https://t.me/multipolare

Edizione marzo-giugno 2023

Pubblicizza questo libro come credi, anche facendone oggetto di commercio, ma se lo modifichi non attribuire a me cose che non ho mai detto, a meno che tu non pensi di contribuire alla causa di un socialismo davvero democratico.

MIKOS TARSIS

LA RESA

marzo-giugno 2023

Non troverai mai la verità

se non sei disposto ad accettare anche ciò che non ti aspettavi.

Eraclito

Amazon

Nato a Milano nel 1954, laureatosi a Bologna in Filosofia nel 1977,

già docente di storia e filosofia, Mikos Tarsis (alias di Enrico Galavotti) si è interessato per tutta la vita a due principali argomenti:

Umanesimo Laico e Socialismo Democratico, che ha trattato in www.homolaicus.com

Per contattarlo:

info@homolaicus.com

Sue pubblicazioni su Amazon.it

Premessa

Ormai mi sono rassegnato a dover continuare a scrivere libri su questa guerra, che non è più regionale ma mondiale, non è più tra Russia e Ucraina, ma tra Federazione Russa (sostenuta dalla Cina, dai BRICS e da tanti altri Paesi che si rifiutano di sanzionarla) e “Occidente collettivo”, così come lo chiama la dirigenza russa.

Questa di “Occidente collettivo” è una definizione curiosa, senza precedenti storici. Probabilmente l’hanno elaborata dopo aver visto che l’Unione Europea era completamente piegata ai voleri degli USA, che si servono della NATO per sottometterla, considerandola, in un certo senso, come una loro “colonia” o una longa manus. Nel Medioevo era il papato a considerare così gli imperatori. Nel secondo dopoguerra è stato il Vaticano a utilizzare in questi termini la Democrazia cristiana, composta nella sostanza da fascisti pentiti o moderati, più che altro perché cattolici convinti, non finti come i fascisti del ventennio, e sempre comunque propensi a ruminare nel recinto molto stretto dell’anticomunismo.

Quando non si obbedisce al diktat di chi comanda, scattano sanzioni, minacce di vario tipo, intimidazioni, secondo lo stile mafioso. Nel Medioevo si minacciavano scomuniche, crociate, accuse di eresia, denunce all’Inquisizione: alla fine si rischiava di finire sul rogo. È cambiata solo l’ideologia, che da religiosa si è laicizzata, e da clericale si è imborghesita, e naturalmente sono cambiati i mezzi che si usano, in quanto siamo tutti figli della rivoluzione industriale. I metodi però sembrano essere gli stessi, tutti dominati da una grandissima ipocrisia e da una sconfinata megalomania.

Questo è il sesto libro che scrivo sulla guerra e l’ho intitolato così, sperando davvero che sia l’ultimo.

 


Marzo

 

 

 

[24] Ucraina e uranio impoverito

 

Quel pazzo scatenato di Zelensky non vede l’ora di ricevere armi all’uranio impoverito da quella pazza scatenata chiamata NATO per sconfiggere i moderni carri armati e veicoli corazzati dei russi. Prima di essere costretto alla resa incondizionata, vuole lasciare un segno di sé. Si comporta come quegli animali che marcano il territorio per far vedere che sono passati di lì.

In realtà della sua nazione non gli importa nulla. Non gli importa che l’Ucraina sia uno dei più importanti Paesi produttori ed esportatori di cereali e semi oleosi, tra cui mais, grano, orzo, olio di semi di girasole ecc., e che con l’uso dell’uranio impoverito avrà un ambiente altamente inquinato per un tempo indefinito. Il disastro di Chernobyl, che ha sconvolto duramente questo Paese e che ancora oggi fa sentire i suoi effetti, non gli basta. Vuole di più. Ormai è diventata una questione di orgoglio personale. Probabilmente si sta chiedendo: “perché se per la NATO perdere è assurdo, non deve esserlo anche per me?”.

Ecco perché la prossima controffensiva vuole che faccia il più male possibile, e l’uranio impoverito, in assenza di una esplicita guerra mondiale nucleare, è l’arma migliore. Con quella può colpire tutto il Donbass in mano ai russi, senza fare distinzioni tra civili e militari. Tanto sa benissimo che dopo il Regno Unito anche gli Stati Uniti e la Germania forniranno proiettili di questo genere, e alla fine ne avrà quanti ne vuole.

Se poi ci fossero anche delle armi batteriologiche sarebbe anche meglio. In fondo l’Ucraina è piena di biolaboratori americani. Se i russi vorranno tenersi una parte del Donbass, se lo terranno in condizioni disastrose, quasi inabitabili.

Non sa questo povero essere privo di alcuna moralità che i russi, appena vedranno d’essere colpiti da un solo proiettile del genere, smetteranno di fare differenza tra guerra convenzionale e guerra nucleare. Lo sanno già che i carri armati Leopard 2, così come i BMP Bradley e Marder e l’M1 Abrams, sono armati con proiettili perforanti sub-calibro con nucleo all’uranio. Sanno già che le particelle radioattive di uranio impoverito che vengono rilasciate nell’aria possono percorrere più di 40 km dopo ogni sparo e raggiungere facilmente le vie respiratorie, con un tempo di dimezzamento di 4.468e+9 anni, cioè circa 4.468.000.000 di anni, che è poco meno il tempo che ha impiegato il nostro pianeta a formarsi. L’uranio impoverito è uno degli elementi più pesanti della Terra.

Ora devono solo decidere se far scomparire Kiev dalla faccia di questo disgraziato pianeta prima che possano usare armi così pericolose, o se attendere ancora che all’interno di quel governo di sciagurati o dello stato maggiore o di quel parlamento fatiscente vi sia qualcuno con un briciolo di senno che faccia sentire, chiara e forte, la sua voce.

 

ONU e uranio impoverito

 

L’anno scorso l’Assemblea Generale dell’ONU ha approvato una bozza di risoluzione indonesiana che esprimeva preoccupazione per i “rischi per la salute e l’impatto ambientale” dell’uranio impoverito e chiedeva un “approccio cauto” al suo utilizzo. Ridicola la definizione di “approccio cauto” e la parola “rischi”, visto quello che Serbia e Iraq hanno già subìto. Ma piuttosto che niente è meglio piuttosto. Da quell’ente inutile chiamato ONU non ci si può aspettare di più, benché già nel maggio 1999 si fosse accorto che nella Guerra del Golfo questo tipo di munizioni, essendo scorie nucleari, erano risultate estremamente pericolose e dannose.

In ogni caso, pur al cospetto di una risoluzione così morbida, vi sono stati 5 Paesi contrari: Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Israele e Liberia e 23 astenuti. I 4 mostri possiamo capirli, ma la Liberia che interesse ha a usare questo materiale? Nessuno. Evidentemente il suo voto è stato comprato dagli USA, che già monopolizzano quasi tutte le sue attività industriali ed estrattive. In fondo è un Paese che ha un bisogno disperato di soldi: due guerre civili (1989-96 e 1999-2003) hanno reso profughi centinaia di migliaia di cittadini e hanno distrutto l’economia, pur essendo un paradiso fiscale per eccellenza.

Qui gli Stati non fanno a gara a chi smantella per primo il proprio nucleare, ma a chi lo usa per primo per poter avere un vantaggio significativo sull’avversario.

 

NATO e uranio impoverito

 

15 tonnellate di uranio impoverito furono scaricate sulla Jugoslavia per oltre due mesi da 13 Paesi della NATO durante la loro aggressione militare nel 1999: una quantità sufficiente per produrre 170 bombe atomiche. Naturalmente furono prese di mira aree residenziali e fabbriche, compresi gli impianti chimici. Sappiamo come la NATO si comporta.[1] Ancora oggi i tassi di cancro infantile in Serbia sono due volte più alti che nel resto d’Europa.

A Bill Clinton non è mai arrivato un avviso di comparizione in un tribunale penale internazionale, e neppure a Tony Blair e Gerhard Schröder. Ricordiamo pure i nomi di tutti i comandanti militari, perché anche loro dovrebbero essere processati (o avrebbero dovuto esserlo): Wesley Clark, Rupert Smith, Javier Solana, Hugh Shelton, Rudolf Scharping e Salvatore Farina, oggi tutti in pensione a godersi il frutto del loro “lavoro”. E comunque anche se fossero morti, si potrebbero sempre processare, magari per una semplice condanna morale. Nel Medioevo arrivarono addirittura a riesumare il corpo di papa Formoso (891-96) e lo condannarono per sacrilegio al cosiddetto “Sinodo del cadavere”.

Il fatto è che la NATO, che mai ammette i propri errori, continua a definire il bombardamento di Belgrado un “passo necessario e legittimo”. Perché poi con l’uranio impoverito non l’ha mai spiegato.

In Iraq questa sostanza ha creato gli stessi problemi. Anche peggio. Infatti dopo due guerre i tassi di aborto, difetti congeniti, leucemia e cancro sono saliti alle stelle. Persino molti soldati statunitensi e della NATO che hanno partecipato alla guerra hanno sofferto di malattie correlate e sono anche morti a causa di queste malattie. In Italia ne sappiamo qualcosa.

Da un punto di vista umanitario l’uso dell’uranio impoverito è un atto altamente immorale. Eppure ancora oggi il Regno Unito si comporta come se fosse una cosa ovvia. Infatti la vice segretaria alla Difesa, Annabel Goldie (autentica guerrafondaia), ha annunciato che Londra fornirà al regime di Kiev munizioni all’uranio impoverito come parte del prossimo pacchetto di aiuti, che includerà i carri armati Challenger 2. Questo entro fine marzo. Solo per aver fatto una dichiarazione così irresponsabile la Goldie dovrebbe essere inquisita.

La NATO non sa cosa sia l’etica né il diritto internazionale. Non conosce regole per limitare se stessa. Non fa differenza tra gli obiettivi da colpire né tra i mezzi da usare. È un’istituzione che, fatte le debite proporzioni, potrebbe essere paragonata alla criminalità organizzata di tipo mafioso. D’altra parte la mafia fino adesso da chi ha preso le sue terribili bombe se non dalla NATO? Gli ordigni che hanno ammazzato Falcone e Borsellino non erano certamente prodotti in casa.

Purtroppo anche il Giappone, che pur era solito “scusarsi e inchinarsi”, ha seguito l’esempio degli Stati Uniti e del Regno Unito, ignorando l’opposizione internazionale alla sua decisione unilaterale di scaricare acque reflue contaminate dal nucleare nell’Oceano Pacifico.

 

Falluja e l’uranio impoverito

 

Durante la guerra in Iraq la città di Falluja nel 2004 fu bombardata in modo particolarmente pesante con uranio impoverito dalle forze statunitensi. Solo perché erano stati uccisi 4 loro contractors, dipendenti dall’agenzia militare privata Blackwater. Quando si tratta di vendicarsi, non c’è proporzione che tenga.

Il professor Christopher Busby studiò 4.800 abitanti della città e trovò subito un legame diretto tra i bombardamenti e un rapido aumento di tumori e difetti alla nascita.

Il rapporto su Fallujah paragonò le conseguenze sulla popolazione al destino dei “sopravvissuti di Hiroshima esposti alle radiazioni ionizzanti della bomba nucleare e all’uranio sotto forma di fallout radioattivo”. Effetti simili avvennero in Jugoslavia, pesantemente bombardata dalla NATO nel 1999.

Ci rendiamo conto che ci vedremo morire lentamente senza poter fare assolutamente nulla per impedirlo? Le nostre medicine prolungheranno soltanto l’agonia. Arriveremo a chiederci se non sia assurda la stessa riproduzione. Avremo l’assoluta certezza che la sopravvivenza in un determinato territorio sarà letteralmente impossibile per un tempo indefinito. E saremo perfettamente consapevoli che questo disastro assoluto non avrà nulla di naturale, non sarà stato causato da forze della natura ma esclusivamente da una volontà umana.

E qui non stiamo parlando di bombe nucleari tattiche o strategiche, ma semplicemente di uranio impoverito, cioè della forma preliminare di un’arma che provoca una distruzione di massa.

Noi occidentali non possiamo pretendere che i russi, in virtù della loro umanità, accettino di scomparire come popolo, rinunciando a usare una ritorsione dello stesso livello nei nostri confronti. Chi siamo noi per avere aspettative del genere? Siamo forse gli ultimi eredi di una razza superiore?

 

Chi è Annabel Goldie?

 

Chi è Annabel Goldie? Come si è permessa di dire che il Regno Unito invierà munizioni all’uranio impoverito all’Ucraina?

È una ex avvocatessa, scozzese e nubile, iscritta al partito conservatore. È anche una credente attiva nella Chiesa presbiteriana di Scozia e siede nel consiglio consultivo della Scozia occidentale dell’Esercito della salvezza.

Ha avuto una carriera politica abbastanza frustrante, in quanto è diventata leader del suo partito non per merito proprio, ma perché il segretario, Michael Hirst, si era dimesso nel 1997, a causa delle sue relazioni omosessuali con altri giovani conservatori scozzesi!

Ha partecipato per la prima volta alle elezioni generali britanniche del 1992 per le elezioni nazionali, ma non è riuscita a entrare nella Camera dei Comuni.

Nelle prime elezioni parlamentari scozzesi nel 1999 si candidò per il mandato diretto in un collegio elettorale, ma anche questa volta fece fiasco.

È riuscita a collocarsi nel Parlamento scozzese per questioni meramente tecniche, cioè per il rotto della cuffia. Infatti nelle successive elezioni parlamentari del 2003 e 2007 ha perso il mandato.

Ha avuto la fortuna che David McLetchie, capo del suo partito, si è dimesso nel 2005 (perché avevano scoperto che spendeva troppo nei suoi spostamenti in taxi!), per cui lei è stata eletta all’unanimità come nuovo leader del partito, promettendo di agire contro “la slealtà e la disobbedienza” nel partito. Il suo modello di riferimento è la Thatcher.

Nonostante ciò quando si va a votare nelle elezioni generali non la vogliono. Infatti a quelle del 2011 l’hanno bocciata.

Alla fine ha capito che doveva dimettersi da leader del partito, poiché i risultati elettorali lasciavano molto a desiderare.

Tuttavia, invece di sparire dalla scena, il 3 ottobre 2013 le è stato improvvisamente attribuito dalla regina Elisabetta II il titolo di baronessa Goldie “pari a vita”. Di conseguenza è diventata membro della Camera dei Lord.

Che meriti avrà trovato in lei non si sa. Dicono che l’abbia voluta per farle svolgere il compito di garantire che il suo partito votasse sulla base della piattaforma ufficiale e non secondo l’ideologia individuale dei suoi rappresentanti. Ma è probabile che la regina si sarà lasciata convincere da quel guerrafondaio del premier Boris Johnson, che la voleva come ministra della Difesa: è in carica dal 26 luglio 2019, essendo stata riconfermata dagli altri due premier guerrafondai, Liz Truss e Rishi Sunak.

 

[25] Una mente malata

 

Se io fossi uno di quei maledetti generali della NATO (Dio li strafulmini tutti), colpirei la Russia nel suo punto più debole, e lo farei improvvisamente, dopo aver creato vari diversivi in altre zone, come per es. in Georgia, nella Transnistria, sul mar Nero e nella stessa Ucraina, dove potrei far credere in una imminente offensiva in direzione di Bakhmut.

Attaccherei, usando i mezzi più avanzati e truppe in gran quantità, l’exclave di Kaliningrad, dove qui a fine mese, ai suoi confini, si faranno grandi esercitazioni. Cioè darei per scontata la perdita del Donbass, ma in sede di trattativa chiederei in cambio il possesso di quella che una volta era chiamata Prussia orientale con capitale Königsberg (città natale di Kant), per chiudere ai russi l’accesso al mar Baltico.

Questa Prussia la darei alla Polonia, che arriverà quest’anno a spendere il 3% del PIL in armi e il 4% nel 2024. La premierei per la sua affidabilità.

Poi guarderei la reazione russa, e se non fosse favorevole alla trattativa, farei in modo di togliere all’Ucraina le due regioni di Galizia e Volinia, per darle anch’esse alla Polonia. A sud invece farei in modo che Romania e Moldavia si unissero in un unico Stato della NATO, dopodiché attaccherei la Transnistria, minacciando da lì di entrare nella Crimea.

Ecco, a quel punto sarei convinto che la Russia, che solo nel 2026 avrà 1,5 milioni di militari, accetterebbe un negoziato di pace.

È realistico uno scenario del genere? Mezzo milione di abitanti che se ne dovranno andare, 223 kmq e uno dei più grandi porti del mar Baltico: sarebbe un bel bottino (al quale, eventualmente, si potrebbe aggiungere quello della Transnistria). E le celebrazioni nel 2024 del terzo centenario della nascita di Kant verrebbero fatte dagli occidentali, perché quello non è un filosofo russo ma tedesco, quello preferito dal battaglione Azov, come qualche giornalista idiota del nostro mainstream diceva un anno fa.

Ma questo non è uno scenario realistico. È solo il sogno di una mente malata.

 

Kaliningrad prossimo bersaglio

 

Immanuel Kant, teorico della pace perpetua, si rivolterà nella tomba al vedere che la sua città natale, Kaliningrad (ex Königsberg), rischia di diventare uno degli elementi scatenanti della prossima guerra mondiale.

Lui infatti proponeva di smantellare completamente gli eserciti permanenti e di non spendere neanche un centesimo per compiere guerre contro altri Stati. Considerava fondamentale la fiducia reciproca per garantire la pace universale. Naturalmente preliminare a ciò chiedeva a ogni Stato di vivere al proprio interno una democrazia effettiva.

Evidentemente la Polonia, che ha intenzione di occupare l’exclave russa, non sa neanche lontanamente cosa sia la democrazia.

Dal novembre 2022 ha già costruito 107 km di filo spinato al confine con la Russia: l’altezza della barriera è di 2,5 metri, la larghezza è di 3 metri. Vuole isolare l’exclave così come l’occidente collettivo sta facendo con la Federazione Russa.

Nella prima metà di aprile inizierà la realizzazione di una barriera elettronica con sistemi di tracciamento su questo tratto di confine. La fine dei lavori è prevista per settembre. A lavori ultimati la barriera coprirà 200 km di confine e avrà un sistema di sensori e telecamere che consentirà il monitoraggio 24 ore su 24 della situazione. Costo del progetto: 82 milioni di dollari.

Ma c’è di peggio. Entro quest’anno la Polonia riceverà i sistemi lanciamissili HIMARS, e naturalmente prevede di posizionarli vicino al confine: bastano solo quattro batterie di lanciatori per colpire qualsiasi punto della regione di Kaliningrad.

Non so se il governo polacco lo sa, ma la Russia ritiene che i propri missili Iskander OTRK siano sufficienti per polverizzare Varsavia in pochi minuti.

 

Mire polacche

 

Un anno fa l’ex comandante delle forze di terra polacche, Waldemar Skrzypczak, aveva detto senza mezzi termini che Kaliningrad è “territorio occupato” dal 1945, per cui i polacchi hanno il diritto di rivendicarlo.

Gli ha fatto eco di recente l’ambasciatore polacco in Francia, Jan Rosciszewski, secondo cui, se Kiev cadrà, spetterà a Varsavia “difendere l’onore occidentale” contro la Russia. E naturalmente stava pensando alla succosa città di Kant.

L’ha detto chiaro e tondo (e da un ambasciatore non te l’aspetteresti): se l’Ucraina perdesse, la Polonia entrerebbe in guerra. Non a caso il governo ha in programma di portare da 125.000 a 300.000 il numero di militari in servizio. Senza poi considerare che esiste un piano NATO di aumentare da 30.000 a 100.000 le truppe stanziate in Polonia, Norvegia e Paesi baltici.

Però di che onore parli non si sa. Gli ucraini han sempre detestato i polacchi. Durante la seconda guerra mondiale si allearono persino coi nazisti per farli fuori nella loro nazione. È possibile che ora in nome della russofobia si possa dimenticare così facilmente il passato? Dall’ostilità che i polacchi mostrano in questi mesi nei confronti dei tanti profughi ucraini giunti nel loro Paese, non sembra proprio.

Diciamo piuttosto che il governo di Varsavia è gestito da un branco di ipocriti che non vede l’ora di prendersi le regioni occidentali dell’Ucraina: Galizia e Volinia, che in fondo nel Medioevo gli appartenevano (la seconda, in verità, l’aveva presa la Lituania, ma ora si vuole ricostituire il grande regno polacco-lituano in nome delle comuni radici cattoliche).

E queste ambizioni, si sa, sono ampiamente sostenute dagli USA. Varsavia è stufa che la si sbeffeggi dicendo: “In qualsiasi situazione incomprensibile, dividi la Polonia”. Ora che ha intrapreso la più estesa campagna di riarmo dell’ultimo mezzo secolo, ce lo farà vedere lei di cosa è capace. Ci mancherebbe che dopo essere diventata la seconda fornitrice di armi a Kiev, dopo gli USA, la Polonia non rivendichi per sé qualcosa in cambio. E per i megalomani di Varsavia non può certo essere l’onore.

 

La iena d’Europa

 

Secondo il generale Keith Kellogg, presidente del Centro per la sicurezza americana, il risultato più probabile del conflitto in Ucraina sarà una tregua umiliante per il regime di Kiev. Nel senso che l’Ucraina verrà divisa in due parti: il territorio a est del Dnepr resterà alla Russia, mentre quello a ovest passerà alla Polonia.

Varsavia naturalmente gode, anche perché, essendo già nella NATO, potrà fare in questa zona allargata ciò che le pare, anche prepararsi a un nuovo conflitto, magari contro la Bielorussia.

Ormai la Polonia viene definita “la iena d’Europa”, nel senso che dopo aver permesso all’orso russo di sbranarsi la povera Ucraina, si sta aggirando attorno al cadavere di quest’ultima per spolparsi ciò che ne resta.

Intanto però deve far fronte al fatto che un gran numero di uomini, soprattutto in età 25-44 anni, preferisce emigrare piuttosto che arruolarsi nell’esercito. Inoltre sta crescendo l’opposizione alla guerra.

L’intera riforma militare sembra essere progettata più sul lungo periodo, poiché, al momento, anche a causa delle forniture all’Ucraina, non si può dire che il Paese sia ben difeso.

 

[26] Una volontà cieca e irrazionale

 

Arthur Schopenhauer, accademico frustrato per mancanza di studenti e per una vita familiare e matrimoniale disastrosa, arrivò a dire che gli esseri umani non fanno le cose consapevolmente ma perché sono dominati da una metafisica volontà cieca e irrazionale che li induce a fare cose che solo in apparenza sembrano normali o dipendenti dalle loro intenzioni.

Rimasero favorevolmente impressionati da questa tesi sia Freud che Nietzsche: il primo parlando di pulsioni inconsce che dobbiamo sforzarci di tenere sotto controllo, altrimenti la società si autodistrugge; il secondo parlando di volontà di potenza, cioè proponendo di usare proprio quelle pulsioni per rovesciare il sistema e creare un uomo nuovo.

Hitler stravedeva per Nietzsche. Chiedeva ai suoi soldati di leggerlo e regalò l’opera completa a Mussolini quand’era prigioniero sul Gran Sasso.

Ancora oggi siamo immersi in queste filosofie e ideologie. L’occidente vi ricade dentro periodicamente. Lo fa appena smette di leccarsi le ferite dagli immani disastri che crea. Le ultime due guerre mondiali sono state davvero devastanti, ma evidentemente non sufficienti per impedire che ne scoppi una terza.

È come se fossimo dominati da una volontà cieca e irrazionale, così forte che con la volontà soggettiva non riusciamo a controllarla. Non riusciamo neppure a farlo con le istituzioni oggettive, quelle che dovrebbero assicurare la pace. Non solo, ma stiamo diventando un problema molto serio per l’esistenza della natura.

A un certo punto uno si chiede: “Perché devo resistere a questa volontà? Lasciamo che le cose procedano per il loro corso, così dopo, tornando a leccarci le ferite, avremo molti anni di tranquillità”.

Ecco, vorrei dire a questi rassegnati: non esiste nessuna volontà cieca e irrazionale; l’inconscio con pulsioni incontrollate l’ha inventato Freud; la volontà di potenza dobbiamo combatterla con tutte le nostre forze, perché è totalmente priva di etica. Su questa terra è possibile vivere un’esistenza umana e naturale solo se lo vogliamo. Non ci sono divinità, messia o istituzioni che possano farlo al nostro posto. La stessa natura, avendo il terrore della nostra tecnologia, non farà nulla per salvarci.

Non è vero che quando scoppiano le guerre, i popoli non sono responsabili. Togliamoci dalla testa il diritto di poterci sottrarre al giudizio della storia. In quei barconi di disperati che attraversano il Mediterraneo in maniera unidirezionale, tra un po’, se andiamo avanti così, ci saremo noi europei, ma nella direzione opposta.

 

Il guaio è fatto

 

La Russia si è posta degli obiettivi molto precisi e sarà coerente con le sue decisioni. Possiamo starne certi. Non può tradire le aspettative di chi le ha chiesto aiuto. Nel corso di un anno ha cambiato tattiche e strategie belliche, ma lo scopo finale è rimasto immutato.

Quindi per noi occidentali credere o non credere alla narrativa dominante non fa cambiare le cose neanche di un millimetro. Può servire soltanto per un uso interno, contro il governo che insiste a mettersi dalla parte sbagliata.

Semmai dobbiamo stare attenti a una cosa: per Mosca la parte dell’aggressore (contro il Donbass) la svolge Kiev, per cui chi l’aiuta militarmente viene inevitabilmente considerato cobelligerante, ed è destinato a pagarne le conseguenze. Non possiamo più contare sulla benevolenza di Mosca, poiché con le nostre armi stiamo uccidendo i suoi militari e continuiamo a uccidere i civili che loro proteggono.

Sono gli aggressori (golpisti, nazionalisti, neonazisti e occidentali in senso collettivo) che stanno trasformando un conflitto regionale in un conflitto mondiale. E in questo conflitto mondiale avverrà inevitabilmente una svolta epocale, come in quelli precedenti.

Finita la prima guerra mondiale erano spariti ben 4 imperi: prussiano, ottomano, austro-ungarico e russo, a tutto vantaggio di Francia e Regno Unito.

Finita la seconda guerra mondiale gli USA avevano sostituito la leadership anglo-francese nella guida dell’occidente collettivo. La Cina aveva posto le basi come Paese comunista di stampo maoista, e la Russia aveva ampliato il potere del socialismo statale di marca stalinista.

Qualcuno pensa che la guerra fredda sia stata una sorta di terza guerra mondiale: ebbene in questa guerra la Russia è implosa e la Cina si è trasformata in un Paese in cui il socialismo statale si coniuga col capitalismo della società civile. Sono tutte trasformazioni che hanno avuto un peso decisivo, storico.

Dal 1991 ad oggi gli USA e la UE hanno pensato di essere i padroni del mondo. Ora è finita. Gli anni 2022-23 ce li ricorderemo per sempre.

 

Dalla parte dell’aggredito

 

È giusto che una persona debole (in senso psico-fisico e/o sociale) si identifichi con un aggredito? Sì ma l’aggettivo “giusto” è sbagliato. Bisognerebbe dire che è “normale” o “naturale”.

Nel caso del conflitto russo-ucraino è normale che una persona priva di pregiudizi o interessi da difendere stia dalla parte di Kiev. La narrativa occidentale ha facilmente giocato su questo atteggiamento psicologico.

Il problema però è che questa narrativa è animalesca, si basa su atteggiamenti istintivi, primordiali, come quelli che in campo umano può avere un bambino piccolo o, se adulto, una persona ignorante, sprovveduta, che non sa nulla della realtà pregressa a quel conflitto.

Qui non ci sono un aggredito e un aggressore predefiniti, precostituiti. Cos’è che ci rende così ottusi da non capirlo?

Basta rovesciare la narrativa dominante per accorgersi che i soggetti in questione non sono due ma tre: l’aggressore è il governo golpista, nazionalista e neonazista di Kiev; l’aggredito è il popolo russofono del Donbass, e lo è dal 2014, cioè dal golpe e dalla strage di Odessa; il terzo personaggio è chi aiuta l’aggredito a difendersi. Questo terzo personaggio per 8 anni avrebbe dovuto essere la triade Francia, Germania e ONU (quest’ultimo attraverso l’OSCE). L’hanno fatto? No. Non l’hanno fatto per niente? Per niente.

Capito ora perché è intervenuta la Russia? Vuole porre fine a un’aggressione continuata e molto dolorosa, che ha provocato 14.000 morti. Stessa cosa aveva già fatto in Georgia e in Cecenia.

Sono ragionamenti di tipo elementare, che chiunque sarebbe in grado di capire. Qui non conta niente il titolo di studio che si ha. È evidente quindi che se tanti non riescono ad arrivarci, è perché non reagiscono alla propaganda del mainstream, a una narrativa generalmente basata sull’interesse, il quale, a sua volta, produce pregiudizi, non permette di vedere le cose in maniera olistica, ma settoriale. I nostri media ci obbligano a stare da una parte, quella sbagliata.

 

[27] Il vaso della deterrenza si sta colmando

 

Putin sta trasferendo armi nucleari tattiche in Bielorussia, preparandosi al peggio. Ha capito che con la NATO non si scherza, anche perché molte sue basi europee son piene di armi nucleari. Che non vengono tenute nei magazzini contro ogni eventualità, ma sono già puntate verso est, in direzione delle grandi città russe.

Putin ha già chiesto di completare il dislocamento entro il prossimo 1° luglio. L’addestramento degli equipaggi inizierà il 3 aprile. Una decina di aerei saranno preposti allo scopo. Missili Iskander verranno trasferiti a Minsk.

Ma perché in Bielorussia? Evidentemente si teme che questo Stato sia il più esposto a essere attaccato. Gli Iskander russi nella regione di Kaliningrad sono già in grado di colpire tutta la Polonia e i Paesi baltici, ma a quanto pare solo quelli in Bielorussia saranno in grado di colpire qualunque punto di Romania, Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca. Sono utilizzabili come missili balistici o da crociera, sia in versione convenzionale che nucleare.

Queste news fanno paura di per sé. Figuriamoci se si trasformassero in realtà. I generali della NATO che le prendessero sotto gamba, e che non facessero nulla per mettere sull’avviso gli statisti europei, sarebbero dei pazzi criminali.

Cosa pensiamo di fare adesso? Aumentare le sanzioni alla Bielorussia, che fino adesso, non avendo partecipato direttamente al conflitto, ne ha subite di meno? Si può continuare a fare sfoggio di atteggiamenti ridicoli? Non ne abbiamo abbastanza di soggetti come Borrell e la von der Leyen? Siamo come quei pugili spacconi che di fronte a un avversario chiaramente più forte, lo sfottono abbassando la guardia e gli dicono: “Dai, colpisci ancora, non ho paura di te”.

Non riusciamo a capire la differenza tra intenzione minacciosa e rischio mortale. Siamo così abituati a primeggiare che ci viene istintivo sottovalutare la forza del nemico. Le nostre continue provocazioni (dal sabotaggio del Nordstream fino alle esercitazioni della NATO i prossimi giorni vicino ai confini con l’exclave russa di Kaliningrad) stanno facendo traboccare il vaso della deterrenza.

Essendo totalmente priva di diplomazia, l’Unione Europea sta prenotando un posto per un ritorno al Medioevo, dove non esisteranno più città ma solo campagna. Il che forse, se fossimo davvero liberi di autogestirci, non sarebbe male. Il problema è che ci sarà sempre qualcuno che, dopo aver recintato un pezzo di terra, cercherà di convincerci dicendo: “Questo è mio!”. Ecco, sarà bene ricordarci, se davvero ci capiterà di vivere un “salto quantico”, che nei confronti di soggetti del genere non dovremo avere molta pietà.

 

Quando il cubo diventa una palla

 

Dicono che informare è sempre più difficile che disinformare. Ciò è abbastanza paradossale in un’epoca in cui i mezzi di comunicazione sono diventati epici, senza precedenti storici. A quanto pare la quantità non fa la qualità.

Il matematico Pascal, che diventò poi religioso, diceva che abbiamo abbastanza elementi per credere e abbastanza per non credere (lui pensava a Dio naturalmente). Oggi però questo fifty-fifty non esiste. A distanza di 4 secoli dal suo periodo dobbiamo dire che il mainstream ci passa quasi il 100% di informazione false, e spesso con una spudoratezza e un’impudenza sconcertanti. I media dominanti sono diventati un potere come quelli tradizionali: politico, economico, finanziario, militare, giudiziario... La stessa parola “mainstream” la usiamo per indicare qualcosa di tendenzioso o mistificante. I giornalisti sembrano essere pagati per farci vedere bianco il nero e viceversa.

Se pensiamo che in occidente la funzione del giornalismo viene considerata come un pilastro fondamentale della democrazia, in quanto solo i giornalisti sembrano essere titolati a criticare tutti gli altri poteri, dobbiamo per forza trarre la conclusione che viviamo in piena autocrazia, quella del capitale. Siamo tutti sul libro paga di qualcuno. Nessuno è libero di dire ciò che pensa, perché potrebbe subire conseguenze molto gravi, di cui la censura in un social di Meta sarebbe un piccolo cucchiaino di olio di ricino. Immagina solo cosa ti potrebbe accadere se sparisse il denaro circolante e rimanesse solo quello virtuale: saresti ricattabile quotidianamente al 100%.

Oggi ci fanno paura quei Paesi che nelle città monitorano gli spostamenti dei cittadini mediante telecamere atte al riconoscimento facciale. Ma immagina se, col pretesto della sicurezza pubblica, ti obbligassero a farti mettere un chip sottocutaneo con cui tenerti sotto controllo tramite un satellite 24 ore al giorno.

Questo per dire che ormai non basta più contestare, scioperare, occupare le fabbriche, fare i black-bloc che spaccano tutto come i luddisti inglesi quando nacque la rivoluzione industriale.

Qui bisogna uscire dal sistema. Cioè inventarsi qualcosa per non riprodurre il peggio che ci incatena al mondo del non-essere. Dicono che questo tra Federazione Russa e Occidente collettivo sia uno scontro di civiltà. Per come le cose si sono messe, forse è meglio uscire dal concetto stesso di “civiltà”. Ormai è l’umanità intera che sembra essere giunta al capolinea, e la natura stessa ce lo fa capire: i nostri criteri produttivistici ci stanno portando alla desertificazione. Ci lamentiamo della mancanza di acqua prima ancora che arrivi l’estate. Ogni anno ci diciamo sempre le stesse cose e nessuno le risolve.

L’umanità non può continuare a ripetere gli errori del passato. Dobbiamo porre le condizioni che ci permettano di riappropriarci di noi stessi. Qui è il concetto di “delega” che va ripensato totalmente. La democrazia rappresentativa, la delega che concediamo alle istituzioni, ai poteri pubblici ci toglie l’autonomia, la possibilità di gestire in proprio la nostra volontà, le nostre risorse. Non possiamo diventare come quel cubo che a forza di essere lavato in lavatrice è diventato una palla.

 

Il grande reset

 

A chi lo criticava di non essere abbastanza preciso nei suoi calcoli, Marx obiettava che se la realtà coincidesse con l’apparenza, non ci sarebbe scienza ma evidenza. Cioè saremmo ancora fermi all’ingenuità greca, quella per cui la verità coincideva appunto con l’evidenza.

Marx era troppo scafato per cadere in queste trappole delle società antagoniste, che ti vendono lucciole per lanterne. Non credeva neppure nello Stato sociale. Infatti gli sembrava assurdo che gli operai, già sfruttati privatamente dalla borghesia, dovessero pagare con le loro tasse dei servizi pubblici che la stessa borghesia avrebbe utilizzato.

Come dargli torto? Anche su di lui la narrativa occidentale si è scatenata, tanto che oggi è quasi un illustre sconosciuto. Quando mai alle facoltà di economia si studia il suo pensiero?

Eppure il suo metodo scientifico è valido ancora oggi: laddove esiste sfruttamento dell’uomo sull’uomo la realtà è bene interpretarla in maniera rovesciata. Magari a essere troppo diffidenti si sbaglia, ma di sicuro si sbaglia di meno che a essere creduloni.

Ecco in tal senso vorrei dire a chi cerca di capire il senso di questo conflitto russo-ucraino, che sta diventando tra Russia e Occidente: i potenti di questa terra chiedono di fare un “grande reset”; tu inizia col resettare loro. Si sono accorti che è impossibile per il capitale continuare a garantire in occidente un benessere collettivo. Tu spiegagli chiaro e tondo che la tua pazienza è finita, e che questa volta, quando occuperai le fabbriche come gli operai fecero dopo la prima mondiale, si andrà sino in fondo, e che non ti lascerai convincere a deporre le armi come fecero i partigiani dopo la fine della seconda guerra mondiale. Meno che mai se te lo chiederà un partito di sinistra.

 

[28] Fino a quando loro si immolano...

 

Certo è che fino a quando gli ucraini sono disposti a morire sull’altare della patria, l’occidente non smetterà di armarli e finanziarli. È vano sperare che i Paesi più ricchi del pianeta smettano di farlo perché han finito armi, munizioni e soldi.

I nostri governi guerrafondai aumenteranno le tasse, devolveranno alla fabbricazione delle armi una quota sempre maggiore del PIL, stamperanno sempre più banconote di un denaro fiat, reintrodurranno la leva obbligatoria, creeranno un’economia di guerra, dichiareranno la mobilitazione generale. In ogni caso ai nostri statisti non importerà nulla se aumenteranno inflazione, fallimenti bancari e borsistici, scioperi e manifestazioni. Ormai per loro è diventata una questione di principio: non possono e non vogliono perdere contro la Russia, anzi ne approfitteranno per diventare sempre più autoritari, proprio in nome della difesa dei diritti umani e della democrazia.

Quando la russofobia diventerà parossistica, e prima ancora di premere il bottone nucleare, solo le popolazioni potranno decidere come andrà a finire questa guerra, nel senso che o gli ucraini si ribelleranno al loro mostruoso governo, oppure saranno le popolazioni occidentali (in primis quelle europee) a insorgere. Le prime perché stanche di morire in una guerra senza sbocchi, le seconde perché non intenzionate a finire nella miseria più nera. In entrambi i casi si dovrà lottare contro il neonazismo, sia esso esplicito, come in Ucraina, o camuffato da una pseudo democrazia.

In tal senso è normale che i russi ci vedano come un occidente non solo “collettivo” (fino adesso l’unica a differenziarsi è stata l’Ungheria), ma anche come una forma moderna di nazifascismo. La lentezza con cui agiscono in questa guerra potremmo interpretarla come un tentativo di verificare fino a che punto le popolazioni occidentali sono disposte a sopportare la dittatura dei loro governi. Ci stanno mettendo alla prova. Sta diventando una guerra “pedagogica” nei nostri confronti.

In effetti se un giorno i russi saranno costretti a usare l’atomica, dovranno avere una solida certezza per mettere in pace la loro coscienza, cioè dovranno essere convinti che l’odio nei loro confronti è talmente vasto e profondo che qualunque forma di diplomazia non potrà che essere esclusa a priori.

Per noi occidentali invece è diverso. Non avendo un briciolo di umanità, non ci importa nulla se, sganciando le atomiche sulle loro città, andremo ad ammazzare anche gli oppositori di Putin. È questo il motivo per cui saremo noi i primi a utilizzarle. E ancora una volta ci illuderemo che la ritorsione non sarà molto dolorosa.

 

Il legno verde e quello secco

 

Pare che 50.000 nordcoreani siano pronti a combattere per la Russia se ottengono il consenso da parte di Pechino. E, volendo, potrebbero arrivare fino a mezzo milione.

Non ho capito cosa c’entra la Cina. La Corea del nord non può decidere autonomamente come utilizzare i propri militari? Non vorrei che i cinesi utilizzassero i coreani per svolgere una guerra per procura. Già lo stanno facendo gli occidentali con gli ucraini. Possibile che lo slogan di questa guerra sia diventato “armiamoci e partite”? Una guerra a bassa intensità significa far morire gli altri? I più grossi fanno morire i più piccoli?

Semmai dovrebbe essere la Russia a decidere se utilizzare un contributo del genere. In questo momento infatti la Russia non è alleata militarmente con nessun altro Stato. Non esistono protocolli ufficiali. Semmai sono gli Stati Uniti che, dopo aver formato un asse militare con gli europei in funzione antirussa, ne stanno formando un altro con Nuova Zelanda, Australia, Corea del Sud, Giappone e Filippine in funzione anticinese.

Fino ad oggi la Russia non ha dichiarato guerra a nessuno. Sta semplicemente continuando a svolgere una limitata operazione speciale, avente valore regionale. Se ci pensiamo, l’effetto sconvolgente della creazione di un mondo multipolare non può essere attribuito alla Russia, ma al modo isterico con cui l’occidente ha reagito a questo intervento armato. Sono state le nostre sanzioni, il nostro sostegno militare e finanziario ai neonazisti di Kiev a creare, indirettamente, l’esigenza di un nuovo ordine mondiale. Chi prima svolgeva il ruolo di Paese colonizzato ha cominciato a chiedersi: “se l’occidente tratta così una potenza di tutto rispetto, che ne sarà di me?”. Viene qui in mente quella frase evangelica che dice: “se trattano così il legno verde, che ne sarà di quello secco?”.

 

Quale atteggiamento verso il nucleare?

 

Dicono che le armi nucleari, essendo una delle più grandi paure, farebbero diventare lo Stato che le usasse una vergogna dell’umanità.

Ma quale Paese occidentale si è mai permesso di criticare gli USA per averle sganciate su due città nipponiche, avendo come obiettivo lo sterminio della popolazione civile? Quando mai i Paesi occidentali li hanno criticati durante i loro 1054 test nucleari, la maggior parte dei quali privi di alcuna sicurezza per l’uomo e per l’ambiente? Anzi, altri Stati han colto la palla al balzo cercando di imitarli. Quando mai un presidente americano ha chiesto scusa ai giapponesi per l’uso ingiustificato che ha fatto del nucleare il proprio Paese?

Per come si stanno mettendo le cose in questa guerra russo-ucraina, non ci sarebbe da scandalizzare se qualcuno cominciasse a chiedere di usare le atomiche pur di porre fine a un conflitto che sembra andare avanti per inerzia.

Piuttosto che utilizzare le armi della politica e della diplomazia per risolvere una controversia che sta diventando internazionale, si preferisce affidarsi alle armi. Questo porta inevitabilmente a pensare che chi perderà la partita, si siederà al tavolo dei negoziati solo per accettare le condizioni di chi ha vinto.

 

Quali diritti umani?

 

Il rapporto annuale sui diritti umani degli Stati Uniti ha scatenato un’ondata di critiche da parte di tre nazioni sudamericane: Messico,  Bolivia e Venezuela.

Lo considerano pieno di falsità, non supportato da effettivi riscontri, un segno eloquente che il governo statunitense non vuole abbandonare la Dottrina Monroe (“tutta l’America Latina è il cortile di casa nostra”) e, prima ancora, il cosiddetto “Destino Manifesto” (“la nostra democrazia va esportata in tutto il mondo”).

Tutte le accuse unilaterali rivolte a certi Paesi sudamericani vengono considerate, né più né meno, come forme d’ingerenza nella loro politica interna. Anche perché in questo rapporto gli USA passano come la quintessenza della democrazia, quando invece ne sono lontanissimi. Ancora non hanno capito che non è più soltanto Cuba a denunciare il loro neocolonialismo nel continente, ma la grande maggioranza degli Stati.

E soprattutto non hanno capito che, nel caso in cui compia degli abusi, uno Stato deve sottostare a regole internazionali condivise, non a sentenze di condanna da parte di un altro Stato, che peraltro non ha ancora ratificato accordi importanti, tra cui lo Statuto di Roma e la Convenzione sui Diritti dell’infanzia. Nessuno può sottrarsi al giudizio degli altri, neppure chi giudica.

Quello che sta facendo la Russia in Ucraina contro l’occidente collettivo ha ridato speranza di riscatto e di emancipazione a Paesi che dopo l’implosione dell’URSS l’avevano perduta.

Quando la sinistra radicale non riesce a riconoscere questa evidenza e continua a parlare di “Russia imperiale”, proprio come fa il mainstream occidentale, fa pena, assume atteggiamenti che ti portano a guardarla con occhi commiserevoli, come quando si ha a che fare con chi sovrappone l’ideologia alla realtà.

 

[29] Il profeta Patrushev

 

In un anno di guerra Nikolay Patrushev avrà parlato 2-3 volte, ma quando lo fa sembra un profeta biblico: mette tutti sull’avviso. D’altra parte milita nei servizi segreti russi: non ha motivo di esporsi troppo.

La sua sicurezza però fa paura: non vuole minacciare i nemici del suo Paese, ma semplicemente metterli in guardia. Come se dicesse: “Se voi farete così, noi faremo cosà, e per voi sarà peggio”.

Di recente infatti ha pontificato come segue:

1- gli USA non si vergognano di parlare di democrazia e di essere nello stesso tempo il Paese più dittatoriale di tutti; vogliono continuare a egemonizzare il mondo e a decidere chi non è democratico; 1/5 di tutti i detenuti del pianeta sono nelle loro carceri, e però si vantano di essere i più grandi difensori dell’ambiente e delle minoranze sessuali; sono di nuovo in procinto di fallire finanziariamente, e però mandano in crisi energetica gli altri Paesi (la stessa Russia li ha già salvati due volte, ma non ci sarà la terza).

2- La Russia irrita i leader occidentali a causa della sua indipendenza economica, il largo possesso di materie prime e il suo pensiero scientifico, perché sanno benissimo che se le stesse sanzioni avessero colpito un loro Stato, sarebbe crollato in pochissimo tempo. Infatti tutti i Paesi occidentali dipendono completamente dalle multinazionali che sfruttano i Paesi meno sviluppati. Il loro isolamento sarebbe mortale.

3- L’opinione dei politici americani secondo cui la Russia non sarà in grado di rispondere a un attacco nucleare preventivo da parte degli USA è una stupidità miope e pericolosa.

Poi se ne è uscito con due dichiarazioni sibilline:

1- i vicini meridionali degli USA riconquisteranno i loro territori rubati dagli americani. In che senso? Si stava riferendo al Messico? O stava pensando all’intera America Latina, che vuole uscire dal neocolonialismo?

2- Il crollo dell’Unione Europea non è lontano.

Ecco, quest’ultima affermazione mi ha stupito, poiché l’ha buttata lì, senza farci capire se tale crollo avverrà in conseguenza di quello americano, come un effetto domino, oppure se saranno proprio gli USA a farci crollare, più o meno direttamente: per es. obbligandoci a comprare le loro fonti energetiche (molto più costose di quelle russe), ad accettare una guerra nucleare nel nostro continente, a deindustrializzarci progressivamente...

Che l’Unione Europea sia un nano politico rispetto agli Stati Uniti si è visto chiaramente dal ruolo che fino adesso ha giocato la NATO. Stoltenberg non è mai sembrato un “segretario” di un’alleanza militare euroamericana, ma un “emissario” di una volontà extraeuropea.

 

Meglio parlare in positivo

 

Certo è che quando uno come Patrushev ti dice che la Russia possiede armi moderne e uniche, in grado di distruggere qualsiasi avversario, compresi gli Stati Uniti, in caso di minaccia alla sua esistenza, ti vien voglia di metterlo alla prova.

Fino adesso infatti la Russia ha battuto gli occidentali quando sono entrati nel suo territorio, ma una guerra intercontinentale non s’è mai vista. In una guerra del genere sono di fondamentale importanza i missili, la marina, l’aviazione, i satelliti e molto meno gli eserciti.

Guardando invece l’attuale modo di condurre la guerra in Ucraina, dobbiamo dire che il ruolo prevalente viene svolto proprio dall’esercito, regolare e mercenario.

In ogni caso un Paese non dovrebbe mai dire che è in grado di distruggere un altro Paese. I toni minacciosi irritano. Le sfide all’ultimo sangue inquietano. Bisognerebbe parlare solo in positivo: “voi distruggete, noi costruiamo; voi impoverite, noi arricchiamo; voi destabilizzate, noi pacifichiamo”.

I russi si vantano d’essere tanto religiosi, e non sanno prendere spunto dal famoso Discorso evangelico della Montagna, impostato secondo uno schema espositivo molto semplice ma efficace: “Vi è stato detto che... Ma io vi dico...”. E giù con proposte alternative alla narrativa dominante.

 

Che cos’è l’amore?

 

Ormai in nome dell’amore si giustifica qualunque rapporto sessuale, qualunque relazione sentimentale, qualunque identità di genere, qualunque forma di fecondazione o di gestazione. Ma l’amore, quello di cui tanto si va parlando, da chi o da cosa è giustificato?

Ti rispondono che l’amore si giustifica da sé, non ha bisogno di un supporto esterno: basta che sia sufficientemente consapevole e soprattutto consenziente. Ci vuole una certa simmetria, altrimenti è più che altro una forma di dovere, come per es. l’amore dei genitori per i figli o dei figli per i genitori anziani.

Io invece ho sempre più l’impressione che l’amore svolga nella vita privata di noi occidentali la stessa funzione che per noi hanno nella vita pubblica valori come democrazia rappresentativa e diritti umani e internazionali. Cioè sia una finzione, un pretesto per fare tutt’altro.

Prendiamo la parola “consenziente”. In società profondamente maschiliste come può la donna esercitare un libero consenso? Non solo viene condizionata lei a subire un’intenzione o una volontà maschile, ma anche lui è condizionato da una narrativa che lo vuole come “maschio dominante”. Per il maschio usare la forza fisica (contro la donna ma anche contro un altro maschio) è una tentazione irresistibile? Sì, in una società dove i rapporti antagonistici sono la regola. E negli Stati Uniti, dove questi rapporti sono vissuti ai massimi livelli, non a caso tutti vanno in giro armati. Le aziende che producono e vendono armi ai civili sono riuscite a far passare un messaggio che ha convinto un’intera popolazione nazionale: “siccome il tuo prossimo può possedere un’arma, è meglio che anche tu, per la tua sicurezza, ne possieda almeno una”! Dopodiché i presidenti si limitano ad affermare, di fronte a stragi pazzesche (compiute anche nelle scuole), che le armi non sparano da sole e che chi compie simili carneficine è un povero malato di mente!

Una donna oggi viene considerata emancipata quando assume atteggiamenti maschilisti, cioè quando è fredda, autoritaria, con pochi scrupoli. Spesso anzi le donne in carriera vengono considerate più convincenti, poiché hanno modi più garbati. Infatti, essendo costrette a subire sin dalla nascita, diventano più astute, affinano le loro strategie, migliorano l’intelligenza.

In ogni caso nei nostri sistemi di vita non c’è uguaglianza nella diversità ma conformismo amorale, in cui a dominare è l’interesse del singolo, il suo individualismo.

L’occidente ha inventato il concetto di amore, facendo dell’uomo un cacciatore e della donna una preda. Lo sfruttamento sessuale della donna è qualcosa di abominevole, ma l’uomo per giustificare la prostituzione sostiene che sia il mestiere più antico della storia. Sì, forse della storia degli ultimi 6.000 anni, cioè da quando è nato lo schiavismo. Certamente non della storia di due milioni di anni fa, quando è nato il genere umano.

E pensare che quando l’uomo era davvero un cacciatore-raccoglitore, la donna era una partner alla pari. Qualunque testo, un minimo obiettivo, di etno-antropologia lo dice. Non c’era l’amore come lo intendiamo oggi, così possessivo, esclusivo, in cui il sesso gioca sempre un ruolo rilevante, come se fosse una droga. Però c’erano tanti altri valori, quelli che rendevano possibile una vita comunitaria relativamente tranquilla, nel rispetto delle esigenze riproduttive della natura.

 

[30] No nuke

 

Spesso si sente la news: è morto un pilota o un alpinista o uno sciatore molto esperto. Si compiono errori fatali quando si è troppo sicuri di sé, quando si sottovaluta il pericolo.

Dovremmo ricordarci di questo limite umano soprattutto quando si usa il nucleare, civile o militare che sia. Uranio e plutonio sono elementi che sarebbe meglio non trattare. Nessuno ci obbliga a usarli. Già dovremmo smettere di usare gli idrocarburi, principali responsabili del dissesto ecologico e del mutamento climatico. Figuriamoci se ha senso passare da questa fonte energetica a una ancora più pericolosa. Saremmo fenomenali nel farci del male da soli.

Quando poi scoppiano le guerre qualunque uso di sostanze radioattive dovrebbe essere bandito dall’umanità intera. Le condanne dovrebbero piovere da tutte le parti, e prima di tutto dagli organismi internazionali. Invece stiamo lì a guardare dalla finestra. Con la retorica del Paese aggredito e Paese aggressore siamo disposti ad accettare il peggio del peggio.

L’uso da parte della NATO dell’uranio impoverito, nelle sue ultime guerre, è stata una cosa assolutamente mostruosa (ma anche delle bombe al fosforo). La minaccia di rifarlo contro i militari russi è inconcepibile. Il tentativo del governo di Kiev di bombardare una delle sue centrali nucleari controllata dai russi va considerato altamente criminale. Il ricorso al nucleare come attacco preventivo o come forma di ritorsione non dovrebbero neppure essere contemplati in nessun tipo di conflitto.

Sono assolutamente convinto che se l’occidente collettivo vincerà questa guerra, il nucleare verrà usato anche contro la Cina, contro l’Iran, contro l’India e contro qualunque Stato non esattamente allineato all’egemonia americana. Se passa l’idea che uno “Stato canaglia” può essere piegato solo col nucleare, l’umanità può dire addio a se stessa e all’ambiente in cui vive.

L’occidente non è disposto a fare trattative sullo smantellamento degli arsenali atomici. Quindi bisogna costringerlo. La Russia già al tempo di Gorbaciov aveva proposto di farlo, e una riduzione significativa era stata avviata, almeno fino a quando gli USA han deciso di uscire dai trattati che loro stessi avevano firmato.

Quando si gestiscono armi atomiche non serve a nulla essere “esperti”. Non esistono “operazioni chirurgiche”. Chiunque le usi o compia anche solo un errore nell’usarle può eliminare un numero incalcolabile di persone. Nessuna potenza atomica dovrebbe avere diritto di parola se prima non assicura all’umanità intera che si è liberata di tutte le armi di sterminio di massa. Quindi non solo quelle nucleari, ma anche quelle chimiche e batteriologiche. Questo perché qualunque sua affermazione sui diritti umani non avrebbe alcun senso.

 

Meritiamo una lezione

 

Perché per la Russia è preferibile dire che la guerra contro l’occidente potrà essere molto lunga? Perché in una sfida basata sulla resistenza, i russi vincono di sicuro. Infatti la ricchezza dell’occidente si basa sullo sfruttamento delle risorse altrui. Ma se si afferma l’idea di un mondo multipolare, in cui il neocolonialismo non abbia più spazio, noi occidentali finiamo in un cul de sac.  E non ci sarà trippa per nessun gatto, sia esso americano, europeo, canadese, australiano... Ci ammazzeremo tra di noi. Cosa che gli USA nei confronti della UE stan già facendo, con la complicità degli stessi statisti europei, che, abbacinati dalla russofobia, non capiscono che la NATO si serve di loro come delle marionette.

L’occidente non ha più risorse in proprio, perché quelle che aveva le ha utilizzate per fare le sue rivoluzioni industriali: ferro e carbone in primis. Gli idrocarburi di cui dispone non sono sufficienti per garantire alti livelli di benessere. Non abbiamo materie prime neanche per gli impianti nucleari (che vanno comunque evitati) né per la transizione ecologica.

L’occidente è così debole sul piano delle materie prime che dovrebbe usare tutta la diplomazia possibile per reggersi in piedi. Invece ci comportiamo con una arroganza insopportabile. Meritiamo una lezione epocale, una di quelle che non si scorderà tanto facilmente.

 

Il giornalismo deve pagare

 

Ci vuole un nuovo processo di Norimberga che smonti tutte le falsità che sono state dette durante questa guerra e incrimini i giornalisti.

Il diritto di parola non può essere dato in maniera assoluta, incondizionata a chi dispone di un enorme potere comunicativo. Semmai può essere riconosciuto al singolo cittadino, poiché, non avendo di per sé alcun potere, non può creare un danno colossale a milioni di persone. Cioè al massimo potrebbe creare un danno a qualcuno in particolare, ed eventualmente potrebbe essere denunciato per questo danno specifico.

Ma col quarto potere, pagato con le tasse dei cittadini in automatico, a prescindere dalle preferenze che un cittadino può avere per questa o quella testata giornalistica, non si può scherzare. I danni che può creare, con le sue falsità, possono essere colossali, irreversibili.

Quindi non è possibile che il mainstream non possa mai essere posto sotto accusa e subire delle sanzioni. Chi mente contro i valori umani, e non si pente d’averlo fatto, andrebbe processato.

Do ragione all’accademico Alessandro Orsini, quando afferma: il nostro sembra un Paese in cui il sistema dell’informazione sulla politica internazionale è totalmente corrotto. “I giornalisti che difendono le politiche della Casa Bianca in Ucraina vengono difesi, mentre gli studiosi che criticano quelle medesime politiche vengono vilipesi, insultati e diffamati dagli stessi giornalisti che esigono il politicamente corretto per i sostenitori delle politiche di guerra di Biden in Siria e in Ucraina”.

Lui ha iniziato a querelare per difendere la dignità personale. Ma, finita la guerra, bisognerà fare un bel regolamento di conti.

 

Una guerra di civiltà?

 

Credere in inglese si dice in tre modi: trust, think e believe. Trust ha la particolarità tutta inglese di voler dire due cose: una religiosa, l’altra economica. Non a caso si trova nelle banconote: “In God we trust”. Gli americani credono in lui come se, usando una banconota, il cittadino desse credito allo Stato che la emette. In italiano nessuno penserebbe, dicendo “ti faccio credito”, di assumere un tono anche religioso.

Che gli statisti americani siano affetti dal morbo del messianismo lo si sa da un pezzo. I loro presidenti son come dei pontefici laici. È una caratteristica del protestantesimo. Anche quando la loro religione riguarda soltanto i diritti umani o la democrazia rappresentativa o la separazione dei poteri o il radicalismo ecologico, ogni tanto non possono fare a meno d’inserire qualche elemento che ricorda il Medioevo o le moderne guerre di religione scatenate dalla riforma luterana e dalla controriforma cattolica. Persino a Biden è scappato di dire: “Per l’amor di Dio quest’uomo non può rimanere al potere” (riferendosi ovviamente a Putin, il quale ricambiava parlando di “occidente satanico”).

Ebbene, voglio dire che se questa deve diventare una guerra di civiltà, e se nella parola “civiltà” bisogna includere anche la religione, allora siamo messi molto male. Se l’occidente collettivo vuole imbastire una guerra di religione in cui cattolici e protestanti e ortodossi traditori, da un lato, si pongono contro ortodossi purosangue, quelli del patriarcato moscovita, erede dell’impero bizantino, dall’altro, allora bisogna dire che sarà un bene per tutta l’umanità che la cultura o la civiltà occidentale scompaia dalla faccia della terra il più presto possibile.

Qualunque riferimento religioso, qualunque tono messianico fa venire il voltastomaco. Ogni popolo, ogni persona che decide di combattere o anche solo di schierarsi in questa guerra si tenga il proprio dio e dichiari di combattere per idee assolutamente laiche e umane, universalmente valide, riconoscibili e soprattutto praticabili da chiunque.

 

[31] L’anomalia trumpiana

 

Le smargiassate di Trump ondeggiano tra il ridicolo e il patetico. Ormai non si riesce più a capire se si esibisca così perché davvero crede in quello che dice o solo perché sta facendo campagna elettorale.

È chiaro che il Deep State non lo vuole al governo, perché non è abbastanza guerrafondaio in politica estera e soprattutto perché considera la Russia molto meno pericolosa della Cina per gli interessi americani. Ricordiamoci che lui la NATO la voleva sciogliere (la considerava “obsoleta”), chiedendo agli europei di difendersi da soli. Era un’altra delle sue spacconate, che oggi infatti non sostiene più.

Egli in un certo senso rappresenta gli interessi dei ceti medi impoveriti dalla spiazzante concorrenza economica della Cina: un declassamento che i governi democratici (da lui definiti della “sinistra radicale”!) non fanno che peggiorare con le loro folli spese negli armamenti e nelle guerre periodiche contro qualche “Stato canaglia”. Che poi, di fatto, in politica interna nessun governo si oppone all’idea che ogni cittadino abbia diritto ad armarsi come meglio crede.

Se nel 2024 torna lui alla Casa Bianca, aspettiamoci vendette contro i Biden, contro chi trama imbrogli elettorali e vuole distruggere il suo movimento Make America Great Again, contro chi l’ha sottoposto a impeachment due volte, contro il gran giurì di Manhattan (sostenuto da Soros) che l’ha incriminato penalmente su questioni sessuali (vedi la vicenda della pornostar pagata per tacere) o contro chi lo perseguita con le perquisizioni domiciliari, come quella a Mar-a-Lago.

Ma saranno tutte vendette ridicole, poiché negli USA la politica non ha alcun potere sull’economia e men che meno sulla finanza. Se vince le elezioni, Trump erediterà una nazione al collasso, e per impedire la guerra civile sarà costretto a darsi una veste molto autoritaria. Cosa che però lui, coi suoi atteggiamenti farseschi, non è in grado di fare.

Gli USA sono destinati a essere governati dalle forze armate, che in questo momento esprimono meglio gli interessi dei super ricchi che vedono in Trump una specie di “traditore della patria”. Questo poi senza considerare che, se lui sarà rieletto, entrerà in carica nel gennaio 2025, cioè quando l’Ucraina non esisterà più. E forse neanche l’Europa per come la conosciamo oggi.

 

Come passare il proprio tempo

 

Prendiamo uno statista come Antony Blinken, segretario di stato americano, uno di quelli che come parla mente, e sa di farlo. Chi lo obbliga a comportarsi così?

La rivista “Limes” ci ripete fino alla noia che negli USA non comandano i politici ma gli apparati del Deep State: CIA, Pentagono, complesso militare-industriale, multinazionali...

Sicché Blinken è un’altra marionetta come Biden. Non è che non sappia quel che fa. Lo sa benissimo. È che non ha alcuno scrupolo morale, alcuna coscienza.

Persino quando parla di diritti umani e internazionali, spara a raffica una bugia dietro l’altra, come se per lui fosse impossibile fare diversamente.

Lo dimostra la sua presentazione dei “Country Reports on Human Rights Practices”, una iniziativa statunitense sui diritti umani a livello mondiale, che praticamente dura da 50 anni.

In pratica gli USA si servono di relazioni provenienti da 198 Paesi, redatte dalle loro ambasciate e consolati all’estero, da funzionari governativi stranieri, da organizzazioni non governative e internazionali, da giuristi ed esperti legali, giornalisti, accademici, difensori dei diritti umani, attivisti sindacali ecc. Tutte relazioni che poi vengono sintetizzate dai dipendenti del Dipartimento di Stato. Insomma una montagna di soldi e di persone. Poi ci meravigliamo del livello di dipendenza ideologica del nostro Paese nei confronti degli USA.

Tutto ciò per fare cosa? Per decidere chi è democratico e rispetta i diritti umani e chi no, chi merita sanzioni e chi no, chi potrebbe essere soggetto a un intervento militare e chi invece va considerato come un partner affidabile degli USA. Fa venire in mente, vagamente, il film I tre giorni del condor, diretto da Sydney Pollack.

Il governo americano si comporta come se fosse l’ONU, come se fosse un tribunale internazionale, come se fosse il Padre eterno che, essendo esente da ogni colpa, è autorizzato a giudicare tutti gli altri.

Le accuse che questi report muovono agli Stati antidemocratici sono così gravi che contro ognuno di loro si dovrebbe scatenare una guerra preventiva, dovrebbero essere esclusi da qualunque organismo internazionale.

Ecco come passa il suo tempo Blinken: a trovare sempre qualcosa che possa soddisfare il suo odio contro il genere umano.

 

Problemi collaterali

 

Il premier polacco ha chiesto una significativa riduzione delle importazioni di grano ucraino, perché stanno mandando in fallimento gli agricoltori nazionali a causa dei prezzi troppo competitivi. I cereali ucraini non possono entrare nel Paese senza quote, tariffe, dazi da pagare, come pretende quella scriteriata della von der Leyen, che pur sa bene che, nella situazione attuale, se l’Ucraina non esporta i propri cereali, muore.

Ma anche in Bulgaria centinaia di agricoltori hanno iniziato a protestare, perché circa il 40% dei loro raccolti di grano e semi di girasole del 2022 è rimasto invenduto a causa dell’enorme offerta ucraina, esente da dazi doganali.

Tuttavia Bruxelles ha altro a cui pensare. L’Ucraina va difesa sempre e comunque, costi quel che costi.

Ora non stiamo qui a chiederci perché i cereali ucraini non sono finiti in Africa a sfamare i Paesi più poveri. Per il nostro mainstream è Putin che sta affamando il mondo.


Aprile

 

 

 

[1] Perché non possiamo che perdere

 

Più volte abbiamo detto che la Federazione Russa, dopo aver vissuto il fallimento del socialismo statale di derivazione stalinista, e l’ancor più disastroso capitalismo privato (quello degli oligarchi) promosso da Eltsin negli anni ’90, ora sta sperimentando, con Putin, un capitalismo statale abbastanza particolare.

In Europa occidentale il capitalismo statale si è imposto dalla fine della seconda guerra mondiale sino alla fine degli anni ’70. Si doveva rimediare ai guasti del precedente capitalismo privato e affrontare la concorrenza ideologica del socialismo statale di marca sovietica, che sembrava garantire una certa uguaglianza sociale, quella che in occidente è sempre mancata, in quanto ritenuta incompatibile con l’esercizio della libertà personale e dell’iniziativa privata.

A dir il vero nell’Italia fascista e nella Germania nazista si era formato un certo capitalismo statale gestito da due partiti molto autoritari, ma questi Stati erano troppo aggressivi in Europa per poter costituire un modello per tutti gli altri.

Oggi, in questa guerra contro la Russia, ci troviamo ad affrontare un capitalismo statale che non è più nelle nostre corde. Per un anno ci siamo illusi che con la potenza economica del nostro capitalismo privato avremmo avuto facilmente la meglio, soprattutto sul piano finanziario, su quella che a noi appariva una debole, fragile Russia. Siamo stati smentiti clamorosamente. Anzi sembriamo destinati anche a una sconfitta sul piano militare.

