiscono un pericoloso concorrente. L’occidente collettivo non può completamente smantellare al proprio interno lo Stato sociale (cosa che ha iniziato a fare sin dalla fine dagli anni ’70), poiché vi sono dei Paesi capitalisti che proprio in virtù di una forte presenza statale nell’economia sono in grado di mettere in campo delle performance superiori. Quindi questi Paesi vanno sfiancati, destabilizzati, isolati, sanzionati... E, allo scopo, non c’è niente di meglio che costringerli a lunghi ed estenuanti scontri militari, a continue minacce di “rivoluzioni colorate”.

In questo scenario geopolitico l’occidente collettivo è convinto di vincere perché in fondo non ha mai perso. Infatti al massimo si può parlare di sconfitte di singole nazioni (p.es. la Francia napoleonica o la Germania nazista), ma nell’insieme i poli fondamentali del moderno globalismo (USA, UE, Giappone, Canada, continente australe-oceanico...) continuano a dominare, condizionando, chi più chi meno, l’intero pianeta.

L’idea di un mondo multipolare è partita solo adesso e l’occidente collettivo la vuole soffocare nella culla. Che il nemico sia comunista, socialista, capitalista statale o semplicemente etnico-tribale o islamico non fa nessuna differenza per il capitalismo privato di marca occidentale, dominato da potentissime multinazionali. Tutti devono, in un modo o nell’altro, sottomettersi. Aspettiamoci quindi il peggio negli anni a venire. Dovremo cominciare seriamente a chiederci se meriti davvero d’essere vissuta una vita in cui non si è padroni di nulla e in cui ci viene persino detto, con una insopportabile faccia di bronzo, che saremo felici proprio se non avremo nulla (mentre pochi invece avranno tutto e di più).

 

I costi della democrazia

 

Le guerre sono un bene o un male per il capitalismo? Sono una necessità o vengono sopportate come un male inevitabile? Perché l’occidente collettivo non vuole risolvere il conflitto russo-ucraino e rifiuta qualunque proposta di pace che non preveda il ritiro dei russi dal Donbass? Perché continua a porre delle condizioni inaccettabili per una qualunque trattativa?

È difficile rispondere a queste domande, anche perché fino adesso, nell’ambito dell’occidente, chi detta le decisioni da prendere sono solo gli USA. Gli statisti della UE devono limitarsi a prenderne atto. La dirigenza ungherese viene continuamente minacciata di non ricevere più fondi europei, e la vita di Orbán è a rischio. Quanto ai turchi, non dovremmo meravigliarci se gli USA riusciranno, presto o tardi, a dimostrare che sono solo una tigre di carta, un cane che abbaia senza mordere. I Paesi dissestati finanziariamente sono facilmente ricattabili. Non sarà molto difficile che alle prossime, imminenti, elezioni Erdoğan venga sostituito con un presidente più filo-atlantista.

Che gli USA abbiano bisogno delle guerre è fuori discussione. Nei loro 240 anni di storia solo nel corso di 16 anni non hanno scatenato una guerra o non sono entrati in una già esistente. Dalla fine della seconda guerra mondiale ne hanno iniziate circa l’80%, han cercato di rovesciare più di 50 governi stranieri, hanno interferito violentemente nelle elezioni in almeno 30 Paesi e hanno cercato di assassinare più di 50 leader stranieri. Quindi con loro c’è poco da scherzare.

L’esigenza di destabilizzare il pianeta è intrinseca alla loro politica estera. Guerre, colpi di stato, basi militari, vendita di armi, omicidi politici: tutto serve per sfruttare le risorse altrui. L’Europa occidentale si è comportata così sin dal tempo degli antichi romani, ha poi proseguito con le crociate medievali, il moderno capitalismo e imperialismo, finché è stata costretta a passare il testimone agli USA, che ne ripetono le dinamiche, aggiungendovi la retorica della democrazia rappresentativa, dei diritti umani e altre amenità prive di sostanza. Non abbiamo voluto ammazzare il rettile quand’era nell’uovo e ora abbiamo a che fare con un tirannosauro.

In ultima istanza tutto il mondo è per gli yankee un nemico da sottomettere. Persino gli alleati devono contribuire a tenere in piedi il loro potere, sia finanziandolo che fornendo supporto militare. Gli USA non hanno “amici” ma solo alleati più o meno affidabili, più o meno disposti a lasciarsi dominare.

Per gli europei è impossibile sottrarsi a questo abbraccio mortale, proprio perché vivono al loro interno, seppur in forma più attenuata, le stesse contraddizioni del capitalismo avanzato americano. Per noi europei è impossibile liberarci dall’egemonia americana se contestualmente, in politica interna, non realizziamo una democrazia sostanziale, che preveda elementi di socialismo.

 

[28] Non è più questione di ignoranza

 

Dopo un anno di guerra russo-ucraina per i nostri media nazionali che contano di più, sia privati che statali, è fuori discussione che sia stato Putin a scatenarla. Persino tra i politici, opinionisti, analisti è assai raro trovare qualcuno che sostenga la tesi opposta, e cioè che Putin ha deciso d’intervenire per porre fine alla guerra civile scatenata dal governo neonazista di Kiev contro i russofoni del Donbass.

All’inizio potevamo pensare, per spiegare una tale distorsione interpretativa, a una completa ignoranza dei fatti. In fondo il livello informativo dei nostri principali media è così basso, così provinciale, che poteva apparire normale capire fischi per fiaschi. Ma oggi non si può più parlare d’ignoranza: oggi domina la malafede, la mistificazione e, per sostenere con forza la propria posizione, persino la falsificazione e l’invenzione dei fatti.

Si può capire che uno menta spudoratamente perché nel passato era anticomunista e che ancora oggi abbia conservato tracce di questa posizione ideologica, pur avendo a che fare con una Russia molto cambiata.

Si può capire anche chi si sia formato culturalmente negli Stati Uniti o che addirittura venga pagato da qualche agenzia americana per dire delle falsità.

Al limite possiamo anche capire quei giornalisti, inviati dalla RAI o dai canali privati, che non riescono a vedere la realtà per quello che è ma solo per quello che devono vedere, se non vogliono essere licenziati o sostituiti, o avere una carriera compromessa. Di questi mentitori seriali i media sono pieni e ormai non ci facciamo più caso. Semplicemente li evitiamo e ci affidiamo ai nostri canali informativi.

Bisogna tuttavia ammettere che un rigetto così forte per le news che i nostri principali media ci propinano non si era mai visto prima di questa guerra. Ci stanno abituando a essere molto selettivi: tutto quello che proviene da una certa fonte lo escludiamo a priori. Lo facciamo con amarezza, ma è diventato un fatto assodato che a forza di mentire ci hanno disamorati. Il disgusto è talmente forte che non ci mettiamo neanche ad ascoltare le falsità per poterle criticare. Se ci capita, per puro caso, di ascoltarne o leggerne qualcuna, subito pensiamo che sia vero il contrario.

Ricordiamo tutti quando Goebbels diceva che a forza di mentire il governo può convincere la popolazione che sta dicendo la verità. In realtà può essere vero anche il contrario, e cioè che anche quando il governo dice la verità, la popolazione non gli crede più.

 

Persino negli USA se ne sono accorti

 

I sociologi americani della Gallup hanno scoperto che la maggioranza degli americani intervistati ha una visione negativa dei media. E più della metà ritiene che i giornalisti li ingannino deliberatamente.

Questa crisi di fiducia ha già avuto conseguenze disastrose per molti media. Il “Washington Post”, ad es., è sceso sotto i 3 milioni di abbonati regolari.

L’audience della CNN si è ridotta dell’80% in due anni, arrivando a non più di mezzo milione di spettatori. La redazione sta subendo massicci licenziamenti di personale. Il canale ha persino dovuto mettere in vendita la sua sede di Atlanta, dove si trovava dal 1987.

La NBC vuole tagliare 1/3 della sua programmazione diurna. Nettamente in crisi sono BuzzFeed, Vice e NPR. Tutti hanno registrato un forte calo degli ascolti e un esodo di inserzionisti.

Stanno spuntando media alternativi, tra cui Substack, che conta già più di un milione di abbonati. È lì che è stata recentemente pubblicata l’inchiesta sulle esplosioni del NordStream, poi recepita dai principali media.

Vorrei vedere in Italia che fine farebbero tanti quotidiani nazionali senza i finanziamenti statali. Dopo un anno di scemenze dette sulla guerra in Ucraina, chi li leggerebbe più? Il livello dei giornali nazionali (escluso ovviamente “Il fatto quotidiano”) e di tutte le TV statali e private è sceso così in basso che se non ci fossero i social, alcuni particolari siti informativi e alcuni canali di YouTube, noi non riusciremmo a distinguere la realtà dalla finzione, l’informazione dalla propaganda, il gossip dalle tragedie. Cosa si inventeranno per giustificare la resa di Kiev?

 

Separati in casa

 

Ad Atlanta, capitale dell’americana Georgia, un distretto di ricconi bianchi ha deciso di separarsi dal resto della città, dotandosi di una propria forza di polizia. Lo dice “Newsweek”.

Perché una cosa così strana? Per motivi di sicurezza: c’è troppa criminalità. Il comitato repubblicano al Senato dello Stato federale ha approvato. Ora si attende la delibera dell’intero Senato.

Queste cose fanno riflettere. Gli Stati Uniti stanno diventando un Paese sempre più invivibile. Per di più continuano ad affrontare i problemi sociali in termini razziali. Trovano naturale separarsi all’interno di una stessa città e però sono disposti a far scoppiare una guerra mondiale per impedire a due repubbliche del Donbass di fare altrettanto. In fondo anche il Donbass era la regione più benestante dell’Ucraina. Come da noi il Lombardo-Veneto o la Catalogna in Spagna. Se la stragrande maggioranza delle popolazioni di queste aree geografiche si vuol separare dallo Stato centrale, perché impedirglielo? Non sono forse i popoli che devono decidere il loro destino? Senza poi considerare che nel Donbass lo volevano fare per evitare di essere sterminati e per conservare la loro lingua e la loro cultura. Non avevano motivi razziali e neppure facevano leva sulla difesa del proprio benessere. Le motivazioni erano più ideali. Perché negarle? Si ha forse paura che l’autodeterminazione dei popoli possa prevalere sull’integrità nazionale?

Ormai non so più come dirlo: il concetto di “Stato nazionale” è nato in Europa occidentale mezzo millennio fa, mentre la borghesia era in lotta con l’aristocrazia feudale, e oggi ha fatto il suo tempo.

Da un lato accettiamo supinamente d’essere fagocitati da un asfissiante globalismo neoliberista, le cui multinazionali agiscono sbattendosene completamente dei confini nazionali, e dall’altro rifiutiamo l’idea che una popolazione locale o regionale difenda la propria identità culturale e linguistica. Questa schizofrenia, se non viene curata, può diventare pericolosa. Anche perché, se non si riconoscono le identità locali, si fa presto a sponsorizzare le politiche genocidarie.

 

Bakhmut sta per crollare

 

Sta diventando la Stalingrado del Donbass. Artyomovsk (Bakhmut), nella Repubblica Popolare di Donetsk, territorio russo temporaneamente occupato dall’Ucraina, è in procinto di crollare.

Le forze armate ucraine stanno gradualmente perdendo aree fortificate costruite nell’arco di un anno: sono praticamente circondate, non possono più ricevere rifornimenti.

Le linee di comunicazione sono interrotte, vi è una cronica mancanza di munizioni. Le perdite tra i militari ucraini superano le 500 al giorno. Per compensare questa tragedia vengono mobilitate e inviate al fronte persone che non hanno esperienza di combattimenti né addestramento militare. Possiamo immaginarci con che stato d’animo siano pronte a difendere il loro governo neonazista.

La situazione è disperata e quando si è disperati e non ci si vuole arrendere, si finisce col compiere cose assurde, assolutamente folli.

Zelensky è un autentico criminale e chi lo sostiene è peggio di lui. E chi dice che i russi non sanno combattere, è meglio che si vada a nascondere.

 

Due modi diversi di produrre

 

Vi è una curiosa coincidenza in occidente nel modo di produrre beni industriali e nel modo di condurre la guerra in Ucraina. Sta nel primato che si concede al macchinismo.

Per un anno ci siamo detti che gli ucraini avrebbero potuto vincere grazie alle nostre armi. È come se avessimo detto: il nostro capitalismo è il miglior sistema del mondo perché può inondare qualunque Paese di infinite merci. Ovvero che diamo molta più importanza al capitale fisso che non a quello variabile (la forza-lavoro), secondo il linguaggio marxista.

Senonché noi abbiamo finito le armi nei nostri magazzini e, ora, volendo dare a Kiev anche i nostri gioielli di famiglia, rischiamo di mettere in pericolo la nostra sicurezza. I russi invece sembra che abbiano armi e munizioni in quantità tale da poter condurre la guerra per almeno un decennio.

La differenza sta proprio nel tipo di industrializzazione. In occidente le industrie belliche sono private e producono armi solo per venderle e realizzare profitti. In Russia invece queste aziende sono statali (vedi la Rostec) e per produrre armi in grandi quantità è sufficiente dire che la guerra in corso mette in pericolo l’integrità della nazione.

Da noi nessuna industria privata sarebbe disposta ad assumere un enorme numero di operai per il bene dell’intero Paese. Per farlo dovrebbe avere alle spalle uno Stato che dichiara un’economia di guerra, la mobilitazione generale e che quindi trasferisce enormi fondi a favore dell’industria privata.

In Russia invece tutto ciò viene fatto molto tranquillamente e possiamo scommettere che in Cina sarebbe la stessa cosa.

Peraltro lo sanno tutti che le armi russe sono molto richieste nei mercati di tutto il mondo perché meno costose di quelle americane, più affidabili (cioè meno bisognose di manutenzione) e più facili da usare. Insomma prima di fare una guerra contro questo Paese bisognerebbe informarsi almeno un po’. Eviteremmo di dire enormi sciocchezze.


Marzo

 

 

 

[1] Qualcuno dovrà pur pagare

 

Certo che se la Russia dovesse prendersi tutta l’Ucraina, si troverebbe ad affrontare un problema di ricostruzione che le costerebbe un occhio. L’ideale sarebbe che si tenesse il Donbass e che tutto il resto venisse ricostruito dall’Unione Europea.

Sotto questo aspetto in una trattativa di pace i problemi sarebbero due.

1) La Russia può permettere all’area occidentale dell’Ucraina di entrare nella UE, ma non si dovrebbe neppure parlare di adesione alla NATO, altrimenti, appena la ricostruzione sarà finita, scoppierà inevitabilmente una nuova guerra. La Germania perse la prima guerra mondiale, ma 20 anni dopo scatenò la seconda. È evidente infatti che col Donbass i confini della Russia si sono allargati, e questo rende ancora più urgente il bisogno che l’Ucraina resti denuclearizzata (e militarizzata solo in chiave difensiva). Dei missili nucleari potrebbero essere messi (puntati contro i Paesi NATO) solo se fosse la Russia a occuparla integralmente. Ma per una cosa di questo genere ci vorrebbero tante di quelle risorse economiche che la Russia sarebbe costretta a chiedere aiuto alla Cina e a chissà quali altri alleati.

2) Il secondo problema riguarda gli investimenti multimiliardari che l’occidente collettivo ha già profuso, sia in armi che in moneta sonante, per tenere in piedi questa guerra persa in partenza. Chi li restituisce?

Gli USA han prestato soldi agli europei sia nella prima che nella seconda guerra mondiale, ma li hanno richiesti indietro con gli interessi. Il “Piano Marshall” non è stato fatto a titolo gratuito. Anzi, una qualunque concessione di credito viene usata dagli USA per condizionare pesantemente il Paese debitore.

Ora, se i russi si tengono il Donbass, e se addirittura si prendono Odessa, l’Ucraina non sarà mai in grado di pagare i propri debiti. La UE vorrebbe utilizzare i 300 miliardi di dollari congelati alla Banca centrale russa per ricostruire il Paese. Ma, anche nel caso in cui tutte le banche occidentali rivelino dove sono depositati tutti questi soldi, resta il fatto che gli USA (indifferenti alla ricostruzione dell’Ucraina) ne vorranno sicuramente una bella fetta, a titolo di risarcimento per gli enormi debiti che han dovuto contrarre.

Se i soldi russi restano nei caveau delle banche occidentali, la UE non solo dovrà ricostruire l’Ucraina coi propri fondi, ma dovrà anche restituire quelli che gli USA hanno anticipato.

Insomma la UE è destinata a scomparire dai mercati mondiali anche nel caso in cui la Russia non la bombardasse con le proprie atomiche.

 

Siamo in una guerra già mondiale

 

Noi parliamo di prima e seconda guerra mondiale come se nei secoli precedenti al XX non ce ne siano state di altrettanto “mondiali”. È un errore.

Infatti, se ci pensiamo, dopo la scoperta-conquista dell’America, tutte le guerre tendono a mondializzarsi, nel senso che, in varie maniere, vengono coinvolti dall’occidente (capitalistico) Paesi che sono geograficamente molto distanti tra loro. Le colonie delle madrepatrie europee si combattevano tra loro pur vivendo un’analoga condizione di dipendenza. Gli stessi antichi romani pretendevano dalle loro colonie un certo numero di uomini da inserire nelle legioni.

Sotto questo aspetto dovremmo dire che la guerra in Ucraina è già mondiale. Quando i russi parlano di “Occidente collettivo” non si riferiscono solo ai Paesi della NATO, ma anche a Canada, Australia, Nuova Zelanda, ecc. Questo perché tutti contribuiscono, a vario titolo, a sconfiggere la Russia, anch’essa aiutata da vari Paesi.

Questa è una guerra mondiale a bassa intensità, nel senso che a morire fisicamente sono, al momento, solo gli ucraini e tutte quelle popolazioni della variegata Federazione Russa, più ovviamente i rispettivi mercenari e volontari.

Il governo neonazista di Kiev fa di tutto, vedendo che la situazione è disperata, ad allargare il conflitto ad altre nazioni (Polonia, Bielorussia, Moldavia...). Non si rende conto che la Russia non se ne andrà mai dai territori che considera “liberati”, anche a costo di dover usare delle armi atomiche. Se lo facesse e la NATO reagisse nella stessa maniera, probabilmente non solo l’Ucraina ma la stessa Unione Europea smetterebbe di esistere e naturalmente una bella fetta degli Stati Uniti.

Quindi possiamo dare per scontato che questa guerra si concluderà con una cessione di territorio dell’Ucraina alla Russia.

Il vero problema però è un altro. Gli statisti europei (che si sono rivelati i più stolti in assoluto) fino a che punto sono consapevoli che una guerra mondiale non può restare a bassa intensità oltre un certo tempo? e che l’uso del nucleare può avere conseguenze sulle popolazioni e sui territori per una durata di tempo non calcolabile? Oggi possediamo mezzi così potenti che gli effetti che producono sono devastanti per qualunque nazione al mondo, sia essa coinvolta o meno in un conflitto bellico. Non è più possibile restare indifferenti o sottovalutare la pericolosità delle guerre. La pace va cercata a tutti i costi. In un mondo globalizzato non esistono più “guerre regionali”, e quando se ne inizia una, non si sa come andrà a finire.

 

La pace tra Serbia e Kosovo è possibile?

 

L’alto rappresentante dell’Unione Europea per la Politica estera e la Sicurezza, Josep Borrell, ha reso nota la proposta della UE sugli accordi tra Belgrado e Pristina.

Con essa si pretende che il Kosovo venga riconosciuto come Stato indipendente dalla Serbia. Come noto il Kosovo si è dichiarato indipendente in maniera unilaterale nel 2008, ed è stato formalmente riconosciuto come tale da 98 dei 193 membri dell’ONU (tra cui i confinanti Montenegro, Macedonia del Nord e Albania). Tra i membri permanenti del Consiglio di sicurezza, da Stati Uniti, Francia e Regno Unito, mentre Russia e Cina continuano a considerarlo una provincia autonoma della Serbia, così come fanno Spagna, Cipro, Romania, Slovacchia e Grecia nell’ambito della UE .

Quindi Borrell a nome di chi propone simili provocazioni? Non sarebbe possibile accettare l’indipendenza del Kosovo neppure se lo volesse la stessa Serbia. Infatti occorrerebbe una risoluzione dell’ONU e del parlamento della UE.

Nella proposta non vi è neppure una parola sulla chiusura della base NATO permanente di Camp Bondsteel, la più grande base militare americana in Europa, istituita per creare un esercito a tutti gli effetti, violando la risoluzione n. 1244 del Consiglio di sicurezza dell’ONU.

 

Una UE davvero ipocrita

 

Nella proposta di compromesso tra Kosovo e Serba è prevista in alcuni articoli la protezione delle minoranze nazionali come condizione fondamentale per la pace. Si riconosce il diritto all’autodeterminazione dei popoli.

Tutto questo viene detto, immagino, anche a favore della forte minoranza serba nel Kosovo settentrionale. Ma allora perché non prevedere la stessa cosa per i russofoni del Donbass?

Un’indagine svolta dall’Istituto Internazionale di Sociologia di Kiev nel 2004 ha rilevato che il 43-46% della popolazione ucraina parla russo in casa (la stessa percentuale della popolazione che parla ucraino, o poco di più). Secondo l’indagine, il russo è parlato dalla maggior parte della popolazione nelle regioni meridionali ed orientali dell’Ucraina.

Lo dice Wikipedia non la Pravda!

 

Kosovo surreale

 

Nel Kosovo una parte della popolazione, dalla fine della guerra jugoslava a oggi, vive la propria esistenza nella venerazione degli USA. Sembra essere il 51° Stato. Persino gli edifici governativi sono stati costruiti copiando al millimetro l’architettura di quelli americani. Vi è una statua dedicata a Clinton, strade intitolate a Bush e ad altri politici guerrafondai (Madeleine Albright, Tony Blair...).

Gli Stati Uniti hanno giocato un ruolo chiave nel 1999 per la vittoria dell’Esercito di liberazione del Kosovo (UCK), composto da nazionalisti e fascisti e persino terroristi.

L’ambasciatore americano a Pristina, Greg Delawie, nel 2016 ha descritto il Kosovo come “il Paese più filoamericano al di fuori degli Stati Uniti”. Buona parte dei kosovari, ancora oggi, percepiscano l’estetica, l’etica e l’essenza degli USA come parte simbiotica della loro cultura.

La popolazione serba, maggioritaria nel nord del Kosovo, ha orrore di queste assurdità.

 

Sinistra per modo di dire

 

È incredibile come il canale telegram di Sinistra Italiana, gestito da Fratoianni, non dica mai una parola sulla guerra in Ucraina. Se si digita Putin, l’ultimo post è del 6 giugno scorso, e vi si parla della sua “aggressione”. Se si digita la parola Ucraina, l’ultimo post è del 29 novembre scorso ed è un link alla TV La7. Se si digita Kiev, non dà nessun risultato.

A che serve stare in parlamento se non si è in grado di fare alcuna vera opposizione? Su quali classici del socialcomunismo ha studiato questa sinistra da strapazzo? Come si spiega questa incredibile povertà di pensiero? Questo disarmante provincialismo? Questa imbarazzante pusillanimità?

 

[2] Il ruolo meschino della Germania

 

Il forte legame energetico tra Russia e Germania è stato il motore dello sviluppo industriale tedesco dopo gli shock petroliferi mediorientali degli anni ’70.

Questo legame fu voluto dai più importanti cancellieri socialdemocratici: Willy Brandt, Helmut Schmidt e Gerhard Schroder. L’ultimo addirittura fu a capo del gasdotto NordStream, che aveva un percorso più conveniente e più sicuro.

Anche la Merkel fu costretta a non ostacolare questo legame economico, benché fosse convinta che la sfera d’influenza russa andasse smantellata pezzo per pezzo.

Grazie alla Russia la Germania divenne la prima potenza economica della UE e la principale concorrente degli USA in ambito occidentale.

Oggi tutto questo è un ricordo. Olaf Scholz è un cancelliere senza spina dorsale. Ha accettato senza reagire il sabotaggio americano del NordStream. Un altro, al suo posto, come minimo sarebbe uscito dalla NATO.

Inoltre si è lasciato convincere dai Paesi che attualmente sono i più guerrafondai del mondo (USA, Regno Unito e Polonia) a fornire armi sempre più pesanti agli ucraini.

Putin si è stupito di questa remissività tedesca, della bellicosità dei Verdi, e ha approfittato della presenza dei panzer tedeschi in Ucraina per dire che i russi devono di nuovo combattere il nazismo come al tempo di Hitler. Quale argomento migliore per mobilitare le nuove generazioni?

Per colpa di quello sciagurato di Stalin, che non mobilitò l’esercito in quanto non voleva credere che i nazisti avrebbero cestinato il patto di non aggressione firmato pochi anni prima; e che, a causa delle sue paranoie, aveva eliminato, nel periodo delle sue purghe politiche, gran parte degli ufficiali dello stato maggiore, convincendo Hitler che quello era il momento buono per attaccare; e che, fino a quando non diede carta bianca al generale Žukov, dimostrò tutta la sua incapacità nel gestire le operazioni belliche, la Russia rischiò di perdere la guerra e alla fine ebbe 27 milioni di morti.

Oggi non credo che Putin ripeterebbe gli stessi errori, anche perché con le armi nucleari di cui la NATO dispone, la Russia non può più illudersi d’essere un Paese troppo grande per poter essere conquistato. L’ingenuità sarebbe per i russi l’arma più letale di tutte. Non si può essere buonisti con la feccia dell’umanità.

 

La legge del karma

 

La legge orientale del karma la conosciamo: tutto quello che fai adesso avrà inevitabili ripercussioni nella tua vita futura (terrena oltre che ultraterrena). Questo vale non solo per gli individui singoli, ma anche per gli Stati.

Prendiamo ad es. la Germania. Ha scatenato due guerre mondiali, ha prodotto la peggiore ideologia della storia, ha distrutto la Jugoslavia per non avere un Paese socialista in Europa, ha affamato i greci col pretesto dei bilanci statali falsificati, ha imposto alla UE delle regole assurde di austerità, ha voluto far entrare nella UE tutti i Paesi ex sovietici per poterli meglio sfruttare e soprattutto ha permesso all’Ucraina di diventare un Paese russofobo e neonazista.

Si è fatta odiare da tutti e oggi contro gli Stati Uniti è stata lasciata sola. Gli anglo-francesi godono nel vederla in difficoltà. Persino la Polonia, un Paese economicamente nullo, si arroga il diritto, grazie all’appoggio americano, di diventare la prima potenza politica d’Europa, quella che si permette di umiliare i tedeschi chiedendo nuovi risarcimenti economici per i danni subiti dall’occupazione nazista; quella che spende più di tutti negli armamenti e che aspira a diventare, sul piano militare, il punto di riferimento privilegiato per la NATO, nel caso in cui si decida di sferrare un attacco in grande stile contro la Russia.

Povera Germania: tanto arrogante nel passato, quanto remissiva nel presente. Davvero pensa che sarà la Cina a salvarla? Per fare affari la Cina ha bisogno di pace e stabilità. Non la pretende dai russi, che le danno tantissime risorse naturali, fondamentali per il suo sviluppo economico. Ma dagli occidentali sì, per cui non può fare molta differenza tra tedeschi o francesi, anzi considera ugualmente irresponsabili sia gli americani che gli europei. E prima o poi lo farà capire esplicitamente.

Ma quale sarà il karma della Polonia? Son pronti i polacchi a perdere il loro Stato? Chissà se a scuola studiano che dal 1796 al 1918 sparirono dalle mappe geografiche, avendo perduto qualunque indipendenza politica. O se preferiscono inventarsi di sana pianta la storia come fanno gli ucraini...

 

Che nullità Scholz!

 

Prima dell’inizio dell’operazione speciale russa, la Germania di Scholz rifiutava di fornire armi all’Ucraina, come invece facevano USA, Regno Unito e Francia. Aveva persino negato lo spazio aereo ai C-130 britannici che a gennaio trasportavano armi in Ucraina. Ma poi accettò di inviare i primi sistemi d’arma leggeri.

Il 24 febbraio del 2022, Scholz – con supporto italiano, ungherese e cipriota – dichiarò la sua opposizione all’estromissione dal sistema di messaggistica finanziaria SWIFT di alcune banche russe, ma dopo pochi giorni fece ammenda. Scholz non è mai stato un eroe. Sarà bastata una semplice telefonata di Biden.

Nell’aprile successivo Zelensky rifiuta di riceverlo a Kiev, perché lo ritiene troppo vicino a Mosca, ma a giugno fanno la pace, perché Scholz promette armi e soldi, anzi toglie anche il veto tedesco alla concessione dello status di Paese candidato per l’entrata nella UE.

Negli stessi mesi frena la sua ministra degli Esteri, Annalena Baerbock, che vorrebbe dare subito a Kiev dei veicoli corazzati, ma poi ci ripensa.

Nello scorso gennaio dichiara la propria indisponibilità a cedere i tank Leopard agli ucraini, ma dopo poche trattative con gli americani acconsente.

Ora la stessa manfrina (altrimenti detta, per il traduttore di Facebook, ridicola sceneggiata) possiamo scommettere che avverrà anche sui caccia da combattimento.

A questo punto i tedeschi dovrebbero porsi questa semplice domanda: visto che han già fatto un errore clamoroso ad appoggiare la Merkel quando sosteneva la bellicosa politica anti-islamica dei presidenti Bush e Obama, salvo poi accorgersi che il terrorismo islamico era una creatura degli stessi americani, non è il caso di mandare a casa un cancelliere la cui politica remissiva sta rovinando, molto velocemente, la grandezza economica della Germania, acquisita dopo molti anni di sacrifici e di recupero di una credibilità perduta a causa del nazismo? È giusto che la Germania debba continuare a pagare per i clamorosi errori compiuti nel passato? Chi la obbliga a sottostare ai diktat americani, che vogliono ridurla a un Paese deindustrializzato? Ce l’hanno un minimo di dignità questi tedeschi o è meglio che tornino a restare separati come al tempo della guerra fredda? Tanto è evidente che se si mettono di nuovo a far la guerra ai russi, qualcosa di tragico li colpirà. Forse una separazione territoriale sarà addirittura il minimo.

 

Una questione etica

 

La narrativa ufficiale secondo cui l’occidente si è sentito autorizzato a fornire armi (prima difensive, ora offensive) a Kiev, si basava sull’assunto che l’Ucraina fosse il Paese aggredito e la Russia l’aggressore.

Sappiamo che questo modo di vedere le cose è semplicistico, in quanto non tiene conto dei precedenti otto anni di guerra civile, in cui lo stesso occidente era parte in causa.

Ma supponiamo che sia giusto. Anche se i media mainstream non lo dicono, ci sono molti canali informativi alternativi che ci fanno spesso vedere l’uso vergognoso di queste armi, per lo più usate per terrorizzare i civili del Donbass.

Missili, obici, droni, carri armati... possono colpire strutture e persone che non c’entrano niente con le forze armate avversarie. Lo fanno con le nostre armi e noi lo sappiamo.

A questo punto vien da chiedersi se sia ancora lecito mandargliele. È sufficiente continuare a dirsi che quello è un Paese aggredito? E che non dipende da noi ma dai russi se gli ucraini usano le armi in maniera vergognosa? Non stiamo avvalorando in questa maniera il diritto alla secessione delle repubbliche separatiste del Donbass, che per otto anni avevano già sperimentato le nefandezze belliche dei neonazisti di Kiev? Non stiamo avvalorando la decisione di Putin di avviare un’operazione speciale per superare questi atteggiamenti infami?