Ma che cos’è che rende il capitalismo statale russo così forte rispetto al nostro capitalismo privato? Sono cose che a noi mancano del tutto: l’indipendenza energetica (e, se guardiamo i cereali, anche alimentare), la forza morale (conseguente al fatto che la popolazione non è devastata dal consumismo), il senso patriottico della difesa nazionale (avendo questo Paese subìto periodici attacchi militari da parte dell’occidente), il rifiuto di usare il neocolonialismo per imporsi sui Paesi più deboli, un certo primato della politica sull’economia, un pluriconfessionalismo religioso (ortodossia cristiana, islam, buddhismo ecc.) che non si pone in competizione con lo Stato e non si allea coi suoi nemici.

L’occidente collettivo è destinato a perdere il confronto militare con la Russia, proprio perché siamo messi peggio in tutti gli altri campi. Cioè anche se raggiungessimo il livello qualitativo delle forze armate russe, non riusciremmo comunque a vincere, in quanto siamo privi del supporto che ci permette di usarle in maniera significativa.

La Russia potrà trovare in futuro un avversario di tutto rispetto solo da parte della Cina, che ha sviluppato un inedito socialismo di mercato. Ma anche in questo caso bisogna affermare che il socialismo democratico è un’altra cosa.

 

Can che abbaia, non morde

 

Il 16 ottobre scorso il “Wall Street Journal” pubblicò un articolo che meritava d’essere riportato. Aveva un titolo emblematico, che il nostro mainstream ha ignorato (chiediamoci perché nel riportare le news siamo peggio degli americani): “Gli Stati Uniti non sono pronti ad affrontare la Cina sul campo di battaglia”. L’autore era Seth G. Jones, vice-presidente del Centro per gli Studi Strategici e Internazionali, un think tank statunitense.

Lui sosteneva che il costante invio di armi da parte degli USA verso l’Ucraina determina carenze critiche in vari settori militari. Anzi è da parecchi anni che la potenza reale dell’esercito americano è in declino qualitativo. Questo perché quando gli USA sono entrati nella fase del monopolio finanziario, hanno accelerato la promozione di un’economia completamente distaccata dalla produzione industriale, pesando negativamente anche sull’industria militare.

Negli ultimi decenni si è verificata una gigantesca competizione mondiale nel settore dell’innovazione tecnico-scientifica in ambito militare, ma gli USA han preferito sovrastimare le proprie capacità, ignorando che il loro equipaggiamento sta invecchiando di giorno in giorno.

Per es. la maggior parte delle navi da guerra sono state prodotte 30-40 anni fa, sono quindi tecnologicamente superate e militarmente impotenti. I due incrociatori che hanno attraversato lo Stretto di Taiwan per mostrare la “forza” degli USA sono in servizio dagli anni ’80, e sono stati inclusi nell’elenco delle dismissioni.

La portaerei USS Gerald R. Ford, costata più di 14 miliardi di dollari, in costruzione dal 2009 e in servizio attivo dal 2017, ha avuto un processo di lavorazione fallimentare, ridicolizzato da ingegneri esperti, tanto che agli inizi del 2021 non era ancora pronta al combattimento.

Anche i caccia F-35A hanno numerosi difetti di fabbricazione.

Nel settore delle armi elettromagnetiche, del laser e dell’ingegneria aerospaziale gli USA si stanno facendo superare dalla Cina, che ha già sviluppato il DF-41, il più potente missile balistico internazionale del mondo, uno dei più letali, in grado di trasportare fino a 10 testate nucleari con una portata di oltre 12.000 km. Ciò significa che può colpire qualsiasi bersaglio sul suolo statunitense.

Inoltre la Cina è il primo Paese al mondo a possedere la tecnologia necessaria per poter utilizzare armi ipersoniche sulle proprie portaerei. Non solo, ma sta attualmente lavorando a una tecnologia che possa rendere i suoi lanciamissili della serie Dongfeng invisibili al rilevamento dei satelliti e dei raggi infrarossi di radar e droni.

Insomma siamo sicuri che gli USA e la NATO siano così pericolosi? Oppure vale il detto “can che abbaia, non morde”?

 

Ecologia farlocca

 

Smartphone, laptop e veicoli elettrici sono emblemi del mondo moderno, ma le loro batterie al litio sono alimentate dal cobalto, estratto per lo più da lavoratori schiavizzati nella Repubblica Democratica del Congo.

Sebbene la RDC abbia più riserve di cobalto rispetto al resto del pianeta messo insieme, non esiste una catena di approvvigionamento “pulita” nel Paese. Infatti gran parte del cobalto viene estratto dai cosiddetti minatori “artigianali”, lavoratori freelance che svolgono lavori estremamente pericolosi per pochi dollari al giorno. Le loro miniere spesso crollano con loro dentro. Quando sono fortunati si salvano grazie ai loro compagni che scavano a mano per liberarli.

A differenza degli operai industrializzati che estraggono cobalto, questi lavoratori vivono in condizioni subumane, degradanti. Usano picconi, pale, tratti di armatura per tagliare e scavare nella terra in trincee, pozzi e tunnel.

L’industria mineraria (controllata dai cinesi) ha devastato il paesaggio della RDC. Milioni di alberi sono stati abbattuti. L’aria intorno alle miniere è torbida di polvere e sabbia. L’acqua è stata contaminata da elementi tossici derivanti dalla lavorazione. Il cobalto è tossico da toccare e respirare. Persino giovani madri con bambini legati alla schiena lo respirano.

La Cina è fortemente investita nell’estrazione del cobalto, poiché quelle miniere forniscono il 60% del cobalto cinese e producono il 70% della fornitura mondiale. Tuttavia sono coinvolti anche giganti della Big Tech, come Tesla, Apple e Samsung.

Ironia della sorte: lo smaltimento delle batterie esauste avviene nelle discariche degli stessi Paesi da cui viene estratto.

In queste condizioni ha senso parlare di transizione verso fonti energetiche sostenibili?

Queste cose le dice Siddharth Kara nel suo nuovo libro Cobalt Red: How The Blood of The Congo Powers Our Lives. Lui è professore alla TH Chan School of Public Health di Harvard e alla Kennedy School.

 

[2] Guerra e pace

 

La guerra abbruttisce, non c’è niente da fare. Anche se pensi d’essere nel giusto, sei destinato a compiere cose che in una situazione normale non faresti mai. Sono le circostanze che ti condizionano. Puoi essere altruista quanto vuoi, ma se lo sei troppo, se pecchi d’ingenuità, il nemico ti farà fuori.

La guerra rappresenta un momento estremo della vita: son poche le sfumature che puoi sperimentare, quelle che ti permettono di esercitare una certa libertà di scelta o un gesto di umanità.

Non puoi fraternizzare col nemico, perché i tuoi superiori ti chiedono di odiarlo. E lo odierai anche se sai benissimo che dall’altra parte ci sono giovani come te, con cui, in altre circostanze, avresti potuto fare cose assolutamente normali. E se vincerai, loro ti odieranno ancora di più, soprattutto se li umilierai con una pace vergognosa, come fecero i francesi coi tedeschi nella prima guerra mondiale.

Ti saranno infinitamente grati gli alleati, soprattutto se li avrai liberati da una situazione per loro disperata, ma quelli ti apprezzavano e ti rispettavano anche prima, perché si sentivano vicini a te. Ma se non si sentono vicini a te, e tu li hai liberati lo stesso dall’oppressione di chi li calpestava, non t’illudere che ti saranno sempre riconoscenti.

Ogni guerra è orribile, sia quella in cui l’avversario lo vedi in faccia, sia quella in cui, sganciando bombe o missili a distanza, non lo vedi affatto. Anzi, se non lo vedi, se usi un’arma che può colpire chiunque, sei solo un vile, un uomo privo di coscienza, di cui il tuo Paese dovrebbe vergognarsi.

La guerra disumanizza, ti deforma, ti deturpa. Anche se tornerai a casa sano e salvo, ti resteranno ferite psicologiche. Avrai bisogno di essere rieducato mentalmente, altrimenti continuerai a essere aggressivo. Quanti han bisogno di continuare a combattere anche dopo aver ottenuto la pace? Quanti si trasformano da soldati regolari a mercenari? Si autoconvincono di non saper fare altro.

Non pensare che l’umanità abbia bisogno delle guerre per diventare migliore, per purificarsi di qualche colpa o per risolvere qualche problema insolubile. Queste sono tutte scemenze romantiche insegnate nelle scuole o che puoi leggere in qualche romanzo sentimentale. È più difficile essere eroi nella banalità della vita quotidiana. Chiedi alle donne come si fa, quelle normali, non quelle che assumono atteggiamenti maschili.

L’umanità ha bisogno di una giustizia sociale effettiva, al punto che nessuno potrà sentirsi con la coscienza a posto, sapendo che in qualche parte del pianeta qualcuno patisce le pene dell’inferno.

L’umanità ha bisogno di una verità profonda, appagante, che dia un senso alla vita, che permetta di riconciliarsi con l’esistenza. Ha bisogno di libertà nell’uguaglianza e di uguaglianza nella libertà.

Queste son tutte cose che le guerre, in sé, non possono dare, perché sono valori che si devono acquisire mentre si è in pace. Infatti, se esistessero, renderebbero impossibili le guerre.

Ecco perché il tuo destino te lo giochi o prima o dopo, creando le condizioni perché le guerre non avvengano o perché non si ripetano. Ecco perché non devi permettere che altri possano decidere per te. Non puoi pensare di sentirti un protagonista solo quando hai un’arma in mano. Prova a sentirti forte mentre sei disarmato. Mettiti alla prova. Pretendi che l’umanità intera risolva le sue controversie senza usare la forza. Fai di questa guerra un’occasione per cambiare stile di vita.

 

Voglio essere ottimista

 

Voglio essere ottimista sul destino del nostro vecchio continente.

Per un momento voglio dare per scontato un suo sconvolgimento epocale, conseguente alla sconfitta nucleare della NATO contro la Russia.

Poi do anche per scontato che seguiremo a ruota il fallimento economico e finanziario degli USA.

La deindustrializzazione si farà sempre più massiccia, a tutto vantaggio della Cina (non degli USA perché – come già detto – finiranno male anche loro, il cui destino sarà quello d’essere occupati da cinesi e sudamericani, che si ricongiungeranno con gli ultimi nativi rimasti nelle vergognose riserve create per loro).

A questo punto siamo destinati a essere sostituiti dagli africani, che da tempo arrivano in massa da noi.

Quelli sono migranti che fuggono da situazioni disperate, da noi fanno lavori di basso livello, non hanno competenze per usare la nostra tecnologia, al massimo usano i cellulari per tenersi in contatto tra loro. Le lingue le imparano facilmente perché già han dovuto subire quelle degli imperi coloniali. E, quanto al fisico, sono sicuramente più robusti di noi, vittime come siamo di una vita sedentaria, consumistica, intellettualoide. In mezzo a un disastro apocalittico chi soffrirà di meno saranno proprio loro, anche se i sopravvissuti in Europa saranno costretti a dare molto più peso alla campagna che non alla città.

Insomma noi europei siamo destinati ad africanizzarci. Già adesso sembra di esserlo a livello climatico. Le mezze stagioni sono sparite da un pezzo. Subiremo ondate migratorie come 40-50.000 anni fa, quando l’homo sapiens africano, stanco della savana, attraversò il Mediterraneo e si incontrò coi Neanderthal, creando gli europei.

In fondo per noi sarà come ritornare alle origini. L’homo sapiens ebbe la meglio sul Neanderthal, e oggi il migrante africano avrà la meglio su di noi. Metteremo finalmente una pietra tombale sul nostro assurdo razzismo.

 

Un comico irresponsabile

 

Mi aspetto che tra qualche mese Zelensky dirà: “Abbiamo perso per colpa vostra: non ci avete dato le armi che vi abbiamo chiesto. Non avete mandato le truppe che avevate promesso. Ci avete deluso, non siete abbastanza risoluti, ci siamo sacrificati per nulla.”

L’attore comico continuerà a recitare la sua parte. Infatti se sapesse far di meglio, avrebbe accettato le trattative subito dopo l’inizio dell’operazione speciale avviata da Mosca. Avrebbe perso due piccole repubbliche ma l’Ucraina sarebbe rimasta una grande nazione come estensione geografica, al pari di Francia e Germania.

Invece così perderà tutto. Anche da qui si capisce che come statista Zelensky non vale nulla.

Quando si fa una guerra bisogna contare anzitutto sulle proprie forze, e solo in subordine sull’appoggio dell’alleato.

Ma può un comico assumersi delle responsabilità? Zelensky è stato vittima della sua stessa recitazione.

 

[3] Opporsi a un ordine criminale è un dovere

 

Il Catechismo della Chiesa cattolica dice una cosa che era già stata detta dal Tribunale di Norimberga: “Ogni membro delle forze armate è moralmente obbligato a opporsi agli ordini che incitano a compiere crimini contro il diritto delle genti e i principi universali”. I crimini di guerra “non si possono giustificare con il motivo dell’obbedienza a ordini superiori”.

Un principio contro cui si erano scagliati i gerarchi nazisti sotto processo, i quali, da vigliacchi e amorali quali erano, addebitavano i loro comportamenti subumani alle direttive che ricevevano da istanze superiori. Quando i giudici del suddetto tribunale mostravano a quei nazisti prove concrete di militari tedeschi che si erano rifiutati di compiere atrocità sulle popolazioni slave o ebraiche, e che non per questo avevano subìto conseguenze disciplinari, non volevano ammetterlo, non ci volevano credere.

Questo per dire che, finita la guerra in Ucraina, chiunque abbia compiuto crimini contro l’umanità dovrebbe essere processato esattamente come colui che li ha ordinati o anche solo non impediti o tacitamente permessi.

È ora di finirla di attribuire alla guerra il pretesto per compiere qualunque azione immorale sul campo di battaglia. Se non riusciamo a capire che la guerra in sé è un’azione immorale, in quanto qualunque controversia andrebbe risolta pacificamente, dovrebbe però essere chiaro che, finita la guerra, chi ha sbagliato dovrà essere sottoposto a giudizio, fosse anche il presidente di una nazione. Anzi, di più: fosse anche il Consiglio di sicurezza dell’ONU, che non è mai riuscito, minimamente, a impedire alla giunta neonazista di Kiev di compiere nefandezze nei confronti dei russofoni del Donbass, costringendo la Russia a intervenire militarmente.

Se nel Consiglio di sicurezza non si riescono a prendere decisioni utili ai destini dell’umanità, regionali o universali che siano, allora vuol dire che quel Consiglio si regge su regole sbagliate. Quando le cose non funzionano e non si vuole che funzionino, allora è meglio rottamarle e ricostruirle completamente.

Se aveva ragione John Kennedy quando diceva: “L’umanità deve porre fine alla guerra o la guerra porrà fine all’umanità”, allora bisogna dire che, per come funziona, l’ONU non è in grado d’impedire alcunché.

 

Basta la legittima difesa?

 

Se uno afferma che le esigenze della legittima difesa giustificano l’esistenza delle forze armate, che devono essere al servizio della pace, sta dicendo una cosa sensata o no?

È sensata solo in astratto, poiché è giusto affermare che quando la violenza si manifesta come legittima difesa, non può essere incriminata. Cioè può essere sottoposta a giudizio solo per verificare se quella violenza sia stata, oltre ogni ragionevole dubbio, l’unico mezzo per sopravvivere, e se sia stata esercitata in maniera proporzionale al pericolo imminente o al danno ricevuto, nel senso che non si può abusare del proprio potere o della propria forza per infierire sull’avversario o sul nemico.

Questo per quanto riguarda il piano etico o giuridico, ma sul piano sociale, culturale, politico affermazioni del genere servono a poco.

Nei rapporti tra gli Stati infatti dovrebbe vigere il principio secondo cui, quanto più ci si rispetta, tanto meno si dovrebbe fare ricorso alle armi per difendersi. Se c’è fiducia reciproca, collaborazione, cooperazione, non si ha bisogno di pensare anzitutto a una legittima difesa armata. Le armi andrebbero tollerate per sfamarsi, vestirsi ecc., non per offendere o per attaccare qualcuno.

In cucina ci sono molte armi con cui un coniuge può ammazzare il proprio partner, ma se dovesse farlo solo perché è possibile un loro doppio uso, cesserebbero le relazioni sentimentali, le unioni matrimoniali, le esigenze riproduttive.

È quindi evidente che quando si sta insieme, non si pensa neanche lontanamente a quel che di tragico ci può capitare. Perché dunque tra gli Stati non dovrebbe essere la stessa cosa? Per quale motivo si continuano a costruire armi il cui uso è univoco, è unilaterale? Un missile o un carro armato potrebbe forse essere usato per uno scopo pacifico o civile? Perché costruiamo armi per fare quanto più male possibile a chi consideriamo diverso da noi? Cosa c’è che non funziona nelle relazioni diplomatiche di buon vicinato?

 

L’ipocrisia occidentale

 

Per il diritto internazionale è noto che una guerra di aggressione è intrinsecamente immorale. Sicché i responsabili di uno Stato aggredito hanno il dovere di organizzare la difesa anche usando la forza delle armi. Persino la teologia cattolica, nel suo Catechismo e nella sua Dottrina sociale, sostiene questo principio.

In particolare il Vaticano afferma che “L’uso della forza, per essere lecito, deve rispondere ad alcune condizioni: il danno dell’aggressione sia durevole, grave e certo; tutti i mezzi per porvi fine siano impraticabili o inefficaci; il ricorso alle armi non provochi mali e disordini più gravi”. Dopodiché l’intellighenzia cattolica ritiene che il caso della guerra russo-ucraina si applica in maniera emblematica alla validità di queste affermazioni.

Ecco un brutto modo di fare etica e di fare politica. Non viene usata la teoria come guida di carattere generale, non vincolante, per capire una situazione complessa, ma viene usata questa situazione per confermare quella teoria. Cioè non si accetta l’idea che una determinata situazione possa smentire o rettificare o anche solo meglio precisare la teoria in qualche suo aspetto, o che la teoria si immerga preventivamente, sino in fondo, nei fatti, per poterli capire adeguatamente. Sarebbe troppo chiedere a un intellettuale cattolico una cosa così semplice. Si preferisce invece fare della teoria un totem da adorare, un dogma intoccabile, dopodiché si piegano, si coartano i fatti per farli corrispondere a ciò che si cela dietro questa teoria.

E qual è il sottostante, il background di questa tesi apparentemente giusta? È l’interesse fazioso (prevalentemente economico e geopolitico) sostenuto da un pregiudizio di fondo: la Russia è un nemico storico dell’occidente, è l’impero del male, è uno Stato canaglia, Putin è un incorreggibile guerrafondaio, l’esercito russo compie crimini contro l’umanità, per cui la russofobia è lecita, così come è lecita qualunque arma per distruggere quella Federazione.

Ecco a cosa è arrivato l’occidente, a dire cose apparentemente giuste secondo un fine totalmente ingiusto. I pellerossa avevano capito subito che gli yankee avevano una lingua biforcuta. Noi in Europa, dopo vari millenni di storia, ancora non l’abbiamo capito.

 

Le cose dovranno cambiare per forza

 

Considerando che l’Ucraina è estesa due volte l’Italia (anche se prima della guerra aveva una popolazione ch’era la metà di quella tedesca), se i russi riusciranno davvero a denazificarla come nazione e a impedirle di entrare nella NATO, bisognerà rivedere in Europa tutti i criteri che garantiscono la sicurezza reciproca tra gli Stati.

Se questa guerra verrà vinta dalla Russia, gli altri Stati aderenti alla NATO, che si trovano ai suoi confini, non potranno reiterare le condizioni per una nuova carneficina, altrimenti questa guerra sarà stata inutile.

Qui bisogna mettersi in testa che la pace si ottiene col disarmo reciproco, reciprocamente controllato. Gli atteggiamenti aggressivi, provocatori, minacciosi vanno decisamente superati.

Se gli Stati confinanti con la Russia non assumeranno atteggiamenti concilianti, se si vanteranno d’essere russofobi, se si metteranno a perseguitare le minoranze russofone presenti nei loro territori, il loro destino sarà segnato. Non ci sarà NATO che potrà tutelarli.

Bisognerà ripensare completamente i criteri della coesistenza pacifica, anche perché la Russia non può continuare a vivere coi missili puntati verso le sue città. Qualunque arma in grado di colpire a distanza, andrà smantellata.

I rapporti diplomatici tra Stati sono molto importanti, ma se la UE perde il confronto militare con la Russia, non sarà possibile rinunciarvi per molto tempo. Infatti la Russia non è solo un Paese asiatico ma anche europeo. Non possiamo far finta che non abbia confini con l’Europa. La Repubblica federale tedesca stabilì relazioni diplomatiche con Israele solo nel 1965: questo perché Israele voleva essere risarcita. Ma erano geograficamente molto distanti. Potevano permettersi una certa reciproca estraneità. La Russia europea ci è vicina persino sul piano culturale.

 

Bakhmut e Tatarsky

 

L’agenzia privata Wagner ha issato la bandiera russa con la scritta “Buona memoria a Vladlen Tatarsky” e la bandiera del PMC “Wagner” sull’amministrazione municipale di Bakhmut. Legalmente Bakhmut è caduta, anche se ora gli ucraini sono concentrati nelle regioni occidentali.

Il noto blogger e corrispondente militare Vladlen Tatarsky (al secolo Maxim Fomin) è stato ucciso il 2 aprile da una terrorista di 26 anni, Daria Trepova, assoldata dai servizi ucraini, che ha messo una bomba nel bar ove lui si trovava a San Pietroburgo, in cui altri 32 civili sono rimasti feriti, alcuni in modo grave. L’aveva messa in una statuetta regalata personalmente a lui.

Anche la giornalista Tatyana Lyubina, così come l’organizzatore del “Reggimento immortale” a Tallinn, Sergei Chaulin, espulso dall’Estonia lo scorso anno, sono rimasti feriti.

Da notare che a tutt’oggi neppure un caso di morte violenta di un giornalista russo, salutato come un successo dal regime di Kiev, è stato indagato dai Paesi occidentali, dalle organizzazioni internazionali o dalle comunità professionali straniere, né è stata mostrata una qualche minima solidarietà umana.

Eppure fino a poco tempo fa l’occidente marciava unito a Parigi in difesa dei giornalisti presi di mira dagli attacchi terroristici islamici.

Le attività professionali di Tatarsky erano odiate dal regime di Kiev a causa dei suoi filmati sulla guerra in Ucraina realizzati coi droni. Era nato nella città di Makeevka, un importante centro metallurgico e di estrazione del carbone nella regione di Donetsk, da una famiglia di minatori. Tra la fine del 2014 e il 2019 aveva prestato servizio in diverse unità della milizia del Donbass, poi era passato al giornalismo. Aveva scelto quello pseudonimo in onore di Vavilen Tatarsky, eroe del romanzo allegorico post-modernista Generation P dello scrittore russo Viktor Pelevin.

La Trepova è ricercata insieme al marito Dmitry Rylov, membro del Libertarian Party, già arrestati e rilasciati a febbraio durante una manifestazione contro la guerra russo-ucraina.

È chiaro cosa vuol dire essere terroristi? In nome di idee che si ritengono giuste si compiono atti profondamente criminali.

 

[4] Rifare il diritto dall’ABC

 

È noto che l’art. 11 della nostra Costituzione collega due elementi diversi: il ripudio di una guerra di aggressione per se stessi e l’affidamento al multilateralismo, in particolare all’ONU, contro le guerre di aggressione altrui.

Posto questo, cos’hanno aggiunto tutti i nostri costituzionalisti dopo l’inizio dell’operazione speciale del 24 febbraio scorso? Praticamente, alla domanda su cosa fare se l’ONU non è in grado di operare, dato che la Russia ha diritto di veto, hanno risposto in coro (salvo eccezioni): “Si cerca di aiutare chi è aggredito, anche con armi. Inoltre possono intervenire altre realtà multilaterali come UE e NATO, che è un’alleanza difensiva liberamente scelta dai contraenti”.

Queste posizioni così astratte fanno cadere le braccia. A parte il fatto che quando si entra nella UE la prima cosa che chiedono, ufficiosamente, agli Stati ex-comunisti è che se vogliono i fondi europei devono entrare o promettere di entrare nella NATO. A parte questo, inevitabilmente ti chiedi cosa insegnino questi accademici agli studenti universitari. Fanno del diritto un’ideologia che impedisce un affronto contestuale (storico-politico) dei conflitti in atto. Come se fossero dei sacerdoti con la verità in tasca.

Capisci facilmente la loro ristrettezza mentale dal fatto che neanche una volta hanno applicato le loro interpretazioni giuridiche alle guerre scatenate dagli USA, dalla NATO e dalla UE. Per loro se questi tre soggetti sono d’accordo e non lo è la Russia, la guerra è legittima, proprio perché la Russia si avvale del diritto di veto all’ONU.

Cioè praticamente danno per scontato: 1) che la Russia abbia sempre torto e l’Occidente collettivo sempre ragione; 2) che il Consiglio di sicurezza dell’ONU non serva a niente; 3) che se le decisioni vengono prese dall’occidente collettivo, le guerre non sono mai offensive ma difensive e comunque a tutela del diritto internazionale.

Non si chiedono mai come rivedere i princìpi su cui si regge il suddetto Consiglio di sicurezza. Non si preoccupano mai di valutare le situazioni conflittuali nella loro specificità, caso per caso.

Cosa disse Putin di giuridico per giustificare l’intervento armato? 1) L’ONU non è stato in grado di garantire nulla a tutela delle due repubbliche del Donbass; 2) gli Accordi di Minsk, sottoscritti da Francia e Germania, non sono serviti a niente, in quanto la guerra civile non è mai finita; 3) il governo neonazista di Kiev vuole entrare nella NATO, che per la Russia è una minaccia mortale; 4) tale governo è pronto a occupare le due suddette repubbliche e persino la Crimea (e non ha punito chi ha compiuto la strage di Odessa); 5) non riusciamo a capire perché queste due repubbliche non possano avere una loro autonomia quando lo stesso occidente l’ha riconosciuta al Kosovo, separandolo dalla Serbia.

Per i nostri costituzionalisti queste giustificazioni erano aria fritta. Al cospetto di intellettuali del genere fai poi fatica a dire che la guerra è stata voluta solo da Biden e dal suo portavoce Stoltenberg e dagli statisti della UE. Il nostro diritto va rifatto dalle fondamenta.

 

La proporzionalità ci porterà al nucleare

 

Gli ipocriti costituzionalisti di casa nostra fanno questo ragionamento: la proporzionalità deve essere il criterio guida sulla scelta dei mezzi militari da inviare a Kiev, proprio perché l’Italia non è in guerra con la Russia.

Quindi fino adesso, sulla base della narrativa precostituita e assolutamente astratta di Paese aggredito e Paese aggressore, noi abbiamo dato all’Ucraina armi sufficienti a difendersi.

Infatti per più di un anno i neonazisti di Kiev sono riusciti a non capitolare, non avendo accettato alcuna resa incondizionata e avendo posto, nelle poche trattative realizzate con la mediazione turca, delle condizioni che ai russi apparivano infattibili.

Ora però, se si continua a ragionare in termini così fuori dalla realtà, come si procede? Dopo la disfatta a Bakhmut cosa pensano di fare gli occidentali per evitare che venga distrutta anche Kiev? Il fatto di aver concesso a Zelensky fiumi di denaro e di armi ci autorizza a impedire che siano gli ucraini a decidere come far finire questa guerra?

Se si continua a ragionare col criterio della proporzionalità, ad ogni successo sul campo di battaglia dell’esercito russo, finiremo col ritenere equo l’invio di armi all’uranio impoverito, fino al punto in cui non resterà che usare le armi atomiche vere e proprie. È davvero questo che vogliamo? Fino adesso non abbiamo indovinato neanche una previsione sul destino della Russia. Possiamo rischiare che la ritorsione di Mosca all’uso del nucleare da parte nostra, non avrà su di noi le conseguenze apocalittiche che ci vogliono far credere? A questi livelli di pericolosità il gioco vale la candela?

Ma soprattutto a questi livelli di assistenza militare e finanziaria come potremo continuare a sostenere che non siamo in guerra con la Russia? Davvero per sentirsi parte attiva in un conflitto militare è necessaria una esplicita dichiarazione di guerra? Ci rendiamo conto che se questa dichiarazione venisse fatta dagli USA, la UE, appartenendo alla NATO, non potrebbe sottrarsi all’obbligo di entrare in guerra?

La Russia ci considera già co-belligeranti, e di tutte le nazioni europee teme soprattutto quelle dotate di armi nucleari, in grado di colpirla a distanza entro i propri confini. Il fatto che noi non si dichiari guerra con tutti i crismi formali, o che si voglia continuare il conflitto, usando gli ucraini in una guerra per procura, sta diventando una sfumatura irrilevante, come le 16 definizioni di grigio quando i monitor a colori non esistevano.

Se tutta questa resistenza al male l’avessimo usata per impedire a Kiev di distruggere le due repubbliche autonomiste, a quest’ora vivremmo tutti felici e contenti.

 

Arroganza e falsità

 

Gli statisti occidentali continuano a ragionare secondo questo criterio assurdo: fino adesso è stato giusto inviare armi difensive all’Ucraina al fine di evitare una vittoria totale e rapida dell’aggressore, la cui forza è incomparabilmente maggiore, e per ricondurre tutti alla trattativa. Ora, visto che la Russia, dopo oltre un anno di guerra, ha conquistato sempre più territori, bisogna dedurre che le armi consegnate non siano state sufficienti, per cui è giusto rifornire il Paese di armi molto più potenti, che permettano di compiere anche una controffensiva o comunque di minacciare la sicurezza delle forze militari russe, delle loro città, dei loro confini. Solo se la Russia subisce delle gravi sconfitte territoriali sul campo, ha senso parlare di negoziati. Se si parte dalla trattativa, si deve ammettere la resa incondizionata.

Questa la dottrina militare dell’occidente collettivo, che sovrasta nettamente l’analisi oggettiva della situazione reale. Gli statisti non vogliono trattare finché non hanno conseguito una vittoria militare significativa sul campo di battaglia, sicché per ottenerla faranno di tutto, fino a considerare l’Ucraina un Paese della UE e della NATO, anche se non lo è né di fatto né di diritto.

Cioè ci può essere una pace ma condizionata da una trattativa. In caso contrario la NATO dimostrerà di non essere all’altezza del compito e si permetterà alla Russia di violare impunemente il diritto internazionale, facendole credere di poter ripetere con altre nazioni ciò che ha fatto in Ucraina.

Al momento questi statisti stanno puntando sulla Cina, cercando di convincere Xi a fare da intermediario. Non riescono ad accettare l’idea che l’occidente collettivo è arrivato al capolinea, e che di tutta la sua arroganza e falsità i 3/4 dell’umanità è stanca. Ormai han capito tutti che il diritto internazionale si basa esclusivamente sugli interessi dell’occidente.

 

Conserviamo memoria degli errori compiuti

 

Quando il 1° marzo 2022 il Senato e la Camera del nostro Parlamento approvarono a maggioranza – contrari 13 senatori e 25 deputati – il “decreto Ucraina”, che all’art. 1 autorizzava a fornire armi letali a Kiev per contribuire alla sua difesa, i nostri politici avevano nella sostanza compiuto una dichiarazione di guerra. Tant’è che, in maniera ipocrita, per non far vedere che si stava nettamente violando l’art. 11 della Costituzione, si decise di mantenere segreta la lista delle armi da inviare. L’intero governo Draghi andrebbe posto sotto processo, e anche quello della Meloni, non avendo fatto altro che peggiorare la situazione.

L’Italia dovrà per forza pagare le conseguenze di questo atto scriteriato e reiterato. Non potrà trincerarsi dietro le solite frasi, del tipo: “Ce l’ha chiesto l’Europa”, “Facciamo parte di un’Alleanza atlantica”... Uno statista o anche solo un parlamentare o un politico che non sa ragionare con la propria testa, che non può prendere decisioni in autonomia, dovrebbe dimettersi da qualunque incarico, anzi dovrebbe cambiare mestiere, poiché non avrebbe il diritto di sottrarsi al giudizio di un tribunale internazionale. Sfruttare il privilegio dell’immunità parlamentare per compiere nefandezze, è una delle cose più spregevoli che esistano.

Chiunque, invece di impedire una guerra, la istiga, la fomenta, rifiuta l’uso della trattativa, della diplomazia, o, peggio ancora, si schiera apertamente dalla parte di uno dei contendenti, rifiutandosi di ascoltare le ragioni dell’altro, e agisce subdolamente dietro le quinte, come se fosse una guerra per procura, dovrebbe subire una condanna penale, poiché con le sue azioni, dirette o indirette, ha mandato a morte decine, centinaia di migliaia di persone. La politica non può essere una scienza che esenta da conseguenze penali quando in nome di talune idee o ideali si compiono degli omicidi.

Chiunque abbia pensato, anche solo per un momento (per es. in una votazione parlamentare), che sarebbe stato meglio armare Kiev che trattare con Mosca, o che, armando l’Ucraina, si sarebbe costretta la Russia alla trattativa, indipendentemente dalla situazione pregressa nel Donbass, meriterebbe d’essere processato quanto meno in un tribunale di carattere etico-politico, giusto per far capire alle generazioni successive che questi comportamenti sono eticamente riprovevoli e politicamente antidemocratici.

È da bellicisti, da guerrafondai affermare che, siccome l’ONU, nel caso dell’Ucraina, non poteva far niente, poiché nel Consiglio di sicurezza la Russia avrebbe posto il veto a qualunque risoluzione a suo sfavore, non restava altro da fare che armare il governo di Kiev. È stato da criminali sostenere che l’unica decisione possibile alla risoluzione di quel conflitto non era una conferenza internazionale ma una dichiarazione di guerra, esplicita o ibrida che fosse.

Noi non solo abbiamo provocato immani disastri umanitari e ambientali, ma, così facendo, abbiamo avallato i comportamenti e le decisioni di un governo profondamente antidemocratico, pervaso da un’ideologia nazionalista e persino neonazista.

 

Forza muscolare e debolezza politica

 

Dal 12 al 23 giugno si svolgerà in Germania la più grande esercitazione di aerei militari della storia della NATO sotto la guida della Luftwaffe.

Saranno coinvolti più di 10.000 militari con oltre 220 velivoli di 25 tipi differenti, provenienti da 24 Paesi diversi. Le zone più interessate saranno sul Mare del Nord e sul Mar Baltico.

La Germania (il cui governo è totalmente prono alla volontà americana, come mai successo prima), sta svolgendo a puntino il suo ruolo di “hub di difesa collettiva” in Europa. Non dimentichiamo che ospita l’aeroporto militare di Ramstein, uno dei fulcri della presenza americana nel continente.

L’obiettivo dell’esercitazione è mostrare che l’Occidente è pronto alla guerra.

Tuttavia la deputata Sevim Dagdelen, del Partito della Sinistra, ha fatto capire a Scholz che dopo 78 anni è ora che i soldati americani tornino a casa. Questo perché tutti gli altri alleati hanno lasciato la Germania molto tempo fa.

Ha poi aggiunto:

Le basi militari americane si comportano come zone extraterritoriali in cui la Costituzione è stata abolita. Dal suolo tedesco si combattono guerre che violano il diritto internazionale. E come se lo statuto di occupazione fosse ancora in vigore.

C’è stato un tempo in cui il Bundestag era più coraggioso. Ricordo la decisione di ritirare le armi nucleari statunitensi nel 2010, presa dall’ex ministro degli Esteri Westerwelle. Quella decisione non è stata ancora attuata. Quei tempi sono ormai lontani, ma noi della sinistra restiamo fermi sulle nostre posizioni: le armi nucleari statunitensi devono sparire. Ora invece il governo sta permettendo agli Stati Uniti di mandarci nel mezzo del fuoco, fornendo carri armati Leopard. Non solo, ma il governo si rifiuta di sostenere una commissione d’inchiesta internazionale sugli attacchi terroristici ai gasdotti Nord Stream.

Gli Stati Uniti danno l’impressione di non aver bisogno di alleati, ma solo di lealisti. Senonché sempre meno Paesi tra i più forti al mondo sono disposti a sopportare tutto ciò. Infatti la base dell’amicizia comune deve essere il rispetto delle persone e del diritto internazionale. Ma perché il governo tedesco si rifiuta, anche dopo 20 anni, di condannare la guerra di aggressione degli Stati Uniti contro l’Iraq come una violazione del diritto internazionale? Perché non si batte per il rilascio del giornalista Julian Assange, che rischia 175 anni di carcere negli Stati Uniti per aver pubblicato crimini di guerra? Perché non avete offerto asilo al dissidente Edward Snowden?

Personalmente mi chiedo perché queste voci ci abbiano messo più di un anno a farsi sentire.

 

Nona sinfonia stonata

 

Quella guerrafondaia della Nona Mikhelidze, che sbava odio atavico come un cane idrofobo, e che non si capisce perché continuino a intervistarla, ha detto il 3 aprile a “Tagadà” che Tatarsky è stato ammazzato dai russi, che ormai non sopportano più il gruppo Wagner. Questo perché la bomba è stata messa in un ristorante di Prigozhin, il capo del gruppo Wagner!

Come se avesse detto: la bomba non era per eliminare Tatarsky, ma per distruggere il ristorante di Prigozhin! Infatti Tatarsky non aveva mai combattuto nella Wagner, ma dalla Wagner era molto stimato per i suoi servizi giornalistici. Ecco perché Prigozhin gli ha dedicato la conquista di Bakhmut. Non solo, ma ha deciso anche di arruolarlo nella Wagner dal 2 aprile 2023 per assicurare ai familiari le garanzie sociali previste per i morti combattenti di questa agenzia privata.

Lo stesso Putin l’ha insignito postumo dell’Ordine del coraggio con decreto presidenziale.

 

[5] Verità e libertà

 

Noi non abbiamo bisogno di vivere le pene dell’inferno per capire come dev’essere il paradiso. Evitiamo, per favore, questi discorsi moralistici a sfondo religioso. La guerra in Ucraina, Paese in maggioranza ortodosso (di cui una corrente nettamente antirussa), con forti elementi cattolici nell’area occidentale, guidato da vari esponenti di origine ebraica, ha dimostrato che la religione non serve assolutamente a nulla. Anche tutte le confessioni religiose esterne a quel Paese non sono state capaci, in un anno di conflitto, d’intavolare alcuna iniziativa di pace o di proporre una trattativa ragionevole. I credenti vivono sulla luna: al massimo organizzano soccorsi umanitari.

Diciamo quindi che le sofferenze, al massimo, ci aiutano a capire come le cose non dovrebbero essere, visti i guasti che il male compie. Ma questo non è certo sufficiente per capire che tipo di bene dovremmo vivere, altrimenti non ripeteremmo continuamente gli stessi errori.

Il buon senso ci dice che dovremmo far tesoro delle sofferenze del passato per riuscire a porre nel presente quelle condizioni che impediscono la reiterazione del male. Siamo capaci di individuare queste condizioni?

Di sicuro non possiamo andarle a cercare nel diritto internazionale, poiché anche in questo campo il fiasco è stato totale. Politici, giuristi, analisti...: qui sembra che nessuno riesca a capire come si possa vivere in pace, né come la pace possa essere vissuta nella giustizia, né come la giustizia possa vivere nella libertà.

C’è un passo nei vangeli (ma sicuramente sarà presente in altri testi religiosi) che dice: “la verità vi renderà liberi”. È vero? Sì ma a condizione di rovesciarlo: “la libertà vi renderà veri”.

Dunque qui bisogna lavorare sul concetto di libertà usando la massima verità possibile. Se ne saremo capaci, forse avremo un futuro, altrimenti il nostro destino sarà segnato. È inutile attendere con ansia la fine di questa guerra, perché prima o poi ne avremo un’altra. La guerra è come la pubblicità quando guardi un film alla televisione: ce n’è così tanta che ti chiedi se sia il film a essere interrotto dalla pubblicità o il contrario.

Di per sé la sofferenza, anche la più grande di questo mondo, la più terribile di tutti i tempi, non garantisce un fico secco. O il genere umano dimostra di possedere una certa intelligenza politica delle cose, una certa sensibilità etica con cui vivere la vita, oppure è meglio che si consideri come l’essere più inutile dell’intero universo.

Mettiamoci quindi nella testa che il primo principio da realizzare, prima ancora della sovranità politica degli Stati e dell’integrità territoriale di una nazione, è l’autodeterminazione dei popoli. Senza questo principio, è vano parlare di democrazia o di governo del popolo o di responsabilità personale e collettiva.

 

A che serve la sofferenza?

 

Considerando che l’Europa ha vissuto due guerre mondiali all’interno di un solo secolo, di cui la prima, tra morti, feriti e mutilati, ha coinvolto 37 milioni di persone, mentre la seconda, solo per i morti, ne ha avuti tra i 60 e i 68 milioni, e considerando che adesso ci stiamo infilando in una terza, uno può arrivare a farsi questa semplice domanda: a che serve soffrire?

Le sofferenze, dovute a drammi e tragedie piuttosto gravi, destinati a durare nel tempo, servono a capire qualcosa di vero o di utile, o in sé non servono a niente? Per come si stanno mettendo le cose, bisogna ammettere che il dolore in sé non insegna nulla di positivo. Sembra che ogni generazione debba pagare con una guerra devastante il prezzo delle proprie contraddizioni. È possibile che non si riesca a uscire da questo circolo vizioso?

Qui siamo in presenza di una cosa seria, che va al di là della guerra in Ucraina o della guerra tra Federazione Russa e Occidente collettivo. Infatti, comunque si concluda questo conflitto, noi tutti abbiamo il dovere di porre delle condizioni capaci, almeno in via ipotetica, di scongiurare il ripetersi di nuove tragedie.

Certo, in ultima istanza tutto dipende da come usiamo la nostra libertà di scelta. Tuttavia è anche vero che coi mezzi di distruzione di massa a nostra disposizione dobbiamo stare molto attenti a non compiere degli errori fatali, proprio perché potremmo non avere un’altra possibilità per porvi rimedio.

Personalmente ritengo che la principale condizione su cui far leva per uscire da questa reiterazione del male sia quella di superare tutte quelle forme di dipendenza indipendenti dalla nostra volontà.

La dipendenza reciproca è inevitabile, in quanto siamo animali sociali, ma una cosa è doverla subire come un limite esterno, assolutamente insuperabile, un’altra è poterla tenere sotto controllo, in maniera tale da poter esercitare una certa responsabilità personale.

 

Questioni finanziarie ignote

 

In termini di aiuti totali (finanziari, militari e umanitari) all’Ucraina, i primi tre Paesi sono: Stati Uniti, Polonia e Regno Unito. Se consideriamo solo gli aiuti finanziari, i primi tre Paesi sono: Stati Uniti, Regno Unito e Canada. La maggior parte degli aiuti finanziari, provenienti dagli USA, non sono sovvenzioni, ma prestiti. Siamo occidentali!

All’inizio del 2022 il debito estero dell’Ucraina aveva già raggiunto il 65% del PIL. A novembre superava il PIL annuale. Ad oggi non esiste un quadro preciso, poiché Kiev ha mantenuto segreti i termini dei prestiti, le condizioni e i tassi d’interesse.

Insomma è uno Stato completamente fallito, in mano ai creditori. Il FMI stima che l’Occidente dovrà stanziare dai 3 ai 5 miliardi di dollari al mese per aiutare l’Ucraina quest’anno.

La direzione del FMI ha ammesso che il pacchetto di aiuti previsto per l’Ucraina è il primo caso di prestito a un Paese in piena guerra (le regole del Fondo vietano di concedere prestiti a tali Paesi).

Ma la cosa più paradossale è che la Russia, essendo in credito di 3,87 miliardi di dollari nei confronti del FMI, sta finanziando la politica antirussa di questo stesso fondo!

Fonte: ideeazione.com

 

Il sogno dei polacchi

 

Sergey Naryshkin, direttore del Servizio di intelligence internazionale russo, ha delineato i piani della Polonia per impadronirsi dell’Ucraina occidentale.

Ha detto che la Polonia ultra nazionalista sta aspettando che l’Ucraina perda la guerra per occupare alcuni suoi territori, i cosiddetti ex “kresy orientali”.

Il termine “kresy” è un germanismo della lingua polacca che significa “linea” o “confine”. Come tale designa i territori orientali annessi dalla Polonia durante il Medioevo e perduti in seguito alle spartizioni polacche alla fine del XVIII sec. Territori riottenuti da Francia e Inghilterra dopo la fine della prima guerra mondiale per fare della Polonia una immeritata grande nazione da contrapporre a Germania e Russia. In principio il termine indicava le terre sud-occidentali dell’ex Ucraina polacca, ma poi si estese anche ad alcuni territori appartenenti alle repubbliche di Lituania e di Bielorussia.

Quindi se Kiev facesse la pace subito, non sarebbe abbastanza debole per privarla di un “braccio”! La dirigenza polacca è così perversa che considera l’assistenza costante al regime di Kiev come una condizione sicura per portarlo alla catastrofe e quindi fare della Polonia una potente nazione europea, ampiamente sostenuta dagli USA, in procinto di essere dotata di armi nucleari e in grado di dettare le regole alla UE.

Quali sono le terre o le città orientali che tra le due guerre dal 1918 al 1939 appartenevano alla Polonia? È presto detto: la città di Vilna (Vilnius), le bielorusse Grodno e Brest e le città dell’Ucraina occidentale: Lutsk, Rivne, Ternopil, Ivano-Frankivsk e Leopoli.

Quindi aspettiamoci un attacco polacco anche alla Bielorussia.

 

[6] Storia del socialismo in nuce

 

Se ci pensiamo, tutto il pensiero etico e politico di Marx può essere racchiuso in poche sue frasi: “La necessità di rinunciare alle illusioni su se stessi è la necessità di rinunciare a una società che ha bisogno di illusioni”.

Praticamente spostava il problema dall’individuo alla società, cioè più che lavorare su di sé per migliorarsi, sperando che col tempo migliori l’intera società (che è poi la posizione tolstoiana), è preferibile cambiare la società. Il miglioramento dell’essere umano avverrà di conseguenza. E per “società” non intendeva, come i socialisti utopisti, delle “isole” di società, ma la società nel suo insieme, partendo dalla conquista delle leve statali.

Pertanto se fino adesso ci si è limitati a interpretare il mondo per renderlo migliore, d’ora in poi – diceva nelle Tesi su Feuerbach – bisogna pensare a come trasformarlo. Col che seppelliva la filosofia in nome della politica rivoluzionaria.

Ma perché il sistema andava rovesciato? Quand’era molto giovane e criticava Hegel diceva che gli uomini vivono in un mondo capovolto, in cui non è lo Stato che dipende dalla società ma il contrario. Cioè quel che dovrebbe stare sotto, in realtà sta sopra.

Poi quando se ne andò a vivere in Francia capì che se nella società non si risolve il problema della proprietà privata dei principali mezzi produttivi, non si riesce a risolvere nessun altro problema. Di qui l’idea di attribuire al proletariato industriale, totalmente privo di proprietà, il compito di ribaltare il sistema.

Grande fu la sua delusione nel vedere che le rivoluzioni proletarie del 1848-49 erano fallite tutte. Sicché quando andò a vivere a Londra divenne pessimista, e cominciò a dire che fino a quando le società non esauriscono tutto il loro potenziale produttivo, cioè fino a quando la miseria non si taglia a fette, è impossibile fare delle rivoluzioni.

Purtroppo per lui e per le sue idee nella seconda metà dell’800 nacque l’imperialismo. Cioè quella pratica industriale che, mentre sfruttava buona parte dell’umanità più arretrata dell’Europa, permetteva di alzare i salari degli operai, che così si “imborghesivano”. I partiti di sinistra facevano il resto, convincendo la classe operaia ad attendere che tutta la società si industrializzasse, eliminando la piccola proprietà contadina e artigianale, così si sarebbe formato un grande e potente proletariato, di fronte al quale la borghesia non avrebbe potuto far nulla.

Poi però arrivò Lenin che ribaltò tutto. Infatti cominciò a dire che fino a quando esiste l’imperialismo tutto l’occidente si corrompe in una maniera incredibile, e non è che si può aspettare la fine di questo imperialismo prima di fare una rivoluzione proletaria. Se gli operai non riescono a organizzarsi da soli per rovesciare il sistema, devono farlo gli intellettuali tramite un partito e un loro organo di stampa libero di pubblicare ciò che vuole.

Lenin pensò di sfruttare l’occasione della guerra mondiale, catastrofica per le sorti della Russia, per invitare la popolazione a insorgere: la guerra imperialista andava trasformata in guerra civile. I partiti socialisti dell’Europa occidentale lo consideravano un pazzo, in quanto la Russia era un Paese arretrato sul piano industriale, per cui non avrebbe potuto avere un proletariato in grado di gestire la società. Prima avrebbe dovuto esserci una gestione democratico-borghese dell’economia.

Ma lui dimostrò il contrario e tutti gli Stati occidentali cominciarono a odiare la Russia in modo feroce. Non però i Paesi che subivano l’imperialismo. Quelli cominciarono a vedere la Russia come un modello da imitare.

Certamente da quel glorioso Ottobre 1917 è passato più di un secolo pieno di errori, anche piuttosto gravi, compiuti dal cosiddetto “socialismo reale”, cioè statalizzato, e dalle riforme con cui s’è cercato di migliorarlo. Però la speranza di poter cambiare le cose è rimasta. E il destino ha voluto che oggi sia di nuovo la Russia a dire al mondo intero, soprattutto all’Africa e all’America latina, che ci si può liberare del globalismo occidentale.

 

Ma perché i russi non ci odiano?

 

Il 31 marzo scorso è stato pubblicato il testo del “Concetto di politica estera della Federazione Russa”, approvato con un decreto di Putin.

Il paragrafo 13 è incredibile. Recita così: “La Russia non si considera nemica dell’Occidente, non si isola da esso, non ha intenzioni ostili nei suoi confronti, confida che l’Occidente si renda conto dell’inutilità dello scontro con la Russia, accetti le realtà multipolari e torni col tempo a interagire sulla base dei princìpi dell’uguaglianza sovrana e del rispetto degli interessi”.

Cioè di fronte all’immane russofobia presente nelle nostre nazioni, alle continue minacce di smembrare la Federazione in tanti staterelli da colonizzare, alle colossali menzogne orchestrate su questa guerra, ai gravi attacchi terroristici che hanno subìto, al furto di 300 miliardi di dollari alla loro Banca centrale, i russi ancora ragionano in termini idealistici, confidano nella buona volontà dei popoli europei, americani, canadesi..., sono convinti che, finita la guerra, tutto potrà tornare come prima.

Dovremmo prendere esempio da loro. Sono gli unici ad aver capito che l’odio fa male soprattutto a chi lo prova, a chi lo nutre. Se gli si garantisce una sicurezza affidabile, sono disposti a soprassedere a qualunque torto subìto. Non essendo permalosi, non conoscono il concetto di “vendetta”.

 

La geopolitica della Russia

 

Per capire quale sarà la geopolitica della Russia da qui in avanti, per i prossimi anni e forse secoli, basta fare l’elenco dei Paesi e territori citati nel suo recente “Concetto di politica estera”.

Ai paragrafi 51-53 si citano Cina e India come partner privilegiati. Chi pensava solo la Cina si deve ricredere. Entrambi i Paesi vengono considerati “centri di potere globali sovrani amici”. Globali perché vogliono agire sul mondo intero. Sovrani perché non dipendono da nessuno. Amici perché si sono rifiutati di sanzionare la Russia, e Putin ha deciso di favorirli negli scambi commerciali.

Con loro due sarà molto facile per la Russia trasformare “l’Eurasia in un unico spazio continentale di pace, stabilità, fiducia reciproca, sviluppo e prosperità”.

Stiamo parlando di un continente immenso, di cui l’Europa occidentale rischia di apparire una propaggine irrilevante. La vera Europa sarà rappresentata dalla Russia, che peraltro non ha mai smesso di considerarsi europea. Siamo noi europei che, vittime della propaganda americana, la consideriamo nostra nemica.

Putin vuole una regione Asia-Pacifico senza linee di divisione. Un progetto molto ambizioso, poiché si dovranno risolvere problemi incredibilmente complessi in Corea, a Taiwan, nei rapporti tra India e Pakistan, tra Cina e Giappone, tra Cina e India..., fino a quelli più piccoli tra azeri e armeni, tra kurdi, turchi e siriani, ecc. Evidentemente confida nel fatto che se le nazioni asiatiche maggiori svolgono una diplomazia concordata nelle grandi alleanze strategiche e multilaterali già realizzate in Asia e in fase di ulteriori sviluppi (si pensi per es. a quella dei BRICS), le cose saranno maggiormente semplificate.

Ai paragrafi 57-58 vengono citati un continente e un subcontinente come mai l’occidente è stato capace di fare: l’Africa deve pensarsi “come centro originale e influente dello sviluppo mondiale”; l’America Latina potrà realizzare con la Russia “una cooperazione in modo pragmatico, deideologizzato e reciprocamente vantaggioso”. Il che vuol dire: fine del neocolonialismo occidentale. Alla Russia non interessa esportare l’ideologia socialista. Anzi, persino nei confronti della civiltà islamica viene detto che è considerata “amica”.

In questo momento il nemico n. 1 da combattere sono gli Stati Uniti, perché sono loro che destabilizzano il pianeta.

Putin non ce l’ha neppure con gli europei. Infatti ai paragrafi 59-61 afferma che se la UE rinunciasse “alle politiche anti-russe e avesse una maggiore autonomia dagli Stati Uniti”, i problemi si risolverebbero molto presto.

Putin sarà un idealista (ma quale russo onesto e in buona fede non lo è?), eppure ha saputo ridare una speranza che, dall’inizio degli anni ’80 (fatta salva la parentesi gorbacioviana), l’umanità aveva perduto.

 

Un novello Lenin?

 

Se la Russia riuscirà a vincere la NATO in Ucraina, la politica estera promossa da Putin avrà conseguenze che si faranno sentire per i prossimi anni, anzi per i prossimi secoli.

Non sto esagerando, ma qui sembra di avere a che fare con un novello Lenin, benché lui abbia esordito in questa cosiddetta “operazione speciale” proprio prendendosela con Lenin, per aver costruito uno Stato ucraino assemblando territori che avrebbero fatto molta fatica a convivere pacificamente tra loro.

Ma Lenin era un idealista. Era convinto che, abolita la proprietà privata dei mezzi produttivi, il proletariato industriale e rurale avrebbe potuto soprassedere alle differenze etniche, linguistiche e religiose.

In effetti aveva ragione. In Ucraina non è in atto una guerra tra etnie (semmai il governo ultra nazionalista di Kiev detesta tutte le minoranze) e neppure tra religioni (ortodossi filonazisti combattono ortodossi filorussi).

Quando le giunte ucraine, a partire dal golpe del 2014, cominciarono a inveire contro i russofoni del Donbass, abolendo il russo come seconda lingua ufficiale e ostracizzando tutta la cultura russa, il motivo di fondo non andava cercato in un odio ideologico ma in un interesse politico. Gli oligarchi volevano trasformare il Paese in una mucca da mungere, importando a tutti i livelli lo stile di vita occidentale, basato sul neoliberismo più sfrenato. Che poi, se ci pensiamo, era la stessa cosa accaduta in Russia nel decennio degli anni ’90 per colpa di Eltsin.

La “sfortuna” – se così si può dire – degli oligarchi ucraini è stata quella d’incontrare Putin nel momento sbagliato, quello in cui lui stesso aveva posto un limite invalicabile all’agire degli oligarchi russi, i quali dovevano capire che prima vengono gli interessi dello Stato e solo dopo quelli privati.

Oggi le sorti degli oligarchi ucraini sono segnate. Possono chiedere tutti gli aiuti che vogliono all’occidente, ma la guerra la perderanno. La Russia non può permettere che esista ai propri confini un Paese di 40 milioni di abitanti, che, dopo essere entrato nella NATO, punterebbe i missili contro le proprie città. Il Paese non va solo denazificato (perché i russofoni van lasciati in pace), ma anche smilitarizzato, nel senso che l’ingresso nella NATO va escluso a priori. La Russia è già fin troppo circondata da basi NATO, per poter sopportare anche questa provocazione.

Sarà bene che anche i finlandesi si mettano in testa che la pazienza è finita. Il paragrafo 24 del “Concetto di politica estera della Federazione Russa” parla chiaro: “La Russia ambisce a garantire la sicurezza in egual misura a tutti gli Stati sulla base del principio di reciprocità”. La Finlandia ha potuto vivere tranquillamente, nella sua beata neutralità, dalla fine dell’ultima guerra mondiale ad oggi. Ora non penserà davvero di impensierire la Russia coi suoi 5,5 milioni di abitanti, per di più quasi tutti concentrati nelle regioni meridionali?

 

Certe cose non le capisco

 

Al paragrafo 19 del “Concetto di politica estera della Federazione Russa” è scritta una cosa che mi ha fatto venire in mente l’ideologia socialista degli anni ’70: “la Russia intende dare priorità all’eliminazione negli affari mondiali delle reminiscenze del dominio degli Stati Uniti e di altri Stati ostili, alla creazione delle condizioni affinché qualsiasi Stato rinunci ad ambizioni neocoloniali ed egemoniche”.

In pratica si sta dicendo che il commercio e la cooperazione devono essere reciprocamente vantaggiosi per tutti gli Stati contraenti. Ma questo viene detto anche dai Paesi occidentali. Dunque dove sta la differenza?

Sta proprio nelle “ambizioni neocoloniali ed egemoniche”. Cioè in pratica si vuol fare capire che l’occidente dice una cosa e ne fa un’altra. Ma se è così, chi si può fidare di questa realtà geopolitica? D’ora in poi i Paesi subordinati ai diktat occidentali possono chiedere aiuto militare alla Russia.

Al paragrafo 39 si spiega meglio: “La Russia contribuirà a ridurre le opportunità per gli Stati ostili di abusare della loro posizione monopolistica o dominante in singole sfere dell’economia mondiale e a incrementare la partecipazione degli Stati in via di sviluppo alla governance economica globale”.

Mi sembra di sognare: queste sono le stesse cose che diceva l’URSS! Significa forse che la Russia tende al socialismo pur senza essere un Paese socialista? Oppure lo è ma nessuno lo sa? La Russia si è forse liberata dell’ideologia marx-leninista perché in realtà era già socialista? E quale sarebbe l’ideologia che la rende socialista pur senza aderire (come fa la Cina) al socialismo scientifico?

Lo si spiega ai paragrafi 43-44: “Contrastare la campagna russofoba, proteggere la lingua, la cultura, lo sport e la Chiesa ortodossa russa dalla discriminazione e lottare per la verità storica – queste sono le priorità della politica umanitaria della Russia all’estero”.

Fermiamoci un attimo e rileggiamo il paragrafo. Uno Stato multietnico e pluriconfessionale come quello russo intende difendere all’estero l’ortodossia religiosa.

Al paragrafo 56, forse per non apparire troppo ideologico, il testo fa la seguente precisazione: “La Russia considera la civiltà islamica come amica e rafforzerà la cooperazione globale e reciprocamente vantaggiosa con essa”.

Queste cose – devo ammetterlo – non le capisco. Uno Stato democratico oggi deve qualificarsi come laico, non può parteggiare per nessuna particolare religione. Le deve difendere tutte nell’ambito della difesa della libertà di coscienza.

 

Il destino dei bambini ucraini

 

Come noto Maria Lvova-Belova, Commissario presidenziale della Federazione Russa per i diritti dei bambini, è stata raggiunta nei giorni scorsi, insieme a Putin, da un mandato di arresto per le deportazioni dei bambini ucraini.

Ebbene cosa ha detto nella sua conferenza stampa?

- La Russia ha accolto più di 5 milioni di rifugiati dall’Ucraina dal febbraio 2022.

- A tutt’oggi le regioni russe hanno accolto più di 730.000 bambini. La maggior parte è arrivata coi propri rappresentanti legali adulti.

- Ai bambini e alle famiglie evacuati è stata concessa assistenza medica, psicologica, legale, finanziaria ed educativa.

- Ogni bambino, non importa dove si trovi in Russia, ha tutte le opportunità di ricongiungersi con la sua famiglia.

- Ad oggi 380 orfani delle Repubbliche del Donbass sono stati affidati a famiglie russe.

- Il governo di Kiev non fa nulla per evacuare i bambini dalle aree pericolose, comprese quelle in cui si svolgono i combattimenti.

Quelli del Tribunale penale internazionale bisognerebbe processarli in un altro tribunale dello stesso genere. Ma questo lo dico io. Non fa testo.

 

[7] Svolte epocali non pervenute

 

Alcuni storici ritengono che la prima guerra mondiale sia scoppiata perché il Regno Unito non sopportava l’idea che la sterlina venisse scalzata dal marco tedesco. In effetti la Germania guglielmina stava avendo una produzione di beni industriali superiore in qualità e quantità a quella inglese. Sicché il marco era in procinto di diventare una moneta standard per le transazioni internazionali.

Ora bisogna ammettere che ci troviamo in una situazione analoga: il dollaro statunitense è sotto attacco da parte delle potenze antagoniste degli USA, a partire da Cina e Russia.

A dare il via al terremoto è stato Putin, che ha invitato i Paesi partner della Federazione a usare lo yuan cinese per le loro transazioni internazionali. In Russia lo yuan ha già superato l’uso del dollaro. La stessa Banca centrale utilizza la valuta cinese come moneta di riserva.

Dopo la visita di Xi Jinping in Arabia Saudita si è annunciato l’utilizzo dello yuan per la compravendita di petrolio saudita. È quindi nato il petro-yuan: i sauditi stanno comprando in Cina dei beni industriali coi ricavi ottenuti in yuan. Sono tutte cose senza precedenti storici, anche se Ryad sta ripetendo ciò che aveva fatto con gli USA dopo quel fatidico 1971, quando vide la luce il petro-dollaro.

Quel che non si è mai visto è che la Russia e il mondo arabo stanno considerando la Cina un Paese economicamente più potente e finanziariamente più stabile degli USA.

Non solo, ma i sauditi chiederanno alla Russia e in parte alla Cina, e non più agli USA, di tutelarli sul piano militare.

È quindi evidente che gli USA non possono accettare una situazione del genere. Un impero finanziario che sta per vedere collassare il proprio sistema bancario, nella sua interezza, deve per forza reagire, anche perché deve scongiurare una guerra civile interna.

L’Arabia Saudita, quando fa qualcosa, viene presto imitata da tutti gli altri Paesi del Golfo. Di recente, per es., ha acquisito lo status di partner di dialogo nell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai, un’alleanza politica, di sicurezza e commerciale che vede tra i suoi partner Cina, Russia, India, Pakistan e altre nazioni minori dell’Asia centrale. Questo è un salto epocale nella politica estera e di sicurezza saudita: nel Medio Oriente la presenza militare americana e quella della NATO sono destinate a morire. Tanto più che i sauditi, grazie ai cinesi, hanno ripreso i rapporti con gli iraniani, e, grazie ai russi, coi siriani.

Continuare a inviare armi e soldi in Ucraina sta diventando sempre più ridicolo. La vera geopolitica si sta facendo da tutta un’altra parte del pianeta.

In Europa abbiamo degli statisti che non riescono neppure a comprendere che i sauditi e i russi, quando si mettono d’accordo sui livelli di produzione petrolifera, stanno progressivamente demolendo la nostra economia. Noi siamo in mano a statisti che, tutti insieme, remano contro gli interessi dell’Europa. Si era mai vista una cosa del genere? Non abbiamo neppure bisogno di un iceberg che affondi il Titanic.

 

Inutili cambi di guardia

 

Putin aveva visto giusto quando inaugurò la cosiddetta “operazione speciale”: in Europa vari governi sarebbero crollati abbastanza repentinamente.

In effetti abbiamo visto cosa è successo nel Regno Unito con Johnson e la Truss, in Italia con Draghi, in Moldavia con la Gavrilita, in Scozia con la Sturgeon, in Bulgaria con Petkov, in Estonia con la Kallas, in Svezia con la Andersson e ora in Finlandia con la Marin. Per non parlare della Nuova Zelanda con la Ardern. E senza dimenticare la fragilità di statisti come Macron, Scholz e la Meloni.

In un anno è stato uno stillicidio.

Tuttavia i cambi di guardia non sono serviti a nulla. Non sono migliorati i rapporti con la Russia. Si continua a rifornire Kiev di armi e denaro. I nuovi governi spesso sono ancora più a destra dei precedenti. La politica è del tutto incapace di riformare se stessa, proprio perché la democrazia di cui si vanta è completamente formale, cioè in realtà è una oligarchia.

Siamo a un passo dal vedere la popolazione scendere in campo. È quindi probabile che, piuttosto di una guerra civile, i nuovi governi preferiscano affrontare una guerra mondiale. Riusciranno i popoli a fare il contrario?

 

Facciamo una botta di conti

 

Quante armi nucleari ha la Russia? Dicono 5.977.

Quante di queste armi sono considerate “tattiche”? Circa 2.000.

Quante sono giudicate obsolete? Circa 1.500, ma sono comunque adatte all’uso.

Quante sono pronte a colpire subito? Dicono 1.588.

Quante in riserva? Probabilmente 2.889.

Come e dove le hanno dislocate? Naturalmente non si sa. Indicativamente si pensa, come minimo, circa 812 su vettori terrestri, altre 576 su sottomarini e altre 200 in basi aeree strategiche.

Possiamo difenderci?

La Francia ne ha 290 e la Gran Bretagna ne ha 225.

Quante sono le armi nucleari della NATO?

Sono circa 150 e si trovano in Belgio, Germania, Italia, Paesi Bassi e Turchia. Quest’ultima va esclusa perché amica della Russia, a meno alle prossime elezioni non vada al governo un filo-americano.

Quante sono le basi nucleari della NATO?

Sono sei: Kleine Brogel in Belgio, Büchel in Germania, Volkel nei Paesi Bassi, Incirlik in Turchia e due basi italiane: Aviano, vicino a Pordenone, e Ghedi, vicino a Brescia.

Quante sono le capitali europee da colpire? Poco più di 40.

Bene. Una persona normale cosa direbbe? Non c’è storia. Pace subito. Non c’importa assolutamente nulla che gli USA possano colpire la Russia in altre forme e modi, usando altre basi o vettori. C’interessa soltanto constatare che, per come siamo messi, di noi europei pochi riuscirebbero a sopravvivere.

 

Morti invisibili

 

“Cambridge Journal of Economics” ha di recente pubblicato un articolo sulle conseguenze catastrofiche delle riforme di mercato per i Paesi dell’ex blocco socialista. Deindustrializzazione, disoccupazione, mortalità alle stelle, criminalità, alcolismo, tossicodipendenza con prostituzione.

Una catastrofe in numeri: 7.300.000 morti nell’Europa orientale dal 1990 al 1999. Mai dalla carestia del 1947 in Russia si era osservato un tasso di mortalità così alto. Anche negli anni del dopoguerra il suo coefficiente non superava i 9/1000. Nel 1994 era 16/1000.

Questi sono morti invisibili, di cui nessuno parla, causati dal capitalismo europeo. Poi per forza che i ceti marginali di quei Paesi ex comunisti arrivano a dire che si stava meglio quando si stava peggio.

Stante le cose in questi termini, sarebbe meglio per gli ucraini perdere questa guerra, sottraendosi definitivamente alle influenze del liberismo occidentale. I morti che avranno in questa guerra contro la Russia, dovuti alla loro ignoranza su come da noi si ottiene il benessere economico, saranno infinitamente minori di quelli che avrebbero se vincessero.

 

[8] Come pedine in una scacchiera

 

Molti alti funzionari militari e dell’intelligence statunitense ritengono che l’Ucraina non sarà in grado di uscire vittoriosa dal conflitto in corso. Si può continuare a rifornirla di armi e denaro, ma la Russia la supera di gran lunga in termini di risorse, denaro e alleanze con altre grandi potenze come Cina e India.

La maggior parte dell’esercito ucraino è già finita. I suoi migliori soldati, addestrati dalla NATO, sono morti o sono fuori combattimento. L’Ucraina rischia di perdere completamente e definitivamente non solo l’integrità territoriale ma anche l’indipendenza politica. Con la sua presunta controffensiva di primavera potrebbe, al massimo, conservare le sue attuali posizioni, ma pensare di vincere è ridicolo. I russi non stanno combattendo secondo le loro potenzialità.

Quindi o la NATO interviene direttamente in grande stile, oppure è meglio dividere il Paese in due parti: tutto a est del Dnepr andrà alla Russia, e tutto a ovest alla Polonia. Gli USA ragionano come se il popolo ucraino con contasse nulla, non potesse decidere in alcuna maniera il suo destino. Lo usano come pedine in una scacchiera.

Mi chiedo: è possibile che la Russia accetti una soluzione del genere? Forse potrebbe farlo per quieto vivere, ma avrebbe un Paese confinante, la Polonia, ancora più potente e rischierebbe di perdere l’exclave di Kaliningrad.

Alla Polonia non parrà vero di potersi ingrandire a spese dell’Ucraina. E chi ci dice che tra qualche anno non vorrà portar via dei territori anche alla Bielorussia? magari con la scusa che nel Medioevo erano suoi...

La NATO s’è infilata in un ginepraio dal quale non sa più come uscire. Sembrava che fosse solo per la Russia una guerra esistenziale. Invece lo è anche per l’occidente: se la NATO perde, è impossibile che non imploda.

Questi statisti con chi pensavano di avere a che fare? Davvero ritenevano Putin un altro Gheddafi o Saddam Hussein?

Queste valutazioni completamente sballate fanno pensare solo a una cosa: gli USA in realtà sin dall’inizio avevano in mente di sottomettere anzitutto l’Europa sul piano energetico, in maniera tale che non potesse più costituire un rivale economico. Su questo han già vinto.

 

Non ti riconosco più

 

L’abbiamo guardata con invidia durante la pandemia, perché contraria ai lockdown. L’abbiamo ammirata per gli standard elevati del suo Stato sociale e per la sua neutralità. Ci piaceva per la sua sensibilità ambientale e per le sue critiche alla UE. Ci stupiva per l’emancipazione delle sue donne e la sua libertà sessuale. Abbiamo apprezzato i film di Bergman, la recitazione di molte, famose, attrici cinematografiche. Chi non ha comprato un prodotto Ikea?

Oggi la Svezia stentiamo a riconoscerla. Il governo si rifiuta di permettere alla Russia di compiere indagini sul sabotaggio del Nordstream. La richiesta di entrare nella NATO è stata fatta da quasi tutto il parlamento, con un partito socialdemocratico al governo. Anzi da anni il Paese collabora con questa alleanza in grandi manovre militari. Gli svedesi odiano il multiculturalismo e accettano solo immigrati regolari e aventi diritto, possibilmente non islamici.

Ora la popolazione ha mandato al governo un partito di destra, Sverigedemokraterna, che fino a qualche tempo fa simpatizzava per il nazifascismo.

L’unica cosa positiva è che si rifiutano di estradare quelle 130-140 persone che la Turchia vorrebbe incarcerare poiché li ritiene terroristi. Ma col governo di destra può darsi che ci ripensino.

A questo Paese vorrei dire solo una cosa: se pensate d’impedire alle navi russe di accedere al Mar Baltico, siete dei grandissimi illusi.

 

[9] Un rapporto di lunga data

 

Un’indagine esclusiva di RRN, basata su documenti ufficiali americani, rivela che i rapporti militari tra USA e Ucraina risalgono addirittura al 1992, anno in cui vennero addestrati ed equipaggiati 500 ufficiali ucraini e più di 100 civili, come per es. giuristi e manager.

L’URSS era appena implosa e il Dipartimento di Stato americano ne approfittò subito per inserire persone di fiducia nei ruoli chiave dell’amministrazione ucraina, incluso un ministro degli Esteri, il capo del Servizio di analisi per la sicurezza nazionale, vice-ministri, parlamentari, ambasciatori, generali delle forze armate.

Nel 1993 fu firmato un memorandum d’intesa tra i ministeri della Difesa dei due rispettivi Stati.

Nel 1995 si tennero le prime esercitazioni militari congiunte tra i due eserciti. Nello stesso anno l’esercito americano inviava in Germania i propri linguisti al fine d’imparare l’ucraino (in Germania perché a quel tempo era lo snodo fondamentale dell’intelligence della NATO; oggi è stata sostituita dalla Polonia).

Nel biennio 1996-97 l’Ucraina divenne il terzo Paese al mondo per assistenza ricevuta dagli Stati Uniti. Cioè praticamente era diventata un “partner strategico”.

Nel 2002 si pongono le basi per l’ingresso dell’Ucraina nella NATO.

I documenti ufficiali disponibili terminano nel 2004 (anno della rivoluzione arancione), ma vi sono prove che l’ultimo addestramento occidentale delle truppe ucraine, inclusi i battaglioni neo-nazisti, è avvenuto il 20 settembre del 2021 col nome in codice di “Rapid Trident 2021”.

Questi documenti ufficiali sono mai stati presi in considerazione dal mainstream italiano? Domanda retorica.

Fonte: rrn.world/it/

 

Ancora una goccia…

 

Finlandia e Svezia sembra che si somiglino molto. Prima è stata la Svezia a togliere di mezzo la sinistra al governo, sostituendola con la destra. Ora l’ha fatto la Finlandia, entrata nella NATO proprio grazie alla socialdemocrazia, mentre probabilmente la Svezia lo farà grazie alla destra.

Due Paesi la cui neutralità non vale un soldo bucato. Ormai tra destra e sinistra, a livello parlamentare, non esiste più in Europa alcuna differenza. Ma forse la cosa che preoccupa di più è un’altra: la destra al potere ha significativi addentellati col nazifascismo.

Anche in Finlandia infatti il governo che si sta per formare non vuole immigrati di sorta, tanto meno se islamici, essendo nettamente contrario al multiculturalismo.

I finnici vogliono godersi le loro ricchezze, e siccome ci sono stati molti sfondamenti di bilancio a causa della pandemia e della guerra in Ucraina, vogliono ridurre le spese dello Stato sociale.

Nel loro parlamento solo in 7 su 200 sono stati contrari all’ingresso nella NATO. Non si è neppure ritenuto necessario ricorrere a un referendum popolare. Hanno risparmiato sul referendum e ora chissà quanto spenderanno per la NATO.

Insomma se andiamo avanti così, gli USA in Europa diventeranno sempre più importanti. Il Mar Baltico si chiamerà Mar della NATO.

L’exclave russa di Kaliningrad e la stessa San Pietroburgo sono completamente circondate. I motivi per una guerra mondiale stanno aumentando ogni giorno di più. Ancora una goccia e il vaso trabocca.

 

Dammi una prova del tuo amore

 

L’equipaggio della fregata russa “Admiral Gorshkov” ha condotto esercitazioni nelle acque del Mar Rosso.

La nave è in grado di svolgere un’ampia gamma di compiti, tra cui la protezione delle acque costiere, operazioni antisommergibile, difesa aerea e difesa antinave. L’armamento della nave comprende sistemi missilistici Calibre e Onyx e 16 missili ipersonici Zircon, nonché il sistema missilistico antiaereo Poliment-Redut, il supporto di artiglieria automatico AK-630M e tubi lanciasiluri. È anche in grado d’imbarcare elicotteri e droni. Nei prossimi giorni entrerà nel Mediterraneo, da dove i missili Zircon potranno colpire qualsiasi Paese della NATO nelle aree centrali, meridionali, occidentali e orientali dell’Europa. Praticamente restano escluse solo quelle settentrionali, che naturalmente verrebbero colpite diversamente. Da quella posizione sono anche in grado di raggiungere qualsiasi punto del territorio ucraino.

Ma davvero la UE vuol fare la guerra contro la Russia? Chi ce lo sta ordinando? Possibile che gli statisti non sappiano che dal lato del Mar Mediterraneo i Paesi NATO sono molto meno protetti, e che non hanno alcun mezzo di difesa contro le armi ipersoniche?

Sembra che vogliano vedere coi loro occhi tutte queste potenzialità. Come quando il fidanzato chiede alla fidanzata: “Dammi una prova del tuo amore”.

 

Quali segreti dietro i documenti segreti?

 

Pare che più di 100 documenti top secret americani siano apparsi sui social. Riguarderebbero questioni della sicurezza nazionale del Paese, ma anche i rapporti tra USA e Ucraina e Medio Oriente e Cina.

Se sono venuti alla luce anche i piani militari segreti ucraini, la controffensiva di primavera rischia di saltare.

Se fosse vero, la recente dichiarazione di Vadym Prystaiko, attualmente ambasciatore ucraino nel Regno Unito, in precedenza Ministro degli Esteri, che ha rilasciato in un’intervista concessa al “Daily Express”, sarebbe definitivamente compromessa. Infatti ha detto che le brigate d’assalto ucraine che si starebbero preparando per la presunta controffensiva di primavera, non sarebbero affatto 40.000 unità ma un milione! Quindi in pratica la vera tragedia dovrebbe ancora venire.

È molto probabile che abbia sparato un numero assurdo, ma di sicuro la guerra non finirà a Bakhmut e di sicuro i russi smetteranno di farla coi guanti bianchi. L’Ucraina rischia di scomparire come Stato o quanto meno di spopolarsi.

Ma voglio essere ottimista. La fuga di notizie top secret aveva come obiettivo quello di far capire che ora la NATO non è più in grado di aiutare Kiev e che quindi bisogna scendere a una trattativa.

 

[10] Ukropolit

 

Presto avremo un nuovo Stato (o forse un nuovo impero) in Europa: si chiamerà (me lo invento) Ukropolit. Sarà la sintesi di tre Stati: Polonia, Ucraina e Lituania. Col tempo verranno cooptate anche Lettonia ed Estonia, che, lasciate a se stesse, non contano nulla.

E finalmente nascerà il cosiddetto “Trimarium”: dal Mar Baltico al Mar Nero per arrivare all’Adriatico. Il progetto, lanciato nel 2015 dai presidenti di Croazia e Polonia, coinvolge 12 Paesi dell’Europa centrale e orientale: Austria, Lettonia, Estonia, Lituania, Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia, Croazia, Bulgaria e Romania.

L’ha fatto capire Zelensky, che ha chiesto di “cancellare i confini” tra Ucraina e Polonia. Il presidente polacco, Andrzej Duda, pretende addirittura che la Chiesa ortodossa fedele a Kiev passi al cattolicesimo, così sarà più facile eliminare i confini.

La Polonia vuole prendersi i territori che un tempo le appartenevano e con la Lituana vuole ripristinare la “confederazione” del periodo 1569-1795. Sarà il più grande Stato europeo, che USA e UE dovranno ricostruire nella parte distrutta dai russi.

Sarà uno Stato che condizionerà enormemente, col sostegno degli USA, la stessa Unione Europea: uno Stato completamente fascistizzato, a partire da una morale molto conservativa, quella tipica dei cattolici integralisti.

Chissà che lingua parlerà questo nuovo Stato… Ma forse è il problema minore. Il vero problema si noterà quando si porranno le basi per una nuova guerra contro la Russia. Perché la Russia va smembrata, costi quel che costi.

 

Prima di tutto un golpe

 

Durante un’udienza del Congresso, interrogato dal deputato repubblicano Matt Gaetz, il generale Michael Langley, capo del Comando Africa degli Stati Uniti (AFRICOM), ha ammesso che dal 2005 gli USA spendono miliardi di dollari in Africa per operazioni militari che hanno la facciata dell’antiterrorismo, ma che in realtà servono per compiere colpi di stato per deporre presidenti democraticamente eletti. Almeno 50.000 soldati africani sono stati addestrati.

Lo prova il fatto che le organizzazioni terroristiche in Africa non sono affatto diminuite ma aumentate notevolmente: nel 2022 ve n’erano circa 18, con un aumento del 260% rispetto al 2010. Nel 2021 sono stati segnalati 4.800 decessi a seguito del terrorismo nella regione del Sahel, con un aumento del 180% rispetto a due anni prima.

Il Pentagono, la CIA, il Dipartimento di Stato prima creano i terroristi, poi s’ingeriscono negli Stati sovrani col pretesto di combattere lo stesso terrorismo.

I colpi di stato sono diventati la norma politica in molti Paesi dell’Africa occidentale. Gli autori sono spesso ufficiali militari addestrati dagli Stati Uniti: lo si è visto in Mali, Burkina-Faso, Guinea-Bissau, Mauritania e Gambia. Secondo il generale dal 2008 i militari addestrati hanno tentato almeno nove colpi di stato, otto dei quali riusciti.

Poi per giustificarsi Langley ha affermato che a tutti i soldati addestrati dall’esercito americano vengono insegnati “valori fondamentali”. Certo, per insegnare la democrazia devi prima fare almeno un golpe. Fa venire in mente quanto da noi si dice nella criminalità organizzata: “Se vuoi diventare un buon affiliato, devi almeno ammazzare qualcuno”.

 

Tutto il mondo è paese

 

Il Pakistan ha in programma di quadruplicare la sua capacità nazionale di produrre carbone per ridurre i costi dell’energia e non costruirà nuovi impianti a gas nei prossimi anni. L’ha detto il suo ministro dell’Energia Khurram Dastgir Khan.

Infatti nel 2022 han dovuto tenere al buio per molte ore al giorno varie aree del Paese. Il gas naturale copre oltre 1/3 della necessità energetica della nazione, ma il GNL è troppo caro. “Abbiamo alcune centrali elettriche a GNL rigassificate più efficienti al mondo. Ma non abbiamo il gas per farle funzionare”, ha detto sconsolato. Infatti le riserve di valuta estera del Paese, detenute dalla Banca centrale, sono appena sufficienti a coprire tre settimane d’importazioni.

Ha poi aggiunto che la colpa di questa impennata dei prezzi del gas ce l’hanno gli acquirenti europei, orfani del gas russo. Paesi poveri come il Pakistan (o il Bangladesh) non possono sostenerli, meno che mai quando sono ai limiti della bancarotta. Infatti l’industria tessile della nazione, voce importante del suo export, e l’agricoltura sono state colpite da inondazioni straordinarie nel 2022, oltre che dall’aumento del costo dell’energia, sicché 7 milioni di lavoratori sono rimasti disoccupati.

Il ministro però avrebbe anche dovuto dire che se nel suo Paese facessero meno colpi di stato, sostenuti dagli USA, per togliere di mezzo presidenti democraticamente eletti, non intenzionati a porre sanzioni alla Russia, sarebbe meglio. Anche l’Ungheria non è ricca, ma è stata più furba.

Non lo sa il ministro che se il Paese punta sul carbone non troverà nessuno disposto a finanziarlo? Sì lo sa. Infatti ha precisato che il suo Paese prevede anche di potenziare i suoi impianti di energia solare, idroelettrica e nucleare. Bravo, punta sul nucleare, così la sicurezza del Paese sarà meglio garantita. Pensa se in un’ipotetica guerra contro l’India gli indiani decidessero di comportarsi come il governo di Kiev, che cerca di bombardare le proprie centrali nucleari controllate dai russi.

Che poi non è vero che il Pakistan non troverebbe nessuno disposto a finanziarlo. Infatti l’aumento della produzione di carbone nazionale avverrà grazie all’impianto Thar di Shanghai Electric, finanziato nell’ambito della Belt and Road Initiative globale di Pechino. Quindi in pratica il Paese si è liberato da una dipendenza poco costosa sotto tutti i punti di vista, quella nei confronti della Russia, per passare a un’altra dipendenza, sicuramente più costosa in termini geopolitici.

Qui non conta essere poveri o ricchi. Il Pakistan ha degli statisti che, quanto a lungimiranza e senso degli affari, somigliano molto ai nostri europei.

 

Sulla schiena del buratello

 

La Banca centrale olandese (DNB) ha registrato le prime perdite finanziarie dal 1931.

I dirigenti han subito detto che siccome la Russia si rifiuta di fornire materie prime strategiche, è aumentata l’inflazione e quindi la necessità di porvi rimedio alzando i tassi d’interesse. La banca prevede perdite significative (9 miliardi) nei prossimi anni, anzi non riuscirà a realizzare nuovi profitti almeno fino al 2028.

Poveri banchieri analfabeti e in malafede. Fingono di non sapere che se la crescita dei tassi migliora la redditività delle banche, perché dà loro la possibilità d’incrementare i tassi dei loro prestiti alla clientela, ha anche un effetto negativo sulle loro passività, perché ne diminuisce il valore. È il caso che ha prodotto il fallimento della Silicon Valley, che per far fronte a un calo di valore dei depositi, conseguente all’aumento dei tassi d’interesse da parte della FED, ha venduto sottocosto un pacchetto dei titoli statali posseduti, trovandosi spiazzata quando i correntisti son corsi agli sportelli. E in ogni caso la Russia non c’entra niente. Le speculazioni son tutte dell’anglosfera.

Sono stati più onesti quelli della Credit Suisse, che hanno attribuito a se stessi, cioè alla loro corruzione, il fallimento della banca.

Le banche centrali han solo la fortuna d’essere “centrali”, cioè piuttosto che farle fallire, lo Stato immiserisce la popolazione con le tasse.

 

La Cina nel mirino

 

Seguendo la logica della minaccia “globale”, la Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti ha recentemente approvato 7 progetti di legge contro la Cina. Ad es. il “Taiwan Conflict Deterrence Act del 2023” attiverà sanzioni contro i leader cinesi e le loro famiglie se Pechino attaccherà Taiwan. Il “Taiwan Non-Discrimination Act of 2023” chiede di sostenere l’adesione di Taiwan al Fondo Monetario Internazionale. E altre perle del genere. Naturalmente per “proteggere” Taiwan e il mondo dalla Cina. In realtà per scongiurare la catastrofica dedollarizzazione.

La suddetta Camera, in particolare, vede nel Partito comunista cinese il vero rivale degli USA, per cui si sta pensando di seguire un’agenda di cambio di regime (una rivoluzione colorata), contrapponendo idealmente il popolo cinese al PCC.

Se ogni Stato pensasse ai propri problemi nazionali non sarebbe meglio? Se i rapporti con gli Stati esteri fossero soltanto commerciali e umanitari non sarebbe vantaggioso per tutti? Per quale motivo l’umanità intera da mezzo millennio deve subire le pretese egemoniche dell’occidente collettivo?

Ma la cosa più incredibile dei parlamentari americani è che vogliono sanzionare un Paese, la Cina, che sostiene il loro debito pubblico. È vero che la Cina sta vendendo titoli americani, ma a tutt’oggi detiene ancora circa 900 miliardi di dollari: una cifra seconda solo a quella nipponica, che è di oltre 1.200 miliardi di dollari. Cosa farebbero gli USA senza l’Asia?

 

[11] Eseguivo soltanto gli ordini

 

Ricordo un vecchio film di Orson Welles, Lo straniero, che non c’entra niente col libro di Camus. Lui era anche attore: interpretava un ex nazista in incognito, fuggito negli USA. E naturalmente gli agenti americani, impersonati dal grande Edward G. Robinson, per far vedere ch’erano democratici, gli davano la caccia.

Probabilmente il film aveva lo scopo di contestare l’accusa di aver dato rifugio a molti nazisti. Un’accusa che pescava nel vero, tant’è che oggi gli USA si pongono come “Reich 2 - il ritorno” o, se si preferisce, come “IV Reich”, secondo il titolo di un libro di Franco Fracassi.

Ricordo che in una scena gli attori stavano pranzando. Welles insisteva nel dire che i tedeschi non potranno mai essere democratici come i francesi, poiché hanno nel sangue lo spirito aristocratico dei Cavalieri Teutonici e, prima ancora, dei Nibelunghi.

Ad un certo punto uno gli obiettò che Marx in Germania aveva posto le basi per una teoria superiore a quelle borghesi dei rivoluzionari francesi. E lui con una frase che insospettì molto il detective, rispose: “Marx non era tedesco ma ebreo”.

Lì per lì il poliziotto non disse nulla, ma poi, tornato a casa, si convinse che solo un nazista avrebbe potuto dire una frase del genere.

Il film ovviamente si conclude con la morte del nazista, il quale, prima di cadere dal campanile della chiesa, disse al detective: “Io ho solo eseguito degli ordini”. La solita frase di tutti i nazisti, compresi quelli accusati a Norimberga.

Il poliziotto però gli rispose: “Tu li hai anche dati gli ordini”. (Vado a memoria, non son sicuro delle parole esatte). Evidentemente sapeva che non era stato un semplice soldato.

Tutto questo per dire che mi è venuto in mente Zelensky. Infatti solo un neonazista come lui può non considerare ucraini quelli che nella sua nazione preferiscono parlare in russo e hanno simpatia culturali per la madre Russia.

Chissà se anche lui, quando questa guerra sarà finita, dirà: “Io eseguivo soltanto degli ordini”. Considerando il vergognoso ruolo che svolge, è molto probabile.

 

Finlandia già alle corde

 

Seguo sempre i video di Nicolai Lilin, che per quanto sia ripetitivo e lento nel parlare (d’altronde l’italiano non è la sua lingua madre), ha sempre notizie di prima mano, inedite, e molto interessanti. L’ultima l’ha data sulla Finlandia

In risposta all’ingresso di questo Paese nella NATO, Putin avrebbe deciso di non venderle più a prezzi scontatissimi né la legna fresca della Karelia né gli oli combustibili per il riscaldamento. Una pratica commerciale che andava avanti sin dai tempi dell’URSS, nonostante che la Finlandia abbia sempre mostrato simpatie per il nazismo. Il legname ottenuto non soltanto i finnici lo usavano per scaldarsi ma lo trasformavano anche in pellet e lo rivendevano agli europei speculandoci sopra.

Ora dalla Russia non avranno più niente, neanche a prezzi di mercato. Saranno costretti a rifornirsi dagli USA che gli venderanno energia a costi 4-5 volte superiori (anzi se vogliono il legname gli costerà 10 volte di più), poiché in quel Paese non esistono impianti per la gassificazione casa per casa. Ognuno si arrangia come meglio crede (famose sono le saune finlandesi). Naturalmente 1/3 del fabbisogno lo coprono col nucleare, acquistando, guarda caso, uranio e plutonio dalla Russia.

Guarda caso però i crimini inerenti al furto di legname sono già aumentati in pochi giorni del 500%.

Se sperano di trovare nella UE la stessa generosità che avevano i russi, si faranno un collo lungo come una gallina. Stando alla bilancia commerciale, la UE ha accumulato un passivo di 432 miliardi di euro. La competitività è virtualmente finita. La deindustrializzazione è iniziata. Ci aspetta un futuro di tipo sudamericano, come colonia degli USA.

Alla von der Leyen di tutto ciò non importa nulla. Se passa a dirigere la NATO, dovrà soltanto attraversare la strada. La sede è sempre a Bruxelles.

In compenso Helsinki ha intenzione di acquistare il sistema di difesa missilistica israeliano David’s Sling per un accordo da 344 milioni di dollari. Il sistema è una joint venture tra l’israeliano Rafael Advanced Defense Systems e l’appaltatore statunitense di armi Raytheon. È progettato per intercettare aerei, droni, missili balistici tattici, razzi a medio-lungo raggio e missili da crociera lanciati a distanze comprese tra 40 e 300 chilometri. La Finlandia diventerà il primo operatore di David’s Sling al di fuori d’Israele. E così si sentirà più sicura nei confronti della Russia. Tutta roba da ridere...

 

Incapaci di fare affari

 

Fino all’estate 2021 l’Italia aveva un saldo mensile positivo nell’interscambio di merci con l’estero, intorno a 6-7 miliardi. Tale saldo era già passato in negativo prima dello scoppio della guerra in Ucraina e ha continuato a esserlo per quasi tutto il 2022.  Oggi, grazie a un euro debole, l’export corre, ma l’import corre ancora di più. La colpa sta nel prezzo dei combustibili fossili, che prima del lockdown era pari a circa 4-5 miliardi mensili. Oggi è raddoppiato.

Ma da chi importiamo gas e/o petrolio? L’Algeria è in testa (2,4 miliardi al mese), segue Azerbaijan (1,4 miliardi), poi vengono tre Paesi equivalenti: Norvegia (che prima non contava quasi nulla), USA (che con noi hanno aumentato i ricavi di 6 volte!) e, guarda un po’, Russia. Tutti a 0,7 miliardi. Infine il Qatar con 646 milioni di euro.

Prima della guerra pagavamo ai russi circa 2,3 miliardi al mese, ma per avere molti molti idrocarburi. Oggi paghiamo molto meno ma a prezzi di mercato, per di più in rubli, e per avere molto molto meno. Intanto continuiamo a finanziare la guerra, sia direttamente a favore di Kiev, sia indirettamente a favore di Mosca.

Hanno senso le sanzioni quando si è così dipendenti dalle forniture estere di energia? quando neppure il sabotaggio del Nordstream ha reciso i legami commerciali con la Russia sul piano energetico? quando abbiamo fortemente penalizzato tutta la produzione non energetica nell’interscambio commerciale con la Russia? quando l’inflazione è inarrestabile e l’aumento dei tassi d’interesse non riesce a contenerla? quando abbiamo compromesso definitivamente il valore internazionale dell’euro? quando per affrontare la crisi finanziaria la BCE, come la FED, sostituirà la moneta circolante con una digitale, controllando interamente la popolazione?

Se va avanti così, l’Italia morirà affogata dai debiti, pur avendo le famiglie più risparmiatrici del mondo.

 

[12] Che cos’è il Consiglio Artico?

 

Il Consiglio Artico è nato nel 1996 come forum di coordinamento fra gli Stati artici e gli organismi che rappresentano le popolazioni indigene. Fra i suoi obiettivi la promozione di uno sviluppo sostenibile e la protezione di clima e ambiente nella regione polare. La maggior parte delle decisioni del Consiglio non sono vincolanti e nel tempo sono stati presi solo tre accordi che obbligano le parti al loro rispetto: quello sulla ricerca e il soccorso (2011), quello riguardo all’inquinamento marino da idrocarburi (2013) e quello per rafforzare la cooperazione scientifica (2017).

Fra le competenze del forum sono escluse quelle relative alla sicurezza militare. Tuttavia – complice lo scioglimento dei ghiacci – l’Artico è diventato un’area di spiccato interesse politico ed economico. L’apertura di nuove rotte che collegano Atlantico e Pacifico e le risorse energetiche e minerarie nascoste sotto al fondale, hanno riportato al centro questioni di sicurezza.

L’anno simbolo di questo cambiamento è il 2007, quando due sottomarini russi hanno piantato la bandiera della Federazione sul fondale marino al Polo Nord. La mossa ha simboleggiato una dichiarazione unilaterale di sovranità sulla regione artica, in particolare sulle dorsali di Lomonosov e Mendeleyev. Le aree in oggetto appartengono effettivamente alla piattaforma continentale estesa di Mosca. Tuttavia i Paesi occidentali stanno cercando dei pretesti per mettere in discussione questa certezza.

Ora che il processo di adesione di Svezia e Finlandia alla NATO è destinato a concludersi a favore dell’occidente, i confini orientali dell’Alleanza atlantica si sposteranno a est, fino al Mar Baltico e verso il mare di Barents, aree considerate dalla Russia appartenenti alla propria orbita. È logico aspettarsi che Mosca percepirà questo sviluppo come una minaccia per i propri interessi nell’Artico, regione vitale per il successo della propria dottrina marittima.

Infatti a dicembre 2022 il parlamento russo ha approvato una legge che limita la libertà di navigazione lungo il passaggio a nord-est della rotta artica. Inoltre il 21 febbraio 2023 Putin ha chiarito giuridicamente la strategia della Russia in Artico: laddove prima si faceva riferimento al rafforzamento della cooperazione attraverso il Consiglio Artico, ora si predilige lo sviluppo di relazioni bilaterali, in cui vengano salvaguardati anzitutto gli interessi nazionali, poiché la Russia non si fida più dell’occidente.

Non a caso con l’ingresso di Svezia e Finlandia nella NATO, il Consiglio Artico rischierà di diventare il braccio politico della NATO. Canada, Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia, Svezia e Stati Uniti han già chiuso ogni collaborazione con la Russia, tra l’altro titolare del 52% di coste polari. L’Artico s’è spaccato in due e s’è rotto il tabù della guerra.

La Russia è costretta a stringere rapporti strategici con la Cina, la quale, sebbene non condivida alcun confine con la regione polare, ha interesse per le risorse naturali e le rotte navali. Già ben prima dello scoppio della guerra russo-ucraina si parlava della formazione di un asse sino-russo in Artico.

Insomma venti di guerra anche al Polo Nord. Chi pensava che almeno lì si sarebbe salvata la specie umana, si dovrà ricredere.

Fonte: nogeoingegneria.com

 

L’inutile controffensiva ucraina

 

Ormai la mappa del conflitto russo-ucraino la vediamo ogni giorno. Anzi, un po’ ci sta stufando perché sono mesi che non cambia mai. I russi sono saldamente attestati sulle loro posizioni. Se avanzano, lo fanno sempre con grande fatica, benché gli ucraini abbiano perdite colossali. I mercenari della Wagner sono superiori a quelli che combattono per Kiev, ma per conquistare Bakhmut hanno subìto enormi perdite. Se a maggio la controffensiva ucraina si concentrerà lì, sarà difficile uscirne vivi.

Questa sembra essere diventata una guerra di trincea, come nel primo conflitto mondiale. A quel tempo gli anglo-francesi vinsero perché sbarcarono gli americani. La lunghezza del fronte occidentale era di circa 700 km. Ma quello attuale in Ucraina è il doppio, cioè quanto Italia e Svizzera messe insieme. Non si è mai vista una cosa del genere.

L’intero occidente non è in grado di aiutare Kiev a sfondare un fronte così ampio. Se anche riuscisse a farlo in qualche punto, dovrebbe subito dopo indurre gli ucraini a chiedere una trattativa di pace.

In questo momento solo la Russia ha gli uomini, le armi e le risorse per portare avanti i combattimenti su un fronte del genere. Se anche venisse sconfitta clamorosamente in qualche battaglia, ha ancora almeno 500.000 uomini di riserva non impegnati in battaglia. L’Ucraina non li ha, manda a morire delle reclute del tutto impreparate. Se non interviene la NATO con le proprie truppe, la sorte è segnata. E se la NATO interviene e non usa il nucleare, la sorte è segnata lo stesso, poiché i russi il meglio di sé non l’hanno ancora dato.

Non è la “Pravda” che lo dice ma il “Washington Post” e il “New York Times”: né gli Stati Uniti né la NATO hanno la capacità di sostenere il ritmo di fuoco dell’Ucraina. Per poterlo fare, la guerra dovrebbe durare un decennio, dando tempo all’industria militare di produrre le armi e soprattutto le munizioni che occorrono per una guerra convenzionale di trincea, cioè di logoramento progressivo. Ma questa cosa è assurda. Di fatto, più la guerra va avanti e più onerose saranno le richieste russe per farla finire definitivamente.

L’Ucraina rischia di scomparire come quegli esperimenti di laboratorio riusciti male, che vanno reimpostati su basi completamente diverse se si vogliono ottenere risultati soddisfacenti.

 

Il fuoco della Geenna

 

Paradossalmente Putin e Xi Jinping si stanno comportando come i fondatori americani nel 1776, quando combattevano contro gli inglesi, cioè sono consapevoli che se non restano uniti, cadranno uno dopo l’altro.

Le recenti esercitazioni cinesi attorno all’isola di Taiwan sono un chiaro segnale che Pechino non ha più paura di Washington. E soprattutto sa già che se occupa l’isola, la Russia non farà assolutamente nulla per impedirglielo, neppure al Consiglio di sicurezza dell’ONU.

A inizio 2024 a Taiwan ci saranno le elezioni presidenziali, ma già l’anno scorso il Partito progressista democratico che governava il Paese, ha dovuto dimettersi, scavalcato dal Kuomintang, principale partito di opposizione, più favorevole a Pechino.

Qui ormai i 3/4 dell’umanità sta cominciando a capire che il cosiddetto “ordine internazionale basato sulle regole” è soltanto una strada a senso unico a favore dell’occidente collettivo. Il fatto stesso che la Corte Internazionale dell’Aia abbia dipinto Putin come un criminale di guerra prima ancora d’imbastire un processo in cui si esibiscono delle prove (come si fece a Norimberga contro i gerarchi nazisti), la dice lunga sul livello di bassezza etico-giuridica raggiunto dal diritto occidentale. Qui siamo in presenza di una montagna di spazzatura che per bruciarla ci vorrà il fuoco della Geenna.

D’altra parte Macron cosa è andato a fare a Pechino? Tra le altre cose “antiamericane” ha dovuto dire che Taiwan non è un dossier strategico per l’Europa, anzi ha escluso che la UE possa svolgere un ruolo deterrente nei confronti di un’invasione cinese dell’isola. In cambio ha chiesto a Xi di mediare tra Kiev e Mosca, ma i cinesi, si sa, sono un muro di gomma: ascoltano con molta pazienza ed educazione, ma poi fanno quello che vogliono, contando sul fatto che se noi occidentali ci vantiamo di avere delle banche troppo grandi per fallire, loro hanno un’intera popolazione, che non si fa certo intimidire dal fatto che tra i 13 Paesi che riconoscono giuridicamente la repubblica taiwanese vi è anche il Vaticano.

 

[13] Europei alla riscossa!

 

In fondo ci sta bene. Noi europei oggi siamo colonizzati dagli americani come un tempo eravamo noi a colonizzare mezzo mondo.

Se ci pensiamo, stiamo vivendo una situazione simile a quella del periodo nazista, quando Hitler, dopo aver occupato mezzo continente, metteva in piedi dei governi fantoccio.

D’altra parte oggi sono gli americani i nuovi nazisti. La storia non si ripete mai uguale a se stessa, come volevano i Greci, che così demoralizzavano chi aveva bisogno di emanciparsi. In realtà si muove a spirale verso una direzione, come diceva Lenin. Cioè il dopo somiglia al prima ma in condizioni molto diverse, che vanno studiate come inedite. E in ogni caso si ripetono solo fino al punto in cui l’aumentata consapevolezza dei problemi sociali fa scattare dei meccanismi rivoluzionari, quelli che costituiscono svolte epocali dalle quali non si può più prescindere.

Chissà che non si riesca ad acquisire una coscienza davvero “europea” cacciando l’occupante americano dal nostro continente, magari proprio con l’aiuto dei russi. Bisogna soltanto essere disposti a sacrificare la propria vita, perché una delle poche cose utili che la storia insegna è la seguente: non c’è oppressore che smetta di esserlo spontaneamente o perché convinto da parole umanitarie. L’eccezione non fa la regola.

L’altro insegnamento purtroppo è ancora più evidente di questo: se non si chiariscono bene le condizioni che servono per realizzare una democrazia davvero “popolare”, l’oppresso, una volta emancipato, tenderà a diventare un nuovo oppressore.

Questo perché la storia si ripete? No, ma semplicemente perché il meccanismo della delega, alla lunga, deresponsabilizza. L’essere umano, per restare se stesso, deve poter vivere in comunità di piccole dimensioni, in cui tutti possono tenersi sotto controllo. Il concetto di “istituzione” va abolito.

 

Una transizione epocale

 

È fuor di dubbio che le relazioni pacifiche tra le due principali potenze del Medio Oriente, Iran e Arabia Saudita, avranno un impatto positivo sui mezzi di sussistenza di milioni di persone.

La Cina ha svolto sul piano diplomatico un’iniziativa mortale per gli interessi degli USA e della UE in quella regione, largamente depredata a causa delle sue risorse energetiche e martoriata da guerre che sembrano non finire mai.

Si può anche pensare che la cessazione delle ostilità nello Yemen, dove una guerra lunga 9 anni ha fatto centinaia di migliaia di vittime, produrranno risultati duraturi. Anche i rapporti tra Siria e Turchia, grazie alla mediazione russa, sono migliorati di molto. Indubbiamente va risolta la questione kurda e tolta di mezzo la base militare USA in Siria. L’Arabia Saudita ha persino deciso di invitare il presidente siriano Bashar al-Assad al vertice della Lega Araba a Riyadh il 19 maggio.

Da quant’è che non si vedevano cose del genere? Ormai l’unico Paese con manie bellicistiche in quella regione è rimasto Israele, che sembra il 51° Stato americano.

La Cina ha conquistato amici nella regione costruendo infrastrutture anziché distruggerle, vendendo beni anziché valori, investendo nell’economia reale anziché stampando denaro fiat.

Viceversa gli USA hanno seminato caos e divisione, ispirato e finanziato i terroristi islamici, che poi hanno usato come pretesto per invadere Paesi in nome della democrazia. Hanno imposto sanzioni ai popoli islamici, facendo precipitare milioni di persone nella povertà. Hanno esportato un’ideologia liberista che uccide le culture locali.

La crescente influenza del blocco BRICS+ ha spiazzato la Casa Bianca, i cui diplomatici han cercato di convincere i Paesi di Africa, Asia e America Latina a sostenere le sanzioni contro la Russia. Ma il mondo non ne può più del bullismo americano. I Paesi più deboli stanno scommettendo sul successo di un’alternativa, che non s’impone usando strumenti sanzionatori e ricattatori, come quelli militari, economici e finanziari.

I paesi BRICS+ stanno lavorando a una valuta comune per sostituire il dollaro USA nel loro commercio, e all’interno del blocco il dollaro e soprattutto il petrodollaro è già stato sostituito da valute nazionali come lo yuan, il rublo, la rupia e il real. È per questo che si allunga la lista dei Paesi che vogliono aderirvi.

Insomma la nostra generazione ha il privilegio di assistere alla nascita di un ordine multipolare e al declino del disordine unipolare. Difficile pensare che una transizione di portata così epocale possa avvenire in maniera pacifica.

 

Una linea di continuità sull’uranio impoverito

 

Maria Zakharova ha detto che sono stati i nazisti i primi a utilizzare l’uranio impoverito nelle armi perforanti. Albert Speer, ministro del Reich per gli armamenti e la produzione bellica della Germania nazista, ricordava: “Nell’estate del 1943 l’importazione di wolframite dal Portogallo fu interrotta, il che creò una situazione critica per le munizioni con un solido nucleo perforante. Pertanto, ho ordinato l’uso di nuclei di uranio per questo tipo di munizioni.”

Dopodiché nella seconda metà del XX sec. la NATO adottò gli sviluppi nazisti e iniziò a produrre e utilizzare in serie munizioni all’uranio impoverito nelle proprie operazioni. La più infame di queste fu l’aggressione contro la Jugoslavia, dove fece un esperimento non solo sui serbi, bombardandoli con proiettili del genere, ma anche sugli italiani, che li maneggiavano o che si trovavano nelle aree operative senza adeguate protezioni. In quelle aree in cui gli italiani era responsabili furono sparati 17.237 colpi, cioè il 56,47% del totale. Quindi si poteva fare un buon test, la cui efficacia risulterà decisiva nella successiva guerra in Iraq.

Gli alti gradi dell’esercito italiano ovviamente non avevano alcun interesse a valutare i risultati dell’esperimento. Ma i parenti dei militari italiani morti di cancro hanno costretto il Parlamento a farlo.

A tutt’oggi 372 militari sono morti e altri 7.693 si sono ammalati per disfunzioni renali, cancro ai polmoni, cancro alle ossa, cancro all’esofago, sviluppo degenerativo della pelle, linfoma di Hodgkin e leucemia. Un generale in carica, Roberto Vannacci, ha denunciato le omissioni all’interno dell’esercito.

E ora la Gran Bretagna, fornendo uranio impoverito all’Ucraina, vuole trasformare questo Paese in una terra bruciata e deserta.

 

[14] Lo scontro delle interpretazioni

 

Molti dicono che la storia non è una scienza, e ci si può credere, essendo fatta da esseri umani, che sono molto mutevoli o persino volubili. Ma che non abbia alcunché di oggettivo, ce ne corre. E qui non stiamo parlando delle fonti scritte, che possono essere facilmente manipolate, ma di interpretazioni storiche, che hanno un loro senso, una loro logica interna, più o meno discutibile, non meno legittima e altrettanto condivisibile, sicuramente non censurabile.

Questo vale naturalmente anche per le interpretazione politiche, economiche, etiche ecc. Chi lo dice che non possa esistere una versione dei fatti, tra le tante, migliore di altre, più plausibile perché più vicina alla verità delle cose? Certo, poi tutto dipende da come uno vede o vuol vedere le cose, perché in fondo la libertà di coscienza resta insondabile. Però tutti hanno il diritto, e anzi il dovere, di ascoltare più campane, prima di farsi un proprio giudizio. Tale necessità fa parte del senso della democrazia.

Ebbene l’occidente collettivo si distingue invece per sponsorizzare solo quelle versioni dei fatti che rispecchiano i suoi interessi di fondo, i suoi privilegi faziosi. Tutte le altre versioni non contano nulla. È questo modo di fare, tipico dei nostri politici, militari, analisti, giornalisti, che non si riesce più a sopportare. Tutti costoro pontificano in maniera unidirezionale, pagati con le tasse di tutti i cittadini, anche con quelle che non la pensano come loro.

Questa cosa deve finire. Non può più esistere un’informazione pagata con fondi pubblici. Lo Stato non rappresenta la società civile, la nazione, ma solo alcune componenti sociali, che si arrogano il diritto di parlare per bocca di tutte le altre.

 

Non facciamoci illusioni

 

Parliamoci chiaro. Vedere i novax che stan dalla parte di Putin solo perché sono stufi di subire decisioni prese dall’alto, è abbastanza ridicolo.

Questa guerra russo-ucraina o russo-NATO va ben al di là degli schieramenti in campo. E non è neppure una guerra di civiltà, poiché è assurdo pensare che Russia o Cina o India costituiscano un’alternativa al modo di produzione capitalistico in generale. In questo momento si sta semplicemente decidendo se il futuro del capitalismo debba continuare a essere gestito dagli occidentali, che pongono l’iniziativa privata al di sopra di qualunque cosa. O se invece si debba accettare l’idea che tale iniziativa debba essere regolamentata da un’istanza superiore, che in genere coincide con lo Stato o tramite consorzi o confederazioni di Stati, come per es. il BRICS. 2500 anni fa avremmo detto: nell’ambito dello schiavismo vogliamo l’individualismo greco o lo statalismo persiano? La padella o la brace?

È chiaro che oggi stiamo assistendo a un cambio di guardia, a un passaggio del testimone, a una transizione decisiva nella guida del pianeta. Tuttavia per favore smettiamo di schierarci come se fossimo in una partita di calcio. Proprio perché qui va superato il sistema di un’unica civiltà malata, a est e a ovest.

Se vogliamo usare la metafora dello sport, dovremmo dire che tutti dovrebbero essere messi nelle condizioni di poter praticare uno o più sport, ma da dilettanti, perché questo vuol dire essere democratici. Il professionismo è una forma di aristocrazia che toglie naturalezza alla personalità.

Non penseremo davvero che dopo la sconfitta militare, economica e finanziaria dell’occidente noi avremo risolto i problemi dello sfruttamento del lavoro e delle risorse ambientali? Non possiamo essere così ingenui. Al massimo avremo fatto un primo timido passo, ma ce ne restano altri 100, forse 1000.

Il governo di Kiev è una zavorra dell’umanità. Quei neonazisti han pensato di aver diritto d’essere ascoltati e aiutati dal mondo intero solo perché si presentavano come aggrediti, ma sono soltanto una feccia di persone senza scrupoli, che, grazie soprattutto agli USA, pensavano fino a ieri di arricchirsi velocemente a spese della popolazione, sfruttando al massimo tutte le risorse della nazione. In realtà esprimono soltanto il peggio del capitalismo neoliberista di marca occidentale, di cui l’umanità vuol fare a meno perché non ne può più.

Il vero problema da risolvere è: quale alternativa creare al capitalismo statale di marca asiatica? Qui bisogna dire che fino adesso non si sono viste risposte convincenti.

 

Il peggio di Fukushima è in arrivo

 

Il governo giapponese ha confermato che il rilascio dell’acqua contaminata nell’oceano Pacifico dall’impianto nucleare di Fukushima inizierà probabilmente in primavera, o al massimo in estate.

Questo perché gli stoccaggi in centinaia di cisterne che circondano la vecchia centrale, han raggiunto la massima capacità possibile: oltre 1,3 milioni di metri cubi.

L’acqua, presa dal mare, dalle falde e dalle piogge, è servita per raffreddare la centrale, quindi è contaminata, anche se si cercherà di filtrarla o diluirla con acqua di mare prima di scaricarla in mare. Si stima che siano necessari 254 litri di acqua di mare pulita per ogni litro di acque reflue contaminate, quindi la quantità totale di acqua contaminata che il Giappone rilascerà nell’oceano supererà i 300 milioni di tonnellate.

L’intero processo di smantellamento della centrale, secondo le stime del governo, potrebbe durare fino al 2051.

Il Giappone non vuole condividere i dati scientifici sulle acque contaminate, ma si sa che queste acque contengono più di 60 radionuclidi, che si diffonderanno nell’arco di tre anni nell’intero oceano Pacifico e, dopo 10 anni di scarico, nei mari di tutto il mondo, causando danni imprevedibili all’ambiente marino e alla salute umana.

Chi pensa che l’energia degli idrocarburi debba essere sostituita dal nucleare dovrebbe prima sottoporsi a una terapia psicanalitica per cercare di risolvere le sue insicurezze. E quando sentiamo che il governo di Kiev cerca di bombardare la centrale di Zaporizhzhia, controllata dai russi, l’intero pianeta dovrebbe dichiarare guerra all’Ucraina.

 

Finlandia irriconoscibile

 

Durante i decenni della guerra fredda la Finlandia era orgogliosa di adottare una posizione non allineata nelle relazioni tra USA e URSS. Certo il fatto che il Paese condividesse una lunga frontiera con la Russia sovietica (1.300 km), rendeva la sua neutralità inevitabile, in quanto costituiva un requisito essenziale di Mosca per la propria sicurezza.

Inoltre la Finlandia portava la vergogna d’aver assediato Leningrado, insieme alle truppe della Wehrmacht, in un blocco genocida durato due anni e cinque mesi, prima che fosse completamente rotto dall’Armata Rossa.

Dopo la seconda guerra mondiale, quindi, il non allineamento della Finlandia non era tanto una questione di nobili principi, quanto piuttosto una questione di riparazione dei crimini commessi.

Purtroppo la mania revisionista della storia, in Europa, tende a minimizzare il fatto che molti Stati europei sono stati alleati del Terzo Reich nella loro guerra di sterminio contro i popoli slavi.

Il fatto che oggi la Finlandia si sia di nuovo alleata con gli epigoni del nazismo, quelli della NATO, rende molto incerto il destino di questa nazione.

Peraltro il premier filo-americano, Petteri Orpo, radicale di estrema destra, è stato eletto perché gli elettori finlandesi erano preoccupati per il declino economico del Paese. Ma ora i nuovi obblighi militari della NATO aumenteranno il crescente debito finanziario.

 

Memoria storica cancellata

 

Stiamo vivendo un tempo in cui la memoria storica è stata ampiamente cancellata. Il parlamento europeo, ad esempio, ha votato negli ultimi anni per incolpare l’URSS come istigatrice della seconda guerra mondiale insieme alla Germania nazista.

Andando avanti così, si arriverà a dire che il nazismo era nato per colpa del comunismo sovietico. Cioè che non ci sarebbe stato il secondo senza il primo. Sicché tutto sommato il nazismo svolgeva un ruolo legittimo, naturale, da condividere storicamente e politicamente, e quindi, in un certo senso, reiterabile, se la Russia si ripropone come una minaccia per gli europei.

Viviamo in tempi orwelliani: i colpevoli diventano vittime e pace significa guerra. In Italia per es. vediamo solo gli italiani nelle foibe, non gli slavi nei lager fascisti. La destra addirittura considera giustificate le rappresaglie naziste a fronte delle uccisioni compiute dai partigiani.

D’altra parte se non esistesse questo diffuso revisionismo, non sarebbe stato possibile non vedere come l’alleanza della NATO, guidata dagli Stati Uniti, sostiene un regime, quello di Kiev, le cui forze militari adorano apertamente collaboratori nazisti come Stepan Bandera, Mykola Lebed e Roman Shukhevych.

Si è così ciechi che Zelensky viene onorato a Varsavia come un eroe quando gli “eroi” dei neonazisti ucraini di oggi hanno compiuto massacri di milioni di polacchi insieme ai loro partner SS Einsatzgruppen.

Tutta questa feccia dell’umanità deve scomparire dalla faccia del mondo, poiché non si limita a inventarsi la storia in maniera pacifica, restando entro i propri confini nazionali, ma mira a occupare e colonizzare i territori altrui.

 

Il Mar Baltico lago della NATO

 

La Finlandia è diventata il 31° membro della NATO e il 15° nuovo membro dal 1990. Dalla presunta fine della guerra fredda ci sono stati sette round di espansione della NATO, che hanno portato forze militari offensive sempre più vicine al territorio russo. Il confine finlandese (NATO) è ora a soli 160 km da San Pietroburgo.

Con un confine nordico di 1.300 km l’adesione della Finlandia alla NATO raddoppia effettivamente il territorio esistente sul quale la NATO può installare forze militari destinate alla Russia.

La Finlandia offre inoltre alla NATO un accesso significativamente nuovo alle rotte del Mar Baltico, vicino alla costa e alle rotte marittime russe.

Se anche la Svezia entra nel blocco militare nei prossimi mesi, il il Mar Baltico viene circondato da otto Paesi della NATO: Estonia, Lituania, Lettonia, Polonia, Germania, Danimarca, Svezia e Finlandia.

L’intento è quello di farne un lago della NATO e di escludere la Russia dalle risorse naturali artiche e di rendere impossibile la difesa dell’exclave di Kaliningrad, prossimo obiettivo da colpire.

La NATO è oggi l’asse del potere militare che eredita il ruolo storico della Germania nazista. L’imperialismo americano ha sostituito quello tedesco nello storico progetto di sottomettere la Russia.

 

[15] Quale stabilità internazionale?

 

È assurdo pensare che la guerra russo-ucraina costituisca una minaccia alla stabilità internazionale. Sono semmai gli USA che hanno bisogno di instabilità per gestire le contraddizioni interne, a cui non sanno trovare risposte adeguate.

In ogni caso i crac finanziari che loro vivono dall’inizio del XXI sec. non sono stati provocati da Russia, Cina o da qualche Paese Opec. Sono stati, tutti quanti, fenomeni interni al capitalismo occidentale, di cui gli USA sono la locomotiva dal secondo dopoguerra.

Questo per dire che se anche non ci fosse stata la guerra in Ucraina, sarebbe avvenuto qualcos’altro a sconvolgere la stabilità internazionale. Gli USA si sarebbero inventati altre tragedie: eventualmente una nuova pandemia o un nuovo attacco terroristico contro loro famose infrastrutture o edifici storici (come è successo per le Torri Gemelle, la cui distruzione inaugurò 20 anni di guerra contro il terrorismo islamico).

Per non parlare del fatto che, in nome della tutela ambientale, gli USA vogliono imporre a tutta l’umanità una tipologia di vita che, nella miseria in cui versa la grande maggioranza del pianeta, non è affatto praticabile. Prima l’occidente distrugge l’ambiente, poi chiede di ricostruirlo come se tutti avessero le stesse possibilità di farlo. Prima ti fanno vivere nella sottomissione e poi ti penalizzano se non ti comporti come un Paese civilizzato.

 

Almeno un insegnamento

 

Da questa guerra così quotidiana, così martellante, così piena di atrocità compiute dagli ucraini e dai loro sostenitori e fiancheggiatori (come dimostrano i tanti video circolati nei social e le tante testimonianze raccolte e registrate), ci si aspetta almeno un insegnamento, che nessuno sfugga alla giustizia. Cioè anche l’infame rimasto ucciso o fuggito all’estero dovrà essere sottoposto a un processo.

È dalla strage di Odessa che si vedono e si sentono cose orribili, che fanno rivoltare lo stomaco: non è possibile considerarle come un effetto collaterale di qualunque guerra.

I soldati privi di moralità devono sapere che non la passeranno liscia: la giustizia li raggiungerà. Quanto meno bisogna far capire che situazioni anomale, come naturalmente una guerra, non autorizzano a compiere atti contrari a qualunque senso di umanità. Ci si riferisce ovviamente alle torture, alle mutilazioni inflitte per puro sadismo, ai trattamenti umilianti o degradanti riservati ai prigionieri, alle esecuzioni senza processo, all’uso dei civili come scudi umani o come cavie per esperimenti (pseudo) scientifici, agli omicidi o ferimenti gratuiti, immotivati, alle stragi compiute per pure esigenze terroristiche, all’uso strumentale di cadaveri umani per inscenare situazioni raccapriccianti da addebitare al nemico (come successe a Bucha), all’uso di armi proibite dalle convenzioni internazionali e così via.

Una cosa, finita la guerra, saranno i giudizi degli storici, le sentenze emesse da tribunali internazionali sulle direttive disumane emanate dai governi in carica, dai loro stati maggiori o dai loro servizi segreti e mediatici. Un’altra sono i giudizi sui comportamenti individuali. Da questa guerra bisogna che passi un principio utile per le guerre successive: ognuno dovrà rendere conto delle proprie azioni.

Un’ideologia guerrafondaia, razzista, nazionalista, nazifascista, maschilista ecc. costituisce sicuramente un’attenuante alle mostruosità che si compiono a titolo individuale, ma esiste sempre un limite oltre il quale nessuna giustificazione regge.

È importante affermare questo principio, poiché chiunque decida di entrare in guerra, non può sentirsi autorizzato a compiere qualunque cosa. Bisogna smettere di dire che la guerra è la prosecuzione della politica con altri mezzi, come se fosse una cosa inevitabile. Qui bisogna iniziare a porre le condizioni che permettano di stabilire quando una dichiarazione politica a favore della pace è in realtà a favore della guerra. Nessun governo può permettersi di fare dichiarazioni impedendo alla propria popolazione di interpretarle.

E con questo non si ha intenzione di fare della filosofia morale a buon mercato, ma si stanno semplicemente ricordando le basi della democrazia, quella vera, non quella formale, cui da mezzo millennio la borghesia ci ha abituati.

 

Sul filo del rasoio

 

L’Air Defender-2023 del prossimo luglio coinvolgerà circa 220 aerei da guerra e 10.000 soldati provenienti da 24 nazioni, compresa la Finlandia. È l’esercitazione aerea più massiccia della NATO da quando è stata fondata (1949), ma anche il più grande movimento di soldati americani in Europa dalla fine della guerra fredda. Lo scopo è quello di simulare le azioni degli USA se la guerra in Ucraina si estende a uno dei territori della NATO. In particolare si dovranno testare i tempi di trasferimento degli aerei e delle truppe dagli USA all’Europa.

L’aggressione della NATO nel nostro continente si fa sempre più pressante e i nostri statisti sono tutti disposti a sacrificare il popolo europeo per le mire egemoniche degli USA e espansionistiche della NATO.

È una propaganda assurda affermare che la Russia sta pianificando di attaccare un qualsivoglia Paese europeo, in quanto avrebbe mire imperialistiche. Come è assurdo sostenere che se la Russia installa i propri missili nucleari in Bielorussia dimostra di essere “aggressiva”, mentre invece la NATO, che da tempo li ha già messi in vari Paesi europei, dimostrerebbe le sue intenzioni “pacifiche”.

Washington ha ignorato completamente i consigli dei suoi stessi analisti e diplomatici più rispettati, tra cui il defunto George Kennan, l’ex ambasciatore Jack Matlock e il docente John Mearsheimer.

Biden ha dichiarato che l’adesione della Finlandia alla NATO è un presagio di un’Europa più pacifica e sicura. Ma disse la stessa cosa 24 anni fa, quando Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria si unirono alla NATO nella prima di molte ondate di espansione post guerra fredda. Nello stesso anno, nel 1999, l’asse della NATO guidato dagli USA bombardò l’ex Jugoslavia per 78 giorni, sulla più grande ondata di violenza interstatale in Europa dalla fine della seconda guerra mondiale. Le truppe tedesche furono schierate insieme ad altre forze della NATO per la prima volta dalla sconfitta del Terzo Reich nel 1945.

L’ingresso della Finlandia nella NATO è stato festeggiato in pompa magna, ma prepariamoci al peggio.

 

Fake news a gogò

 

È da quando esiste lo schiavismo, cioè da circa 6000 anni, che siamo abituati alle falsità. Ma in poco più di un anno di guerra in Ucraina ne abbiamo ascoltate così tante come forse se ne sono dette in tutto il Medioevo. Questo perché i mezzi comunicativi hanno assunto un’importanza assolutamente eccezionale. Sembra di assistere a questo paradosso: quanto più si estende la comunicazione, tanto più siamo falsi.

Oggi tutti i telegiornali nazionali, siano essi pubblici o privati, sembrano essere una sorta di tg Kiev. Persino il nome della città di Kiev i giornalisti la pronunciano alla maniera ucraina.

Ad ogni trasmissione bisogna assumere la pillola fuorviante, basata su ingredienti standard: solo i militari russi subiscono sconfitte e, grazie all’aiuto della NATO, sicuramente gli ucraini li costringeranno a evacuare il Donbass e la Crimea; i russi sono dei mostri senza pietà (lo dimostrano i singoli casi quotidiani); sono loro che non vogliono la pace e che minacciano di usare l’atomica; è per colpa loro che rischia di esplodere la centrale nucleare di Zaporizhzhia; tutto quello che dicono i russi è falso, mentre tutto quello che dicono gli ucraini, gli USA, la UE e l’Occidente collettivo in generale, ivi incluso Israele, è vero.

Insomma siamo in pieno regime orwelliano, anche se Orwell, quando scriveva 1984, aveva in mente, nella sua ingenuità e faziosità trotskista, solo la Russia sovietica.

 

Quello strano eroismo slavo

 

Sto cominciando a pensare che i russi si siano rifiutati di bombardare a tappeto Kiev o Bakhmut non solo per motivi umanitari, cioè per non infierire sui civili, come invece fa sempre la NATO, che ama terrorizzare civili e militari con le proprie bombe sganciate dall’alto in maniera indiscriminata, per indurre il nemico a una resa immediata. I suoi eserciti entrano nelle città solo quando neanche un muro è rimasto in piedi. Formare un militare professionista oggi ha dei costi notevoli: non lo si può sprecare.

Ci devono essere altre motivazioni etiche che giustificano le lentezze dei russi, altrimenti non si spiega perché quelli della Wagner vengano lasciati morire a frotte in un assedio che dura da mesi, quando in realtà sarebbe bastato molto meno tempo per conquistare Bakhmut integralmente e definitivamente (una città che prima della guerra aveva 80.000 abitanti e che ora ne ha 5.000).

Ho l’impressione che per i russi sia un onore morire in battaglia per una causa giusta. Sia inoltre un onore vincere un nemico giudicato forte in un confronto alla pari. Di qui la loro riluttanza ad agire in fretta, del tutto inspiegabile secondo i canoni occidentali, anche perché richiede un impiego notevole di energie e di risorse.

L’occidente, prima di avventurarsi in guerre così dispendiose, fa sempre una botta di conti, onde verificarne la convenienza sul piano pratico. Per i russi invece la guerra deve avere delle motivazioni convincenti sul piano morale, altrimenti non ci si sacrifica, non si mette a repentaglio la propria vita. Si confida nel fatto che il nemico, alla luce dei fallimenti precedenti, non sia così stupido dal voler conquistare una Federazione così gigantesca.

Queste popolazioni slave, non dilaniate dal consumismo di marca occidentale, e continuamente soggette a invasioni scriteriate da parte nostra, ci tengono a mostrare il loro coraggio. Mi pare di vedere nel Medioevo i loro cavalieri che difendono donne, orfani, anziani, poveri e naturalmente la patria. E come non ricordare la vicenda di Boris e Gleb, che, pur di non combattere contro il loro fratello Sviatopolk, si fecero uccidere?

Da noi invece atteggiamenti del genere venivano esaltati come ideali solo nella letteratura, poiché nella pratica i cavalieri si mettevano al servizio di chi li pagava meglio o nella speranza di diventare, con una investitura regale, dei nobili su una determinata area agricola, piena di servi della gleba che assicuravano una rendita feudale vitalizia.

I russi quindi sembrano combattere con lo spirito di un tempo, facendo della guerra un’esperienza di vita, un’occasione in cui mostrare il proprio valore, il proprio eroismo. Non a caso da loro il servizio militare è ancora obbligatorio dai 18 ai 27 anni per almeno un anno (dal 2008, prima gli anni erano due).

Mi sbaglierò (perché non siamo abituati a cose del genere), ma per loro la guerra sembra essere un’occasione per verificare la tenuta della società, la sua solidarietà, la sua fiducia nei confronti delle principali istituzioni. In occidente invece la guerra serve per saccheggiare le risorse altrui o per favorire gli interessi degli apparati militari-industriali o per distrarre la popolazione interna dagli antagonismi sociali che i governi non riescono a risolvere.

Bisogna tuttavia ammettere che ci vuole non meno coraggio a vivere una vita normale, in cui non si deve essere costretti a uccidere qualcuno per potersi difendere. Comunque la si viva, la guerra resta una mostruosità non indispensabile per mostrare i propri sentimenti umani e che di sicuro non ispira fiducia sul futuro dell’umanità.

 

Due dichiarazioni che fanno pensare

 

Viktor Orbán, sulle truppe della UE in Ucraina, ha detto: “Un anno fa la disputa riguardava la possibilità di inviare armi letali in Ucraina. Gli ungheresi allora e adesso han detto di no. Ma anche i Paesi occidentali hanno esitato. Ora la domanda è un’altra: quanti carri armati, o quanti aerei, o proiettili con elementi contenenti uranio, o truppe siamo disposti a inviare in Ucraina. Siamo vicini al fatto che nelle conversazioni dei leader europei, la questione è se gli Stati membri della UE possano inviare truppe di qualche tipo per il mantenimento della pace in qualsiasi forma, o se sia meglio non inviarle. Siamo vicini a questo confine prima invalicabile.”

Ha detto Lukashenko sui negoziati per la pace in Ucraina. “Ai rappresentanti occidentali ho sempre detto, anzi implorato: ‘Ora, ora, non domani!’. Questo perché se la Russia fino a ieri ci chiedeva armi e munizioni, oggi non chiede più niente a nessuno. Il suo complesso militare-industriale è già schierato a pieno regime.

Se l’Ucraina si riempie di armi della NATO, si formerà inevitabilmente anche un’armata dall’altra parte. Noi non possiamo perdere mezzo milione di morti e mutilati. Pertanto, dobbiamo fermarci ora, prima che inizi l’escalation.

Molti in Russia diranno: “Noi ci siamo già fermati nel Donbass”. Ma ora la situazione è diversa. Se la NATO attacca, la Russia farà altrettanto. Se l’Occidente tenta ancora una volta di utilizzare la pausa per rafforzare le proprie posizioni, con l’inganno, la Russia sarà obbligata a utilizzare tutto il potere del complesso militare-industriale e dell’esercito per impedire l’escalation del conflitto. Alla Russia interessa il Donbass non l’Ucraina, ma dipende anche da come si comporterà la NATO”.

E poi ha aggiunto: “Quando gli ucraini pensano di vincere, questa è stupidità. Se la leadership russa si rende conto che la situazione minaccia il crollo della Russia, verrà utilizzata l’arma più terribile e questo va evitato.”

 

Analisti fastidiosi

 

È abbastanza fastidioso ascoltare gli analisti occidentali quando sostengono che la guerra russo-ucraina costituisce una palese violazione dell’uso della forza, in quanto non legittimato da alcuna delibera dell’ONU. In effetti, al massimo dovrebbero dire che questa guerra segna l’apice di un processo, tutto occidentale, di una continua violazione delle norme restrittive della Carta delle Nazioni Unite.

Questo perché sin dalla guerra in Jugoslavia la NATO se n’è infischiata bellamente delle regole internazionali. Per gli occidentali bastava parlare di lotta al terrorismo o a qualche dittatore sanguinario, per compiere abusi e violazioni d’ogni genere. In nome della democrazia e dei diritti umani si sono fatti incredibili macelli.

In questi ultimi 25 anni l’occidente ha dimostrato che l’ONU non serve a niente e che il Consiglio di sicurezza, per chi vuole egemonizzare il pianeta, costituisce un peso insopportabile. L’ONU serve soltanto quando sulle aggressioni del mondo occidentale finge di non vederle.

 

[16] L’importanza di chiamarsi Mainstream

 

Se ci pensiamo, quando il presidente George Bush jr dichiarò guerra all’Iraq di Saddam Hussein nel 2003, lo fece sulla base dello stesso assunto per cui oggi gli USA negano alla Russia il diritto all’intervento speciale militare, e cioè che già esisteva una guerra in atto contro il terrorismo.

L’attacco alle Torri Gemelle venne usato come pretesto per una dichiarazione di guerra al presunto “terrorismo islamico”. L’operazione speciale di Putin avrebbe dovuto essere accettata con ancora più convinzione, visto che Kiev aveva esercitato un terrorismo reale, non presunto, contro i russofoni del Donbass.

Invece non è stato così. L’occidente collettivo, e anzi quasi il mondo intero, percepì subito come legittimo l’attacco all’Iraq, mentre (almeno sulle prime) non ha percepito alla stessa maniera l’attacco all’Ucraina neonazista, benché i ¾ dell’umanità si sia rifiutata di sanzionare la Russia, nella consapevolezza di essere troppo dipendente dalle sue forniture energetiche, metallurgiche e alimentari.