Per dimostrare davvero di essere un Paese aggredito, gli ucraini al potere avrebbero dovuto far vedere d’essere superiori, eticamente, ai loro nemici, ma proprio non ci riescono, è più forte di loro.

Qui viene in mente quanto dicono i presidenti americani: le armi non sparano da sole, le stragi vengono compiute da squilibrati. Gli americani son primitivi, lo sappiamo. Non capiscono che in una società altamente conflittuale come la loro, spararsi a vicenda è la cosa più facile di questo mondo (anche se i proiettili oggi sono spesso finanziari, quelli che mandano sul lastrico).

Ma in Ucraina c’è anche la questione ideologica che pesa. È la russofobia che porta a compiere crimini contro l’umanità. Che questo razzismo sia analogo a quello dei nazisti, non ci piove.

 

[3] Liberarsi di un peso

 

Certo è che quando una nazione è abituata ad associare il potere militare con l’influenza sull’economia globale, la perdita di uno dei due elementi si ripercuote inevitabilmente sull’altro.

In una situazione del genere fino a ieri si trovavano Francia e Inghilterra; oggi vi si trovano gli Stati Uniti. La differenza sta nel livello della potenza militare e quindi nell’estensione geografica dell’egemonia economica. E per ridimensionare le due suddette nazioni europee non ci fu neppure bisogno di una pesante sconfitta militare: semplicemente bastò essere coinvolte in due guerre mondiali, cioè in due eventi sfiancanti, che le obbligarono a fare molte concessioni sul piano colonialistico e imperialistico e anche a indebitarsi nei confronti degli USA, che ne approfittarono senza tanti scrupoli, quelli che avrebbero dovuto avere per i legami storici di parentela con gli europei. Gli americani dominano la scena mondiale sin dalla fine della seconda guerra mondiale, ma le basi del loro successo erano già state poste nella prima.

Russia e Cina si liberarono del condizionamento occidentale nel corso del XX sec., con alti e bassi, ma non riuscirono mai ad acquisire un’egemonia mondiale. Chi disprezza questi due Paesi, sostenendo che il loro benessere è sempre stato nettamente inferiore a quello europeo e americano, dimentica ch’essi non sono mai stati colonialisti, non hanno mai sfruttato le risorse naturali di Paesi esterni ai loro confini, né hanno mai imposto le loro ideologie all’umanità. Al massimo han cercato di avere un’egemonia al loro interno (p.es. quella dei Grandi Russi su tutte le altre popolazioni federate o quella dei cinesi del gruppo Han).

Oggi quindi non dobbiamo aspettarci, a causa della guerra in Ucraina, la fine del potere mondiale dell’occidente: per ottenere questo risultato ci vorrebbe davvero una guerra mondiale in cui USA e UE risultassero nettamente sconfitti. Però possiamo aspettarci un indebolimento significativo della loro egemonia, a tutto vantaggio di Russia e Cina, e iniziamo a elencare anche l’India: i tre colossi asiatici, destinati a trovare ampi consensi da parte di quei Paesi che un tempo venivano inclusi nel concetto di “Terzo Mondo”, in quanto subivano il peso del colonialismo occidentale.

Una riduzione dei livelli di sfruttamento del Terzo Mondo comporterà sicuramente un aumento dei livelli di autoritarismo nei Paesi occidentali, troppo abituati a vivere di rendita. Già la progressiva proletarizzazione del ceto medio lo dimostra. L’occidente non ha tanto bisogno di ridurre la popolazione mondiale, ma di ridurre le pretese del benessere individuale.

Non dimentichiamo inoltre che l’occidente collettivo, essendo dominato dall’individualismo economico, non è mai stato unito al proprio interno. In Europa la parte del leone, a spese di tutte le altre nazioni capitalistiche europee, sono riuscite a farla Francia e Inghilterra (solo per poco tempo l’impero prussiano e la Germania nazista). La Germania democratica è riuscita ad acquisire una certa egemonia economica solo nella seconda metà del ’900, grazie ai suoi rapporti con la Russia, ma è bastato il sabotaggio americano del NordStream per ridimensionare parecchio quella egemonia, con grande soddisfazione anche di Francia e Inghilterra, al punto che persino la Polonia (Paese insignificante sul piano economico) ha cominciato ad alzare la testa in Europa, facendo leva sul pieno appoggio statunitense, militare ed finanziario.

Questo per dire che i Paesi occidentali, anche quando dicono di avere un nemico comune (che ora è la Russia), in realtà tra loro si detestano. Per es. in questa guerra russo-ucraina abbiamo capito che gli USA non sopportano la concorrenza europea e che tendono a considerare come veri loro alleati i Paesi ex sovietici, i quali, essendo poveri economicamente, possono essere facilmente strumentalizzati dalle ambizioni americane. Questi Paesi (ultimi a essere entrati nella UE e nella NATO) son come dilettanti allo sbaraglio, che se si lasciano coinvolgere in una guerra contro la Russia, ne usciranno subito con le ossa rotte e si leccheranno le ferite per un bel po’.

Questa cosa deve farci riflettere: 50 anni di socialismo statale e quindi di ideologia comunista di stampo sovietico non hanno aiutato i Paesi est-europei ad acquisire un atteggiamento critico nei confronti dell’occidente, ma, al contrario, ad abbracciare con molta ingenuità tutte le false promesse del più puro neoliberismo.

D’altra parte anche la Russia degli anni ’90 era caduta in pieno nella trappola. Poi è venuto fuori uno statista bassettino, con occhi chiari, esperto in arti marziali, in grado di esibire un fisico di tutto rispetto, dotato intellettualmente, amante del diritto e della lingua tedesca, proveniente non dal mondo militare ma da quello dei servizi segreti, con un cognome che sembra tradire una qualche origine veneta (salvo il fatto che gli stessi veneti hanno origini protoslave della cultura di Przeworsk, stando all’archeologo russo Valentin Sedov): un uomo sicuramente molto determinato, capace anche di una certa umana sensibilità, in quanto non ha mai considerato la popolazione ucraina un nemico da sterminare. Questo statista verrà ricordato nei secoli a venire per aver ridato dignità a un popolo che aveva perduto se stesso.

 

Fascismo planetario

 

Da tempo è evidente che non si può parlare di fascismo solo in riferimento al nazifascismo classico. Anche lo stalinismo era fascista, seppure nella variante russa, che presenta aspetti collettivistici estranei all’Europa capitalistica.

Qualunque culto della personalità rende fascista un governo o uno Stato. Anche l’integralismo o il fondamentalismo religioso è fascista. E anche qualunque forma di monarchia, autocrazia, oligarchia... Siamo immersi nel fascismo a livello mondiale, che si esprime in varie forme e modi a seconda dei luoghi in cui si sviluppa.

Chi però ha parlato di totalitarismi di destra e di sinistra, riferendosi appunto al nazifascismo e allo stalinismo, ha omesso di dire una cosa fondamentale, e cioè che anche la democrazia borghese è una forma di fascismo. La democrazia parlamentare è infatti assolutamente formale, tant’è che gli Stati proteggono anzitutto i ceti sociali più forti, mentre a tutti gli altri elargiscono forme di carità.

Se l’occidente non avesse beneficiato del colonialismo, imperialismo e globalismo, non avrebbe mai avuto una democrazia formale ma un’aperta dittatura, nel senso che le classi proprietarie dei mezzi produttivi non avrebbero potuto corrompere i lavoratori concedendo salari e stipendi sufficienti a farli vivere e riprodurre. I lavoratori sarebbero stati costretti a ribellarsi di continuo e i ceti possidenti avrebbero dovuto usare continuamente le maniere forti per tenerli sottomessi.

Quindi in un certo senso potremmo dire che l’unica differenza possibile che ci permette di distinguere, in maniera semplicistica, tutte le diverse forme di fascismo è la seguente: esistono fascismi ingenui e fascismi astuti. Quello occidentale appartiene alla seconda categoria, per questo domina da mezzo millennio su quasi l’intero pianeta. Noi siamo stati i primi a capire (sin dall’esperienza dei Comuni borghesi dell’Italia del Mille) che si può essere fascisti proprio in nome della democrazia rappresentativa, quella parlamentare. Poi col tempo abbiamo aggiunto il riferimento ai diritti umani. Infatti tutte le guerre che noi scateniamo, inclusi i bombardamenti indiscriminati delle città, sono “umanitari” perché fatti in nome del diritto internazionale e per diffondere il senso della democrazia politica.

Siamo così furbi in questo modo di comportarci che tutti ci vogliono imitare, anche quelli che legano ingenuamente il fascismo a determinate ideologie o religioni. Anche quando veniamo militarmente sconfitti, il vincitore non realizza mai la vera democrazia ma resta ancorato alla propria forma di fascismo: al massimo, se è furbo, eredita alcuni elementi del nostro fascismo.

Ecco, sotto questo aspetto, non vorrei che la Russia vincesse la guerra e perdesse la pace.

 

Siamo diversi ma ci capiamo

 

Bisogna ammettere una cosa: è più la Russia che soffre di dissidenti filo-occidentali che non l’occidente di dissidenti filo-russi. Il fatto che il gruppo Wagner attiri così tanti giovani occidentali, per noi non ha alcun significato politico.

Noi pensiamo che per un occidentale abbia poco senso essere filo-russo. La Russia è un Paese a sé, insieme europeo e asiatico. Non può essere un modello per altri Paesi.

Si è filo-russi semplicemente perché si è anti-occidentali. Al massimo si è filo-russi perché si ritiene che un capitalismo statale sia migliore di uno privato. Ma per una differenza del genere non si andrebbe a combattere per la Russia, né si farebbe propaganda per questo Paese a prescindere dalla NATO e dall’Ucraina.

Semmai una volta, quando la Russia era comunista, la scelta di campo era ideologicamente motivata. Si era anti-occidentali perché si era anti-capitalisti. E si era disposti a fare qualunque cosa: le spie a favore del Cremlino, gli editori di libri e giornali orientati a sinistra (e spesso finanziati dall’URSS), i propagandisti o agit-prop a favore della narrativa sovietica.

Oggi tutto questo non ha più senso, anche perché gli stessi russi han chiuso con l’esperienza del socialismo statale e non hanno intenzione di ripristinarla. Avere uguaglianza senza libertà è una contraddizione in termini.

Oggi non si è filo-russi per motivi ideologici, ma perché si guarda la realtà dei fatti e si sta dalla parte di una verità sufficientemente credibile. Possiamo farlo perché non siamo pagati da nessuno. E questa verità ci dice che il governo neonazista di Kiev è frutto di un golpe compiuto nel 2014 con l’appoggio occidentale (soprattutto degli USA). È stato un governo che ha tenuto nei confronti del Donbass un atteggiamento genocidario. E quindi l’operazione speciale promossa da Putin trova le sue giuste ragioni politiche, visto che i due Paesi europei firmatari degli Accordi di Minsk si sono rivelati profondamente ipocriti, e visto che l’ONU ha sempre guardato dall’altra parte. Quindi, finché il governo neonazista di Kiev resta in piedi e finché viene sostenuto finanziariamente e militarmente dall’occidente, la Russia avrà sempre un motivo in più per chiederci di stare dalla sua parte.

Il giorno in cui tutto sarà finito, in cui sarà ripristinata una certa normalità, in cui le persone si sentiranno abbastanza sicure, allora ne riparleremo. Gli atteggiamenti precostituiti, quelli che idealizzano determinati Stati, che minimizzano i problemi, non si addicono alla democrazia.

 

[4] Il potere logora chi ce l’ha

 

Non è che oggi, rispetto ai gloriosi anni ’70, si abbia meno consapevolezza delle schifezze che l’occidente collettivo compie. Sono tante le pubblicazioni e i video che le denunciano. E, salvo eccezioni, sono documenti prodotti da persone che neppure erano nate in quegli anni. Sono frutto del lavoro e della testimonianza da parte di ricercatori e analisti onesti, che guardano la realtà per quello che è, senza infingimenti.

Diciamo che oggi i mass-media dominanti sono molto meno disponibili a mettere in evidenza questi prodotti editoriali. Generalmente li considerano faziosi, estremisti, se non addirittura falsi. È come se il mainstream soffrisse di un complesso di colpa e temesse una reiterazione delle accuse contro il sistema.

I media sembrano essere gestiti da gente che si è pentita d’aver avuto idee sovversive negli anni di piombo, e ora non vuole assolutamente sentir parlare di anti-americanismo o di filo-russismo. Queste cose li riportano indietro, al tempo in cui si sono sentiti delusi per non aver visto realizzare i loro sogni. E così i frustrati degli anni ’70, che gestiscono i media, sono i nemici più irriducibili di chi oggi si comporta come quando loro erano giovani.

Un classico esempio è Enrico Mentana. Da giovane era un anarchico del Movimento Socialista Libertario, poi passò al Partito Socialista Italiano, poiché gli diedero la possibilità di dirigere la rivista “Giovane Sinistra”, organo ufficiale della Federazione Giovanile Socialista Italiana, di cui è stato vicepresidente dal 1977 al 1979.  Oggi è una vergogna del giornalismo privato italiano. Pontifica come se fosse un dio in terra.

Un’altra è la Lucia Annunziata. Da giovane s’interessava del Mezzogiorno e del movimento operaio, scriveva per “Il Manifesto” e “La Repubblica”. Seguiva personalmente come inviata eventi significativi dell’America latina, come la rivoluzione sandinista in Nicaragua, la guerra civile salvadoregna, l’invasione statunitense dell’isola di Grenada. Oggi, come apre bocca, fa venire il voltastomaco: appare perfida e maligna.

Perché in certe persone avvengono metamorfosi involutive così rivoltanti e pericolose? È il gusto del potere che le rende così. È come se volessero dirci: “Se negli anni ’70 non sono riuscito io a realizzare i miei ideali, chi sei tu per poterlo fare?”.

Jens Stoltenberg è un altro di questa risma, il cinismo impersonificato di un ex marxista.

 

Asia for ever

 

L’Asia sta per diventare un centro di gravità per i secoli a venire. Se scoppia una guerra mondiale, scompariranno di scena gli Stati Uniti e l’Unione Europea e forse anche l’area europea della Russia (dipenderà da quanti missili nucleari riuscirà a intercettare).

Paesi e territori come Sudcorea, Giappone, sud-est asiatico, Oceania sono tutti destinati ad essere assorbiti dalla superpotenza cinese, che, avendo un numero spropositato di abitanti, sarà in grado di farlo. Non dimentichiamo che gli stessi nativi del continente americano erano tutti di origine asiatica. E la storia, come si sa, tende a ripetersi, seppur in altre forme e modi.

La stessa Europa subirà nuove imponenti migrazioni da parte dell’Asia occidentale, probabilmente dall’India, che da sempre è terra di emigrazione. Già oggi ne sanno qualcosa gli inglesi, il cui premier, Rishi Sunak, non è certo di origine europea e neppure il premier portoghese Antonio Costa. La stessa vice presidente degli USA, Kamala Harris, ha origini indiane. Ma anche i presidenti delle Mauritius, della Guyana, del Suriname hanno medesime origini. Decine di ministri, parlamentari e alti funzionari statali statunitensi, canadesi, sudafricani, australiani, neozelandesi, malesi, ecc. sono tutti indiani.

Non ci si crederà, ma almeno il 10% dei fondatori di società hi-tech della Silicon Valley è indiano; i boss di Ibm, Alphabet-Google, Microsoft, Adobe e altre multinazionali sono nati o hanno radici familiari in India; persino metà dei motel americani è di proprietà di discendenti del subcontinente asiatico.

Ben 18 milioni di nati in India vivono in altri Paesi e altri 25 milioni hanno radici familiari in India. Nessun altro Paese regge il confronto.

Da dove vengono agli indiani queste grandi capacità di successo? Gli esperti parlano di notevoli abilità nel gestire l’incertezza e l’imprevedibilità (cose che in India non mancano di sicuro); parlano anche di autenticità che batte il conformismo, di capacità di adattamento, di fiducia nella meritocrazia, di padronanza della lingua inglese (nelle università britanniche lavorano 5.600 accademici indiani).

Chi ha fatto fortuna all’estero spesso investe in progetti di sviluppo nei villaggi più poveri dell’India.

La diaspora indiana ha molti meno muscoli finanziari di quella cinese, ma possiede una diffusione senza pari nei gangli di potere in tutto il mondo. Solo dal Punjab ogni anno arrivano in Europa 20.000 giovani.

Noi invece in Italia quelli che arrivano dall’Asia li lasciamo morire a 100 metri dalla costa. Noi italiani siamo diventati così: rassegnati a farci governare da poveri esseri provinciali che del mondo non sanno nulla e che, quando scoppiano delle guerre, si mettono sempre dalla parte sbagliata.

 

L’ultima tromba dell’apocalisse

 

La UE minaccia la Cina di sanzioni qualora decidesse di fornire armi alla Russia nel conflitto ucraino. Non autonoma dal punto di vista energetico e militare, la UE si mette a fare la voce grossa coi giganti.

Impossibile che gli statisti europei non sappiano che la Russia non ha affatto bisogno delle armi cinesi: semmai anzi è vero il contrario. Ma allora perché minacciano Pechino di non oltrepassare questa linea rossa? Il motivo è molto semplice: l’occidente collettivo vuole una guerra mondiale. Ormai gli statisti han capito che contro le superpotenze le sanzioni economiche e finanziarie non servono a niente, anzi producono effetti opposti. Han capito d’aver sbagliato tutte le previsioni sul conflitto in Ucraina. Han sottovalutato enormemente le capacità belliche della Russia. Ora l’ultima carta che possono giocare è quella nucleare, o comunque quella delle armi di distruzione di massa. Non è importante chi premerà il bottone, ma che si abbia intenzione di farlo e che non ci siano ripensamenti di sorta, come p.es. quello di Kennedy, quando l’Ucraina di quella volta si chiamava Cuba.

La Cina può negare quanto vuole l’intenzione di armare la Russia. Ormai la decisione è stata presa: l’occidente collettivo ha bisogno di una guerra mondiale, perché è solo così che pensa di sopravvivere. Gli basta convincere le popolazioni alla mobilitazione generale, a tenersi pronte al peggio, a fare ulteriori sacrifici per il riarmo. Deve solo porre le condizioni per far risultare Cina e Russia due nemici irriducibili e molto pericolosi. Deve creare dei pretesti. Deve allargare l’attuale conflitto a quanti più Paesi possibili. Ci vorrà forse qualche anno, poiché le popolazioni, per accettare soluzioni così estreme, vanno prima affamate e impedite a esprimersi liberamente.

Prima che suoni l’ultima tromba dell’apocalisse, l’occidente ha bisogno di preparare il terreno. Deve spingere l’acceleratore sul tema dei diritti umani e internazionali e soprattutto sulle libertà democratiche.

Noi dobbiamo solo ricordarci che non sono le singole persone che fanno la storia. Sono le tendenze, i processi, le idee che la fanno. Sono queste le cose che coinvolgono le grandi popolazioni. Ognuno è responsabile come un granellino di sabbia, ma tutti insieme possiamo desertificare l’intero pianeta.

 

Dati imprecisi

 

La CNN, citando le sue fonti nello stato maggiore ucraino, riferisce che al 28 febbraio 2023 le perdite delle forze armate ucraine ammontavano a: 259.085 militari uccisi o deceduti per ferite o malattie; 246.904 feriti; 83.952 dispersi; 28.393 catturati.

Perché questi dati van presi con le pinze? Perché in genere lo stato maggiore ucraino mente o minimizza di molto le sue perdite, e poi perché in genere i feriti sono 3-4 volte superiori ai morti.

 

[5] La Russia ha paura della NATO?

 

Sì, la Russia ha paura della NATO. Non è una novità. Ma è la prima volta che il Ministero della Difesa parla, nella sua rivista “Military Thought”, di strategia di deterrenza nucleare per proteggere la Federazione dall’aggressiva politica estera americana.

In fondo il principio è di tipo fisico: ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. Evidentemente i russi temono di subire attacchi che possano portare a un grave indebolimento del Paese, se non addirittura a una sua occupazione (parziale o totale) e quindi a un suo smembramento. Con un attacco nucleare globale istantaneo gli USA possono distruggere immediatamente almeno il 65-70% delle forze nucleari strategiche della Federazione.

Certo è che il problema si fa serio. In teoria la NATO può lanciare un’arma nucleare da qualunque propria base europea: se non lo fa da terra, può farlo tramite un aereo. Viceversa la Russia non ha propri missili nucleari in Messico o a Cuba. È vero che può disporre di alcuni missili intercontinentali aventi una gittata massima di 18.000 km, ma al momento, per colpire gli USA, potrebbe avvalersi soprattutto dei propri sottomarini. Dicono che abbia una dozzina di armi ipersoniche, contro cui gli USA non hanno ancora un equivalente. Tuttavia è meglio stare coi piedi per terra e limitarsi a pensare che la Russia è soltanto in grado di distruggere tutte le basi nucleari europee, ovviamente prima che i caccia e i bombardieri nucleari si alzino in volo.

Gli Stati Uniti son fatti così, purtroppo. Abituati a dominare gran parte del pianeta dalla fine della seconda guerra mondiale, non possono accettare che un nemico metta seriamente in discussione questa egemonia. Sono stati abituati male. Adesso è come togliere improvvisamente a un drogato le proprie dosi: va in crisi di astinenza, può compiere atti inconsulti, bisogna in qualche modo immobilizzarlo...

Questo è il momento in cui la Russia può verificare se ha davvero Paesi amici o veri alleati nel mondo. Non possono lasciarla sola.

 

La paura è giustificata

 

Oggi stanno riemergendo nei russi le stesse paure che avevano un secolo fa, quando Stalin diceva ch’era assurdo parlare di “estinzione dello Stato” in presenza di un nemico (il capitalismo euroamericano) che avrebbe potuto colpire l’URSS in qualunque momento.

A dir il vero lui lo disse quando l’Armata Rossa aveva già vinto sia la controrivoluzione interna sia l’interventismo degli 11 Paesi stranieri che volevano smembrarla. E lo disse per giustificare la propria dittatura.

Oggi però è diverso. Poiché gli Stati Uniti stanno gradualmente perdendo la loro posizione di leader nel mondo, la loro aggressività, invece di diminuire, sta aumentando. Invece di prendere atto di un processo multipolare in corso, sono in procinto di scatenarsi.

D’altra parte in tutta la loro storia han sempre avuto bisogno di darsi un nemico da combattere. L’han fatto anche nei fumetti, nei cartoni animati, nei film, nei documentari sugli animali, oltre che ovviamente nel commercio internazionale, nella speculazione finanziaria, fino allo scontro ideologico o di civiltà.

Il mondo non ne può più, né degli americani né degli europei. Non è possibile vivere tutti i giorni col terrore di una spada di Damocle sulla testa. Anche perché sono gli americani a essere invidiosi del benessere altrui. Non riescono proprio ad accontentarsi dell’essenziale. Vogliono vivere alla grande, vogliono accumulare sempre di più, investire qualcosa là dove è possibile ricavare un guadagno. I soldi sono il metro di misura di qualunque valore. E non si preoccupano minimamente di avere in patria ben 46,2 milioni di persone sotto la soglia di povertà, come dice il recente report dell’Ufficio del Census Bureau, che fissa quella soglia alla cifra irrisoria di circa 22.000 dollari l’anno per una famiglia di quattro persone e di 11.000 dollari per i single. Non è un caso che 50 milioni di americani sono sprovvisti di una qualunque assicurazione sanitaria.

 

La guerra non è un gioco

 

Lucio Caracciolo, direttore della rivista di geopolitica “Limes”, il 3 marzo a “Otto e mezzo”, programma di La7, ha detto le testuali parole: “La novità è che gli americani hanno deciso di accorciare i tempi della guerra, bisogna vedere se ci riusciranno... Per loro il problema della Cina è leggermente più importante di quello della Russia. Detta in maniera molto pratica, l’industria militare americana non può dalla mattina alla sera produrre, per decisione di Joe Biden, quello che servirebbe per armare gli ucraini oltre un certo limite. Quindi il Pentagono dice che loro la guerra eventualmente la farebbero con la Cina, non con la Russia, quindi non capiscono perché devono dare le armi per combattere i russi, non avendo poi niente in magazzino per una guerra con la Cina”.

Dopodiché, alla domanda della conduttrice se la guerra in Ucraina stesse per concludersi, lui ha risposto, col cinismo che lo contraddistingue: “No. O meglio, spero di sì, ma questa scelta americana avrà qualche difficoltà a concretizzarsi. Perché la Russia ci ha un po’ preso gusto”.

Parla come se per lui la guerra fosse un gioco, come se sullo scacchiere internazionale fosse normale per la Russia avere a che fare con un nemico che costantemente minaccia di distruggerla. Ovvero come se tra “imperi” fosse normale farsi delle guerre: e in ciò dà per scontato che anche la Russia nutra ambizioni imperiali, quando invece è un Paese che non ha alcuna preoccupazione egemonica mondiale.

E poi non è assolutamente vero che gli USA, primo produttore mondiale di armi, abbiano esaurito le loro scorte nei magazzini. I loro militari non daranno mai i gioielli di famiglia a un governo, come quello di Kiev, che ha ancora pochi mesi di vita e che non sarebbe neppure in grado di utilizzarli.

Quindi o la NATO interviene direttamente in questo conflitto, usando tutte le armi a sua disposizione (convenzionali e/o nucleari), gestite da personale qualificato, che anzitutto sarebbe americano, oppure abbandona l’Ucraina a se stessa, accontentandosi di un obiettivo già acquisito: indebolire di molto la UE sul piano economico, avendo già reciso i suoi rapporti vantaggiosi con la Russia, e costringendola a comprare idrocarburi, a prezzi parecchio maggiorati, dagli stessi americani. Dopodiché il Pentagono si rivolgerebbe alla Cina, che considera più debole della Russia sul piano militare.

In ogni caso non è possibile sostenere che la guerra in Ucraina non può finire finché la Russia non si accontenta dei territori già conquistati sul campo. La Russia non prova alcun “gusto” ad ammazzare i giovani ucraini e a veder morire i propri militari. Sin dall’inizio della guerra era disposta a trattative di pace, ma l’occidente le ha fatte saltare tutte, illudendo il governo di Kiev che la vittoria sarebbe stata a portata di mano.

 

[6] Codici e paradigmi mutati

 

Grazie a questa guerra russo-ucraina, involontariamente, stanno cambiando i paradigmi interpretativi della realtà, i codici deontologici di comportamento.

Nell’arco di un anno abbiamo imparato a difenderci dalla narrativa del mainstream occidentale. Abbiamo capito che la realtà va interpretata in maniera rovesciata da come ce la presentano.

Ci sentiamo autorizzati legittimamente a non credere mai a tutto ciò che i rappresentanti delle istituzioni ci dicono. Siamo diventati così sospettosi che tutto quanto proviene dalla nostra civiltà ci sembra falso, limitato, poverissimo di contenuto.

I nostri telegiornali? Sul conflitto mentono per partito preso. I nostri politici? Ci stanno portando alla catastrofe epocale. I giornalisti? Tutti venduti, salvo eccezioni.

Non ne possiamo più. Per tornare ad avere fiducia nelle istituzioni, pretendiamo che gli statisti europei si dimettano, che l’Europa esca dalla NATO e che si dia un esercito meramente difensivo, e che non ci sia alcun problema a riprendere i rapporti culturali e commerciali con la Russia. Vogliamo che tutte le sanzioni, nei confronti di qualunque Paese, vengano rimesse in discussione.

Personalmente vorrei anche che il mio Paese si dichiarasse, univocamente e definitivamente, del tutto denuclearizzato, perché il nucleare mi fa paura, anche quello civile. E che quindi la si smettesse di cercare nel nucleare un’alternativa agli idrocarburi.

Questa guerra ci ha abituati a pretendere coerenza tra parole e fatti, tra etica e politica.

Dovremmo smettere persino di guardare i film e i telefilm americani, perché coi loro contenuti violenti e i valori disumani che trasmettono, ci condizionano psicologicamente e culturalmente. Se li tengano pure loro gli eroi fasulli che creano. Se la guardino loro la fabbrica di sogni hollywoodiani.

Tutto quello che proviene dagli Stati Uniti dovremmo guardarlo con sospetto. Il loro cinismo dovrebbe terrorizzarci. Che siano loro i primi a ridurre all’osso il mostruoso apparato militare che si sono dati. Che siano loro i primi a rispettare la parola data, i trattati sottoscritti, le condizioni contrattuali. Che siano loro a modificare quell’assurdo modo individualistico, tutto incentrato sul dollaro, che hanno di vivere la vita. Che siano loro i primi a dare il buon esempio in tutti i settori della vita umana, visto che amano così tanto pontificare sui valori della democrazia, come se il mondo intero vivesse nella barbarie.

A questo punto l’onere della prova della loro umanità ricade tutto su di loro.

 

Se ci ridimensioniamo, forse ce la caveremo

 

Cos’ha fatto l’occidente per ricostruire i Paesi che ha bombardato, distrutto, devastato umanamente e materialmente? Non ha fatto assolutamente nulla di positivo nella ex Jugoslavia, in Iraq, Libia, Afghanistan, Somalia, Siria... Stati Uniti e Unione Europea sono solo capaci di destabilizzare. Gli Stati si sentono più sicuri dopo che noi ce ne siamo andati.

Gli statisti euroamericani andrebbero tutti processati per crimini contro l’umanità, anche quelli già morti.

La stessa cosa faremo in Ucraina. Invece di indurre il governo di Kiev a scendere subito a trattative sull’autonomia da riconoscere alle due repubbliche del Donbass, l’abbiamo indotto a resistere armandolo sino ai denti, esponendolo al rischio di veder perdere l’intero Paese, già ampiamente distrutto e affogato nei debiti.

Alla fine della guerra l’Ucraina tornerà al Medioevo, i suoi dirigenti faranno la bella vita all’estero, godendosi i nostri soldi, e i neonazisti sopravvissuti infesteranno le nostre città. Di sicuro non la faremo entrare nella UE, perché i russi non ci permetteranno di sfruttarla come abbiamo fatto con gli altri Paesi ex sovietici, e tanto meno entrerà nella NATO.

Anzi, se vince la Russia, altri Paesi dovranno pensarci due volte prima di aderire all’Alleanza atlantica. Mi riferisco a Finlandia, Moldavia, Georgia... La Russia non vuole avere basi NATO ai propri confini, perché queste basi possono dotarsi di missili nucleari molto pericolosi, in grado di colpirla in pochi minuti. Quindi dovranno stare attenti a come si muovono anche tutti gli altri Paesi europei, già nella NATO o in procinto di entrarvi: Svezia, Norvegia, Polonia, Baltici, Romania, Ungheria, Bulgaria, Slovacchia, e tutti gli Stan asiatici.

La Russia ha messo in moto un apparato militare imponente, come ai tempi della seconda guerra mondiale e della guerra fredda, e d’ora in poi porrà condizioni tassative alla NATO, non negoziabili. Non vuole più essere circondata, non vuole più sentirsi costantemente minacciata da atteggiamenti guerrafondai. La richiesta sarà molto chiara e semplice.