È soltanto oggi che, a forza di ridirlo, è passata l’idea che la guerra contro l’Iraq fu priva di vera legittimazione, in quanto Saddam non possedeva armi di distruzione massiva. Soltanto oggi non si ha timore di dire ch’erano gli USA stessi a creare o a sponsorizzare il terrorismo islamico, per poi usarlo come pretesto per scatenare le proprie guerre.

Dunque dove sta la differenza tra le guerre americane e questa della Russia? Sta nel diverso modo di usare i mass-media. L’occidente collettivo sa essere falso come nessun’altra entità mondiale, proprio perché in questo campo si è addestrato sin dal tempo dell’Apologo di Menenio Agrippa.

La Russia invece fa molta fatica a dimostrare d’essere nel vero. Ci vuol tempo per convincersi che ha ragione. Questo perché non sa usare i mass-media in maniera positiva, propositiva. L’abbiamo visto nella fase iniziale dell’operazione sociale, quando Zelensky, addestrato dall’anglosfera, poteva permettersi il lusso, ovunque si collegasse, di divulgare al mondo intero una versione della realtà completamente distorta, senza che il pubblico potesse ascoltare la replica di Putin.

È soltanto adesso che quasi tutto il pianeta ha capito che Zelensky è solo un fantoccio gestito dagli yankee, un burattino senza cuore, totalmente privo di scrupoli, che sta mandando in totale rovina il proprio Paese.

 

Un gesto estremo

 

Vorrei usare qui un paragone in grado di passare attraverso i filtri schematici degli algoritmi di Meta. Per cui, invece di fare riferimenti all’omosessualità, porrò una domanda non volgare: che cosa ci rimette un nipote a giocare d’azzardo coi soldi della nonna? Niente.

Ecco mi sembra questa la situazione di Zelensky: ha voluto fare la parte dell’eroe usando la vita del suo popolo. E ora ha perso tutto. Davvero non è tenuto a restituire niente?

Una persona seria, che non ha voluto fare l’eroe per una forma di egocentrismo, ma proprio perché credeva nel valore delle parole che diceva, ora non dovrebbe fuggire come un codardo.

Se proprio non si vuole consegnare vivo nelle mani dell’odiato nemico, che sicuramente lo sottoporrebbe a un processo, avrebbe solo un’alternativa di fronte a sé, quella di Hitler, che nel bunker di Berlino prese una decisione estrema, come quella di Catone o di Cicerone, salvo il fatto che questi non erano dei “mostri”, ma degli avversari di chi aspirava alla dittatura.

Zelensky invece, come Hitler, ha voluto fare il dittatore, con la differenza che Hitler non dipendeva da nessuno: non era una marionetta appesa a dei fili. Zelensky ha agito per conto di altri, svolgendo un ruolo che gli è scoppiato come le bombe terroristiche che di tanto in tanto chiede di far esplodere contro civili inermi.

Semmai la scamperà chi l’ha manovrato. A meno che il genere umano non sia abbastanza maturo da esigere una sincera e puntuale rendicontazione da parte di chi, ricoprendo ruoli istituzionali, ha preso decisioni sommamente sbagliate.

Ha Zelensky la dignità per compiere il gesto estremo, nella speranza (anche se per noi sarebbe solo un’illusione) di passare alla storia non solo come eroe ma anche come martire? Oppure preferirebbe dimostrare che lui in fondo non ha mai amato il suo popolo ma solo se stesso? Non sarà per caso così ipocrita da sostenere che ha perso la guerra per colpa della NATO, che non è voluta entrare nel conflitto a gamba tesa? In tal caso torneremmo al paragone di prima. Ha senso sostenere una guerra contando sulle forze e risorse altrui?

Probabilmente si sarà mangiato le mani mille volte per non aver accettato di prendere l’elicottero che gli USA gli avevano messo a disposizione il giorno dopo dell’inizio dell’operazione speciale. Avrebbe evitato di mettersi nelle mani di gente senza scrupoli, profondamente falsa e cinica, che probabilmente inscenerà una situazione mostruosa, quella di tentare di far passare un suicidio per un omicidio compiuto dai russi. Accetterebbe Zelensky una proposta del genere? come tentativo estremo di dimostrare che i russi sono disumani e che lui aveva ragione a non trattare con loro? A causa di questa guerra l’umanità sta vivendo una transizione epocale, ma lui riuscirebbe a viverla in se stesso, passando dal comico al tragico?

 

Un esperimento statuale fallito

 

Qui bisogna ammetterebbe una cosa: l’Ucraina è stato un esperimento politico statuale fallito. Al di là delle idee socialiste di Lenin non vi è nulla che possa tenere in piedi uno Stato così multietnico e pluriconfessionale.

La giunta nazionalista e neonazista di Kiev ha completamente distrutto l’unità nazionale. Non ha alcun senso infatti affermare l’esistenza di una nazione quando tutte le sue minoranze vengono perseguitate. Gli Stati limitrofi tenderanno a riprendersi, in questa guerra, quei territori che possedevano nei secoli passati.

La Russia ha inaugurato la sua operazione speciale militare perché sapeva di averne la forza, oltre che il dovere morale nei confronti dei russofoni del Donbass. Ma la stessa cosa, in teoria, avrebbero potuto farla la Romania, l’Ungheria, la Polonia, la Lituania e la Slovacchia.

La Russia ha pensato di averne la forza perché nel censimento del 2001 quasi il 30% della popolazione ucraina dichiarò il russo come lingua madre. Non solo, ma da un sondaggio del 2004 circa il 45% della popolazione aveva dichiarato di parlare russo in famiglia. Lo stesso Zelensky è di lingua nativa russa e ha recitato in questa lingua nello sceneggiato “Servitore del popolo”.

Fu Lenin a introdurre il dialetto ucraino come materia scolastica obbligatoria.

È solo Wikipedia che sostiene che la minoranza russa sia del 22%. Non ha neppure il coraggio di dire che prima della guerra a Kiev i russi etnici costituivano il 13,1% della popolazione, come dice “Limes”.

D’altra parte Wikipedia non vede neppure il golpe del 2014. Così infatti scrive: “Nel 2014, in seguito a proteste popolari anti-governative e pro-Unione europea nella capitale Kiev, si verifica uno stato di crisi con la Federazione Russa, culminato nell’annessione da parte di quest’ultima della Crimea e nella secessione delle Repubbliche separatiste di Donetsk e Luhansk. Nel febbraio 2022, la Russia dopo aver riconosciuto formalmente l’indipendenza dall’Ucraina di queste due repubbliche, dà inizio a un’offensiva militare nei confronti dell’Ucraina.”

Un modo esemplare di ribaltare i fatti.

 

Minoranze risvegliate

 

Il governo di Kiev sta facendo pagare agli ungheresi la decisione di non sanzionare la Russia. Infatti d’ora in poi il costo dell’istruzione nelle scuole della Transcarpazia, ove vive la minoranza magiara, costerà 5 volte di più.

Per tutta risposta l’Ungheria non permetterà l’integrazione dell’Ucraina nell’UE e nella NATO finché i diritti della minoranza ungherese in Transcarpazia saranno violati. L’ha dichiarato il ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjártó.

Si badi, non è da adesso che il governo di Kiev riduce costantemente i diritti delle minoranze legati all’uso della lingua madre. È dal 2015, l’anno dopo del golpe neonazista. È da allora che i nazionalisti impediscono agli studenti ungheresi di accedere alle facoltà universitarie usando la loro lingua.

Ora, dal prossimo settembre le scuole delle minoranze nazionali in Ucraina praticamente scompariranno: i bambini potranno studiare nella loro lingua madre solo negli asili statali e fino alla quarta elementare di una scuola statale.

Szijjarto ha anche sottolineato che la questione relativa al trasferimento di armi alle forze armate ucraine, cui il suo Paese è contrario, non è collegata alla privazione dei diritti degli ungheresi, nel senso che è inutile pensare di ricattare Budapest e attendere concessioni da parte sua. È una questione di principio democratico. Le minoranze vanno rispettate e Kiev non lo fa, né coi russofoni né con le altre: bielorussi (0,9%), ebrei (0,9%), moldavi (0,5%), bulgari (0,5%), polacchi (0,4%), rumeni (0,3%) e ungheresi (0,3%).

 

Sudan nel caos

 

In Sudan si sta svolgendo una battaglia tra questi due uomini: da un lato il 65enne Al-Barhan, che ha rovesciato nell’aprile 2019 il trentennale dittatore Omar al-Bashir con un golpe militare ed è stato il sovrano non ufficiale ma indiscusso del Sudan per quasi 4 anni; dall’altro il 46enne Mohammad Hamdan Dagalo, soprannominato Hemetti, il comandante delle “forze di supporto rapido” (RSF), una élite paramilitare che ha ricevuto addestramento da militari italiani, è appoggiata dal gruppo Wagner, e ha legami con gli Emirati.

Al-Barhan, appoggiato dall’Egitto, aveva promesso di dare il potere governativo ai civili, firmando un accordo il 5 dicembre scorso, ma ancora non l’ha fatto; e Dagalo, vicepresidente nel governo transitorio, si è stufato di aspettare, anche perché è contrario alla normalizzazione dei rapporti con Israele, in quanto sta dalla parte dei palestinesi.

Le RSF furono istituite nel 2013 dall’allora presidente Omar El-Bashir per allontanare con violenza dai ricchi giacimenti d’oro del Darfur le popolazioni autoctone. Tant’è che Dagalo è diventato un grande commerciante d’oro.

A foraggiare Dagalo, dal 2016, con milioni di euro, è stata anche l’Europa, per impedire i flussi migratori verso il Mediterraneo. A tale scopo le sue RSF sono giunte fino in Libia come truppe mercenarie a sostegno del generale Khalifa Haftar.

Attualmente il Sudan è sul piano finanziario nelle mani del FMI e sul piano economico, con le riforme neoliberiste imposte, è allo sfascio. L’inflazione e il debito pubblico sono alle stelle. Il prodotto leader nell’export è l’oro, che rappresenta il 70% del totale, seguito dal bestiame che conta per il 25%. Tutto il resto, compreso il greggio, sta nel restante 5%.

Invece nel Sud Sudan è il petrolio che costituisce la quasi totalità delle esportazioni e più del 40% del PIL. Ma il Sud Sudan, resosi indipendente nel 2011, è frutto di due lunghe e sanguinose guerre civili. E la sua indipendenza, a differenza delle due repubbliche del Donbass, è stata appoggiata dall’occidente.

 

[17] Wanted, dead or alive

 

L’occidente ha voluto punire severamente la Russia sul piano economico e finanziario, perché l’ha riconosciuta subito come un Paese aggressore, e ora si presta a farlo anche sul piano militare. Poi vedremo chi ne pagherà di più le conseguenze. Se il buongiorno si vede dal mattino, allora bisogna dire che, come ci è arrivato in testa il boomerang delle sanzioni economiche, così è facile che ci arrivi anche quello delle azioni belliche. Questo perché ancora non si è capito con chi si ha a che fare. Noi siamo Golia e ci scappa da ridere al vedere un ragazzino con una fionda in mano.

Fatto sta che in altri casi (Kosovo 1999, Iraq 2003, Libano 2006, Libia 2011) erano stati i Paesi della NATO a svolgere il ruolo di aggressori di altri Paesi, in piena violazione del diritto internazionale. E nessuno ha mosso un dito, nessuno ha ascoltato le proteste della Russia.

Non solo, ma ai Paesi aggrediti era stata preclusa la possibilità di ricevere aiuti militari da chicchessia. Anzi, era stato negato persino il diritto più elementare all’autodifesa. Per l’occidente collettivo è pacifico che chi si difende contro le sue armi passa per “terrorista”: non è importante che sia iracheno, palestinese o Hezbollah libanese.

Da notare che anche quel criminale di Poroshenko aveva giustificato la guerra civile contro le due repubbliche del Donbass, giudicando “terroristici” i tentativi favorevoli all’autonomia amministrativa. In Italia quelli della Lega dovremmo metterli in galera tutti quanti.

Il bello è che il mainstream occidentale si è sempre allineato a questa narrativa estremista, accettando di definire col termine “terrorista” chiunque si opponga all’egemonia americana. Quello però è un termine particolarmente grave, paragonabile a quegli avvisi polizieschi di ricerca di un determinato criminale che nei film sul Far West vedevamo affissi nei saloon con la scritta: WANTED, DEAD OR ALIVE. Sicché ognuno, pratico nell’uso della colt, si sentiva autorizzato a comportarsi come un bounty killer, al fine d’incassare la taglia prevista, più o meno cospicua.

Se ci pensiamo, a quella Corte insensata che ha considerato Putin un “fuorilegge” da arrestare immediatamente, mancava soltanto di mettere una ricompensa in denaro, e avremmo raggiunto il top della nequizia.

Insomma tutto questo per dire che l’uso della forza è divenuta in occidente una prassi così abituale che va persino oltre la comoda coppia di aggredito e aggressore.

 

Musica cambiata

 

L’operazione speciale inaugurata da Putin (una definizione che sicuramente adotterà anche la Cina nei confronti di Taiwan) costituisce, secondo l’occidente collettivo, una violazione dell’ordine internazionale. Ammettiamolo, ma non prima di esserci chiesti: di quale ordine? Infatti quello occidentale procura “disordine” sin dall’inizio della guerra fredda, anzi sin dalla prima guerra calda, quella in Corea (1950-53).

Di un “ordine” del genere il mondo intero ne fa volentieri a meno. Anzi, meno male che finalmente qualcuno è riuscito a dire basta in maniera ferma e decisa.

Infatti la continua devastazione del Medio Oriente (tanto per fare un esempio), a partire almeno dalla prima guerra del Golfo, non è mai riuscita a trovare un oppositore efficace, in grado di rovesciare il dominio finanziario e globale degli USA.

Gli americani son soltanto capaci di distruggere, uccidere e saccheggiare, servendosi degli alleati europei, israeliani e occidentali in genere. Ma solo con Russia e Cina si è finalmente riusciti a opporsi a tale devastazione, creando chiaramente un’alternativa all’egemonia militare, economica e finanziaria degli USA.

Nessun Paese islamico è mai riuscito nell’intento, soprattutto perché molto divisi tra loro. Gli islamici han sofferto talmente tanto delle loro divisioni interne che non sono mai riusciti ad avere la meglio neppure su quel minuscolo e spocchioso Stato d’Israele.

Ora invece la musica è cambiata, per tutti, in senso positivo o negativo, senza via di mezzo, a seconda di come ci si colloca nel guado della storia.

 

Quel famigerato accordo sul grano

 

In inglese cosa vuol dire dumping? Ridurre i costi di produzione di un bene per poterlo vendere a un prezzo più basso rispetto a quello standard di mercato. Oppure, pur non potendo ridurre i costi di produzione, vendere sottocosto per rovinare la concorrenza altrui, giusto il tempo sufficiente per acquisire una fetta di mercato, dopodiché si torna alla normalità.

Insomma è una furbata, che può anche comportare tutta una serie di abusi nei confronti dei propri lavoratori, dell’ambiente ecc. Una pratica che il capitalismo conosce sin da quando era neonato e che nel Medioevo le corporazioni cercavano di evitare.

Ebbene in Europa si sono stancati dei produttori ucraini di cereali. Sono troppo concorrenziali. Polonia, Bulgaria, Romania, Ungheria e Slovacchia hanno iniziato a mettere sotto embargo il grano, i semi oleosi e i legumi di origine ucraina. Quelli son Paesi poveri: gli agricoltori non sono assistiti dallo Stato. Che poi in questo momento bellicoso ha tutt’altro a cui pensare: deve versare fiumi di denaro nelle casse dell’industria militare americana. Sì, inclusa l’Ungheria, che entro quest’anno, anticipando i tempi, spenderà per la difesa il 2% del PIL, secondo le richieste della NATO.

Il fatto è che gli Stati europei non han potuto mettere i dazi sull’import dei cereali ucraini. Non avrebbe avuto senso, visto che a braccia aperte hanno accolto milioni di profughi provenienti da quel Paese. E così certe aziende agricole stanno andando in rovina: in agricoltura l’invenduto è letale. Peraltro gli ucraini, che, a parte l’appoggio a un governo neonazista, non sono fessi, hanno cominciato a esportare anche uova, pollame, miele... Per loro il duty-free è una manna caduta dal cielo. Si possono anche permettere il lusso di usare dei pesticidi da noi vietati.

Siamo proprio ridicoli: da un lato abbiamo accusato la Russia con tutto l’odio possibile d’impedire all’Ucraina di vendere il proprio grano; dall’altro accusiamo gli ucraini di venderlo a prezzi stracciati. Da un lato impediamo ai russi di vendere i loro cereali e fertilizzanti; dall’altro lasciamo morire di fame i Paesi del Terzo mondo. Da un lato permettiamo a russi e ucraini di vendere i loro cereali al Terzo mondo; dall’altro facciamo in modo che le loro navi vendano i cereali a noi per evitare che l’inflazione su questi beni primari ci distrugga.

Ora i nostri agricoltori piangono miseria e chiedono sovvenzioni alla Commissione Europea, senza sapere che è gestita da una che sbava per andare a dirigere la NATO.

 

[18] Lo scempio della verità

 

È incredibile come la propaganda occidentale, che ha inventato i racconti edulcorati sin dal tempo dei romani, in cui gli intellettuali esaltavano le gesta dell’imperatore di turno per beneficiare di ogni privilegio, si sia appiattita così enormemente sulle versioni dei fatti trasmesse dal mainstream ucraino relative alla guerra in corso. Non c’è giorno che non ci si inventi qualcosa di assurdo, pur di sostenere che tutta la responsabilità ricade sui russi. Ormai siamo arrivati al punto da credere esattamente nel contrario di ciò che ci trasmettono.

Ebbene guardiamoci in faccia e diciamocelo una volta per tutte. All’occidente interessa anzitutto e soprattutto il denaro, o meglio, il capitale che si autovalorizza. È vero, anche nel mondo greco-romano si usava il denaro, ma essendoci lo schiavismo, la sua diffusione era ridotta al minimo. Perché il denaro si trasformi in capitale ci vuole la libertà giuridica, quella che introduce la democrazia formale: tutti devono essere liberi di acquistare sui mercati qualunque merce usando il denaro. In questa maniera chi dispone di mezzi produttivi di tipo industriale e sfrutta il lavoro di persone giuridicamente libere, può accumulare grandi capitali, con cui poter condizionare qualunque aspetto della vita pubblica e privata.

La storia ha dimostrato che per abolire lo schiavismo, le riforme agrarie dei Gracchi non servirono a niente. Ci volevano delle popolazioni che non lo praticassero come sistema di vita e che anzi si opponessero alla sua introduzione al proprio interno. Queste popolazioni venivano chiamate dagli europei col termine spregiativo di “barbari”.

Anche oggi, mentre noi occidentali difendiamo il capitalismo privato a spada tratta, come se fosse un moderno schiavismo, siamo convinti che non ci sia niente di nuovo sul fronte orientale, quello “barbarico”. I russi compiono nefandezze di ogni sorta: torturano i prigionieri o addirittura li decapitano, uccidono i bambini, violentano le donne, bombardano le centrali elettriche e persino nucleari, i gasdotti, le abitazioni condominiali...

E noi tutte le volte dobbiamo sempre pensare il contrario, cioè che queste cose le ordinano i neonazisti di Kiev, spalleggiati dalle forze della NATO. Probabilmente non si rendono conto che, comportandosi in una maniera così bestiale, sta montando un odio terribile nei loro confronti, tanto che si comincia non a temere ma a desiderare che Mosca usi l’atomica per porre fine, una volta per tutte, a questo scempio della verità.

 

Il problema dei denti storti

 

Idee di libertà, uguaglianza, giustizia sociale in occidente si hanno solo in gioventù. Poi quando si entra nel mondo del lavoro, quando si vede che è impossibile realizzarle, ci si ridimensiona, si relativizzano le cose, si accetta un democrazia puramente formale.

Molti che avevano creduto nelle idee del socialismo, da adulti si incattiviscono contro chi continua a sostenerle, perché non sopportano di sentirsi degli sconfitti. Non vogliono essere giudicati per aver nutrito delle illusioni o per non essere stati capaci di realizzare i propri sogni.

Perché in occidente è così difficile essere coerenti con il meglio di sé? Il motivo è molto semplice: da quando è nata la borghesia, mille anni fa nei Comuni italiani, si è lasciato passare troppo tempo.

Certo in un millennio si è reagito più volte a questo stile di vita cinico, egoista e in fondo crudele (si pensi solo ai movimenti pauperistici ereticali del Medioevo), ma le sconfitte sono state enormemente superiori. In genere le rivoluzioni realizzano il contrario di ciò in cui si credeva.

Questo stile di vita ci è entrato nelle ossa e non se ne vuole andare, neanche di fronte a disastri epocali come le guerre mondiali o le devastazioni ambientali. Come quando si dice che i denti hanno la memoria: li puoi raddrizzare quanto vuoi, ma se non li mantieni sempre allineati con dei correttivi, quelli tornano come prima. Hanno più memoria loro del genere umano.

Questo vuol dire che dobbiamo creare una società in cui i denti storti vengano considerati una normalità. Cioè una società in cui le idee di libertà, uguaglianza e giustizia sociale non siano sogni di gioventù ma prassi abituale, come andare in giro nudi e disarmati, senza timore che qualcuno voglia approfittarsi di noi.

Ecco forse dovremmo prendere a modello lo stile di vita di qualche tribù che noi non abbiamo mai potuto incontrare, e ricominciare tutto da capo. Forse dovremmo dedicarci di più all’antropologia che non alla geopolitica.

 

Botte piena o moglie ubriaca?

 

È dai tempi della conquista europea dell’America, quando le nazioni volevano imporsi al di fuori dei loro confini, che questo pianeta ha cominciato a farsi sentire come un luogo sempre più stretto, insufficiente agli appetiti insaziabili delle varie borghesie nazionali.

Le ultime grandi guerre sono state definite “mondiali” proprio perché alcune nazioni volevano acquisire una fetta di egemonia mondiale (Germania e Giappone in primis), mentre altre non volevano rinunciare a quella che già avevano (Francia, Inghilterra e USA). E altre ancora, pur non avendo alcuna egemonia mondiale, non volevano essere colonizzate da nessuno, avendo la forza per impedirlo (Russia, Cina e India).

Tuttavia fino allo scorso anno avremmo potuto dire che a livello planetario esisteva un’unica nazione in grado, in un modo o nell’altro, di dominare il mondo: gli Stati Uniti. Oggi non possiamo più dirlo: Russia e Cina sono in grado di ostacolarli seriamente. E un domani faranno la loro parte l’India, l’Africa, l’America Latina, il Sud-Est Asiatico... quando saranno in grado di liberarsi da ogni forma di colonialismo.

Ora, se ognuna di queste grandi aree geografiche pretende di dominare anche solo una parte del pianeta, le guerre non finiranno mai. Il fatto di superare i limiti angusti del classico nazionalismo, creando entità geopolitiche sovranazionali, non sarà mai in grado di garantire una vera stabilità. Non basta l’idea di multipolarismo per avere la pace. Non basta che le entità geopolitiche sovranazionali si rispettino reciprocamente.

Per garantire un futuro davvero pacifico all’umanità occorrerà che questa terza guerra mondiale (che alcuni considerano quarta, essendo stata la terza quella della guerra fredda) si concluda con un trattato di pace internazionale che metta al bando qualunque arma nucleare e qualunque arma che abbia capacità offensive nei confronti della sicurezza altrui. Se spariscono armi di questo genere, possono anche essere aboliti i rispettivi confini nazionali.

Gli Stati però devono prima mettersi in testa l’idea che egemonizzare anche solo una parte del pianeta, al fine di garantire alle proprie popolazioni un elevato benessere, è la principale idea che impedirà di realizzare qualunque trattato di pace internazionale.

Qui, per non avere la moglie ubriaca, bisogna rinunciare anche alla botte piena.

 

Il fanatico Bolton straparla

 

John Bolton sul “Wall Street Journal” ha apertamente dichiarato di voler vedere la Russia completamente distrutta, balcanizzata e assorbita.

Ha citato tre volte l’NSC 68, il documento top secret emesso da Harry Truman nel 1950, che aveva dato inizio alla Guerra Fredda, cioè alla iper-militarizzazione di quel periodo. Il documento era di natura esistenziale e invocava la fine di tutta la “civiltà” nel caso in cui gli USA non fossero riusciti a fermare l’URSS.

Ecco i punti salienti dell’art. di Bolton:

– Washington e i suoi alleati dovrebbero immediatamente aumentare i bilanci della difesa ai livelli dell’era di Reagan, naturalmente a spese dei programmi sociali e degli “schemi di distribuzione del reddito”.

– Questo soprattutto perché gli USA sono rimasti indietro nelle scorte di armi nucleari e anche in previsione di una guerra cibernetica, di una guerra coi droni e i missili ipersonici. In tal senso van ripresi i test sotterranei sulle armi nucleari.

– La NATO va estesa a Israele, Giappone, Australia, Corea del Sud e altri Paesi, rendendola internazionale, in grado soprattutto di escludere che Russia e Cina possano avere un’influenza in Medio Oriente, che, come noto, è vitale per gli interessi energetici degli USA. Taiwan deve far parte di una “NATO asiatica”, insieme a Giappone, Sudcorea ecc.

– Dopo la vittoria dell’Ucraina occorre spezzare l’asse Russia-Cina. Sarà facile, perché il regime di Putin crollerà e la Russia potrà essere smembrata in tanti Stati da colonizzare, soprattutto quelli a est degli Urali, ricchi di “incalcolabili ricchezze minerarie”, che fanno gola anche alla Cina, alla quale si può offrire, per tenerla neutrale, la regione russa dello Stretto di Bering.

Ma chi è Bolton per dire delle idiozie del genere? È stato per un anno Consigliere per la sicurezza nazionale al tempo di Trump, che poi lo licenziò. E prima ancora, per un altro anno, Rappresentante permanente alle Nazioni Unite, al tempo di Bush figlio. Dichiarò di aver aiutato a fare colpi di stato in vari Paesi, senza specificare quali. Si sa soltanto che contribuì a destabilizzare i regimi di Iraq, Iran, Libia e Siria. Minacciò di morte nel 2003 Josè M. Bustani, direttore dell’Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche dell’Aja, se non si fosse dimesso. Si oppose strenuamente alla nascita della Corte penale internazionale e alla moratoria universale dell’ONU sulla pena di morte nel 2007. Fece poi altre cose su cui è meglio stendere un velo pietoso.

Chissà come reagirebbe un soggetto del genere al vedere il proprio Paese smembrato in tanti piccoli Stati? Magari alle prese con una guerra civile simile a quella tra nordisti e sudisti...

In ogni caso che democrazia è quella che permette a un guerrafondaio del genere, da rinchiudere in una casa di cura, di scrivere su un quotidiano prestigioso?

Fonte: archive.is/YyDsU

 

[19] La resa dei conti

 

Zelensky non è anzitutto vittima del militarismo americano ma delle illusioni americane, anzi occidentali. Nel ruolo di capo di stato ci si è trovato dopo e si è adeguato.

All’inizio forse gli sembrava un gioco. Passare da un ruolo comico (televisivo) a uno serio (politico-istituzionale) gli sarà sembrato possibile come già era successo agli attori cinematografici Reagan e Schwarzenegger, o agli affaristi come Trump e Berlusconi. In fondo Zelensky non era solo un attore ma anche uno che sapeva maneggiare bene i soldi, investendoli all’estero in strutture immobiliari e in paradisi fiscali.

Si sarà chiesto: “In una società corrotta come la nostra, così superficiale e desiderosa di imitare gli stili di vita occidentali, cosa m’impedisce di affermarmi anche sul piano politico? Basterà impararsi a memoria i discorsi, come ho già fatto nella recitazione. Il resto me lo diranno gli specialisti. Gli americani hanno un fior fiore di psicologi e comunicatori. Non ho nulla di meno di Poroshenko. Anzi, a differenza di lui, troverò il modo di risolvere la questione del Donbass”.

Povero Zelensky. Avrebbe voluto porre fine alla guerra civile confidando nel suo carisma personale, nel suo carattere simpatico, nella sua popolarità televisiva. Invece ha precipitato il Paese in una catastrofe simile a quella del periodo nazista.

Ora però sta pagando cara la sua ingenuità. Non se l’aspettava una strumentalizzazione così pesante. È costretto a credere a tutte le promesse che gli occidentali gli fanno, ma in più di un anno non ha visto risultati significativi, tangibili. Lo costringono a essere sempre più autoritario con gli oppositori interni, sempre più crudele coi filorussi.

Comincia ad avere paura. Che succederà se la controffensiva fallirà? Dove andrà a nascondersi? Chi lo proteggerà?

Guardando la sua fine ingloriosa, non basta dire, a titolo d’insegnamento: “la guerra è una cosa seria, è una vera tragedia, non un videogame, ed è illusorio pensare che sia sempre di breve durata”. Bisogna anche aggiungere: “mai fidarsi di chi fa promesse mirabolanti, di chi mostra eccessiva sicurezza di sé: in genere è un imbonitore”.

 

Se io fossi Xi Jinping

 

Supponiamo che io sia Xi Jinping. So di avere una nazione incredibilmente produttiva, basata su un’economia reale e non fittizia come quella americana. Certo, le merci non sono sempre di qualità e i lavoratori hanno salari ancora molto bassi e non hanno diritti significativi, ma per vincere la concorrenza del capitalismo occidentale non avevamo alternative. Noi siamo partiti per ultimi e non abbiamo fatto come i tedeschi che in Europa han scatenato due guerre mondiali per cercare di mettersi in pari.

Ormai noi cinesi commerciamo con tutto il mondo: con la “Nuova Via della Seta” arriviamo fino a Lisbona, e con la strategia del “filo di perle” arriviamo fino a Gibuti, dove abbiamo una base navale.

La nostra moneta sta avendo un corso internazionale: abbiamo stabilito accordi separati con Russia, Argentina, Australia, Brasile, Gran Bretagna, Indonesia, Singapore, Corea del Sud, Svizzera, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. Abbiamo la forza per sostituire il dollaro.

Ci siamo rifiutati di sanzionare la Russia, perché noi vogliamo stabilità e poi perché riteniamo che quel conflitto sia regionale, anche se le conseguenze, per colpa dell’occidente, si stanno rivelando mondiali.

Consideriamo l’Indo-Pacifico il mare nostrum, come facevano i romani col Mediterraneo. E se c’è una cosa che non sopportiamo è che l’occidente ci voglia tenere chiusi in questo mare, esercitando continue pressioni su Giappone, Filippine, Vietnam, Malesia e Australia. Noi non facciamo niente di illegale contro gli americani.

Io ho promesso al mio popolo che Taiwan sarebbe tornata de jure e de facto alla Cina. Dovrebbe essere più facile che far tornare il Donbass alla Russia. Noi non dobbiamo staccare una regione da uno Stato: dobbiamo soltanto riprenderci ciò che è sempre stato nostro, da millenni. Abbiamo tutti i mezzi per farlo, ma confidiamo di non dover utilizzare quelli militari.

Il tempo però sta per scadere. La Russia ha rivoluzionato il pianeta con la sua idea di multipolarismo. Ha fatto capire che non esiste solo l’Occidente, ma anche l’Asia, l’Africa e l’America Latina.

Voi pensate che i cinesi abbiano paura degli americani o degli europei? Pensate davvero di poterci mettere in ginocchio con un’altra guerra dell’oppio come al tempo dell’imperialismo inglese? State pensando che i nostri modi cortesi nelle trattative diplomatiche siano una forma di debolezza? O forse credete che il nostro Paese non riuscirebbe a sopportare le disumane sanzioni che avete imposto alla Russia, all’Iran e a tanti altri Paesi?

Un tempo l’URSS diceva all’Europa che non ha senso tirare sassi quando si vive in una casa di vetro. Noi diciamo: Colui che è prudente e aspetta un nemico che non lo è, sarà vittorioso.

 

C’è del marcio in Vaticano

 

La verità è sempre un’opinione (come dicevano i sofisti greci) oppure esiste una verità vera? La seconda sarebbe quella giusta se ci fosse l’intenzione di dirla. Ma per avere un’intenzione onesta e sincera, non ci deve essere un interesse in contrasto con esigenze davvero umane e naturali.

Oggi queste esigenze non le conosciamo più in occidente, poiché domina una profonda corruzione: siamo schiavi del denaro, del potere e di tutte quelle forme di dipendenza che ci rendono alienati. Sembra che ognuno spacci un diverso tipo di droga e che cerchi soltanto dei clienti fissi, cioè dei polli da spennare.

Prendiamo il caso di Emanuela Orlandi (simile a quello di Mirella Gregori). Sono 40 anni che se ne parla, depistando continuamente le ricerche dei giornalisti, le indagini dei magistrati. Ora son venute fuori delle accuse terribili nei confronti di Wojtyla, un papa già santificato. E nei confronti di altri prelati polacchi in Vaticano, ma anche di Marcinkus, all’epoca direttore della Banca vaticana. Ormai è chiaro che non c’è di mezzo solo la mafia, il riciclaggio di soldi mafiosi attraverso Calvi e Sindona per finanziare la rivolta anticomunista di Solidarnosc (soldi mai più restituiti). C’è di mezzo anche la sessualità, o meglio la pedofilia, e di nuovo la criminalità organizzata che avrebbe sequestrato e ucciso le due ragazze. E qui si va oltre la cosiddetta “lobby gay”, che nella Santa Sede esiste dagli anni ’60 e che oggi si è notevolmente rafforzata.

La Chiesa romana non vuole abolire il celibato obbligatorio del clero, e ora ne sta pagando pesantemente le conseguenze. Non vuole rinunciare al potere temporale di uno Stato che si sente indipendente da quello italiano. Insiste nel difendere il capitalismo contro ogni forma di socializzazione della proprietà dei mezzi produttivi. Non permette un libero accesso ai propri archivi, anzi pretende una diffusione delle proprie falsità attraverso potenti mezzi comunicativi. Sfrutta ancora il Concordato fascista, seppur revisionato al tempo del governo Craxi (un Concordato recepito dall’art. 7 della Costituzione), per tutta una serie di privilegi che uno Stato laico non dovrebbe assolutamente accettare.

Ovviamente non si vuole sostenere che il marciume esistente in Vaticano dipenda dal fatto che questo Stato fruisce di una extraterritorialità vergognosa. Anche le basi NATO e San Marino ne fruiscono. E di casi irrisolti, a livelli eccellenti, lo stesso Stato italiano (colonia americana) è pieno. Qui si vuole semplicemente sostenere che siamo ormai arrivati a livelli tali di nefandezze che una semplice riforma delle istituzioni, una semplice sostituzione delle persone coinvolte in gravi scandali è come spegnere un vasto incendio con un secchiello. Noi non abbiamo più bisogno di “verità dicibili” ma di tutta la verità, costi quel che costi.

 

[20] Chi agisce al di fuori dei propri confini?

 

La cultura liberale, cui si ispirano tutti i Paesi occidentali, è satura, in astratto, di valori come cosmopolitismo, umanitarismo, multilateralismo, pace, democrazia rappresentativa, ecc.

Tuttavia questa propensione non ha impedito che il ricorso all’uso della forza da parte di questi stessi Paesi aumentasse continuamente negli ultimi 30 anni.

Cioè in questo arco di tempo proprio le potenze liberali sono state protagoniste assolute della guerra, per lo più di aggressione. Forse la guerra del Golfo del 1991 possiamo considerarla conforme al diritto internazionale, ma tutte le altre degli anni ’90, fino alla guerra in Libia del 2011, sono state giustificate da una sorta di “militarismo umanitario” che non c’entra niente col suddetto diritto. Parlare di “bombe umanitarie” è un mostruoso ossimoro.

Praticamente l’interventismo arbitrario dell’occidente (soprattutto della NATO) si è per così dire cronicizzato nella retorica della “guerra globale al terrore”. In nome di questa bislacca definizione si è giustificato qualunque abuso, soprattutto in direzione dei Paesi islamici.

Con l’attuale guerra russo-ucraina l’occidente sembra agire in maniera indiretta, ma, considerando l’imponente fornitura di armi a Kiev e l’esaurimento delle munizioni nei nostri arsenali, potremmo dire che in realtà l’impegno è stato molto più consistente che nei precedenti conflitti.

Noi siamo in guerra in nome della pace e, paradossalmente, rifiutiamo qualunque forma di trattativa che non sia il ritiro dei russi dal Donbass e persino dalla Crimea.

A questo punto potremmo dire che l’uso della forza, da parte dell’occidente collettivo, è inversamente proporzionale alle dichiarazioni a favore del diritto internazionale. Attribuiamo a Cina e Russia le principali cause della destabilizzazione del pianeta, quando in realtà questi Paesi, se hanno agito in forma autoritaria, l’han fatto unicamente all’interno dei loro confini o, come nel caso della Russia, per proteggere le proprie minoranze negli Stati limitrofi (Cecenia, Georgia, Ucraina ecc.), le quali, quando perseguitate dal nazionalismo al potere, chiedevano l’intervento di Mosca.

Chi agisce aggressivamente al di fuori dei confini nazionali dei Paesi liberali è soltanto la NATO.

 

Il tempo della frustrazione

 

Dalla fase discendente del bipolarismo USA-URSS a oggi, la NATO ha fatto ricorso all’uso della forza quasi senza soluzione di continuità: dall’invasione di Grenada nel 1983 al bombardamento della Libia nel 1986, dalla guerra del Golfo nel 1991 agli interventi militari nei Balcani nel 1995 e nel 1999, dalle guerre in Afghanistan e in Iraq tra il 2001 e il 2021 all’intervento in Libia nel 2011, per non parlare del ricorso sempre più sistematico agli omicidi “mirati” tramite l’uso di droni. E qui tralasciamo tutti gli interventi autonomi degli Stati Uniti in vari Paesi africani.

Qui non vogliamo essere ipocriti attribuendo soltanto agli USA questa disinvoltura inaccettabile con cui ricorrono ai bombardamenti, benché certamente gli americani non conoscano discontinuità rispetto al periodo della guerra fredda (si pensi alla guerra in Corea, in Vietnam ecc.).

Francia e Regno Unito, da sempre bellicistiche, han fatto la loro parte in quei Paesi che si ostinano a considerare come “satelliti”, ruotanti entro le loro orbite.

Semmai la fine del bipolarismo ha segnato una svolta epocale, stando almeno alla UE, per due Paesi che, dopo la sconfitta nell’ultimo conflitto mondiale, erano giunti a considerare quasi inconcepibile l’uso della forza per risolvere le controversie internazionali: mi riferisco a Germania e Italia.

Questi due Paesi (ma ora sembra che anche il Giappone sia in procinto di farlo) si sono progressivamente riabituati a partecipare a missioni esplicitamente militari o a vere e proprie guerre: noi l’abbiamo fatto a partire dalla guerra del Golfo nel 1991 (anzi, ancora prima, dalle guerre in Libano negli anni 1982-84); la Germania a partire dalla guerra nel Kosovo nel 1999.

Che ci sta succedendo? Sembra che l’occidente viva come se gli mancasse la terra sotto i piedi. Prima si sentiva bloccato dall’orso russo e dal Patto di Varsavia, la cui forza era una garanzia anche per i Paesi non allineati e per le esigenze anti-colonialistiche del Terzo Mondo. Crollata l’URSS, l’occidente sembra essersi scatenato, sembra voglia recuperare il tempo perduto della frustrazione, quello della guerra soltanto “fredda”.

 

Nucleare ad portas!

 

La visita di Stoltenberg a Kiev può indicare solo una cosa: la NATO è pronta ad attaccare e lo farà con armi nucleari, perché in qualsiasi altra maniera perderebbe la partita.

Qualche giorno fa il gigante Globemaster III Boeing C-17A dell’USAF ha trasferito alla base tedesca di Ramstein e a quelle italiane di Ghedi (Brescia) e Aviano (Pordenone) le nuove bombe atomiche B61-12 per sostituire le B61-11, trasportabili dagli F-35 e dagli Eurofighter o Tornado.

Le nuove testate hanno una potenza di circa 50 kilotoni, almeno quattro volte la bomba che rase al suolo Hiroshima. Non si sa quante siano in queste tre basi, ma complessivamente circa un centinaio. Sarà da queste basi che colpiranno la Russia, perché le più vicine ai suoi confini e collocate in Paesi che hanno accettato di sanzionarla.

I militari della NATO sembrano agire in maniera indipendente dalla politica. D’altra parte è inevitabile, visto che la politica occidentale non ha nulla di diplomatico. E probabilmente colpiranno prima che i russi posizionino i loro missili nucleari in Bielorussia.

Hanno capito perfettamente che l’Ucraina non è in grado di compiere alcuna efficace controffensiva: senza controllo dello spazio aereo le guerre moderne non si vincono.

Cosa può aver detto Stoltenberg a quello sciagurato di Zelensky? Oltre alla promessa (illusoria) di far entrare il Paese nella NATO, deve per forza avergli detto che la controffensiva ucraina non può precedere l’attacco nucleare, perché sarebbe disastrosa. Quindi può essere fatta soltanto dopo, quando la NATO avrà saputo creare un buon casus belli, cosa che avverrà probabilmente in Finlandia, coi suoi 1.340 km di confine con la Russia.

La NATO non può perdere questa guerra, altrimenti implode e offrirà alla Cina l’occasione per annettersi Taiwan. Quindi delle due l’una: o la Russia si arrende dietro la minaccia di un bombardamento nucleare delle sue più grandi città nell’area europea, dopodiché si possono avviare i negoziati. Oppure si arrende dopo che queste bombe saranno state sganciate.

La cosa più tragica tuttavia sarà un’altra: la NATO non ha intenzione di colpire le basi nucleari russe, da cui partirà l’inevitabile ritorsione, sia perché non ha abbastanza testate per un’operazione del genere, sia perché non ha interesse a tutelare l’Unione Europea. Colpirà soltanto la popolazione civile, esattamente come gli USA han fatto in Giappone, nella speranza (illusoria) che i russi si arrendano subito. E se i russi faranno altrettanto coi loro sottomarini presso le coste americane, quella sarà l’occasione per trasformare la loro ridicola democrazia rappresentativa in una dittatura aperta del capitale, sostenuta dai militari.

 

[21] Sempre dittatura è

 

È evidente che se Russia oggi e Cina domani vengono presentate dall’occidente collettivo come nemiche della democrazia, come “agenti provocatori del male internazionale”, la guerra diventa inevitabile.

Ci illudiamo però pensando che sarà soltanto una guerra contro un nemico esterno. Sarà anche l’occasione per imporre una dittatura fascistoide all’interno di ogni singola nazione. E oggi tutte le nazioni occidentali sono destinate a dipendere dagli Stati Uniti.

Quanto più il nemico viene presentato come forte e pericoloso, tanto più le multinazionali, le élite finanziarie e gli apparati militari si sentiranno autorizzati a trasformarci in servi ubbidienti.

Quando le idee del socialismo statale andavano per la maggiore, la prassi terroristica di stampo fascista era quella di creare un caos nazionale tale per cui la popolazione ritenesse necessario per la propria sicurezza una soluzione autoritaria.

Oggi l’occidente collettivo tende a essere globalista. Le esigenze nazionalistiche vengono viste come un limite da superare. Le entità sovranazionali vogliono imporsi con la forza. Il fascismo, sotto la copertura della democrazia rappresentativa, aspira a una dimensione internazionale.

L’Unione Europea è più importante delle singole nazioni; la NATO è più importante della UE quando ci si trova in una situazione bellica; le multinazionali, le élite finanziarie mondiali e il Deep State americano, con la sua propaganda mediatica, sono più importanti della NATO.

Praticamente l’occidente si sta illudendo di poter risolvere le contraddizioni del capitalismo nazionale favorendo entità sempre più sovranazionali, in cui il singolo individuo non conta assolutamente nulla. Qualunque posizione identitaria, qualunque formula ideologica non globalista o non liberista viene vista con sospetto e prontamente emarginata e riassorbita.

Sembra di rivivere il passaggio dalla repubblica senatoriale romana, basata su aristocrazia agraria e successivamente anche finanziaria, alla monarchia principesca basata su legionari e funzionari statali, in cui l’importanza della corte imperiale sovrastava nettamente quella del senato, al punto che poteva scegliere di collocarsi in città diverse da Roma. Chiunque poteva diventare imperatore, se aveva capacità militari. Oggi più che la spada domina il capitale. Ma sempre dittatura è. E quella volta fu così spietata che alla fine i cittadini videro i “barbari” come dei liberatori.

 

Abolire le frontiere

 

George Soros più di 10 anni fa definiva la Russia “l’ultimo Stato nazionalista che poggia su un fondamento di cultura cristiana ortodossa con l’identità russa al centro. Questo deve essere rimosso.’’

Lui è un globalista che vuol togliere di mezzo i nazionalismi identitari per rendere il genere umano tutto uguale, completamente succube delle élite finanziarie.

In fondo la sua idea di abolire le frontiere è giusta. In ogni teoria estremistica si trovano cose giuste. Il problema è che le idee non sono in grado di giustificare se stesse. Se all’interno di una teoria la verità di un singolo aspetto rendesse giusta l’intera teoria, avremmo trovato la soluzione a tutti i nostri problemi.

Abolire le frontiere con l’uso della guerra è semplicemente abominevole. Soros pensa di farlo anche favorendo massicciamente i flussi migratori: una cosa che però può diventare molto rischiosa per la stabilità di un Paese.

Superare i limiti di uno Stato nazionale coi diktat di un’entità sovranazionale, indifferente a qualunque specificità, favorisce sicuramente molto malcontento, molta esasperazione. È questo ciò che Soros vuole e non solo lui ovviamente.

Un governo mondiale unico senza confini fa sicuramente comodo alle multinazionali, ma non siamo nell’epoca preistorica, in cui le varie tribù potevano muoversi liberamente per tutto il pianeta senza incontrare ostacoli che non fossero naturali. Oggi una politica globalista finalizzata a un’economia borghese anti-nazionalista non rende migliore la democrazia. Nazionalismo e Globalismo sono due facce della stessa medaglia capitalistica.

Certo al tempo dell’imperialismo classico lo sfruttamento delle colonie serviva per dare lustro alle nazioni egemoni, le cosiddette  “madrepatrie”, con le loro identità nazionali da esportare e che spesso erano in conflitto tra loro. Ma con un globalismo spersonalizzato non si eliminano affatto i motivi per cui possono scoppiare delle guerre. Al genere umano non piace l’uniformità, proprio perché sa che la diversità è una forma di ricchezza.

L’idea di un mondo multipolare è sicuramente più giusta di quella globalista e neoliberista dell’occidente, ma a condizione che il pianeta non si divida in aree sovranazionali egemoniche. Uomini e donne sono stufi di essere eterodiretti.

 

Dove vanno gli USA?

 

Negli ultimi anni gli oligarchi statunitensi sono stati capaci di estendere una pesante e nociva influenza dai mercati, dalla finanza e dal commercio alla politica, alle questioni sociali e persino alla salute pubblica. Il tutto perché i media sono sostanzialmente nelle loro mani.

Il loro obiettivo è quello di trasformare il Paese in una dittatura finanziaria con l’appoggio dei militari, superando la democrazia rappresentativa.

Quando nel recente passato hanno ampiamente sostenuto o diffuso news su Russiagate, impeachment di Trump, rivolte degli afroamericani (Black Lives Matter), attacco al Campidoglio del 6 gennaio 2021, isteria repressiva della pandemia, dubbie elezioni presidenziali, incendi di impianti di trasformazione alimentare, questioni di genere e molte altre perle più o meno consistenti, il motivo era molto semplice: creare caos e insicurezza generale affinché gli USA passino da una democrazia formale a una dittatura aperta del capitale. Questo perché non sono più in grado di gestire le loro interne contraddizioni senza finire in una guerra civile che spacchi il Paese in varie macroaree separate tra loro e da Washington.

La fine del primato del dollaro, e soprattutto del petrodollaro, in un Paese in cui la finanza prevale sull’economia produttiva, comporta la fine della stessa finanza, cioè irrimediabili crack bancari e borsistici, la destabilizzazione dell’intero Paese, il rischio di una implosione interna. Tutti elementi ideali per affermare l’autoritarismo.

Persino la guerra contro Russia e Cina può diventare una buona occasione per creare una sorta di fascismo internazionale a guida americana. Al confronto, l’incendio del Reichstag un gioco da ragazzi.

 

[22] Diplomazia e guerra

 

Da tempo diciamo che in teoria può anche essere giusto armare qualunque Stato aggredito da uno Stato aggressore, quando nessuna iniziativa diplomatica consegue i propri obiettivi. La cosa può apparire normale.

Tuttavia bisognerebbe chiedersi il motivo per cui la diplomazia fallisce sino al punto da rendere inevitabile una guerra. A ben guardare, in effetti, l’unico Paese al mondo perennemente in guerra dalla fine dell’ultimo conflitto mondiale ad oggi, sono gli USA. Quindi si può presumere che il suo fare diplomatico non sia imparziale, equidistante, ma sia pieno di minacce, intimidazioni, ricatti, provocazioni...

A nessun Paese piace entrare in guerra, poiché i governi rischiano facilmente di cadere a causa dei morti e delle spese. Il che fa pensare che quando la diplomazia a livello internazionale non funziona, la responsabilità ricade sempre sugli Stati Uniti. Su questo non ci piove.

Se il mondo intero fosse convinto che la Russia, in questo conflitto, ha tutti i torti e nessuna ragione, armare l’Ucraina sarebbe da stupidi, poiché è evidente che non sarà mai un grado di vincere questo conflitto. L’unica soluzione sensata sarebbe quella di dichiarare guerra alla Russia. Quale Paese potrebbe vincere di fronte al mondo intero come avversario?

Perché non lo si fa? Evidentemente perché si è capito, a differenza degli statisti occidentali, che le principali responsabilità di questa guerra non ricadono sui russi ma sugli ucraini.

 

Possibile neanche una frase vera?

 

Solo una persona profondamente falsa come Vincenzo Grassi, rappresentante permanente d’Italia presso le Nazioni Unite e le altre Organizzazioni Internazionali a Ginevra, può sostenere che “Da oltre un anno la guerra di aggressione non provocata e ingiustificata della Russia contro l’Ucraina (una grave violazione della Carta delle Nazioni Unite e una minaccia alla sicurezza e alla stabilità internazionali) sta causando enormi sofferenze al popolo ucraino, compresi bambini e altri civili innocenti”. “Essa sta inoltre determinando uno sconvolgimento globale con gravi effetti negativi, anche sulla sicurezza alimentare ed energetica, in particolare per i Paesi più vulnerabili in molte parti del mondo”.

Non c’è una frase vera, non una parola.

1- Non è una guerra perché non c’è nessuna dichiarazione di guerra da parte dei russi, anche perché, se ci fosse stata, Kiev sarebbe stata rasa al suolo.

2- Non è di aggressione ma di difesa dei russofoni del Donbass, martoriati da 8 anni di guerra civile e di discriminazioni sociali, civili, culturali (inclusi gli aspetti linguistici e religiosi).

3- Se non fosse stata provocata e minacciata, la Russia non sarebbe mai intervenuta. Le due repubbliche del Donbass non le ha mai riconosciute fino al 23 febbraio 2022. E ha sempre sperato che i due Accordi di Minsk venissero rispettati.

4- È la Russia non l’occidente che chiede sicurezza nei rapporti internazionali. Semplicemente non vuole più essere circondata da basi militari della NATO. Né vuole che l’occidente compia delle guerre senza mandato dell’ONU.

5- Sono gli ucraini che usano i civili come scudi umani: l’han fatto dall’inizio del conflitto e non hanno mai smesso di farlo.

6- La sicurezza alimentare ed energetica nel mondo sta diventando un problema per colpa delle sanzioni occidentali, non perché la Russia se ne serve come armi di ricatto.

Un ambasciatore dovrebbe fare il “diplomatico”, non il portavoce di propaganda unilaterale e sommamente faziosa.

 

Fine della neutralità in Svizzera

 

A partire dal 1996 la Svizzera, in omaggio al principio di neutralità, non ha mai autorizzato la rivendita di materiale bellico prodotto nella Confederazione a Stati coinvolti in conflitti armati o che violano gravemente i diritti umani. Siccome però numerosi Paesi hanno chiesto al Consiglio federale l’autorizzazione di riesportare in Ucraina materiale bellico acquistato in Svizzera, il parlamento si è sentito indotto a discutere una mozione che prevede la modifica dell’art. 18 della Legge federale sul materiale bellico.

Lo fa perché teme di non essere più percepito come un partner affidabile in un sistema di valori occidentali, quali la libertà e la democrazia, difesi dall’Ucraina e condivisi anche dalla Svizzera, mentre l’aggressione russa sarebbe una violazione del diritto internazionale.

Insomma gli elvetici stanno sposando integralmente la narrativa occidentale dominante. Però lo fanno con astuzia. Infatti nella mozione è scritto che la Svizzera non fornirà armi direttamente all’Ucraina e pertanto non violerà la legislazione in materia di neutralità. La decisione di riesportazione spetterà piuttosto ai Paesi che hanno acquistato materiale bellico in Svizzera.

Per fortuna esiste anche una minoranza che sta lottando per impedire che la mozione si trasformi in legge. Si teme infatti che la Svizzera perda il ruolo di mediatore tra Stati in conflitto tra loro, come per es. quello tra Georgia e Russia. Ha senso perdere tale ruolo per le poche armi e munizioni che produce? Ha senso che il Paese rinunci al proprio ruolo umanitario (anche in previsione della ricostruzione e dello sminamento del Paese devastato dalla guerra) solo per aver accettato pressioni diplomatiche non desiderate? Davvero la Svizzera salverà il proprio ruolo neutrale dicendo che la legge resterà in vigore fino a tutto il 2025 (con proroga biennale)? E i cittadini, con lo strumento del referendum, l’accetteranno?

 

[23] A chi appartiene il nostro destino?

 

Noi dovremmo costruire un tipo di società che si avvicini il più possibile a quella che un giorno andremo a costruire al di fuori del nostro pianeta, nell’universo. Non avrebbe infatti alcun senso che gli umani esportassero su altri pianeti le medesime contraddizioni laceranti che vivono sulla Terra.

Di regole tutto ciò che è “naturale” si avvicina meglio a tutto ciò che è “umano”. Il problema però è che oggi non sappiamo più cosa sia “naturale”, vivendo in un mondo prevalentemente artificiale, dove gli aspetti naturali vengono considerati “primitivi” o arretrati. Tant’è che di “umano” ormai abbiamo ben poco. Al massimo abbiamo un “desiderio” di umanità, non un’esperienza.

Come uscire da questo impasse? Che senso ha parteggiare, in questa guerra in Ucraina, per uno Stato o per un altro, per una forma di capitalismo (statale) o per un’altra (privata), per una civiltà o per un’altra? Se non ci poniamo le domande chiave sul nostro futuro, sarà del tutto inutile che qualcuno “vinca”. Tra qualche anno scoppierà inevitabilmente un nuovo conflitto, e magari ancora più devastante.

È assurdo andare avanti così. Col suo diritto internazionale l’occidente collettivo ha fallito miseramente. Di “internazionale” ci sono solo i privilegi che vuole conservare a tutti i costi.

Noi dovremmo approfittare dei disastri umanitari per chiederci come porre le condizioni per non ripeterli, ma non ne siamo capaci. Tutta la scienza e la tecnica che abbiamo sembra non servire ad altro che a distruggerci.

Non è più possibile accontentarsi di mezze misure. Le svolte epocali della storia non possono essere determinate dalle guerre o dalle catastrofi ambientali. Ci vuole una svolta intellettuale, un’intelligenza delle cose, che indichi al genere umano un percorso differente da quelli che fino adesso si sono imposti.

Personalmente ritengo che la soluzione stia nella comunità locale, che gestisce equamente come tale tutte le risorse territoriali, superando una volta per tutte l’annosa diatriba tra lavoro e capitale, cercando anche di acquisire la massima autonomia possibile sul piano delle necessità primarie che permettono la sopravvivenza, la riproduzione della specie.

Poi naturalmente ogni comunità sarà libera di commerciare con chi vuole, ma senza dover dipendere, per la propria esistenza in vita, dalle dinamiche dei mercati, che sono dettate dalle multinazionali e che, in ultima istanza, sono imponderabili.

Dobbiamo liberarci in maniera progressiva da tutto ciò che sfugge a un nostro controllo razionale. Non possiamo delegare a nessuno il nostro destino.

 

Il canarino nella miniera

 

C’è stato un tempo in cui mettevamo un canarino nelle miniere di carbone per verificare che non ci fossero gas letali. L’occidente ha fatto i soldi così: carbone e ferro servivano per la rivoluzione industriale.

Contadini e pastori costretti a trasformarsi in minatori o in operai salariati da imprenditori che volevano arricchirsi in fretta, oltre le loro esigenze, sfruttando le altrui risorse, umane e naturali.

È stato così che gli europei hanno conquistato il mondo intero. Poi siccome i lavoratori protestavano, gli imprenditori alzarono i salari sfruttando le suddette risorse nei Paesi colonizzati.

Ci siamo arricchiti così tanto che i lavori più sporchi, più faticosi e pericolosi li facevano gli altri, nelle colonie. Noi pensavamo soltanto a migliorare scienza e tecnica, soprattutto in funzione di eserciti sempre più potenti, perché tutti volevano colonie da sfruttare e nelle colonie cominciavano a protestare d’essere sfruttati. Eravamo noi, con le armi in mano, a parlare di diritti umani.

Siamo diventati così potenti che produciamo non con le nostre materie prime ma con quelle degli altri. Noi mettiamo le macchine, loro tutto il resto.

Il costo del lavoro e delle materie prime erano così bassi nelle colonie, che abbiamo pensato di trasferire là le nostre macchine. Noi ci siamo specializzati nel fornire servizi, soprattutto di tipo finanziario. Dopo aver distrutto le economie delle colonie, obbligandole a produrre beni utili a noi e non a loro, ci siamo offerti come Paesi creditori: “ti faccio un prestito, a condizione che continui a produrre sulla base delle mie esigenze”.

E così, passo dopo passo, abbiamo esportato in tutto il mondo il nostro stile di vita, basato sull’assunto che per arricchirsi devi sfruttare risorse altrui.

E ora i BRICS ci vengono a dire che quel tempo è finito, che ogni Paese deve basarsi sulle proprie risorse, che il colonialismo è una vergogna, che il nostro diritto è falso, che è tutta colpa nostra se la natura soffre le pene dell’inferno.

No, ora è tardi, noi non ci stiamo. Siamo abituati troppo bene. Volete farci tornare indietro. Volete privarci del nostro benessere. Noi ci difenderemo, scateneremo il finimondo. Russi e cinesi e tutti gli altri che li appoggiano, li riporteremo all’età della pietra. Il progresso l’abbiamo inventato noi, anche quello che avete voi. Siete solo degli ingrati. Siamo noi che decidiamo come il mondo deve vivere, perché da millenni dimostriamo di essere una razza superiore.

 

Noi occidentali

 

Noi occidentali siamo fatti così, sin dal tempo dei greci e dei romani. Un tempo gli asiatici, dall’alto della loro cultura millenaria, ci consideravano una propaggine insignificante del loro grande continente.

In fondo, se ci pensiamo, i continenti sono tre: Africa, Asia e America. Noi europei siamo la periferia occidentale dell’Asia.

Ma siamo stati noi a conquistare il mondo intero, imponendo il nostro stile di vita borghese, la nostra scienza e tecnica che uccide la natura, il nostro diritto ipocrita.

Solo quando le popolazioni asiatiche sono entrate in massa nei nostri territori, nell’alto Medioevo, ci siamo umanizzati. Poi però, nel basso Medioevo, abbiamo ripreso a fare gli individualisti, i materialisti, i venali. E abbiamo inventato i Comuni borghesi, democratici, basati su uno statuto e su un parlamento. Il capitalismo ha messo radici qui, in questi Comuni cristiano-borghesi.

Abbiamo giudicato l’alto Medioevo un’epoca buia da dimenticare. Autoconsumo, autogestione, autosussistenza, baratto... Vade retro! Vogliamo i commerci, i mercati, l’Umanesimo e il Rinascimento, il ritorno al mondo greco, il cui paganesimo sappiamo cristianizzare per bene.

Noi siamo abituati a sfruttare le risorse altrui per garantirci un alto benessere. E abbiamo insegnato agli altri a comportarsi nella stessa maniera.

Questa guerra in Ucraina non cambierà le cose. Chiunque vincerà, non cambierà questo stile di vita. È solo una guerra tra sfruttatori differenti. Noi abbiamo già vinto.

 

Senza NATO non si vince

 

L’occidente continua a rifornire di armi l’Ucraina, pur sapendo che una buona parte finirà sul mercato nero. Gli ucraini infatti (nazionalisti o neonazisti che siano) sono i primi a non credere in una loro vittoria. Sicché, prima di arrendersi e di fuggire dal loro Paese, fanno man bassa di tutto ciò che possono.

Perché l’occidente finge di non vedere questa realtà? Perché se smettesse d’inviare armi e munizioni, darebbe l’impressione che la guerra è persa. E invece vuole ancora vincerla e, per vincerla, dovrà per forza fare ricorso al nucleare.

Proprio i giorni scorsi il ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius ha detto: “gli attacchi ucraini sul territorio russo sono una tattica accettabile, che deve essere considerata come una necessità”. Gli attacchi ucraini saranno in realtà quelli della NATO, perché Kiev non è in grado di farli. L’Ucraina avrebbe bisogno di 10 volte più armi per porre fine alla guerra nel 2023. L’intero occidente dovrebbe destinare l’1% del PIL per soddisfare queste richieste. A questo punto facciamo prima a intervenire direttamente. La resistenza ucraina è stato solo il primo step, per fiaccare la resistenza russa. Il secondo step sarà la controffensiva organizzata dalla NATO.

Quando un Paese come la Germania decide, senza alcuna motivazione, di espellere in massa i diplomatici russi, che messaggio vuole mandare? È evidente che il Paese si sta preparando alla guerra come al tempo del nazismo. E userà i missili nucleari esistenti a Ramstein. E la NATO chiederà all’Italia di fare altrettanto, perché di quei missili ne abbiamo parecchi.

Non a caso proprio in quella base tedesca il segretario alla Difesa degli USA, Lloyd Austin, e il presidente dei capi di stato maggiore congiunti, il generale Mark Milley, hanno promesso la sconfitta militare della Russia e il suo ritiro non solo dall’intero Donbass ma anche dalla Crimea.

Insomma una parola sola: “Vincere! E vinceremo!”. Noi italiani siamo poi avvantaggiati: l’abbiamo già sentita un’altra volta. I tedeschi, più mistici di noi, ne hanno sentita un’altra: “Gott mit uns!”.

 

[24] In che senso una guerra può essere giusta?

 

Nel dicembre 2009, nel discorso di accettazione del premio Nobel per la pace, Barack Obama fece diversi riferimenti alla guerra giusta. In particolare trovava l’uso della forza non solo necessario ma anche moralmente giustificato, soprattutto quando è l’ultima risorsa possibile, quando è di difesa e quando si risparmiano per quanto possibile le vite dei civili. Lui però in quel momento si riferiva alla guerra in Afghanistan, che allora molti consideravano difensiva contro il pericolo del terrorismo internazionale.

Il suo modo di ragionare era contrario all’art. 11 della nostra Costituzione. L’avevamo già capito, ma questo non c’impedì di partecipare alla coalizione anti-talebana sotto la direzione americana.

Obama poi, si sa, fece sette guerre in cui furono uccisi migliaia di civili innocenti: in Afghanistan, Yemen, Pakistan, Somalia, Libia, Iraq e Siria, e diede armi a Poroshenko da usare contro il Donbass. Una volta conclusi i due mandati se ne dispiacque, perché non se l’aspettava. Come se uno statista si possa permettere il lusso d’ignorare bellamente che, con le armi che abbiamo, le conseguenze sono assolutamente imprevedibili, anche se sicuramente tragiche per un numero spropositato di persone, per lo più civili...

Perché questa premessa? Perché oggi quando si parla di “guerra giusta” non ci si pone più l’obiettivo di riparare un torto, senza fini di vendetta e senza ambizioni geopolitiche o territoriali. Oggi, secondo il diritto internazionale (che è poi quello occidentale), la guerra giusta viene usata per rovesciare il regime responsabile del “crimine” individuato. Anzi, possibilmente si cerca d’inglobare quel Paese nella propria area d’influenza.

Ecco perché in occidente non ci siamo scandalizzati minimamente quando Milošević, Saddam Hussein e i coniugi Ceaușescu sono finiti davanti a dei tribunali che avevano intenzione di condannarli preventivamente (quello rumeno fu addirittura improvvisato dai militari e molto sbrigativo nel fucilarli). Non abbiamo protestato neppure quando Gheddafi fu linciato.

Ma poi perché avremmo dovuto farlo? L’idea di “guerra giusta” l’abbiamo inventata noi occidentali al tempo del cattolicesimo medievale, e l’abbiamo trasmessa al giusnaturalismo borghese, fondando una parte del diritto internazionale.

 

Origine della doppiezza

 

Quando i vincitori del nazismo entravano nei lager spesso incontravano persone completamente nude, che non si vergognavano di essere osservate o fotografate, riprese per qualche documentario.

Come quando gli antropologi contattano le tribù primitive e trovano persone che girano nude per i villaggi, uomini o donne che siano.

Ma che differenza di situazioni! In una si era persa completamente qualunque dignità, si era diventati indifferenti a tutto, totalmente rassegnati a subire qualunque angheria. Nell’altra si dimostra di vivere un rapporto del tutto naturale con cose e persone.

Come quando le élite finanziarie del forum di Davos dicono: “non avrete nulla in proprietà privata e sarete felici”. Lo dicono usando lo stesso linguaggio del comunismo. Non è forse ironico tutto ciò?

Le cose che si vedono, le parole che si dicono sono le stesse, eppure, riguardo al loro vero significato, si collocano su versanti opposti.

L’occidente si è specializzato in questa doppiezza, soprattutto quando parla di democrazia e diritti umani. Usiamo le stesse parole per dire cose completamente diverse.

Da dove ci viene questa doppiezza? Non è una particolarità dell’occidente, poiché la si ritrova in tutte le società dominate da rapporti sociali di tipo antagonistico. Servono per edulcorare la realtà.

Semmai l’occidente è riuscito a imporre la propria doppiezza al mondo intero. Da dove gli viene questa grande capacità? Non tanto dalla cultura pagana, quella greco-romana, bensì dalla cultura ebraico-cristiana, che ha trovato nello sviluppo della classe borghese la migliore realizzazione di sé.