Non credo che avrà atteggiamenti di chiusura precostituita se l’occidente si limiterà a praticare scambi commerciali e culturali. La Russia non è un Paese che prova risentimenti nei confronti di chi le ha fatto torti dolorosi e poi si è pentito. I suoi atteggiamenti bellicosi sono una nostra

 

NATO vergognosamente impunita

 

L’Associazione nazionale vittime dell’uranio impoverito da diversi anni s’impegna nella lotta per la verità e la giustizia a favore dei militari gravemente contaminati dall’uranio impoverito e da metalli pesanti (Torio 232, ecc.) durante le cosiddette “missioni umanitarie” all’estero, ma anche a seguito dell’addestramento nei poligoni di guerra NATO sul suolo italiano (soprattutto in Sardegna). Una contaminazione che solo in Sardegna ha fatto ammalare di tumori almeno 300 militari, e certamente non gli ufficiali di grado superiore.

La penisola Delta di Capo Teulada (che sulla carta risulta inserita in una zona naturalistica protetta) in 70 anni di bombardamenti è stata colpita da milioni di proiettili, missili e razzi, tanto da essere dichiarata dal Ministero della Difesa non bonificabile e interdetta agli stessi militari.

Sono oltre 8.000 i militari italiani che si sono ammalati di cancro a causa dei proiettili all’uranio impoverito utilizzati dalla NATO durante i bombardamenti del 1999 in Bosnia, Kosovo e Serbia e, di questi militari, 400 sono deceduti. Naturalmente vi è anche un numero abnorme di patologie neoplastiche nella popolazione serba, sia civile che militare. Ma i nostri militari si sono ammalati anche in Afghanistan, Iraq e Somalia. Anzi la prima volta che si sono usate armi del genere è stato durante la Guerra del Golfo del 1990-91, poi di nuovo del 2003-11 (seconda guerra del Golfo).

In 20 anni di cause risarcitorie intentate contro il Ministero della Difesa italiano, oltre 300 sentenze hanno conseguito esito favorevole, al punto che nel nostro Paese si è costretti ad ammettere una seria correlazione causale tra esposizione all’uranio impoverito e insorgenza di gravi patologie tumorali. Un caso unico in Europa e nel mondo.

Naturalmente la NATO pretende l’impunità.

 

Un tumore maligno

 

Chi sostiene, tra gli analisti europei, che sia stata la NATO a garantire all’Europa pace e sicurezza dal 1945 ad oggi, non sa quel che dice.

La NATO è servita soltanto a tenere gli europei sottomessi agli americani. Tutta la lotta contro le idee socialcomuniste europee ha visto molto attivi, seppur dietro le quinte, agenti dei servizi segreti americani. Persino la criminalità organizzata è sempre stata protetta dagli Stati Uniti e quindi dalla NATO. Chi le ha dato le bombe per far saltare le auto di Falcone e Borsellino con tutte le scorte?

Oggi anzi dovremmo sostenere che la NATO non è più soltanto un’alleanza euroatlantica, ma un’alleanza militare mondiale. Esprime l’Occidente collettivo contro il resto del mondo. Come se dicesse: noi siamo la democrazia, voi le dittature. Così è apparso al vertice di Madrid della scorsa estate.

Il primo nemico della NATO è la Russia? Ma il secondo è la Cina. Che c’entra la Cina, che non è in Europa? Perché quest’anno la NATO ha iniziato a dire nei suoi documenti che la Cina, con la sua politica, minaccia – testuali parole – gli interessi, la sovranità e i valori della NATO?

E poi perché considerare come ulteriori nemici della NATO l’Iran, la Corea del Nord…? Perché affermare che l’impegno militare della NATO deve svolgersi in zone lontanissime tra loro, come il Sahel, il Medio Oriente e l’Indocina? Era dai tempi del Vietnam che non si sentiva parlare di Indocina.

La NATO è un tumore maligno che va estirpato il prima possibile.

 

[7] La legge del contrappasso

 

Chi negli anni ’90 non era un adolescente si ricorda bene che in Jugoslavia la crisi post-sovietica fu aperta dalla Germania con l’immediato riconoscimento dell’indipendenza di Slovenia e Croazia, in funzione anti-serba, per frantumare il Paese e poterlo meglio colonizzare.

La stessa Germania (ma anche l’Italia di D’Alema premier e Mattarella alla Difesa) sostenne poi con convinzione lo sforzo bellico della NATO, guidata dal presidente Clinton, che permise ai militari di usare bombardamenti indiscriminati sulle città e uranio impoverito, e che solo per questo meriterebbe di finire i suoi giorni in galera, magari con sua moglie Hillary, che, insieme a Obama, fece bombardare la Libia chiedendo il linciaggio di Gheddafi.

La Germania di Wolfgang Schäuble (quello che poi affosserà la Grecia piena di debiti nell’ambito dell’Unione Europea) voleva dominare i Balcani, congiungendosi alla Turchia e approdando in Medio Oriente, ed è la stessa Germania di oggi, che fino al 24 febbraio 2022 voleva una UE a proprio uso e consumo, sfruttando i costi ridicoli delle riserve energetiche russe.

Ma siccome esiste una legge del contrappasso, che con la mano invisibile del mercato americano ha imposto la distruzione del Nordstream, l’aquila dell’impero tedesco, gestito da un leader improbabile come Scholz, è costretta a volare basso e a fare pochi versi striduli.

L’Italia, se non avesse al governo una mezza figura contornata da ministri arroganti e incompetenti, potrebbe approfittare di questa situazione, mostrando che si può creare un’Europa diversa da quella meramente finanziaria, burocratica e bellicistica. Ma la Meloni è in fondo il frutto di un’altra legge del contrappasso: l’indifferenza degli italiani per una politica attiva, non da salotto.

 

Perderanno comunque

 

Una delle cose più assurde del conflitto russo-ucraino è che il governo di Kiev non combatte con forze materiali proprie ma con quelle della NATO, essendo questa una chiara guerra per procura. Le proprie forze militari, se si escludono quelle umane, le ha finite da un pezzo. Cioè praticamente i neonazisti devono fidarsi soltanto dei loro sponsor bellici e finanziari. Per il resto possono soltanto morire in prima linea.

Ha senso un comportamento del genere? I vietnamiti, quando combattevano gli americani (e prima ancora i francesi) si basavano sulle loro risorse, anche se poi chiedevano aiuto a russi e cinesi.

Supponiamo infatti che l’Ucraina vinca. Con tutto quello che ha ricevuto e che non ha pagato, come farà a non mettere i propri beni a prezzi di saldo? Dovrà fare un’asta su se stessa, vendendosi al migliore offerente. Impossibile che il governo non sappia che l’occidente non regala niente a nessuno. Il grande affarista Zelensky non può essere così ingenuo.

Ma come fa un Paese semidistrutto a pagare i propri debiti? I 300 miliardi di dollari della Banca centrale russa, congelati nei caveau delle banche occidentali, dovrebbero essere devoluti alla ricostruzione dell’Ucraina. Lo chiede quella scriteriata della von der Leyen. Ma se le banche si comporteranno così, avranno chiuso per sempre i loro rapporti con la Russia. Anzi, il giorno che la Russia tornerà alla carica, come nella seconda guerra cecena, e farà polpette di Kiev con la propria aviazione, quelle stesse banche dovranno fronteggiare l’ira di Mosca.

In ogni caso, siccome quei soldi non basteranno, il resto dove andranno a trovarlo? Zelensky ha già detto che privatizzerà tutti i beni pubblici, dandoli in gestione a imprese straniere. Ci vorrà un periodo lunghissimo prima di poter pagare i debiti nazionali.

Insomma, anche se vincessero, gli ucraini perderebbero a causa della totale mancanza di autonomia finanziaria e produttiva. Le multinazionali occidentali si precipiterebbero per spolpare il Paese fino all’osso.

Quindi l’unico modo per riuscire a salvarsi dalla schiavitù economica è quello di perdere la guerra, dichiarandosi insolventi nei confronti dei creditori occidentali.

In fondo l’occidente è abituato a veder fallire le proprie banche. Le prime furono quelle dei Bardi e Peruzzi al tempo della guerra dei Cent’anni, quando il re inglese Edoardo III, indebitato fino al collo e non avendo più un penny, provocò un grande cataclisma finanziario in mezza Europa.

 

Falsità a gogò

 

Le falsità che dicevano i nazisti in Germania sull’andamento della guerra in Russia erano incredibili, ma quelle che dicono i media occidentali sull’esercito russo in Ucraina sono spettacolari.

L’ultima ha un sapore tra il grottesco e il tragicomico: la compagnia Wagner, rimasta senza munizioni, starebbe occupando Bakhmut con pale e badili. In pratica costringerebbe alla resa gli ultimi 12.000 soldati ucraini, isolati e privi di rifornimenti, usando l’arma bianca!

Si può capire che a Kiev, disperati, s’inventino simili sciocchezze, ma che lo facciano anche i grandi quotidiani del mainstream è significativo. Avendo già mentito per un anno intero, ora, per sostenere la propria posizione, si è costretti a ricorrere alle più assurde fake news.

Di fatto Bakhmut sta finendo come Mariupol: se non si arrendono, moriranno tutti. Persino Borrell l’ha capito, che nella sua follia chiede d’impiegare il fondo europeo per la pace a fini bellici.

Il profilo Open di Mentana (ora gestito da Bechis), pur premiato da “NewsGuard” come sito più attendibile e con maggior engagement in Italia nel 2022, è subissato da insulti.

facebook.com/Opengiornaleonline/posts/3643592519220950

 

[8] Toro e matador

 

C’è chi dice che questa guerra russo-ucraina somiglia in un certo senso a una corrida, in cui il matador russo non vuole uccidere subito il toro ucraino, ma sfiancarlo progressivamente per far vedere agli spettatori che non ha bisogno di usare le maniere forti per vincere il duello.

Gli analisti infatti cominciano a meravigliarsi di questi atteggiamenti dilatori. Putin sembra un novello Quinto Fabio Massimo, detto il Temporeggiatore. Non capiscono perché lui preferisca sterminare l’esercito ucraino (ormai composto per metà da mercenari e volontari) passando da una città (o villaggio) all’altra, invece che bombardare direttamente Kiev e farla finita una volta per tutte.

Il Cremlino lo vede coi suoi occhi che questa lentezza permette alla NATO di continuare a inviare armi sempre più efficaci e a più lunga gittata, ampliando così la guerra e causando un maggior numero di vittime russe.

Ebbene, questo non è un modo strano che i russi hanno di combattere, ma è proprio quello che hanno scelto per il teatro ucraino, e che è diverso da quello usato in Cecenia o in Siria contro i terroristi islamici.

Tutti i territori liberati non verranno più restituiti in alcuna trattativa, proprio perché sono stati faticosamente conquistati, metro per metro, a prezzo di gravi perdite, cercando di risparmiare il più possibile la vita dei civili.

Questo modo lento di combattere permette anche di addestrare nuove truppe, di produrre ingenti quantitativi di armi e munizioni, di migliorare persino la loro efficienza in tempo reale. Putin sta progressivamente creando un esercito imponente, in grado di fronteggiare tranquillamente, in una guerra convenzionale, qualunque esercito della NATO, e di non aver paura, in definitiva, neanche di fronte alla prospettiva di una guerra  nucleare.

 

Un nuovo Donbass in Moldavia

 

Il parlamento moldavo ha deciso di cambiare in tutte le leggi della Moldavia i sintagmi “lingua moldava”, “lingua ufficiale”, “lingua di stato” e “lingua madre” col sintagma “lingua rumena”.

Perché ha preso questa decisione, che ha il sapore di una provocazione, in quanto russo e romeno sono entrambe lingue ufficiali? Perché la Romania è all’interno della NATO e della UE. Se la Moldova facesse parte della Romania, sarebbe più facile entrare nella NATO e nella UE. A quel punto la Transnistria diventerebbe un altro Donbass da eliminare.

Le questioni linguistiche sono sempre molto importanti, poiché aiutano a definire il livello di autodeterminazione di un ethnos. Il primo decreto che fece il governo neonazista di Kiev fu quello di togliere al russo lo status di lingua ufficiale come l’ucraino.

Se la lingua che una popolazione parla è ufficialmente chiamata rumena, qual è il significato dell’esistenza di uno Stato moldavo indipendente da quello rumeno? È evidente che il passo successivo non può che essere la liquidazione dello Stato moldavo e la sua annessione forzata alla Romania. E questo nonostante che la Moldavia, come entità statale, sia di cinque secoli più vecchia della Romania! Il sintagma “lingua rumena” apparve solo dopo il 1812, mentre il Principato Moldavo di lingua slava era nato nel 1359.

I rumeni considerano il moldavo un loro dialetto. Così come i tedeschi fanno con la lingua parlata in Austria e i francesi con quella parlata dai belgi valloni. Già nel 1989 il parlamento della Moldavia sovietica aveva adottato una risoluzione sulla transizione della lingua moldava all’alfabeto latino.

Tuttavia nella Transnistria vogliono parlare in russo e scrivere in cirillico. Questa regione non si sarebbe posta in maniera autonomistica se non ci fosse stato un problema linguistico, ritenuto così grave dal governo moldavo da indurlo a scatenare una guerra civile.

I rumeni considerano lo slavo una lingua arretrata, da contadini e operai. Già nel XIX sec., sullo sfondo della proclamazione di uno Stato rumeno indipendente, le autorità avevano organizzato una campagna di “purificazione” della lingua rumena, sostituendo le parole slave con quelle latine.

Ora, se la Moldavia scompare come Stato e si lascia assorbire dalla Romania, la Russia avrà un’altra gatta da pelare, poiché i russofoni della Transnistria sicuramente le chiederanno aiuto e Mosca sarà costretta a riconoscerli come Stato separato. E se verranno perseguitati, dovrà intervenire militarmente, poiché sicuramente all’ONU non importerà nulla di riconoscere l’indipendenza della Transnistria. A quel punto però dovrà scattare l’automatismo dell’art. 5 della NATO: cosa che non è potuta avvenire in maniera plateale nel conflitto russo-ucraino.

 

Non c’è solo la Transnistria

 

Gli abitanti della Gagauzia in Moldavia temono il proprio genocidio dopo che il governo moldavo pare sempre più intenzionato a unirsi con quello rumeno, dando vita a un unico Stato con un’unica lingua: il rumeno.

La presidente della Moldavia, Maia Sandu, e il partito di governo PAS stanno agendo in nome degli interessi della NATO e della UE. Una nuova guerra civile si profila all’orizzonte.

La Gagauzia copre una superficie di 1.832 kmq ed è popolata da circa 160.000 abitanti che parlano tre lingue: gagauzo, rumeno e russo. Capoluogo è Comrat. Sono di origine turca, anche se la maggioranza della popolazione è di religione ortodossa. Non dispongono di proprie forze armate per la difesa. Inevitabilmente chiederebbero aiuto alla Russia. Nel 2014 i cittadini han già votato all’unanimità per il diritto alla secessione dalla Moldavia in caso di perdita dell’indipendenza dello Stato moldavo.

Naturalmente la propaganda occidentale sta già incolpando la Russia di voler tramare un golpe in Moldavia. Alla RAI il mentitore seriale, che ora dall’Ucraina si è trasferito in Moldavia, è Ilario Piagnerelli.

 

Insegnante russa o danese?

 

È recente la news relativa a quei rifugiati ucraini di Helsingør in Danimarca (città di 50.000 abitanti) che avevano mandato i loro figli a studiare in una scuola locale. Alcuni genitori avevano chiesto il licenziamento di una insegnante di origine russa, altrimenti avrebbero tolto i loro figli. Per tutta risposta la scuola aveva inviato una lettera ai genitori chiedendo di fermare il bullismo dei loro figli.

Infatti questi studenti, venuti a conoscenza dell’origine dell’insegnante, si erano subito comportati maleducatamente, arrivando persino a portare le loro bandiere nazionali in classe.

I bambini erano stati rimproverati dalle autorità scolastiche sulla base del principio che la scuola è neutrale, per cui non si può venire a scuola con le bandiere. Ma per calmare le acque è dovuto intervenire il sindaco, precisando che in Danimarca non si usa licenziare le persone a causa della loro nazionalità. Per di più l’insegnante vive in Danimarca da 30 anni ed è una cittadina del Paese.

Lo schema mentale che i bambini avevano messo in pratica era molto semplice: il russo è un aggressore, l’ucraino un aggredito e l’europeo il salvatore dell’aggredito. Senza se e senza ma, senza sfumature o eccezioni di alcun genere. Ormai gli ucraini hanno acquisito questo ruolo, per cui si aspettano di avere tutti i diritti, anche se si comportano contro i diritti umani e costituzionali.

Sarà dura quando perderanno la guerra e arriveranno a frotte nella UE.

 

[9] Georgia, non di Ray Charles

 

Il parlamento della Georgia ha approvato con 76 voti a favore e 13 contrari un disegno di legge, in prima lettura, relativo a una questione di tipo politico-fiscale che ha scatenato forti reazioni popolari, con tanto di bombe Molotov in direzione della polizia e un tentativo di occupare il parlamento.

Il testo prevede che le organizzazioni non profit e i media riceveranno lo status di “agenti d’influenza straniera” se più del 20% del loro reddito proviene dall’estero. Tali organizzazioni devono essere sottoposte a una registrazione obbligatoria e, se rifiutano di farlo, saranno sanzionate. Ogni anno dovranno rendere conto delle proprie spese. Inoltre il Ministero della Giustizia avrà diritto ad avviare un’indagine contro di loro.

Considerando che attraverso le ONG e i media privati l’occidente crea le sue cosiddette “rivoluzioni colorate” o colpi di stato in quei Paesi esteri che vuole in qualche modo controllare, non sembra che sia un provvedimento così eccessivo o ingiustificato, anche perché Russia e USA ne hanno di analoghi.

Anzi se prendiamo il Foreign Agents Registration Act degli Stati Uniti, approvato nel 1938 e ancora in vigore, questo stabilisce lo status di “agente straniero” non solo per i media e le organizzazioni non governative, ma anche per altre persone giuridiche e fisiche. Le infrazioni (ritardare la registrazione o rifiutarla) sono soggette non solo a sanzioni amministrative, ma anche penali: le persone possono affrontare pene detentive fino a cinque anni.

Tale regolamento è molto più restrittivo di quello russo, che in genere si limita a espellere dal Paese il soggetto indesiderato o incriminato.

Tuttavia la cosa che più stupisce è che la presidente della Repubblica georgiana, Salomé Zourabichvili, dopo essersi recata negli USA per motivi istituzionali, ha dichiarato in un videomessaggio di sostenere i manifestanti e che eserciterà i suoi poteri di veto per chiedere al parlamento di revisionare la legge. Rarissimo che un presidente si comporti così. A quanto pare il lavoro destabilizzante delle ONG e dei media stranieri funziona a meraviglia. Soprattutto quella denominata USAID, gestita da Samantha Power, che ha sponsorizzato qualsiasi intervento militare americano – naturalmente su base “umanitaria” – compiuto in Libia, Siria, Yemen ecc. Per fortuna che in seconda lettura il testo non avrà bisogno della maggioranza assoluta per essere approvato, ma solo di quella semplice.

Naturalmente gli USA han subito detto che se il parlamento approva il testo, scatteranno sanzioni economiche contro la Georgia.

In piccolo quindi è già un’altra potenziale Ucraina, con la differenza che il governo in carica è favorevole a un’economia di tipo liberista e a una politica filoeuropeista e filoatlantista, benché non abbia alcuna intenzione di allarmare il gigante russo. Ne ha già avuto abbastanza nella guerra del 2008, in cui ha perso il controllo delle due repubbliche russofone di Ossezia del Sud e Abcasia.

Ne vedremo delle belle, anche perché due tra gli statisti russofobi che abbiamo in Europa, Charles Michel e Josep Borrell, han già detto che se passa il provvedimento, la Georgia può scordarsi di entrare nella UE. A questo punto è abbastanza ridicolo che il governo georgiano abbia chiesto lumi alla Commissione di Venezia (un organo consultivo legale del Consiglio d’Europa) su come comportarsi. Sarebbe meglio seguire il consiglio di Ray Charles, quando diceva “Oh Georgia non farlo, dovevi saperlo bene”.

 

Un Donbass anche negli States

 

Il rappresentante repubblicano dello Stato del Texas, Bryan Slaton, ha presentato un disegno di legge che prevede la votazione di un referendum sulla secessione del Texas nel 2024. Lo vogliono inserire nelle prossime elezioni presidenziali, così sarà più facile votare.

Già si parla di tradimento sedizioso, ma il movimento nazionalista di quello Stato federale, chiamato Texit, è da un ventennio che spinge per un referendum sulla secessione. Per i texani non è una novità, anche perché non ci sono solo loro a volersi separare da Washington, ma per es. anche la California, dove il movimento si chiama Calexit. Un altro Stato che ci sta pensando è l’Alaska.

Texas e California hanno un PIL tra i primi 10 al mondo. Non riescono più a sopportare il declassamento della loro classe media in forza di un globalismo che li costringe a tenere aperte le porte alle merci cinesi, notoriamente ultraeconomiche. Non riescono più ad accettare il debito fuori controllo dello Stato centrale, né che debbano essere Ohio, Pennsylvania e Michigan a decidere, in ultima istanza, l’esito delle elezioni presidenziali. Tanto meno sopportano che, nonostante il loro grande contributo alle finanze statali, il loro Paese occupi posizioni assolutamente imbarazzanti nelle graduatorie internazionali di assistenza medica, di servizi sociali, di istruzione media e di altri indici qualitativi. Inoltre gli Stati più vicini ai confini del Messico sono i più esposti alla migrazione di massa dal Sudamerica.

Praticamente si chiedono se sia possibile imitare la Brexit. Il problema è che da loro non è prevista nella Costituzione alcuna disposizione per un atto di secessione unilaterale. Uno Stato federale non può legalmente costringere gli Stati Uniti a concedere la secessione. Il distacco sarebbe possibile se Stato federale e potere centrale fossero d’accordo, ma anche in questo caso sarebbe necessario un emendamento costituzionale di difficile attuazione e in ogni caso un atto del Congresso. È facilmente prevedibile che il resto degli Stati non lo consentirebbe.

Insomma gli USA si preparano ad avere un proprio Donbass. Forse è questo il motivo per cui vogliono tenere in patria gli Abrams.

 

A volte mi chiedo…

 

A volte mi metto nei panni di un ucraino filo-nazista e mi chiedo che senso abbia rifarsi a un’ideologia di quasi un secolo fa. E penso che la popolazione di quel Paese sia culturalmente e politicamente molto arretrata. Oggi infatti, se vuoi fare il nazista, devi essere democratico. In occidente si usa così. I bombardamenti umanitari, le devastazioni umane e materiali di interi Paesi si fanno in nome del diritto internazionale, possibilmente sancito dall’ONU.

Il periodo in cui l’Ucraina è stata sovietizzata non è servito a renderla più scaltrita, ma soltanto a renderla più ingenua nei confronti del canto menzognero delle sirene occidentali. Ciò dovrebbe farci riflettere. Tenere sotto tutela una popolazione, nel timore che ceda alle tentazioni del consumismo, può portare a risultati controproducenti. Forse sarebbe meglio che ogni popolazione venga lasciata libera di sperimentare personalmente il peggio della nostra civiltà occidentale, così potrà poi liberarsene con maggiore consapevolezza.

 

Cosa ci resta da fare?

 

Non abbiano udito parole di vita ma solo di inganni. E le abbiamo ascoltate, pagandone il prezzo. Non le abbiamo verificate. E quando l’abbiamo fatto, non abbiamo tratto le dovute conseguenze. Ci siamo fidati di chi ci governava, perché ci prometteva un cambiamento radicale delle cose, e la fede ingenua ci ha tradito. Non abbiamo più padri madri antenati che ci dicono parole sagge, senza mentirci. La storia non ha più un passato edificante e il presente è solo una presa in giro. Il nostro futuro è compromesso. Non abbiamo memoria di cose buone, né speranza di averle. Non daremo più ascolto a nessuno, perché le parole vengono usate solo per ingannare. Vogliamo vedere solo i fatti. Non servono le parole per capire i fatti. Ci vuole un’esperienza comune, condivisa. Nel silenzio.

 

[10] Colombe e serpenti

 

Certo che bisogna essere molto ingenui a non capire la falsità dei valori occidentali. E i giovani indubbiamente lo sono. Lo vediamo questi giorni in Georgia.

Ci ricordiamo tutti quando a martellate i giovani buttavano giù il muro di Berlino. Erano convinti che dall’altra parte ci fossero libertà e benessere. Non sapevano che il benessere lo paghi con nuove forme di schiavitù o lo fai pagare alle popolazioni più deboli del pianeta.

Chissà se oggi, a distanza di 30 anni, quei giovani sono rimasti così ingenui. Chissà se oggi, all’età di 50-60 anni, riescono ancora a ricordare che, nonostante le limitazioni alla libertà personale, potevano fruire di un’ottima istruzione totalmente gratuita, di un lavoro e di un’abitazione garantiti. Nessuno rischiava d’essere sfrattato o licenziato. Anzi si cercava di garantire un lavoro sulla base delle proprie capacità e inclinazioni. E questo a tutti: uomini e donne, perché la discriminazione di genere era vietata. Le tante occasioni per la cultura e il tempo libero avevano costi molto bassi o nulli. Non esisteva l’angoscia del vivere per motivi economici.

L’annessione alla Germania Ovest fu traumatica per gli abitanti della DDR. Numerose occupazioni nell’industria e in agricoltura furono smantellate. Gli Ossies, come venivano chiamati, erano considerati cittadini di seconda categoria, bisognosi di tutto. Cominciarono a sperimentare su di loro quelle discriminazioni e quel razzismo che nella ex RDT non avevano mai vissuto.

Certo il socialismo statale non è molto compatibile con la libertà personale, ma l’alternativa del capitalismo privato quanto è lontana da qualunque forma di giustizia? L’ingenuità delle colombe abbatte i muri, ma poi è l’astuzia dei serpenti che li ricostruisce.

Ecco perché vorrei dire ai giovani georgiani, ucraini, moldavi e a tutti i giovani degli ex Paesi comunisti: la Russia vincerà perché il neonazismo sostenuto dall’occidente è un crimine contro l’umanità, ma, finita la guerra, impegnatevi a realizzare un socialismo davvero democratico, dove libertà e giustizia possano convivere pacificamente. Questo è un obiettivo che neanche i russi sono stati capaci di realizzare, anche se qualcosa di positivo, del passato sovietico, è rimasto.

 

Cina discepola della Russia

 

L’establishment di Washington e il Pentagono sembrano essere così distaccati dalla realtà da non capire che il regime di Kiev non solo non ha alcuna capacità di respingere la Russia dal Donbass, ma tanto meno quella di riconquistare la Crimea.

Non riescono neanche a capire che se la NATO non è riuscita ad avere la meglio in un Paese arretrato come l’Afghanistan, dopo un’occupazione ventennale, con una differenza siderale nella tipologia degli armamenti, non si vede perché dovrebbe uscire incolume da un confronto bellico contro una superpotenza militare come la Russia, che in un anno di manovre lente, di mutamenti tattici e strategici, di avvicendamenti costanti e di rotazione del personale ha addestrato centinaia di migliaia di soldati e ufficiali.

Ho l’impressione che non si rendano conto che nel prossimo futuro sarà l’Asia a reimpostare le regole del gioco, non più l’Occidente collettivo, che le sue regole, in nome della democrazia, è solo capace d’imporle, non di discuterle.

Pochi han capito che la strategia militare russa in Ucraina rimarrà nei manuali per i secoli a venire, poiché farà da modello per tutti quei conflitti tra parenti stretti non risolvibili pacificamente. La Cina sta osservando attentamente questa strategia, perché ha capito che dovrà usarla con Taiwan, se le trattative pacifiche non andranno in porto.

 

Natura e capitale sono incompatibili

 

A volte mi chiedo: l’occidente sta favorendo la prosecuzione della guerra in Ucraina perché non vede l’ora di partecipare alla ricostruzione del Paese?

Ricordo che il marxismo lo diceva: la guerra è un’esigenza del capitale per potersi riprodurre. Cioè non è soltanto una conseguenza inevitabile della sfrenata competizione economica tra gli Stati, o uno strumento propagandistico per distogliere l’attenzione dai problemi degli antagonismi sociali interni a un determinato Paese (come spesso succede negli USA, i quali, oltre alla guerra, si servono di tanti altri strumenti diversivi: cinematografia, droghe, social telematici, discomusic, giochi d’azzardo, investimenti borsistici, pornografia, sette religiose, muri antimigratori, armamenti privati di massa...). È qualcosa di più radicale: è proprio una necessità intrinseca al sistema, che ha bisogno di distruggere materialmente le cose per poter trovare uno sbocco redditizio ai propri capitali, che non possono limitarsi a vivere di rendita finanziaria. Si ha bisogno d’investire in imprese produttive dove sia assicurato un certo profitto. Cosa che però l’occidente non è riuscito a fare in Iraq, Libia e Afghanistan.

Quindi mentre nel corso di una guerra chi fa la parte del leone, nell’acquisizione dei profitti, è l’industria bellica, finita la guerra sarà il turno dell’industria civile. In un modo o nell’altro il capitale ha bisogno di sfruttare le situazioni per ristrutturarsi, a prescindere dai costi umani che tale ingordigia può comportare. Italia e Germania vissero un grande boom economico dopo la fine della seconda guerra mondiale.

Il problema però è che con le armi di oggi si rischia di rendere impossibile qualunque ricostruzione. Qui non si stanno solo ammazzando persone umane o distruggendo beni materiali. Qui è a rischio l’esistenza stessa della natura, che, anche se non è cieca e irrazionale (come pensavano Leopardi e Schopenhauer), più di tanto non può fare.

Pensiamo soltanto a cosa resterebbe dell’Ucraina se il governo di Kiev, preso dalla disperazione di non voler ammettere la propria sconfitta in questa guerra persa in partenza, facesse saltare in aria tutte le proprie centrali nucleari.

I tanti deserti che affliggono il pianeta sono lì a dimostrare che anche la natura ha una linea rossa invalicabile. I suoi beni ci sono stati offerti in maniera gratuita ma non come una cosa superflua.

 

Profezie inaspettate

 

Ricordo che nel vangelo di Giovanni vi è un passo in cui Caifa, davanti al Sinedrio, disse, riferendosi a Gesù Cristo: “È meglio che uno solo muoia piuttosto che l’intera nazione”. Lui infatti non credeva possibile un’insurrezione nazionale vittoriosa contro i romani, ch’era l’obiettivo politico del movimento nazareno, prima che nascesse il misticismo dell’ideologia cristiana, quella di Pietro e Paolo.

Tuttavia Caifa fu un cattivo profeta, poiché 30 anni dopo, a fronte di un nuovo tentativo insurrezionale, i romani distrussero l’intera nazione, che tale rimase per quasi 2000 anni (solo nel 1948 si ricostituì, a spese dei palestinesi islamici).

Anche Zelensky ha voluto fare il profeta. Più volte ha detto che dopo l’Ucraina la Russia si prenderà altri Stati e che se l’Ucraina perde la guerra verrà sconfitta la democrazia occidentale.