Ora, la cultura russa o quella cinese, dopo che sul piano militare avranno sconfitto le potenze occidentali, avranno in sé degli elementi sufficienti per superare i limiti di questa doppiezza? È sulla risposta a questa domanda che si gioca davvero la loro credibilità.

 

Il potere logora che s’illude di averlo

 

L’idea di una guerra di logoramento in Ucraina non può essere venuta in mente ai dirigenti della NATO, abituati da sempre a usare i bombardamenti a tappeto delle grandi città per indurre i governi ad arrendersi il più velocemente possibile.

Dev’essere stata un’idea del governo di Kiev, che evidentemente riteneva la Russia troppo debole per condurre una guerra per molti mesi, anche perché si sperava che le sanzioni l’avrebbero costretta, nel giro di poco tempo, ad accettare qualsiasi trattativa.

I fatti però hanno dimostrato che né Kiev né la NATO né gli statisti europei hanno indovinato la benché minima previsione sull’andamento della guerra.

I russi si son sbagliati solo all’inizio, quando, dopo aver circondato Kiev, speravano di scendere subito a trattative a favore delle due repubbliche del Donbass, ponendo fine a 8 anni di guerra civile ed evitando ulteriori spargimenti di sangue. Dopo han capito che dovevano agire in una maniera molto diversa.

Chi ha continuato a non capire la situazione è stato il governo neonazista, continuamente illuso dalle promesse della NATO e dell’intero occidente. Al punto che oggi è costretto a chiedere ai governi europei di obbligare gli uomini fuggiti nei loro Paesi a rientrare in Ucraina per essere arruolati nell’esercito.

Persino il cittadino medio benestante, quello che ha sostenuto il golpe del 2014, è soggetto a mobilitazione. Gli uomini delle minoranze etniche si sono stufati di combattere per Kiev.

Ormai tra le forze armate si supera abbondantemente il mezzo milione di morti, feriti e mutilati. Non arrendersi sta diventando una forma di masochismo. È incredibile che al potere chi è disposto a una trattativa non abbia alcuna voce in capitolo.

Lo stesso Zelensky non capisce che se riconoscesse ai russi i territori conquistati, avrebbe più possibilità di restare al governo che non continuando a chiedere armi all’occidente. È evidente quindi che subisce pressioni così forti da lasciar pensare che se accettasse la resa, verrebbe eliminato dai suoi stessi sostenitori.

 

Il fascismo taglia le lingue

 

Già nel settembre 2018 era stato introdotto nell’Oblast’ di Leopoli un divieto all’uso in lingua russa di prodotti culturali come film, libri, canzoni, ecc. Poi dal 2019 l’ucraino è diventato l’unica lingua ufficiale del Paese. Secondo un sondaggio del 2004 circa il 45% della popolazione parlava russo, nella stessa percentuale di quelli che in casa parlavano ucraino. Lo dice Wikipedia, che in questa parte si sono dimenticati di manipolare.

Al governo c’era quel criminale di Poroshenko, che odiava a morte i russofoni del suo Paese. Una persona assolutamente ridicola, in quanto in Ucraina non c’è solo il russo che si parla come seconda lingua, ma esistono anche varie minoranze di ungheresi, ebrei, polacchi, tartari, zingari, rumeni, caucasici e gagauzi, che generalmente parlano e ricevono un’istruzione formale o informale nelle proprie lingue nazionali.

Pretendere un’unica lingua nazionale in uno Stato multietnico e quindi multilinguistico è una forma di fascismo (anche in Italia il regime ostacolò per 20 anni l’uso dei dialetti). Se poi si pensa che in epoca sovietica le lingue russa e ucraina erano considerate entrambe statali, l’arbitrio di considerare il russo una semplice lingua regionale del sud-est è ancora più assurdo.

Tale pretesa monolinguistica è andata avanti anche sotto il governo Zelensky, persino nell’anno della guerra. Sono recentissimi gli scontri con la minoranza ungherese. Dal 2014 ad oggi non solo si è fatto dell’ucraino l’unica lingua statale (contro il russo), ma si è anche ostacolato sempre più l’uso delle lingue minoritarie nelle varie regioni etniche.

Questo sarebbe stato un motivo sufficiente per impedire all’Ucraina di entrare nella UE. Non c’era solo la profonda corruzione dei golpisti nazionalisti al potere che scandalizzava le istituzioni europee. Senonché dopo il 24 febbraio 2022 gli statisti europei hanno chiuso gli occhi su tutti gli abusi e hanno giudicato l’Ucraina come il principale bastione in difesa della democrazia.

 

Tucker Carlson si è dimesso

 

Il popolare conduttore americano Tucker Carlson, noto per le sue critiche a Biden, ha lasciato il canale Fox News.

Troppe pressioni da parte dei democratici. E poi i redattori e i manager erano in gran parte in disaccordo con lui.

Già il leader della maggioranza al Senato, Chuck Schumer, aveva chiesto alla direzione di Fox News di licenziare Tucker Carlson perché parlava troppo della “rivolta” del Campidoglio del 6 gennaio, sostenendo che tutto era stato organizzato dal governo degli Stati Uniti.

Scandalose poi per il Deep State le affermazioni dell’analista americano Jimmy Dore, da lui intervistato, quando descrisse come la CIA avesse contattato i nazisti in Ucraina per rovesciare il governo democraticamente eletto nel 2014.‌‌

Che coraggio quando disse che coi 100 miliardi di dollari elargiti all’Ucraina si sarebbe potuto saldare la metà del debito medico dell’intero Paese, oppure pagare due anni d’istruzione in un college locale per ogni giovane degli Stati Uniti, oppure finanziare tutte le spese vive dei malati di cancro per cinque anni.

E che dire quando ricordò agli americani che ben prima dell’inizio del conflitto russo-ucraino, Victoria Nuland, numero due del Dipartimento di Stato, e Joe Biden avevano minacciato di far saltare il gasdotto Nord Stream, aprendo la strada all’Europa verso la povertà assoluta?

Esilarante poi quando commentò la proposta del parlamentare del Congresso, Joe Wilson, di collocare un monumento permanente al presidente Zelensky in Campidoglio: “Un monumento a un leader straniero, un dittatore che ha bandito ogni opposizione e sta cercando di bandire un’intera confessione religiosa? Coi soldi dei contribuenti statunitensi? Nelle Camere del Parlamento degli Stati Uniti? Per adorarlo ogni giorno? È pazzesco”.

Soprattutto gli apparati militari non hanno digerito la sua controinformazione sull’andamento della guerra: “I residenti negli Stati Uniti non sanno che l’Ucraina sta effettivamente perdendo nell’operazione militare speciale. La maggior parte di loro crede che l’Occidente e l’Ucraina stiano vincendo. Chiunque suggerisca il contrario lavora per la Russia”.

Non è servito a nulla che il suo programma di news fosse tra i più seguiti nel Paese. Le azioni Fox sono scese di quasi il 4% dopo le sue dimissioni. E il canale televisivo Solovyov Live gli ha offerto subito un lavoro.

 

[25] Critica dell’inconciliabile

 

Dalla guerra del Golfo nel 1991 all’intervento in Kosovo nel 1999, dall’invasione dell’Iraq nel 2003 alla guerra contro l’Isis fino all’attuale conflitto russo-ucraino, le strategie guerrafondaie dell’occidente hanno sempre giustificato la guerra in nome di princìpi umanitari.

Come facciano le potenze occidentali a conciliare una cultura politica dichiaratamente pacifista e umanitaria col ricorso così pronunciato all’uso della forza, è una singolarità tipica degli ultimi 40 anni.

Probabilmente questa assurdità dipende dal fatto che il livello di critica politica dei sistemi dominanti del capitalismo si è azzerato dopo i gloriosi anni ’70.

Oggi sembra che Putin e Xi dicano cose piuttosto alternative al globalismo occidentale (che altro non è se non una variante del classico imperialismo). Tuttavia, per chi ha vissuto gli anni della contestazione operaio-studentesca, anche senza essere un attivo militante, le loro sono soltanto affermazioni piuttosto scontate, che, nella loro banalità, avrebbero potuto essere incluse nel concetto di “coesistenza pacifica tra sistemi a diverso orientamento ideopolitico”. Sono tesi geopolitiche che quella volta qualunque partito autenticamente democratico, non prono ai diktat americani, avrebbe potuto tranquillamente sostenere, senza per questo apparire filo-stalinista o filo-maoista.

Oggi le loro parole appaiono eversive solo perché l’occidente è diventato indecente, obbrobrioso. La sua incoerenza tra teoria pacifista e prassi bellicista è semplicemente mostruosa, per cui non ci vuol molto ad apparire sovversivi.

C’è però una cosa nuova, bisogna ammetterlo. Oggi Russia e Cina (ma presto si uniranno altre nazioni: già in 19 bussano alle porte del BRICS) non si limitano più a fare dichiarazioni di principio. Per opporsi all’occidente collettivo passano alle vie di fatto, quando le loro parole non vengono ascoltate: mostrano di non avere paura di nulla.

Qui – è bene ricordarlo – si ha a che fare con popolazioni enormi (se Cina e India si alleano, siamo già a quasi mezza umanità), con territori impressionanti per vastità (per es. l’Africa è tre volte l’Europa), ma anche con un tipo di armamenti (come per es. quelli russi), di cui gli stessi occidentali hanno molta paura, anche se fingono di non mostrarlo.

Se i Paesi del BRICS avranno la meglio sull’occidente, avremo a che fare con una situazione del tutto inedita, che non necessariamente sarà più facile da gestire da parte della democrazia.

 

Dai politici ai militari

 

Diceva Michael Walzer, filosofo della politica americano: “Per molti anni abbiamo utilizzato la teoria della guerra giusta per criticare le azioni militari americane, e ora se ne sono appropriati i generali, che le usano per giustificare quelle stesse azioni”.

Che significano queste parole? Significano che il militarismo è ormai prossimo a gestire la politica, essendo capace di parlare di democrazia e di diritti umani come gli statisti.

I militari hanno smesso di fare gli spacconi, non hanno più la faccia truce, sono capaci di diplomazia e dichiarano di rispettare il diritto internazionale e di compiere solo “guerre giuste”, ampiamente condivise.

Ma in più cos’hanno rispetto ai politici, da giustificare la cosiddetta dittatura esplicita del capitale? Hanno che si espongono di meno agli scandali immorali, alla corruzione, non accettano il teatrino del parlamentarismo, non stanno sotto i riflettori mediatici, curano la riservatezza, la privacy, non fanno giri di parole, anche perché lasciano passare dal momento dell’enunciato al momento dell’azione un lasso di tempo alquanto breve, mostrando di essere molto più coerenti.

Ma come faranno i militari a sostituire i politici? Come sempre si è fatto. Ci vogliono condizioni specifiche, quelle tipiche dei colpi di stato: forte acuirsi della crisi economica, polarizzazione sociale, disordini che la politica non riesce a gestire, a controllare, atti terroristici contro i civili, panico generale, senso di grave insicurezza, rischio di una guerra civile… Fino al punto in cui la gente comune chiede l’intervento di persone autoritarie, che prendano il posto dei politici litigiosi.

Questa guerra in Ucraina sta accelerando un processo iniziato 40 anni fa.

 

Atti di fede

 

I morti di questa guerra in Ucraina non li sappiamo con la stessa esattezza con cui seguiamo le conquiste metro per metro. È un segreto militare. Possiamo solo supporre che quelli delle forze ucraine siano molti di più, visto che non sanno più dove andare a prendere gli uomini e che quelli mandati in prima linea sono molto giovani e male addestrati (l’abbiamo visto a Bakhmut). La controffensiva di maggio però dovranno per forza farla con gente preparata, altrimenti sarà un suicidio collettivo, come quello della rivolta di Varsavia nel 1944, quando i polacchi non vollero aspettare l’arrivo dei russi. Una città che l’anno prima aveva visto nel ghetto un’altra impresa disperata, questa volta da parte degli ebrei.

In occidente ancora non si è capito che i russi non stanno facendo niente di particolarmente bellicoso. Questa è una guerra di posizione, di logoramento: vince chi resiste di più, chi è meglio attrezzato e motivato. I russi sembrano non avere alcuna fretta, anche perché devono gestire un fronte lunghissimo, più del nostro Paese, ma non è da escludere che a maggio siano loro a sferrare il colpo mortale, l’assalto alla baionetta.

La cosa che appare più strana è che gli statisti occidentali continuano a inviare armi, limitandosi a supporre che effettivamente serviranno. Non sapendo dal governo di Kiev quante forze son rimaste, è come se compissero un atto di fede. Le danno sulla fiducia, perché Zelensky le chiede con insistenza, ma lo sanno tutti che, senza il controllo dello spazio aereo, gli ucraini possono avere soltanto la caparbietà di farsi ammazzare, simile a quella degli italiani al tempo di quel folle Cadorna, che sul fronte austriaco ordinava missioni suicide.

Quando i nostri statisti dicono la frase di rito: “li sosterremo finché sarà necessario”, non specificano mai il suo significato. Cos’hanno in mente? La resa dei russi? Il loro ritiro dal Donbass? Tutti i telegiornali nazionali parlano solo dei successi ucraini e delle brutalità dei russi. È il governo che lo chiede, altrimenti sarebbe impossibile giustificare l’invio di armi e soldi. Noi stessi ci stiamo svenando e disarmando. Se i russi ci attaccano, ormai possiamo rispondere solo coi missili nucleari. Se lo fanno nei mesi estivi, chiederemo subito una trattativa, perché non vogliamo rinunciare alle nostre vacanze. Gli ucraini ancora non hanno capito che di loro non c’importa proprio nulla. Semmai è la credibilità della NATO a essere in gioco. Però anche sull’efficienza di questa alleanza ormai siamo a livelli di fiducia alla cieca.

 

Che bel ministro dell’Istruzione!

 

La recente nomina in Ucraina di Oksen Lisovyi a ministro dell’Istruzione e della Scienza ha sollevato una certa reazione da parte del Movimento Pacifista Ucraino, che ha inviato all’UNESCO un rapporto approfondito su di lui e sulla preoccupante militarizzazione della cultura in Ucraina.

In un video del 14 ottobre 2022 il nuovo ministro dice infatti che gli ucraini devono imparare a convivere per sempre con la guerra: “Questa non è la guerra di un giorno. L’ho aspettata tutta la vita. Sapevo che il suo tempo sarebbe arrivato e avevo paura che ad andare al fronte sarebbe stata una minoranza (com’è accaduto in passato). Ecco perché, nonostante l’enorme numero di vittime, il dolore di decine di migliaia di famiglie, la distruzione e le perdite, sono felice”. Beata sincerità!

Dice di lui Yurii Sheliazhenko, referente del movimento nonviolento ucraino, obiettore di coscienza e professore universitario:

“Oksen Lisovyi è l’opposto di tutto ciò che un ministro dell’Istruzione e della Scienza dovrebbe essere. Non è un professionista civile di indiscutibile integrità con un progetto e un’attitudine a costruire un futuro pacifico basato sulla conoscenza, o almeno a dare a studenti, insegnanti e studiosi uno spazio per sperare, avere fiducia e contribuire a un futuro migliore… Non è un accademico ma piuttosto un soldato. Non fa mistero delle sue intenzioni di trasformare l’istruzione in un’arma, di insegnare a tutti gli ucraini a convivere e a partecipare a una guerra infinita, di rendere le abilità di combattimento parte del curriculum scolastico obbligatorio, senza eccezioni per gli obiettori di coscienza, anche perché vuole coinvolgere i giovani nello sviluppo di tecnologie militari”.

Lisovyi va rimosso non solo dalla carica di ministro, ma anche dalla direzione della Junior Academy of Sciences dell’Ucraina, che ha mantenuto anche mentre era volontario in guerra. Tale Accademia è un centro di educazione scientifica sotto gli auspici dell’UNESCO, che è un’organizzazione culturale contro la guerra, il cui compito è di creare difese di pace nelle menti umane.

Sotto la direzione di Lisovyi l’Accademia ha invece lavorato per il complesso industriale militare, ha sostenuto le Forze Armate dell’Ucraina e ha fatto percepire come “nemici” o “traditori” chiunque osasse criticare l’esercito ucraino o la NATO.

Fonte: pressenza.com

 

Ci vorrà una generazione

 

La Russia ha armi, uomini, consenso e risorse economiche per continuare per molto tempo la guerra in Ucraina e contro la NATO. Ha dimostrato una resilienza inaspettata. Noi occidentali eravamo troppo abituati a vincere con avversari molto più deboli e ci siamo illusi di poter stravincere sul piano delle sanzioni commerciali e finanziarie.

Il resto è tutta ridicola propaganda, sostenuta da statisti e giornalisti che o sono poveri ignoranti o assolutamente in malafede.

L’unica differenza possono farla i missili nucleari, tattici o strategici, per colpire la Russia nel suo stesso territorio. Ma in questo caso andiamo dritti verso uno scontro dalle conseguenze catastrofiche per l’intero continente.

Dunque la guerra contro la Russia non può essere vinta. E va chiusa al più presto, perché non ha senso mandare al massacro altri soldati per non ottenere alcun risultato. Che affaristi siamo sostenendo così tanti costi per zero benefici? I militari lo dicono, lo dice lo stesso generale Mark Milley, capo del Pentagono, quello che tolse a Trump il diritto di usare armi nucleari senza aver prima consultato lo stesso Capo di stato maggiore.

Se fossimo un minimo onesti dovremmo dire: “tutto quello che di convenzionale potevamo fare, l’abbiamo fatto”. Poi, siccome siamo malati di sconfinato orgoglio, gli statisti aggiungeranno l’inevitabile frase: “però le sanzioni resteranno immutate”.

Nessuno in occidente riuscirà mai a dire: “ci siamo sbagliati, torniamo ad allacciare con la Russia i rapporti commerciali che avevamo prima della guerra”. Dovrà scomparire un’intera generazione prima che si arrivi a fare un’ammissione del genere. Noi dovremo continuare a sorbirci la retorica dell’aggressore e dell’aggredito.

 

[26] Che cos’è la Russia?

 

Dal punto di vista della geografia la Russia è una potenza euro-asiatica. Ma dal punto di vista della storia è sempre stata rivolta a occidente, salvo il periodo tataro-mongolo, durato dal 1237 al 1480. Che ne è stato di quell’imponente impero di Gengis Khan e successori? Culturalmente si è ridotto a un nulla, completamente assorbito da russi e cinesi.

È rimasta la Mongolia, un comodo cuscinetto tra Russia e Cina, che ha evitato nel passato scontri armati tra i due Paesi. Siccome però è ricchissima di terre rare, la Mongolia è destinata a rientrare nella storia i prossimi decenni.

Viceversa la Russia, combattendo i mongoli e risparmiando a noi euroccidentali una devastazione analoga a quella subita da lei, ha posto le basi, con Ivan il terribile, per un futuro glorioso, che a quanto pare non accenna a diminuire.

Fu probabilmente per colpa dei Mongoli che la Russia zarista non si imborghesì velocemente come l’Europa occidentale. In parte anche per colpa dell’ortodossia, lontanissima dal protestantesimo, la religione ideale per il moderno capitalismo.

Certo, considerando gli orrori compiuti dagli europei col colonialismo e l’imperialismo, non pochi russi slavofili ritengono che il periodo mongolo fu in realtà una fortuna, che li preservò da influenze esterne. Può darsi, ma sempre feudalesimo era. I mongoli non portarono nessuna novità in Russia.

Gli zar si sono sempre sentiti attratti dalla cultura occidentale, anche se ne temevano lo sfrenato individualismo borghese. A fine 800 la Russia era già in mano alle potenze europee, anche se i populisti s’illudevano che con le loro tradizioni agrario-collettivistiche avrebbero potuto evitare i condizionamenti del liberalismo.

La Russia sovietica fu il tentativo di associare il meglio della cultura occidentale, quella relativa al socialismo, col meglio delle tradizioni collettivistiche del Paese: il tutto all’interno di un grande processo di industrializzazione.

L’esperimento fallì per i risvolti autoritari dello stalinismo, ma la Russia post-sovietica ha dimostrato che quando questo Paese propende troppo verso ovest, ad un certo punto ha un ripensamento e torna indietro: l’istanza collettivistica, tipica della sua area asiatica, prende il sopravvento. E noi occidentali non riusciamo più a capirlo in questa oscillazione. Non possiamo farlo perché da noi il collettivismo non esiste più da un pezzo. E siccome siamo ingordi di materie prime e di benessere a oltranza, le guerre contro questo gigante diventano inevitabili.

In un certo senso potremmo dire che la Russia post-sovietica è un Paese europeo in Asia, ma diventa subito un Paese asiatico quando noi occidentali pretendiamo di colonizzarla. Dopodiché al nostro mainstream, quando vediamo che non si lascia colonizzare, piace definirla, in senso spregiativo, come “Paese asiatico”, cioè autarchico, autocratico, antidemocratico ecc.: un Paese di cui aver paura e possibilmente da combattere.

Ci fa paura la sua ancora vastissima dimensione spaziale, nonostante le amputazioni subite nell’area europea (Stati Baltici, Ucraina, Bielorussia) e nell’area del Caucaso (Georgia, Armenia, Azerbaijan). Ma ritenere che questa realtà geopolitica voglia fare l’imperialista in Europa è ridicolo. Il suo territorio è già sconfinato e disabitato e sottoutilizzato per suo conto. Chi deve scomparire dalla faccia della terra è il globalismo occidentale, che non rispetta niente e nessuno.

 

ONU sospesa

 

Ha scritto il magistrato Domenico Gallo: “l’incriminazione di Putin da parte della Corte Penale Internazionale è stato un passo falso compiuto dal Procuratore, poiché ha messo la legittima esigenza di repressione dei crimini di guerra in contraddizione con l’esigenza di porre fine alla guerra (e quindi ai crimini che della guerra sono un sottoprodotto). Quali che siano le responsabilità di Putin, questo non giustifica l’emissione di un mandato d’arresto contro un capo di Stato in carica. Nell’esercizio della sua discrezionalità il Procuratore della CPI deve essere coerente coi fini delle Nazioni Unite, che consistono essenzialmente nel mantenimento e nel ristabilimento della pace, tanto più che nello Statuto della Corte non vige il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale. Non si può pretendere di fare giustizia a costo della pace. Incriminando Putin, mentre la guerra è in corso, si tagliano i ponti rispetto alla possibilità di un negoziato e si impedisce alla Russia di tornare sui suoi passi”.

Non ci voleva molto a capirlo, eppure si diventa ciechi quando ci si lascia dominare da pregiudizi e fanatismi. Infatti – ha poi aggiunto il magistrato – “la Russia è uno dei membri permanenti del Consiglio di sicurezza: l’incriminazione di Putin di fatto sopprime, e in ogni caso sospende, l’ONU”.

L’ONU si è accorto di questa cosa? Guterres no di sicuro: è di una limitatezza impressionante.

 

L’ambiguità delle parole

 

Ai cultori della Cappella Sistina è noto che Michelangelo se la prese col frate Biagio Martinelli, che l’aveva rimproverato d’aver usato dei nudi in pose sconce per dipingere il Giudizio Universale.

L’artista si vendicò dipingendo Minosse con la faccia di Biagio, allungandogli le orecchi a mo’ di asino e facendolo circondare, nudo, da un serpente che gli morde l’inguine.

Motivazione? Per Michelangelo la nudità è opera diretta delle mani di Dio. È malato chi vi vede il peccato.

Era una solenne stupidata da parte di un artista omosessuale del Rinascimento, protetto da papi corrotti. Ma perché? Per almeno tre ragioni:

1- la tradizione religiosa relativa a quella raffigurazione non si era mai spinta, prima di lui, ad associare così apertamente religiosità a sessualità;

2- Michelangelo usava la sessualità per contestare la tradizione religiosa cattolica. Per lui era un modo di essere “protestante” senza esserlo sul piano teologico, senza aver aderito alla Riforma. Tant’è che gli stessi luterani si scandalizzavano delle libertà sessuali in Vaticano. Poi il papato, per rimediare alle critiche, fece scoppiare la Controriforma e mise i “mutandoni” a quelle immagini.

3- Nei confronti dell’uso della sessualità non si può essere ingenui. Michelangelo ragionava come se vivesse in un villaggio dell’Amazzonia, cioè in una società non antagonistica ma egualitaria, non capitalistica ma naturale. Dire che la sessualità proviene da Dio e poi dipingerla in forme erotiche all’interno di una raffigurazione di tipo religioso, poteva essere fatto solo in una cultura profondamente corrotta.

Insomma il problema in Michelangelo era che esibiva il nudo anche quando non aveva bisogno di farlo, ed era sempre molto forte in lui l’esigenza di esibire gli attributi maschili e le posizioni erotiche.

Ma vuoi che non avesse ragione nel dire che il nudo in sé andrebbe accettato senza tanti problemi? Certo, ma dipende dal contesto in cui ciò viene detto. Medesime parole acquistano significati completamente diversi in contesti semantici diversi.

Una problematica del genere in occidente non interessa nessuno, poiché lui viene considerato un grande artista a cui tutto si può concedere. La parte del torto ricade per intero sul frate.

Ora proviamo a cosa può voler dire la parola “sicurezza”. Per gli occidentali non sta nelle trattative di pace in questa guerra russo-ucraina, ma nell’invio di armi sempre più pesanti a Kiev. Ecco perché di ogni parola dovremmo sempre chiederci: “In che senso?”. Noi occidentali siamo maledettamente ambigui.

 

[27] Basta la denazificazione?

 

La denazificazione, di cui parlava Putin come uno degli obiettivi dell’operazione speciale militare, può essere un motivo sufficiente per occupare un Paese? Evidentemente no, anche se l’occidente non ha mai avuto dubbi a intromettersi in varie maniere, anche militari o molto violente, in quei Paesi che nel passato erano favorevoli al socialismo, o comunque non volevano essere colonizzati.

Diciamo però che la denazificazione diventa un obiettivo legittimo quando il governo centrale si serve di formazioni più o meno militarizzate di stampo neonazista per eliminare una determinata fetta di popolazione, rischiando di compiere un genocidio. Tale popolazione può essere interna o esterna alla nazione.

Oggi sappiamo che questa fetta di popolazione è di origine russa, è russofona e una larga fetta è tranquillamente filorussa, cioè, dovendo scegliere tra il regime di Kiev e quello di Mosca, non avrebbe dubbi da che parte stare.

Ma supponiamo che il Donbass fosse abitato da cittadini qualunque, da una minoranza non russofona ma ungherese o rumena o ebraica (tanto per il governo nazionalista di Kiev sarebbe stato indifferente: le detesta tutte). Ecco in questo caso il suddetto motivo sarebbe stato sufficiente per organizzare un intervento armato? Sicuramente no, se tale decisione viene presa da una singola nazione, che non riceve alcun mandato internazionale, anche se gli USA, spalleggiati dall’intero occidente, se ne fregano di far leva su mandati del genere.

Tuttavia qui la situazione è completamente diversa. Solo una persona che ragiona in maniera astratta non la capisce. In Ucraina è stato fatto un golpe nel 2014 che ha scatenato una guerra civile per 8 anni. Che cosa ha fatto l’occidente e l’ONU per porvi rimedio? Due cose: i due Accordi di Minsk e l’invio dell’OSCE. Sono serviti a qualcosa? A niente di concreto, favorevole alle popolazioni perseguitate, che hanno subito migliaia di morti.

La Russia è un Paese confinante con l’Ucraina. Avrebbe dovuto essere lo stesso occidente, anzi l’ONU in persona, ad autorizzarla a intervenire militarmente, dopo aver constatato l’inutilità dei mezzi diplomatici. In un mondo normale ci si comporta così.

 

Ma perché venite da noi?

 

Ricordo, quando studiavo sui libri di Paolo Cinanni, grande esperto marxista dei fenomeni migratori del nostro Mezzogiorno, che la sua tesi fondamentale aveva lasciato tutti a bocca aperta.

Il suo libro principale era Emigrazione e imperialismo, cui fece seguire Emigrazione e unità operaia. Praticamente sosteneva che l’emigrato è un danno per il Paese da cui parte e un vantaggio per il Paese che lo riceve. Cioè le sue rimesse nel Paese di origine sono un nulla rispetto all’esigenza di realizzare una vera riforma agraria.

Ma perché? Perché quando in un Paese capitalista arriva un immigrato, questo è quasi sempre già adulto, cioè le spese per farlo crescere, dargli una certa istruzione e una certa formazione professionale sono state sostenute dal Paese di origine. Per il Paese ospitante basta poco per migliorare questa sua condizione di vita.

Chi non capisce l’importanza di questo trasferimento gratuito e unilaterale di ricchezza, di capitale umano, non sa fare i conti.

Inoltre diceva che se l’emigrazione è l’effetto di una povertà del sud imposta dal nord, è anche causa della ricchezza dello stesso nord. Una tesi, questa, che oggi equivale a una bestemmia.

In effetti oggi la destra di governo, economicamente analfabeta, se ne frega di tutti questi discorsi. Preferisce trasformare il Mediterraneo in un cimitero, facendo credere che gli immigrati tolgono lavoro ai nostri connazionali e rischiano di operare una “sostituzione etnica” indesiderata, in quanto provengono da Paesi troppo popolosi, troppo giovani, dove sono abituati a fare troppi figli. Da noi è il contrario: più sei ricco e meno figli fai. Noi siamo un Paese di anziani, dove i giovani vanno a lavorare all’estero.

In fondo questa destra becera ha ragione a ostacolare i flussi migratori. Solo che dovrebbe avere il coraggio di dire: “non venite da noi per diventare come noi, che abbiamo rovinato il mondo intero; restate nei vostri Paesi e ribellatevi al colonialismo che vi abbiamo imposto e che continua ad arricchire noi; tra un po’, se andiamo avanti così, con queste continue minacce di guerre nucleari, con questa progressiva desertificazione dovuta ai mutamenti climatici, saremo noi a trasferirci in massa da voi”.

Ma chi ha il coraggio di dire queste cose? Noi siamo il numero uno e voi non contate niente. Noi abbiamo creato la civiltà e voi siete solo dei primitivi.

 

Sindrome psicopatologica

 

La diplomazia russo-cinese sta sbalordendo il mondo intero. Il Medio Oriente si è improvvisamente riappacificato. Sembrano non esistere più contrasti tra Paesi islamici. A un intero continente come quello africano, e a un subcontinente come quello latino, sembra di sognare all’idea di poter aderire liberamente ai BRICS, di poter sostituire il dollaro con le proprie monete nazionali, di potersi liberare delle varie forme di colonialismo occidentale.

All’occidente collettivo è bastato un anno per uscire di scena. Siamo un gigante d’argilla prossimo a sgretolarsi.

È come se vivessimo in un universo parallelo, dove ce la suoniamo e ce la cantiamo. La nostra credibilità è ridotta a zero. Possiamo contare soltanto sulle nostre armi di distruzione di massa, che però anche i nostri nemici hanno in grandi quantità.

Il giornalismo segue a ruota gli statisti: invece di metterci sull’avviso circa i pericoli di questo progressivo isolamento, sostiene la narrativa autoreferenziale. Viviamo in una bolla di sapone, in un “Truman show”. Siamo prossimi a scoppiare. E invece di moderare i toni, di venire a patti col nemico, preferiamo mostrarci sempre più aggressivi. Siamo noi che comandiamo, nessuno può dirci come dobbiamo comportarci.

Ancora stiamo pensando alla controffensiva in Ucraina. Ancora stiamo dicendo ai russi che devono ritirarsi dal Donbass e dalla Crimea. Siamo in mano a gente che non ha alcun senso della realtà. Intere popolazioni stanno subendo i disturbi della personalità dei loro statisti. Fra un secolo gli storici diranno che l’occidente nella sua interezza era affetto da qualche sindrome psicopatologica.

 

Colpi di coda

 

Netanyahu ha rilanciato la colonizzazione in Palestina, legalizzando nuovi insediamenti selvaggi. Sembra che voglia fare la fine di Biden, esattamente come gli statisti europei. Putin è il pifferaio magico che sta portando i topi ad affogare nel fiume.

Israele sente venir meno la propria sicurezza. I Paesi arabi fan la pace tra loro: Iran e Arabia Saudita e Turchia e Yemen e Siria... Che diavolo sta succedendo? Se il mondo islamico mediorientale si stacca dagli USA, i sionisti sono circondati, hanno i giorni contati. E quelli, essendo di natura fascisti, invece di cercare compromessi, si incattiviscono ancora di più.

Moshe Ya’alon, ex ministro della Difesa, ha recentemente affermato che i “radicali” nel governo israeliano vogliono una “grande guerra”. E sappiamo tutti che quando Israele vuole una guerra, di solito la ottiene.

Il ministro delle Finanze, Bezalel Smotrich, del partito “Sionismo religioso”, è addirittura arrivato a dire in un discorso a Parigi che “i palestinesi non esistono, perché non esiste un popolo palestinese”, sono “un’invenzione di meno di 100 anni fa”. Evidentemente per lui esistono solo quando li separano con dei muri, li massacrano di botte, li bombardano con gli aerei, li derubano di ciò che hanno, li sfruttano sul lavoro e così via. Ora vogliono prendersi tutta la Cisgiordania.

Una dichiarazione così assurda non poteva che essere stigmatizzata dagli USA e dalla UE. Un ministro occidentale non può non sapere che oggi il fascismo deve esprimersi non per quello che è, ma nei panni della democrazia. Altrimenti come fa a essere convincente?

 

[28] La fine degli Stati nazionali

 

Gli Stati nazionali sembrano essere destinati a scomparire. In Europa occidentale sono nati mezzo millennio fa, grazie alla classe borghese, che appoggiava una monarchia nazionale assoluta e centralizzata non solo contro gli imperatori medievali del sacro romano impero, ma anche contro i tanti nobili che volevano fare i sovrani in territori locali-regionali.

Poi, quando il processo ebbe la meglio, la borghesia pretese di sostituire le monarchie ereditarie con quelle costituzionali, fino addirittura, in taluni casi, a sostituire la monarchia con la repubblica democratica. Importante per la borghesia è avere un proprio organo autonomo di rappresentanza parlamentare nazionale.

Oggi, all’interno del concerto di “multipolarismo”, sembrano contare di più gli Stati-Civiltà, cioè gli Stati multinazionali (multietnici, multiconfessionali, plurilinguistici), come per es. Russia, Cina, India ecc. Ma anche l’Unione Europea sarebbe uno Stato-Civiltà se non si lasciasse dominare da USA e NATO.

Combattersi tra loro sta diventando un’assurdità, in quanto sono enormi, nonostante abbiano a disposizione armi potentissime.

La Federazione Russa, dopo aver perso completamente la propria sovranità negli anni ’90, ora, con Putin, la sta recuperando in una forma inedita, diventando protagonista di un processo di rilevanza mondiale, condiviso da molte nazioni che vogliono associarsi tra loro per costruire qualcosa che va oltre il classico Stato-Nazione. Ci riferiamo ovviamente all’Africa, all’America Latina ma anche al Medio Oriente islamico.

La Russia di Putin ha preso consapevolezza di essere una civiltà euroasiatica, erede di tradizioni quanto mai lontane tra loro, come quella dell’impero bizantino, dell’asiatismo tataro-mongolo e della rivoluzione francese.

Sta insegnando al mondo intero che il dominio globalista dell’Occidente collettivo va considerato superato. Se la civiltà occidentale vorrà continuare a sussistere, dovrà tener conto che esistono altri Stati-Civiltà da rispettare.

Questo vuol dire che se gli USA, la UE, il Regno Unito, il Canada ecc. insistono nel voler muovere guerra alla Russia, rischiano d’infilarsi in un tunnel senza via d’uscita. Ormai il concetto di “multipolarità” è entrato nella testa di tutti quegli Stati che vogliono liberarsi del neocolonialismo occidentale e che hanno capito che, per poterlo fare, devono associarsi tra loro, sotto tutti i punti di vista.

 

I media serbi vanno censurati

 

I principali media serbi hanno ricevuto un documento via e-mail intitolato “Terminologia corretta sull’aggressione russa in Ucraina”. Il mittente era l’ambasciata ucraina a Belgrado, che ha ricevuto disposizioni dal ministero degli Esteri. Il testo contiene una tabella con tre colonne: nella prima le parole ed espressioni errate, usate in Russia; nella seconda quelle corrette; nella terza alcune note esplicative.

Per es. è sbagliato usare il termine “operazione militare speciale russa in Ucraina”. I giornalisti devono scrivere “Invasione militare russa non provocata dell’Ucraina iniziata nel 2022”.

I funzionari russi nelle regioni di Donetsk, Kherson, Lugansk e Zaporozhye sono solo “rappresentanti dell’amministrazione di occupazione russa nelle parti temporaneamente occupate delle suddette regioni ucraine”.

Anche espressioni come “la guerra in Ucraina non è un genocidio”, “territori ucraini annessi”, “le sanzioni contro la Russia hanno causato una crisi alimentare ed energetica” non rientrano nella terminologia ucraina. Pertanto i giornalisti dovrebbero usare le rispettive correzioni: “la guerra russa in Ucraina è un genocidio a detta di tutti”, “territori ucraini temporaneamente occupati” e “la guerra aggressiva della Russia contro l’Ucraina ha causato una crisi alimentare ed energetica”.

Impressionante la frase: “ogni russo è responsabile dei crimini russi in Ucraina, sempre che sostenga il regime del presidente russo Putin e le sue azioni”. Quindi, visto che i cittadini l’appoggiano all’80%, vuol dire che il regime di Kiev farà di tutto perché la NATO dichiari guerra alla Russia e non si limiti a combattere in Ucraina.

Ma la cosa che stona parecchio in questo documento è un’altra. Qui si ha a che fare con un’ambasciata di un Paese straniero che spiega ai giornalisti del Paese ospitante come devono scrivere i loro articoli. Per coerenza ogni ambasciata ucraina dovrebbe fare la stessa cosa in qualunque Paese ospitante (in Italia, a dir il vero, non ne avrebbe bisogno, in quanto i giornalisti si autocensurano per conto loro, in maniera istintiva)

Mi sbaglierò, ma credo di non aver mai visto una cosa del genere. Per me quei diplomatici andrebbero espulsi tutti. Se non è ingerenza questa, che cos’è?

 

Ergastolo per alto tradimento

 

In Russia è stata introdotta da Putin la misura più alta per alto tradimento: l’ergastolo.

Cos’è il tradimento? Nella maggior parte dei Paesi del mondo si ritiene che questo sia uno dei crimini più pesanti, paragonabile al genocidio. Ma è assurdo.

Negli Stati Uniti è considerato come unirsi ai nemici per fare la guerra contro il Paese. Nel passato punivano i colpevoli con la sedia elettrica, come successe ai coniugi Rosenberg.

I segreti di stato sono molto apprezzati dai Paesi stranieri, che li pagano profumatamente, per cui ci saranno sempre spie e traditori. Se uno Stato si sente sicuro, non dovrebbe temere comportamenti del genere, per quanto vergognosi siano. La sicurezza di uno Stato non sta nello Stato in sé ma nella sua popolazione.

L’ergastolo è una mostruosità analoga alla pena di morte. Nessuno deve sentirsi in diritto di togliere a chi compie un reato, anche gravissimo, la possibilità di pentirsi.

È un errore madornale escludere gli ergastolani da qualsiasi risocializzazione o correzione, essendo considerati “creature non idonee alla rieducazione”. Se la civiltà russa vuol davvero superare quella occidentale, deve iniziare a farlo da queste cose etiche. Non è sufficiente limitarsi a concedere alla Wagner la possibilità di arruolare degli ergastolani in cambio della libertà.

Uno Stato che si rispetti deve contribuire a porre le condizioni per le quali sia insensato tradirlo. È sulla vita sociale, sulla cultura, sulla mentalità che bisogna lavorare, e bisogna farlo quando esiste la pace, perché quando c’è di mezzo la guerra tutto diventa maledettamente complicato.

 

Ci vuole una lezione

 

Cos’è che alla Russia di Putin non piace dell’occidente? È l’arroganza, la pretesa di voler dominare il mondo, di stabilire quali sono le regole valide per tutti.

Se l’occidente non vuole commerciare con la Russia, non vuole avere a che fare neppure con la cultura di questo immenso Paese, bene, che se ne stia per conto proprio. La smetta però di circondare la Federazione con proprie basi militari; la smetta d’intromettersi in questioni che non lo riguardano, come appunto lo scontro regionale tra Russia e Ucraina per il riconoscimento del Donbass come territorio russo, la cui popolazione non può essere martoriata da un governo golpista, nazionalista e persino neonazista.

L’occidente ha approfittato dell’idealismo ingenuo di Gorbaciov, promettendo che in cambio dell’abbattimento del muro di Berlino, la NATO non avrebbe fatto nulla per espandersi verso est. La promessa è stata disattesa. Gli statisti occidentali han dimostrato di avere una lingua biforcuta. Ancora adesso pretendono d’imporsi in aree del pianeta non di loro competenza. Pretendono addirittura di voler iniziare delle guerre dalle conseguenze inimmaginabili. Evidentemente hanno bisogno di una lezione per ridimensionarsi. Non hanno abbastanza cervello per capire come stanno le cose senza dover prendere una botta in testa.

 

Siamo amici e alleati per sempre!

 

M’è piaciuto l’art. di Patrizia Cecconi sull’Antidiplomatico.it in merito al discorso di auguri che la von der Leyen ha rivolto a Israele per i suoi 75 anni d’indipendenza. Lo riassumo.

“Frau Ursula”, simpatizzante dei sovranisti askenaziti, ha elogiato Israele per aver realizzato il “suo sogno’’ (che è poi quello di carpire il territorio a chi ci viveva da secoli) per fondare lo Stato ebraico, che lei definisce “democratico”, ignorando che, se per ebraico s’intende “di chi è ebreo di etnia”, allora è uno Stato razzista, o quanto meno di apartheid; mentre se si intende “di chi è di religione ebraica”, allora si tratta di uno Stato confessionale.

In entrambi i casi lo Stato ebraico non è democratico, se non per il fatto formale di chiedere ai cittadini di eleggere i propri rappresentanti, i quali in buona parte si dichiarano sfrontatamente tutt’altro che democratici, in quanto da 75 anni violano ogni Risoluzione dell’ONU.

La von der Leyen ha anche esaltato la capacità di ottenere cibo dal deserto, ma ha taciuto sul fatto  che l’acqua viene rubata ai palestinesi e canalizzata per irrigare le terre loro sottratte.

Infine ha detto che Israele e Unione Europea sono profondamente “amici e alleati”, dimenticando che Israele sosteneva l’apartheid in Sudafrica e forniva armi ai suprematisti bianchi.

 

[29] Chi è sovrano in casa propria

 

La Russia viene descritta come “una vasta potenza eurasiatica ed euro-pacifica”, cioè come un forte Stato sovrano di dimensioni continentali. L’aggettivo “vasto” non è usato come puramente descrittivo. Infatti si dice che la vera sovranità può essere posseduta solo da poteri “vasti”.

A me questo modo di ragionare, sinceramente parlando, piace poco. Mi rendo conto che di fronte a colossi come Stati Uniti, Unione Europea, Occidente collettivo, Cina, India... si è per forza costretti a parlare in termini macro, soprattutto nei confronti dell’occidente, che vuole l’intero pianeta a propria immagine e somiglianza.

Tuttavia la sovranità – ragiono in astratto – non dovrebbe essere considerata una caratteristica tipica dei grandi Stati, riservando a quelli piccoli il ruolo di satelliti o, peggio, di colonie. Anche perché spesso il benessere dei grandi Stati è garantito dal malessere di quelli piccoli.

In realtà la sovranità dovrebbe appartenere al popolo, a prescindere dall’istituzione politica che lo rappresenta. Oggi questa istituzione è lo Stato, ma potrebbe essere una semplice assemblea di persone anziane o autorevoli. In fondo gli Stati nazionali, centrali o federali che siano, sono nati solo mezzo millennio fa.

È assurdo pensare che a livello internazionale la pace viene garantita meglio quando a confrontarsi sono i grandi Stati. In questa maniera si torna alla strategia del terrore, cioè non ci si ammazza solo per timore delle armi dell’avversario.

Noi invece dobbiamo metterci in testa che più importanti degli Stati sono i popoli. Se i popoli non riescono a essere democratici, non sono sicuramente gli Stati a farli diventare tali. Anzi in genere gli Stati svolgono un ruolo aggressivo, essendo strumento coercitivo di determinate classi sociali. Se non riescono a imporsi in politica estera, diventano molto autoritari in politica interna.

 

Tra Polonia e Ucraina matrimonio possibile?

 

Secondo Stanislav Lešcenko la Polonia subirà alla fine di questo secolo un notevole crollo demografico (meno di 30 milioni di abitanti), con un’età media di oltre 50 anni. Anzi da qui al 2080 le persone in età lavorativa diminuiranno del 41%, mentre aumenteranno del 42% quelle in età pensionistica. Il debito pubblico passerà da 55 a 138%. Inevitabilmente l’età pensionabile arriverà a 67 anni.

In una situazione così precaria il governo sta pensando di sfruttare tutte le risorse ucraine. Già oggi il 38% degli ucraini che lavorano in Polonia non ha intenzione di rimpatriare. Ora si ha intenzione di abolire i confini tra Polonia e Ucraina per facilitare la burocrazia. Magari costituendo una confederazione bilingue. Già, il bilinguismo, quello che volevano i russofoni del Donbass e che invece i neonazisti di Kiev volevano abolire.

Sempre che i polacchi accettino il bilinguismo, perché sarà facile invece il contrario, e cioè che la lingua ucraina verrà del tutto marginalizzata.

In ogni caso la Polonia non dovrebbe avere problemi di flussi migratori. Già adesso il 6,5% della forza-lavoro è composta da stranieri. Non sia mai che qualche Stato europeo si appropri di tutta quella manovalanza ucraina di profughi sottopagati. La Polonia non è l’Italia, che non sa come gestire i propri immigrati.

Gli unici problemi che i polacchi dovranno affrontare con gli ucraini residenti in Ucraina saranno economici: a tutt’oggi il diluvio delle loro derrate agricole a prezzi irrisori sta strozzando il mercato polacco.


Maggio

 

 

 

[1] Prossimo obiettivo: la Polonia

 

Le autorità polacche sono entrate nella scuola russa che si trova nel recinto dell’ambasciata russa a Varsavia, col pretesto che l’edificio non era coperto da immunità e non aveva lo status diplomatico. Hanno abbattuto con forza la porta della scuola, intimando al personale docente di lasciare il Paese entro 48 ore. Gli inservienti polacchi hanno bloccato il cancello con una catena in modo da non consentire di portare via il mobilio.

Il sindaco di Varsavia ha chiesto anche un risarcimento di oltre 31 milioni di zloty all’ambasciata per occupazione abusiva dell’edificio.

La confisca dell’edificio fa parte della più ampia campagna di sequestro delle proprietà russe presenti in Polonia iniziata il 1° marzo.

L’attacco alla scuola si configura come una piena violazione degli accordi di Vienna del 1961 sul principio di territorialità e, dal punto di vista giuridico, risulta essere un attacco militare polacco contro la Russia.

Ciò, in linea teorica, giustificherebbe, ai sensi del capitolo V della carta dell’ONU, un intervento militare in territorio polacco. È un fatto molto grave, che può legittimarne altri, più o meno simili.

Di fronte a cose del genere la linea moderata e attendista del governo russo si giustifica sempre meno. Non basta affermare che la scuola dell’ambasciata russa riprenderà i lavori il 10 maggio in un altro edificio. Dmitry Medvedev ha già proposto d’interrompere le relazioni diplomatiche con la Polonia.

 

Una resa senza condizioni

 

Gli Stati Uniti stanno seminando in Ucraina sensori per le detonazioni nucleari e la radioattività. La NATO ha già riconosciuto d’aver fornito proiettili e missili con l’uranio impoverito alle forze ucraine.

Zelensky ha manifestato l’intenzione di attaccare la Crimea, cacciando le truppe russe dal Donbass. Lo farà con armi della NATO, con circa 100.000 uomini e migliaia di mercenari stranieri.

Le unità ucraine stanno subendo un addestramento al combattimento accelerato sotto la guida di istruttori stranieri, sia nei campi di addestramento della NATO che nella stessa Ucraina.

I droni che hanno colpito nel porto di Sebastopoli, in Crimea, un deposito di carburanti, erano partiti da Odessa. Ora i russi dovranno per forza occupare anche questa città. Più voci si sono levate nella Duma russa per passare a misure radicali contro il governo di Kiev.

Il governo neonazista ha i giorni contati. La resa sarà senza condizioni, come fu quella dei tedeschi.

 

[2] Gli industriali danesi si lamentano ma non sanno che...

 

Come noto, la NATO aspetta che la Russia perda la guerra in Ucraina per impadronirsi dei suoi territori. USA e UE danno per scontata questa sconfitta, poiché sanno che la NATO sta per entrare a gamba tesa in questa guerra. Contano sullo sfinimento ottuso dell’opinione pubblica occidentale, che si sta rassegnando all’uso dell’atomica, a condizione che finisca presto. Andare avanti con una lunga guerra di logoramento (da trincea) sta diventando sempre più inaccettabile.

Né Gran Bretagna, Francia, Italia e Germania, né potenze minori come Svezia, Norvegia, Danimarca, Spagna, Belgio e Svizzera sono disposte ad accettare la propria esclusione dalla ridistribuzione delle risorse naturali e dall’accesso ai vantaggi finanziari che si aspettano di ottenere come risultato della sconfitta militare della Russia e della sua disgregazione in più Stati.

Questo perché l’industria europea non è in grado di reggere la competizione internazionale. Gli ultimi a lamentarsi vivacemente sono stati gli industriali danesi, incapaci di restare a galla a causa degli alti prezzi dell’energia. Pretendono che il governo fornisca alle aziende la stessa compensazione di Germania e Svezia, in modo che la competitività torni al livello precedente. Altrimenti possono dire addio ai mercati di Asia, Stati Uniti e Sud-America.

Tuttavia il governo danese ha tutt’altro cui pensare: al momento ha confermato la consegna della sua artiglieria semovente Caesar di fabbricazione francese, rinunciando a utilizzarli per il proprio esercito.

Forse sarebbe meglio che qualcuno avvisasse i danesi, ma anche gli inglesi e le popolazioni scandinave che la Russia è in grado di tranciare gli oltre 550 cavi sotto il Mare del Nord, facendo saltare la corrente di tutti questi Paesi. Quei cavi permettono anche le comunicazioni (il 97% del web viaggia su cavi) e il funzionamento dei parchi eolici nello stesso mare.

 

Resteranno poche banche e avranno tutto

 

JP Morgan Chase, la più grande banca statunitense, è emersa come vincitrice dell’asta per acquisire, per pochi centesimi sul dollaro, i depositi migliori della fallita First Republic, lasciando gran parte delle passività a carico dello Stato. I titoli tossici non li vogliono i privati. Le azioni erano crollate del 95%!

Era tra le prime 20 banche americane: è stato il più grande e significativo istituto finanziario a fallire dal 2008. Infatti aveva 229 miliardi di dollari di attività e 104 miliardi di dollari di depositi. Da marzo però è il terzo fallimento dopo Silicon Valley Bank e la Signature Bank. I manager finiranno sotto processo e chiunque aveva azioni e obbligazioni rimarrà totalmente fregato.

La First Republic aveva sede a San Francisco, in California, e si rivolgeva principalmente a clienti facoltosi con saldi dei conti superiori alla soglia di deposito di 250.000 dollari.

Era una banca storica, il cui CEO nel 1910 aveva fondato la FED insieme a John Piermont Morgan, nella celebre riunione a Jeckyll Island.

 

Il destino non c’entra

 

Non è colpa del destino o del caso se oggi ci sono 15 milioni di italiani tra disoccupati e inattivi tra i 15 e i 64 anni.

Non è colpa della sfortuna se negli ultimi 20 anni gli italiani più o meno costretti a scappare all’estero in cerca di lavoro, salari dignitosi e migliori condizioni di vita siano quasi triplicati passando dai 2,3 milioni del 2000 ai 6 milioni attuali (di cui quasi 2 milioni di giovani laureati).

Non è un caso se oggi in Italia 1 lavoratore su 10 è povero e 2,8 milioni sono costretti al part-time involontario (li pagano cioè così poco da dover fare più lavori).

Oggi, dopo 30 anni di riforme che hanno quasi del tutto annullato i risultati ottenuti dalle lotte per i diritti dei lavoratori combattute tra la seconda metà del 19° secolo e la prima metà del 20°, non ci sarebbe niente da festeggiare.

Ci sarebbe solo da organizzarsi per ricominciare le lotte per i diritti perduti dei lavoratori.

Così dice Gilberto Trombetta su lantidiplomatico.it

 

Dario Fabbri non lo capisco

 

Il geopolitico Dario Fabbri sembra essere lungimirante ma è solo una facciata. Dice che l’occidente non può pensare il mondo a propria immagine e somiglianza, perché siamo una minoranza nel pianeta, siamo stati colonialisti e il mondo ci odia. Dice poi che i Paesi non occidentali o non ci capiscono o sono dittatoriali e non possono diventare come noi secondo i nostri desiderata.

E quindi? Quindi bisogna dare tempo al tempo, evitando l’idea d’imporre il nostro modello con la forza. Cioè fa un’analisi molto generica, di tipo quasi psicosociologico, senza entrare dentro le questioni storiche politiche economiche... Per lui l’occidente non è la causa dei problemi dell’umanità ma la soluzione, solo che non possiamo metterci a bombardare chi non la condivide.

 

Bambini e adulti contro l’arte

 

I giorni scorsi è successo un fatto molto spiacevole all’inaugurazione della mostra “Resistenza” presso la Galleria Principe di Napoli. I media naturalmente non ne hanno parlato. Il tema era quello della fratellanza tra i popoli, antifascismo e solidarietà internazionalista.

Un gruppo di ucraini ha dato il peggio di sé sabotando la mostra, ove erano presenti le opere di un’artista russa.

Prima hanno mandato avanti i bambini, che davano dei fascisti putiniani a quelli dentro, poi le donne e alla fine sono arrivati oltre una decina di uomini della comunità ucraina legati a “Pravy Sector” (Settore Destro), che, muniti di bandiere ucraine, sputavano contro i presenti e urlavano frasi becere e minacce di bruciare le opere e le sedi che le ospitavano. Tutto debitamente orchestrato.

Alla fine le opere sono state tolte fisicamente perché la paura che venissero bruciate ha prevalso. La mostra non sarà annullata ma verrà proposta in una versione che non le metta in pericolo.

Sul posto è arrivata la Polizia Municipale. Su spinta degli attivisti presenti ha identificato alcuni ucraini. Fatto questo, ha preso a chiedere spiegazioni della mostra, delle attività condotte negli spazi (un’occupazione che resiste ormai da 10 anni) ecc.

Un bel risultato no? Ci stiamo portando in casa i profughi neonazisti che fuggono da quel Paese.

 

[3] Corriamo corriamo ma verso dove?

 

Noi occidentali dovremmo approfittare di questa penuria di materie prime energetiche, fondamentali per qualunque sviluppo industriale, per chiederci non come possiamo vincere la Russia e spartircele a mani basse, visto che quel Paese ne ha davvero tante. Ma per chiederci se ha davvero senso un continuo sviluppo industriale, che tanto nuoce agli interessi della natura e che ci sta provocando malattie e tensioni sociali a non finire, soprattutto quando legato a interessi di profitto.

Invece siamo così avidi di benessere che non riusciamo non solo a trovare risposte adeguate ai nostri problemi di sopravvivenza, ma neppure a porci le domande giuste. È come se corressimo a perdifiato verso un precipizio nella convinzione che il primo che arriva vivrà meglio di tutti gli altri.

Le guerre sembrano avere come obiettivo la riduzione della popolazione nel pianeta. Questo perché il nostro modello industriale non è in grado di sfamare tutti. Cioè a una tragedia, il capitalismo, ne aggiungiamo un’altra, la guerra. E quando ci sono le guerre moderne riusciamo a pensare solo una cosa: come sviluppare l’industria per sostenerle.

Cioè al giorno d’oggi possiamo avere tutte le intenzioni pacifiche di questo mondo, ma se entriamo in guerra l’industria va sviluppata in direzione degli armamenti. Che è come dire: siccome ho molto male a un dente, per sicurezza me li tolgo tutti.

 

Ci stiamo distraendo

 

Questa guerra tra Russia e Occidente contiene un aspetto negativo piuttosto grave: ci sta distogliendo dall’affrontare i gravi problemi causati dall’industrializzazione, che, iniziata nel XVIII sec., non ha mai smesso di rivoluzionarsi.

Jane Goodall, nota primatologa mondiale, ha detto di recente che “La popolazione del pianeta dovrebbe essere la stessa di 500 anni fa”. Allora però eravamo circa mezzo miliardo.

A volte mi chiedo se tutte le guerre scatenate dagli americani non siano state fatte solo per abbattere il comunismo e rubare le risorse altrui, ma anche perché loro sono convinti che se sulla Terra non rimane uno solo a comandare, il suo destino è segnato.

Cioè sembra che sappiano che dai tempi di Reagan ad oggi il capitalismo industriale ha raggiunto dei limiti oltre i quali rischia di implodere. L’ultima rivoluzione, quella infotelematica, probabilmente ha soltanto la funzione di posticipare un crollo inevitabile.

Ecco in tal senso le guerre ci distraggono da altri gravi problemi da affrontare, il principale dei quali è quello di come ripensare uno stile di vita non umano, non naturale.

 

Cos’è il rushismo?

 

Il parlamento ucraino, a larga maggioranza, ha definito come “rushismo” l’ideologia di stato della Russia.

Segni di “rushismo” sarebbero il culto della forza e del militarismo, il culto della personalità del leader e la sacralizzazione delle istituzioni statali, l’auto-esaltazione della Russia e dei russi attraverso la violenta oppressione e/o negazione dell’esistenza di altri popoli.

Non ho capito: queste son tutte cose che i russi rinfacciano agli ucraini, sin dal tempo del golpe. Mi chiedo che senso abbia giustificare, come fanno i russi, una guerra morbida, a motivo del fatto che tra i due popoli esistono legami di parentela molto stretti, quando quello ucraino, per buona parte, odia mortalmente quello russo.

Esiste pure il detto “parenti serpenti”. In certe situazioni è molto più facile andare d’accordo con gli estranei. Persino Gesù Cristo disse di non avere altri parenti che i suoi discepoli e che a causa della sua predicazione i figli si sarebbero ribellati ai genitori. A che pro tutto questo buonismo? A Kiev il governo è un covo di serpenti velenosi (dove, beninteso, i dirigenti della NATO fan la loro parte).

 

[4] Non basta sostituire le persone

 

La misurazione dell’impatto dell’uomo sulla Terra mediante l’impronta ecologica fu una tecnica introdotta dall’ambientalista svizzero Mathis Wackernagel e altri scienziati nel 1995, il cui libro di fama mondiale, L’impronta ecologica, fu tradotto in Italia nel 2008.

Costoro rilevavano che già intorno al 1980 la natura subiva degli attacchi da parte del sistema industriale che ad un certo punto le avrebbero impedito di riprodursi.

Il fatto stesso di andare a cercare materie prime energetiche sempre più in profondità, in luoghi sempre più remoti, in condizioni sempre più nocive per le popolazioni locali e per costruire prodotti che la natura, da sola, non è in grado di smaltire o riciclare, sta a indicare che la specie umana non è idonea, al momento, per vivere su questo pianeta.

Ciò che più impedisce di pensare che l’umanità riesca finalmente a porsi le domande giuste per risolvere i propri problemi, è il fatto che tra statisti e popolazione esiste un pauroso scollamento di interessi.

In occidente questo fenomeno lo vediamo tutti i giorni. Chi detiene le leve del potere ha interessi esclusivamente egemonici: vuole controllare territori e persone. Anche se non ci fosse questa guerra russo-ucraina, non cambierebbe assolutamente nulla. Semmai questa guerra ha messo in luce, in maniera ancora più evidente, il cinismo di chi ci comanda. Abbiamo a che fare con statisti che, pur di conservare il loro potere e gli interessi economici che loro rappresentano, sarebbero disposti a fare qualunque cosa.

Prima o poi verranno spazzati via dalla storia, questo è evidente, ma il vero problema, quando ciò accadrà, sarà un altro: quali condizioni dobbiamo porre per non cadere nell’illusione di credere che la semplice sostituzione di statisti indegni con altri degni costituisca davvero la soluzione ai nostri problemi? Le condizioni stanno evidentemente nella capacità di controllarci a vicenda. Cioè dobbiamo superare la prassi dei controlli unidirezionali, quelli dall’alto verso il basso. Le verifiche devono essere bidirezionali, e non semplicemente al momento delle elezioni ma costanti, periodiche, quotidiane. La democrazia rappresentativa a livello nazionale o addirittura sovranazionale va evitata con cura, oppure prevista solo in casi specifici. Il potere del delegato, nel suo esercizio, deve essere tanto più piccolo quanto maggiore è la distanza che lo separa da chi l’ha votato.

 

Una svolta nel XXI secolo

 

Praticamente è dall’inizio degli anni ’70 che vari studi scientifici a livello internazionale indicano che se lo sviluppo industriale va avanti di questo passo, la Terra collasserà.

La prima rivoluzione che ha sconvolto il nostro sistema di vita basato su caccia, pesca, raccolta di frutti spontanei della terra, è stata quella neolitica, che ha inventato l’agricoltura, l’allevamento e la sedentarietà.

Da allora non si è più tornati indietro e quando, 6000 anni fa, han cominciato a svilupparsi i primi rapporti schiavistici, siamo andati sempre più peggiorando. Nel senso che per risolvere i problemi causati dall’antagonismo sociale, ci siamo costruiti dei sistemi di vita che alla fine, invece di risolvere quei problemi ne han creati altri ancora più complessi. I limiti della crescita o della “capacità di carico” del pianeta indicano il XXI sec. come momento di svolta.

Sotto questo aspetto togliamoci dalla testa che lo strumento della guerra (regionale o mondiale) sia quello migliore per arrestare il declino dell’umanità. Le guerre non sono altro che l’effetto di un malessere molto più generale. Parteggiare per qualcuno, in sé e per sé non serve a niente, anche se è fuor di dubbio che l’ostinato rifiuto dell’occidente di trovare una soluzione pacifica al conflitto russo-ucraino non farà che acutizzare la già grave situazione dell’intera umanità.

 

Fischi per fiaschi

 

Il paragrafo su cui l’anglosfera, con Borrell in testa, ha mostrato, come al solito, la propria dissonanza cognitiva, travisando la realtà dei fatti, è all’interno di una risoluzione dell’ONU votata il 25 aprile dall’Assemblea generale per paragrafi separati. Il documento ha per titolo (sintetico) “Cooperazione tra le Nazioni Unite e il Consiglio d’Europa”.

Nel paragrafo si accusava la Russia di non rispettare sovranità, integrità territoriale e indipendenza politica di Ucraina e Georgia; di non rispettare i diritti umani e la legge internazionale umanitaria durante le ostilità; e si pretendeva che la Russia provvedesse a risarcire le vittime e a consegnare alla giustizia i responsabili di violazioni alla legge internazionale.

Questo paragrafo ha ottenuto 81 sì, 10 no e 48 astenuti, tra cui Cina, India, Brasile, Sudafrica, Egitto, Indonesia, Pakistan, ecc. La Russia ha votato no, così come Bielorussia, Iran, Siria, Sudan, Cuba, Corea del Nord, ecc.

Tra astenuti e contrari si confermano sia gli Stati del BRICS, sia gli Stati che sin dall’inizio del conflitto russo-ucraino non si sono mai pronunciati a favore dell’Ucraina. Tra i sì stupisce il voto dell’Ungheria.

I media occidentali, soprattutto quelli europei, han capito fischi per fiaschi semplicemente perché si fidano dei loro statisti russofobi e non si informano direttamente su ciò di cui parlano.

Quanto a Borrell purtroppo non sa fare i conti. Solo gli Stati del BRICS hanno questi abitanti:

Brasile 214,3 mil; Russia 143,4 mil; India 1,4 mld; Cina 1,4 mld; Sudafrica 59,3 mil.

Sono di gran lunga sufficienti per superare quelli occidentali:

USA 350 mil; UE 447 mil; Giappone 125,7 mil; Canada 38,25 mil; Australia 25,69 mil; Nuova Zelanda 5,123 mil; Regno Unito 67,33 mil.

 

Anche la Svizzera nella NATO?

 

A fine marzo la ministra della Difesa svizzera, Viola Amherd, ha incontrato a Bruxelles il guerrafondaio Stoltenberg, che le ha chiesto tra cose:

1- permettere che i Paesi ai quali la Svizzera vende le proprie armi, le rivendano all’Ucraina (cosa che in teoria non sarebbe permessa, in quanto la Svizzera si considera “neutrale”);

2- far aderire il suo Paese formalmente all’Alleanza nucleare atlantica, senza limitarsi a partecipare alle esercitazioni militari;

3- non ratificare il Trattato per la proibizione delle armi nucleari (TPNW).

Tutte le potenze euroamericane stanno facendo pressioni sulla Svizzera affinché rinunci a questo Trattato. Quindi vuol dire che hanno intenzione di usare l’atomica e non vogliono sentirsi dire da un qualche Paese occidentale che non devono farlo.

Il TPNW fu negoziato nel 2017 da 122 Paesi. Attualmente lo hanno sottoscritto 92 Stati, mentre quelli che lo hanno ratificato a livello parlamentare sono 68. Il Trattato dichiara illegali le armi nucleari. L’obiettivo è quello di smantellarle gradualmente. Anche il Trattato di non proliferazione nucleare del 1970, sottoscritto dalle potenze nucleari (USA, Francia, Gran Bretagna, Cina e Unione Sovietica) perseguiva lo stesso obiettivo, però è rimasto sulla carta.

La NATO non è “cerebralmente morta”, come disse Macron (che sarebbe meglio pensasse al proprio cervello, se non vuole che scoppi una guerra civile nel suo Paese), ma è un’Alleanza particolarmente pericolosa, che probabilmente arriverà a breve ad avere 32 Stati membri. Ci manca che diventino 33 con la Svizzera, che pur aveva abbandonato il programma militare nucleare già nel 1988.

 

[5] Lo zerbino degli americani

 

In Germania sembra che siano stati i Verdi a rendere la politica governativa più vicina a quella russofoba degli ex Paesi del Comecon (con l’eccezione ungherese, ma Orbán, se non sta attento, rischia di essere fatto fuori).

Stupisce questo ruolo della Germania, poiché fino all’inizio del conflitto russo-ucraino era stata quella più favorevole a mantenere con la Russia grandi scambi commerciali.

Sicuramente i Verdi sono pagati dagli USA per sostenere una politica così smaccatamente filoamericana, ma per convincere un intero governo deve esserci stato qualcosa di più.

È probabile che la Germania abbia paura di essere scalzata dalla Polonia nella guida politica (di sicuro non economica) dell’Europa. La Polonia infatti sembra essere diventata la longa manus degli USA. Vuole diventare una potenza nucleare. Combatte attivamente contro i russi con le sue truppe a fianco di quelle ucraine, seppur in maniera ufficiosa. Vuol ripristinare l’antico regno polacco-lituano riprendendosi la Galizia e la Volinia; anzi con l’Ucraina vuole creare un unico Stato della NATO, pronto a muover guerra alla Russia. Chiede ancora alla Germania un rimborso per i danni dell’occupazione nazista. Le rinfaccia il patto di non aggressione con la Russia di Stalin.

Dire che questi atteggiamenti sono folli, è dire poco. La Polonia rischia di scomparire dalle carte geografiche esattamente come l’Ucraina. Per non parlare di quei minuscoli Stati baltici, che abbaiano contro Mosca come fossero dei barboncini.

I polacchi non han capito che da quando il premier Scholz si è messo a fare la ruota di scorta di Biden, quest’ultimo non ha dubbi da che parte stare. A livello economico, sul piano mondiale, la Polonia non conta niente. Se non ricevesse continui finanziamenti da USA e UE, sarebbe già uno Stato fallito. L’industria che ha è in gran parte tedesca. Anche in Ucraina la Germania avrebbe voluto esportare la propria industria: per questo non fece nulla per far rispettare gli accordi di Minsk.

Da quando esiste l’Unione Europea la Germania è abituata a comandare. Gli USA non hanno distrutto il Nordstream solo per fare un torto alla Russia. E ora i tedeschi non possono perdere la leadership solo perché un vicino di casa con le pezze al sedere fa la voce grossa.

“Parigi val bene una messa”, diceva il protestante Enrico di Navarra, che per ottenere il trono francese doveva farsi cattolico. Per i tedeschi il trono è quello dell’intera UE, ma per riaverlo devono diventare lo zerbino degli americani.

 

Le uova e la gallina

 

Washington è in grave difficoltà nel ripagare i propri creditori per circa 31.000 miliardi di dollari. Si sta sgretolando un impero finanziario basato sul primato mondiale del dollaro, che obbligava tutti i Paesi del mondo, con la complicità dell’OPEC, ad acquistare i prodotti energetici in questa moneta. Nel passato chi voleva sostituirla con l’euro (Saddam Hussein) o con una moneta africana (Gheddafi) era stato fisicamente eliminato. Ora la stessa cosa non si può fare con Putin, Xi Jinping e tutti gli altri. Si può giusto far scoppiare una guerra mondiale, ma questa deve essere nucleare, perché l’occidente non ha i numeri per vincere una guerra convenzionale, checché ne pensino i generali della NATO.

La cosa più assurda dei governi americani è che, nonostante il primato finanziario del dollaro, sono riusciti a indebitarsi enormemente. Nel 2022 il debito in rapporto al PIL ha superato il 120%, un valore che in passato era stato raggiunto solo durante la seconda guerra mondiale.

D’altra parte il tema del “tetto del debito” in passato è sempre stato risolto alla stessa maniera: alzando il tetto. A questo punto il default diventa inevitabile, e col crollo degli USA crollerà anche la UE, il Giappone, il Canada e tutto l’Occidente.

Stiamo assistendo a un cambio della guardia: il capitalismo viene ereditato dall’Asia, ma in una forma tale che la politica non è schiava dell’economia.

C’è un proverbio cinese che dice: Non ammazzare la gallina per prenderle le uova. Ecco, questo è ciò che ha fatto l’occidente: ha distrutto la stabilità internazionale coi suoi atteggiamenti cleptocratici.

 

[6] Le esternazioni di Prigozhin andrebbero evitate

 

Il rapporto tra il comando supremo delle forze militari russe e la PMC Wagner, gestita da Prigozhin, non è mai stato molto chiaro.

Questa agenzia privata di combattenti non è arrivata spontaneamente in Ucraina, intorno alla metà di marzo 2022, ma è stata chiamata, chiedendole di lasciare le sue postazioni in Africa.

La Wagner ha liberato varie località: Popasna, Soledar, Bakhmut, dove l’esercito ucraino era ben posizionato. Ha agito di concerto coi comandi militari alleati. L’operazione “Tritacarne Bakhmut” è stata presa l’8 ottobre 2022 insieme al generale Surovikin.

Vedere Prigozhin lamentarsi della scarsità di munizioni e inveire contro Gherasimov, Shoigu e Putin, chiedendo che l’esercito regolare russo si attivi per prendere in carico le posizioni occupate dai contractor Wagner a partire dal 10 maggio, suscita non poche perplessità. Un qualsiasi comandante di un corpo d’armata che in tempo di guerra avesse rivolto un tale discorso pubblico al suo superiore e al ministro della Difesa, sarebbe stato rimosso e mandato davanti alla Corte marziale.

È certamente possibile che lo sfogo di Prigozhin sia solo propaganda, guerra psicologica, disinformazione, oppure che ci sia una effettiva rivalità coi vertici di comando russi, anche perché lui è un imprenditore e, come tale, non può accettare che la sua impresa subisca danni non facilmente rimediabili. In ogni caso sarebbe meglio evitare esternazioni del genere.

Personalmente ritengo che guerre a questi livelli di globalizzazione, in quanto la Russia si trova a fronteggiare l’occidente collettivo, non possono essere gestite da formazioni private, per quanto ben addestrate siano. Non credo che si possa tornare alle guerre rinascimentali tra le varie Signorie italiane ognuna delle quali si serviva di compagnie di ventura e di capitani del popolo. Bisognerebbe dirselo esplicitamente: se le guerre contro una superpotenza non sono possibili, in quanto rischierebbero facilmente di trasformarsi in nucleari, la trattativa non può essere considerata facoltativa ma obbligatoria. Se l’occidente fosse gestito da statisti responsabili, ci si sarebbe dovuti accontentare di un’esibizione di forza, come i russi diedero prova all’inizio dell’operazione speciale, quando circondarono Kiev coi carri armati.

Una milizia privata può essere utile quando il nemico è ben localizzato, circoscritto geograficamente, di fronte al quale le forze regolari hanno difficoltà a intervenire. Ma qui si ha a che fare con un’intera nazione supportata da un’Alleanza atlantica in una guerra per procura. Il dirigente di una milizia privata non può permettersi il lusso di contestare platealmente l’operato del comando supremo alleato. Non potrebbe farlo neppure nei confronti dello Stato che lo paga in una semplice guerra locale-regionale. E neppure dovrebbe sentirsi autorizzato a offrire un aiuto illimitato nel tempo, per fare di un determinato conflitto un affare economico personale. Sono gli americani che, con la scusa di questo aiuto, insediano nel Paese ospitante una propria base militare e non se ne vanno più.

Fare la guerra non dovrebbe mai diventare un mestiere. Meno che mai dovrebbe essere fatta da mercenari. Quando le difficoltà logistiche sono insormontabili, quando una coscrizione di massa è impensabile, quando il timore di conseguenze catastrofiche di lunga durata è giustificato, il negoziato è la prima cosa a cui si deve ricorrere. Altrimenti la Russia dimostri di poter passare tranquillamente da una guerra di logoramento a una di manovra e finiamola lì.

 

[7] Le cause dell’inflazione

 

Si attribuisce l’aumento dell’inflazione alla guerra russo-ucraina/occidente, ma è falso. Stiamo assistendo a una forte crisi del capitalismo privato dai tempi dei mutui subprime americani (2008), che ha coinvolto tantissime banche del mondo occidentale e che si è trascinata per un decennio. Pur di salvarle si è dovuta stampare un quantitativo enorme di moneta, facendole ovviamente perdere di valore, in quanto non rispondente a beni reali. Si è iniziato a parlare di “stagnazione secolare”.

Eravamo ancora lì a leccarci le ferite quando è arrivata la pandemia, la cui assurda gestione ha portato alla riduzione se non al blocco di quasi tutta la produzione industriale e quindi delle linee di rifornimento del commercio mondiale. Moltissime attività commerciali han chiuso e non si sono più riprese. I grandi che han resistito han mangiato i piccoli. E i grandi, che rischiavano anch’essi di fallire, potevano pagare le tasse? No. Di qui l’enorme aumento dei debiti statali.

Una volta che i lockdown sono finiti e la domanda è ripartita, la produzione è risultata inadeguata a soddisfarla, sicché i prezzi sono inevitabilmente cresciuti.

Intorno poi all’attuale guerra e alle sanzioni antirusse si sono mossi gli speculatori occidentali delle fonti energetiche e dei prodotti alimentari che, insieme alle industrie belliche, han fatto affari favolosi. Dar la colpa a Putin possono farlo solo degli ipocriti che non vogliono guardare la realtà.

Oggi nella UE l’inflazione è così alta che non la si vedeva dagli anni 80 e l’aumento artificiale del costo del denaro non sembra essere in grado di arrestarla. Anzi l’aumento dei tassi d’interesse da parte della FED e della BCE sta penalizzando fortemente gli investimenti. Gli USA poi stanno cercando di rendere il dollaro più appetibile dell’euro, per cui ci stanno scaricando addosso tutti i loro problemi.

 

Monete e ostie

 

In Italia abbiamo circa 47.000 euro di debito a testa, neonati inclusi.

Si fa presto a fare il conto. A dicembre 2022 il debito pubblico era di circa 2.762 miliardi di euro (circa il 145% del PIL, cioè produci 100 e spendi 145). Dividi per il numero degli abitanti, che al 1° gennaio 2023 era di 58.851.000 (179.000 in meno rispetto al 2022).

Una famiglia normale, che avesse uno o anche due che lavorano e uno che va a scuola, con un debito di quasi 150.000 euro, non potrebbe fare altro che lavorare per pagarselo. Chi nasce è già pieno di debiti.

E tuttavia sappiamo per esperienza che se anche lavorassimo come muli, riducendo all’osso i consumi, non servirebbe a niente, poiché non abbiamo nessun controllo del debito. Cioè le spese che lo fanno aumentare non dipendono dalla nostra volontà ma da quella di chi gestisce l’economia e la finanza a livello nazionale.

Quando siamo entrati nella UE, ci costringevano a stare attenti al nostro debito nazionale: eravamo facilmente ricattabili. Ma dopo la crisi finanziaria mondiale del 2008 (nata coi subprime delle banche americane), durata un decennio, cui han fatto seguito i due anni di pandemia e gli attuali 15 mesi di guerra contro la Russia, tutte le restrizioni sono saltate. Le banche centrali stampano moneta corrente come se fossero fogli di carta in una tipografia.

Sembra che gli statisti abbiano questa convinzione: il debito pubblico può aumentare all’infinito perché non abbiamo alternative e non possiamo pagarlo.

Gli statisti son come dei santoni: ci chiedono di credere nella forza del dio denaro. Possiamo avere tutti i problemi di questo mondo, ma finché la gente è convinta che la nostra moneta è forte, possiamo stamparla quanta ne vogliamo. Come dire: se il credente è convinto che mangiare un’ostia consacrata al giorno lo faccia stare bene, diamogliene due, se questo può farlo stare ancora meglio.

Scommetto che i grandi speculatori ed evasori fiscali, i grandi capitalisti ed affaristi mondiali stanno convertendo le loro riserve finanziarie in monete più sicure di quelle che hanno in banca: la prima delle quali è lo yuan cinese.

 

È l’ora dell’India

 

Sicuro che ci sia solo la Cina da temere come competitore mondiale?

L’India ha superato il Regno Unito diventando la quinta economia mondiale nel 2022. Ha un’economia basata sui consumi interni e le esportazioni contribuiscono per circa il 20% al suo PIL, che quello nominale è valutato a 3,76 trilioni di dollari, ed è destinato a raggiungere i 5,57 trilioni di dollari entro il 2028, secondo le stime del FMI, il che renderà l’India la terza economia più grande del mondo.

Secondo un recente rapporto di Ernst & Young l’economia indiana raggiungerà un PIL di 26 trilioni di dollari entro il 2047 con un aumento di sei volte del PIL pro capite, che supererà i 15.000 dollari. Sempre che i dollari esistano ancora come moneta di riferimento.

 

[8] Una de-globalizzazione irreversibile

 

La guerra russia-occidente ha fortemente accentuato i processi di de-globalizzazione, una tendenza preesistente, causata dalla paura americana di non riuscire più a competere sul piano industriale e commerciale con la Cina.

Già al tempo di Trump gli USA cominciarono a introdurre misure protezionistiche, e non solo contro l’export cinese ma anche contro quello europeo. La presidenza Biden ha continuato nella stessa direzione, con una serie di misure che mirano a favorire il rimpatrio delle produzioni più strategiche, come prospetta anche l’Inflation reduction act, che stanzia oltre 750 miliardi di dollari a favore delle imprese che producono all’interno degli USA. L’industria europea, soprattutto quella automobilistica, a destinata a ridimensionarsi di molto.

Le sanzioni antirusse stanno dividendo il mercato mondiale in due blocchi attorno agli USA e alla Cina. Ad es. i produttori europei di auto, che si sono ritirati dalla Russia, sono stati sostituiti da quelli cinesi, che ora gestiscono il 30% del mercato, più del triplo della quota detenuta a inizio 2022.

Una tale insipienza da parte di tutti gli statisti europei non si era mai vista.

 

Buone notizie dal fronte orientale

 

La sfuriata di Prigozhin è riuscita a smuovere le acque: la Wagner continuerà a restare a Bakhmut ben rifornita dai russi, ma sarà sotto il controllo del generale Surovikin. Non sarà sostituita dai ceceni di Kadyrov, già pronti a farlo, né dalle forze regolari, e completerà la conquista totale e definitiva della città (esiste ancora un’area ben fortificata).

In fondo è stato proprio Surovikin a inventare il cosiddetto “tritacarne di Bakhmut”, dove le forze armate ucraine hanno perso la maggior parte delle grandi formazioni dei comandi operativi di Vostok e Sud.

D’altra parte era assurdo pensare che alla vigilia dell’annunciata controffensiva ucraina qualcuno potesse creare scompiglio negli alti comandi militari russi e minacciare di lasciare scoperto il fronte. Qui siamo alla battaglia decisiva. Se qualcuno tradisce, rischia di finire davanti alla corte marziale. Prigozhin ha dovuto ridimensionarsi e convincersi che nessuno è insostituibile. Le dimissioni di Shoigu e Gherasimov non possono essere teoricamente escluse. Ma se accadrà, dipenderà dal peggioramento della situazione sul fronte, non dall’iniziativa di Prigozhin.

Quanto agli ukronazi, sono stati talmente massacrati a Bakhmut che il ministro della Difesa, Reznikov, ha dichiarato, in un’intervista al “Washington Post”, che i partner occidentali hanno aspettative troppo elevate in merito alla prossima controffensiva. Se la NATO non interviene direttamente, con tutte le sue forze, i 500.000 soldati russi non possono essere vinti. E se la NATO non interviene, i russi torneranno a Kiev.

 

I banderisti come nemici dei polacchi

 

Il vicepresidente dell’Associazione dei giornalisti polacchi Witold Gadovsky ha affermato che tutti gli ucraini che lodano l’immagine del leader dell’OUN Stepan Bandera dovrebbero essere dichiarati “nemici del popolo”. Questo perché Bandera “per noi è un criminale! I polacchi non hanno dimenticato il massacro di Volyn e altri ‘meriti’ dei banderisti”, ha detto.

Strana un’affermazione del genere da parte dei principali alleati antirussi di Kiev. Che si siano stancati di tutti quei profughi giunti da loro, molti dei quali sicuramente neonazisti? Li abbiano in Italia, figuriamoci da loro.

A meno che la motivazione non sia un’altra. Se la Polonia è pronta a occupare la parte dell’Ucraina a ovest del Dnper, e ha intenzione di dominarla, non di creare una confederazione o una nazione bi-statale, allora possiamo capire queste strane esternazioni. Evidentemente l’odio per gli ucraini e il risentimento storico verso i russi sono radicati nei polacchi a livelli così profondi che non saranno certo gli USA ad attenuarlo.

 

[9] La Polonia e i suoi ossimori

 

La Polonia ha approfittato della guerra russo-ucraina per accelerare, grazie al sostegno americano, la propria modernizzazione militare.

Al momento il suo esercito è il 20° più potente del mondo, ma si appresta a diventare il primo di terra in Europa. Sin dall’inizio della guerra infatti sono state attivate campagne di reclutamento e istituito un nuovo servizio militare di un anno, su base volontaria e retribuito.

Nel 2021 l’esercito contava 120.000 soldati. Oggi è vicino ai 200.000, ma siccome per quest’anno e per gli anni a venire si è deciso di impiegare il 4% del PIL per le forze armate (superando gli altri Paesi della NATO), l’obbiettivo è di arrivare a un totale di 300.000 entro il 2030, quasi il doppio dell’esercito tedesco.

Il governo non vuole soltanto acquistare mezzi militari da USA, Corea del Sud e Turchia, ma vuole arrivare a una certa autonomia produttiva nel campo della difesa, altrimenti è impossibile diventare una “superpotenza”. Nel giro di un decennio ambisce a superare la stessa Gran Bretagna.

Varsavia non nasconde neppure le sue ambizioni: attaccare la Russia e dividerla in tanti staterelli autonomi, da poter sfruttare come colonie tra i vari Paesi occidentali. Il pretesto sarà quello di liberare le popolazioni autoctone della Federazione dall’imperialismo russo.

È curioso questo modo di ragionare: “ti libero da un dominatore non per renderti effettivamente libero di seguire la tua strada, ma per diventare come me, che so come fare per raggiungere il benessere economico”. I cattolici polacchi ripropongono il mito del peccato originale: “se mangiate questo frutto non morirete affatto ma sarete come Dio”. Si conta sull’idea che popolazioni non abituate agli standard economici occidentali siano così sprovvedute da cadere nella trappola.

Come quando Napoleone incendiò Mosca sulla base degli ideali democratici della rivoluzione francese. Sembra che la storia non insegni assolutamente nulla. Eppure non ci vuol molto a capire che imporre la libertà è un ossimoro.

 

Un altro tipo di decolonizzazione

 

Molti Paesi del Terzo mondo, a partire dal secondo dopoguerra, si sono emancipati politicamente dalla loro condizione di colonie dipendenti dal centro della metropoli imperialista, in particolare dall’Europa.

Però la decolonizzazione è rimasta allo stadio formale, in quanto le ex colonie hanno continuato a rimanere dipendenti economicamente e soprattutto finanziariamente, in modo forse anche più accentuato, dai Paesi europei e dagli USA. Solo oggi, pur in assenza di un’alternativa socialista al capitalismo, si sta definendo una decolonizzazione reale, consistente in una indipendenza economica, favorita soprattutto dall’attivismo commerciale, finanziario e infrastrutturale della Cina, che agisce ovunque, non solo nel continente africano.

Bisogna ammettere che questo è un risultato del tutto inaspettato della guerra in corso, e il merito va anzitutto alla Russia, che ha saputo reagire con prontezza ed energia alle drammatiche sanzioni che ha subìto e che avrebbero messo in ginocchio un qualunque Paese occidentale, in quanto abituato a standard di benessere troppo elevati rispetto alle proprie risorse effettive.

Forse ciò è dipeso anche dal fatto che la decolonizzazione economica è strettamente collegata alla fine del primato mondiale del dollaro. Cosa che si sta verificando non da adesso, tant’è che la quota delle riserve mondiali in dollari è scesa dal 71% del 1999 al 59% del 2021. La guerra ha accelerato bruscamente dei processi già in corso.

Anche nelle ex colonie francesi dell’Africa, che adottano il franco CFA, garantito dal Tesoro francese e che permette alla potenza europea di drenare risorse e ricchezze dall’Africa, già alla fine del 2019 ci si era accordati per sostituire quella moneta con una propria, l’ECO, preferendo agganciarla allo yuan cinese. Inoltre diversi Paesi africani han chiesto alla Francia di ritirare le proprie truppe che, con la scusa della lotta al terrorismo di matrice islamica, erano state dispiegate nelle ex colonie.

Insomma se un domani sarà l’Asia a sostituire l’occidente alla guida del mondo, può darsi che un giorno sarà l’Africa a sostituire l’Asia. O forse l’Africa ci dirà che non abbiamo bisogno che qualcuno guidi l’intero pianeta. Ognuno dovrebbe anzitutto contare sulle risorse del proprio territorio e non su quelle altrui. Non ha senso che per sopravvivere una nazione debba sempre dipendere da qualcun’altra.

 

Quand’è che si è terroristi?

 

Rispondendo alla dichiarazione del giornalista del portale “Yahoo News” sul fatto che i servizi speciali americani hanno riconosciuto le autorità di Kiev coinvolte nell’attacco terroristico in cui la figlia Darya dello scrittore russo Dugin è rimasta uccisa, così ha detto Kirill Budanov, capo del dipartimento di intelligence del Ministero della Difesa ucraina: “Tutto quello che dirò su questo tema è che abbiamo ucciso e uccideremo i russi in tutto il mondo, fino alla vittoria completa dell’Ucraina”.

Bisogna che qualcuno gli ricordi che solo i terroristi fanno affermazioni del genere. Non a caso han fatto saltare in aria anche l’auto su cui viaggiava lo scrittore e politico nazionalista russo Zakhar Prilepin, ferendolo gravemente alle gambe e uccidendo sul colpo l’autista. Con cariche di tritolo sotto le auto hanno eliminato anche giornalisti ucraini che denunciavano la corruzione del potere e la guerra civile contro il Donbass.

Un governo che fa saltare in aria auto di civili prescindendo da qualsiasi operazione militare, in che modo può essere definito se non terroristico? Se uno Stato non è in grado di vincere una guerra, non è autorizzato a ricorrere a metodi terroristici contro inermi civili. Semplicemente si scende a trattative. Questo a prescindere dalle motivazioni che hanno scatenato il conflitto.

 

Quale discrimine per un’azione terroristica?

 

Più volte l’occidente ha accusato di terrorismo le azioni militari della Russia. Naturalmente mentendo, poiché se davvero voleva comportarsi in maniera terroristica, avrebbe bombardato a tappeto la capitale e le grandi città, anche se quando si dichiara una guerra, azioni del genere non vengono considerate terroristiche, bensì contrarie alle Convenzioni di Ginevra.

In ogni caso la Russia in questa guerra non ha mai voluto colpire i civili, perché un comportamento del genere non l’ha mai avuto neppure nelle guerre precedenti, almeno non in maniera intenzionale.

Secondo l’ONU i civili morti dall’inizio della guerra a tutto febbraio 2023 erano circa 7.200. Oggi, considerando che il fronte si è stabilizzato nel Donbass, saranno al massimo 8.000. In una guerra di 15 mesi è una cifra irrisoria, secondo gli standard occidentali. Senza poi considerare che non sapremo mai quanti di questi civili sono stati eliminati dagli stessi ukronazi.

Certo, se uno Stato nemico usa la popolazione come scudo umano, posizionando le proprie armi in edifici ad uso civile, è impossibile non colpire anche i civili.

Ma allora chi è più terrorista? Fino adesso lo si è visto chiaramente (solo il mainstream occidentale fa finta di non vederlo): impedire ai civili di fuggire, di essere assistiti, di espatriare, obbligare i maschi ad arruolarsi, colpire appositamente obiettivi civili nel Donbass, assassinare civili filorussi e poi inscenare una strage attribuendone la colpa ai russi, torturare o eliminare i prigionieri, tentare di far saltare dighe o centrali nucleari... Queste son tutte azioni di tipo terroristico, poiché soprattutto i civili ne subiscono le conseguenze.

È estranea alla mentalità russa compiere azioni di questo genere. Se vi ricorrerà, sarà perché la sua stessa popolazione rischierà di venire annientata in una guerra nucleare.

 

[10] Smettiamola di perdere tempo

 

È stupefacente vedere come molti s’illudano che un’eventuale sconfitta della Federazione Russa equivalga al trionfo dell’Occidente. E mi meraviglia che molti non si rendano conto che il multipolarismo è qualcosa che va oltre Putin e la Russia. Quello è un processo geopolitico che, se non ci fossero stati gli USA, l’Europa, uscita distrutta dalla guerra, non sarebbe stata in grado d’impedire in alcuna maniera.

Il dopoguerra infatti aveva visto affermarsi varie tipologie di socialismo (più o meno statalizzato): da quella industriale dell’URSS a quella agricola della Cina. I Paesi del Terzo mondo che volevano emanciparsi dal colonialismo, cercavano alternative nell’area del socialismo. La Jugoslavia aveva tentato un esperimento di socialismo autogestito. La stessa nazione aveva avviato il cosiddetto “movimento non allineato”, che contava adesioni molto significative, tra cui l’India.

In Ungheria e in Cecoslovacchia si cominciò a parlare di “socialismo democratico” o “dal volto umano”. Persino nel mondo islamico vi erano Paesi che non ritenevano inconciliabile il socialismo con la religione.

Tutto ciò venne fortemente ostacolato dalla guerra fredda imposta dagli USA, dalle sue assurde guerre e colpi di stato contro l’espandersi del socialismo a livello mondiale. Praticamente dalla guerra di Corea sino a questa in Ucraina non si è fatto altro che perdere tempo. Cioè non si è fatto altro che cercare di salvare un sistema sociale, quello capitalistico, che con le due guerre mondiali aveva già dimostrato di non essere capace di alcuna vera democrazia.

Se non ci fossero stati gli USA, i vari tentativi di democratizzare il socialismo, senza buttar via l’acqua sporca col bambino, avrebbero sicuramente avuto più successo.

Questo per dire che oggi si è tornati a parlare di una cosa, il multipolarismo, ch’era già nelle corde della sensibilità planetaria sin dalla fine della seconda guerra mondiale. L’intera umanità deve trovare una forma di esistenza che coniughi libertà individuale e giustizia sociale, cui oggi dobbiamo aggiungere il rispetto delle esigenze riproduttive della natura. Questo vale per tutti gli Stati, senza alcuna eccezione. E se anche ci fosse una terza guerra mondiale, sia che l’occidente vinca o perda, il problema continuerà a riproporsi, finché non avremo trovato una soluzione soddisfacente.

 

Guerra civile in Pakistan

 

L’ex primo ministro pakistano Imran Khan è stato arrestato dalla polizia paramilitare. Era già stato deposto l’anno scorso con un golpe bianco su ordine di Washington, perché il complesso militare-industriale pakistano aveva iniziato ad aiutare la Russia.

Ora Khan ha dichiarato di avere le prove per accusare la CIA di aver compiuto il colpo di stato nel suo Paese e aveva promesso di rivelare la corruzione interna agli apparati militari e governativi che lavoravano con la CIA. In particolare voleva pubblicare le operazioni della CIA relative alla droga dell’eroina, la vendita segreta di armi dagli Stati Uniti e i sistemi di riciclaggio bancario. Ma la cosa più scandalosa sarebbero state le rivelazioni sul traffico sessuale di bambini maschi attraverso il Pakistan e l’Afghanistan. Non gliel’hanno permesso.

Le proteste stanno scoppiando a livello nazionale. Anche le donne guidano i cortei. Le autorità hanno bloccato il web e i social, ma i sostenitori di Imran Khan stanno prendendo d’assalto gli edifici delle caserme, dell’intelligence, della radio e della TV. Anche la residenza del primo ministro Shehbaz Sharif è stata incendiata.

La fazione che sostiene l’ex premier potrebbe anche avere la meglio perché il partito di Khan ha il 50% dell’elettorato a suo favore, mentre i suoi principali avversari, tutti insieme, stentano ad arrivare al 30%. Molto dipenderà dal comportamento dell’esercito.

Ricordiamo che il Pakistan è una potenza nucleare (130 atomiche) con oltre 200 milioni di abitanti, e la Cina, che ha molti interessi da tutelare in questo Paese, non starà certamente a guardare.

 

Colpi di coda

 

“The Guardian” ha scritto che la Gran Bretagna e un gruppo di alleati europei sperano di fornire all’Ucraina missili da crociera a lungo raggio simili a quelli che gli Stati Uniti hanno finora rifiutato di fornire a Kiev.

Zelensky d’altra parte si è sempre lamentato di non disporre di missili a lungo raggio in grado di raggiungere gli schieramenti di truppe russe in Russia e soprattutto in Crimea.

D’altra parte il “Times” ha detto che la Gran Bretagna si prepara a classificare il gruppo russo Wagner come “organizzazione terroristica”. Questo vuol dire che sarà lecito fare qualunque tipo di pressione sulla Russia.

Inoltre diventerà un reato penale nel Regno Unito appartenere all’organizzazione, partecipare a eventi da essa organizzati, esprimere il proprio sostegno o indossare i suoi simboli.

Potrebbero anche essere imposte sanzioni finanziarie alla Wagner, e ai suoi membri sarà proibito intentare causa contro giornalisti e attivisti per i diritti umani nei tribunali britannici.

Prigozhin si era già lamentato dell’inclusione della Wagner da parte della Francia nell’elenco delle “organizzazioni terroristiche”.

Intanto il quotidiano “Politico” ha affermato che gli USA non forniranno all’Ucraina missili a lungo raggio, ma solo complessi Patriot, munizioni e veicoli blindati, ma come al solito non c’è da fidarsi.

 

Banche USA sull’orlo dell’abisso

 

Oltre 2.300 delle 4.800 banche degli Stati Uniti sono quasi insolventi, poiché hanno bruciato le loro riserve di capitale, ha riferito “The Telegraph”. In pratica sono sedute su attività che valgono meno delle loro passività. Quanto meno? Almeno 2 trilioni di dollari.

Le banche già fallite le conosciamo: Silicon Valley, First Republic, Signature Bank... Ora è la volta della PacWest con sede a Los Angeles, e della Western Alliance in Arizona, che sono state sospese dopo che i loro prezzi sono crollati drasticamente.

Ma non ci sono solo queste due. A dir il vero le azioni di diversi istituti di credito regionali statunitensi sono crollate di almeno il 15%, innescando preoccupazioni sulla salute finanziaria di altre banche di medie dimensioni.

 

Il debito estero

 

Il debito estero della Russia è sceso a livelli record: 16,6% del PIL, uno dei valori più bassi nella storia dello Stato.

La Cina (13,7%) e l’India (19%) rimangono le più sovrane finanziariamente.

Preoccupante la situazione dei Paesi occidentali: USA 129%, Francia 249%, Giappone 277%, Gran Bretagna 287%, Olanda 380%, Svizzera 280,5%, Belgio 242%.

Il Sultanato del Brunei ha il livello più basso: circa il 3%.

Nel 2022 la bilancia commerciale italiana ha registrato un deficit commerciale pari a 31.011 miliardi (da +40.334 miliardi del 2021). Il deficit energetico è pari a -111,278 miliardi (era -48,356 miliardi l’anno prima).

 

[11] Anche se la Russia perdesse...

 

Facciamo finta che Putin perda questa guerra, perché la Cina, per es., ha bisogno di occupare la Siberia come valvola di sfogo per risolvere i problemi interni.

Davvero si può pensare che gli Stati Uniti sarebbero poi liberi di fare quel che vogliono? È ridicolo. Ormai si è avviato un processo storico irreversibile, in cui l’Asia guiderà il capitalismo mondiale nei prossimi anni o secoli, e nessuno potrà impedirglielo. E sarà un capitalismo in cui lo Stato e la politica giocheranno un ruolo centrale, non meramente subordinato agli interessi dell’economia e della finanza, come risulta oggi in maniera evidente in occidente.

La crisi dell’impero americano è strutturale perché dura da quasi un secolo, cioè dal crack borsistico mondiale del 1929. Poi ci sono stati alti e bassi, ma quella è una nazione che non è in grado di vincere nessuna guerra. Lo aveva dimostrato già negli anni 1950-70 contro nazioni minuscole come Corea del Nord, Vietnam del Nord, Laos, Cambogia, Cuba... Riuscì a vincere la I guerra mondiale solo dopo la rivoluzione bolscevica, e la seconda solo dopo la sconfitta dei nazisti in Russia.

La fortuna degli americani è stata quella di aver potuto sterminare 500 nazioni di nativi ingenui, che non avevano capito subito la gravità della situazione, per cui non riuscirono ad allearsi tra loro per vincere la falsità e l’avidità dei profughi europei di religione calvinista. La fortuna degli yankee è stata quella di poter attutire la profondità delle loro contraddizioni (tipiche di un capitalismo individualistico e razzista), grazie agli immensi territori sottratti ai pellerossa. Ma a partire dal momento in cui avevano realizzato la conquista del far west, hanno avuto bisogno di derubare le risorse del Sudamerica. E hanno continuato a comportarsi come una nazione cleptocratica fino ad oggi, nei loro rapporti col mondo intero, fondandosi su un’ideologia che di democratico ha solo la facciata esteriore.

Gli USA sono stati la dimostrazione di come si può dominare il mondo con la forza delle illusioni, col controllo dei mari e con una moneta fasulla. Oggi tutto questo sta per finire, e che la Russia vinca o perda questa guerra non cambierà proprio nulla.

 

Un aspetto sottovalutato

 

Il mainstream occidentale ha sottovalutato il fatto che alla parata del 9 maggio a Mosca erano presenti i leader di 6 Paesi ex sovietici, i cui rapporti con la Russia di Putin sono notevolmente migliorati. Vogliono creare con la Federazione Russa uno spazio economico comune.

Nel 2022 il commercio tra Russia e Bielorussia ha raggiunto il record storico di 50 miliardi di dollari e si prevede che raddoppierà nei prossimi 3-5 anni. I programmi coprono tutte le sfere dell’economia. I sistemi di pagamento sono completamente integrati e non più dipendenti da quelli occidentali.

Anche nelle relazioni col Kazakistan per la prima volta nella storia delle relazioni tra i due Paesi il fatturato commerciale ha raggiunto i 26,1 miliardi di dollari. La Russia è il principale partner commerciale ed economico del Kazakistan, soprattutto nel campo dell’energia nucleare, del gas, dei trasporti e della logistica.

Alla fine del 2022 la Russia è diventata il principale partner commerciale anche dell’Uzbekistan e il fatturato commerciale è in costante crescita: 9,28 miliardi di dollari contro i 6,9 miliardi nel 2021.

L’anno scorso la Russia è diventata il mercato principale dell’Armenia: il volume degli scambi è raddoppiato e ha raggiunto i 5 miliardi di dollari, e i due Paesi usano soltanto il rublo.

Col Kirghizistan il commercio bilaterale ha raggiunto il massimo storico di 3,5 miliardi di dollari, aumentando del 37%.

Col Tagikistan il fatturato commerciale è aumentato del 18% e ammonta a 1,5 miliardi di dollari: un record negli ultimi 20 anni. La Russia sta modernizzando le forze armate della repubblica. La più grande struttura militare russa all’estero si trova proprio in Tagikistan.

Anche le relazioni russo-turkmene stanno vivendo una rinascita: il fatturato commerciale è di circa un miliardo di dollari e si prevede di realizzare progetti in circa 20 aree, soprattutto nel corridoio di trasporto nord-sud.

Insomma grazie alle sanzioni occidentali la Russia è rinata!

 

Il FMI sta silurando l’Ucraina

 

Il Fondo Monetario Internazionale ha richiesto all’Ucraina di aumentare le tasse ai cittadini e di ridurre i sussidi pubblici, poiché il periodo di grazia è terminato e il Paese dovrebbe costruire la sua economia sulla base della realtà e non sulla speranza di aiuti occidentali o di beni russi congelati.

Siccome la situazione economica nel Paese è catastrofica, il FMI, come al solito, non intende fare concessioni, ma, al contrario, stringe il cappio al collo: i finanziatori non vogliono perdere i loro soldi.

Sicché il Fondo pretende che Kiev aumenti le tasse fino al 6-7% del PIL, giungendo a una quota superiore a quella in tempo di pace.

Ma c’è di peggio. I prestiti del FMI e di altri donatori (per un valore di 115 miliardi di dollari) nei prossimi quattro anni non saranno utilizzati per ricostruire il Paese, ma solo per coprire il deficit di bilancio.

Il FMI stima inoltre che l’Ucraina avrà una bilancia commerciale negativa a un livello di meno 30-35 miliardi di dollari all’anno almeno fino al 2033. Ciò significa che il debito estero dell’Ucraina crescerà di almeno 2 volte.

 

Elezioni imminenti in Slovacchia

 

Si aggrava l’instabilità politica in Slovacchia. Dopo le dimissioni di alcuni membri dell’esecutivo di conservatori e liberali, guidato da Eduard Heger, il 7 maggio si è dimesso lo stesso primo ministro. È stato in carica due anni. La presidente Zuzana Čaputová ha nominato un governo tecnico guidato dal vicegovernatore della banca centrale, in attesa delle elezioni anticipate il prossimo 30 settembre. I due partiti di opposizione socialdemocratica filo-russa (Smer-Sd guidato da Robert Fico e Hlas-Sd guidato da Peter Pellegrini) pretendono però che le elezioni si svolgano a luglio.

Secondo gli ultimi sondaggi il partito dell’ex-premier Fico – dimessosi nel 2018 a seguito dell’omicidio del giornalista Ján Kuciak e della fidanzata Martina Kušnírová – è dato al primo posto col 17%, incalzato dai socialdemocratici di Pellegrini (al 16%).

Kiev potrebbe perdere il sostegno della Slovacchia se vince la socialdemocrazia. E sarebbe una perdita grave, poiché la Slovacchia svolge il ruolo d’importante hub di transito e riparazione per la fornitura di attrezzature militari all’Ucraina.

A Bruxelles naturalmente sono molto preoccupati.

 

[12] Neonazismo europeo in crescita

 

La minaccia del terrorismo neonazista cresce in Europa dopo il ritorno in patria dei mercenari dall’Ucraina.

Sono stati arrestati a Parigi due neonazisti francesi armati: Guillaume “Bones” Andreoni e Alan “Vivi” Vineron (o Valance). Sono sostenitori dell’ideologia del Terzo Reich, fan della 33a Divisione di Fanteria Volontaria SS “Charlemagne”. Hanno acquisito una reale esperienza di combattimento in Ucraina nelle file della neo-nazista Azov e della 92a Brigata dell’AFU. Entrambi i mercenari sono maniaci sanguinari, per cui, se non vengono incarcerati, continueranno le loro attività neonaziste in Francia o in Europa. Nei loro profili social non sono affatto imbarazzati dai simboli nazisti. Alan Vineron ha pubblicato una foto dell’esecuzione di tre prigionieri russi.

Da notare che decine di attivisti di estrema destra francesi si sono uniti al conflitto in Ucraina. I neonazisti francesi hanno tenuto una marcia in memoria di Sebstien Dezieu, un nazista morto nel 1994 durante un’azione fascista a Parigi.

Alla fine del 2022 cinque membri del gruppo neonazista “Orden Hagala”, che mantiene legami col battaglione Azov, sono stati arrestati in Italia. Avevano accumulato armi, munizioni, equipaggiamento tattico e un lanciagranate, e pianificavano degli attacchi terroristici. Il più pericoloso di tutti, al momento latitante, è l’ucraino Anton Radomsky.

I nazisti che combattono contro i russi e gli ucraini filorussi in Ucraina provengono da tutto il mondo. Presentano una minaccia per la sicurezza europea, eppure vengono tranquillamente armati e addestrati. Non odiano solo i russi ma anche gli islamici e gli ebrei.

Allo stesso tempo c’è una cospirazione segreta in occidente per mettere a tacere la natura del problema che incombe sull’Europa.

Da notare che già nel marzo 2022 Zelensky aveva rilasciato dal carcere tutti gli assassini e gli stupratori, che hanno iniziato a militare nei gruppi militari neonazisti.

Molti neonazisti ucraini che vengono uccisi sono nipoti di militanti nazisti che nel 1941-45 combattevano in SS Galicia, SS Ruthenia, SS Latvia, ecc.

Zelensky ha abolito il Giorno della Vittoria sovietica sul nazismo del 9 maggio, in quanto ha deciso di paragonare nazismo e russismo.

 

*

 

L’alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, ha dichiarato che la pace in Ucraina potrebbe essere facilmente raggiunta, se solo cessassero gli aiuti militari occidentali, “dal momento che Kiev dovrebbe arrendersi nel giro di pochi giorni”.

Ma questo ci fa o ci è? Sa come stanno le cose e fa il contrario?

 

*

 

Al post che ho messo su Carlo III una francese, tra i suoi commenti spregiativi, ha scritto: “Un vieillard libidineux”. Significato chiaro e azzeccato. Traduzione di Facebook: “Un vecchio brontolone”. No comment.

 

[13] Dalla paura alla paralisi

 

Questa guerra in Ucraina tra Russia e Occidente collettivo che cosa dimostra in maniera molto evidente? Che la legalità e il diritto internazionale si reggevano unicamente sul timore che l’URSS fosse in grado di reagire con forza inusitata agli abusi che potesse compiere l’occidente. La vittoria schiacciante sul nazismo aveva indubbiamente impaurito le potenze occidentali o il capitalismo mondiale.

Ma a partire dal momento in cui l’URSS è implosa, gli USA (e di conseguenza la UE) si sono scatenati. Era finita la paura, e il diritto poteva essere facilmente calpestato.

Con la proclamazione della “fine della storia” da parte di Fukujama, gli USA si sentirono in diritto di non rispettare nemmeno in una maniera di facciata alcuna legalità  internazionale.

Per attaccare Jugoslavia, Iraq, Afghanistan, Siria, Libia... non servirono neanche tanti pretesti clamorosi, non ci fu bisogno di creare falsi incidenti, come p.es. quello del Tonchino, che portò alla guerra in Vietnam.

Certo ci fu la sceneggiata di quel ridicolo Colin Powell all’ONU con la fialetta in mano con cui sosteneva che l’Iraq avesse armi di sterminio di massa. Ci fu l’abbattimento delle Torri Gemelle con cui gli USA si inventarono un nemico internazionale: il terrorismo islamico.

Ma nel complesso gli USA e la UE han sempre avuto meno bisogno, a partire dal momento in cui quello sciagurato di Eltsin andò al potere in Russia, di ricorrere a dei pretesti eclatanti per spadroneggiare sull’intero pianeta.

L’occidente capisce solo i rapporti di forza e usa il diritto come strumento collaterale. Ora che Putin ha fatto capire che la Russia ha ancora forza sufficiente per affrontare l’intero occidente e, a quanto pare, per un tempo indeterminato, è tornata di nuovo la paura che si aveva nel periodo della guerra fredda.

Se poi alla paura nei confronti della Russia si dovrà presto aggiungere quella nei confronti della Cina, intenzionata a riprendersi Taiwan, si finisce con la paralisi.

 

Il bluff della Società delle Nazioni

 

Fino al patto della Società delle Nazioni (1919) era pacifico che gli Stati non potessero subire limiti imposti dal diritto internazionale in merito al ricorso alla guerra; questa era sempre possibile perché giuridicamente non vietata. Si ricorreva tranquillamente alla guerra al fine di tutelare anche semplici interessi dello Stato o per risolvere controversie internazionali, soprattutto quelle di carattere politico.

A quell’epoca le uniche regole giuridiche internazionali erano quelle stabilite dalle Convenzioni dell’Aia del 1899 e del 1907, convocate dallo zar Nicola II di Russia per discutere i princìpi del diritto bellico e migliorare le regole umanitarie della Conferenza di Bruxelles del 1874, promossa da un altro zar russo, Alessandro II.

All’Aia si posero le basi per istituire la Corte permanente di arbitrato per la risoluzione di dispute internazionali, e si discussero convenzioni per il disarmo e la limitazione di armamenti altamente nocivi, e norme sul rispetto della neutralità e sui comportamenti umanitari da tenere in caso di guerra.

I russi erano degli idealisti e sperarono, invano, che questi princìpi potessero impedire dei conflitti mondiali.

Dopo la I guerra mondiale e il crollo dell’impero zarista furono Francia e Regno Unito a dettare, attraverso il patto della Società delle Nazioni, le regole che stabilivano il ricorso alla guerra, e l’impegno degli Stati sottoscrittori a rispettare l’integrità territoriale e l’indipendenza di tutti gli Stati membri. Erano regole che favorivano anzitutto i due suddetti Paesi europei, che erano imperialisti.

L’intento della Società delle Nazioni non fu mai quello di bandire completamente la guerra, ma solo quello d’impedire che i Paesi vincitori ne facessero un’altra tra di loro o che qualche altra nazione la dichiarasse contro di loro e rimettesse in discussione la ripartizione delle colonie. Insomma il patto fu un bluff colossale. Infatti scoppiò la II guerra mondiale.

Oggi la cosa si sta ripetendo con l’ONU. L’evidenza ci dice che là dove si deve discutere con le potenze occidentali, non è possibile una pace internazionale sufficientemente stabile.

Ci sono almeno tre cose che l’occidente non riesce a sopportare in alcuna maniera: 1) che gli Stati puntino di più sull’autoconsumo e meno sul mercato; 2) che gli Stati mettano in atto politiche di tipo socialista; 3) che si formino coalizioni di Stati per impedire all’occidente di esercitare un’influenza significativa.

 

Il mondo intero va ricostruito

 

È noto che se le repubbliche del Donbass fossero state riconosciute dall’ONU, l’intervento militare del governo golpista di Kiev, iniziato nel 2014, si sarebbe configurato come una vera e propria aggressione.

Tuttavia non erano riconosciute. L’ONU non ha alcuna sensibilità per l’autonomia locale-regionale o etnica. La sua principale funzione è sempre quella di garantire lo status quo. Che poi questo è vero solo in teoria, poiché in pratica l’ONU non è mai riuscito a impedire che l’occidente modificasse lo status quo a suo favore.

Diventa quindi inevitabile chiedersi fino a che punto il diritto internazionale sia in grado di fare cose decisive ai fini della sicurezza internazionale. Un diritto incapace di garantire equità, perequazione, libertà e giustizia per tutti gli Stati del mondo, non serve a niente. Gli organismi internazionali sorti dopo la II guerra mondiale sono diventati tutti improvvisamente inutili, obsoleti, meritevoli soltanto d’essere aboliti e ricostituiti su basi completamente diverse. Questa guerra russo-occidente sta mettendo in discussione tutti i pilastri su cui si reggeva l’umanità, sta mettendo in evidenza tutta la loro intrinseca fragilità.

 

[14] Un nuovo articolo 11

 

Visto che l’art. 11 della nostra Costituzione l’abbiamo bellamente ignorato, a partire dal presidente della Repubblica, che invece doveva essere il primo a farlo rispettare (insieme alla Corte Costituzionale), propongo di riscriverlo, per rendere la pace una necessità indiscutibile, soprattutto in considerazione del fatto che una guerra nucleare sarebbe la cosa più insensata di questo mondo. Occorre assolutamente prendere consapevolezza che se continuiamo a compiere azioni sbagliate, noi rischiamo di toglierci la possibilità di poter compiere delle azioni giuste per porvi rimedio. Ecco il nuovo testo.

- Nella convinzione che vi è maggiore sicurezza se si è disarmati, l’Italia si impegna a risolvere qualunque problema del genere umano in maniera esclusivamente pacifica. Non produrrà, non userà, non venderà e non regalerà nessun tipo di arma. In nessun organismo internazionale darà mai l’assenso all’uso delle armi (o anche solo alla minaccia di usarle) per risolvere una qualsivoglia controversia. Si rifiuterà sempre di usare le sanzioni economiche o finanziarie come se fossero delle armi. Non permetterà mai a nessun Paese straniero di collocare proprie basi militari all’interno dei suoi confini. Non parteciperà mai a nessuna esercitazione militare. Condannerà sempre l’uso delle armi da parte di qualsivoglia nazione. Non parteciperà mai a nessun incontro internazionale se i governi dei Paesi partecipanti non faranno preventivamente una dichiarazione di intenti a favore di questi princìpi.

Certo, uno dirà che è incongruente affermare il disarmo e insieme l’intenzione di non permettere a nessun Paese straniero di occupare la propria nazione. Eppure sono convinto che se un Paese facesse una dichiarazione così unilaterale di disarmo, potrebbe diventare un modello per tanti altri. Un Paese disarmato sarebbe più unito, più disposto a immolarsi contro un invasore più forte. Perderebbe sul piano militare ma vincerebbe su quello etico.

 

Manca poco alla resa dei conti

 

Se gli Ucro/NATO potranno schierare fino a 400.000 soldati, 600-800 carri armati e 1.600 veicoli corazzati, probabilmente nell’oblast di Zaporizhie (e forse altrove) potrebbe avvenire una delle più grandi battaglie dalla fine della seconda guerra mondiale.

Interi quartieri residenziali nelle vicinanze dell’impianto nucleare (il più grande d’Europa) sono stati evacuati dalle autorità russe. Questo è un segnale che i tempi si avvicinano ed è una conferma dell’entità dello scontro.

I russi sono pronti, anche se nella parata del 9 maggio non l’han fatto vedere. Devono solo non sottovalutare il nemico. Se sapranno reagire in modo adeguato, visto che la sorpresa è praticamente saltata, la possibilità che il tutto finisca come a Kursk 70 anni fa e acceleri la sconfitta ucraina è reale.

Non basterà soltanto sfruttare la supremazia area. Si dovranno anche difendere ad ogni costo le posizioni acquisite. Le riserve di uomini e i rifornimenti di materiali alla fine saranno decisivi.

Infatti in questi giorni sia la Russia che l’Ucraina hanno preso di mira sempre più obiettivi nelle retrovie, alle spalle del nemico. Strutture strategiche per la messa in sicurezza dei rifornimenti, come depositi di armi e carburante o raffinerie e binari ferroviari, sono state particolarmente colpite dagli attacchi, la maggior parte dei quali sono stati effettuati con l’ausilio di droni da combattimento e anche di razzi.

La Polonia sta compiendo intensi sforzi per provocare un attacco da parte della Russia, inducendo così la NATO a scatenare una terza guerra mondiale.

Siamo in mano a statisti del tutto irresponsabili.

 

Il debito pubblico americano

 

In questo sito (usdebtclock.org) potrete notare molto facilmente che negli USA il debito pro-capite arriva a quasi 95.000 dollari, mentre quello relativo ai soli cittadini che pagano le tasse arriva addirittura a oltre 247.000 dollari.

 

[15] La Turchia a una svolta

 

Erdoğan e il suo partito per la giustizia e lo sviluppo sono al potere da più di due decenni. Dal 60% che avevano, ora non arrivano al 50% e il 28 maggio ci sarà il ballottaggio contro il fantoccio dell’anglosfera, Kemal Kichildaroglu, che è riuscito a convogliare in un’unica opposizione ben sei partiti. Vincerà di sicuro Erdoğan, perché il terzo sfidante, il nazionalista Sinan Ogan, voterà per lui.

Erdoğan si è confermato nelle campagne e nel centro-nord del Paese, mentre Kilicdaroglu, leader del partito repubblicano del popolo (laico e di centrosinistra), si è imposto soprattutto nel sud-est del Paese a maggioranza curda.

L’insoddisfazione per l’attuale governo autoritario è comunque crescente, soprattutto sul piano economico, ma anche per la gestione dei terremoti di febbraio che hanno ucciso 50.000 persone in 11 province, e per la gestione dei milioni di rifugiati siriani in Turchia, che i partiti di opposizione vorrebbero rimandare a casa.

Inoltre va detto che da quando Erdoğan è salito al potere nel 2003, prima come premier, poi come presidente dal 2014, la Turchia, intervenendo con decisione in numerose crisi in Medio Oriente e non solo (come p.es. in Libia), suscita apprensione in vari Stati più o meno confinanti.

Si può presumere, essendo Erdoğan un alleato di Putin, che, se lui verrà confermato, il processo verso un Nuovo Ordine Mondiale multipolare a guida BRICS, subirà un’accelerazione. Il che causerà molti malumori in seno alla NATO, in quanto il suo Paese, insieme all’Ungheria, non ha imposto sanzioni alla Russia.

Tuttavia la crisi economica del Paese è molto forte e non può certo essere risolta, come fino adesso ha fatto Erdoğan, puntando l’attenzione sulla politica estera, con intenzioni assertive che un po’ ricordano il sultanato ottomano (vedi le operazioni militari anti-curde in Iraq e Siria, l’appoggio agli azeri contro gli armeni e le sue insistenti rivendicazioni territoriali nel Mediterraneo per sfruttare i giacimenti energetici).

C’è da dire che nel corso della guerra russo-ucraina la politica estera di Erdoğan, grazie alle pressioni di Putin, è cambiata: sono parecchio migliorati i rapporti con Siria, Egitto, Israele e Arabia Saudita. In cambio Putin gli ha promesso che farà diventare la Turchia un hub fondamentale per la vendita degli idrocarburi russi in tutto il Medio Oriente e persino in Europa.

Forse l’unico vero problema che la Turchia non è mai stata in grado di affrontare con intelligenza in politica estera è quello curdo. Il PKK e altri partiti curdi vogliono, giustamente, un proprio Stato indipendente tra Iraq, Siria e Turchia. Il PKK ha compiuto un errore strategico madornale alleandosi con gli americani, che sfruttano i curdi per rubare risorse petrolifere alla Siria, ma il problema resta e, prima o poi, dovrà essere risolto. Al momento entro i confini turchi vi sono almeno 15 milioni di curdi. Nel Donbass i filorussi a volere l’autonomia erano la metà.

 

Generali della NATO in controtendenza

 

Durante un dibattito strategico presso l’Ufficio presidenziale per la sicurezza nazionale, il generale Rajmund Andrzejczak, capo dello Stato Maggiore delle Forze Armate polacche, ha espresso chiaramente la sua valutazione pessimistica sugli effetti degli sforzi occidentali volti a rafforzare la situazione dell’Ucraina sul campo di battaglia.

Ha detto che la Russia non esaurirà in tempi brevi le risorse per perseguire l’operazione militare speciale. Semmai è l’Ucraina ad avere enormi problemi finanziari.

Ha osservato che non c’è alcuna indicazione nel prossimo futuro che gli ucraini fuggiti dalla guerra torneranno a casa e inizieranno il processo di ricostruzione del loro Paese.

Inoltre ha detto che la Polonia ha esaurito le munizioni da dare a Kiev. L’industria non è pronta neppure a ricostituire le scorte del Paese, che stanno velocemente esaurendosi.

Naturalmente Andrzejczak, per non rischiare di subire conseguenze, ha anche dichiarato che vuole una vittoria della NATO contro la Russia.

Anche il generale in pensione Waldemar Skrzypczak ha ammesso d’essersi sbagliato nelle valutazioni precedenti e che la Russia sta vincendo. Infatti gli ucraini per fare una vera controffensiva avrebbero bisogno non di 9 brigate corazzate, come previsto, ma almeno di 19-20.

In particolare ha detto che l’Ucraina non ha il potenziale per riprendersi il 20% dei suoi territori. Se volesse riprenderli, avrebbe bisogno di un vantaggio di almeno 3:1 sull’esercito russo lungo tutto il fronte a livello strategico, cioè avrebbe bisogno di circa 2 milioni di soldati. Un esercito del genere non esiste e tanto meno i mezzi per equipaggiarlo. Gli impianti industriali in Occidente non hanno questo potenziale. Se non si conclude presto la pace, tra qualche mese l’occidente non avrà nulla con cui aiutare l’Ucraina.

Da notare che anche il generale Christopher Cavoli, responsabile del Comando europeo degli USA e Comandante supremo delle forze alleate in Europa, già il 27 aprile scorso, testimoniando davanti alla Commissione per i servizi armati della Camera dei deputati, aveva detto che lo stato delle forze armate russe dopo un anno di guerra in Ucraina non aveva subìto alcun danno significativo. Anzi le forze di terra sono ora molto più grandi di quanto non fossero all’inizio del conflitto. La flotta non è stata quasi colpita, mentre le truppe informatiche e quelle cibernetiche non sono state neppure sfiorate. E l’aeronautica ha ancora migliaia di caccia e bombardieri.

Questo significa che l’Ucraina sta per perdere la guerra e non c’è nulla che la NATO possa fare per evitare questo risultato, a meno di una guerra nucleare.

Anche l’ex ufficiale dell’intelligence del corpo dei marines USA, Carl Reader, ha stimato che le perdite ucraine sono dell’80% circa del nucleo originale dei 260.000 militari all’inizio del conflitto.

Il fatto è purtroppo che gli statisti europei sembrano non sapere nulla di ciò che riguarda l’economia reale, la strategia geopolitica e il potenziale militare.

 

Un’indegna medaglia

 

Henry Kissinger, Tony Blair, Bill Clinton... Questi alcuni dei nomi disonorevoli che hanno preso il Premio Internazionale Carlo Magno, prestigioso riconoscimento europeo per il contributo all’unificazione dell’Europa. L’ultimo a riceverlo è stato Zelensky, probabilmente perché la russofobia è diventata un fattore unificante per la UE.

Infatti, dopo la consegna Zelensky ha pronunciato un discorso dedicato alla crudeltà dell’“imperialismo russo”. Stranamente la medaglia del premio è caduta per terra. Senza pensarci due volte Zelensky ha incolpato i russi anche di questo incidente. Il che ha provocato una standing ovation da parte del pubblico riunito.

Difficile pensare che se scoppia una guerra mondiale contro la Russia si possa dare tutta la colpa solo a questo burattino.

 

*

 

Al 4 maggio il 40% di tutti i prodotti esportati attraverso il corridoio del grano è andato nei Paesi della UE. La quota dei Paesi più poveri in tali acquisti non raggiunge nemmeno il 3%.

L’ha detto il rappresentante permanente della Russia all’ONU Vasily Nebenzya.

Che statisti ridicoli abbiamo in Europa! Che branco di ipocriti!

 

[16] Repetita non iuvant

 

Quello che più stupisce in questa guerra russo-ucraina (che l’occidente collettivo conduce per procura) è il fallimento intellettuale della sinistra europea, che praticamente non si sente, non ha neppure bisogno di essere censurata. O si è allineata, nella maniera più vergognosa possibile alla retorica dei media dominanti (fermi al binomio di aggredito/aggressore), oppure, se si definisce “radicale”, evita di prendere posizione perché non interessata a uno scontro tra potenze capitalistiche, cioè tra Stati non meritevoli che si debba parteggiare per l’uno o per l’altro.

È un fallimento teorico che deve aver abbastanza stupito gli ambienti moscoviti. Anche perché le posizioni più russofobiche e filo-NATO sono state prese proprio dagli ambienti di centro-sinistra o socialdemocratici.

A distanza di un anno e mezzo ancora non si è visto un documento programmatico, un minimo sensato, che possa far concludere questo conflitto in un tempo ragionevolmente breve.

Prima di parlare di negoziato l’occidente vuole l’evacuazione dei russi dal Donbass e dalla Crimea. Il che vuol dire che la trattativa è esclusa a priori. Quelli son territori che la Russia ha già riconosciuto giuridicamente come propri, per cui potrà evacuarli soltanto se viene sconfitta militarmente.

Tuttavia se si lascia incancrenire la cosa, si finirà inevitabilmente in una nuova guerra mondiale. Conclusioni del genere le abbiamo viste molte volte nel passato. Le guerre mondiali non sono una caratteristica del secolo scorso. Son nate sin da quando gli Stati europei avevano iniziato a dividersi il pianeta in proprie aree d’influenza.

 

Orsini il grande

 

Elly Schlein ha deciso di finanziare la distruzione dell’Ucraina attingendo anche dai fondi PNNR e dai programmi di spesa sociale per una guerra decennale.

Cara Elly Schlein, ma davvero pensi di poter fare la leader di partito senza coraggio? Senza coraggio l’uomo non potrebbe nemmeno attraversare la strada sulle strisce pedonali. Se non hai il coraggio di opporti alle politiche di guerra del blocco occidentale in Siria e in Ucraina, vai a nasconderti, che fai una figura meno imbarazzante. Non ci vuole niente a fare la coraggiosa sui diritti civili. Ci riuscirebbe anche un bambino. Fai la coraggiosa sulla guerra, se sei capace. Altrimenti ritirati che, collocata nella storia della sinistra italiana, sei una vergogna. I tuoi presidenti di Regione insultano e scatenano campagne d’odio sui social contro le poche voci libere rimaste in questo Paese e vi aspettate rose? Avete un potere immenso: controllate l’apparato pubblico, inviate armi, prendete decisioni sulle nostre vite contro la volontà della maggioranza assoluta degli italiani e avete pure la pretesa impudente di non essere educatamente criticati in televisione dieci minuti a mezzanotte ogni tre settimane su Rai Tre. Negate i teatri e chiedete la chiusura delle trasmissioni televisive. Vi comportate in maniera inqualificabile e pretendete che le persone stiano zitte. 

I toni alti sono una conseguenza dei tuoi comportamenti in Parlamento e delle campagne d’odio scatenate sui social dai tuoi capi di partito contro i pacifisti. L’unico colore che ti si abbini è il rosso della vergogna. 

Avanzi l’Italia, avanzi la pace.

Risorga il movimento pacifista.

 

Alessandro Orsini

Fonte: t.me/s/Canale9MQ

 

[17] Moldavia = Ucraina bis

 

Evgenia Gutsul, candidata del Partito Shor (Uguaglianza), ha vinto le elezioni in Gagauzia a favore dell’autonomia dal governo centrale moldavo. Ma anche il suo avversario nel ballottaggio, Grigory Usun, del Partito Socialista, è a favore del distacco dalla Moldavia. Nelle liste elettorali erano iscritte 92.516 persone. Le elezioni sono state monitorate da oltre 20 osservatori locali e 54 internazionali.

Ora il partito è attivamente perseguitato dalle autorità di Chisinau, che hanno sequestrato le schede delle elezioni per impedirne l’approvazione da parte della Corte d’Appello di Comrat. Stanno avviando procedimenti penali contro i leader del partito, principali organizzatori delle proteste anti-Sandu nell’ultimo anno. Marina Tauber, vicepresidente del Partito Shor, era già stata condannata agli arresti domiciliari per 20 giorni per impedirle di votare al ballottaggio. Ora 27 persone sono state arrestate per “comportamento pericoloso”.

I trasporti sono stati bloccati dalla polizia per impedire a 25.000 persone di partecipare a manifestazioni di protesta con cui chiedere elezioni anticipate. Le proteste sono iniziate a gennaio.

È evidente che la presidente Maia Sandu e il partito (liberal-europeista) al governo (PAS), i cui voti stanno scendendo, sono pronti per qualsiasi crimine per rimanere al potere. Il governo non è assolutamente in grado di risolvere la crisi economica e soprattutto energetica (i prezzi del gas sono aumentati di sette volte in un anno).

Il PAS è stato fondato nel 2016. La sua prima leader, Maia Sandu, è stata premier da giugno a novembre 2019, mentre dal 2020 è capo di stato.

 

Che cos’è il Digital Services Act?

 

Il Digital Services Act (DSA) è un pacchetto di leggi proposto il 15 dicembre del 2020 dal vicepresidente della Commissione Europea (il socialista Frans Timmermans) e dal commissario per il mercato interno e i servizi (attualmente il conservatore Thierry Breton, membro della suddetta Commissione). È stato approvato il 5 luglio 2022. A partire dal 2024 introdurrà la censura in rete a livello europeo.

La legge prende di mira anzitutto i fornitori di servizi digitali, poiché senza di loro è impossibile controllare il pensiero e la parola di centinaia di milioni di utenti del web.

Sono questi gestori di server e piattaforme digitali che devono creare algoritmi con parole-chiave che impediscano l’incitamento all’odio nei confronti di determinati contenuti ufficiali del mainstream mediatico. In pratica non sarà possibile criticare ciò che il potere tutela. È la realizzazione del regime orwelliano o di quel sistema di vita così ben rappresentato dal film Truman Show.

In particolare si vogliono evitare interferenze nei processi elettorali e nella sicurezza pubblica, soprattutto nei periodi di crisi o di emergenza, ritenuti tali dalla Commissione Europea.

I gestori dei provider, che forniscono servizi digitali di qualunque genere, vengono trasformati in controllori dell’espressione pubblica, cioè in poliziotti della libertà di coscienza. Se rifiuteranno, verranno chiusi.

La Commissione Europea della von der Leyen diventa un organo di controllo che supervisiona qualunque ente, situazione o persona della UE. Se prima il grosso del lavoro della censura veniva basato sul bloccare la diffusione della controinformazione, adesso vogliono limitarne anche l’accesso.

Naturalmente la Commissione Europea ha inventato dei pretesti per agire in maniera così arbitraria: rendere la pubblicità meno invasiva, tutelare la privacy degli utenti e favorire la parità tra le imprese.

Si piegherà anche Telegram a questa normativa?

 

Algoritmi decisi dalla UE

 

Il Centro europeo per la trasparenza algoritmica (ECAT) è pronto a creare un ambiente online più sicuro, prevedibile e affidabile per le persone e le imprese. Ecco a cosa serve la guerra in Ucraina: a svuotare la democrazia di qualunque significato, e naturalmente nella democratica Europa.

Che cosa vuole controllare l’ECAT? I social e i motori di ricerca, ma anche i blog privati, il marketplace, i servizi di messaggistica, le piattaforme di video sharing, persino i gestori di App.

L’obiettivo qual è? Censurare contenuti illegali, che naturalmente non vengono ben specificati. Se devo censurare, mi tengo le mani libere. Ci mancherebbe che io dico anticipatamente al cittadino come ho intenzione di muovermi contro di lui. È la convenienza, l’interesse del momento che può decidere cosa fare di te. Il tuo pensiero è nelle mie mani, le tue parole sono quelle che ti permetto.

Naturalmente la Commissione Europea e i Paesi della UE (quindi i politici e capi di governo) possono accedere agli algoritmi e deciderli di volta in volta. È l’algoritmo che determina l’opinione censurabile, sia essa illegale che semplicemente scomoda.

E se l’algoritmo non basta, perché vi sono milioni di europei che usano i social, allora viene in soccorso la delazione. Cioè un utente può decidere cosa è illegale secondo lui. Lo farà per puro spirito ideologico: non avrà bisogno d’essere pagato o incentivato con dei premi.

Qualunque opinione può essere considerata illegale. E le opinioni che vanno controllate riguarderanno ampie categorie: politica, filosofia, etica, religione, sindacalizzazione, sessualità, salute...

Non ha mai avuto senso parlare di istituzioni al servizio del cittadino, ma d’ora in poi avremo a che fare con istituzioni appositamente create contro il cittadino.