In genere quando si fanno profezie, se si realizzano, non è mai secondo le proprie intenzioni. Infatti la Russia non è minimamente interessata a occupare altre nazioni, ma se le comunità russofone all’estero verranno perseguitate come quelle del Donbass, sicuramente lo farà. E lo farà anche se i Paesi della NATO ai suoi confini minacceranno la sua sicurezza. Ora, dopo aver addestrato un numero enorme di militari, sa benissimo di poterlo fare, e non gli importerà nulla dell’art. 5 dello Statuto della NATO.

Non solo, ma se USA, UE e NATO non riusciranno a occidentalizzare l’Ucraina, sarà inevitabile che avvenga il contrario: sarà l’occidente a ucrainizzarsi. Cioè la democrazia da noi morirà definitivamente, sostituita da dittature più o meno esplicite, dove il ruolo dei militari sarà predominante.

 

[11] Scenario ipotetico

 

Si può esaltare quanto si vuole l’esercito ucraino, ma i fatti han dimostrato che in una guerra di attrito o di logoramento non vale un granché.

Eppure dispone di molti mercenari e volontari stranieri, di molti istruttori della NATO, di notevoli armamenti occidentali. Può utilizzare persino un apparato satellitare di tutto rispetto. Fino adesso ha beneficiato di ingenti aiuti finanziari e di una vasta visibilità mediatica, tramite cui ha potuto diffondere una narrativa profondamente tendenziosa. Ha avuto persino la fortuna di avere un nemico non intenzionato a bombardare a tappeto le città, come fa la NATO.

Nonostante ciò la sua capacità offensiva s’è rivelata inconsistente. Il suo comportamento nei confronti dei civili e dei soldati russi catturati è a dir poco disumano, e di questo i sopravvissuti dovranno rendere conto.

Si ha l’impressione che, mentre l’esercito russo è ampiamente sostenuto dalla popolazione russofona, quello ucraino, proprio per i metodi autoritari, anzi terroristici, che usa, sia piuttosto odiato dagli stessi ucraini, nonostante che i mentitori seriali di casa nostra dicano il contrario.

Le forze militari ucraine stanno perdendo perché gestite da un comando politico e militare sostanzialmente incapace e particolarmente corrotto. Non è normale che il governo faccia morire decine di migliaia di militari solo perché persegue una strategia suicida. Arruola a forza migliaia di giovanissimi e di anziani totalmente inesperti, mandandoli allo sbaraglio in prima linea. Neanche Hitler si comportava così.

A Kiev c’è un governo di ultracriminali, gestito, in ultima istanza, dalla NATO. Ha creduto, ingenuamente, che le sanzioni economiche avrebbero sfiancato la Russia, e che quindi Putin sarebbe stato facilmente tolto di mezzo. Si è fidato dei consiglieri occidentali, quando parlavano di un esercito russo male equipaggiato, quasi disarmato, composto solo di ceceni e wagneriani... Tutto quello che ha pensato e trasmesso si è rivelato falso. I veri nemici per l’esercito ucraino sono a Kiev.

Ora, in una situazione del genere, si può davvero pensare che Mosca abbia intenzione di trattare? Ancora noi occidentali non abbiamo capito che quante più armi diamo agli ucraini, e soprattutto quanto più queste armi sono pericolose, tanto meno i russi rinunceranno ai territori liberati. Anzi, è molto probabile che cominceranno a occupare l’intera nazione, o comunque a togliere di mezzo l’attuale governo neonazista, ponendo al nuovo governo, che dovrà emergere da libere elezioni, una condizione tassativa: il divieto di entrare nella NATO.

Il mainstream occidentale, abituato a falsificare la realtà, sostiene che se il governo di Zelensky sarà costretto ad andarsene, Putin lo sostituirà con un governo fantoccio. Se lo facesse, la guerra non sarebbe servita a niente.

Noi, per come la situazione si è messa, possiamo ipotizzare solo una cosa, che Mosca non si accontenterà di una soluzione del conflitto simile a quella creata in Corea. Per colpa dell’atteggiamento degli occidentali sarà costretta a pretendere molto di più. Se si deve accettare la separazione territoriale di una nazione, permettendo alla parte nemica di entrare nella NATO e di armarsi di missili nucleari per una nuova guerra tra qualche anno, allora l’operazione speciale sarà stata completamente inutile.

È bene che gli ucraini capiscano una cosa: o col vicino russo si convive pacificamente, oppure è meglio andarsene dal Paese. I russi han dimostrato d’essere molto pazienti e generosi, ma dell’occidente non si fidano più. Non vogliono più perdere tempo con noi. L’interesse si è spostato decisamente verso Asia, Africa e America latina. Il nuovo modello di sviluppo verrà deciso dai BRICS, che ci piaccia o no. Non ci saranno compromessi da fare con noi. Forse una ripresa dei rapporti potrebbe esserci se ripristinassimo il Nordstream a spese nostre, ma finché la UE si considera una colonia degli USA sarà impossibile.

 

Un timore fondato

 

Di una cosa ho paura, lo devo ammettere. Se guardo a come è strutturata geograficamente la  Federazione Russa, devo dire che per il futuro di questo immenso Stato mi fido di più dell’area asiatica e quindi dei rapporti che riuscirà a stabilire coi Paesi asiatici.

L’area europea l’ho sempre considerata un anello debole. Tant’è che per vincere i tentativi di occupazione da parte degli occidentali ha sempre avuto bisogno delle risorse umane e materiali della propria area asiatica.

I russi europei, quelli delle grandi città, li vedo molto occidentalizzati. Ora ci detestano per motivi geopolitici e militari, ma culturalmente non sono molto diversi da noi. Certo, hanno avuto tradizioni rurali più significative delle nostre; hanno un senso del collettivo più sviluppato; hanno conservato una religione, quella ortodossa, più autentica di quella cattolica, troppo influenzata dalla presenza del papato. L’ortodossia non sopporta neppure l’individualismo, la laicizzazione e l’intellettualismo della fede protestante.

Ma se guardo l’intellighenzia di quest’area europea, la sua classe borghese, imprenditoriale, gli apparati militari, burocratici non vedo purtroppo molte differenze. Prima della guerra in che cosa avremmo detto che i russi erano molto diversi da noi europei? Le diversità di tipo etico o psicologico, in ultima istanza, contano poco.

Dopo la fine del socialismo statale ho sempre di più avuto l’impressione che i russi volessero diventare come noi. Tutte le disgrazie del socialismo autoritario e le esigenze di superarle a favore della reintroduzione del capitalismo nella Federazione sono state decise a Mosca. Non c’è mai stato un vero dibattito su queste cose, tant’è che gli ultimi elementi del cosiddetto “socialismo reale” dobbiamo andarli a cercare nelle regioni periferiche della Federazione, appunto nell’area asiatica, oppure (come abbiamo potuto constatare in questa guerra) nel Donbass e nella Transnistria.

L’ultimo vero dibattito a favore di un socialismo democratico è stato fatto al tempo di Gorbačëv. Uno statista che però gli stessi russi considerano un “traditore”, in quanto avrebbe fatto troppe concessioni all’occidente e non avrebbe impedito l’implosione dell’URSS. Gorbačëv, in un certo senso, ha fatto la stessa fine di Lenin: uno è stato fagocitato dal fallimento dello stalinismo, l’altro dal neoliberismo di El’cin. Entrambi vengono accusati di colpe che non hanno mai avuto.

Insomma mi chiedo se sia davvero sufficiente, per assicurarsi una vittoria militare di lunga durata, che la Russia europea faccia leva su un capitalismo di stato più efficiente del capitalismo privato di marca occidentale.

Ho l’impressione che questa guerra (perché non si ripeta dopo la pace) dovrà necessariamente reintrodurre degli elementi di socialismo nella compagine statale della Russia. Tuttavia questi elementi, per essere davvero efficaci e per non ripetere gli errori e gli orrori dello stalinismo, devono contenere aspetti di vera democrazia sociale.

Ecco, forse il vero destino di Putin si giocherà su questo più che sulla guerra in corso, cioè sulla capacità con cui riuscirà a dimostrare che la Russia può tornare a essere un punto di riferimento significativo per le esigenze di riscatto sociale dalle deleterie influenze occidentali.

 

Una volta non era male

 

E pensare che fino all’inizio degli anni ’90 l’Ucraina era la terza potenza industriale dell’URSS dopo Russia e Bielorussia. Centrale era il suo ruolo anche in campo agricolo, avendo terre molto fertili. Aveva industrie aerospaziali, automobilistiche e di macchine utensili, settori minerario, metallurgico e agricolo ben sviluppati, impianti nucleari, di raffinazione del petrolio e petrolchimici, infrastrutture turistiche e commerciali e il più grande centro di costruzione navale dell’URSS.

È stato proprio a partire dalla sua indipendenza nel 1991 che il PIL ha cominciato a restare indietro rispetto al livello raggiunto in epoca sovietica: l’industria calava progressivamente, per non parlare della popolazione, diminuita di circa 14,5 milioni di persone in 30 anni a causa dell’emigrazione e del tasso di natalità più basso in Europa. L’Ucraina era diventata anche il più grande debitore del FMI e il Paese più povero d’Europa.

Questi record negativi non possono essere attribuiti esclusivamente alla corruzione sistemica e sbalorditiva del Paese, già ben conosciuta agli organi dirigenziali della UE. La fine dell’URSS era come diventata un vaso di Pandora: tutti volevano arricchirsi in maniera smisurata e molto in fretta, facendone pagare le conseguenze agli sprovveduti.

Tuttavia dovevano anche esserci elementi destabilizzanti provenienti dall’esterno. L’Ucraina è entrata a far parte del nefasto partenariato orientale dell’Europa nel 2009 ed è sempre stata piena di ONG occidentali, nonché di consiglieri economici e politici che l’hanno destabilizzata.

L’ultimo governo ucraino che si è opposto alle dure condizioni del FMI, quello di Yanukovich, è stato rovesciato da un colpo di stato sponsorizzato dagli Stati Uniti nel 2014, i quali erano penetrati nel Paese almeno un decennio prima.

Non si possono rompere impunemente le catene del debito del FMI: non solo questo creditore impone la sua solita terapia d’urto di austerità, deregolamentazione e privatizzazione, in modo che gli avvoltoi possano piombare dentro il Paese debitore, ma protegge anzitutto gli interessi degli americani, che, come Attila, sono il vero flagello dell’umanità.

Le reti corrotte che dissanguavano l’Ucraina erano transnazionali. Sono state loro che hanno portato al cambio di regime e alla guerra civile contro il Donbass, al fine di strappare l’intero Paese al suo più grande partner economico, la Russia.

La storia dell’Ucraina è stata cancellata e riscritta, le prescrizioni neoliberiste ne hanno distrutto il tessuto economico e sociale e hanno portato a una forma di governo colonizzato dall’occidente.

Ora, parliamoci chiaro, se coloro che hanno distrutto un Paese possono essere coinvolti nella sua ricostruzione, davvero il Paese avrà da guadagnarci?

 

[12] Più che a terra nei cieli

 

Quanto più s’avvicina la resa di Kiev, tanto più la NATO farà qualcosa per impedirla. Possiamo scommetterci.

La NATO vuol vincere, solo dopo sarà disposta a una trattativa. E di sicuro non lo farà mandando le proprie truppe sul campo, perché non vuole rischiare di perdere, ma sfrutterà il punto dolente della Russia: l’aviazione.

Le contraeree occidentali che affluiscono a Kiev hanno già eliminato buona parte dell’aviazione schierata. Ecco perché i russi preferiscono affidarsi a missili di lunga gittata e ai droni, che sicuramente sono meno costosi e richiedono meno competenza.

Nelle guerre degli ultimi 20 anni la NATO ha annientato le minacce aeree nel giro di pochi giorni, attaccando con ondate di centinaia di jet per volta, senza concedere respiro.

I russi in Ucraina hanno evitato di farlo e la NATO può anche pensare che in fondo non ne siano capaci. Fino adesso gli occidentali si sono sbagliati su tutto: gli manca solo di testare l’abilità dei piloti russi e fino a che punto sia efficace l’integrazione delle operazioni aria-terra, che certo non ha dato il meglio di sé nell’unica controffensiva ucraina di successo, quella tra Kharkiv e Balakliya.

Da notare che nemmeno un ufficiale dell’aviazione russa figura nell’organigramma dei vertici militari. Putin, già nel 2017, chiamò a dirigere le forze aerospaziali un ufficiale di fanteria: quel Sergeij Surovikin che da ottobre 2022 comandava il corpo di spedizione in Ucraina, e che però nello scorso gennaio è stato sostituito da Gerasimov, restandone soltanto il vice. Probabilmente perché non era ferrato negli affari complessi di un’aviazione moderna.

L’aeronautica russa non è mai stata impegnata prima d’ora in conflitti densi di minacce. Ecco perché ha carenza di piloti, ingegneri e tecnici. Quel che riuscì a fare in Siria contro l’Isis, in fondo fu una passeggiata. Ora deve pensare a come migliorare i suoi punti deboli, e deve farlo in fretta. Anche perché se vuole dare una svolta a questa guerra, l’aviazione è assolutamente indispensabile. La guerra moderna si fonda sull’interazione sincronizzata di mezzi e reparti differenti. Putin non può continuare a comportarsi usando tattiche da prima guerra mondiale, con linee relativamente stabili per settimane o mesi.

 

Che bel partenariato!

 

In un post precedente abbiamo parlato di “partenariato orientale” senza specificarne la natura. Ebbene non è altro che un programma di associazione che la UE ha in corso dal 2009 con Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Georgia, Moldavia e Ucraina.

L’obiettivo è quello di staccare il più possibile questi Stati dall’influenza russa e di farli entrare sia nella UE che nella NATO. A Moldavia e Ucraina è già stato concesso il diritto di entrare nella UE, ma si pensa di farlo quanto prima anche con la Georgia. Ormai l’Europa sembra non avere più confini.

Il partenariato è qualcosa di perverso, frutto della russofobia del governo polacco, che però ha incontrato ampi consensi tra gli statisti europei.

L’unico Paese con cui i rapporti non funzionano è ovviamente la Bielorussia, che si è ritirata nel 2021. Infatti al centro delle discussioni vi sono spesso le violazioni dei diritti umani in Bielorussia, il cui presidente viene ritenuto dagli occidentali l’ultimo dittatore d’Europa. Ma la questione dei diritti umani è servita anche per l’Ucraina, dove l’obiettivo era quello di far cadere il governo di Janukovyč e di appoggiare i governi nazionalisti e neonazisti di Kiev.

La UE mira a sviluppare in questi Paesi l’economia di mercato e il neoliberismo sfruttando i suoi soliti argomenti: diritti umani, uguaglianza di genere, Stato di diritto, democrazia politica, sostenibilità ambientale e connettività digitale (per avere un unico mercato digitale).

I principali mezzi che usano sono le ONG e i media non controllati dai governi in carica. I giornalisti devono pubblicare contenuti altamente russofobici in chiave propagandistica.

Da parte europea le iniziative del partenariato sono gestite dalla Commissione europea, a capo della quale vi è in questo momento una donna che fa gli interessi americani in via esclusiva.

Quando i ministri degli Esteri dei suddetti Paesi s’incontrano, devono sottostare ai diktat dell’alto rappresentate per gli affari esteri e la politica di sicurezza Josep Borrell, che sta usando i fondi destinati alla pace per armare sempre più l’Ucraina. Se si oppongono, non riceveranno più un centesimo.

 

Valichi di frontiera ultima spiaggia

 

La BBC ha pubblicato nello scorso febbraio un’ampia inchiesta giornalistica su come gli uomini ucraini cercano di fuggire dal Paese per salvarsi dalla mobilitazione senza fine e dall’inevitabile morte al fronte.

È praticamente da un anno che la popolazione maschile ucraina dai 18 ai 60 anni non può uscire dal Paese e che viene utilizzata come schiava e carne da cannone.

Per fortuna che molti di loro riescono a fuggire sfruttando l’alto livello di corruzione presente nel Paese.

Praticamente i principali modi per farlo sarebbero due: il primo è quello di raggiungere la Transcarpazia, dove si possono trovare guide tra ungheresi o rumeni, che per soldi conducono i fuggitivi lungo i sentieri di montagna. È un metodo pericoloso e non garantisce il successo: ci si può imbattere in una pattuglia di frontiera o addirittura congelarsi nella foresta o annegare in un fiume o perire in montagna.

Il secondo modo sfrutta una situazione legale. Infatti già nel marzo dello scorso anno Kiev aveva creato il sistema “La Via”, che consentiva agli autisti ucraini di viaggiare all’estero se erano inclusi negli schemi di trasporto di attrezzature occidentali.

Naturalmente presto il numero di “autovolontari” è cresciuto a dismisura: a settembre c’erano oltre mezzo milione di conducenti nel sistema, diretti verso i valichi di frontiera occidentali.

Nessuno sa quanti siano gli autisti che non sono più rientrati in patria, né quanti clandestini siano riusciti a far passare in Polonia con la complicità delle guardie di frontiera, facilmente corruttibili, soprattutto da parte dei ceti più agiati.

Intanto la Polonia ha chiuso i valichi di frontiera con la Bielorussia e non è da escludere che voglia attaccarla.

 

Tutti gli agenti stranieri in Georgia

 

Secondo l’Asian Development Bank la stragrande maggioranza delle organizzazioni senza scopo di lucro o non governative in Georgia fa affidamento su finanziamenti esteri. Nella primavera del 2022 operavano nel Paese 7.972 società con fondatori stranieri: una enormità per una popolazione di 3,7 milioni di persone. Sono elencate nel registro generale delle 12.800 imprese.

Siccome non vi è una legislazione che ne regolamenti l’attività, si è pensato di dargliene una. Di qui il movimento filo-occidentale di protesta.

Le ONG e le persone ad esse associate hanno svolto un ruolo attivo non solo nella “Rivoluzione delle rose” del 2003, quando l’ex presidente Mikhail Saakashvili è salito al potere, ma anche nel 2012, quando l’attuale partito Georgian Dream si è insediato per la prima volta.

Un certo numero di politici georgiani che hanno assunto posizioni di rilievo, sia durante il regno di Saakashvili che dopo l’ascesa al potere della coalizione Sogno Georgiano, hanno iniziato la loro carriera nelle ONG.

Da quando ha ottenuto l’indipendenza nel 1991, la Georgia è diventata uno dei principali beneficiari degli aiuti occidentali, soprattutto statunitensi.

Solo per il 2020 si prevedeva di fornire a Tbilisi 120 milioni di dollari attraverso il Dipartimento di Stato e la famigerata Agenzia per lo sviluppo internazionale degli Stati Uniti (USAID). Secondo la mente malata dei russofobi americani la Georgia doveva diventare una piccola Ucraina.

I budget annuali delle ONG georgiane più influenti sono paragonabili al fatturato di società commerciali di medie dimensioni. La sola Fondazione Soros ha investito più di 10 milioni di dollari nel terzo settore georgiano in quattro anni (dal 2003 al 2006). Tutti soldi che fanno gola a un Paese il cui PIL pro capite non supera i 5.000 dollari.

Le aree principali del loro lavoro sono state i programmi di educazione civica, il supporto dei media, compreso il giornalismo investigativo, il monitoraggio delle elezioni e il controllo civile sulle attività del ramo legislativo ed esecutivo. E naturalmente mentendo il più possibile.

Cosa non si fa per lo sterco del demonio.

 

[13] Margherite e papaveri

 

Il popolo, quello vero, di cui si può andare fieri, è come le margherite che in questi giorni trionfano nei parchi.

Le prime a venir fuori, le ultime ad andarsene. Basta un raggio di sole anche in inverno. Sembra che non muoiano mai, che vivano anche sotto terra. E si riproducono a perdita d’occhio.

Tutte uguali, più o meno della stessa altezza. Si comportano all’unisono. Non hanno paura di nulla. Se le calpesti, si riprendono subito. Una forza incredibile, pur essendo il fiore più insignificante, meno odoroso. Non sono belle come il tarassaco o come il papavero, rosso e slanciato, il fiore che rappresenta l’occidente, l’esigenza del potere individuale, il potere drogato.

Chi non ricorda la Nilla Pizza quando cantava Papaveri e papere? La Democrazia cristiana fu la prima (ai tempi dei filo-americani De Gasperi e Scelba) a strumentalizzare quella canzone in funzione anticomunista. La prima a dare un’interpretazione distorta della realtà, facendo credere che i cattolici erano le papere e i dirigenti della sinistra i papaveri da tagliare con una forbice.

Oggi per me sono le margherite che rappresentano il popolo, e quando cammino nei prati faccio attenzione a non calpestarle. E quando passa il tosaerba del Comune, che non distingue i fiori dalle erbacce, lo maledico, pur sapendo che le margherite, a differenza dei papaveri, faranno presto a riprendersi.

 

Dio li fa e poi li accoppia

 

Zelensky e Kuleba, che nel governo ucraino hanno il poco invidiabile merito di non rendersi mai conto di ciò che dicono, hanno affermato che se il loro Paese perde la guerra, la UE non esisterà più nella forma attuale.

Ora, a parte il fatto che l’Ucraina non è il centro del mondo, da poter decidere il destino di un intero continente, qui sono due le osservazioni da fare:

1) la UE ha già dimostrato di non avere alcuna autonomia nei confronti degli USA, per cui che l’Ucraina perda o vinca, non ci farebbe diventare più indipendenti;

2) da un’Europa messa così sarebbe meglio andar via il più presto possibile, poiché il rischio d’essere coinvolti, per colpa degli USA e della NATO, in una guerra mondiale, è dietro l’angolo.

Zelensky e Kuleba mi sembrano come Napoleone nelle barzellette sui matti. Anzi, di recente, nella loro follia egocentrica sono arrivati anche a smentirsi a vicenda. Infatti alla domanda su cosa farebbe l’Ucraina se l’occidente smettesse di sostenerla, Kuleba ha risposto che continuerebbero a combattere lo stesso, mentre Zelensky ha considerato impossibile questa eventualità, in quanto “i figli e le figlie del popolo americano dovranno presto combattere per lui”.

Nessuno dei due ha capito che l’Ucraina in sé conta meno delle ultime riserve indiane negli Stati Uniti.

 

Bastava prendere esempio da noi

 

Su “Repubblica” e “Stampa” (due tra i quotidiani nazionali più russofobici al momento) il ministro degli Esteri dell’Ucraina, Dmytro Kuleba (uno dei più nazisti nell’attuale governo di Kiev), ha definito “ipocriti” quegli italiani che sono favorevoli a risolvere il conflitto con la Russia attraverso i negoziati e non “sul campo di battaglia”.

Il senso di questa assurda accusa? In nessuna guerra la trattativa per evitare ulteriori distruzioni e uccisioni viene considerata riprovevole. Neanche nel caso in cui sia determinata da una resa incondizionata. Quando oggettivamente ci si rende conto che le forze del nemico sono soverchianti, è da criminali pretendere l’autodistruzione e il suicidio di massa.

Ma lui, che si vanta d’essere superintelligente, un motivo ce l’ha: gli italiani sono ipocriti perché non sarebbero disposti a rinunciare alla Calabria, alla Sardegna, al Piemonte o all’Alto Adige. Quindi non abbiamo il diritto morale di chiedere agli ucraini di rinunciare al Donbass e alla Crimea.

A questo individuo così rivoltante sul piano umano, poiché come apre bocca mente, qualcuno dovrebbe dire (cosa che non faranno certamente i giornalisti dei due suddetti quotidiani spazzatura) che il governo di Roma non ha mai bombardato nessuna regione italiana, né per 9 anni né per 9 giorni. È vero, in Italia abbiamo una irrisolta “questione meridionale” e il governo sabaudo eliminò ferocemente le insurrezioni dei cosiddetti “briganti” (che altro non erano se non “contadini resistenti”), ma per farlo non andò a chiedere aiuto a potenze straniere.

Non solo ma quando i sudtirolesi pretesero una maggiore autonomia politica ed economica, il governo decise di dargliela, rendendosi conto che quei territori, tolti ingiustamente all’Austria dopo la fine della prima guerra mondiale, avrebbe dovuto in realtà essere restituiti. Oggi gli altoatesini stanno bene in Italia, come staranno bene gli abitanti del Donbass coi russi.

 

Anzitutto chiudere la bocca ai giornalisti

 

Continuano gli attentati terroristi in Russia organizzati dai servizi segreti ucraini con armi e appoggi occidentali.

L’ultimo a rischiare la vita è stato il fondatore del canale televisivo Tsargrad, K. V. Malofeev. Doveva morire il 6 marzo, nella stessa maniera della Dugina, facendo esplodere una bomba sotto l’auto.

Si colpiscono i personaggi pubblici, soprattutto i giornalisti. I neonazisti di Kiev non vogliono sentire voci discordanti dalla loro. E questi non sono casi isolati. Persino sulla testa degli inviati di guerra è stata fissata una ricompensa.

Assordante il silenzio delle strutture internazionali specializzate in diritti umani. A noi interessa soltanto sapere che il capo della Wagner, Prigozhin, se la prende col ministro della Difesa, Shoigu, perché non hanno sufficienti munizioni, o che Putin viene contestato dalle mamme dei soldati caduti al fronte.

A proposito di Prigozhin: in mezzo alle sparatorie di Bakhmut, tutto bardato, ha dichiarato di candidarsi a presidente dell’Ucraina per il 2024. Ha un che di comico. Non penserà davvero che sia la Wagner a porre fine a questa guerra…

 

Contro il miliardo d’oro

 

I russi, non lasciamoli soli. Non combattono solo per i russofoni del Donbass, né soltanto per se stessi, ma per il mondo intero, per quella parte di mondo che vuole cambiare le cose per il meglio.

“Pravda” nella loro lingua non vuol dire soltanto “verità” ma anche “giustizia”. Per loro la libertà dipende da questi due fattori e non dalla proprietà, come in occidente, che in nome della proprietà rende vuoto qualunque discorso sulla libertà e impossibile qualunque discorso sulla giustizia.

Questa guerra mondiale, che l’occidente collettivo vuole a tutti i costi, può essere un’occasione di riscatto per tutti quelli che non rientrano nel “miliardo d’oro”.

 

[14] Un aspetto tragicomico

 

Vi è un aspetto comico nel dramma del recente fallimento delle tre banche americane: Silicon Valley, Silvergate e Signature Bank (da notare che il crollo della prima è stato il più grande dalla crisi del 2008).

Sta nel fatto che, avendo l’occidente isolato la Russia con le sanzioni da tutti i propri circuiti finanziari, il crollo di quelle banche non avrà alcun effetto sull’economia russa.

Invece sta portando alla rovina le borse europee. I nostri statisti ancora non si sono resi conto che un semplice battito di farfalla che avviene negli USA provoca terremoti anzitutto in Europa.

È vero, il continuo aumento dei tassi d’interesse, da parte della FED, per combattere l’inflazione, mette nel panico le banche americane che hanno investito in titoli di stato a lunga scadenza. Ma se queste banche sono quotate in borsa e nel giro di qualche giorno perdono il 60% e il Tesoro degli USA non ha alcuna intenzione di salvarle, non è solo inevitabile il loro improvviso fallimento ma anche la ripercussione sui listini (soprattutto bancari) delle nostre borse.

Non esistono più le banche che si limitano al solo risparmio e al credito. Oggi investono tutte in borsa, siano esse stesse quotate o no. E chi compra azioni di banche ben quotate in borsa o di startup tecnologiche collegate a quelle banche, e poi si accorge che le azioni non valgono niente, cosa fa? Nel 1932 i suicidi negli USA erano saliti a oltre 22 su 100.000 abitanti.

È la finanza che domina l’economia, e se le cose vanno male, i primi a pagare sono i correntisti, che non possono mai essere garantiti al 100%, meno che mai se tutti corrono contemporaneamente agli sportelli bancari. Gli svedesi lo sanno che buona parte delle loro pensioni sono collegate al fallimento della Silicon Valley Bank?

Ricordiamo che l’ultima crisi finanziaria è durata circa un decennio: 2008-18. Mentre ci si stava riprendendo è arrivata un’altra depressione causata dalla pandemia. Prima ancora abbiamo avuto crisi finanziarie agli inizi del terzo millennio, nel periodo 1980-82, durante lo choc petrolifero del 1973-75, per non parlare della grande depressione del 1929-39, che anticipò la guerra mondiale.

Si potrebbe qui inventare una nuova Legge di Murphy: se si passa continuamente da una depressione finanziaria a un’altra, ci si deprime.

 

Quell’ipocrita di Borrell

 

Josep Borrell, alto rappresentante UE per la politica estera e di difesa, ha ammesso che ormai l’Europa non sa più quali altre sanzioni imporre alla Russia.

In realtà questo statista, ipocrita fino al midollo delle sue ossa, dimentica di dire che la UE non ha imposto alcuna sanzione ai danni del gigantesco complesso nucleare russo.

Non l’ha fatto perché, mentre con gli idrocarburi ci si può rivolgere altrove, pagandoli 4-5 volte di più (usando peraltro banconote che, se andiamo avanti così, tra un po’ non varranno più nulla), col nucleare russo invece non ci sono alternative.

Infatti quando se ne discute nelle sedi UE, ci sono Paesi come Francia, Bulgaria e Ungheria che immediatamente si oppongono alle sanzioni che in questo settore pretendono la Polonia e i Paesi Baltici, essendo per le loro centrali e per il loro sistema energetico conveniente mantenere un buon rapporto con Mosca.

Grazie alla compagnia statale Rosatom, la Russia domina il mercato mondiale del nucleare. Nel 2021 la società è stata il terzo fornitore di uranio in Europa, con una quota pari al 20% del totale, dopo il Niger (24,3%) e il Kazakhstan (23%). La Russia ha costruito 19 reattori nucleari in 5 Stati della UE: 6 nella Repubblica Ceca, 5 in Slovacchia, 4 in Ungheria, 2 in Finlandia e 2 in Bulgaria. La Okb Gidropress, una consociata di Rosatom, è l’unica azienda a poter garantire l’assistenza necessaria al funzionamento di questi reattori. Sono previste altre 2 centrali nucleari in Slovacchia e altre 2 sono in costruzione in Ungheria.

Ma siccome Borrell è un ipocrita all’ennesima potenza, evita di opporsi alla distruzione della centrale nucleare di Zaporozhye, periodicamente bombardata dalle forze ucraine. Quella centrale, infatti, è gestita proprio dai dirigenti della Rosatom, in quanto la regione è stata annessa nel settembre scorso alla Russia.

 

Zakharova mon amour

 

Maria Zakharova, portavoce del ministero degli Esteri russo, mi è piaciuta quando ha ricordato il bombardamento di Tokyo da parte degli americani. La gente è solita pensare alle mostruosità che hanno compiuto a Hiroshima e Nagasaki, ma questa di Tokyo non fu meno spaventosa. Si faccia attenzione alle date.

Nella notte tra il 9 e il 10 marzo 1945, 325 bombardieri pesanti americani B-29 decollarono dalle basi delle Isole Marianne e si diressero verso la capitale nipponica per sganciare 1.665 tonnellate di bombe e napalm, che uccisero 83.000 persone, ferendone altre 41.000, per lo più civili. Fu semplicemente un atto di terrore e di vendetta, privo di valore strategico militare.

Questa fu una delle città completamente distrutte. Altre 98 furono bombardate dall’artiglieria navale, e due, Hiroshima e Nagasaki, distrutte dalle atomiche il 6 e il 9 agosto.