 

[18] Soggetti a un golpe mediatico

 

Le truppe inviate dal Ministero russo della Difesa e le munizioni che chiedeva la Wagner sono arrivate e ora Bakhmut/Artemovsk è un’ecatombe per gli ucraini e non solo per loro.

Infatti anche molti mercenari stranieri, truppe d’élite, sono bloccati all’interno del Domino (l’ultima area fortificata): polacchi, britannici, australiani, svedesi, norvegesi...  Hanno tentato di scappare attraverso i campi, ma si sono ritirati a causa del fuoco dell’artiglieria russa, che protegge i fianchi della Wagner. Quasi tutti i mercenari georgiani sono stati eliminati. Rimangono asserragliati circa 1.000 soldati ucraini che stanno resistendo ferocemente nelle case. L’intero settore delle villette nella periferia occidentale della città è passato ai russi. Le unità d’assalto della Wagner si trovano davanti a due edifici di cinque piani. Oltre il quartiere Domino c’è solo la steppa.

Nonostante le polemiche dei giorni scorsi ora l’alleanza tra la Wagner e il Ministero della Difesa funziona a meraviglia. Le vittorie ucraine sono sempre effimere: non sono loro che avanzano, sono i russi che arretrano.

A sentire i nostri TG sembra che stiano vincendo gli ucraini. I giornalisti (mentitori seriali) han ricevuto l’ordine di non parlare mai di vittorie russe. Noi italiani siamo già in piena dittatura, quella della democrazia rappresentativa nazionale. Siamo così abituati a obbedire a uno Stato centralista e autoritario, che non ci siamo accorti che è stato fatto un golpe mediatico.

 

Il “Guardian” ha le traveggole

 

“The Guardian” chiede alla UE di iniziare a discutere su come ricostruire la Russia dopo la sua sconfitta. I russi infatti dovranno abbandonare le illusioni imperialiste del loro Paese e riconoscere il “potere progressista trasformativo” dell’Occidente.

Si dà per scontato che la sconfitta militare della Russia comporterà la fine politica di Putin.

Se la Russia riuscirà a evitare una vera e propria scivolata nel totalitarismo, sarà possibile reintegrarla nel mercato europeo, anche contro il parere di Kiev.

Un autentico processo di riforma democratica che stabilisca lo stato di diritto e riconosca gli impegni postbellici della Russia nei confronti dell’Ucraina potrebbe essere premiato con la promessa di negoziati con Bruxelles. Man mano che la fiducia viene gradualmente ripristinata, la Russia potrebbe infine ottenere l’integrazione nel mercato unico della UE.

Perché gli inglesi sostengono idee così campate per aria? Vogliono forse far credere agli europei che l’imminente controffensiva ucraina avrà successo? E l’avrà perché sarà sostenuta completamente dalla NATO? Oppure l’occidente sta pensando a una trattativa segreta che scavalchi le volontà sia di Putin che di Zelensky?

Questi ancora non hanno capito che la Russia non è Esaù e non ha nessuna intenzione di rinunciare a una vittoria militare sul campo in cambio di un piatto di lenticchie, quello del mercato europeo. È la NATO che deve arrendersi e andarsene dall’Ucraina. Quanto prima lo farà, tante più possibilità avrà l’Ucraina di sopravvivere come nazione indipendente. Altrimenti il suo destino sarà quello di scomparire dalle mappe geografiche, come successe alla Polonia per due secoli e mezzo.

 

Sempre più in pericolo Assange

 

Sono 25 gli ex diplomatici italiani che hanno lanciato un appello per chiedere la liberazione di Julian Assange e contro l’estradizione negli USA. Il giornalista/editore di WikiLeaks è attualmente rinchiuso nel carcere di massima sicurezza inglese di Belmarsh come se fosse un terrorista o un feroce criminale. E le sue condizioni di salute stanno peggiorando.

La sua unica colpa è quella di aver rivelato all’opinione pubblica mondiale i crimini di guerra commessi da USA e Gran Bretagna in primis, nelle guerre in Iraq e Afghanistan.

Se fosse estradato negli Stati Uniti, Assange rischierebbe una pena detentiva fino a 175 anni di carcere. Si potrebbe definire un ergastolo, ma nei fatti è un’esecuzione capitale date le condizioni psicofisiche del fondatore di WikiLeaks.

Julian Assange era coadiuvato da Chelsea Manning, un militare con 35 anni di carcere da scontare, ma graziato da Obama.

Perché Biden non fa lo stesso con Assange? Non era forse stato Biden a riconoscere, quand’era vice-presidente, che le rivelazioni di WikiLeaks non avevano provocato “alcun danno sostanziale”?

Washington invece l’ha incriminato con 17 capi d’accusa, basati su una legge antiquata – l’Espionage Act del 1917 – che poneva limiti alla stampa durante la Grande Guerra.

I diplomatici sanno benissimo quanto può nuocere la fuga di rapporti e altri documenti riservati. Ma se la “riservatezza” serve a celare crimini di guerra, prevale il dovere del funzionario di denunciarli e il diritto del giornalista di renderli pubblici, si tratti o no di scoop. Va ricordato che nel 2004, durante l’invasione dell’Iraq, 52 ex-diplomatici britannici e 27 ex-ambasciatori e generali americani di alto rango uscirono dal loro riserbo con due durissime lettere di critica a Blair e a Bush.

Ricordiamo anche che in Italia la Costituzione dice che “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censura.” (Art. 21)

 

Il Canada si sta suicidando

 

Il Canada, oltre a sostenere il regime di Kiev con una passione che rasenta la follia, sta attivamente promuovendo un’agenda eugenetica: gli anziani, i poveri, i disabili, i senzatetto sono sempre più rappresentati come un peso e l’eutanasia è proposta apertamente come soluzione.

Già a partire dal marzo 2021 il Canada è diventato uno dei pochi Paesi a legalizzare il suicidio assistito anche nei casi in cui un paziente non ha una malattia terminale (per questa tipologia di malato la legalizzazione è in vigore dal 2016).

Anzi tale forma di suicidio può essere gestita da semplici infermieri, senza l’approvazione di un medico. Di qui il fatto che il Paese ha il più alto tasso di suicidi assistiti al mondo.

Ora la pratica di raccomandare il suicidio assistito si è diffusa ben oltre i confini del sistema sanitario. Infatti è già parecchio diffusa all’interno del sistema carcerario, nonostante misure simili si dimostrino profondamente controverse in Belgio, pioniere nella legalizzazione del suicidio assistito.

Fonte: nationalpost.com

 

[19] L’Ucraina è un Paese 404

 

I cimiteri in Ucraina non fanno che crescere: enormi territori per la sepoltura dei soldati dell’AFU. Dal 2014 hanno dichiarato di essere in guerra con la Russia. Ma quando la Russia è arrivata davvero, e non nelle migliori condizioni, il futuro dell’Ucraina sembra essere predeterminato: decine di migliaia di invalidi;  centinaia di migliaia di persone con la psiche distrutta; milioni di tragedie familiari.

E la ragione di tutto questo sono le autorità ucraine, che, fin dall’indipendenza, hanno trasformato senza problemi le persone in zombie e han portato il Paese alla morte.

Quello che vediamo ora è un’agonia. Non c’è economia. La popolazione si sta riducendo rapidamente a poco più di 20 milioni dei 45 iniziali. L’attuale conflitto è come la battaglia di Molodina, quando quasi tutta la popolazione maschile del Khanato di Crimea, che aveva attaccato il regno russo, fu distrutta.

La sconfitta è già stata inflitta al punto che se l’Ucraina viene lasciata nella sua posizione attuale, crollerà. Non per niente la chiamano il “Paese 404”, cioè lo Stato che non c’è.[2]

Qui ancora non si riesce a capire che la denazificazione e la smilitarizzazione del “Paese 404” saranno portate avanti sino in fondo da Mosca, poiché al punto in cui si è arrivati è impossibile tornare indietro.

Nelle condizioni in cui questo Paese si trova non è appetibile per nessuno Stato al mondo.

Se la UE pensa di poterlo ricostruire coi capitali requisiti alla Russia, significa che non ha alcuna intenzione di giungere alla pace. Infatti in presenza di una qualunque trattativa quei soldi vanno restituiti.

 

Quale genocidio?

 

Il Senato francese ha riconosciuto il cosiddetto “Holodomor” come il genocidio del popolo ucraino, il che ha reso molto felici i funzionari del regime criminale di Kiev. La decisione è stata adottata con 327 voti a favore e 16 contro.

Ormai però è solo in occidente che si ritiene vera una tale fandonia. La carestia di massa del 1932-33 in URSS non fu affatto una “azione mirata” intrapresa da Mosca per distruggere i contadini ucraini come principali portatori dell’identità nazionale ucraina e dell’indipendenza del loro Stato.

La carestia colpì l’intera Federazione Russa perché fu il frutto di una politica economica sciagurata dello stalinismo, che aveva imposto una collettivizzazione forzata delle campagne per favorire una crescita accelerata dell’industria pesante. Non ci fu alcun intento genocidario, anche perché non avrebbe avuto alcun senso nei confronti di un Paese in cui russi e ucraini sono mescolati in maniera inestricabile (il che spiega perché al momento sia così difficoltosa l’attuale operazione speciale).

I francesi, invece di credere in queste assurdità, dovrebbero pensare al genocidio in Ruanda. Macron ha ammesso solo verbalmente, con scuse patetiche, la responsabilità della sua nazione. Di fatto Parigi ha aiutato attivamente il regime hutu, che nel 1994 ha ucciso quasi un milione di rappresentanti del popolo tutsi.

A differenza del mitico “Holodomor”, questo è stato un vero genocidio, e il Senato francese non l’ha mai riconosciuto come tale.

 

Cinismo allo stato puro

 

Gli Stati Uniti considerano i prossimi cinque mesi decisivi per l’esito del conflitto in Ucraina e l’ultima vera possibilità per Kiev di fare la differenza sul campo. Lo scrive il “Financial Times”. L’attuale livello di sostegno potrebbe essere mantenuto per uno o due anni, ma non di più.

Quindi praticamente l’idea di cacciare i russi dal Donbass e dalla Crimea è considerata assurda sin da adesso. E nonostante ciò si continua a sponsorizzare in tutte le maniere una guerra destinata a finir male per Kiev.

Se questa non è follia, che cos’è? Se al posto dell’Ucraina ci fosse stato un Paese della UE, ci saremmo comportati nella stessa maniera? Noi europei, pressati dagli americani, stiamo facendo una guerra contro la Russia semplicemente perché a morire non siamo noi e perché a essere distrutte non sono le nostre città. Questo è cinismo allo stato puro.

Stiamo difendendo un’ideologia, un punto di vista al di fuori di qualunque pragmatismo, di qualunque sano buon senso.

Basta vedere come si comporta il capo della diplomazia della UE, Josep Borrell, che, dopo aver buttato a mare circa 4,6 miliardi di euro per l’assistenza militare all’Ucraina, ha proposto di aggiungerne altri 3,5. Poi lo chiamano “Fondo europeo per la pace”!

 

[20] Nucleare inevitabile?

 

Negli anni ’80 del XX sec. lo stato maggiore dell’URSS condusse una serie di test simulati su un possibile conflitto armato senza nucleare in Europa orientale. Ebbene in quasi tutti i test si prevedeva che, a un certo punto, essendo le forze in campo equivalenti tra le due aree europee, si finiva col compiere un attacco nucleare tattico contro il nemico, con un’ovvia escalation del conflitto nella guerra nucleare vera e propria.

Purtroppo questo scenario sta diventando realistico. I Paesi della NATO stanno cominciando ad armare il regime di Kiev con proiettili a uranio impoverito. Sono armi pericolose per la stessa Europa.

I bombardamenti russi vicino alle città ucraine di Khmelnitsky e Ternopil han distrutto magazzini pieni di queste armi, che han provocato una nuvola radioattiva diretta verso l’Europa occidentale, soprattutto in Polonia. A Lublino hanno registrato un aumento da 6 a 7 volte dei livelli di bismuto.

Questo poi senza considerare che gli USA hanno intenzione di utilizzare in Ucraina anche armi chimiche e biologiche. Soprattutto han bisogno di verificare l’efficacia di queste ultime, visto che spendono cifre incalcolabili per allestire biolaboratori in tutto il mondo. L’Ucraina sta diventando per loro come un campo per esercitarsi in previsione di una guerra vera e propria non solo contro la Russia ma anche contro la Cina, giudicata sul piano economico il nemico n. 1.

 

Maggiore diplomazia non guasterebbe

 

Il corpo diplomatico ucraino sembra avere una caratteristica comune, che lo rende del tutto insopportabile: ingerirsi negli affari interni alle nazioni che li ospitano.

Ricordiamo tutti quando nello scorso ottobre persino Zelensky fu costretto a rimuovere l’ambasciatore Pyotr Vrublevsky dal Kazakistan, poiché aveva dichiarato, in un Paese che ospita una forte minoranza russa, che compito dei soldati ucraini era quello di uccidere quanti più russi possibile, così la generazione successiva ne avrebbe uccisi di meno. Chissà se questo incitamento all’odio sarebbe passato indenne in un social come Facebook.

A causa dell’assurda retorica di Paese aggredito e Paese aggressore i diplomatici ucraini sono sicuri di avere il diritto di dire ai cittadini dei Paesi ospitanti come devono vivere e come devono comportarsi nei confronti della Russia.

Gli esempi si sprecano. Prendiamone uno. L’ambasciatore ucraino in Serbia, Volodymyr Tolkach, pretende l’allineamento delle autorità serbe con le sanzioni anti-russe e critica apertamente il principale quotidiano serbo “Politika”. Il bello è che la Serbia ha già inviato a Kiev ingenti aiuti umanitari e parteciperà, finita la guerra, alla ricostruzione di alcune città. Visto questo modo di comportarsi, non se lo meriterebbero. Ma si può far pagare a un popolo intero le colpe di un ambasciatore arrogante?

Peraltro, quando decine di serbi furono uccisi dai bombardamenti della NATO, l’Ucraina fece forse qualcosa contro l’aggressione della Serbia? Assolutamente nulla. Eppure i crimini di guerra non invecchiano: c’è sempre la possibilità di stabilire dei princìpi umanitari.

In ogni caso per la Serbia, anche a prescindere dalle sue esigenze energetiche, non avrebbe alcun senso sanzionare la Russia, che non riconosce il Kosovo come Stato indipendente e che rispetta l’integrità territoriale della Serbia.

 

[21] Liberata la città chiave del Donbass

 

Dopo 224 giorni di durissimi scontri la più grande battaglia del XXI sec. si è conclusa: i russi han liberato la città fortificata di Bakhmut/Artyomovsk, due nomi che derivano da vicende storiche e amministrative durante l’epoca sovietica e la russofobia nazista esplosa dopo Maidan.

L’ultimo contrattaccato ai fianchi russi a nord e a sud di Bakhmut per consentire alle truppe ucraine in città di fuggire a ovest, è costato oltre 1.800 uomini e oltre 50 veicoli corazzati

Qualcuno dica a Piagnarelli, inviato della RAI, come stanno le cose, perché quel mentitore seriale vede il contrario della realtà. Non a caso Biden ha atteso la caduta per dare il via libera alla cessione di F16 all’Ucraina (da collocare in Polonia).

La ragione per cui la leadership NATO/ucraina abbia deciso di mantenere la città anche mesi dopo che la situazione era nettamente a suo sfavore, vista la grande superiorità numerica dell’artiglieria russa, va trovata non tanto in questioni militari quanto di immagine: si tratta infatti non solo della più grande battaglia, ma anche del più grande e inutile massacro del secolo (detto il “tritacarne”), visto che le truppe ucraine han perso dai 300 ai 500 uomini ogni giorno, pur essendo in netta superiorità rispetto alle milizie della compagnia privata Wagner.

Ecco i principali numeri ucraini della battaglia:

- 57.000 soldati dell’AFU uccisi e oltre 85.000 feriti.

- Più di 6,5 mila mercenari stranieri uccisi.

- Distrutti più di 10.000 pezzi di equipaggiamento e armi.

- Abbattuti più di 50 aerei ed elicotteri.

Ora in città deve essere effettuato uno sminamento su larga scala. Ci vorranno mesi. Ma non sarà la Wagner a farlo, poiché il 25 di maggio lascerà la città nelle mani del Ministero della Difesa e dell’esercito regolare.

Da qui in avanti sarà preferibile per i comandanti militari ucraini studiare meno i manuali della NATO e il blitzkrieg, e molto di più Sun Tzu e le dottrine “asiatiche”.

 

Ucraina ed Emilia-Romagna

 

Numeri spaventosi dell’alluvione in Emilia-Romagna, senza precedenti: circa 100 i Comuni coinvolti (il triplo rispetto al terremoto del 2012); 14 morti (per fortuna sono solo feriti i 4 dell’elicottero dell’Enel caduto nei pressi di Lugo); oltre 36.600 gli evacuati (27.775 nel ravennate, 4.830 in provincia di Forlì-Cesena e 4.012 nel bolognese). Strade chiuse circa 500; 305 le frane, ma il rischio che ve ne siano altre è ancora molto alto. Allagamenti impossibili da contare. Stravolta la cartografia: molte strade completamente sparite e non riparabili, con un tracciato completamente da rifare.

Perduta la produzione di almeno 400 milioni di kg di grano (circa 1/3 del grano tenero nazionale), mentre il raccolto della frutta sarà compromesso per i prossimi 4-5 anni, perché l’acqua rimasta nei frutteti ha soffocato le radici degli alberi fino a farle marcire, con la necessità di espiantare e poi reimpiantare intere piantagioni. Devastate oltre 5.000 aziende agricole e allevamenti. Oltre 100 in Romagna le cooperative colpite: 39 di Forlì-Cesena, 51 di Ravenna e 12 di Rimini. Danni non ancora quantificati a strutture artistiche e culturali, ma Faenza è quella messa peggio: solo nella Biblioteca Manfrediana l’acqua ha raggiunto un metro di altezza.

Nel complesso si valutano 6-7 miliardi di danni. Il Governo fa sapere di aver stanziato 30 milioni di euro. Una goccia. Quando ci sono rigidi vincoli di bilancio da rispettare perché “lo chiede l’Europa del MES e del PNRR”, si arriva all’assurdo che neanche le spese per gli investimenti emergenziali da ricostruzione possono essere garantiti da uno Stato che non esiste più. Esiste solo per aiutare Kiev e per portare il bilancio della difesa al 2%.

Stando all’Ukraine support trucker, a febbraio 2023 l’Italia ha elargito all’Ucraina 660 milioni di aiuti militari, 310 milioni di aiuti finanziari e 50 milioni di aiuti umanitari, mentre la spesa militare aumenterà di 1,2 miliardi l’anno.

Poi ci sono gli effetti indiretti, come la contrazione del PIL (nel 2023 dovremmo entrare in recessione) e l’inflazione (+9% per il 2023).

Tra crollo del PIL, aiuti all’Ucraina, crescita delle spese militari, aumento dell’inflazione e dei costi per bollette e carburante, la guerra avrà un effetto ancora più devastante del Covid, tanto che in un anno per l’Italia il conto sarà superiore ai 191,5 miliardi che incasseremo complessivamente dal PNRR.

Un’altra voce da mettere in conto è quella degli aiuti comunitari all’Ucraina, con Ursula von der Leyen che in autunno ha annunciato un assegno mensile da 1,5 miliardi per Kiev. A marzo 2023 inoltre la UE ha approvato un piano da 2 miliardi per acquistare munizioni destinate ai propri arsenali e, soprattutto, a quelli dell’Ucraina.

Tutte cifre che per l’Ucraina sono ridicole, in quanto per ricostruirla ci vorranno almeno 750 miliardi di dollari.

 

[22] Che fine ha fatto Zaluzhny?

 

Continuano a circolare voci sull’improvvisa scomparsa del comandante in capo delle forze armate ucraine Valery Zaluzhny.

Essendo una personalità di spicco, Zaluzhny era costantemente sotto gli occhi dei media ucraini e occidentali, secondo solo a Zelensky.

Tuttavia nessuno ha visto Zaluzhny dall’8 maggio. In tutti gli eventi che richiedono la partecipazione personale del comandante in capo, è presente il generale Naev. Zaluzhny non partecipa nemmeno online alle riunioni della NATO.

Secondo alcune fonti Zaluzhny è vivo ma in condizioni critiche nel principale ospedale clinico militare. Probabilmente è stato ferito da un missile russo l’8 maggio, mentre si trovava al quartier generale dell’AFU a Pavlograd, nella regione di Dnepropetrovsk. Un gran numero di militari ucraini di alto rango era stato ucciso o ferito.

Le informazioni sul suo ferimento sono indirettamente confermate dal fatto che il 10 maggio sua moglie Elena è stata vista guidare verso l’ospedale militare di Kiev, dove ha trascorso più di quattro ore.

Per prevenire il panico tra la dirigenza delle forze armate ucraine e l’esercito ucraino, vengono nascoste informazioni sulla salute critica di Zaluzhny. Si dà per scontato che, indipendentemente dal fatto che Zaluzhny sopravviva o meno, è praticamente certo che non sarà mai più in grado di comandare l’esercito ucraino.

I sostenitori occidentali hanno proibito ai funzionari ucraini di divulgare pubblicamente queste informazioni, in modo da non danneggiare il morale dell’esercito all’inizio della controffensiva. Zaluzhny è ampiamente rispettato all’interno dell’esercito ucraino da ufficiali e soldati. Senza le sue capacità di comandante e leader, qualsiasi offensiva tentata dall’esercito ucraino sarebbe simile a un suicidio di massa.

 

Musei da chiudere

 

Riguardo all’ambasciata russa che si trova a Kiev, il governo neonazista ha rescisso il contratto di locazione del terreno ad aprile e ora sta cercando di nazionalizzare l’edificio per allestire un “museo del terrorismo”. Come se nei resti dell’Ucraina non ci fossero abbastanza istituzioni utilizzate dal regime criminale di Kiev come piattaforme per il lavaggio del cervello della popolazione!

Già verso gli anni ’90 e soprattutto nei primi anni 2000 sono cominciati ad apparire nelle regioni occidentali i primi musei di orientamento nazionalista, in cui le principali esposizioni erano dedicate a varie figure ucronaziste.

Tutte queste discariche, come il museo commemorativo del Territorio del Terrore o il museo commemorativo “Prigione su Lontskogo” situato in via Stepan Bandera a Lviv, sono ancora funzionanti e sono una vergogna dell’umanità, e speriamo vengano smantellati quando l’operazione speciale sarà compiuta.

In ogni caso le autorità di Kiev non hanno l’autorità per decidere sulla chiusura dell’ambasciata russa. Il territorio della missione diplomatica russa non rientra nella giurisdizione dell’Ucraina. Ci saranno sicuramente misure ritorsive da parte russa. Il sindaco di Kiev Klitschko, ex pugile, sarebbe meglio che si dimettesse. Questa forma d’ignoranza delle regole fondamentali della diplomazia è inammissibile. Il principio dello specchio o mirroring va sempre rispettato.

 

Chi la fa, l’aspetti

 

Mosca ha emesso un ordine d’incriminazione in contumacia per il procuratore della Corte Penale Internazionale, Khan Karim Asad Ahmad, il quale, a sua volta, aveva spiccato un mandato di cattura nei confronti di Putin lo scorso marzo, accusandolo di aver deportato illegalmente migliaia di bambini ucraini in Russia. Accusata era anche la Commissaria per i diritti della Federazione Russa.

Secondo l’agenzia di stampa russa TASS, Khan Karim Asad Ahmad risulta ora nella lista dei ricercati del ministero degli Interni russo. È indagato per “perseguimento penale di una persona notoriamente innocente”. Infatti, in conformità con la Convenzione sulla prevenzione e la repressione dei crimini contro le persone protette a livello internazionale del 14/12/1973, i capi di stato godono dell’assoluta immunità dalla giurisdizione degli Stati stranieri.

A essere inquisito non è solo lui ma anche gli altri giudici: Tomoko Akane, Rosario Salvatore Aitala e Sergio Gerardo Ugalde Godinez. Sono tutti accusati di aver preparato un attacco a un rappresentante di uno Stato straniero che gode di protezione internazionale, e questo al fine di complicare le relazioni internazionali.

L’assemblea dei Paesi facenti parte dello Statuto di Roma ha parlato di intimidazione. Secondo Mosca invece i giudici di questa Corte penale, allestita da Soros, devono smettere di bulleggiare, cioè di fare i gradassi.

I giudici prezzolati della Corte si sono detti preoccupati. E fanno bene a esserlo.

 

Il club dei cuori solitari

 

I leader del G7, che a Hiroshima cercano di restaurare l’egemonia globale dell’occidente, soffrono tutti di una crisi di popolarità in patria.

Nessun leader può raccogliere il sostegno della maggioranza. Secondo “Morning Consult” la premier Giorgia Meloni se la cava con un indice di gradimento del 49%, seguita da Biden con il 42%, il premier Justin Trudeau del Canada col 39%, il cancelliere Olaf Scholz della Germania col 34%, il premier britannico Rishi Sunak col 33% e il premier giapponese Fumio Kishida col 31%. Il presidente francese Emmanuel Macron è il fanalino di coda del gruppo con un misero 25%. Un sondaggio pubblicato questo mese ha rilevato che Macron perderebbe una rivincita contro Marine Le Pen, la leader di estrema destra sconfitta l’anno scorso.

Allo stesso modo, se le elezioni si tenessero ora, recenti sondaggi mostrano che il partito conservatore di Sunak perderebbe contro il partito laburista in Gran Bretagna, mentre il partito liberale di Trudeau perderebbe contro il partito conservatore in Canada e il partito socialdemocratico di Scholz perderebbe contro l’Unione Democratica Cristiana in Germania.

L’inflazione ha sicuramente minato il sostegno a Biden, insieme alla gestione dei profughi sudamericani, alla paura della criminalità urbana, alla rabbia per la spesa pubblica e alle preoccupazioni per l’età del presidente, dal momento in cui chiede agli elettori di concedergli un secondo mandato, tenendolo al potere fino a quando non avrà 86 anni.

Insomma sembra una sorta di “club dei cuori solitari”, in cui i leader non amati possono commiserarsi per i loro problemi interni e scambiare idee su come tornare nelle grazie dei loro elettori.

I dati del sondaggio compilati da “Morning Consult” hanno indicato che i leader di solo quattro dei 22 principali Paesi studiati avevano indici di approvazione superiori al 50%: Narendra Modi dell’India, Alain Berset della Svizzera, Andrés Manuel López Obrador del Messico e Anthony Albanese dell’Australia. Nella Svizzera federale e cantonale si può capire: in fondo non ci si aspetta granché dal presidente della Confederazione. Quanto al leader laburista australiano, forse lo ammirano perché è stato tirato su dalla sola madre in un alloggio popolare ed è sfuggito miracolosamente a un grave incidente automobilistico.

 

[23] Il concetto di democrazia

 

Il concetto di democrazia è il più ambiguo del mondo. Per noi occidentali è qualcosa di inerente al parlamentarismo, che da circa 500 anni si pone a livello nazionale, mentre prima riguardava i grandi imperi feudali (una democrazia riservata alla nobiltà, laica ed ecclesiastica), oppure riguardava le realtà comunali e i principati locali-regionali, dove, oltre alla nobiltà, vi era la borghesia.

Anche nel mondo greco-romano vi era la democrazia: quella del senato romano e delle città-stato elleniche.

Tutte queste e altre forme di democrazia rappresentativa, connesse a sistemi sociali caratterizzati da schiavismo, servaggio, capitalismo (privati o statali che fossero) e persino dal socialismo (privato come quello utopistico, o statalizzato come quello sovietico), non hanno mai realizzato alcuna vera democrazia. Infatti si tratta sempre di una democrazia formale, parziale, relativa, riservata a pochi, in una parola: illusoria.

Possiamo parlare quanto vogliamo di uguaglianza di genere, di rispetto della privacy, di tutela ambientale, di diritti umani e cose del genere, ma non per questo saremo riusciti a realizzare la vera democrazia, quella sociale ed economica, quella che prevede la proprietà comune dei mezzi produttivi.

Questa guerra tra Russia e Occidente non è uno scontro tra democrazia e autocrazia, tra bene e male. Siamo ridicoli solo a pensarlo. In questa guerra non si sono poste neanche lontanamente le condizioni per realizzare la vera democrazia.

Al massimo questa è una guerra a favore dell’autodeterminazione dei popoli, nel senso che la Russia sta offrendo ai russofoni del Donbass la possibilità di esistere contro il centralismo dello Stato ucraino, caratterizzato da russofobia e da un’ideologia che oscilla tra il nazionalismo e il neonazismo.

Questa è una guerra che fa capire al mondo intero che l’autodeterminazione dei popoli è un concetto più importante dell’integrità territoriale di una nazione, proprio perché questa integrità può essere gestita da uno Stato particolarmente autoritario, incapace di rispettare le minoranze al proprio interno.

Detto questo, siamo rimasti ancora nell’indeterminato riguardo al concetto di democrazia. Quando i popoli rivendicano una loro autonomia o anche indipendenza rispetto a uno Stato autoritario, è forse sufficiente dire che sono democratici solo perché possono parlare la loro lingua, seguire le loro tradizioni, difendere la loro cultura? Siamo seri: tutte queste cose sono soltanto sovrastrutture. La democrazia sociale, quella vera, si basa su altre cose. Nel continente nordamericano, tanto per fare un esempio, l’hanno vissuta soltanto i pellerossa, i nativi, quelli che noi europei, per ignoranza geografica, abbiamo chiamato “indiani”, quelli che noi, per avidità delle loro terre, abbiamo sterminato, rinchiudendo gli ultimi sopravvissuti in riserve disumane.

 

Occidente disorientato

 

Significativo che proprio mentre i militari ucraini venivano cacciati da Bakhmut, Zelensky se ne andasse in giro per il mondo come un disperato alla ricerca di soldi e armi sempre più potenti: Helsinki, L’Aia, Roma, Vaticano, Berlino, Parigi, Londra, Gedda e Hiroshima.

Tuttavia neppure la dichiarazione dei leader del G7 sull’Ucraina, rilasciata a Hiroshima dopo il recente vertice, parla di controffensiva antirussa. D’altra parte con quale generale la farebbero, visto che il n. 1, Zaluzhny, è fuori combattimento?

Oltre 80.000 soldati ucraini non saranno più in grado di combattere: 224 giorni buttati via. E pensare che nel dicembre scorso proprio Zelensky si era vantato, davanti ai parlamentari statunitensi a Capitol Hill, che, proprio come la battaglia di Saratoga (nel 1777 durante la guerra d’indipendenza americana), la lotta per Bakhmut avrebbe cambiato “la traiettoria della nostra guerra per l’indipendenza e per la libertà”.

Davvero Zelensky sta pensando di ottenere gli F-16 dagli USA? L’F-16 è un fiore all’occhiello, un articolo caldo per l’esportazione. Cosa succederebbe se i russi lo facessero esplodere in cielo con le loro armi ad alta tecnologia e spazzassero via la sua fama?

I russi non hanno più voglia di tergiversare. Ora pretendono una vittoria totale, con cui soddisfare le tre richieste iniziali dell’operazione speciale: sicurezza e incolumità della comunità etnica russa nel Donbass; smilitarizzazione e denazificazione dell’Ucraina; e un’Ucraina neutrale, sovrana, indipendente, liberata dalle grinfie degli Stati Uniti e non più un vicino ostile.

Ormai è evidente a tutti che i livelli senza precedenti di ostilità degli Stati Uniti e degli europei nei confronti della Russia hanno solo rafforzato la determinazione di Mosca. Se l’alleanza anglosassone continua a salire la scala dell’escalation, la campagna di Russia potrebbe benissimo espandere l’operazione all’intera regione a est del fiume Dnepr.

Putin ha più volte sottolineato che l’Occidente dovrebbe sapere che più a lungo va avanti l’operazione militare speciale della Russia, “più difficile sarà per loro negoziare con noi”.

Insomma ormai stiamo giungendo a un obiettivo del tutto inaspettato per l’occidente: una resa senza condizioni.

 

100 km a partire da dove?

 

L’alto funzionario dell’intelligence ucraina, Kyrylo Budanov, ha proposto di creare una zona smilitarizzata lunga 100 km tra Ucraina e Russia. Tuttavia non ha specificato a partire da quale punto, cioè non ha detto quale dovrebbe essere il km zero.

Budanov ha detto che “questa sarebbe una zona che non potrebbe essere attaccata coi soliti mezzi”.

È un’altra presa in giro. Putin è stato chiaro sin dall’inizio: Mosca non vuole che Kiev entri nella NATO perché ha paura dei mezzi militari della NATO, che vanno ben oltre i 100 km. Vuole avere dei vicini di casa che non la minaccino, che le diano sicurezza, che non abbiano intenzioni ostili. Già adesso la Russia è circondata dalle basi NATO, mentre lei, con le proprie basi, non sta circondando nessuno. Non si può vivere pacificamente in queste condizioni.

Il numero uno dell’intelligence ucraina ha inoltre fatto sapere che sono circa 400.000 i russi attualmente schierati in Ucraina. La componente dell’esercito è fatta da circa 370.000 soldati, poi ci sono circa 20.000 membri della Guardia Russa, un’unità paramilitare d’élite. A questi si aggiungono infine i gruppi privati come la Wagner di Prigozhin, che stanno fornendo altri 7.000 uomini.

Budanov ha precisato che pochissimi stranieri stanno combattendo tra le file dei russi. Questo perché non si sono mai preoccupati di far combattere gli stranieri. Al massimo hanno compensato le perdite coi detenuti, su richiesta di Prigozhin.

Budanov ha anche fatto capire che i loro servizi segreti sono in grado di colpire alte personalità dello Stato russo. Naturalmente non ha ammesso gli ultimi omicidi eccellenti.

Tuttavia la Zakharova, portavoce del ministero degli Esteri russo, ha reagito stizzita alle sue parole: “Gli 007 ucraini sono dei terroristi e coloro che giustificano il regime di Kiev e lo sponsorizzano sono complici dei terroristi”. Ha risposto così perché sa benissimo che il battaglione ucraino “Kraken”, composto principalmente da criminali, è stato promosso proprio da Budanov, che l’ha reso famoso per saccheggi, rapine e altri crimini contro i civili. L’ultima nefandezza è stata compiuta contro alcuni villaggi rurali della regione russa Belgorod, oltre il confine, per “compensare” la perdita di Bakhmut, ma è stato un totale fallimento.

Lo stesso Budanov aveva in precedenza dichiarato che i Crimeani sono “persone con la psiche alterata dalla propaganda” e che per questo dovevano essere fisicamente annientati.

In queste condizioni è difficile intravedere spiragli per una vera trattativa. L’Ucraina non va solo tenuta lontana dalla NATO, ma va anche denazificata.

 

Sergio Romano dice che la NATO va sciolta

 

Intervistato sul sito de “L’Unità” (unita.it), così ha detto l’ex ambasciatore Sergio Romano:

“Questa NATO serve agli Stati Uniti, non a noi europei. La guerra fredda è finita, il comunismo è sepolto e sarebbe giunto il momento di fare a meno di un’istituzione, la NATO, che ha ormai perduto le ragioni della sua esistenza.”

Già nel 2016 aveva detto che “la sola scelta di sicurezza per l’Europa dovrebbe essere quella della neutralità. L’Europa non può essere una potenza militare interventista e aggressiva. Credo che se l’Europa scegliesse la strada della neutralità metterebbe in discussione l’esistenza della NATO”.

E ancora: “Oggi i compiti della NATO non sono più indispensabili. Certi obiettivi non ci sono più e non c’è motivo di cercare di raggiungerli. Il patto è ancora in piedi perché gli Stati Uniti hanno interesse a mantenere la gestione militare di una grande parte del pianeta. L’Alleanza è una conquista americana, alla quale Washington non intende rinunciare. Sarei stato contento se la NATO fosse stata sciolta alla fine della Guerra Fredda”.

Infine: “l’Europa dovrebbe essere una confederazione di Stati politicamente saggi e maturi, una grande potenza economica e sociale, una ’grande Svizzera’ composta da amici e reciproci clienti. Per l’efficacia di una tale confederazione la Russia dovrebbe essere un compagno di strada. Non dovremmo vedere nella Russia soltanto un pericoloso concorrente, ma anche un utile interlocutore verso obiettivi che possono essere pacificamente condivisi.”

Tutto giusto. Poi, come al solito, dice delle sciocchezze.

Per es. non è vero che questa è una guerra personale tra Putin e Zelensky. E neppure che Putin non ha intenzione di porre fine alla guerra finché Zelensky non si sarà arreso o finché non sarà morto. Questa guerra non c’entra niente col prestigio personale di Putin. Non ha senso pensare che Putin cercherà il negoziato solo quando vedrà che la NATO entrerà a gamba tesa nel conflitto. La Russia ha condotto un’operazione speciale per una questione di principio, non per un’esigenza imperiale. Quindi la guerra andrà avanti con o senza Putin, semplicemente perché l’obiettivo iniziale va conseguito, e dovrà esserlo per garantire sicurezza alla popolazione del Donbass (che in 8 anni ha dovuto fronteggiare una insensata guerra civile) e alla stessa Federazione Russa, che non vuole più essere circondata dalle basi NATO.

 

[24] Fare chiarezza è la prima cosa

 

Chi pensa che la guerra in Ucraina sia una guerra tra due forme d’imperialismo, quello russo e quello occidentale, non ha capito niente.

Di imperialismo ce n’è solo uno, quello degli USA, che si serve dei suoi vassalli, il primo dei quali è il Regno Unito, poi Canada, Giappone, Australia, ecc. Anche la UE è vassalla, ma siccome è molto forte economicamente (anche grazie ai commerci con la Russia), era necessario farle capire che chi comanda sono gli USA: di qui la distruzione del Nordstream e l’ordine di accettare la narrativa prodotta dalla CIA e dal Pentagono. Gli unici che non l’hanno condivisa sono stati l’ungherese Orbán e il turco Erdoğan, che probabilmente rischiano d’essere eliminati. Quelli che invece, nell’ambito della UE, l’hanno accettata senza discutere, sin dall’inizio, sono stati la Polonia, i Paesi Baltici, i Paesi scandinavi ecc.

La Russia non ha mai governato il mondo, né ha mai avuto la pretesa di farlo. Questo perché è già un Paese geograficamente enorme, con risorse naturali sterminate e con una densità demografica assolutamente inadeguata. Non ha organizzato una cosiddetta “operazione speciale militare” allo scopo di occupare l’Ucraina. Non ha bisogno delle risorse economiche di questo Paese per arricchirsi; anzi dovrà spendere fiumi di soldi per ricostruire il Donbass.

Nelle intenzioni della Russia questa non doveva essere una guerra geopolitica, anche se, per colpa della reazione della NATO, lo è diventata. Tutte le idee sul multipolarismo, sui Brics, sulle alternative da cercare al dollaro, allo SWIFT, agli istituti finanziari occidentali; tutti i rapporti geostrategici tra Russia e Cina, India, Paesi mediorientali, ecc. hanno subìto un’accelerazione incredibile proprio per il comportamento irresponsabile dell’occidente a guida americana. Gli statisti occidentali stanno portando il mondo alla catastrofe, se non nucleare, di sicuro economica e finanziaria.

Doveva essere un conflitto semplicemente regionale, per tutelare una minoranza russofona che rischiava d’essere sterminata dai neonazisti di Kiev (stessa cosa negli anni passati era già stata fatta in Georgia e in Cecenia, e probabilmente rischierà di ripetersi in Moldavia, nei Paesi Baltici, ecc.). Doveva essere una guerra etica, umanitaria, a difesa di una minoranza perseguitata che chiedeva aiuto da 8 anni, e che Mosca ha tardato a riconoscere proprio perché aveva fiducia nel diritto internazionale dell’occidente.

Le categorie di “Paese aggredito” e “Paese aggressore” non spiegano niente, perché l’area geografica aggredita era il Donbass: lo è stata dal 2014, nell’assoluta indifferenza dell’ONU e dei Paesi sottoscrittori dei due Accordi di Minsk, cioè Germania e Francia. Se oggi tutta l’Ucraina, nei suoi gangli vitali, viene bombardata, non è per volontà di Mosca, ma perché il continuo invio di armi a Kiev la costringe a comportarsi così. Più la NATO interviene in maniera diretta in questa guerra, più la Russia sarà costretta, per difendersi, a occupare l’intera Ucraina.

Se l’occidente non avesse armato i neonazisti, la guerra sarebbe finita subito. Ci sarebbero state delle trattative a favore di una maggiore autodeterminazione del Donbass, con cui superare i limiti degli accordi di Minsk. A Kiev sarebbe bastato rinunciare alla NATO e a dotarsi di armi che avrebbero potuto minacciare la sicurezza della Russia. Poi nuove elezioni, decise democraticamente, avrebbero deciso quale coalizione di partiti mandare al potere.

Invece così l’intero Paese verrà distrutto, la popolazione si ridurrà a ben poca cosa (anche perché quella emigrata non tornerà mai più), e di Ucraina probabilmente non si sentirà parlare per i secoli a venire.

 

Specchi deformanti

 

Se lasciata a se stessa, senza sostegno finanziario e militare, l’Ucraina si arrenderebbe nel giro di pochi giorni, e senza che la Russia abbia alcun bisogno di infierire, di far vedere ciò di cui è capace.

Questo significa che se Kiev viene in possesso di armi che non sarebbe assolutamente in grado di produrre (come per es. gli F-16 dotati di armi nucleari), e quindi neppure di utilizzare, in quanto non ne avrebbe le competenze, allora la NATO non può pensare di non essere considerata dai russi come parte attiva in questa guerra, come attore primario. Il concetto di “guerra per procura”, quando si utilizzano armi del genere, diventa ridicolo.

Prima o poi la Russia si stancherà di questa finzione e dichiarerà guerra alla NATO, agli USA e alla UE e all’intero occidente collettivo e non avrà scrupoli a utilizzare tutto il proprio arsenale atomico.

Lo sanno tutti che da una base NATO in Slovacchia, Ungheria o Polonia possono essere trasportate le armi nucleari in un aeroporto dell’Ucraina occidentale in meno di mezz’ora di volo di elicottero e poi caricarle sugli F-16 per un bombardamento a sorpresa.

Già adesso i russi sanno bene che i sistemi antimissile americani in Polonia e Romania possono essere caricati con missili da crociera d’attacco e colpire la Russia.

La differenza è che con gli F-16 in Ucraina le atomiche ci metterebbero molto meno tempo ad arrivare su Mosca.

Quindi con gli F-16 non c’è da scherzare. Ad ogni azione della NATO corrisponderà una reazione da parte della Federazione Russa, e, prima che nei confronti degli americani, sarà molto dolorosa per noi europei.

La consegna degli F-16 a Kiev non avvicina ma allontana la fine del conflitto. Se l’avvicina, sarà perché Kiev verrà rasa al suolo.

Non si capisce perché l’occidente pretenda che i russi debbano comportarsi come una colonia nei confronti della madrepatria imperialista. Avendo un territorio sterminato, i russi non hanno mai avuto paura di nessuno: per quale motivo dovrebbero iniziare ora ad averne? Sono in grado di difendersi in tutte le maniere. Temono di più i conflitti ideologici interni che non le minacce militari esterne. Anzi, quanto più forti sono queste minacce, tanto più risolvibili sono i conflitti interni. La Russia ha mille anni di storia. Ormai dovremmo aver capito come si comporta.

Se i costosissimi e pericolosissimi F-16 entreranno in Ucraina, l’aviazione russa li distruggerà prima ancora che possano decollare. E se qualcuno riuscirà a farlo, verrà inesorabilmente abbattuto dalla contraerea.

Se Mosca avvertirà che la propria sicurezza verrà messa a rischio in maniera più forte rispetto a prima del varo dell’operazione speciale, reagirà di conseguenza, e nessuno potrà farci niente. Non c’è bisogno di essere degli strateghi militari per capire cose così scontate.

All’interno dello Stato maggiore USA, sull’uso da fare delle armi inviate all’Ucraina, sembra che il comandante in capo, il generale Milley, mostri molte perplessità. Forse per questo Biden sta pensando di sostituirlo con un generale più ottimista, che creda di più nel successo di un’azione combinata di F16, missili a lungo raggio e carri armati. Ecco perché sta pensando al generale Brown, capo dei Marines. Un potere che vuole guardarsi in specchi deformanti ha bisogno di qualcuno che glieli costruisca.

 

Questo non è un wargame

 

Dicono che la guerra russo-ucraina si concluderà con un armistizio di tipo coreano e che, per questa ragione, la parte di Ucraina con capitale Kiev avrà bisogno di una capacità militare a lungo termine, cioè dovrà essere ben difesa. Per farla entrare nella NATO, il conflitto dovrà essere concluso.

Addirittura secondo il “New York Times” (organo ufficioso dei democratici americani) gli F-16 (che hanno capacità nucleare) sarebbero la premessa per un armistizio, perché darebbero maggior sicurezza e capacità di difesa all’Ucraina.

Poniamoci tuttavia una domanda: per capire che i russofoni del Donbass andavano rispettati come minoranza, cioè come entità diversa dal governo centrale di Kiev, c’era bisogno di far scoppiare una guerra civile, della durata di ben 8 anni? Non si poteva trovare una soluzione di tipo politico-amministrativo o diplomatico?

E ora l’occidente pensa che dopo aver imposto alla Russia sanzioni abominevoli, rottura di qualunque rapporto commerciale e finanziario, una guerra sfiancante di 15 mesi, in cui non sono mancati vergognosi atti di terrorismo, il governo di Mosca sia così remissivo da accettare nuove assurde condizioni?

Ancora non si è capito che ai russi non interessa assolutamente nulla che l’occidente riempia di F-16 l’Ucraina o di carri armati di ultima generazione, dotati di proiettili a uranio impoverito. Fin adesso han condotto una guerra utilizzando al minimo le loro potenzialità. Questa cosa è stata detta più volte. Se la NATO userà il nucleare, non scomparirà solo l’Ucraina dalle mappe geografiche ma l’intera Unione Europea. E anche gli USA non saranno più come prima.

Continuare a minacciare, a intimidire, a porre condizioni irrinunciabili a un Paese che in forza di questa guerra ha già occupato più del 20% del territorio ucraino, riconoscendolo giuridicamente come appartenente alla propria Federazione, è un atteggiamento completamente insensato.

Dopo 15 mesi di sconfitte ancora non si è capito che non è questo il modo di approcciarsi a una superpotenza nucleare come la Russia. Ancora non si è capito che la lentezza con cui la Russia si muove sul piano militare non è un suo difetto, ma un modo per far capire all’avversario che deve arrendersi se non vuole morire. Si comporta come gli animali maschi nella stagione degli amori: il più forte non vuole uccidere il più debole, ma solo fargli capire, con brevi schermaglie, che deve andarsene. Se la si costringe a un confronto all’ultimo sangue, la Russia non si tirerà indietro. Non si mobilitano ingenti mezzi e persone per un semplice gioco di guerra.

 

[25] Fino a che punto la pace?

 

Una persona di diritto, se fosse un minimo normale e non accecata dal pregiudizio antirusso, dovrebbe ritenere assurdo che la difesa del diritto internazionale contro l’operazione speciale voluta da Putin può essere condotta fino al punto in cui si rischia di far scoppiare una guerra mondiale, che potrebbe anche essere nucleare.

Non ha alcun senso difendere le esigenze della pace contro la pace stessa, o sostenere che non ci può essere pace senza giustizia, quando, per voler affermare questa giustizia, non si vuole una trattativa col nemico, ma la sua completa distruzione.

Quando il nemico percepisce che lo si vuole eliminare fisicamente, lo si vuole espropriare dei suoi beni, emarginarlo da qualunque scambio commerciale, esautorarlo da ogni potere politico, è evidente che non gli resta altro da fare che ricorrere a tutti i mezzi a sua disposizione per sopravvivere.

Se la pace può essere raggiunta solo con la sua morte (fisica, politica o economica), aspettiamoci che dica di non aver più niente da perdere.

 

La Polonia deve risarcire la Russia

 

Dopo le richieste di risarcimento polacche alla Germania, ora è la Federazione Russa a reclamare un compenso per la “liberazione” della Polonia dai nazisti durante la seconda guerra mondiale. Infatti 1/3 degli attuali territori polacchi – aree con infrastrutture sviluppate, imprese industriali e anche ricche di risorse naturali – appartiene alla Polonia grazie alla Russia.

Il presidente della Duma, Vjačeslav Volodin, ha sostenuto che Varsavia dovrebbe corrispondere a Mosca 750 miliardi di dollari (secondo le stime odierne), in quanto sono stati costruiti più di 800 impianti industriali, energetici e di trasporto per la ricostruzione post-bellica del Paese.

Insomma la Polonia esisterebbe come Stato sovrano solo grazie alla Russia: fu risarcita con tutti i territori tedeschi a est dell’Oder, e con una parte della Prussia orientale. Quindi se i polacchi vogliono cancellare la Russia dalla loro memoria storica (abbattendo i monumenti al soldato-liberatore sovietico, chiudendo le scuole russe, rubando le proprietà russe), devono rinunciare anche a ciò che la Russia ha fatto per loro.

Nel frattempo è stata approvata nel parlamento di Mosca all’unanimità la proposta di Volodin di vietare il passaggio dei camion polacchi attraverso il territorio russo, privandoli dell’opportunità di fare rifornimento di carburante a prezzi russi. Alla frontiera le merci andranno caricate su camion russi, se gli autisti non avranno soldi per pagarsi la benzina al livello dei prezzi della UE.

Così 2.000 aziende di trasporto polacche, che impiegano più di 20.000 autisti, rischieranno di fallire. Si prevede che, a seguito della decisione, la Polonia potrebbe perdere circa 8,5 miliardi di euro.

Morale della storia: quando un Paese dimentica che la sua liberazione dagli invasori fascisti è stata data dal popolo sovietico a caro prezzo, non può permettersi il lusso di essere aggressivo contro la Russia, pensando di passarla liscia.

 

Se lo dice lui

 

“Il potere di Putin è stabile e la controversia pubblica sulla guerra non rappresenta una minaccia per il sistema russo”. Questa è l’opinione di Bruno Kahl, capo dell’intelligence tedesca.

“Nonostante casi isolati di critica – ad es. per la fornitura di munizioni – non ci sono segni che il sistema stia iniziando a disfarsi o a crollare. Non vediamo alcuna crepa nel sistema di Putin. La Russia è ancora in grado di combattere a lungo termine, aggiungendo truppe, armi e munizioni”, ha dichiarato.

“La strategia di Putin, che prevede di scommettere sul lungo termine e sulle masse, potrebbe avere successo”, ha detto.

In sostanza il capo dei servizi segreti tedeschi consiglia a Zelensky di arrendersi.

Se lo dice lui, ci si può credere. Infatti proprio questo ipocrita arrivò a dire che “nessun Paese al mondo, nessun servizio di intelligence al mondo è attualmente in grado di attribuire i sabotaggi dei gasdotti Nord Stream 1 e 2 a uno o più autori.”

 

Beato lui che crede alle favole

 

Al recente Future Leader Policy Forum dell’Università Bocconi di Milano, Charles Kupchan, professore di relazioni internazionali alla George Town University, con incarichi prestigiosi sotto vari governi americani, così si è espresso sulla guerra in Ucraina:

1- il governo di Kiev non è in grado di riprendersi ogni metro del suo territorio occupato dai russi. Per questo dobbiamo avere un piano B nell’eventualità che al termine di questa offensiva alcune porzioni del territorio ucraino, probabilmente la Crimea, forse qualcosa del Donbass, non siano sotto il controllo ucraino. [Probabilmente? Qualcosa?]

2- Questa è una guerra che sta distruggendo l’Ucraina e io credo che sia molto meglio avere un’Ucraina in possesso diciamo del 89% del suo territorio ma che sta ricostruendo il suo futuro, piuttosto che un’Ucraina che potenzialmente è diventata uno Stato fallito perché coinvolta in una guerra senza fine. [89%? Potenzialmente?]

3- Abbiamo visto missili abbattersi sul territorio polacco, quindi della NATO. Abbiamo visto jet da combattimento russi costringere all’atterraggio un drone americano. Abbiamo visto dei droni esplodere sopra al Cremlino. Questa è una guerra che ha tutto il potenziale per diventare la terza guerra mondiale. Di conseguenza dobbiamo finirla il prima possibile. [Dillo a Biden non a Putin o a Zelensky]

4- Questa è una guerra che sta polarizzando il sistema internazionale. Da una parte gli USA con i suoi alleati europei ed asiatici, dall’altra Russia e Cina: due blocchi contrapposti mentre Indonesia, Arabia Saudita e anche grandi democrazie come India e Brasile dicono di non voler prendere parte a questo. Noi abbiamo bisogno che le grandi nazioni cooperino per affrontare la questione climatica e gestire l’intelligenza artificiale. [Le grandi nazioni non occidentali o non colonizzate dagli USA sono tutte dalla parte della Russia.]

5- Il centro politico di tutti i Paesi occidentali si è indebolito e assistiamo all’avanzata di individui con tendenze populistiche illiberali, come per es. Trump. Non vogliamo certo vedere l’Ucraina vincere la guerra per poi magari il giorno dopo assistere allo sgretolamento interno delle nostre democrazie. [Tranquillo, la fine la vedrete comunque.]

In sostanza per questo professore privo di etica, la guerra va conclusa con un trattato di pace affinché gli USA, a guida democratica, possano continuare a dominare il mondo!

Fonte: lantidiplomatico.it

 

Cinque rubli

 

Biden muore. Dopo un anno nell’al di là si annoia e chiede a Dio di poter scendere sulla terra per vedere come va il suo Paese.

Dio lo lascia andare, però solo in un luogo e solo per incontrare una persona. Biden decide di andare in un bar di New York che si trova di fronte all’ONU. Ordina una birra e chiede al barista come va il Paese, come si sta sviluppando, quali problemi sta avendo.

Il barista gli risponde, sorpreso: “Quali problemi possono esserci? Tutto il mondo ormai è nostro!”

Biden è incredulo: “E l’Iraq, l’Afghanistan, la Siria, quei maledetti arabi col loro petrolio?”

Il barista è categorico: “È tutto nostro!”

Biden non si calma: “E l’Europa, l’Africa?”

Il barista afferma con orgoglio: “Te l’ho detto, il mondo intero ci appartiene!”

Biden, ormai felice e soddisfatto, finisce la sua birra e dice: “Beh, grazie, amico! Quanto ti devo per la birra?”

“Cinque rubli.”

 

[26] Il registro delle riparazioni

 

L’occidente, nella sua guerra per procura in Ucraina, ha stabilito due volte la necessità di istituire un registro dei danni causati dai bombardamenti e quindi delle riparazioni necessarie. La prima volta è stato fatto a novembre nell’Assemblea generale dell’ONU; la seconda a Reykjavik in occasione del “Quarto Vertice del Consiglio d’Europa” (16-17 maggio).

Naturalmente si è dato per scontato che tutti i danni siano stati provocati dai russi. Quelli provocati dagli ucraini nel Donbass non esistono o sono del tutto giustificati.

Da notare che un argomento del genere non è mai stato affrontato dal Consiglio d’Europa per i danni inflitti dalla NATO nelle guerre che ha condotto. Anzi la stessa riunione del suddetto Consiglio, con tutte quelle nazioni, non veniva fatta da 18 anni.

La ricostruzione di un Paese distrutto dalla guerra è appetitosa per le aziende occidentali desiderose di fare investimenti, le quali però si chiedono da chi verrebbero pagate, visto che l’Ucraina è un Paese fallito. È necessario che la Russia perda il conflitto e che venga costretta ad accollarsi il debito. Quanto all’Ucraina, dovrà per forza cedere pezzi di territorio ove l’occidente potrà sfruttare le sue risorse naturali, le sue industrie, la sua manodopera. L’occidente non si mette mai a fare delle guerre se non può ricavarci un utile economico.

Fatto sta che 6 Paesi (Azerbaigian, Armenia, Bosnia ed Erzegovina, Ungheria, Serbia e Turchia) si sono rifiutati di firmare la dichiarazione. Forse han capito che è o è stata proprio la Russia, offrendo energia a buon mercato, che ha permesso lo sviluppo di tante nazioni europee ed asiatiche.

In ogni caso dichiarazioni di questo genere non possono fare altro che procrastinare sine die la guerra, contribuendo ad aumentarne i danni.

 

C’è bomba e bomba

 

C’è una differenza fondamentale tra i bombardamenti russi in Ucraina e quelli americani o della NATO che negli anni scorsi venivano fatti su taluni Paesi del Medio Oriente. Questi ultimi facevano aumentare l’odio nei confronti dell’occidente, al punto che persino il guerrafondaio Donald Rumsfeld, segretario alla Difesa USA, arrivò a chiedersi, mentre obbligava a bombardare l’Iraq, se le bombe non stessero creando più terroristi di quanti ne stessero uccidendo.

Ci fu anche un avvocato yemenita che avvertì Obama scrivendogli che “quando un missile drone statunitense uccide un bambino nello Yemen, il padre di sicuro entrerà in guerra contro di te”.

In Ucraina le cose procedono diversamente. La popolazione sa benissimo che il governo di Kiev è ultracorrotto e ideologicamente affine a idee naziste e nazionaliste. Nel Paese qualunque opposizione democratica al governo è stata abolita, tutte le minoranze etniche sono oggetto di vessazioni di varia natura, il reclutamento nell’esercito avviene in maniera forzata, ormai metà della popolazione se n’è andata e più la guerra durerà, meno sarà intenzionata a rientrare in patria. Lo sanno tutti che l’esercito ucraino usa i civili come scudi umani e li tiene in ostaggio. Tutto ciò comporta che quando i russi hanno la meglio sul piano militare, non vengono visti come occupanti ma come liberatori. Nel Donbass la popolazione vede i russi così come i loro antenati vedevano i sovietici: come liberatori dall’oppressione nazista.

 

[27] Basta con questo Kissinger

 

Il sito theintercept.com ha documentato un bombardamento a tappeto americano della Cambogia tra il 1969 e il 1973 grazie a documenti americani declassificati, dai quali risulta che il suo artefice, l’ex consigliere per la sicurezza nazionale e segretario di Stato Henry Kissinger, è responsabile di più violenze di quanto già si sapeva.

L’indagine di “The Intercept” fornisce prove di attacchi precedentemente non denunciati che hanno ucciso o ferito fino a 150.000 civili cambogiani lungo il confine vietnamita. I villaggi non venivano solo bombardati, ma anche mitragliati da elicotteri e bruciati e saccheggiati dalle truppe statunitensi e alleate. La cosa è stata confermata da più di 75 testimoni cambogiani sopravvissuti.

I documenti dimostrano che l’impunità si estendeva dalla Casa Bianca ai soldati americani sul campo. Nessuno ha mai ricevuto punizioni significative per l’uccisione e mutilazione di civili.

Alla domanda sulla sua colpevolezza per queste morti, Kissinger si è rifiutato di fornire risposte. Eppure il bombardamento americano della Cambogia (Paese in quel momento neutrale) superò più di tre volte quelli che gli USA fecero sul Giappone durante tutta la seconda guerra mondiale.

Secondo Ben Kiernan, docente all’Università di Yale, Kissinger ha contribuito a prolungare la guerra del Vietnam; ha facilitato i genocidi in Cambogia, Timor Est e Bangladesh; ha alimentato varie guerre civili nell’Africa meridionale; ha sostenuto colpi di stato e squadroni della morte in tutta l’America Latina. In una parola ha sulla coscienza il sangue di almeno tre milioni di persone. Ciononostante è stato insignito del Nobel per la Pace nel 1973 e della Presidential Medal of Freedom, il più alto riconoscimento civile americano.

Quest’uomo, che ha passato metà della sua vita a mentire sul suo ruolo negli omicidi, dovrebbe essere processato per crimini contro l’umanità; invece lo si ascolta ancora come grande esperto di geopolitica e relazioni internazionali.

 

Minacciosa la portaerei nucleare Ford

 

La più grande portaerei statunitense del mondo, la USS Gerald R. Ford, che vanta eccezionali progressi tecnologici e progettuali, è arrivata al porto di Oslo, dove rimarrà per diversi giorni prima di essere inviata all’esercitazione con le forze armate norvegesi lungo la costa artica del Paese.

L’ambasciata russa a Oslo non ha tardato a condannare questa ennesima minaccia e provocazione, in quanto non esistono problemi nel nord Europa che richiedano una soluzione militare, tanto meno da parte di una nazione esterna all’area.

Il fatto è che l’area individuata per le attività del gruppo d’attacco guidato dalla portaerei saranno il mare del Nord e l’oceano Artico, cioè proprio il cuore del cosiddetto “bastione” della flotta russa.

Il bastione rappresenta nella dottrina militare russa un luogo “sicuro” dove i sottomarini lanciamissili possono operare per colpire eventuali bersagli sul continente americano. La presenza di un simile gruppo d’attacco in zona mette in discussione la dottrina nucleare russa, e ci dice che le minacce relative a un potenziale conflitto atomico, forse, non sono solo minacce vuote.

Vorrei vedere cosa direbbero gli americani se i russi aprissero delle basi a Cuba e in Messico e se i cinesi lo facessero in Venezuela.

 

In una simulazione gli USA perdono

 

In una simulazione di guerra, condotta dai cinesi, le armi ipersoniche di questi ultimi sarebbero letali per il più potente gruppo da combattimento della flotta USA, che include la portaerei USS Gerald R. Ford (entrata in servizio nel luglio 2017) e altre 5 navi di superficie, scelte per la loro “forza impareggiabile e tecnologia avanzata”.

Per farlo ci sono volute 20 intense battaglie teoriche e una raffica di 24 missili antinave ipersonici.

È la prima volta che vengono resi pubblici i risultati di una simulazione di attacco ipersonico contro un gruppo di portaerei statunitensi. Forse lo si è fatto per far vedere che tale flotta, precedentemente considerata inaffondabile dalle armi convenzionali, può essere tranquillamente distrutta da armi ipersoniche, alcune delle quali sono state lanciate dal deserto del Gobi.

Naturalmente le prestazioni reali di questi missili possono differire da quelle previste dalle simulazioni a causa del terreno, del tempo e di altri fattori imprevedibili. Ma intanto si è fatto capire che la Cina è pronta a prendersi Taiwan.

Nella simulazione sono stati posti diversi vincoli all’esercito cinese, come la mancanza di accesso ai satelliti spia nello spazio e un numero limitato di missili ipersonici, che però erano in grado di navigare ad alta quota e di raggiungere una velocità massima di 11 Mach. Per affondare una portaerei o una grande nave da guerra bastano due colpi.

Il principio alla base del gioco di guerra è stato quello di essere “indulgenti col nemico e severi con se stessi”. Un po’ di filosofia cinese non guasta mai.

Fonte: scenarieconomici.it

 

[28] Una locomotiva impazzita

 

Il “British Media Telegraph” ha detto che il premier Sunak chiederà ai supermercati di limitare i prezzi dei prodotti alimentari di base, perché l’inflazione sembra incontrollabile.

In Francia lo stanno già facendo. Ma nel Regno Unito una cosa del genere non si vedeva dallo choc petrolifero mondiale del 1973, quando premier era Edward Heath.

Inflazione e debiti pubblici stanno facendo collassare l’occidente collettivo e le sue colonie. I BRICS stanno prendendo in considerazione la possibilità di sostenere la loro nuova valuta con l’oro e altri beni di valore, compresi i metalli delle terre rare. Aumentano sempre più i Paesi che chiedono di aderirvi.

D’altra parte la situazione è drammatica. Non solo perché gli USA rischiano di fallire sul piano finanziario e la prima potenza economica europea, la Germania, è ufficialmente in recessione, ma anche perché il debito di 18 Paesi in via di sviluppo ha raggiunto la cifra record di oltre 100.000 miliardi di dollari, pari a circa il 250% del PIL. Un aumento significativo rispetto ai 75.000 miliardi di dollari registrati nel 2019.

L’uso della moneta sembra essere fuori controllo in occidente e nella sua periferia dipendente. Il debito globale del pianeta è già di 305.000 miliardi di dollari (333% del PIL) e si accelera la tendenza alla de-dollarizzazione. Le banche centrali, le stesse emittenti di valuta fiat, stanno accumulando oro in modo aggressivo. Il capitalismo privato occidentale è come quella locomotiva impazzita del film A 30 secondi dalla fine (Runaway Train) del regista russo Andrej Končalovskij.

 

Un regolamento di conti a suon di missili

 

Kiev ha ufficialmente richiesto missili da crociera Taurus a Berlino, in grado di raggiungere Mosca, perché possono volare per 500 km. Questo vuol dire che il governo neonazista può organizzare un’escalation incontrollata della guerra.

Ma anche Mosca non sta con le mani in mano. Dopo la distruzione del sistema di difesa aerea American Patriot (una sola batteria costa un miliardo di dollari) ha aumentato di cinque volte la produzione del missile ipersonico Kinzhal: praticamente 10 al mese.

In Ucraina era già stato utilizzato per la prima volta il 18 marzo 2022 per colpire un grande magazzino sotterraneo a Lvov, dov’erano immagazzinate armi e munizioni consegnate dalla Polonia.

Il Kinzhal può raggiungere velocità superiori a Mach 10 e può volare per 2.000 km. Ha una imprevedibile traiettoria e una possente testata. Costa un milione di dollari.

Proprio questo missile, sulla cui efficacia il mainstream occidentale mente spudoratamente, ha messo in luce tutta la vulnerabilità delle basi degli Stati Uniti nell’Oceano Pacifico. Si noti che la Cina ha nel suo arsenale missili con caratteristiche simili. Quindi ora sa che può distruggere le basi militari americane nella regione del Pacifico, coperte proprio da un gran numero di Patriot.

Che sia questo il motivo per cui in questi giorni i leader cinesi, dopo l’incontro di Vienna del 10-11 maggio, non rispondono più a telefonate provenienti dai leader americani? Sta forse suonando per Taiwan l’ultima campana?

 

Da T.S.O.

 

L’attore russo Yuri Stoyanov ha raccontato che durante le riprese della pellicola Hitler Kaputt il sindaco di Leopoli ha ordinato uno spettacolo pirotecnico, esaltando la presenza degli attori nell’uniforme nazista.

Gli abitanti della città erano esaltati al vedere l’atmosfera del 1945; svastiche e bandiere del Terzo Reich erano appese ovunque.

Sin dal primo giorno si sono riversati nelle strade con fiori, vestiti con i costumi nazionali ucraini, hanno portato un rinfresco e organizzato un ballo in onore dei simboli nazisti. Per due giorni non hanno potuto iniziare le riprese perché la gente locale voleva fare foto con loro, come se fossero dei veri nazisti.