La conta precisa dei morti, tra i civili, non fu mai fatta: si va da un minimo di 500.000 a un massimo di 900.000. Wikipedia parla di 700.000.

Il bello è che tutto questo annientamento disumano causato dai bombardamenti a tappeto non fece capitolare il governo giapponese. In realtà la decisione fu presa  dopo l’entrata in guerra dell’Armata Rossa, il 9 agosto, che lanciò un’invasione a sorpresa della colonia giapponese in Manciuria (Manchukuo).

Fu il discorso dell’imperatore Hirohito del 15 agosto 1945, voluto dagli americani, che dichiarò la fine dei combattimenti; ma l’atto di resa incondizionata venne ufficialmente firmato solo il 2 settembre. Cioè praticamente il Giappone si arrese agli Stati Uniti per non doversi arrendere all’URSS. Quindi le due atomiche furono in realtà un avvertimento nei confronti dei russi, quello di non mettere piede in Giappone: furono l’inizio di quella che poi diventerà la guerra fredda.

Nella logica americana il massacro di civili in un Paese nemico è considerato accettabile se ha un rapido effetto militare, senza nessuna garanzia che tale effetto si verifichi effettivamente. Ci si accontenta anche di terrorizzare la popolazione. Cosa che gli USA faranno in tante altre guerre successive. Alla fin fine gli americani son come i nazisti, che non consideravano il genocidio della popolazione sovietica un crimine di guerra.

Da notare invece che dall’inizio della guerra russo-ucraina sono morti, secondo l’ONU, solo 7.200 civili, e l’ONU naturalmente non fa alcuna distinzione tra quelli uccisi deliberatamente dagli ucraini e quelli morti accidentalmente sotto le bombe russe.

È questa la differenza principale tra i due diversi modi di combattere. Il principale nemico della popolazione ucraina è il proprio stesso governo e naturalmente la NATO che lo sostiene.

 

[15] Una guerra di civiltà

 

È abbastanza curioso, ma solo apparentemente, che gli USA, se vogliono davvero fare una guerra mondiale contro Russia e Cina, abbiano iniziato a farla anzitutto contro l’Europa occidentale. Neanche al tempo della guerra fredda gli europei avevano così netta l’impressione di essere una semplice colonia americana. Ovviamente lo eravamo, ma non in maniera così esplicita. Non si temeva di sicuro la deindustrializzazione o la delocalizzazione delle nostre industrie nel loro Paese.

Questa è una guerra non tanto tra Occidente collettivo e Federazione Russa, quanto tra Stati Uniti e mondo intero. Qui è in gioco l’egemonia del pianeta.

Gli USA vedono che questa egemonia viene minacciata da soggetti fondamentali: UE, Cina e Russia. Sono soggetti reali, per cui non devono fare lo sforzo d’inventarsi un nemico che li minaccia, come per oltre 20 anni han fatto con gli islamici radicalizzati. Dall’Afghanistan se ne sono andati perché avevano capito che, per rilanciarsi sul piano mondiale, dovevano far vedere di avere un nemico molto più pericoloso.

Ora, per combattere la Russia e la Cina, gli USA non devono trovare alcun ostacolo in Europa: di qui il rapporto privilegiato che hanno con gli ex Paesi sovietici, russofobici quanto mai.

Nella seconda guerra mondiale i tedeschi fecero la stessa cosa. Prima di attaccare la Russia comunista ebbero bisogno di sottomettere quasi tutta l’Europa. Uno Stato capitalista, pagando il prezzo di 300.000 militari morti, aveva sottomesso quasi tutti gli altri Stati capitalisti. In questa maniera, quando invase l’URSS nel 1941, inaugurando una guerra davvero “mondiale”, aveva a disposizione le risorse umane e materiali di Polonia, Francia, Norvegia, Danimarca, Belgio, Olanda, Cecoslovacchia, più quelle dei Paesi alleati: Italia, Romania, Ungheria, Finlandia e Croazia. Nel giugno 1941 l’esercito nazista era imponente: 8,5 milioni di uomini, di cui 5,5 usati nella “Operazione Barbarossa”.

Ora si sta ripetendo la narrativa nazista secondo cui di fronte a un nemico così imponente come la Russia non ci possono essere tentennamenti. La differenza sta nel fatto che oggi gli USA sono molto più forti della Germania nazista, si presentano come una nazione democratica, hanno molti più alleati e hanno come nemico da abbattere anche la Cina.

La guerra mondiale quindi è sicura, con Biden o senza Biden, con Putin o senza Putin. Saranno i generali a deciderla. E non è detto che il pretesto per scatenarla sia l’Ucraina o la Georgia o la Moldavia. In questi Paesi si stanno facendo solo le “prove generali”, come Hitler le fece in Austria, nei Sudeti, in Polonia ecc., decidendo ogni volta dei pretesti diversi. Semmai gli USA hanno prima bisogno di trasformarsi in un’economia di guerra. Hanno bisogno di uno Stato che convinca l’intero occidente che la guerra contro Russia e Cina è una guerra di civiltà, in cui, per potersi affermare, qualunque mezzo è buono.

E se nella seconda guerra mondiale abbiamo avuto 60 milioni di morti, prepariamoci ad averne almeno 10-20 volte di più. Le grandi città saranno spopolate.

Il messaggio dovrà essere chiaro per tutti: la libertà non viene regalata da nessuno.

 

Non basta il minimo

 

In una condizione di vita in cui il tempo non esiste, in quanto tutto è sottoposto alle leggi dell’eternità, non ha senso invecchiare o morire. Non ha senso neppure riprodursi per far nascere nuove persone.

Ci sarà solo produzione non riproduzione. Se una cosa non invecchia, non ha senso riprodurla. La materia sarà completamente subordinata a una fonte energetica inesauribile.

Tutto sarà costantemente trasformato, poiché nell’universo non ci può essere nulla di statico, ma l’essenza umana sarà indistruttibile, avrà il dominio assoluto della materia, quello che assurdamente pretendiamo oggi coi voli cosmici e le centrali nucleari.

Dopo milioni di anni vissuti su questo pianeta, ancora non abbiamo capito che le condizioni dell’esistenza hanno dei limiti invalicabili. Ancora pensiamo di poter fare della natura ciò che vogliamo. Non ci rendiamo assolutamente conto che qualunque discorso ecologico, qualunque transizione green è incompatibile con la nostra industrializzazione.

Se vogliamo davvero rispettare le esigenze riproduttive della natura, dobbiamo rinunciare a dominare la natura con la tecnologia. Cioè gli esseri umani possono essere democratici quanto vogliono tra di loro, ma anche se lo fossero ai massimi livelli, questo non significa che lo sarebbero anche nei confronti della natura. Dobbiamo smettere di considerare la natura un bene al nostro servizio in maniera assoluta. La natura ha proprie leggi che vanno rispettate. In caso contrario si desertifica, per cui la nostra stessa esistenza è a rischio.

Se non riusciamo su questa terra a capire le priorità della natura, sarà impossibile capire nell’universo le priorità dell’energia.

Questo per dire che anche se riuscissimo a sconfiggere il neonazismo ucraino, largamente sostenuto dall’occidente collettivo, avremmo fatto soltanto il minimo.

 

Son soltanto parole

 

In Estonia è stato arrestato il leader del movimento “Insieme”, Aivo Peterson, che sostiene la coesistenza pacifica di estoni e russi. È accusato di svolgere attività anticostituzionale contro la Repubblica. Rischia fino a sei anni di carcere.

Una notizia del genere per me ha lo stesso significato di quella relativa al divieto di screditare l’esercito russo. La Duma di Stato della Federazione Russa ha infatti adottato una legge che prevede una reclusione fino a 7 anni per chi lo fa.

Che senso ha negare la libertà di parola? Le opinioni vanno contestate in un dibattito pubblico: non ha senso proibirle per legge. Anche perché in questa maniera si diffonderanno in maniera clandestina e di conseguenza tenderanno a trasformarsi in azioni pratiche ostili.

Lenin non avrebbe mai fatto un errore del genere.

Mi è stato obiettato che quando un esercito è in guerra, non lo si può denigrare. Ho risposto in due maniere: 1) se si impedisce il dissenso a colpi di decreti, si favorisce la propaganda occidentale sul cosiddetto “regime autocratico”; 2) i russi vinceranno questa guerra sia che li si esalti sia che li si denigri, perché la verità e la giustizia sono dalla loro parte e sanno difenderle egregiamente.

 

Come loro o meglio di loro?

 

Che cosa vuol dire democrazia? Facciamo un esempio. Il governo di Kiev ha eliminato tutta la letteratura russa (classica e moderna) dalle biblioteche del proprio Paese. Ci ha messo 9 anni.

Ora però le biblioteche del Donbass vengono di nuovo rifornite di letteratura russa. Ma cosa bisogna fare della letteratura ucraina e nazista rimasta negli scaffali? La si brucia come hanno fatto loro con quella russa? Verrebbe voglia di farlo, giusto per vendicarsi.

Tuttavia la democrazia è un’altra cosa. Ciò che fa parte della storia non può essere cancellato. Semmai va studiato come un errore da non ripetere. Persino rimuovere i monumenti non ha senso. La democrazia non deve aver paura di nulla. Anzi, nelle biblioteche dovrebbe esserci la letteratura di tutto il mondo e di tutti i tempi.

 

L’inutilità dell’ONU

 

Che l’ONU sia diventato un organismo obsoleto e, per certi versi, addirittura pericoloso, in quanto sponsorizza le guerre dell’occidente collettivo, è dimostrato anche dal fatto che non ha offerto un seggio permanente all’India (nel Consiglio di sicurezza).

A breve gli abitanti dell’India supereranno quelli della Cina. La sua economia ha già sostituito quella britannica come quinta più grande del mondo, e si classificherà al terzo posto entro il 2029.

L’India è destinata a diventare una superpotenza, con 1/6 della popolazione lavorativa mondiale nei prossimi decenni. Attenzione che la Nigeria sarà il terzo Paese più popoloso del pianeta entro il 2050 con oltre 400 milioni di abitanti. Fino al 2050 saranno i Paesi africani a dominare la crescita della popolazione mondiale: si tratta di aree geostoriche dove il capitalismo è meno senile che altrove.

Mi sa che gli europei, se scoppia una guerra mondiale nucleare, tale da rendere il loro continente invivibile, sceglieranno proprio l’Africa ove emigrare. Sarà la più grande migrazione della storia, e la prima in maniera rovesciata, in quanto da un continente molto sviluppato verso uno molto meno. Però avremo il vantaggio di capire che con la parola “sviluppo” si possono intendere tante cose che con l’economia non c’entrano niente.

 

Povero Crosetto, che non sa quel che dice

 

Il nostro ministro della Difesa, Crosetto, quando parla, ha un che di patetico. Ha lanciato l’allarme ipotizzando infiltrazioni dei mercenari russi della Wagner nei Paesi africani, che favorirebbero i flussi migratori per destabilizzare la UE.

Ora:

1) Che la Wagner sia presente in Africa non è un’ipotesi ma la realtà.

2) Che la Wagner abbia una potenza tale da determinare centinaia di migliaia di profughi africani, è ridicolo. Prima della guerra in Ucraina, dove ha raggiunto quota 50.000, i “musicisti” erano almeno 10 volte di meno. E ad oggi la gran parte di loro sta morendo per la libertà del Donbass dal neonazismo di Kiev.

3) Essendo una società privata, alla Wagner interessa guadagnare dei soldi, più che realizzare degli obiettivi geopolitici, anche se, provenendo per lo più dalla Russia, i contractors ci tengono a difendere gli interessi del loro Paese.

4) In Africa la Wagner si mette al servizio di quegli Stati che vogliono eliminare il terrorismo islamico, in genere sostenuto dai Paesi occidentali quando il governo in carica esprime tendenze anticolonialistiche.

5) Questo per dire che i flussi migratori sono causati esclusivamente dallo sfruttamento delle multinazionali occidentali e dalla vendita di armi o a quei governi che combattono processi di liberazione democratica o a quei gruppi terroristici che vogliono abbattere dei governi democratici.

6) Quindi, se tutto ciò è vero, lo stesso Crosetto, in quanto esponente di un Paese che sfrutta il continente africano e che gli vende armamenti di ogni genere, è responsabile dei suddetti flussi migratori, mentre la Wagner, al contrario, si impegna per evitarli. (Consideriamo che prima di diventare ministro lo stesso Crosetto era un mercante d’armi.)

7) Se poi Crosetto ha detto una stupidaggine del genere per cercare di giustificare un governo che non riesce a salvare dei naufraghi a 100 metri dalla costa, allora se la prenda con se stesso e con chi l’ha messo in un ruolo che non merita.

Di sicuro i 700.000 africani che stanno arrivando nella UE non dipendono da Putin, come non dipende da lui il fatto che il caffè sia amaro.

 

[16] Si può criticare il proprio esercito in tempo di guerra?

 

Mi hanno ricordato che il provvedimento preso dal parlamento russo sul divieto di denigrare il proprio esercito in tempo di guerra è in linea con l’art. 265 del nostro Codice Penale, il quale recita così: “Chiunque, in tempo di guerra, diffonde o comunica voci o notizie false, esagerate o tendenziose, che possano destare pubblico allarme o deprimere lo spirito pubblico o altrimenti menomare la resistenza della nazione di fronte al nemico, o svolge comunque un’attività tale da recare nocumento agli interessi nazionali, è punito con la reclusione non inferiore a cinque anni.

La pena è non inferiore a quindici anni:

1) se il fatto è commesso con propaganda o comunicazioni dirette a militari;

2) se il colpevole ha agito in seguito a intelligenze con lo straniero.

La pena è dell’ergastolo se il colpevole ha agito in seguito a intelligenze col nemico.”

Ho risposto nei termini seguenti.

Nessuno in nessun momento può sottrarsi al giudizio altrui. Criticare non vuol dire diffondere falsità. In caso contrario sarebbe impossibile sostituire un comandante incapace con un altro capace (vedi Cadorna con Diaz). È il popolo che va a combattere e dovrebbe essere il popolo a decidere non solo quando iniziare una guerra ma anche quando finirla.

L’art. 265 del Codice Penale è fascista: non a caso fu formulato nel 1930, e non a caso è stato aggiornato al 30-12-2022 da un altro governo di destra.

Poi bisogna vedere se la guerra che si conduce ha motivazioni assolutamente giuste o no. Per es. la rivoluzione d’Ottobre fu fatta proprio contravvenendo al significato di quell’articolo. Infatti Lenin chiedeva ai suoi seguaci tre cose: 1) trasformare la guerra imperialista dello Stato zarista in guerra civile; 2) diffondere tra i militari le idee del socialismo rivoluzionario; 3) chiedere ai soldati semplici di ribellarsi agli ufficiali, in quanto i primi provenivano dal mondo operaio e contadino, mentre gli altri dal mondo borghese e aristocratico.

Tutte idee che suscitarono grande scandalo nei socialisti occidentali, per i quali in tempo di guerra non si poteva non essere nazionalisti.

Sinceramente parlando, al cospetto di un governo guerrafondaio come il nostro, che viola impunemente l’art. 11 della Costituzione, la critica nei confronti dell’esercito non solo dovrebbe ritenersi possibile ma addirittura doverosa. Anzi dovremmo boicottare l’invio di armi ai neonazisti di Kiev. La critica in tal caso servirebbe per impedire che politici o militari irresponsabili mandino in rovina anche il nostro Paese, che potrebbe essere coinvolto in una guerra rovinosa.

 

Mattarella dovrebbe dimettersi

 

Un capo di Stato che non riesce a far rispettare l’art. 11 della Costituzione dovrebbe dimettersi. Mattarella poi potrebbe far valere i limiti di età o qualche malattia. In fondo era contrario al secondo incarico.

A un anno di distanza dall’inizio del conflitto russo-ucraino dovrebbe, quanto meno, bloccare la scelta parlamentare di fornire altri armi a Kiev, poiché si è capito che non servono a nulla, se non a far morire sempre più militari ucraini e a distruggere sempre più il Paese e a indurre la NATO a intervenire ufficialmente e in pompa magna.

La Costituzione parla chiaro, non può essere soggetta a interpretazioni. La guerra viene rifiutata come mezzo (politico e soprattutto militare) di risoluzione delle controversie internazionali. E il nostro Presidente, fino adesso, non si è mai pronunciato a favore di una trattativa.

Quello voleva essere un articolo contro la politica fascista del ventennio.

A causa di una certa ignoranza abissale (che poi spesso non è che una forma di malafede) si può anche accettare che la politica ufficiale abbia deciso d’inviare delle armi al regime di Kiev perché un anno fa appariva nei panni dell’aggredito. Ma adesso basta. Adesso vi sono prove sufficienti per sapere che i veri aggrediti erano i russofoni del Donbass e da parte di un regime condizionato da un’ideologia nazionalista e neonazista.

 

Le regole della Wagner

 

Ho trovato nel canale telegram Terzaroma il volantino con le regole che la compagnia Wagner ha dato ai detenuti in Russia che hanno accettano di combattere nelle file di questa compagnia privata, che sembra somigliare a una congrega di samurai. Naturalmente sono state date prima di firmare il contratto.

1) Difendi gli interessi della Russia sempre e ovunque.

2) L’onore del soldato russo sopra ogni cosa.

3) Combatti non per i soldi, ma per il principio e il principio è uno: la vittoria.

4) Non ti arrendere al nemico vivo: se ti fanno prigioniero, cerca la morte e porta con te più nemici che puoi.

5) Onora i tuoi compagni morti, non disonorare il loro ricordo: prima o poi ti ritroverai con loro.

6) Ci aspetta la morte in combattimento, non di vecchiaia senza forze in un letto.

7) Aiuta il compagno in battaglia. Oggi tu copri lui, domani lui coprirà te.

8) Sii silenzioso, non vantarti del tuo mestiere, mantieni il segreto.

9) Non saccheggiare mai.

10) A casa e in guerra non ubriacarti.

11) A casa e in guerra non drogarti.

12) Non rubare, non rapinare e non violentare.

13) Non uccidere civili.

14) Conserva sempre il tuo gettone: ricorda tu sei un guerriero della compagnia Wagner.

Cosa sia il “gettone” non lo so: la piastrina? A parte l’insieme delle regole, che sicuramente rendono più umano un “musicista” della Wagner di un combattente per il regime neonazista di Kiev, che impone di considerare i civili meno di niente, stupisce che la Wagner chieda a un proprio uomo fatto prigioniero di suicidarsi.[2] Evidentemente non accettano lo scambio di prigionieri. Chissà se questa disposizione vale solo per questa guerra, dove si sa che spesso a chi combatte per la Russia vengono fatte cose orribili, o è valida per qualunque teatro di guerra.

 

[17] La NATO è pronta

 

Jens Stoltenberg scalpita, è stufo di fare figuracce, vuole chiudere in bellezza il suo mandato.

La NATO è pronta a intervenire. Sta cercando solo un buon pretesto. Che sia in Georgia (con una rivoluzione colorata, un colpo di stato, una guerra civile) o in Bessarabia, unendo Romania e Moldavia per prendersi la Transnistria, o lanciando droni dalla Romania per spiare la situazione in Crimea, o facendo attentati terroristici in Russia, o permettendo a Polonia e Lituania di ricostituirsi come impero, dopo essersi presi mezza Ucraina e mezza Bielorussia, o dichiarando la Wagner responsabile dei flussi migratori africani, come fa l’Italia, ormai non fa nessuna differenza.

I numeri delle forze operative ci sono, i mezzi stanno arrivando, di tutti i tipi. Anche Scholz vuol essere in prima linea: chissà quali promesse Biden gli ha fatto.

Bisogna spingere sull’acceleratore, perché i movimenti pacifisti si stanno svegliando (dopo un anno in cui hanno letteralmente dormito), il crollo finanziario dell’occidente è dietro l’angolo (e, come al solito, le prime avvisaglie si vedono negli USA).

Le intese tra Turchia e Siria da un lato, e tra Iran e Arabia Saudita dall’altro, stanno terrorizzando USA e Israele nel Medio Oriente.

L’Ucraina, sul piano militare, è al collasso: non sarà in grado di sostenere l’imminente controffensiva russa. Non si deve permettere che sia costretta ad accettare la resa incondizionata. Gerasimov non può dimostrare d’essere il miglior stratega militare del mondo. Anzi l’intero pianeta deve sapere che della forza della NATO si deve aver paura, perché è diventata capace di agire a livello internazionale. Gli alleati possono fidarsi. Una vittoria sulla Russia sarà un segnale inequivocabile per la Cina, che se stringe un’alleanza militare con la Russia, sarà il prossimo obiettivo da colpire.

La frustrazione dell’occidente deve finire e, con essa, la percezione che le sanzioni economiche e finanziarie non siano servite assolutamente a nulla, se non a togliere potere al dollaro e all’euro e a ingrandire l’importanza dei BRICS.

Ora se non sono le popolazioni ad abbattere i loro propri governi, che ci stanno conducendo a una catastrofe epocale, la democrazia e il socialismo, cioè la libertà e la giustizia, resteranno un miraggio non per i prossimi anni ma per i prossimi secoli. E aggiungiamo anche l’ambientalismo, perché la natura si sta stufando del genere umano.

 

Il dopo giustifica il prima?

 

Stalin si prese il merito della vittoria contro il nazismo, quando semmai il merito andava riconosciuto al popolo e ai suoi generali. I 27 milioni di morti non furono causati solo da Hitler ma anche da lui, dalla sua incapacità strategica e dal suo culto della personalità.

Stalin aveva distrutto lo stato maggiore del suo Paese poco prima dell’invasione nazista, non credette alla rottura del patto Ribbentrop-Molotov finché i panzer non arrivarono sotto Mosca, chiedeva ai soldati di morire piuttosto che arrendersi e spesso boicottava l’operato dei propri generali (con Zukhov lo fece anche dopo, a guerra finita) e questo perché li temeva, non avendo lui alcuna competenza militare.

Ancora oggi molti russi lo considerano un grande statista e vorrebbero persino che Volgograd tornasse a chiamarsi col suo nome. Non si rendono conto che lo stalinismo avrebbe potuto avere un senso, al massimo, durante la guerra civile e la controrivoluzione dopo l’Ottobre. Invece si è affermato dopo che i bolscevichi avevano vinto. Questo è imperdonabile. Lo stalinismo è stato la peggiore disgrazia per l’idea di socialismo. Ha confuso proprietà sociale con proprietà statale. Ha involontariamente legittimato l’idea che l’unico socialismo possibile sia quello che si coniuga con la democrazia borghese.

Il bello è che la storia sembra avergli dato ragione: una Russia debole diventa una facile preda per l’Occidente collettivo.

Questo però è un ragionamento sbagliato. La forza di un Paese non sta tanto nelle proprie armi, quanto nel livello di civiltà che è in grado di dimostrare, e in questa civiltà il senso della democrazia deve giocare un ruolo non meno importante di quello del socialismo.

Non ha davvero alcun senso vincere il confronto militare con l’occidente rischiando di finire in una nuova esperienza dittatoriale, simile a quella stalinista. Sarebbe assurdo ripetere gli errori del passato. Se accadrà così, l’occidente avrà vinto anche se militarmente avrà perso. La Russia non può permettere a se stessa di proseguire la civiltà occidentale in altre forme e modi. Il mondo non le sta chiedendo questo, ma di porre un’alternativa a questo cancro dell’umanità. Se questa deve diventare una guerra di civiltà, bisogna dimostrare di essere eticamente e politicamente superiori in ogni più piccolo aspetto.

Il fine non giustifica i mezzi, come il dopo non giustifica il prima.

 

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Questo post ha subìto una ridda di contestazioni da parte di russi o filorussi o stalinisti. Riporto qui solo le mie risposte per non dilungarmi: giusto per far capire come la penso sullo stalinismo, la Russia, la democrazia, il socialismo e sullo Stato in generale.

1) Lo stalinismo avrebbe potuto avere un senso, al massimo, durante la guerra civile, non dopo (anche se lo sterminio dei Romanov avvenne sotto il leninismo, ma non perché lo volle Lenin). La sconfitta della controrivoluzione borghese avvenne che Lenin era ancora vivo e vegeto. L’ictus lo colpì nel 1922 e lui morì due anni dopo, sempre lucido, anche se impossibilitato a scrivere. Però poteva dettare, e nel suo testamento politico aveva chiesto di rimuovere Stalin dal suo incarico di segretario politico del Pcus. Per lui nessuno era insostituibile. Tuttavia i dirigenti non lo fecero, e ne pagarono il prezzo essi stessi, poiché una bella fetta di loro finì nelle grandi purghe degli anni ’30.

Stalin era circondato da soggetti assolutamente privi di scrupoli, come Berija e Vishinsky. La stessa moglie di Lenin disse che per suo marito era stata una fortuna essere morto di malattia, altrimenti l’avrebbero ammazzato.

Lo stalinismo è stato la peggiore disgrazia per l’idea di socialismo. Ha confuso proprietà sociale con proprietà statale. Ha trasformato i soviet in un appendice burocratica dello Stato. Ha inventato l’ateismo statale. Ha involontariamente legittimato l’idea che l’unico socialismo possibile sia quello che si coniuga con la democrazia borghese.

Lo stalinismo fu un’aberrazione non solo per la collettivizzazione forzata del mondo rurale, per il primato assoluto concesso all’industria pesante, per la nazionalizzazione (o statalizzazione) di qualunque aspetto della vita economica (e quindi per aver ucciso la NEP voluta da Lenin), ma anche per aver posto fine allo Stato di diritto, subordinando completamente il diritto alla politica (vedi la nozione, dal sapore giacobino, di “nemico del popolo”) e per aver compiuto altre mostruosità indegne di un partito comunista (vedi i gulag in Siberia, dove morire era facilissimo, ma vedi anche le deportazioni in massa da un luogo all’altro della Repubblica).

Lo stesso Putin ha detto che la Russia i propri conti col passato li ha fatti e non ci tornerà più sopra. Il problema comunque resta: non basta che in questa guerra russo-ucraina o russo-occidente il capitalismo statale dimostri d’essere superiore a quello privato (il che peraltro, avendo un’assoluta autonomia in campo energetico e in tanti altri campi economici, per la Russia non sarà così difficile). Occorre porre le basi per realizzare un socialismo autenticamente democratico, e ancora queste basi non si vedono. Neanche la Cina ha saputo porle.

 La proprietà collettiva dei mezzi produttivi va gestita dalla società non dallo Stato. Secondo i classici del marxismo lo Stato, una volta espropriati i capitalisti (agrari e industriali), doveva porre le basi per la propria progressiva, graduale estinzione. Anche Lenin in Stato e rivoluzione lo dice chiaramente. Invece con lo stalinismo s’è fatto esattamente il contrario, col pretesto che l’occidente era molto aggressivo. E così si sono creati squilibri economici mostruosi (a partire dai piani quinquennali calati dall’alto e del tutto irrealizzabili), che poi si è cercato di risolvere tramite le grandi purghe e accentuando la dittatura all’inverosimile, una dittatura che invece d’essere “del” proletariato, era “sul” proletariato, in quanto gestita da intellettuali e burocrati.

Il fatto che in Russia fosse necessario lo Stato in via provvisoria, non significa credere che dovesse essere Stalin a dirigerlo o l’assoluto centralismo il criterio per amministrarlo. E non sto dicendo che Trotsky sarebbe stato meglio di lui. Nel testamento Lenin chiedeva di allargare parecchio il comitato centrale del partito, oltre che di rimuovere Stalin dal suo incarico (quanto a Trotsky, Lenin non lo considerava neppure un “bolscevico”! E ciononostante lo mise a dirigere l’Armata Rossa!). Molto probabilmente Kirov sarebbe stato migliore di Stalin, ma Stalin lo fece fuori, approfittandone poi per scatenare l’inizio del terrore.

Lenin era infinitamente più democratico di Stalin. Quando Kamenev e Zinoviev rivelarono pubblicamente che i bolscevichi erano pronti a insorgere, Lenin si arrabbiò moltissimo ma non li espulse dal partito, anzi, dopo la rivoluzione affidò loro degli incarichi prestigiosi. Più volte aveva detto che le rivoluzioni si fanno coi compagni che si trovano non con quelli che si vorrebbero avere. Stalin invece si servì di loro due per cacciare dal Paese Trotsky, poi eliminò anche loro in un processo farsa. Stalin era rancoroso, paranoico, vendicativo, cinico, spietato... Il suo autore preferito non era Lenin ma il Principe di Machiavelli. Non è possibile sostenere che un Paese grande come la Russia e un partito vittorioso come il Pcus non avesse un leader migliore di lui. Chi lo sostiene è a favore del culto della personalità, cioè non sa nulla di democrazia.

Insomma non metto in discussione che di fronte a un nemico che ti vuole distruggere la nazione o privarla dei suoi beni non si può essere diplomatici. Sto solo dicendo che una cosa è essere autoritari durante la guerra, un’altra è esserlo anche nella pace. Stalin lo fu sempre, sino a quando morì. E i russi lo capirono solo con Krusciov, poiché la democrazia non l’avevano mai conosciuta, essendo passati dall’autocrazia zarista alla pseudo democrazia di Kerensky.

Che i russi non siano un popolo avvezzo alla democrazia l’ha dimostrato anche il fatto che la destalinizzazione durò pochissimo. Krusciov fu quasi subito defenestrato dagli stalinisti (quelli che poi saranno chiamati “della stagnazione”) per paura che si andasse troppo in là. La sua denuncia infatti si era limitata a parlare di processi farsa e di culto della personalità, ma non aveva aperto gli archivi né riabilitato nessuno (ci vorrà Gorbaciov per farlo). E lui aveva conosciuto Stalin da vicino, aveva accettato il fatto che Stalin e l’altro criminale Berija inventassero il potere della burocrazia, quello contro cui si oppose Trotsky, peraltro non meno autoritario di Stalin.

Krusciov quando collaborava con Stalin non disse mai nulla contro di lui perché sapeva che l’avrebbe fatto fuori subito. Come lui si comportò anche Togliatti, la quintessenza dell’opportunismo. Che poi dietro l’omicidio di Berija ci sia la mano di Krusciov mi pare pacifico.

2) Oggi i russi devono smettere di sostenere che, siccome la democrazia non esiste da nessuna parte del mondo, neppure la Russia è autorizzata a realizzarla. O che, siccome la Russia in questo momento deve affrontare un grave problema militare con la NATO, la democrazia può essere sospesa.

È assurdo pensare che il fascismo sia solo di destra, cioè solo a Kiev o a Washington. Esiste anche un fascismo di sinistra. È assurdo pensare che lo stalinismo abbia vinto il nazismo perché di fascista non aveva nulla. Se ragionassimo in termini così semplicistici, la democrazia sarebbe impossibile, dovremmo attenderla come una manna caduta dal cielo, non come uno sforzo del popolo cosciente di sé.

La vittoria della Russia non dipese dallo stalinismo, ma semmai dal senso del collettivismo che i russi vivono da quando esistono come popolazione, che non ha mai conosciuto lo schiavismo occidentale (anche se ha conosciuto il servaggio feudale). È dipeso dal loro spirito di sacrificio, che noi occidentali imborghesiti abbiamo perso da un pezzo.

Lo stalinismo era una dittatura come quelle occidentali, che però sfruttava caratteristiche che in occidente non esistono più a causa del capitalismo privato. Da noi le dittature moderne non sono politiche ma economiche (quelle del capitale), proprio perché il consumismo (che ci ha mangiato il cervello) è di massa. In Russia (ma anche in Cina) la dittatura non poteva che essere politica e ideologica, anche se oggi, a causa del fatto che il consumismo è entrato anche in questi Paesi, la dittatura sta assumendo sfumature molto simili alle nostre (vedi la funzione degli oligarchi). Da noi non esiste un culto della personalità “politica” ma solo della personalità “economica”, cioè del capitale, del denaro che si valorizza. Siamo più sofisticati. Gli statisti possono cambiare in qualunque momento, ma il sistema resta. Il che non vuol dire che non possano venir fuori dalle fasulle democrazie occidentali delle dittature militari. Non sarebbero tuttavia destinate a durare molto, poiché la borghesia vuole la democrazia formale, in cui può esercitare la propria anarchia produttiva e finanziaria, il proprio arbitrio come classe privilegiata, detentrice dei mezzi produttivi in via esclusiva.

La fortuna della Russia è stata che dopo quello sciagurato di Eltsin ha avuto uno come Putin, che ha saputo porre un freno al dispotismo degli oligarchi. In ciò sta la differenza tra Russia e Ucraina: in quest’ultima non c’è stato un equivalente di Putin, ma solo oligarchi al potere anche politico (vedi Poroshenko) o marionette degli USA (vedi Zelensky).

Putin ha salvato la Russia dallo sfacelo in cui l’aveva fatta piombare Eltsin, che la portò alla bancarotta e la diede in mano agli americani. Stalin ha fatto piombare la Russia nello sfacelo della dittatura, che sicuramente Lenin non avrebbe voluto, anche se evidentemente non aveva saputo porre le basi oggettive per evitarla (sempre che esistano).

Tuttavia bisogna iniziare adesso a pensare al dopoguerra. Per non trovarsi in mano una vittoria di cui non si saprà che fare. Il putinismo non è di sicuro un’alternativa al capitalismo o al neoliberismo in sé, meno che mai con la sua valorizzazione dell’ortodossia religiosa.

Né si può pensare di tornare alla democrazia greca, ch’era solo per cittadini liberi non schiavi, non stranieri, e di sesso maschile. Non ce ne facciamo niente di quella democrazia. Io mi aspetto dai russi, visto che si considerano una civiltà a parte, diversa dal mondo occidentale, qualcosa di più. Abbiamo bisogno di un altro Lenin o è sufficiente tornare a lui? La democrazia va costruita ex novo e l’occidente non è di sicuro in grado di farlo, a meno che le popolazioni non insorgano contro i loro stessi governi e non ripensino in toto i criteri della loro esistenza.

A questo punto la domanda fondamentale è: sarà in grado la Russia di costruire la democrazia dopo la vittoria contro la NATO? Vi sono elementi concreti che lo lasciano pensare? O dobbiamo dare per scontato che sia impossibile costruirla, per cui siamo costretti ad accettare soltanto una vittoria militare? Quindi l’etica la politica il diritto li cestiniamo? Che senso ha combattere contro l’Ucraina o la NATO se poi, in ultima istanza, la Russia non è o non sarà molto diversa da loro? È solo una guerra tra diverse forme di fascismo o di capitalismo?

Indubbiamente la multipolarità servirà per rispettarsi a vicenda. Un principio che già promuoveva l’URSS quando parlava di coesistenza pacifica tra capitalismo e socialismo. Ma una cosa è rispettarsi sulla base dei diversi modi di vivere il capitalismo; un’altra è realizzare un’alternativa effettiva a questa sciagura dell’umanità.

3) Cos’è più importante per un russo: essere democratico senza la Siberia, che garantisce ogni bene, oppure essere autoritario con la Siberia? L’occidente non vincerà mai la Russia, ma quando lo farà la Cina, che si prenderà la Siberia come fecero i Tatari, perché la Cina avrà i numeri e la potenza per farlo, e poi perché la Cina considera l’area asiatica della Russia come una cosa propria, una cosa più vicina alla propria etnicità, una cosa del tutto estranea alla Russia europea, che cosa faranno i russi? Non potranno più appoggiarsi su risorse esterne. Dovranno confidare solo su se stessi. Non è l’essere grandi che rende forti. Erano forse grandi la Corea, il Vietnam, l’Afghanistan...? Eppure gli americani se ne sono dovuti andare.

Dunque quando l’egemonia occidentale finirà e quando avranno perso la Siberia, occupata dai cinesi, cosa faranno i russi? Diffonderanno il capitalismo statale in luogo di quello privato? Quando vi è una guerra, che semplifica le differenze, è facile apparire veri o falsi, ma pensiamo al dopoguerra. Sarà molto più difficile essere veri: non basterà dire che il mondo è multipolare. Questa sarà solo una constatazione inevitabile e quindi superficiale. Ma in questa multipolarità come si esprimerà la democrazia? Esisterà un socialismo davvero democratico? Saranno capaci i russi di fare una cosa che non sono mai riusciti a fare in maniera compiuta?

4) Sono un po’ stufo di sentirmi dire che non posso interpretare la Russia perché non sono un russo o non ho mai vissuto in Russia. Quando interpreto la Russia tutte le mie fonti sono sovietiche o di origine russa o filorusse, a partire da quelle di Lenin, di cui ho le opere complete. Ci mancherebbe che un non russo non sia in grado d’interpretare la Russia. Ci mancherebbe che io impedissi a un russo d’interpretare il mio Paese. Al massimo potrei dire che nessun popolo è in grado d’interpretare se stesso. Come nessuna persona è in grado d’interpretare se stessa.

Per me non ha alcun senso dire che la storia è la storia, come se fosse una scienza esatta. Non esiste la storia, esiste l’interpretazione della storia. La storia non è una matematica, è fatta da esseri umani, che a volte addirittura riprendono il passato, riformulandolo in maniera diversa. E poi neanche la matematica è univoca, se non all’interno di determinati limiti epistemologici.

 

La funzione dell’ONU

 

Lo sappiamo tutti che la funzione principale del diritto internazionale è quella di risolvere le controversie senza l’utilizzo di mezzi estranei al diritto, quali ad es. guerre o colpi di stato.

Ora, perché l’ONU non serve a niente? Semplicemente perché a partire dal momento in cui è avvenuta l’implosione dell’URSS, gli USA han pensato di poter spadroneggiare nel pianeta come volevano. Tutte le guerre che han creato, a partire da quella contro la Serbia, o hanno ottenuto l’avallo dell’ONU o sono state compiute in maniera autonoma. I primi a vedere l’ONU come un fardello sono proprio gli americani. I primi a non credere in un diritto internazionale son proprio loro. Infatti o il diritto rispecchia i loro interessi vitali, oppure per loro è vuota retorica.

In sede ONU gli USA sono soliti ragionare in questi termini: se uno Stato compie un’infrazione, tutti gli altri sono legittimati a fargliela pagare con un danno superiore all’infrazione stessa, proprio per fargli capire che da lì in avanti potrà capitargli anche di peggio; e siccome di uno Stato che compie un’infrazione non ci si deve mai fidare al 100%, è bene sottoporlo a qualche sanzione economica.

Cioè in pratica di fronte agli errori altrui qualcuno deve sempre guadagnarci. Ecco perché se uno Stato non accetta di farsi colonizzare come l’occidente pretende, le sanzioni possono durare a tempo indeterminato, e se non bastano, l’opzione militare è sempre sul tavolo.

Quanti Paesi al momento sono sottoposti a restrizioni, embarghi e sanzioni? Ecco l’elenco smisurato:

Afghanistan, Azerbaijan, Armenia, Bielorussia, Birmania (Myanmar), Cina, Congo, Cuba, Egitto, Eritrea, Repubblica di Guinea (Conakry), Guinea Bissau, Haiti, Iran, Iraq, Costa d’Avorio, Corea del Nord, Libano, Liberia, Libia, Russia, Bielorussia, Sierra Leone, Somalia, Sudan, Sudan Meridionale, Siria, Tunisia e Zimbabwe.

Si può parlare di diritto internazionale quando mezzo pianeta è in queste condizioni? Peraltro ha senso che Israele dal 1948 ad oggi non sia mai stato sanzionato? Ha senso che non lo sia mai stato nessun Paese dell’occidente collettivo?

L’ONU di fatto è morta. Questa guerra servirà anche a stabilire quale nuova legalità andrà creata.

 

Dov’è la fonte dei nostri problemi?

 

Ormai tutto quello che l’occidente dice contro Putin e tutto quello che fa contro la Russia, ha l’aria di essere una provocazione che presuppone l’impossibilità di una qualunque trattativa. La NATO vuole vincere. L’unico negoziato possibile dovrebbe avere come condizione il ritiro dei russi dal Donbass. Al massimo gli si potrebbe riconoscere il possesso della Crimea.

Quindi a Putin non resta che pretendere la resa incondizionata del governo di Kiev e prepararsi a uno scontro diretto con la NATO. Per quanto moderato sia, non ha alternative. Questa guerra non finirà con un negoziato, ma con l’occupazione di tutta l’Ucraina da parte dei russi. Se poi altri Paesi penseranno di proseguirla (come p.es. Polonia, Romania, i Baltici), la Russia occuperà anche loro.

Qui si continua a non capire l’entità delle forze dell’avversario. Soprattutto non si capisce che l’isolamento della Russia, preteso dall’occidente, sta portando l’occidente stesso alla catastrofe economica e finanziaria.

Vien da pensare che dietro a questo atteggiamento ottuso vi sia una regia occulta. Non può essere infatti considerato normale che l’occidente, così desideroso di commerciare con tutto il mondo e così disposto a parlare di diritti umani internazionali, non voglia cedere di un millimetro in un conflitto del genere. Ormai 3/4 del pianeta gli è contro. Non ha nessuna possibilità di farcela.

Ancora p.es. gli statisti europei non han capito che se si impedisce alla Russia di esportare il proprio grano per sfamare buona parte del Terzo mondo, questi Paesi affamati non daranno la colpa alla Russia ma agli USA e alla UE. Ancora pensano che il Terzo mondo debba avere la stessa interpretazione dei fatti che ha il mainstream occidentale.

Ho sempre più l’impressione che questa guerra serva ai governi occidentali per trasformare le loro false democrazie in dittature esplicite con cui affrontare il fatto che il capitalismo non è più in grado di garantire il consumismo di massa, il benessere collettivo. La guerra esterna serve solo per impedire che si formino guerre civili interne, dovute ai gravi problemi economici di popolazioni sempre più vaste, che si impoveriscono sempre di più.

Le guerre contro la Russia e la prossima contro la Cina verranno usate per imporre feroci dittature in politica interna. Quindi quanto più lunghe e tormentate saranno, tanto più i governi nazionali potranno usarle come pretesto per aumentare i loro poteri.

A questo punto bisogna chiedersi: le popolazioni occidentali riusciranno a capire che la fonte di tutti i loro problemi va ricercata nei loro stessi governi?

 

L’importanza dell’istruzione

 

Il canale telegram IlNorberto ha fatto una ricerca sui libri di testo usati nelle scuole ucraine per vedere quali sono gli argomenti e i personaggi più studiati dal 2014 ad oggi.

Tra le varie cose:

- Dinastia Rurik. Non vi è  più riferimento alla Rus’ di Kiev, che a partire dall’882 governò come tribù slava su Kiev e successivamente dal 1199 come principato di Galizia-Volinia, poi come granducato di Mosca e poi regno di Russia, nonché impero russo dal 1547. Si preferisce invece enfatizzare mitiche origini scandinave, dimenticando e rinnegando quelle slave.

La storia viene insegnata per comparti razziali e assomiglia più a un libro fantasy che alla realtà. 

Fra i personaggi troviamo:

- Stanislav Dnistrianskyi (1870-1935), che adottò teorie razziali per motivare una prima idea di indipendenza dell’Ucraina.

- Dmytro Donstov (1883-1973), acceso nazionalista integralista di origine cosacca. Tra il 1919 e il 1922 visse in Svizzera dove diventò responsabile della stampa ucraina indipendentista che si opponeva all’Unione Sovietica. Teorizzò l’uso della violenza e condannò le simpatie per i polacchi, i russi e gli austriaci. Teorizzò anche la creazione di un uomo nuovo con calda fede ma cuore di pietra, che non si fa scrupolo nel massacrare ogni nemico dell’Ucraina senza pietà e riguardo per i familiari.

- Yurii Lypa (1900-44), feroce anticomunista che si appoggiò alla Germania per ottenere l’indipendenza dell’Ucraina. Esortò all’insurrezione armata e sposò teorie razziali. Emigrò in Polonia, dove fu un “osservato speciale”, al punto che, sentendosi braccato sia dai sovietici sia dai nazisti, decise di tornare in Ucraina (1938). Nel 1944 fu trovato morto in una autorimessa con segni di tortura. L’occidente accusò il KGB di ciò.

- Guillaume Faye (1949-2019), teorico francese della nuova destra etnoidentitarista come fondamento della civilizzazione europea, che va superata nella sua democrazia formale a favore del nazionalismo etnico. Collaborava a un’editoria di destra, come Uomo Libero, Gazzettino Ticinese, Rinascita, La Padania, Il Federalista, Transumano, Il Candido e militò in Terra Insubre, associazione vicina alla Lega Nord. Il suo è un pensiero di ispirazione nicciana e neopagana. Dichiara di ispirarsi a Evola e Marinetti. Negli anni ’90 diventò islamofobo e strenuo oppositore dei flussi migratori.

Poi dicono che la cultura sia meno importante della politica o dell’economia.

 

[18] La finestra sul cortile

 

Putin ha definito l’espressione “Paesi ostili” inesatta e scorretta, perché non sono tanto i Paesi in sé, quanto piuttosto le loro élite o i loro leader ad essere ostili.

Questo è un segno di democrazia. Anche i sovietici, quando combattevano i nazisti dicevano la stessa cosa. Una cosa sono i governi, un’altra le popolazioni.

È l’occidente che ha inventato la categoria di “Paese ostile” o “Stato canaglia” o “Impero del male”. D’altronde ne ha bisogno per giustificare le sanzioni economiche, che quando vengono messe hanno lo scopo di colpire tutta la popolazione, senza fare distinzioni di sorta. Le sanzioni economiche sono un vero atto criminale. Al massimo dovrebbero essere di tipo politico o giuridico o diplomatico, in modo da colpire effettivamente il governo in carica.

Va detto però che se la popolazione dello Stato che decide di sanzionare economicamente un altro Stato, fa finta di niente, indirettamente è complice. Come lo è quando non impedisce a una propria azienda di andare a sfruttare le risorse umane e materiali di un Paese detto eufemisticamente “in via di sviluppo”.

Alla fine, quando si deve individuare un nemico, la definizione di “Paese ostile” non è poi così sbagliata. Semmai esistono livelli diversi di responsabilità. Generalmente i popoli approvano l’operato dei loro governi perché non hanno gli strumenti per decodificare le falsità del mainstream. Ma è fuor di dubbio che oggi i governi non dichiarano delle guerre se non vedono un certo consenso popolare. Questo consenso può esprimersi anche come indifferenza o come attesa neutrale, in vista di decisioni da prendere successivamente.

Il problema oggi è che, con le armi che abbiamo, qualunque attendismo può essere molto pericoloso. All’inferno non ci finiscono solo i criminali ma anche quelli che sono stati a guardare dalla finestra.

 

Gli americani come Tommaso

 

La fregata russa “Admiral Gorshkov” con cariche nucleari a bordo ha raggiunto un punto nell’Atlantico da dove è possibile lanciare missili ipersonici “Zircon” verso gli Stati Uniti, in grado di superare qualsiasi sistema di difesa missilistica e aerea. Sta facendo simulazioni al computer.

Dicono anche che il sottomarino nucleare Belgorod (il più lungo al mondo) possa provocare coi missili Poseidon dei maremoti con onde di 500 metri, in grado di spazzar via l’intera costa occidentale e orientale degli Stati Uniti, dove si concentra fino al 90% di tutta l’industria americana e vive fino all’80% della popolazione.

Mi chiedo se gli americani sappiano queste cose o se siano come lo scettico apostolo Tommaso.

Ormai non ci sono più linee rosse invalicabili. La NATO vuole infliggere una sconfitta strategica alla Russia, ma ancora non si è capito quale sia il prezzo che è disposta a far pagare alla popolazione americana.

Fino ad oggi l’unica potenza che ha attaccato gli USA è stata l’Inghilterra per impedire che la sua colonia diventasse indipendente, ma di quella guerra, che portò alla rivoluzione americana, non esistono cicatrici in quella nazione.

Ora invece la situazione è completamente diversa. Certi film hollywoodiani forse riescono ad anticipare uno scenario catastrofico, ma quei film hanno l’obiettivo di far credere che il cittadino americano è sempre in grado di cavarsela in qualunque situazione. Questo perché appartiene a un popolo intelligente, amante della scienza e della tecnica. E quando gli spettatori vedono nei film di fantascienza che gli alieni o i nemici hanno una tecnologia superiore alla loro, sanno che alla fine c’è sempre qualcuno più astuto di tutti, come un novello Ulisse, che magari è anche disposto a immolarsi per salvare i sopravvissuti.

Sin dalla culla gli americani vengono abituati a confondere la realtà con la fantasia, e questa è una bella droga in una società invivibile come la loro.

 

Governati da incapaci

 

Mi ha fatto ridere Putin quando ha lamentato il fatto che i sistemi politici di molti Paesi occidentali spesso portano alla ribalta persone che hanno un livello di istruzione e di consapevolezza culturale generale piuttosto basso, al punto che a volte non capiscono ciò che dicono e fanno.

Mi è subito venuto in mente Di Maio, ex ministro degli Esteri, ma anche Crosetto, ministro alla Difesa. A dir il vero quasi tutti i ministri del governo attuale mostrano di essere incompetenti e persino cinici. In effetti spesso fanno affermazioni senza rendersi conto di ciò che dicono, quando poi non dicono cose chiaramente immorali o antidemocratiche.

Ma perché si è creata una situazione così assurda? Il motivo sta nel fatto che nella politica i cittadini han smesso di credere. Dopo il fallimento degli anni ’70, dopo il delitto Moro (permesso anche dal PC di Berlinguer e persino da Paolo VI), dopo il fallimento della politica di Gorbaciov e l’implosione dell’URSS per colpa di quello sciagurato di Eltsin, dopo la fine dei partiti della prima Repubblica con la vicenda giudiziaria di Mani pulite, dopo la grande corruzione dei governi Berlusconi, dopo la grande disillusione provocata dai Cinque stelle, dopo aver visto la grande involuzione di un partito sedicente di centro-sinistra come il PD, neoliberista e guerrafondaio come tutti gli altri, dopo la frantumazione della sinistra radicale, a cosa devono credere gli italiani? È già molto se vanno a votare. L’attuale governo di destra fa semplicemente ribrezzo.

Qui o sono gli italiani a insorgere, togliendo al potere centrale l’autorità di cui dispone, oppure aspettiamoci una deriva a favore del militarismo. Ormai è chiaro che il modello della democrazia rappresentativa nazionale non funziona più. Chi viene eletto sembra una scheggia impazzita, che sa soltanto di non poter essere controllato dai suoi elettori. Si sente autorizzato a dire o fare le cose più insensate di questo mondo, che ci possono portare non solo alla bancarotta ma anche a una guerra civile tra ricchi e poveri e persino a una guerra nucleare per fare un favore al governo neonazista di Kiev.

 

[19] Pensiamo al dopo

 

La fortuna della Russia è stata che, dopo quello sciagurato di Eltsin, ha avuto uno come Putin, che ha saputo porre un freno al dispotismo degli oligarchi. In ciò sta la differenza tra Russia e Ucraina: in quest’ultima non c’è stato un equivalente di Putin, ma solo oligarchi al potere anche politico oltre che economico (vedi Poroshenko) o marionette degli USA e degli oligarchi nazionali (vedi Zelensky).

Putin ha salvato la Russia dallo sfacelo in cui l’aveva fatta piombare Eltsin, che la portò alla bancarotta e la diede in mano agli americani. Ma adesso bisogna iniziare a pensare al dopoguerra. Per non trovarsi in mano una vittoria di cui non si saprà che fare. Il putinismo non è di sicuro un’alternativa al capitalismo o al neoliberismo in sé, meno che mai con la sua valorizzazione dell’ortodossia religiosa.

Io mi aspetto dai russi, visto che si considerano una civiltà a parte, diversa dal mondo occidentale, qualcosa di più, di molto di più, rispetto a quello che noi possiamo offrire. Abbiamo bisogno di un altro Lenin o è sufficiente tornare a lui? La democrazia va costruita ex novo e l’occidente non è di sicuro in grado di farlo, neanche se tornasse a quella greca (che peraltro era solo per poche persone: cittadini della polis, socialmente liberi e maschi), a meno che le popolazioni non insorgano contro i loro stessi governi e non ripensino in toto i criteri della loro esistenza.

 

Vetero marxisti intrappolati nelle loro idee

 

Mi è stata segnalata la Dichiarazione congiunta dei segretari generali dei Partiti comunisti di Spagna, Grecia, Messico e Turchia. Trattasi di un incontro svolto ad Atene l’8 luglio 2022.

Hanno discusso di varie cose, tra cui la guerra in Ucraina.

A parte il solito frasario marx-leninista, che rende questi partiti una minuscola minoranza in ogni Paese occidentale, quel che più stupisce è l’assoluta mancanza di comprensione del conflitto in atto tra Russia e occidente collettivo.

Questo succede quando si vuole sovrapporre la propria ideologia (schematica) alla realtà, che viene interpretata sulla base di due colori: bianco e nero. Una cosa che né Marx né Lenin hanno mai fatto. Semmai la facevano gli stalinisti.

In particolare sostengono che in Ucraina si scontrano gli interessi della Russia capitalista con gli interessi e i piani degli Stati Uniti, della NATO, dell’UE, per il controllo dei mercati, delle materie prime e delle vie di trasporto del Paese. Inoltre parlano di “inaccettabile invasione russa dell’Ucraina”, non riuscendo a capire minimamente il pregresso storico che l’ha indotta a comportarsi così. Rifiutano persino l’idea di un “mondo multipolare pacifico”.

Affermazioni del genere sono semplicemente indecenti. La Russia è del tutto indipendente sul piano energetico, alimentare e in tante altre materie prime, strategiche e non. Non ha affatto bisogno di occupare anche l’Ucraina per sostenersi come Paese capitalista. L’intervento armato è conseguente alla necessità di tutelare dal genocidio la popolazione russofona del Donbass ed è mirato a impedire che il governo di Kiev entri nella NATO per poter minacciare seriamente la sicurezza della Russia. La ricostruzione del Paese, se riuscirà a normalizzarlo (cioè a denazificarlo e a sottrarlo all’influenza della NATO), sarà a proprio carico, e possiamo star certi che la Russia eviterà di strangolare l’Ucraina in un debito da usurai, come invece vorrebbe fare l’occidente.

Se non si capisce da che parte stare in questa guerra, ci si condanna all’autoemarginazione, a guardare passivamente gli avvenimenti mondiali e quindi a fare gli interessi del capitalismo. Semmai si dovrebbe pensare al dopoguerra, ma questi veteromarxisti hanno in mente soltanto una riedizione sic et simpliciter della ex Unione Sovietica, il cui socialismo statale ha però fatto il suo tempo in maniera irreversibile.

 

Una nuova Norimberga

 

L’art. 11 della Costituzione italiana, che i nostri governi disattendono sin dalla guerra contro la Serbia per distruggere la Jugoslavia, non fu inventato dai nostri Padri costituenti, ma esisteva sin dal 1928, col patto di Parigi, più  noto come Briand-Kellogg. Lì venne stabilito l’impegno a non ricorrere a guerre come strumenti di politica internazionale o come mezzi per la risoluzione di controversie.

Senza questo accordo sarebbe stato impossibile imbastire il processo di Norimberga.

Oggi però l’occidente è diventato più furbo. Per far valere le proprie ambizioni egemoniche si serve del diritto internazionale, dell’ONU e, nel caso dell’Ucraina, di una guerra per procura, in cui può sempre dichiarare di non essere direttamente coinvolto. Ha poi usato continue provocazioni (p.es. la guerra civile contro il Donbass, il mancato rispetto degli accordi di Minsk, il tentativo di far entrare l’Ucraina nella NATO...) per indurre la Russia a fare il primo passo, quello decisivo per farla sembrare un Paese aggressore.

Bisogna dire che questa narrativa il mainstream occidentale non la mette più in discussione, se non nei social telematici, dove però gli utenti rischiano sempre d’essere censurati da chi li gestisce.

Persino le pochissime voci fuori dal coro che vengono tollerate (Travaglio, Orsini, Lilin...), devono sempre premettere che siamo in presenza di una “aggressione”. In caso contrario verrebbero silenziate.

In questa maniera l’occidente pensa di risparmiarsi un nuovo processo di Norimberga. Cioè anche nel caso in cui venga sconfitto militarmente, la Russia non potrà pretendere di condannarlo anche sul piano giuridico.

Riusciamo a immaginarci se al posto dei gerarchi nazisti, vedessimo in un nuovo processo gli statisti occidentali? Un Biden, una von der Leyen, un Borrell, un Draghi, uno Stoltenberg e tutti gli altri che devono rendere conto delle loro infamie... Sarebbe fantastico. Per la prima volta non sarebbe più possibile difendersi come i gerarchi nazisti, i quali dicevano di aver agito come i Paesi occidentali nei secoli precedenti, quando si spartivano il mondo intero in zone d’influenza da colonizzare. Gli statisti occidentali sarebbero costretti ad ammettere di aver giustificato le proprie esigenze belliche, il proprio arrogante unipolarismo a dispetto di quel diritto internazionale che lo stesso occidente ha elaborato, quel diritto che, tra le altre cose, impedisce di usare la guerra per risolvere i conflitti tra nazioni.

Vengono qui in mente le parole che Gesù Cristo rivolgeva ai suoi discepoli: “Fate attenzione a non dar retta a chi dirà di venire nel mio nome. Dai frutti dei loro alberi li riconoscerete”.

 

Corti circuiti cerebrali

 

Josep Borrell ha dichiarato che la UE considera l’export del grano russo e fertilizzanti né più né meno che uno “strumento geopolitico” usato dalla Russia per ricattare l’occidente, imponendogli il ritiro di talune sanzioni. E la UE non può sottostare a questi ricatti.

Ma proprio lui aveva detto che le sanzioni unilaterali anti-russe non sono dirette contro la fornitura dei prodotti alimentari e dei fertilizzanti russi ai Paesi poveri.

Cioè da un lato, quando si rivolge al Terzo mondo, vuol far vedere d’essere comprensivo; dall’altro però, quando si rivolge alla Russia, vuole sostenere una posizione intollerante. E dà per scontato che gli statisti del Terzo mondo non capiscano che la fame dei loro Paesi non dipende dalla Russia.

Come si può sostenere una cosa e nello stesso momento il suo contrario? Si ha la netta impressione che gli ostacoli che rendono difficile al grano russo raggiungere i mercati mondiali, e soprattutto quelli dei Paesi più bisognosi, non sia tanto un “effetto collaterale” delle sanzioni, ma proprio uno dei loro obiettivi. Cioè si vuole danneggiare la Russia anche a costo di affamare i Paesi più poveri e di coinvolgerli in una crociata antirussa.

Per sostenere una posizione del genere si deve avere una grande considerazione di se stessi e dell’efficacia dei propri strumenti comunicativi, in virtù dei quali si pensa di nascondere il proprio cinismo superlativo dietro il paravento del diritto.

Non lo sa Borrell che quando gli impianti elettrici superano la soglia consentita, vanno in corto circuito e il contatore salta?

 

*

 

Ha detto J. Borrell, falsificando come al solito la realtà: “Il calo dei prezzi dei prodotti alimentari e dell’energia nel mondo è in parte il risultato dell’uso dei corridoi di solidarietà”.

In realtà l’esportazione di grano ucraino a buon mercato nell’ambito dei corridoi di solidarietà ha portato a una riduzione tangibile dei prezzi del grano e di altri prodotti alimentari non nel mondo, ma nella sola Unione Europea.

Tuttavia, siccome alcuni Paesi europei sono stati letteralmente inondati da questi prodotti agricoli ucraini notevolmente più economici, gli agricoltori locali sono sull’orlo della rovina. Questo poi senza considerare che il prezzo del pane in realtà è quasi raddoppiato: molto probabilmente per il motivo dei trasporti troppo costosi.

 

[20] La resa dei conti

 

La portavoce russa degli Esteri, Maria Zakharova, ha detto che per risolvere il conflitto in Ucraina, l’occidente, come condizione obbligatoria, deve rimuovere tutte le sanzioni contro la Russia e cessare l’invio di armi.

Sbaglierò, ma questo ha il sapore di un ultimatum. A questi livelli nessuna trattativa sarà possibile. Evidentemente i russi stanno pensando a una “soluzione finale”. Difficile pensare che una diplomatica come lei, per quanto ironica sia, possa permettersi delle dichiarazioni così categoriche.

In effetti, occupato il Donbass, i russi potrebbero anche fermarsi lì, poiché il resto del Paese, se si esclude Odessa, non è né russofono né filorusso. Tuttavia le loro forze armate ancora non hanno fatto vedere niente che sia davvero devastante per gli ucraini. Una guerra condotta casa per casa, conquistando un villaggio o una città dopo l’altro/a, più i bombardamenti alle centrali che forniscono elettricità, è, rispetto ai mezzi che abbiamo oggi, una guerra da gentlemen.

Quindi è evidente che i russi, nei confronti della controffensiva primaverile promessa da Zelensky con le armi più potenti che gli arriveranno dalla NATO, si dovranno togliere i guanti bianchi e far vedere al mondo intero di cosa possono essere capaci. Pensiamo solo al fatto che ancora non hanno usato le armi che mandano in tilt tutti i dispositivi elettronici del nemico, dai droni alle stazioni radio, dai telefoni alle reti di controllo radar, fino ai missili teleguidati. Cioè sono in grado di annullare tutti gli impulsi elettrici ed elettronici a distanza fino a 500 km. E al momento sono impegnati in un teatro di guerra lungo 1.000 km. È dall’ultima guerra mondiale che non si vedeva una cosa del genere.

I russi han conquistato lo spazio cosmico prima di tutti gli altri. Le stazioni orbitali permanenti le hanno inventate loro. Sono amanti della scienza e della tecnica come gli occidentali. Chi li sottovaluta, non ha capito niente ma proprio niente di loro.

L’Ucraina rischia davvero di spopolarsi e di scomparire dalle carte geografiche come Stato autonomo. Anche perché Mosca avrà la netta impressione di dover combattere direttamente contro le forze della NATO, le quali, se rispetteranno i loro standard, non avranno pietà del nemico e useranno tutte le bombe che hanno a disposizione. L’han già fatto con Paesi infinitamente meno potenti della Russia.

Purtroppo il peggio deve ancora arrivare, e non solo nello specifico teatro di guerra, ma anche per noi europei, che cominciamo a essere davvero odiati dai russi (anche solo per il fatto che li costringiamo ad avere un sentimento a loro generalmente estraneo). Questa volta saranno loro a dire ai compatrioti che vivono nei Paesi NATO di andarsene il più presto possibile.

 

I limiti dell’etica

 

A proposito degli appelli all’Ucraina a fare la guerra fino alla vittoria, l’europarlamentare irlandese Claire Daly ha detto che i Paesi NATO vivono al di fuori della realtà.

Ha citato la rivista “The Economist”, che parla di reclutamenti forzati in tutto il Paese di persone senza esperienza o addestramento, semplicemente mandate al fronte a morire, in un conflitto molto simile a quelli della Prima Guerra Mondiale.

Ha detto anche che i comandanti dei battaglioni raccontano al “Washington Post” che i mobilitati stanno abbandonando in massa le loro posizioni. E, citando fonti occidentali, ha detto che “Politico” riferisce di punizioni severe per i disertori.

Si è insomma scandalizzata nei confronti della retorica militarista che mostra una vergognosa mancanza di empatia per la gente comune.

In occidente siamo fatti così. Non ci siamo opposti al neonazismo di Kiev per motivi di principio. La russofobia c’impedisce di prendere in esame le questioni storiche, sociali, culturali, politiche di questo conflitto. Abbiamo bisogno di motivi umanitari o morali: in tal caso diciamo che gli ucraini stanno morendo a frotte in una guerra che non possono assolutamente vincere. E la colpa è nostra, perché li illudiamo del contrario.

Il problema è che di fronte a queste motivazioni etiche, che in sé e per sé non vogliono dire nulla, le interpretazioni possono essere opposte rispetto alle intenzioni che hanno mosso la deputata a fare le sue accuse.

Cioè a dire: se proprio vogliamo evitare agli ucraini la tragica esperienza del tritacarne, allora dobbiamo intervenire direttamente in questa guerra con tutta la nostra potenza, rischiando davvero un olocausto nucleare.

Infatti se fossimo un generale della NATO, posto di fronte a una che ci dice: “voi generali militari malati, seduti qui a guidare questi uomini verso la morte, mi fate schifo! Abbiamo bisogno di pace, abbiamo bisogno di dialogo, per quanto spiacevole possa sembrare”, come reagiremmo?

I militari sono preposti a combattere. Alla pace ci pensano dopo, quando le condizioni per continuare a combattere non esistono più. E loro sono convinti che in questa guerra non hanno fatto ancora nulla di veramente significativo. Proprio le frasi della Daly possono offrire un buon pretesto per alzarsi dalla sedia e convenire sul fatto che non si può andare avanti all’infinito.

 

Azione e reazione

 

Bisogna ammettere che la UE ha perso ormai qualunque contatto con la realtà. Quando Putin dice che gli statisti occidentali non sono sufficientemente preparati per affrontare con raziocinio un conflitto del genere, ha pienamente ragione.

Ancora non hanno capito che i russi non sono dei provocatori come gli americani. Tendono sempre a credere che i conflitti possano essere risolti pacificamente. Anche mentre si sta combattendo. Questo perché ragionano secondo il principio di azione e reazione. Cioè se l’avversario fa qualcosa di aggressivo, allora lo fanno anche loro, ma non sono loro a farlo per primi. Sembra che combattano come gli animali maschi nella stagione degli amori: si danno delle zampate o delle cornate o dei morsi che non sono affatto letali ma più che altro dimostrativi del peggio che potrebbe accadere se si facesse davvero sul serio. E tutto finisce lì. Uno vince e l’altro perde, ma chi perde non muore, non morirà per i colpi che ha subìto. Magari vincerà alla prossima competizione. Un russo che vince non vuole mai stravincere, non vuole mai umiliare l’avversario. Questa cosa ce l’hanno nel sangue. Probabilmente gli deriva dal fatto che, avendo sempre vissuto in un territorio sconfinato, sanno bene che c’è posto per tutti. A nessuno vengono negate le condizioni per sopravvivere.

Questo per dire che non dovremmo stupirci se di fronte alle intenzioni della NATO di inviare armi più pericolose all’Ucraina, Mosca decide d’inviare sottomarini nucleari ai confini degli USA, facendo capire che sono in grado di colpirli come vogliono. L’altro giorno hanno bombardato a Kiev con un missile ipersonico una struttura militare dove si trovava il quartier generale della NATO: sono morti quasi tutti.

Questa notizia non è passata nei nostri media, che si sono limitati a parlare del drone spia abbattuto nei pressi della Crimea. Un gioco da ragazzi... Oppure di quell’aereo americano che ha simulato un attacco nucleare a San Pietroburgo, passando sopra il Mar Baltico. Lo sanno che proprio in quella città si terrà il secondo vertice Russia-Africa nel luglio 2023, avente per tema qualcosa di gran lunga superiore a tutte le bombe della NATO: “Neocolonialismo dell’Occidente: come evitare che la storia si ripeta”?

 

Troppo grandi per fallire?

 

Non fanno ridere i nostri media quando dicono che l’UBS (prima banca elvetica, seconda banca in Europa e una delle prime al mondo) ha comprato Credit Suisse (seconda banca elvetica) soltanto per 3 miliardi di franchi? Perché non dicono che lo Stato è dovuto intervenire con decine di miliardi, mettendo completamente fuori uso le regole sulla concorrenza? La Banca Nazionale Svizzera garantirà alle due banche liquidità per un massimo di 200 miliardi di franchi. E per tutelare UBS, cioè per far fronte ai rischi di perdita dell’operazione, la Confederazione fornirà una garanzia di ulteriori 9 miliardi.

Da due banche too big to fail nasce un colosso ancora più grande. Nella UE sarebbe stata possibile un’operazione del genere?

Ora che fine faranno i 50.000 dipendenti della Credit Suisse? Diventeranno impiegati statali? Tutta roba da ridere... Non era meglio nazionalizzarla invece di dare soldi pubblici a una banca privata?

Intanto gli azionisti di Credit Suisse riceveranno 1 azione UBS ogni 22,48 azioni CS detenute. Il titolo della seconda banca svizzera viene quindi valorizzato a 0,76 franchi. Venerdì scorso, alla chiusura della borsa di Zurigo, l’azione CS valeva 1,86 franchi. Quindi in un solo giorno il valore è diventato meno della metà. Stamattina, all’apertura della borsa, è andata anche peggio: il titolo di Credit Suisse è in caduta libera, con un pesante -62%.

Non solo, ma i bond AT1 della Credit Suisse per 16 miliardi di euro sono stati azzerati! L’UBS ha preferito tutelare gli azionisti, tra cui anzitutto sauditi e qatarioti, ribaltando così le regole del gioco, secondo cui dovrebbero essere gli obbligazionisti a rischiare di meno.

Insomma dalla crisi finanziaria del 2008 non è cambiato niente di niente. Il motto della CS, It’s time for an expert, è patetico. Questa è stata una delle banche più corrotte al mondo. Persino Wikipedia lo dice.

 

[21] L’ipocrisia pesa come un macigno

 

Ormai è evidente che per gli statisti occidentali la Russia è solo un nemico militare e un concorrente sul piano energetico. Ma la Cina è un nemico di tipo globale, essendo in grado di mandare a picco le economie occidentali da tutti i punti di vista, incluso quello finanziario.

La Cina è in grado di vendere qualunque merce al prezzo più basso. È in grado anche di comprare buona parte del debito pubblico di molti Stati occidentali, anche se, a causa del conflitto ucraino, sta sempre più vendendo i titoli di stato americani e sta uscendo dalle borse di Wall Street e Londra preferendo quella di Hong Kong.

L’occidente non sa più come comportarsi con questo Paese. Prima lo combatteva perché era troppo comunista oppure lo strumentalizzava in funzione antisovietica. Oggi lo vuole combattere perché troppo capitalista o perché non sopporta l’idea di un socialismo di mercato, in cui lo Stato gioca un ruolo dirigenziale. Un’idea che se si diffondesse in occidente, sarebbe sicuramente molto lesiva per gli interessi del nostro capitalismo privato, per il quale lo Stato serve solo per fare guerre a Paesi stranieri e per contenere o regolamentare al ribasso le rivendicazioni dei lavoratori.

La Cina è piaciuta alle aziende occidentali finché ha fornito materie prime facilmente accessibili, un mercato di sbocco per le loro merci, una tassazione doganale ridicola, un fisco molto agevolato quando le loro filiali si trasferivano là per sfruttare una manodopera non sindacalizzata e con un costo del lavoro ridotto al minimo. In pratica è piaciuta finché si lasciava colonizzare. Ora invece che ha imparato come imborghesirsi, ci fa capire che la pacchia è finita.

La Cina è in grado di offrire condizioni molto vantaggiose a tutti i Paesi asiatici, africani e sudamericani. Sfrutta le loro risorse ma non ha intenzione di colonizzarli. Almeno così dice. E il Terzo mondo le crede, come ha imparato a credere alla Russia nella sua guerra contro i neonazisti di Kiev supportati dalla NATO.

Si ha netta l’impressione che l’occidente collettivo stia giungendo al capolinea. Il che non vuol dire che il modello russo o quello cinese costituiscano una vera alternativa al capitalismo globale, ma sicuramente lo sono nei confronti di quello occidentale. Quanto meno lo sono in un aspetto: non dicono una cosa e ne fanno un’altra. Non si riempiono la bocca di parole sui diritti umani e poi destabilizzano militarmente il pianeta, lo devastano sul piano ambientale e strozzano col debito i Paesi più poveri.

 

La terza è imminente, ma evitiamo la quarta

 

In Europa la borghesia ha avuto idee innovative sul piano giuspolitico finché ha voluto combattere contro il feudalesimo. Poi le ha perse tutte.

Quando diceva d’essere democratica era solo propaganda. In Europa infatti ogni Stato si sentiva nemico dell’altro e tutti insieme cercavano di conquistare più colonie possibili.

Si era così nemici nel continente che gli ultimi Paesi a diventare capitalisti (Germania, Austria-Ungheria, Italia) ebbero bisogno di far scoppiare una o due guerre mondiali per recuperare il tempo perduto, strappando quanto più spazio possibile ai grandi imperi anglo-francesi, che avevano sostituito quelli ispano-portoghese e olandese. Anche la Russia zarista volle intromettersi in questo protagonismo della ruota di scorta, ma la rivoluzione bolscevica non glielo permise.

Ecco diciamo che nuove idee democratiche sul piano giuspolitico vennero fuori dopo il disastro delle due guerre mondiali, al fine di porre basi condivise per non finire in una terza. Di qui, per es., l’istituzione della Società delle Nazioni e dell’ONU.

Chi trasse i maggiori vantaggi da questa autodistruzione europea furono gli Stati Uniti, che però stanno di nuovo sconvolgendo il mondo intero. E questa volta con un potenziale distruttivo enormemente superiore a quello degli Stati europei.

Perché siamo di nuovo da capo? Ovvero, perché il tragico passato di noi europei non è servito a nulla? La risposta è una sola: in ultima istanza noi subordiniamo sempre il diritto e la politica all’economia. Negli odierni Stati Uniti si subordina addirittura l’economia alla finanza.

I nodi stanno venendo al pettine. La terza guerra mondiale è alle porte. Dalle sue macerie nasceranno nuove idee giuspolitiche.

La domanda che dobbiamo porci sin da adesso è però la seguente: quali sono le condizioni perché le prossime nuove idee siano sufficientemente valide da impedire una quarta guerra mondiale? Cos’è che ci è sfuggito nei due dopoguerra precedenti?

 

Di un’eccezione la regola

 

Ormai è chiaro che in occidente vi è un netto scollamento tra diritto e politica, o meglio tra Stato di diritto e governo politico. Lo vediamo anche in Italia.

I princìpi democratici, gli articoli costituzionali vengono continuamente disattesi. Quando il parlamento ha deciso di violare l’art. 11 della nostra Costituzione, inviando armi all’Ucraina, pochi parlamentari dell’opposizione han deciso di votare contro. E ancora oggi, dopo che in un anno abbiamo visto quanto siano inutili le armi per arrivare a un negoziato, continuiamo imperterriti a violare l’etica e il diritto e a fare della politica una disciplina con le sue regole interne, ciniche e bellicistiche quanto mai.

Una di queste regole è la seguente: finché la Russia non viene sonoramente sconfitta, nessuna trattativa è possibile. Un’altra è questa: finché i russi non si ritirano dal Donbass, la pace è impossibile.

Sulla base di queste regole è evidente che il conflitto può andare avanti ad libitum. Infatti fino adesso le sconfitte dei russi sono state del tutto irrilevanti. A Kiev sanno benissimo che se la NATO non interviene direttamente, non ce la potranno mai fare. Ormai la stessa popolazione ucraina (gli uomini perché non vogliono svolgere il ruolo di carne da cannone; le donne perché vedono morire i loro mariti e figli) è stufa del proprio governo criminale.

Eppure, nonostante ciò, noi occidentali continuiamo a far finta di niente. Lo vediamo coi nostri occhi che l’Ucraina sta diventando un mattatoio soprattutto per gli stessi ucraini. Che senso ha continuare a inviare armi sempre più pericolose? Qual è la regia occulta che non ci fa capire che, così facendo, indurremo i russi a rispondere con armi sempre più devastanti?

Insomma c’è uno scollamento incredibile tra le capacità diplomatiche degli europei e la volontà degli statisti a proseguire questa guerra ad ogni costo, pagando qualunque prezzo.

Vien da pensare che tutta questa tensione alimentata artificialmente con l’invio di armi e soldi non serva affatto a far vincere l’Ucraina, ma a creare una situazione di emergenza nei nostri Stati nazionali, come al tempo della pandemia. Si sta cioè cercando di convincere le popolazioni che i princìpi democratici e i diritti costituzionali non vanno considerati definitivamente acquisiti ma sono relativi. Cioè di fronte a situazioni tragiche possono anche essere sospesi o revocati. La violenza si sta istituzionalizzando. Lo Stato politico si sta lentamente trasformando in uno Stato di polizia. In Francia lo vediamo molto bene in questi giorni. Gli scioperanti non se la prendono solo contro la riforma delle pensioni ma anche contro l’atteggiamento autolesionista che il governo e il presidente Macron hanno tenuto nei confronti della Russia per un anno intero. E la repressione si sta facendo molto dura. Si vuol fare di un’eccezione la regola.

 

Chi è Yuri Podolyaka?

 

Yuri Podolyaka (detto Yurasumy) è uno dei giornalisti più popolari della Russia. È un top blogger, analista ed esperto militare con milioni di ascoltatori.

Di nascita è ucraino. Nel 2004-2005 fu uno dei protagonisti della “rivoluzione arancione” contro Viktor Yanukovych, che aveva appena vinto le elezioni.

Viktor Yushchenko, avversario di Yanukovych, non aveva ammesso la sconfitta, dichiarando che i risultati delle elezioni erano stati falsificati. Furono così organizzate proteste di massa, ampiamente coperte dai media euro-americani e sostenute attivamente dalle ambasciate occidentali. Al successivo turno elettorale vinse Yushchenko, il candidato dell’opposizione filo-occidentale.

Tuttavia fu un buco nell’acqua. Yushchenko si mise a capo di un regime coinvolto in intrighi e scandali per corruzione.

Fu allora che Yuri Podolyaka iniziò a chiedersi se l’integrazione con l’occidente fosse il percorso più vantaggioso per il popolo ucraino.

Nel 2011 iniziò a dedicarsi attivamente al giornalismo (di formazione era un ingegnere). Aprì il suo blog su LiveJournal e su altre piattaforme. Quando, nel 2014, ci fu il colpo di stato a Kiev e Yanukovych dovette andarsene dal Paese, Podolyaka iniziò a criticare le nuove autorità di Maidan. In particolare denunciava le operazioni punitive del regime di Kiev contro la popolazione del Donbass. Nel settembre 2014, dopo aver appreso ch’era imminente il suo arresto, si trasferì a Mosca.

Nel 2019 aprì un canale su YouTube, divenendo subito molto popolare. Soprattutto perché smascherò un’altra rivoluzione colorata, quella avvenuta nell’agosto 2020 in Bielorussia. I meccanismi erano gli stessi di quelli dell’Ucraina del 2004: si dichiaravano falsificate le elezioni presidenziali e l’opposizione iniziava una protesta di massa. Il canale Telegram Nexta, che operava dalla vicina Polonia, veniva utilizzato per coordinare le proteste allo scopo di portare al potere un regime russofobo filo-occidentale.

Durante questi eventi il canale YouTube di Yuri Podolyaka era diventato la più importante piattaforma di opposizione alla propaganda occidentale. Era diventato un esperto di “rivoluzioni colorate”, dietro cui si celano dei colpi di stato.

Nell’autunno del 2020 Podolyaka seguì attivamente il conflitto nel Nagorno Karabakh, la cosiddetta “Seconda guerra del Karabakh”, diventando un vero esperto militare.

Dall’inizio dell’Operazione Militare Speciale in Ucraina le sue videocronache diventarono irrinunciabili. Il numero di iscritti su YouTube raggiunse i 3.100.000.

Fu proprio al culmine della sua popolarità che lo staff di YouTube il 7 aprile 2022 gli chiuse il canale: era diventato troppo scomodo.

Ma lui non si scoraggia. Apre un nuovo canale su Telegram, InfoDefense, che ha già 2.700.000 iscritti, fornendo informazioni in 26 lingue diverse (quello italiano si chiama infodefITALY). Ora Podolyaka viene regolarmente invitato come esperto militare a programmi politici in televisione.

Perché ho scritto queste cose?

1) Per abituarci a distinguere tra popolo e dirigenti ucraini.

2) Per non demoralizzarci quando i social più famosi chiudono i nostri profili: esistono sempre delle alternative.

3) Per valorizzare un social come Telegram.

4) Per invogliarci a utilizzare i social in maniera propositiva e non solo per fare quattro chiacchiere.

 

Una gara orrenda

 

Esattamente 20 anni fa il presidente degli Stati Uniti George W. Bush annunciò l’inizio di un’operazione militare speciale in Iraq. L’obiettivo dichiarato era “il disarmo dell’Iraq e la liberazione del popolo iracheno”. Lo stesso obiettivo di Putin nel Donbass.

Con due differenze: il regime irakeno non era neonazista come quello di Kiev e il Paese non poteva minacciare la sicurezza degli USA, essendo distante migliaia di chilometri.

Le armi di distruzione di massa, ch’erano il pretesto per iniziare la guerra, non furono mai trovate in Iraq. Invece in Ucraina sono stati trovati molti biolaboratori, ove si stavano sperimentando nuove armi di sterminio di tipo biologico.

Il presidente iracheno Saddam Hussein è stato giustiziato, nonostante non sia mai stato provato il legame del suo regime col gruppo terroristico Al Qaeda. Anzi l’unità terroristica è comparsa in Iraq proprio dopo l’inizio dell’operazione militare. Più tardi, al Senato americano furono rese pubbliche le prove che Hussein non solo non aveva aiutato i terroristi di Al-Qaeda, ma aveva anche agito sempre contro di loro.

Durante i bombardamenti indiscriminati sulle città, usando armi vietate dalla Convenzione di Ginevra, furono uccisi, secondo stime irakene, 1,5 milioni di persone.

Secondo l’ONU invece i civili morti in Ucraina sono 7.200, di cui (ma questo l’ONU non può dirlo) la gran parte è stata eliminata dagli stessi neonazisti ucraini.

Il Segretario di Stato americano, Colin Powell, che agitava all’ONU una falsa provetta con una polvere in teoria molto pericolosa, è diventato il simbolo dell’ipocrisia della politica estera americana. Poi se ne pentì.

Sette anni prima dell’invasione, la defunta Madeleine Albright disse alla CBS che “il mezzo milione di bambini iracheni morti a causa delle sanzioni contro l’Iraq era stata una scelta difficile, ma ne valeva la pena”! Non è mai stata processata da alcun tribunale internazionale.

E gli USA furono appoggiati da tutto l’Occidente, senza se e senza ma. Ormai tra presidenti e segretari di stato americani fanno a gara a chi è più disumano, salvo versare lacrime di coccodrillo quando si accorgono che le loro mostruosità erano completamente ingiustificate e soprattutto inutili.

 

[22] Aria fritta

 

“Se l’Ucraina non riesce a difendere la sua indipendenza, non avremo scelta, saremo costretti a entrare nel conflitto”, ha detto Jan Emeryk Rościszewski, ambasciatore polacco in Francia.

Che significato ha questa frase sibillina? La Polonia sta forse minacciando l’escalation in caso di un possibile negoziato?

Se è così, la NATO sta dando per scontato che in una qualunque trattativa con Mosca, Kiev sarebbe costretta a riconoscere la perdita del Donbass. Il che contraddice la narrativa di sempre, e cioè che i russi devono andarsene dal Donbass, altrimenti l’integrità territoriale non può essere rispettata.

Quindi nessuna diplomazia è possibile, nessun cessate il fuoco. L’Ucraina deve vincere, altrimenti ci penserà la NATO, che di sicuro non può perdere (inclusa la faccia). Quanto il conflitto possa durare non è un problema per la NATO: anzi più dura e più sfiancherà la Russia. Le armi verranno consegnate finché necessario. È un mantra anche del nostro governo. E l’obiettivo finale, quello inevitabile per concludere la pace, è la resa della Russia. Quindi o i russi se ne vanno via spontaneamente dal Donbass, oppure dovranno essere cacciati, e se non ci riesce l’Ucraina, ci penserà la NATO.

È quindi evidente che la NATO sta ragionando come se l’Ucraina quasi appartenesse all’Alleanza. Cosa che in realtà dovrebbe essere esclusa a priori, poiché nessun Paese può chiedere l’adesione alla NATO finché è coinvolto in un conflitto armato in corso.

Ricordiamo comunque che nello Statuto della NATO non c’è, di guerrafondaio, solo l’art. 5, in cui viene dichiarato che ogni attacco a una nazione tra quelle appartenenti alla coalizione verrà considerato come un attacco alla coalizione stessa. Esiste anche l’art. 4, il quale prevede che “le parti si consulteranno ogni volta che, nell’opinione di una di esse, l’integrità territoriale, l’indipendenza politica o la sicurezza di una delle parti fosse minacciata”. Le ultime volte che ci si è appellati a questo articolo l’han fatto Lettonia, Lituania e Polonia nel 2014 (dopo l’annessione russa della Crimea), nel 2021 (in seguito alla crisi dei migranti provocata dalla Bielorussia al confine polacco) e infine da Polonia e Paesi Baltici a seguito dell’attuale conflitto ucraino. Come si può vedere, ogni volta l’Ucraina è stata considerata quasi come facente parte dell’Alleanza.

Da notare che l’art. 1 recita così: “Le parti s’impegnano a comporre con mezzi pacifici qualsiasi controversia internazionale in cui potrebbero essere coinvolte... e ad astenersi nei loro rapporti internazionali dal ricorrere alla minaccia o all’uso della forza assolutamente incompatibile con gli scopi delle Nazioni Unite.”

Se questa non è aria fritta, che cos’è?

 

Di quale imperialismo parliamo?

 

Bisognerebbe smetterla di parlare di “imperialismo russo”, come per es. fa Soros, mentitore e mestatore seriale.

La Federazione Russa è il Paese più esteso del mondo e, rispetto alla sua vastità, è sottopopolata. Non ha nessun bisogno di avere altre terre da occupare. Anzi, se non fosse per il clima rigidissimo della Siberia, dovrebbe aprire le porte a tutti gli immigrati del pianeta.

La Russia ha avuto atteggiamenti imperiali al tempo degli zar, e più che altro per difendersi dall’espansionismo dei Tatari, degli Ottomani e naturalmente di varie potenze europee (Teutonici nelle crociate baltiche, Svezia nella guerra per il mar Baltico, Regno polacco-lituano, Napoleone, anglo-francesi e italiani nella guerra di Crimea, Impero prussiano e austro-ungarico nella I guerra mondiale). Non è stata “imperiale” neppure al tempo del nazismo e della guerra fredda, quando invece ne avrebbe avuto tutte le ragioni.

Solo una volta un esercito russo è penetrato in Italia: quand’era guidato dal generale Suvorov per combattere i napoleonici. Ci rimase tra aprile e settembre 1799, permettendo agli austriaci di riprendersi Milano e la Repubblica Cisalpina. Poi se ne tornò a casa.

L’imperialismo russo non è esistito neppure al tempo dello stalinismo. I sovietici avrebbero potuto tenersi tutta Berlino, visto ch’erano stati loro a liberarla dai nazisti. Invece accettarono di dividerla con USA, Francia e Regno Unito. Anche l’Austria fu liberata dall’Armata Rossa, però, siccome alle libere elezioni i comunisti persero, se ne andarono subito. Il Patto di Varsavia e il Comecon furono fatti con Paesi che avevano votato a favore dei comunisti. E quando hanno smesso di farlo, i sovietici se ne sono andati: i carri armati mandati in Ungheria nel 1956 e in Cecoslovacchia nel 1968 furono un errore. Non è possibile impedire con la forza a una popolazione di abbracciare il capitalismo. La Russia non può mettersi sullo stesso piano dell’occidente, che impedisce in tutte le maniere ai propri concittadini di abbracciare il socialismo democratico.

In Ucraina è intervenuta su richiesta dei russofoni del Donbass, che non volevano essere sterminati dai neonazisti di Kiev, e ci ha messo 8 anni prima di riconoscere ufficialmente le due repubbliche autonomiste. Non è intervenuta per impedire che l’Ucraina entrasse nella UE. Semmai perché non entrasse nella NATO. Ne ha abbastanza di essere circondata da basi militari così pericolose.

 

I conti della serva

 

Nel 2022 l’Italia ha speso l’1,51% del proprio PIL per la spesa militare. In termini assoluti parliamo di 28,75 miliardi di euro (circa 80 milioni al giorno). Rispetto al totale della spesa militare della NATO (circa 1.000 miliardi di dollari) contribuiamo per il 3%. È quanto afferma l’ultimo report annuale di Stoltenberg, che continua a chiedere di arrivare come minimo al 2% del PIL, perché non possiamo dare per scontata la nostra sicurezza. Come se in questo momento dovessimo affrontare un’invasione aliena che minaccia di distruggere l’intero genere umano.

In ogni caso l’attuale governo guerrafondaio, guidato dalla superwoman Meloni, ha promesso di arrivare al 2% entro quest’anno, assicurando che non verrà diminuita la percentuale del PIL per istruzione (3,9%), sanità (6,4%) e ricerca (1,5%). Peccato che queste percentuali sono già tra le più basse d’Europa tra i Paesi trainanti. Semmai avrebbe dovuto dire il contrario, visto che dice d’essere un’amante della patria.

No, lei ama i muscoli, e non può sopportare che il nostro Paese si collochi al di sotto della percentuale di spesa media dei membri NATO, che è dell’1,65% del PIL. Naturalmente fanno eccezione gli Stati Uniti, che per la spesa militare hanno raggiunto il 2,58% (ma in termini assoluti coprono una spesa del 70% sul totale, una spesa che poi recuperano vendendo armi a tutta l’Europa).

Con cifre così enormi è escluso a priori che la Russia possa vincere in Ucraina. Sarebbe un insulto nei confronti dei contribuenti.

Intanto la nostra spesa pubblica ha già sfondato il tetto dei 1.000 miliardi (1.085), di cui il 4% se ne va solo per pagare gli interessi sul debito: ciò corrisponde al 56,8% del PIL, mentre le entrate pubbliche sono state nel 2022 il 48,8% del PIL.

Si può continuare a spendere più di quello che si incassa? Nel mondo del commercio dopo un po’ si chiudono i battenti.

 

[23] Uscire dal vicolo cieco

 

Se ci pensiamo, Zelensky viene considerato dagli americani un eroe come Osama bin Laden, quando combatteva contro i sovietici. Poi però il pupazzo islamico, come in certi film horror, gli sfuggì di mano, assunse vita propria.

Lo farà anche Zelensky? Nel 2024 ci saranno negli USA le elezioni. Se il nuovo presidente dicesse che il conflitto russo-ucraino è di tipo regionale e che la NATO ha sbagliato a intromettersi, in quanto l’Ucraina non ne fa parte, come reagirebbe Zelensky? Fuggirebbe dal Paese o si rassegnerebbe a perdere il Donbass? Di sicuro non potrebbe continuare la guerra, poiché senza l’occidente non è in grado di farla. E se anche si dimettesse, la sua vita sarebbe in pericolo, poiché per non cedere il Donbass ha preteso milioni di profughi, centinaia di migliaia di morti, feriti e mutilati e la distruzione di gran parte della nazione. Il suo stesso popolo, i suoi seguaci, i suoi militari gliela farebbero pagare, poiché non gli perdonerebbero l’ingenuità d’essersi fidato dell’occidente, la totale mancanza di senso della realtà, il cinismo con cui ha voluto sacrificare cose e persone per un vanto personale, per sfoggiare un atteggiamento coraggioso, quando sarebbe bastato un minimo di diplomazia per risolvere il problema iniziale, quello del riconoscimento dell’autonomia alle due piccole repubbliche del Donbass.

La sua fortuna è che le cose si sono incancrenite così tanto che lo stesso occidente, nella sua interezza, si trova nella condizione di non saper cosa fare. Si è alzata così tanto l’asticella delle menzogne che tirarsi indietro è diventato impossibile. Sia lui che i suoi sostenitori sono morti che camminano.

Se si permette alla Russia di tenersi il Donbass, sarà come ammettere che l’intero occidente è militarmente più debole della Russia. Se il nuovo presidente americano dirà che quel conflitto doveva restare regionale, il governo di Kiev e l’intera Europa si sentiranno traditi e la NATO rischierà di sciogliersi. Non è più possibile far cadere la retorica del Paese aggredito e del Paese aggressore.

Per colpa degli americani noi europei ci siamo infilati in un vicolo cieco. L’unica speranza che abbiamo è che alla prossima offensiva militare i russi occupino Kiev e caccino il governo, ridando al Paese una sua dignità democratica. Dopodiché dovremo fare i conti tra di noi e tra noi e gli americani. Dovremo semplicemente trovare una risposta a questa drammatica domanda: visto che gli americani si sono liberati degli inglesi facendo una rivoluzione, perché gli europei non possono liberarsi degli americani con un’altra rivoluzione?

 

L’anomalia del Gruppo Wagner

Come noto il Gruppo Wagner è sostenuto ufficiosamente da Putin nella misura in cui questi contractor fanno gli interessi della Russia. Queste compagnie di mercenari (Wagner non è l’unico gruppo russo) si configurano come uno strumento d’influenza non ufficiale per Mosca in aree in cui può avere interessi geostrategici.

Se la Wagner non fosse sostenuta, Bakhmut non potrebbe essere attualmente controllata al 70-80% e tante altre località non avrebbero mai potuto essere prese. Che poi lo stato maggiore russo non possa accettare che l’esito positivo dell’operazione speciale possa dipendere da un’agenzia privata di miliziani, è evidente. Di qui gli screzi che di tanto in tanto appaiono.

Questo gruppo non ha più bisogno dei carcerati russi, in quanto le richieste di adesione provengono da tutto il mondo. Entro maggio avrà altri 30.000 volontari.

La capacità straordinaria della Wagner è dipesa non soltanto dalle guerre precedenti condotte dalla Russia in Cecenia, Georgia, Siria ecc., da cui sono venuti fuori i veterani che hanno poi generato questo gruppo. È dipesa anche dall’esperienza acquisita in Africa, e questo lo stato maggiore russo lo riconosce.

Però questa situazione non può andare avanti all’infinito. Le guerre oggi non possono essere fatte da compagnie di ventura o da associazioni di mercenari, neppure se si sentono particolarmente legate agli interessi della Russia, alla sua identità geopolitica. Anche perché tutto questo idealismo la Wagner finirà col perderlo nella misura in cui accetterà nei suoi ranghi volontari provenienti da tutto il mondo.

La figura di Yevgeny Prigozhin, l’oligarca russo noto come “lo chef di Putin”, perché in passato ha fornito i servizi di ristorazione e catering al Cremlino, sta diventando imbarazzante. Il fatto che questi contractor siano fenomenali sul piano militare, non giustifica la loro presenza in Ucraina come agenzia privata.

Questo non è più un conflitto regionale, come quelli che loro si trovano ad affrontare in Africa. Questa è diventata una guerra globale tra Occidente collettivo e Federazione Russa (sostenuta quest’ultima in maniera esplicita dalla Cina). Quindi delle due l’una: o lasciano che la situazione a Bakhmut venga gestita dall’esercito regolare, oppure accettano di inquadrarsi all’interno di questo esercito, fruendo di tutte le relative garanzie.

Non è possibile impedire ai propri militari di arrendersi, pretendendo il suicidio. Non è possibile offrire contratti economicamente molto generosi quando la posta in gioco, cioè l’esistenza stessa della Russia, è così alta che solo con l’intera popolazione la si può affrontare.

Si configurano come partigiani che combattono per la Russia? Bene, ma allora devono lasciarsi in qualche modo integrare nelle forze armate regolari: non possono dipendere da un oligarca privato che mantiene segrete le sue entrate finanziarie.

Peraltro in Russia, come in Italia e in molti altri Paesi, le attività militari “private” sono espressamente vietate dalla Costituzione.

 

L’arte di non vedere

 

Questa lotta epica tra democrazie e autocrazie – come viene fatto credere in Occidente – è ora diventata una minaccia multidimensionale, cioè militare, economica, geopolitica e strategica. Rispondere a una minaccia così grande richiede immani risorse all’interno degli Stati, ma anche solide alleanze con altri Paesi.

Le alleanze lasciamole perdere: gli USA sono fortunati che la UE è masochista, cioè gode nel farsi prendere a pesci in faccia. Questa non è un’alleanza ma un rapporto morboso di sudditanza.

Quanto alle risorse non sembra che gli USA siano messi proprio bene: tre banche fallite in una settimana, e non erano certo piccole; un debito pubblico colossale, che minaccia costantemente di mandare il Paese in default; un petrodollaro che fa acqua da tutte le parti; un’inflazione e un continuo rialzo dei tassi d’interesse senza precedenti; la decisione della Cina di non riconfermare l’acquisto dei titoli di stato americani; spese militari folli che mandano a picco i servizi sociali; una bilancia commerciale costantemente in passivo dagli anni ’90 (nel 2022 il disavanzo è stato di 67,4 miliardi di dollari). Questo immenso Paese è stato definito un catino di razzismo, misoginia, omofobia, xenofobia, fondamentalismo religioso, oscurantismo antiscientifico, ignoranza e con gravissime disuguaglianze economiche.

Oltre l’11% della popolazione vive con meno di 900 dollari al mese, e la metà di queste non ha entrate. Dorme in strada, in aree sempre più ampie ai confini delle città, vive di espedienti, muore per malattie altrove debellate. D’altra parte in nessuna città esistono affitti per abitazione inferiori ai 1.000 dollari al mese.

Qui la stragrande maggioranza dei senzatetto è costituita non da immigrati (come nella UE) ma da esponenti della borghesia, che per un qualche motivo (licenziamento, divorzio, infortunio sul lavoro, mancanza di sostegno pensionistico) sono stati estromessi dal sistema, perdendo di conseguenza ogni diritto di cittadinanza. Questo perché il diritto americano cerca (da sempre) di nascondere l’esistenza della povertà, anche se oramai un cittadino americano su tre, se non vive in strada, abita in una roulotte o in uno slum ai confini delle città. Più di 1/3 dei residenti nei rifugi per senzatetto si droga o è alcolizzato. Chi si droga viene espulso dai programmi di welfare, non ha più diritto a una casa, non ha diritto ai pasti gratuiti, viene incarcerato e gli vengono portati via i figli.

Nel Paese in cui vive il 41% dei ricchi del pianeta, 105 milioni di persone fan fatica a far fronte ai bisogni più elementari.


Conclusione

 

 

 

L’unica conclusione possibile riguarda la fine della guerra, ma a condizione che vinca la Russia, cioè che sia lei a porre le condizioni della pace.

Quando il 24 febbraio 2022 scoppiò il conflitto, le trattative potevano essere paritetiche: sarebbe stato sufficiente riconoscere le due piccole repubbliche del Donbass, rinunciare all’ingresso nella NATO e tornare a votare liberamente. Dopodiché si sarebbero firmati nuovi Accordi di Minsk e le truppe russe se ne sarebbero tornate a casa.

Oggi tutto questo non ha più senso. L’operazione speciale inaugurata da Putin si è trasformata in una guerra per procura da parte della NATO, quindi la guerra è in realtà tra la Federazione Russa e l’Occidente collettivo. Ed è diventata una guerra che i russi definiscono “esistenziale”, cioè tale per cui una sconfitta è inammissibile, in quanto la vittoria della NATO comporterebbe lo smembramento immediato della Federazione.

Kiev quindi non ha altra speranza per sopravvivere in maniera dignitosa che la resa incondizionata. In caso contrario il Paese verrà completamente distrutto e occupato dai russi, che lo ricostruiranno secondo i loro tempi e modi. Nessun Paese limitrofo potrà rivendicare parti di territorio dell’Ucraina al fine di tutelare le minoranze etniche ivi presenti, a meno che non sia Mosca a concedere questo privilegio. E siccome gli Stati confinanti alla nuova Ucraina russificata fanno tutti parte della NATO, ad esclusione della Moldavia (e ovviamente della Bielorussia), il cui governo però conta di unirsi alla Romania per potervi aderire, dobbiamo aspettarci che la Russia posizionerà i propri missili nucleari, in direzione dei Paesi potenzialmente ostili: Polonia, Baltici, Romania, Bulgaria, Cekia e Slovacchia. Un rapporto privilegiato continuerà ad esistere con l’Ungheria, il cui presidente ha rifiutato di porre sanzioni alla Russia e di favorire l’armamento dell’Ucraina.

 


Bibliografia su Amazon

 

 

Attualità:

La linea rossa (dicembre 2022-marzo 2023)

Multipolare 2022 (luglio-dicembre 2022)

La guerra totale (maggio-giugno 2022)

Il signore del gas (aprile-maggio 2022)

La truffa ucraina (gennaio-marzo 2022)

Diario di Facebook (2017-2020)

Diario di Facebook (gen-mar 2021)

Diario di Facebook (apr-dic 2021)

Memorie:

Sopravvissuto. Memorie di un ex

Grido ad Manghinot. Politica e Turismo a Riccione (1859-1967)

Storia:

L’impero romano. I. Dalla monarchia alla repubblica

L’impero romano: II. Dalla repubblica al principato

Homo primitivus. Le ultime tracce di socialismo

Cristianesimo medievale

Dal feudalesimo all’umanesimo. Quadro storico-culturale di una transizione

Protagonisti dell’Umanesimo e del Rinascimento

Storia dell’Inghilterra. Dai Normanni alla rivoluzione inglese

Scoperta e conquista dell’America

Storia della Spagna

Il potere dei senzadio. Rivoluzione francese e questione religiosa

Cenni di storiografia

Herbis non verbis. Introduzione alla fitoterapia

Arte:

Arte da amare

La svolta di Giotto. La nascita borghese dell’arte moderna

Letteratura-Linguaggi:

Letterati italiani

Letterati stranieri

Pagine di letteratura

Pazìnzia e distèin in Walter Galli

Dante laico e cattolico

Grammatica e Scrittura. Dalle astrazioni dei manuali scolastici alla scrittura creativa

Contro Ulisse

Poesie:

Nato vecchio; La fine; Prof e Stud; Natura; Poesie in strada; Esistenza in vita; Un amore sognato

Filosofia:

La filosofia ingenua

Laicismo medievale

Ideologia della chiesa latina

l’impossibile Nietzsche

Da Cartesio a Rousseau

Rousseau e l’arcantropia

Il Trattato di Wittgenstein

Preve disincantato

Critica laica

Le ragioni della laicità

Che cos’è la coscienza? Pagine di diario

Che cos’è la verità? Pagine di diario

Scienza e Natura. Per un’apologia della materia

Spazio e Tempo: nei filosofi e nella vita quotidiana

La scienza nel Seicento

Linguaggio e comunicazione

Interviste e Dialoghi

Antropologia:

La scienza del colonialismo. Critica dell’antropologia culturale

Ribaltare i miti: miti e fiabe destrutturati

Economia:

Esegeti di Marx

Maledetto capitale

Marx economista

Il meglio di Marx

Etica ed economia. Per una teoria dell’umanesimo laico

Le teorie economiche di Giuseppe Mazzini

Politica:

Lenin e la guerra imperialista

L’idealista Gorbaciov. Le forme del socialismo democratico

Il grande Lenin

Cinico Engels. Oltre l’Anti-Dühring

L’aquila Rosa. Critica della Luxemburg

Società ecologica e democrazia diretta

Stato di diritto e ideologia della violenza

Democrazia socialista e terzomondiale

La dittatura della democrazia. Come uscire dal sistema

Dialogo a distanza sui massimi sistemi

Diritto:

Siae contro Homolaicus

Diritto laico

Psicologia:

Psicologia generale

La colpa originaria. Analisi della caduta

In principio era il due

Sesso e amore

Didattica:

Per una riforma della scuola

Zetesis. Dalle conoscenze e abilità alle competenze nella didattica della storia

Ateismo:

Cristo in Facebook

Diario su Cristo

Studi laici sull’Antico Testamento

L’Apocalisse di Giovanni

Johannes. Il discepolo anonimo, prediletto e tradito

Pescatori di uomini. Le mistificazioni nel vangelo di Marco

Contro Luca. Moralismo e opportunismo nel terzo vangelo

Metodologia dell’esegesi laica. Per una quarta ricerca

Protagonisti dell’esegesi laica. Per una quarta ricerca

Ombra delle cose future. Esegesi laica delle lettere paoline

Umano e Politico. Biografia demistificata del Cristo

Le diatribe del Cristo. Veri e falsi problemi nei vangeli

Ateo e sovversivo. I lati oscuri della mistificazione cristologica

Risorto o Scomparso? Dal giudizio di fatto a quello di valore

Cristianesimo primitivo. Dalle origini alla svolta costantiniana

Guarigioni e Parabole: fatti improbabili e parole ambigue

Gli apostoli traditori. Sviluppi del Cristo impolitico


Indice

 

Premessa...................................................................................... 5

Dicembre......................................................................................... 7

[11] Il tempo dei cow boy........................................................... 7

La Segre scatenata....................................................................... 8

La sanità costruita da Formigoni................................................. 8

Imminente guerra in Kosovo....................................................... 8

Una bomba sulla credibilità della UE.......................................... 9

[12] News inutili e tutte uguali.................................................... 9

Se lo dice BlackRock…............................................................... 9

Un esorcismo culturale.............................................................. 10

Gli interessi di Soros................................................................. 11

[13] Cina pro Palestina.............................................................. 11

Post-Bucha, ciak si gira............................................................. 12

Prossima guerra in Kosovo........................................................ 12

Miliardi di euro come noccioline.............................................. 13

Sprovveduti al 100%................................................................. 13

Disastro ambientale taciuto....................................................... 13

[14] Una guerra valutaria........................................................... 14

La democrazia fittizia del denaro virtuale................................. 15

Italiani sempre più poveri.......................................................... 16

[15] Analisi militare del fronte ucraino..................................... 16

Alla follia nessun limite............................................................. 17

[16] Furore................................................................................. 17

[17] Il giocattolo si è usurato..................................................... 18

Non possiamo dirlo, ma abbiamo bisogno della Russia............ 19

Staccare la spina........................................................................ 19

La sorprendente Turchia............................................................ 20

Accoppiata vincente.................................................................. 20

[18] Solo questione di tempo..................................................... 21

Il WEF a Davos il prossimo 16 gennaio.................................... 22

Inflazione a due cifre in 18 Paesi UE secondo Eurostat............ 23

Nel mondo 50 Paesi filonazisti.................................................. 24

[19] Campane a morto............................................................... 24

Lockdown perpetuo................................................................... 25

[20] La fine di un mito............................................................... 25

Prossimo scontro Russia-Polonia?............................................ 26

[21] Quale Grande Reset?......................................................... 27

Sul sesso non si scherza............................................................. 28

Il più pulito ha la rogna............................................................. 29

Qualcuno ogni tanto s’accorge….............................................. 29

[22] Cina e USA sul ring dei microchip.................................... 30

Uteri in affitto............................................................................ 31

Zelensky ha parlato (a vanvera)................................................ 32

[23] Operazioni Odessa (al plurale).......................................... 33

Tragica infanzia......................................................................... 35

Se non stai attento, ti espianto tutto........................................... 36

Organi di minori espiantati........................................................ 37

[24] Il lobbismo nella UE.......................................................... 37

Basta la proposta di Orbán?....................................................... 39

Ce l’hanno con Panagiotis Dimitras.......................................... 40

[25] Che brutta bestia l’ideologia!............................................. 41

Sottovalutazione del nemico..................................................... 42

L’occidente tagliato fuori.......................................................... 42

Patriot poco patrioti................................................................... 42

[26] Lobbismo e democrazia formale....................................... 43

Bastano le armi per vincere?..................................................... 44

[27] Misteri dell’ideologia......................................................... 45

L’Africa si è stufata di noi......................................................... 46

Ma il Qatar lo conosciamo?....................................................... 47

[28] Pillole................................................................................. 48

[29] Non c’è futuro per l’Ucraina.............................................. 50

Previsioni di Dmitry Medvedev per il 2023.............................. 50

Un governo miope..................................................................... 52

Dal Qatar all’Arabia Saudita..................................................... 53

L’uso delle rupie è convincente................................................. 54

[30] Fino a che punto le guerre possono essere ibride?............ 54

Polacchi in fuga......................................................................... 55

[31] Il Cognitive Warfare per il Dominio Umano..................... 55

Hollande ipocrita come la Merkel............................................. 57

In Polonia si preparano alla guerra............................................ 57

Gennaio.......................................................................................... 60

[1] Augurio per il nuovo anno................................................... 60

[2] Il livello di eticità di Zelensky............................................. 60

Vincere l’inflazione con la recessione?..................................... 61

Colpi di stato o rivoluzioni?...................................................... 61

Il contante conta........................................................................ 62

Roberta ascoltami, diceva la canzone........................................ 62

Fare la cresta.............................................................................. 62

[3] Un bagno di umiltà.............................................................. 63

Una vittoria non una trattativa................................................... 64

Tucker Carlson ha ragione......................................................... 65

Odessa va presa......................................................................... 65

[4] Una lezione storica............................................................... 66

Sdoganare il neonazismo........................................................... 67

[5] Pagamento per gas russo in euro e rubli.............................. 68

Quei maledetti cellulari............................................................. 69

Twitter antirussa?...................................................................... 69

Maduro non ci piace.................................................................. 70

Tempi duri per la fauna selvatica.............................................. 70

[6] La guerra si deve spostare.................................................... 70

Israele alla frutta........................................................................ 72

Oltre al danno la beffa............................................................... 72

La mancanza di fiducia porterà alla catastrofe.......................... 73

[7] L’occidente ama le bombe biologiche................................. 73

Fauci nelle fauci dei repubblicani............................................. 74

Se in Ucraina è impossibile, andiamo altrove........................... 75

[8] Riassunto delle puntate precedenti...................................... 75

Si vis pacem para bellum........................................................... 77

Facebook ante e post................................................................. 78

[9] Presidenzialismo e federalismo........................................... 78

Propaganda a senso unico.......................................................... 79

Manca poco............................................................................... 79

Tentativo di golpe in Brasile..................................................... 80

[10] Etica farlocca..................................................................... 80

Non arrendersi è da criminali.................................................... 81

Mine antiuomo italiane.............................................................. 82

Cambia tutto coi BRICS............................................................ 82

[11] Siamo un virus letale.......................................................... 83

Al tempo dei Romani…............................................................. 84

L’occhio lungo di Patrushev...................................................... 85

Se volete salvare la pelle.…...................................................... 85

[12] L’antioccidentale Patrushev............................................... 86

Dove va la Cina?....................................................................... 88

Bella fregatura del doppio passaporto....................................... 89

Sorci verdi per Orbán................................................................ 89

[13] Patrushev sulla guerra in Ucraina...................................... 90

Per continuarla bisogna prima finirla........................................ 91

I falchi in Russia........................................................................ 93

Fermiamo la russofollia............................................................. 93

[14] La Russa contro la Russia.................................................. 94

Riscrivere l’art. 52 della Costituzione....................................... 95

[15] Patrushev sull’occidente.................................................... 96

Spreconi e disarmati.................................................................. 97

Realismo e fanatismo europeo................................................... 98

Venezia e Trieste nuovi porti dell’Ucraina............................... 98

Nessuno può opporsi alla propaganda....................................... 99

Dante di destra?....................................................................... 100

[16] La NATO è quasi pronta.................................................. 101

Matrimonio d’interesse tra yankee e polacchi......................... 101

Le ambiguità del governo turco............................................... 102

Zelensky padrone del mondo................................................... 103

Odio al posto della ragione...................................................... 103

In prestito non gratis................................................................ 104

Silenzio, il nemico ti ascolta.................................................... 104

[17] La libertà è partecipazione............................................... 104

Sono possibili osservatori imparziali?..................................... 105

Scenario catastrofico............................................................... 106

[18] Non era meglio limitarsi a fare il nonno?........................ 107

Strabica ed egocentrica............................................................ 108

Perché continuare a prendersi in giro?.................................... 110

[19] Una sola parola: vincere!................................................. 110

Yankeeland allo sbando........................................................... 111

Madonna sotto inchiesta.......................................................... 112

[20] Possiamo ragionare pacificamente?................................. 112

Astenersi è possibile in Europa............................................... 113

Misure straordinarie per evitare il default............................... 114

[21] Dalla guerra regionale a quella totale.............................. 115

In attesa del D-Day.................................................................. 116

[22] Stati Uniti e Unione Europea alle corde.......................... 117

Una bolla di sapone................................................................. 118

La società dei valori al contrario............................................. 119

Soldati drogati come in Vietnam............................................. 120

Le ridicolaggini di Facebook................................................... 120

Prime spaccature nella NATO................................................. 120

[23] Quella è un’altra civiltà................................................... 121

Non sono molte le alternative.................................................. 122

[24] Siamo un branco di ipocriti.............................................. 124

L’età della pietra...................................................................... 125

Piume di struzzo...................................................................... 126

Mai dipendere da un’unica fonte............................................. 127

Il mondo rovesciato di Stoltenberg......................................... 127

[25] Un nuovo modo di combattere......................................... 128

Quando una cosa è finita, è finita............................................ 128

[26] Una catena al collo........................................................... 129

La morte congelata.................................................................. 130

Occhi e orecchie...................................................................... 131

Si comincia con una guerra sporca.......................................... 132

La Polonia batte cassa............................................................. 132

[27] Linee rosse ed economie di guerra.................................. 133

W la Russia asiatica................................................................. 133

I Rockefeller han rotto............................................................. 134

Non li sopporto più.................................................................. 134

[28] Vogliamo autodeterminarci............................................. 134

Mea maxima culpa.................................................................. 135

Siamo incompatibili su tutti i fronti........................................ 137

Coraggio, bisogna attrezzarsi.................................................. 138

Davide e Golia......................................................................... 139

[29] Fatti con lo stampino........................................................ 139

Nuova battaglia di Kursk?....................................................... 140

Cinghiali e funghi.................................................................... 141

[30] La musica è cambiata....................................................... 142

Noi e loro................................................................................. 143

Questioni di titanio.................................................................. 145

[31] Un maggiore aiuto non guasterebbe................................ 145

La Russia vince anche in Africa.............................................. 146

Febbraio....................................................................................... 147

[1] Un modo diverso di fare la guerra..................................... 147

A che pro armarsi?................................................................... 148

L’inutilità delle armi................................................................ 149

Razov il saggio........................................................................ 149

[2] Denaro, sterco del demonio............................................... 151

Occidente cannibale................................................................. 152

Catilina, la pazienza ha un limite............................................ 152

Servo del popolo o un popolo servo?...................................... 153

Una guerra persa in partenza................................................... 154

[3] O ci si ridimensiona o si perde........................................... 155

Quoque tu, Brute, fili mi.......................................................... 156

Commemorare i migliori......................................................... 156

Non è la bambolina di Polnareff.............................................. 157

Golub non Colombo................................................................ 157

Insetti e allergie....................................................................... 157

Dalle cose finte a quelle nocive............................................... 158

[4] Siamo sempre in guerra..................................................... 158

Prendere atto dei tempi cambiati............................................. 160

Come uscire dalla storia?......................................................... 161

[5] Né armi né riforme............................................................. 162

Addio sogni di gloria............................................................... 163

La mia Russia.......................................................................... 163

La repubblica autonomista del lombardo-veneto.................... 164

[6] Chi è il Colosso di Rodi?................................................... 165

Una nuova Operazione Barbarossa?........................................ 166

La Cina si schiera.................................................................... 167

[7] Storia degli Stati Uniti....................................................... 168

Prendere atto di processi storici............................................... 169

Cifre allarmanti di una sconfitta inevitabile............................ 169

Can che abbaia non morde...................................................... 170

[8] L’ora delle decisioni irrevocabili....................................... 170

Corporate America quasi al collasso....................................... 171

Così, papale papale.................................................................. 172

[9] Un affarone per USA e Norvegia...................................... 172

Resa dei conti.......................................................................... 173

Bergamo e Brescia capitali di quale cultura?.......................... 173

[10] Anche se vince, noi continueremo a perdere................... 174

La cultura americana è pericolosa........................................... 175

Fuori dai denti.......................................................................... 176

Trucchetti da furbetti............................................................... 177

Altro governo che crolla.......................................................... 178

Complimenti per la mira e per il cinismo................................ 178

[11] Ricostruire i ponti............................................................ 178

Il malloppo non si trova........................................................... 179

Arrestato Marat Kasem............................................................ 180

Gli USA perdono persino nelle simulazioni............................ 180

[12] Pagliacciate tra statisti..................................................... 180

Come sonnambuli verso un precipizio.................................... 181

Smembrare la Federazione Russa............................................ 182

Cosa vuol dire essere dei pupazzi?.......................................... 182

Yankeeland beffa la UE........................................................... 183

Amadeus antidemocratico....................................................... 183

Chi ha fatto saltare i negoziati?............................................... 184

Dimettersi insieme................................................................... 185

La droga pesante fa molto male.............................................. 185

[13] Una sinistra inconsistente................................................ 186

Che cos’è la shock therapy?.................................................... 186

Non c’è scelta.......................................................................... 187

Ci manca l’abitudine................................................................ 188

C’è molta differenza tra nazionalismo e neonazismo?............ 189

La disperazione fa sragionare.................................................. 189

Un parlamento da rifare........................................................... 190

Berlusconi critica Meloni........................................................ 191

Pronti, via!............................................................................... 191

[14] Scenario realistico? Dipende........................................... 191

L’Italia è un Paese servile?...................................................... 192

Senza satelliti la guerra finisce................................................ 193

Stoltenberg e la scoperta dell’acqua calda.............................. 193

Che sia la volta buona?............................................................ 194

[15] Per chi suona la campana?............................................... 194

Step by step verso la catastrofe............................................... 195

La Siria deve morire................................................................ 196

Bene e male nei film americani............................................... 197

Anche i poeti fanno paura........................................................ 198

[16] Alziamo la testa............................................................... 198

Battaglia per Bakhmut............................................................. 199

Qui ci vuole la psicanalisi........................................................ 200

Open censura l’Antidiplomatico.............................................. 200

Lo sdoganamento della mafia nei film americani................... 201

[17] Un punto di partenza? Mica tanto.................................... 202

Ha senso l’esclusività storica?................................................. 203

Superare l’ONU....................................................................... 204

Zaluzhny il corrotto................................................................. 205

[18] Mors tua vita mea............................................................ 206

Basta con le pagliacciate......................................................... 207

Beato inverno nucleare............................................................ 208

Montagna d’orgoglio............................................................... 208

[19] Kuleba analfabeta?........................................................... 209

Una serpe in seno..................................................................... 210

Dal globalismo deregolato al protezionismo........................... 210

La povertà della cultura americana......................................... 211

La rivoluzione nel piatto.......................................................... 212

[20] La fine della democrazia rappresentativa........................ 213

Perché si parla di “occidente collettivo”?................................ 214

Il nucleare russo non si tocca................................................... 215

Situazione delle carceri americane.......................................... 216

Macron ignora e straparla........................................................ 218

[21] I limiti della NATO.......................................................... 218

Militarizzare le coscienze........................................................ 219

Per la prima volta fuori dai denti............................................. 220

Biden come Nixon?................................................................. 221

[22] La verità è un lusso.......................................................... 221

Giornalismo sotto tutela a Kiev............................................... 222

Avevano il socialismo e non se n’erano accorti...................... 223

[23] Il discorso di Putin........................................................... 223

Quel poveretto di Biden........................................................... 224

La Russia non è aggressiva...................................................... 225

Il trattato START-3 non è una vacca sacra............................. 225

Qualcuno dice che…............................................................... 226

[24] Cinesi anime belle............................................................ 227

Manca qualcosa di fondamentale............................................ 228

[25] Come concludere questa guerra?..................................... 229

Sì, le guerre possono anche finire............................................ 230

Le conseguenze dell’interdipendenza..................................... 231

Prossima nuova provocazione................................................. 232

[26] La proposta di Allison...................................................... 233

Il nuovo ruolo della NATO..................................................... 234

Siamo autolesionisti................................................................. 234

Un punto a favore degli USA.................................................. 235

[27] La retorica della non violenza.......................................... 236

Non avremo nulla e saremo felici............................................ 237

I costi della democrazia........................................................... 239

[28] Non è più questione di ignoranza.................................... 240

Persino negli USA se ne sono accorti...................................... 241

Separati in casa........................................................................ 241

Bakhmut sta per crollare.......................................................... 242

Due modi diversi di produrre.................................................. 243

Marzo........................................................................................... 244

[1] Qualcuno dovrà pur pagare................................................ 244

Siamo in una guerra già mondiale........................................... 245

La pace tra Serbia e Kosovo è possibile?................................ 246

Una UE davvero ipocrita......................................................... 246

Kosovo surreale....................................................................... 247

Sinistra per modo di dire......................................................... 247

[2] Il ruolo meschino della Germania...................................... 247

La legge del karma.................................................................. 248

Che nullità Scholz!.................................................................. 249

Una questione etica.................................................................. 250

[3] Liberarsi di un peso............................................................ 251

Fascismo planetario................................................................. 253

Siamo diversi ma ci capiamo................................................... 254

[4] Il potere logora chi ce l’ha................................................. 255

Asia for ever............................................................................ 256

L’ultima tromba dell’apocalisse.............................................. 257

Dati imprecisi.......................................................................... 258

[5] La Russia ha paura della NATO?...................................... 258

La paura è giustificata............................................................. 259

La guerra non è un gioco......................................................... 260

[6] Codici e paradigmi mutati................................................. 261

Se ci ridimensioniamo, forse ce la caveremo.......................... 262

NATO vergognosamente impunita.......................................... 263

Un tumore maligno.................................................................. 264

[7] La legge del contrappasso.................................................. 264

Perderanno comunque............................................................. 265

Falsità a gogò........................................................................... 266

[8] Toro e matador................................................................... 266

Un nuovo Donbass in Moldavia.............................................. 267

Non c’è solo la Transnistria..................................................... 268

Insegnante russa o danese?...................................................... 269

[9] Georgia, non di Ray Charles.............................................. 269

Un Donbass anche negli States................................................ 271

A volte mi chiedo…................................................................ 272

Cosa ci resta da fare?............................................................... 272

[10] Colombe e serpenti.......................................................... 272

Cina discepola della Russia..................................................... 273

Natura e capitale sono incompatibili....................................... 274

Profezie inaspettate.................................................................. 275

[11] Scenario ipotetico............................................................ 275

Un timore fondato.................................................................... 277

Una volta non era male............................................................ 278

[12] Più che a terra nei cieli..................................................... 279

Che bel partenariato!............................................................... 280

Valichi di frontiera ultima spiaggia......................................... 281

Tutti gli agenti stranieri in Georgia......................................... 282

[13] Margherite e papaveri...................................................... 283

Dio li fa e poi li accoppia........................................................ 283

Bastava prendere esempio da noi............................................ 284

Anzitutto chiudere la bocca ai giornalisti................................ 285

Contro il miliardo d’oro........................................................... 285

[14] Un aspetto tragicomico.................................................... 286

Quell’ipocrita di Borrell.......................................................... 286

Zakharova mon amour............................................................. 287

[15] Una guerra di civiltà........................................................ 288

Non basta il minimo................................................................ 290

Son soltanto parole.................................................................. 290

Come loro o meglio di loro?.................................................... 291

L’inutilità dell’ONU................................................................ 291

Povero Crosetto, che non sa quel che dice.............................. 292

[16] Si può criticare il proprio esercito in tempo di guerra?... 293

Mattarella dovrebbe dimettersi................................................ 294

Le regole della Wagner........................................................... 294

[17] La NATO è pronta........................................................... 295

Il dopo giustifica il prima?...................................................... 296

La funzione dell’ONU............................................................. 302

Dov’è la fonte dei nostri problemi?......................................... 303

L’importanza dell’istruzione................................................... 304

[18] La finestra sul cortile....................................................... 305

Gli americani come Tommaso................................................ 306

Governati da incapaci.............................................................. 307

[19] Pensiamo al dopo............................................................. 307

Vetero marxisti intrappolati nelle loro idee............................. 308

Una nuova Norimberga........................................................... 309

Corti circuiti cerebrali............................................................. 310

[20] La resa dei conti............................................................... 311

I limiti dell’etica...................................................................... 312

Azione e reazione.................................................................... 313

Troppo grandi per fallire?........................................................ 314

[21] L’ipocrisia pesa come un macigno.................................. 315

La terza è imminente, ma evitiamo la quarta.......................... 316

Di un’eccezione la regola........................................................ 316

Chi è Yuri Podolyaka?............................................................. 317

Una gara orrenda..................................................................... 319

[22] Aria fritta.......................................................................... 320

Di quale imperialismo parliamo?............................................ 321

I conti della serva..................................................................... 322

[23] Uscire dal vicolo cieco..................................................... 322

L’anomalia del Gruppo Wagner.............................................. 323

L’arte di non vedere................................................................. 325

Conclusione............................................................................. 327

Bibliografia su Amazon........................................................... 328

 

 



[1] “Open” è stato fondato da Mentana alla fine del 2018, ma a gennaio 2023 il nuovo direttore è Franco Bechis.

[2] Da notare che anche il pilota americano dell’areo spia U-2, in piena guerra fredda, era tenuto a suicidarsi se la missione fosse andata male, ma lui non lo fece.

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