 

[29] La Zakharova è un fiume in piena

 

Lo sanno tutti che gli USA hanno ereditato il nazismo tedesco rivestendolo di una patina democratica, quella del consumismo di massa, della democrazia rappresentativa, della retorica sui diritti umani, della fabbrica dei sogni hollywoodiani, ecc. Senza gli scienziati nazisti gli USA non avrebbero inventato le armi atomiche, i missili balistici, i satelliti... Persino ai vertici della NATO, nella sua fase iniziale, vi erano ex ufficiali nazisti.

Questa collaborazione tra USA e Germania nazista non nacque dopo la fine della guerra mondiale ma molto tempo prima. Lo spiega bene Maria Zakharova, rappresentante ufficiale del Ministero russo degli Affari Esteri.

Al tribunale di Norimberga il ministro dell’Economia della Germania nazista, Jalmar Schacht, sostenne che i finanziamenti del Terzo Reich provenivano anche dall’estero e fece il nome di due grandi aziende americane: Ford e General Motors.

Con Schacht fu stipulato dagli USA un tacito accordo: libertà in cambio di silenzio. E così, nonostante le proteste dei sovietici, fu liberato e visse fino a 93 anni.

Lo stesso Henry Ford era un Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito dell’Aquila Tedesca. Le sue fabbriche in Germania non solo producevano fino a 70.000 camion all’anno per le esigenze della Wehrmacht, ma utilizzavano a questo scopo anche il lavoro dei prigionieri, compresi quelli di Auschwitz.

La General Motors era molto più importante delle banche svizzere per la macchina da guerra nazista. La Svizzera era solo un deposito di denaro rubato, ma la General Motors era parte integrante dello sforzo bellico tedesco. Il Terzo Reich avrebbe potuto invadere la Polonia e la Russia senza l’aiuto della Svizzera, ma non avrebbe potuto farlo senza l’aiuto della General Motors.

La Kodak produceva spolette per bombe aeree nella sua fabbrica in Germania, utilizzando anche manodopera di prigionieri di guerra.

Lo stabilimento della Coca-Cola a Colonia, anche prima di essere nazionalizzato dal governo tedesco, forniva costantemente bibite anche ai soldati tedeschi. La famosa Fanta fu addirittura inventata dai nazisti.

Il gigante petrolifero Standard Oil aiutò Hitler a superare la carenza di prodotti petroliferi e partecipò allo sviluppo della gomma sintetica e del carburante sintetico.

E l’IBM Corporation produsse per i nazisti macchine per la contabilità e il controllo, comprese quelle per la produzione di petrolio. Tra le altre cose, le loro apparecchiature aiutavano a tenere traccia degli orari dei treni nei campi di sterminio.

La JPMorgan Chase & Co e poi la Chase National Bank hanno permesso a Berlino di fare transazioni multimiliardarie oltreoceano. La Chase collaborò con la Banca dell’Alleanza tedesca anche in questioni come l’assicurazione per la proprietà e la vita delle guardie dei campi di concentramento del Terzo Reich.

 

Falso che Iran e Afghanistan siano in guerra

 

Il mainstream occidentale ha diffuso la notizia che i talebani dell’Afghanistan han dichiarato guerra all’Iran. Ma, come al solito, è un’altra falsità. Ormai non si sa più cosa dire o fare per distogliere l’attenzione dal disastro della NATO in Ucraina.

È vero, si sono verificati scontri al confine (sul cosiddetto Ponte della Seta), con almeno un morto da entrambe le parti, ma nessuna dichiarazione di guerra. L’osservanza dell’“Accordo sul fiume Helmand” per l’approvvigionamento idrico tra Iran e Afghanistan è un caposaldo della politica di entrambi i Paesi. Le macchinazioni degli americani per far scoppiare un conflitto al confine tra i due Paesi e rendere più difficile per i Talebani raggiungere i loro obiettivi strategici con Cina e Russia, non hanno sortito l’effetto sperato.

Non dimentichiamo che l’Iran ha sempre sostenuto i Talebani nella guerra contro l’occupazione americana. E a tutt’oggi l’Iran ha bisogno del transito afghano per i propri commerci, mentre l’Afghanistan ha bisogno della benzina iraniana.

Semmai i problemi sono altri e tutti interni all’Afghanistan. Le fazioni talebane più integralistiche della provincia di Helmand stanno cercando di aumentare la loro autonomia dal governo di Kabul.

Queste fazioni vogliono controllare i posti di blocco al confine, poiché producono un fatturato annuo superiore a un miliardo di dollari.

Inoltre Helmand è una delle province principali del Paese per la coltivazione del papavero da oppio (poco meno della metà della produzione mondiale). E i Paesi che vogliono commerciare con l’Afghanistan stanno chiedendo che questa produzione di eroina venga progressivamente ridotta. Tuttavia il governo centrale di Kabul non riesce ad avere la meglio su queste fazioni.

Un altro problema è stato sollevato dal ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov: il ritiro precipitoso della NATO ha fatto sì che un quantitativo enorme di armi e attrezzature militari siano rimaste nel Paese a disposizione di varie fazioni talebane estremistiche.

 

[30] Arabia felix

 

Il principe ereditario Mohammed bin Salman, un trentenne amante della tecnologia, sta usando i soldi delle vendite petrolifere per trasformare l’economia dell’Arabia Saudita con progetti faraonici, tessendo al contempo una nuova rete di alleanze geopolitiche. Le sanzioni nei confronti degli idrocarburi russi stanno favorendo l’export del greggio saudita come mai prima d’ora.

Riyadh si sta allontanando dall’interventismo aggressivo nei confronti dei Paesi vicini per dare priorità al soft power. Questa tattica comprende un riavvicinamento strategico con la Cina (il suo miglior cliente), alleanze occasionali con la Russia per controllare i prezzi del petrolio, e aperture ad altre potenze emergenti, come il Brasile e il Sudafrica.

Inoltre ha ripristinato le relazioni diplomatiche, interrotte dal 2016, con l’Iran; ha stabilito colloqui di pace con gli Houthi per porre fine alla guerra in Yemen; e ha voluto riammettere nella Lega Araba il suo ex nemico, il presidente siriano Bashar al-Assad.

Il che non vuol dire che il principe stia pensando solo a migliorare l’economia e la geopolitica del Paese (che ha poco meno di 40 milioni di abitanti). Si sta anche armando sempre di più: ha il quinto bilancio militare più grande al mondo, e in questo momento è il secondo Paese al mondo che acquista più armi.

Per fortuna non si parla solo di armi. Infatti Riyadh si è candidata a ospitare la Coppa del Mondo e l’Expo nel 2030. Vuole ospitare i tornei mondiali di golf e di Formula 1. Vuol creare un potente ambiente museale, paragonabile a quello di Parigi. Non bada a spese.

L’Università King Saud sta chiedendo a decine di scienziati occidentali di creare nel Paese i migliori centri educativi del pianeta. Verrà presto realizzato un proprio canale di notizie in lingua inglese, rivale di Al Jazeera del Qatar.

Vuole costruire Neom, una città-muro grande come il Belgio, in mezzo al deserto, dove non circolerà nemmeno un’auto.

Si vuole fare di Riyadh un centro turistico mondiale, come altre capitali del Golfo (p.es. Dubai e Doha), andando al di là del semplice turismo religioso di Mecca e Medina, dove possono entrare solo i musulmani. Si dovranno per forza potenziare le compagnie aeree.

Quando lanciarono sette anni fa il progetto “Vision 2030” l’obiettivo dei sauditi era duplice: diversificare l’economia in previsione di un futuro in cui il petrolio sarà residuale (è da 85 anni che lo si estrae nel Golfo Persico) e realizzare un cambiamento di mentalità interno, con un certo grado di liberalizzazione sociale (per indurre i giovani a non emigrare) e aumentando la partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Questa strategia vuol seguire le orme dei modelli del Qatar e degli Emirati, ovviamente su scala molto più ampia.

I sauditi non stanno diventando una democrazia, né promettono elezioni parlamentari, né adottano i valori occidentali: semplicemente hanno intenzione di realizzare delle riforme per rafforzare l’autorità politica della famiglia reale.

In ogni caso ne trae beneficio la situazione dei diritti umani, vero punto dolente in un Paese così chiuso e diseguale come questo. Ad es. nel 2018 è stato rimosso il divieto di guida per le donne: questo perché si vuole espandere l’occupazione nel settore privato, che richiede una forza lavoro femminile, e risolvere il problema di quel 20% di popolazione povera.

Naturalmente c’è un “ma”. Per realizzare tutto ciò l’Arabia ha bisogno che il prezzo del greggio rimanga alto. Questo vuol dire che deve contare soprattutto sulla stabilità dell’occidente, che però sta arrivando al capolinea nella sua egemonia mondiale.

Fonte: m.dagospia.com

 

Sic semper tyrannis

 

Il senatore repubblicano americano Lindsey Graham durante una visita a Kiev ha dichiarato a Zelensky: “I russi stanno morendo. Non abbiamo mai speso soldi così bene”.

Per queste dichiarazioni (che in realtà erano distinte) il comitato investigativo russo ha ordinato l’apertura di un procedimento penale contro Graham, reo di aver “dichiarato il coinvolgimento finanziario degli Stati Uniti nel causare la morte di cittadini russi”. Non dimentichiamo che Graham è stato uno dei protagonisti del golpe neonazista del 2014. Non è la prima volta che considera i russi dei criminali di guerra.

Dopo che Putin aveva lanciato la sua operazione speciale lo scorso anno, Graham aveva twittato che l’unico modo per vincere la guerra era quello di eliminarlo fisicamente. All’epoca l’ambasciatore di Mosca a Washington aveva denunciato la dichiarazione come “criminale” e un “appello al terrorismo”.

Il senatore continua a sostenere che per porre fine alla guerra in Ucraina bisogna sconfiggere Putin. Secondo lui gli ucraini vinceranno se all’arma che già dispongono, lo Storm Shadow, fornita dagli inglesi, riusciranno a unire i missili a più lungo raggio chiamati ATACMS e munizioni a grappolo.

Lo stesso senatore ha anche detto che gli USA devono rafforzare la marina per contenere la Cina.

Ormai è chiaro che chiunque vinca le elezioni americane nel 2024, difficilmente potrà sfuggire al trinomio più debiti - più armi - più guerre. Quando gli Stati Uniti vedono minacciato il loro dominio globale sul piano finanziario e militare, reagiscono nell’unico modo in cui sanno, cioè gonfiando ancora di più il loro enorme debito, imponendo sanzioni (insieme a Bruxelles e G7) ai non allineati, oltre che minacciarli con conflitti, fino a una guerra nucleare.

 

Kosovo esplosivo

 

Il ministero della Difesa italiano ha riferito che 34 soldati del contingente internazionale della NATO in Kosovo (KFOR) sono rimasti feriti dopo scontri nel nord del Kosovo. Si tratta di 14 italiani, oltre a ungheresi e moldavi. La situazione nella regione rimane tesa. Ma, come al solito, non ha spiegato il motivo né la dinamica degli scontri.

Tutto è nato in seguito alla provocatoria cerimonia d’insediamento di un sindaco di etnia albanese a Zvečan, un piccolo paese nel nord del Kosovo, a pochissima distanza dal confine serbo. La reazione della popolazione locale serba è stata immediata, ma pacifica. Solo dopo che le forze di sicurezza del Kosovo e i combattenti della KFOR avevano lanciato lacrimogeni e granate assordanti, sono avvenuti gli scontri veri e propri.

Da notare che anche a Leposavich e Zubin Potok, dove vivono molti serbi, sono stati eletti sindaci i rappresentanti degli albanesi.

I tafferugli più violenti sono iniziati fra manifestanti e le unità speciali ROSU della polizia kosovara, con le quali c’è una lunga storia di tensioni fortissime e che i serbi considerano occupanti. Da lì la situazione è degenerata e nel mirino della rabbia popolare sono finite anche le truppe NATO. Sono rimasti feriti 52 residenti locali.

Il Kosovo è destinato a diventare un altro Donbass. Dietro questi scontri vi è indubbiamente la volontà americana, che già parla di “radicali serbi”. Si vuole indurre la Russia a distogliere la propria attenzione dall’Ucraina e a disperdere in altri campi la propria forza militare.

Intanto il presidente serbo Vučić ha dispiegato le forze armate al confine amministrativo col Kosovo, e ha chiesto un incontro con gli ambasciatori russo e cinese.

 

[31] Ma quanto siamo distopici!

 

In Europa occidentale stiamo assistendo a questo paradosso: proprio quella socialdemocrazia, che avrebbe dovuto sentirsi ideologicamente più vicina alla Russia, è, a causa delle sanzioni antirusse e della guerra per procura che sta conducendo in Ucraina, la principale responsabile della crisi economica del vecchio continente. Tuttavia la netta maggioranza della popolazione europea, pur essendo contraria sia alla guerra che alle sanzioni, quando vuole punire la socialdemocrazia, non avendo una vera sinistra da votare, preferisce la destra. Cioè dà un voto di protesta (ultimamente l’ha fatto in Spagna), sapendo benissimo che in politica estera la destra è filoatlantista come la socialdemocrazia (che in Italia si chiama centrosinistra). Questo a testimonianza che la politica parlamentare nazionale non ha alcuna possibilità di risolvere i veri problemi della politica estera, né quelli bellici né quelli economici. In questa guerra la UE ha dimostrato in una maniera incredibilmente vergognosa d’essere soltanto una colonia americana.

La UE è tagliata fuori dal progetto multipolare dei BRICS, ma anche da quelli del mondo islamico e dei continenti africano e sudamericano, tutti intenzionati a costruire un nuovo ordine mondiale. Per colpa degli americani ci troviamo dall’altra parte della barricata, da dove diciamo parole senza senso che riguardano i diritti umani, la legalità internazionale, la democrazia rappresentativa... Viviamo in un universo parallelo, in un mondo distopico, affetti da autismo cognitivo, che c’impedisce di stabilire relazioni normali col resto dell’umanità.

 

Sarà un assassino ma è intelligente

 

L’Arabia Saudita si sta allontanando sempre più dal suo storico protettore, gli USA, che in cambio dell’idea di Kissinger di sostituire il dollaro col petrodollaro, garantivano protezione militare e alti tassi d’interesse.

Ma sarebbe un errore pensare che Washington abbia ridotto il proprio coinvolgimento nel Golfo Persico a causa dell’omicidio, attribuito a un ordine diretto di Bin Salman, del giornalista Jamal Khashoggi nel consolato saudita di Istanbul (Turchia) alla fine del 2018.

Il vero problema è che i sauditi vogliono decidere in autonomia il prezzo del greggio e venderlo anche ai nemici storici degli americani (come p.es. i cinesi), senza dover dipendere dai desiderata della Casa Bianca. Per loro la guerra in Ucraina era un’occasione da non perdere.

E poi gli USA, dopo le disastrose esperienze belliche e/o economiche in Libano, Iran, Iraq, Yemen, Siria, Afghanistan, sentono d’essere detestati dai Paesi islamici del Medio Oriente, anche perché continuano a difendere a spada tratta un Paese razzista e guerrafondaio come Israele.

Bin Salman sarà un assassino, ma ha dimostrato d’avere talento da vendere in politica estera: grazie alla mediazione cinese ha ripreso alla grande i rapporti con gli iraniani; ha stabilito accordi occasionali con la Russia sia sui prezzi petroliferi che sull’ingresso nel gruppo dei BRICS; ha interrotto la guerra con lo Yemen e ha riammesso la presenza della Siria nella Lega Araba. La stessa Cina è diventata il suo principale acquirente petrolifero; e insieme, Bin Salman e Xi Jinping, si sono convinti a snobbare il dollaro. E per quanto riguarda la protezione militare sa benissimo che Mosca e Pechino non sono inferiori a Washington.

Gli USA sono tagliati fuori. E la UE se vuole comprare idrocarburi dall’OPEC, i precedenti prezzi dei russi se li può scordare. Senza l’apporto energetico e a buon mercato della Siberia, la UE è destinata a impoverirsi sempre di più.

Last but not least: l’Arabia Saudita, grazie al suo deserto che le garantisce energia solare illimitata, vuole diventare il primo Paese al mondo a uscire totalmente dagli idrocarburi!


Giugno

 

 

 

[1] Scenario apocalittico in vista

 

I tassi d’interesse più elevati, usati per frenare l’inflazione, stanno in realtà uccidendo la crescita economica, poiché senza denaro facile non c’è sviluppo. La Germania, locomotiva della UE, è ufficialmente in recessione.

Negli USA continua a salire il prezzo della benzina a livelli storici. I tassi d’interesse sui mutui a 30 anni sono arrivati al 7,14%. La quotazione del rame (parametro anticipatorio di crisi finanziaria) continua a scendere (nessuno investe sulle materie prime in tempi di crisi ).

Il CEO di JP Morgan dichiara di prepararsi a un ulteriore aumento dei tassi, consigliando ai regolamentatori del mercato azionario di bloccare le vendite allo scoperto sui titoli bancari. Cosa mai vista a Wall Street.

Le aziende americane stanno dichiarando bancarotta al ritmo più veloce degli ultimi 13 anni. L’aumento è addirittura più visibile tra le grandi aziende, piene di enormi debiti: ci sono state 236 dichiarazioni di fallimento o istanza di protezione dal fallimento nei primi quattro mesi di quest’anno, più del doppio dei livelli del 2022.

Per affrontare la crescente inflazione la FED ha adottato misure di violenta restrizione monetaria, aumentando i tassi e riducendo la liquidità. Ma riportare l’inflazione al 2% sembra essere un miraggio. Anzi, tali misure stanno destabilizzando in molti Paesi l’allocazione dei capitali, il sistema dei cambi e quello dei tassi d’interesse.

Il Giappone sta smettendo di comprare i titoli di stato USA: le sue detenzioni di Treasury sono passate in un anno da 1.229 a 1.088 miliardi di dollari. La riduzione di 141 miliardi è stata praticamente identica a quella della Cina, che è stata di 144 miliardi.

Si è rotto un equilibrio di interessi reciprocamente vantaggiosi tra Giappone e Stati Uniti che durava da decenni, coi giapponesi che sono stati sempre grandi acquirenti di titoli americani.

Il FMI ha esortato Washington ad adottare misure fiscali più severe per far fronte al crescente debito federale del Paese, altrimenti il default sarà inevitabile.

Insomma nella solidità degli USA ormai non crede più nessuno.

 

Erdoğan ha davvero vinto?

Il presidente turco Erdoğan resterà al potere un altro quinquennio (salute permettendo), ma dovrà risolvere problemi di non poco conto, tra cui quello di come far ritornare nelle rispettive patrie i 10 milioni di rifugiati, per lo più siriani, che il suo Paese si trova a gestire.

Questo è un problema che lui stesso in parte ha creato combattendo negli anni passati contro la Siria. Ora però sono le destre che lo cavalcano, quelle ultranazionaliste e/o islamiste, che alle ultime elezioni hanno ottenuto più del 30% dei voti parlamentari, soprattutto da parte dei ceti marginali, che vedono i profughi come concorrenti nella distribuzione delle risorse pubbliche. Per non parlare del fatto che non pochi rifugiati costituiscono una fonte di manodopera a basso costo.

L’altro problema gigantesco è quello economico e finanziario: la lira turca non vale quasi niente e il tasso d’inflazione su base annua ha toccato il 50,51% a marzo. Ma il dato è dell’Istituto di statistica nazionale. Secondo altre fonti indipendenti è stato, sempre su base annua, tra il 112 e il 137%. Ed è ben noto che Erdoğan continua a essere convinto che l’inflazione si sconfigga con bassi tassi di interesse, quando in tutto il mondo si fa il contrario.

Per essere rieletto Erdoğan ha spostato circa 500.000 dipendenti pubblici da contratti a tempo determinato a posizioni permanenti, ha aumentato i pagamenti delle pensioni, ha concesso credito a basso costo per le piccole imprese, ha offerto benefici di prepensionamento a più di 2 milioni di turchi, ha aumentato il salario minimo. Sembra che per lui il denaro sia solo un mezzo di scambio o possa essere offerto a volontà dallo Stato per fare impresa e non abbia nessun’altra funzione. Non gli interessano i deficit di bilancio né le riserve di valuta forte; non lo preoccupa più di tanto l’inflazione galoppante e pensa che i tassi di cambio tra gli Stati debbano avere l’oro come punto di riferimento. Quando sente la Banca centrale lamentarsi che i problemi finanziari sono insostenibili, obbliga gli istituti di credito ad acquistare titoli di stato in dollari. Ha una concezione primitiva del capitalismo.

Fino adesso gli è andata bene perché le merci industriali del suo Paese sono molto competitive all’estero, avendo prezzi molto bassi, e poi perché riceve milioni di euro da parte della UE affinché si tenga in casa tutti i profughi che gli arrivano dai Paesi in guerra o dissestati. Ma il Paese, oggettivamente, resta molto fragile e le sue proiezioni di potenza nel Mediterraneo e in altri scenari sono solo fumo negli occhi.

Tuttavia ha fatto bene a rifiutare le sanzioni alla Russia: in questa maniera la Turchia può diventare un’importante centro di smistamento degli idrocarburi siberiani. Bisognerà però vedere fino a che punto USA e UE glielo permetteranno.

 

Biden accusato di corruzione

 

Il direttore dell’FBI Christopher Wray ha confermato il coinvolgimento dell’allora vicepresidente Biden in un piano di corruzione criminale con uno straniero per almeno 5 milioni di dollari (ma si pensa siano il doppio, poiché non era coinvolto solo lui).

Tuttavia non ha specificato quale Paese straniero (si tratta in realtà di Cina e Romania) e non ha inviato i documenti alla Camera dei rappresentanti.

Il repubblicano James Comer avvierà contro l’FBI il procedimento di oltraggio al Congresso.

L’FBI è già accusato dai repubblicani di collusione con i democratici su una serie di episodi: un caso inventato contro Trump, soppressione di materiali compromettenti contro la famiglia Clinton e la famiglia Biden.

La politica americana non vede in Biden un pericoloso guerrafondaio e una seria minaccia per la stabilità economica del Paese, ma solo una persona venale.

 

[2] Dio li fa e poi li accoppia

 

Maia Sandu, presidente della Moldavia, è pronta a dare alle Forze Armate ucraine il diritto di attaccare la Transnistria, la regione secessionista filo-russa già dichiaratasi indipendente dallo Stato centrale nel 1992, e da allora occupata dalle truppe russe di “mantenimento della pace”. L’ha detto ai 47 leader della Comunità politica europea, di cui fanno parte tutti i Paesi del continente, eccetto Russia e Bielorussia. L’incontro è avvenuto in Moldavia, nel villaggio di Bulboaca, vicino a Chisinau.

Zelensky addirittura ha deciso di minacciare di morte i transnistriani: ha offerto all’esercito TMR la possibilità di “morire o andarsene”.

È chiaro che la NATO vuole aprire un secondo fronte. Ed è altrettanto chiaro che la Russia occuperà Odessa e unirà il Donbass alla Transnistria, e se verrà attaccata direttamente dall’esercito moldavo, occuperà pure la Moldavia.

A dir il vero Zelensky ha precisato che “Kiev interverrà nella situazione dopo la fine del conflitto con la Russia”. Quindi la sua sembra essere, più che altro, una smargiassata, come al solito. Questo suo atteggiamento è stato ampiamente condiviso da un’altra leader che è in fondo come lui: la Meloni. Che non ha mancato di dire una grandissima stupidaggine, distinguendosi per il suo basso livello di consapevolezza geopolitica: “Oggi lavoriamo in Moldavia, che è un’altra nazione minacciata e che sarebbe già stata coinvolta se gli ucraini non si fossero difesi come stanno facendo”.

È il governo moldavo che vuole occupare la Transnistria, come già in passato ha cercato di fare, imitando, in questo, il governo di Kiev nei confronti del Donbass. Non è la Russia che vuole occupare la Moldavia, tant’è che non ha mai riconosciuto la Transnistria come Stato separato. Le forze russe lì presenti sono su mandato dell’ONU.

 

Borrell non si smentisce mai

 

Il capo della diplomazia della UE, Josep Borrell, ha affermato, contro ogni buon senso diplomatico, che il problema della Transnistria non impedirà alla Moldavia di diventare membro dell’Unione Europea. Questo perché anche Cipro è diventata membro della UE pur in presenza di “problemi territoriali”.

Due cose evidenti non ha capito: la prima è che la Transnistria non è stata occupata dalla Russia, così come invece la parte nord di Cipro è stata occupata dalla Turchia nel 1974. L’autoproclamatasi Repubblica Turca di Cipro del Nord, che copre circa il 36% della superficie dell’isola, è riconosciuta dalla sola Turchia.

La seconda è che è stato un errore ammettere Cipro nel 2004 nella UE senza prima aver risolto la questione dell’occupazione turca di una parte dell’isola. L’ingresso nella UE è stato un’implicita ammissione che la questione cipriota andava accettata come un dato di fatto. I greco-ciprioti, aderendo alla UE, si sono illusi che quella anomalia sarebbe stata risolta, ma la UE se ne è servita proprio per impedire alla Turchia di entrare nella UE.

Ricordiamo inoltre che furono gli inglesi, volendo sfruttare l’isola come una colonia, a favorire questa situazione assurda: infatti tennero sempre rigorosamente separate le due comunità, negarono qualunque riunificazione con la Grecia e impedirono qualunque forma di autogoverno degli isolani.

La comunità turco-cipriota ha sempre preferito essere una forte minoranza in una colonia britannica che una piccola minoranza all’interno del più vasto Stato greco.

Ancora oggi il Regno Unito continua a gestire due vaste basi militari nell’isola, in funzione di controllo sul Medio Oriente. L’ONU non ha mai fatto nulla di concreto per risolvere tale questione, proprio perché impedita dagli inglesi.

 

Una mela avvelenata

 

Gli specialisti dell’intelligence russa hanno scoperto un’operazione su larga scala dell’intelligence americana.

Con l’aiuto di malware precedentemente sconosciuti, diverse migliaia di smartphone Apple sono stati infettati. Siccome gli utenti russi sono stati colpiti contemporaneamente in varie parti del mondo, si dà per scontato che vi sia una stretta collaborazione della società americana Apple con i servizi speciali statunitensi. Il malware serve per controllare le persone, per rubare i loro dati personali e trasferirli altrove.

Prendere nota di questo e ricordarsene la prossima volta che si comprano prodotti della Apple.

 

Corrotti e sessuomani

 

Tara Reade, ex membro dello staff del Senato che ha accusato nel 2020 Joe Biden di una violenza sessuale avvenuta nel 1993 (quando lavorava nel suo staff), si è trasferita in Russia, perché non si sente più sicura negli Stati Uniti.

La Reade ha affermato di aver subìto minacce di morte, minacce di prigione e feroci diffamazioni contro la sua persona (naturalmente è accusata d’essere una spia al servizio del Cremlino). Un parlamentare repubblicano le ha detto ch’era in pericolo di vita. A marzo era in trattative coi legislatori repubblicani per testimoniare davanti al Congresso.

Reade ha detto d’essersi rivolta a un’organizzazione “Me Too” chiamata “Time’s Up” che nel 2018 aveva ricevuto milioni di dollari di donazioni dalle star di Hollywood per fornire assistenza legale e pubbliche relazioni ai sopravvissuti ad abusi sessuali. Da allora però “Time’s Up” è stata smantellata, in quanto profondamente corrotta: infatti la campagna Biden ha dato a “Time’s Up” oltre 2,2 milioni di dollari per metterla a tacere mentre rendeva pubbliche le sue accuse contro il potente democratico.

Insomma negli USA la corruzione dilaga ovunque e ormai non c’è presidente che non sia coinvolto in qualche scandalo sessuale.

Fonte: amgreatness.com

 

[3] Cosa fare dell’Ucraina che rimarrà?

 

A Oslo, in Norvegia, i ministri degli Esteri della NATO, in vista del summit dell’11 luglio in Lituania, si stanno chiedendo come comportarsi nei confronti dell’Ucraina: farla entrare subito nell’Alleanza o aspettare la fine della guerra (come richiederebbe lo statuto per quei Paesi che hanno contenziosi in atto)? Per fortuna non c’è unanimità, altrimenti, se decidessero di soddisfare le richieste di Kiev, la guerra mondiale sarebbe assolutamente inevitabile.

Il regime di Zelensky infatti sa benissimo che senza l’appoggio della NATO, non ha alcuna possibilità di vincere la guerra e tanto meno di ottenere la restituzione dei territori perduti. Quel che non sa è che il Donbass e la Crimea non li riavrà neppure con l’appoggio diretto della NATO, neppure se vince la guerra, cioè neppure se la Russia accetta l’idea di non poter conseguire tutti gli obiettivi previsti dall’operazione speciale.

Anzi sarà già molto se Mosca permetterà a Kiev di poter far entrare nella NATO quella parte di Ucraina a ovest del Dnper. Infatti, per motivi di sicurezza, una zona cuscinetto di almeno 100 km dovrà essere completamente smilitarizzata.

La proverbiale pazienza dei russi si sta progressivamente esaurendo: dopo 15 mesi di guerra non riescono più a sopportare atteggiamenti intimidatori o provocatori. Kiev e la NATO stanno tirando troppo la corda. Lo stesso ingresso della Finlandia, Paese confinante per 1.340 km, viene considerato una minaccia, soprattutto per la città di San Pietroburgo. Tra un po’ sarà la volta della Svezia: cosa che renderà molto difficile la navigazione della flotta russa nel Mar Baltico e quindi i rifornimenti alla exclave di Kaliningrad.

Sulla possibilità di un accesso dell’Ucraina nella NATO, finora, tra i ministri degli Esteri, si era ipotizzato uno scenario come quello che caratterizza le due Coree, senza che vi sia un vero trattato di pace. Oppure uno scenario di tipo tedesco, come al tempo della guerra fredda, quando la riunificazione non era ancora avvenuta. La Repubblica federale tedesca fu ammessa nella NATO nel 1955, pur avendo una frontiera orientale che non accettava. Tuttavia Bonn non era in guerra con Mosca, e l’art. 5 dello Statuto aveva natura solo difensiva.

L’Ucraina cioè potrebbe accettare di congelare il conflitto prima ancora di aver recuperato tutti i suoi territori, e in cambio otterrebbe l’ingresso nella NATO come garanzia della sua sicurezza, rimandando a tempi migliori il recupero dei territori perduti.

L’ala oltranzista della NATO vuole naturalmente che una qualunque trattativa sia ottenuta dopo una sconfitta militare della Russia. Sembra che non si sappia che anche in Russia esiste un’ala oltranzista che vorrebbe usare le maniere forti.

 

Il neocolonialismo inglese in Africa

 

A metà del XX sec. il governo britannico decise di riconoscere l’indipendenza politica delle sue colonie africane, ottenendo in cambio una sorta di neocolonialismo di tipo economico e finanziario, sul modello di quello americano. Al controllo diretto subentrò quello indiretto.

D’altra parte la maggior parte delle ex colonie non aveva industrie nazionali o lavoratori qualificati per svilupparle. Anche il tentativo di guadagnare qualcosa vendendo risorse era destinato a fallire, poiché il mercato internazionale era già diviso tra gli Stati più avanzati.

Alle ex colonie non restava che chiedere aiuto al loro ex colonizzatore per potersi sviluppare sul piano capitalistico. Fu così che nacque una nuova forma di dipendenza.

Ma al Regno Unito cosa interessava fare in Africa? Anzitutto concedere crediti per indebitare le ex colonie e poterle ricattare in qualunque momento. In secondo luogo avere mano libera nello sfruttamento minerario di talune materie prime. In terzo luogo conservare delle basi militari strategiche da poter utilizzare in caso di gravi problemi di stabilità. Agli inglesi non interessava sviluppare né l’agricoltura né i mezzi di comunicazione, la viabilità, la formazione, la sanità ecc. Al massimo si accettava l’idea di addestrare sul piano militare un personale africano.

Naturalmente il neocolonialismo non ha affatto garantito alcuno sviluppo generale delle ex colonie. Semmai il contrario: ha accentuato la polarizzazione tra le classi sociali. E quindi ha peggiorato il problema della sicurezza.

Stessa cosa in Africa hanno fatto tutte le altre potenze capitalistiche, che spesso si servono di formazioni terroristiche per rovesciare quei governi che appaiono troppo democratici.

Ora però con lo sviluppo dei BRICS e dell’idea di multipolarità molte cose stanno cambiando.

Il prossimo XV vertice dei Cinque si terrà il 22-24 agosto. Bisognerà fare molta attenzione a cosa verrà deciso, poiché l’intero continente africano vuol uscire dalla sua condizione di subalternità.

Al recente incontro in Sudafrica erano presenti come Paesi osservatori: Argentina, Bangladesh, Comore, Cuba, Gabon, Congo, Egitto, Indonesia, Iran, Kazakistan, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita, tutti desiderosi di entrare nei BRICS e di fare affari reciprocamente vantaggiosi. La nuova valuta per gli scambi internazionali verrà probabilmente gestita dalla New Development Bank di Shanghai, che fungerebbe da stanza di compensazione.

 

L’importante è non avere scrupoli

 

Il governo ucraino ha trovato un nuovo modo per ricostituire il tesoro a spese dei comuni cittadini. I gestori di luce, gas, acqua... stanno facendo causa alle persone per mancato pagamento delle bollette, anche nel caso in cui gli utenti si erano dovuti trasferire altrove per colpa della guerra.

A causa di questi debiti le persone subiscono il blocco delle loro carte di credito bancarie, comprese quelle sociali emesse per ricevere assegni familiari, pensioni o altri pagamenti a titolo di indennizzo.

Il blocco delle carte bancarie riguarda anche i militari, tant’è che non possono acquistare un’uniforme o pagare le cure mediche. Incredibile che il regime neonazista ucraino, dopo aver ricevuto milioni di dollari dall’occidente, non possa provvedere neppure alle proprie truppe in queste esigenze elementari.

 

[4] Piano di pace indonesiano

 

Nel suo intervento al Shangri-La Dialogue, conferenza sulla sicurezza, a Singapore, il ministro della Difesa di Giacarta, Prabowo Subianto, ha parlato di un piano in più punti per risolvere il conflitto in Ucraina.

La proposta prevede un cessate il fuoco sulle posizioni attuali di entrambe le parti belligeranti e la creazione di una zona smilitarizzata con un ritiro di 15 km dalle posizioni avanzate di ciascuna parte. La zona smilitarizzata dovrebbe essere osservata e monitorata da una forza di pace dispiegata dalle Nazioni Unite.

Inoltre dovrebbe essere indetto un referendum da parte dell’ONU al fine di accertare oggettivamente la volontà della maggioranza degli abitanti delle varie aree contese.

È fattibile questa proposta? Ci si può fidare dell’ONU, che non ha fatto niente di concreto per risolvere il problema della crescente nazificazione dell’Ucraina? Ha senso rifare dei referendum in territori già ufficialmente riconosciuti come facenti parte della Federazione Russa e dove la popolazione antirussa se n’è già andata? Lo sa Subianto che l’unica intenzione espressa dal regime di Kiev (sostenuto ampiamente da USA e UE) è quella di ripristinare l’integrità territoriale della nazione antecedente al 2014 e di non riconoscere alcun valore al principio di autodeterminazione dei popoli?

Queste proposte sono ormai fuori tempo massimo. Andavano fatte appunto quando era in corso la guerra civile scatenata da Kiev contro il Donbass.

È preferibile la proposta del rappresentante cinese in Ucraina, Li Hui, secondo cui per ottenere la pace è necessario che l’occidente smetta di dare armi al regime di Kiev. Mosca non ha intenzione né di cedere il Donbass (anche perché i residenti son tutti filorussi) né di occupare l’Ucraina. Occorre prendere atto di questa volontà. Qualunque prolungamento del conflitto non farà che peggiorare la situazione degli ucraini al di fuori del Donbass.

 

Siamo appesi a un filo

 

Il 3 giugno 1980 l’umanità rischiò di precipitare in una nuova guerra mondiale. I computer avevano cominciato a fornire informazioni sospette, che differivano su diversi terminali. A quel tempo Zbigniew Brzezinski era responsabile di questa direzione militare alla Casa Bianca. Gli fu detto che 220 missili sovietici intercontinentali stavano volando in direzione degli Stati Uniti. Il numero presto raddoppiò. Qualsiasi persona normale avrebbe capito che c’era qualcosa di molto strano.

Si iniziò a controllare velocemente la funzionalità dei computer e ci si accorse che si era guastato l’uso di un chip dal costo di 46 centesimi.

Uno scenario così apocalittico l’avevamo già visto nel 1961, in occasione dell’installazione di missili sovietici a Cuba, la cui rivoluzione castrista rischiava d’essere soffocata dalle truppe statunitensi. Quella volta non c’erano i computer ma solo i telefoni.

Oggi abbiamo tutto ma è come se non avessimo niente, poiché la russofobia ha raggiunto livelli così elevati che in qualunque momento potrebbe accadere l’irreparabile.

La sicurezza reciproca tra gli Stati è diventata il problema n. 1 e l’Occidente collettivo non ha alcuna intenzione non solo di risolverlo ma neppure di affrontarlo. È un argomento che non viene mai posto all’ordine del giorno in nessun ambito di discussione. In occidente sicurezza vuol dire solo una cosa: resa incondizionata della Russia.

Questo dimostra che la produzione di armi di distruzione di massa è la cosa più insensata di questo mondo. Offre, allo Stato che ne dispone, la percezione di una propria onnipotenza, quando in realtà non garantisce alcuna forma di sicurezza. Non esiste alcuna arma, alcun oggetto fisico, alcuna realtà esterna alla relazione sociale che possa garantire, di per sé, una situazione sicura o un ambiente pacifico.

È difficile credere che in presenza di armi del genere possa bastare il buon senso o il senso di autoconservazione. L’idea di potersi sbarazzare del nemico è troppo allettante perché vi si possa facilmente rinunciare. Se poi lasciamo che sia l’intelligenza artificiale a decidere per noi, è davvero finita. Per tutti.

 

[5] Davvero il Montenegro è uno Stato indipendente?

 

Il Montenegro è uno degli Stati riconosciuti più giovani al mondo. Il Paese apparve solo grazie all’impero russo: nel 1878 fu uno dei risultati della guerra russo-turca.

Il 21 maggio 2006 Milo Đukanović, venduto a Washington, organizzò un referendum sulla rottura dell’alleanza con la Serbia. Il 55,49% era favorevole a tale decisione, mentre il 44,51% era contrario. L’ONU ha riconosciuto subito il nuovo Montenegro, che l’anno dopo è entrato nella NATO.

Đukanović è stato presidente dal 1998 al 2003 e di nuovo dal 2018 al maggio 2023. È stato anche premier per 4 mandati. Da comunista che era divenne filo-occidentale a partire dal 1997. Ha privatizzato tutto. Ha puntato sul turismo di lusso. Non ha realizzato alcuna riforma sociale. Ha introdotto nel Paese una grandissima corruzione. Lui stesso e la sua famiglia e i suoi parenti sono diventati molto ricchi e potenti. Pendono su di loro accuse giudiziarie di varia natura: contrabbando di tabacco, evasione fiscale, narcotraffico ecc. Ha addirittura permesso che la capitale Podgorica venisse bombardata dalla NATO il 24 marzo 1999.

In questi ultimi 17 anni la disoccupazione è diventata altissima e 1/4 della popolazione vive sotto la soglia di povertà. È uno degli Stati più corrotti al mondo.

Come l’Ucraina, il Montenegro è ansioso di aderire all’Unione Europea. I suoi cittadini han ricevuto il diritto di viaggiare nell’area Schengen senza visto. Ha addirittura abbandonato la propria moneta a favore dell’euro. Ci sono piani per costruire una base della NATO. Ricordiamo che la NATO, dopo i pesanti e illegali bombardamenti del 1999 contro la Serbia, ha inglobato dal 2004 al 2020 i seguenti Paesi: Slovenia 2004, Albania 2009, Croazia 2009, Montenegro 2017, Macedonia del Nord 2020.

Ora il presidente è il russofobo Jakov Milatović, eletto con 221.592 voti, pari al 59% circa (i montenegrini, in tutto, sono circa 620.000).

Lo scorso anno il Paese ha votato contro l’adozione di una risoluzione ONU sulla lotta al nazismo.

I giorni scorsi 60.000 abitanti sono scesi in piazza a sostegno dei serbi del Kosovo.

 

Credibilità delle info made in USA

 

Il fondatore del Quincy Institute for Responsible Statecraft è Andrew Bacevich, conservatore, cattolico, veterano del Vietnam e del Golfo (ha lasciato l’esercito col grado di colonnello e ha perso un figlio in Iraq nel 2007). È docente a West Point, alla Johns Hopkins University e alla Boston University.

L’Istituto prende soldi dalla Open Society Foundation di George Soros, dalla Koch Foundation di Charles Koch, dalla Ford Foundation, dalla Carnegie Corporation of New York, dal Rockefeller Brothers Fund, e dallo Schumann Center for Media and Democracy.

L’Istituto  ha fatto una breve indagine sui think tank statunitensi che maggiormente vengono chiamati a commentare l’andamento del conflitto russo-ucraino. Per 27 di questi è stato possibile ricostruire da quali organizzazioni ricevono fondi: 21 di loro (il 77%) li riceve da ditte che lavorano per il Ministero della Difesa statunitense!

Non solo, ma quando i mass-media citano le informazioni dei think tank, all’85% lo fanno solo se un think tank beneficia del supporto del settore della Difesa! Quindi la stragrande maggioranza delle news offerte dai media americani, siano esse di tipo militare o geopolitico, sono false.

Praticamente è come se ci fosse interesse, da parte di chi produce armi, a prolungare il conflitto russo-ucraino il più possibile, pagando degli esperti perché dicano che è il caso di prolungarlo e mandare altre armi a Kiev.

Fonte: quincyinst.org

 

Il nuovo mondo islamico

 

Iran, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Oman hanno iniziato le consultazioni per formare un’alleanza militare navale sotto il coordinamento della Cina per garantire la sicurezza della navigazione nel Golfo Persico e nel Mare di Oman. Temono il ruolo minaccioso degli Stati Uniti nella navigazione e nel trasporto di merci.

E io che speravo che i Paesi islamici del Medio Oriente facessero causa comune restando indipendenti dalle superpotenze. Evidentemente sul piano militare sentono di non avere forze sufficienti. C’è da dire però che nessun Paese islamico sarebbe mai disposto ad avere come capofila un altro Paese islamico. Piuttosto si rivolgono a un esterno. Che però in questo caso è più potente di tutti loro messi insieme.

 

In quanti sono pronti a combattere in Russia?

 

Lo scienziato politico Wolfgang Merkel (non il marito di Angela) ha detto alla TV Spiegel che se le ostilità continuano in Ucraina, le forze armate ucraine potrebbero presto rimanere senza soldati. E anche la caccia ai coscritti non aiuterà.

Inoltre in Russia 1 milione di persone sono armate, 2 milioni sono in riserva e altri 45 milioni sono idonei al servizio militare.

Cioè in sostanza ha fatto capire che non c’è speranza né per l’Ucraina né per la NATO.

A dir il vero i dati militari sulla Russia sono sbagliati. Ad oggi ci sono 1.750.000 militari in servizio, più circa 5 milioni in riserva tattica (i “richiamabili”). In caso di leva generale, altri 25,5 milioni di soldati di leva (tutti con almeno due anni di servizio militare già fatti).

A tutto ciò vanno aggiunti i Wagner, i volontari, le “nuove leve” di Crimea, Donbass ecc. non ancora inquadrate, gli ex-ucraini (russi) che stan prendendo cittadinanza russa e le forze di Kaliningrad. E non dimentichiamo i russi militarizzati della Transnistria.

Oltre a ciò, lo Stato russo ha, nelle forze di sicurezza extra-esercito, altri 4,5 milioni di operativi armati, equipaggiati e addestrati (polizia locale, polizia di stato, federale, milizie Omon (antiterrorismo, incursione, swat-like team), squadre speciali, forze di difesa regionale, forze federali speciali per la difesa di particolari città o zone energetiche speciali, e così via).

 

*

 

Solly Mapaila, segretario generale del Partito comunista sudafricano, ha detto che la Corte Penale Internazionale è ridicola, in quanto di “internazionale” non ha nulla. Infatti da quando esiste, ha incriminato 52 persone, di cui 48 africani e 4 russi.

 

[6] Sono bastati nove anni

 

Un certo “Istituto ucraino del futuro” ha registrato ufficialmente una diminuzione della popolazione a 29 milioni di persone. E la tendenza sta peggiorando. Nel 1989 la popolazione era di 52 milioni.

20 milioni di persone han lasciato l’Ucraina, di cui 8,6 milioni non sono più tornate in patria.

Di questi 29 milioni solo 9 milioni lavorano e, se non si tiene conto dei lavoratori del settore pubblico, solo 6 milioni di ucraini sono economicamente attivi.

Negli ultimi 9 anni il regime di Kiev è riuscito a ottenere risultati impressionanti riguardo al declino accelerato della popolazione.

Secondo alcuni analisti occidentali le forze armate ucraine eliminate in questa guerra stanno raggiungendo il numero dei caduti nell’intera guerra civile americana del 1861-65, cioè 234.000.

Con un trend del genere ci si comincia a chiedere se ci saranno abbastanza ucraini da mobilitare per l’attuale controffensiva. È infatti evidente che senza un apporto delle truppe NATO, non saranno sufficienti i mezzi bellici inviati dall’occidente, nonostante tutta la loro potenza.

L’Ucraina è destinata a scomparire dalle carte geografiche se non accetta quanto prima una soluzione coreana. Deve sbrigarsi a farlo, almeno finché il buonista Putin deciderà di continuare a fare il presidente.

 

Il ruolo di Tafazzi

 

Le esportazioni russe di petrolio via mare da Primorsk, Ust-Luga e Novorossiisk, cioè dai porti occidentali, hanno raggiunto il record degli ultimi quattro anni: 2,4 milioni di barili al giorno a maggio.

Ma non c’erano le sanzioni? Sì, ma la fame di energia è superiore. Anzi ora il problema è un altro. È la Russia che deve ridurre l’export del greggio, avendo stabilito accordi precisi con l’OPEC+, in particolare con l’Arabia Saudita, che ha già annunciato un taglio netto alla sua produzione il prossimo luglio. Questo perché si vuole garantire stabilità nel mercato petrolifero e creare prevedibilità a lungo termine.

Chi è che compra così tanto petrolio alla Russia? I suoi maggiori acquirenti sono India, Cina e Turchia.

Ma non è possibile che nel giro di 15 mesi le loro esigenze energetiche siano raddoppiate. Vero, ma loro lo comprano per rivenderlo agli europei a costi raddoppiati.

Questo meccanismo è di un’evidenza sconcertante, ma gli statisti europei sembrano non capirlo in alcuna maniera. Non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere.

 

Sono più saggi di noi

 

In Slovenia, nonostante la rigida censura e la retorica russofoba della maggior parte dei media, le persone mostrano ancora una comprensione della posizione russa e delle vere cause del conflitto in Ucraina.

In particolare ha detto il premier Robert Golob ai giornalisti: “La maggior parte della popolazione dei Balcani occidentali, in particolare gli sloveni, è attualmente dalla parte della Russia”. E Golob è uno che sostiene le sanzioni della UE.

È stato costretto a dirlo perché da un sondaggio condotto dall’agenzia Valicon risulta che dall’inizio della guerra la popolazione che dava alla Russia la maggiore responsabilità della guerra è calata dell’8%, mentre quella che ora la dà agli USA è salita del 10%. La differenza tra le due opinioni è solo di 16 punti percentuali, mentre all’inizio della guerra era il doppio.

Poi esiste un 18% che incolpa l’Ucraina come causa della guerra e un altro 17% che incolpa la NATO.

All’incirca medesime percentuali si trovano in Croazia e in Bosnia-Erzegovina, mentre in Serbia è evidente che la maggiore responsabilità ricade sugli USA. Solo il 28% degli intervistati incolpa la Russia.

 

[7] La lingua russa

 

I neonazisti ucraini volevano impedire l’uso del russo nel loro Paese. Eppure questa lingua ha valore internazionale. A differenza dell’ucraino, che si parla solo in quella nazione.

La Giornata internazionale della lingua russa si festeggia il 6 giugno, giorno in cui nel 1799 è nato un eminente poeta russo, Aleksandr Puškin, uno dei più grandi scrittori di tutti i tempi. Pur nella sua breve esistenza (morì nel 1837, in seguito a un duello) riuscì a diventare il fondatore della lingua letteraria russa contemporanea. La data della festa è stata decisa all’ONU nel 2010.

Il russo è una delle lingue più diffuse al mondo. È parlato da più di 258 milioni di persone, di cui 36,8 milioni risiedono in Ucraina. È l’ottava lingua del mondo per il numero delle persone che la parlano da madrelingua.

È lingua statale non solo nella Federazione Russa ma anche in Bielorussia, è riconosciuta come lingua ufficiale in Kazakistan e Kirghizistan ed è la lingua della comunicazione interetnica nel Tagikistan.

Il russo è la lingua ufficiale o di lavoro in 15 organizzazioni internazionali importanti (anzitutto nelle Nazioni Unite e nelle sue organizzazioni di categoria). È anche la quarta lingua più tradotta al mondo.

In Italia è insegnata in 32 università e 106 scuole. Nel 2000 è stato eretto a Villa Borghese a Roma il monumento a Puškin. È decorato con la scritta “Сhi conosce la terra dove il cielo risplende di ineffabile azzurro?.. Italia, terra incantata. Contrada di elevate ispirazioni!”. Strano dicesse questo di un Paese che non poté mai visitare. Oggi avrebbe evitato di dirlo proprio dopo averla visitata.

Infatti anche da noi assistiamo a tentativi di cancellare la cultura russa, cioè di abbandonare in maniera irresponsabile una parte del patrimonio culturale mondiale e soprattutto europeo.

Solo in Ucraina dal 2022 il governo russofobo di Kiev ha voluto smantellare almeno 25 monumenti dedicati a Puškin. Atti simili, frutto di ignoranza e di arroganza, si sono verificati anche in altri Paesi europei.

 

Gli USA predatori

 

Arnaud Montebourg, ex ministro dell’Economia francese, ha detto che gli USA, per controllare l’economia francese (e non solo questa ovviamente), usano tutti i sistemi di ascolto e di intelligence che hanno costruito dopo l’11 settembre. Semplicemente ascoltano conversazioni telefoniche e intercettano le mail delle aziende straniere che competono con le loro.

L’aveva già detto Snowden nel 2014, parlando di 75 milioni di conversazioni ed email sfruttate dalla National Security Agency sulla Francia e sulle aziende francesi.

Inoltre hanno uno strumento chiamato “legge extraterritoriale”. Gli americani usano una forma di diritto, in sostanza una legge imperialista, che consiste nel dichiararsi competenti per questioni che non li riguardano affatto. Esempio: la Francia acquista dagli USA una vernice da mettere sull’ala del Rafale (aereo da caccia); ebbene, a causa di questa vernice, gli USA si concedono il diritto di dire: “l’aereo può essere venduto a questo o quel Paese ma non a quello nemico degli USA”. E così la Francia non ha potuto vendere l’apparecchio all’Egitto, tanto per fare un esempio.

Gli USA hanno stilato una lista di 22.000 componenti su cui si concedono il diritto di autorizzare o meno l’esportazione di determinate merci.

Non solo, ma quando una società francese viene acquistata da una società americana, il governo americano ha il potere unilaterale di richiedere tutte le informazioni sulla società francese: brevetti, tecnologie, persone, ecc. Senza alcuna motivazione e senza autorizzazione giudiziaria:il che significa che si tratta di perquisizioni illegali.

Con questi diritti extraterritoriali gli USA si comportano come se fossero dei predatori.

Fonte: youtube.com/watch?v=svVOcrtVesU

 

Il canto delle sirene e il toner esaurito

 

Gli alti tassi d’interesse che gli Stati Uniti garantiscono ai prestiti internazionali sono come il canto di sirene ammalianti. Servono per non fallire nell’immediato ma non li salveranno dal crollo finanziario che si profila all’orizzonte.

Purtroppo in Cina molte banche si lasciano irretire da queste note melodiose della Federal Reserve, che però nascondono una situazione disperata. Al punto che la banca centrale cinese ha dovuto chiedere alle principali banche statali di abbassare i tassi d’interesse sui depositi in dollari, altrimenti lo yuan perde di competitività.

In questo momento è autolesionistico accumulare entrate in dollari. Non conta nulla che questa moneta sia ancora la più utilizzata al mondo. Gli USA non possono continuare a credere di poter fare quel che vogliono, trasferendo i propri squilibri fiscali e monetari al resto del mondo. La stampante monetaria per “risolvere” i problemi di una moneta fiat sta per finire il toner.

Anche se il Congresso americano ha alzato il limite del mostruoso debito pubblico oltre il quale non si può andare, le imprese e le banche continuano a fallire a ripetizione, senza soluzione di continuità. Sta per arrivare un altro cataclisma finanziario come quello di Wall Street nel 1929. Quella volta 22 americani su 100.000 si suicidavano perché avevano perso tutto. Oggi in quanti lo faranno?

 

Altro inutile atto di terrorismo

 

La diga della centrale idroelettrica di Nova Kakhovka, già in precedenza danneggiata dai missili Hymars, è stata distrutta da un attacco di artiglieria delle forze armate ucraine, dopodiché il livello dell’acqua a valle del Dnepr ha iniziato a salire bruscamente, anche fino a 10 metri. L’allagamento di alcuni villaggi costieri e città sulla sponda sinistra continuerà per le prossime 72-96 ore. Ci saranno conseguenze sugli approvvigionamenti di acqua in Crimea. Buona parte dell’agricoltura andrà perduta per sempre. Saranno sommersi dei campi minati.

Sono dei criminali che odiano il loro stesso popolo.

Il bello è che le stesse postazioni militari ucraine sulla riva destra del Dnepr andranno rifatte. Solo dei disperati possono comportarsi così: militari privi di qualunque senso di responsabilità. Dai quali ci aspettiamo che facciano saltare in aria anche la centrale nucleare di Zaporizhzhya, poiché qui abbiamo a che fare con autentici criminali.

In ogni caso tali atti di terrorismo non serviranno assolutamente a niente. La controffensiva sarà un fuoco di paglia che determinerà la resa incondizionata di Kiev.

Naturalmente il mainstream occidentale scarica sui russi la decisione di tale atto: l’avrebbero fatto per impedire la controffensiva ucraina. Semmai è vero il contrario: sono i militari ucraini che han bisogno di spazzare via la prima linea russa, creando così condizioni favorevoli per la controffensiva.

I media fingono di non sapere che è dall’ottobre scorso che quell’ente inutile chiamato ONU conosce i piani di Kiev per far saltare la diga. Ma ormai ci siamo abituati a falsità del genere. Si è detta la stessa cosa assurda per il gasdotto del Nord Stream. Quanti direttori di quotidiani e di telegiornali perderanno la poltrona dopo la fine della guerra?

 

[8] Meglio tardi che mai

 

Il candidato alla presidenza degli Stati Uniti, Robert Kennedy Jr., ha detto: “abbiamo trasformato l’Ucraina in un mattatoio che ha ucciso 350.000 giovani ucraini. Mentono su quante persone sono morte. Ce lo nascondono. Il Pentagono lo sta nascondendo al popolo americano. L’Ucraina lo nasconde alla sua gente. Ma i russi uccidono gli ucraini in un rapporto di 7 a 1. Stiamo portando avanti un’agenda geopolitica che non ha nulla a che fare con l’Ucraina”.

Verrebbe voglia di dire “meglio tardi che mai”. Cioè finalmente un politico americano ha il coraggio di dire come stanno le cose. Tuttavia chissà perché il coraggio spunta fuori quando ci si sta preparando per le elezioni presidenziali del 2024. Fino adesso il Congresso cos’ha fatto?

E comunque i dati drammatici sulle cifre umane della guerra sono limitati. Secondo alcune fonti i morti russi totali (inclusi i soldati della Wagner) potrebbero aver superato i 40.000 (con circa 85.000 feriti).

Le perdite ucronazi e loro alleati (in totale) sono ora nell’ordine di 1,3 milioni di militari (fra feriti, prigionieri, morti, disertati, dispersi) di cui circa 600-650.000 morti.

Nella sola Bakhmut la Wagner avrebbe eliminato circa 84.000 nemici (prigionieri e feriti esclusi), mentre sui fianchi, nelle retrovie ecc., le altre forze russe potrebbero aver spazzato via fra i 28.000 e i 35.000 ucronazi.

I feriti di Bakhmut sarebbero stati almeno lo stesso numero totale (circa 125.000). Quindi la città è costata a Kiev almeno 250.000 militari in 5 mesi: al massimo, considerando tutto, si può aumentare a 350.000 in 6 mesi (da dicembre ad oggi). Per fortuna che non era una città strategica!

Ad oggi probabilmente l’esercito ucraino, inclusi mercenari, soldati NATO, neonazi stranieri ecc., dispone al massimo di 650.000 combattenti, che verranno eliminati nei prossimi mesi.

 

I limiti di Dugin

 

Alexander Dugin ha scritto un altro pezzo dei suoi, tra il geopolitico e il mistico. Per lui la guerra tra Russia e Occidente collettivo ha qualcosa di apocalittico. Di mezzo non ci sono solo concetti come unipolarismo e multipolarismo, talassocrazia americana e tellurocrazia russa, occidente e asiatismo, ma anche Cristo e Anticristo.

Secondo lui le civiltà telluriche (Sparta, Roma ecc.) han sempre avuto maggiori tradizioni di quelle talassocratiche, più votate agli affari.

Sono concetti completamente astratti: infatti le due forme di civiltà non si distinguevano in molto sul piano dello sfruttamento schiavistico del lavoro altrui.

Secondo lui la Russia ha ereditato il meglio delle civiltà terrene, mentre gli angloamericani hanno ereditato il peggio delle civiltà marittime.

In realtà lo scontro è tra due diverse forme di capitalismo: privato e statale. Da questa guerra non uscirà affatto un’alternativa al capitalismo. Putin non è la persona giusta. La Russia deve spazzare via dall’Europa tutte quelle forme assurde di russofobia e di razzismo neonazistico che inevitabilmente rendono vana la definizione di “storia maestra di vita”.

Insieme a Cina, India, mondo islamico, Paesi dei BRICS la Russia può creare un mondo non più dipendente dal neocolonialismo occidentale. Può creare un’alternativa a quel capitalismo privato i cui primi vagiti li ha emessi mille anni fa nei Comuni italiani. Ma siamo ancora ben lontani dal realizzare le fondamenta del socialismo autenticamente democratico. E chi pensa di mescolare socialismo e cristianesimo (Mosca come terza Roma), usa categorie che Cina, India e tanti altri importanti Paesi del mondo considerano del tutto estranee alla propria tradizione, non meno “tellurica” di quella russa.

È semplicemente ridicolo sostenere che il capitalismo è immorale perché associato all’ateismo.

Fonte: katehon.com/en/

 

Scrive così Mauro Ammirati

 

L’esperto di geopolitica Dario Fabbri ha spiegato in televisione ciò che io vado dicendo da tanto tempo.

È un errore giudicare ciò che avviene fuori dall’Occidente con le nostre categorie antropologiche, con gli standard occidentali. I russi non sono come noi, non sono occidentali, sono russi. E hanno un’idea ben precisa della loro storia, del loro Paese e della posizione che deve avere nel mondo. Qui ci raccontano che quel che sta succedendo non è un conflitto tra due Paesi, ma tra l’autocrazia e la democrazia, come ha detto Biden, tra i diritti umani e la dittatura e, conformemente a tale lettura dei fatti, ci viene altresì detto che il popolo russo è contro Putin, così come, da 11 anni, ci ripetono che il popolo siriano è contro Assad. Obama disse: “Assad ha le ore contate.” Da allora gli States hanno cambiato tre Presidenti, ma Assad è ancora al potere. Perché noi occidentali, da 30 anni a questa parte, ci impelaghiamo in tante guerre, in giro per il mondo e poi ce ne torniamo sempre a casa con la coda tra le gambe? Il motivo è che ci ostiniamo a credere che tutto il mondo sia come noi o voglia essere come noi, che voglia darsi il nostro stile di vita, che abbia i nostri stessi valori, la nostra stessa cultura, la nostra stessa concezione della vita. Ma non è così. Purtroppo o per fortuna, non fa differenza, conta solo che non è così. I russi non sono come noi, i siriani non sono come noi, i mediorientali non sono come noi... Un italiano, un francese o un americano lo convinci, lo entusiasmi pure con la prospettiva della società aperta, l’opportunità di viaggiare, di andare a fare una brillante carriera all’estero e di avere il centro commerciale vicino casa. Ma fuori dall’Occidente incontri popoli che hanno un’altra gerarchia di valori, spesso un forte sentimento d’appartenenza alla comunità nazionale e alla sua storia, perciò, non smaniano di lasciarsi globalizzare, di diventare cittadini del mondo, di diventare come noi. A noi piace il mondo senza confini, società che siano al loro interno estremamente competitive e selettive, in cui ci siano più libertà e meno sicurezza sociale. Ad altri popoli piace il contrario, magari preferiscono un Paese militarmente più forte, una società economicamente più coesa, in cui ci siano meno diseguaglianze, più sicurezza sociale, meno competitività ed abbia confini blindati. Hanno torto, hanno ragione, non importa. Importa, invece, che nessuno debba andare a imporre, dall’esterno, un modello economico-sociale e uno stile di vita in casa loro, una cultura ch’essi non vogliono, che è estranea al loro passato e alla loro identità. Agli occidentali piaceva la Russia di Eltsin, che faceva privatizzazioni selvagge, era un allievo modello del FMI, si apriva al mondo e al mercato globale. Ma molti russi vivevano quella situazione come un’umiliazione, una ferita, un oltraggio al loro orgoglio nazionale. Non sono come noi che ringraziavamo e rendevamo ossequi alla Merkel quando ci diceva quale politica economica praticare in casa nostra. È questo il cuore del problema. Anni fa, una signora del Donbass, d’etnia russa, mi disse: “Voi, qui, Putin proprio non lo sopportate, vero? Lo capisco, non siete russi.” Immaginatevi se Mario Draghi si presentasse alla Camera dei Deputati e dicesse: “Dove ci sono volontà e patriottismo c’è una speranza in azione.” Probabilmente lo accuserebbero di essere fascista. Questa frase Bashar al Assad la disse a una giovane madre che gli si era avvicinata per fargli accarezzare il bimbo che aveva tra le braccia. Perché quella donna era siriana e i siriani non sono come noi. Saranno migliori o peggiori, ma non sono come noi.

Ammirati però avrebbe dovuto aggiungere che per Fabbri gli altri bisogna farli diventare come noi usando maniere “dolci”. Questo perché alla fin fine siamo sempre noi i migliori.

 

Deve rimanere solo il grande capitale

 

Mauro Ammirati, giornalista professionista, l’ha detto chiaro e tondo: l’inflazione che stiamo vivendo ha cause esogene provenienti dalla guerra in Ucraina, quindi non ha senso aumentare i tassi d’interesse e, nel contempo, mandare armi a Kiev, affinché la guerra duri il più a lungo possibile e venga combattuta, come sta accadendo adesso, anche all’interno dei confini russi. Non c’è alcuna logica in questo comportamento.

L’unica spiegazione è quella di far pagare il costo della guerra, direttamente, alla piccola e media impresa e, indirettamente, a una buona parte della popolazione, coerentemente coi princìpi che hanno ispirato la politica economica degli ultimi decenni e l’idea di un’unione monetaria europea.

In pratica si vogliono favorire solo i grandi capitali. Da questo punto di vista euro e russofobia sono i due volti della stessa ideologia. E non potevano che provocare gli stessi danni. Non accidentalmente. I danni di cui parliamo sono stati pianificati a tavolino e pervicacemente perseguiti.

 

[9] Una parola sola: Vincere!

 

Draghi ha fatto uno strano discorso quando è andato al Massachusetts Institute of Technology a ricevere il Miriam Pozen Prize, ennesimo premio per il suo servilismo.

Praticamente ha detto che il problema da affrontare da parte dell’occidente non è solo l’aggressività militare della Russia ma anche quella economica della Cina

Le banche centrali riusciranno a frenare (in parte) l’inflazione ma la situazione non sarà più rosea come prima. Un prolungato conflitto tra Russia e Ucraina e le continue tensioni geopolitiche con la Cina continueranno a pesare sul tasso di crescita potenziale dell’economia globale (per lui la parola “occidentale” vuol dire “globale”).

In particolare il desiderio di garantire che le catene di approvvigionamento siano resilienti agli shock geopolitici significa che i Paesi saranno più disposti ad acquistare beni da fornitori affidabili e affini, anche se non sono i più economici, e a investire nel rimpatrio della produzione critica in patria.

Questo in sostanza vuol dire che la sicurezza dovremo considerarla più importante dello sviluppo. Chi vuol vivere in un occidente sicuro, deve mettersi in testa che ciò ha un costo. Quindi una certa inflazione ci sarà sempre e le tasse aumenteranno. Allo stesso tempo sarà facile che i governi registrino deficit di bilancio permanentemente più elevati.

Invece di dire che sarebbe meglio riprendere i rapporti commerciali con la Russia, dà per scontato che saranno morti per sempre, a meno che non si riesca a batterla militarmente.

Il che significa che se l’occidente riesce a spartirsi le risorse energetiche della Russia, avrà maggiori possibilità di vincere la concorrenza della Cina e persino di sconfiggerla sul piano militare, sempre che continui a pretendere di diffondere nel mondo la sua forza commerciale.

D’altra parte – ha detto – è assurdo pensare che le banche centrali, da sole, riescano a far quadrare i conti. Le tasse andranno aumentate per forza, e dovranno farlo dei governi più autoritari, anche perché ci sono problemi globali molto urgenti da risolvere.

Se le popolazioni si ribelleranno, con il Welfare si calmeranno. E che si ribellino non ci piove, poiché aumenterà la disoccupazione in seguito all’impiego sempre più massiccio dell’intelligenza artificiale.

Per il momento comunque bisogna che l’Ucraina vinca la guerra, altrimenti la Russia occuperà altri Stati europei, col rischio di distruggere la NATO.

Insomma il suo è stato un messaggio rassicurante. Una parola sola: Vincere! E vinceremo!

 

La resa dei conti

 

L’ex segretario generale della NATO, Rasmussen, ha affermato che dopo il vertice della NATO a Vilnius l’11-12 luglio 2023, la Polonia e i Paesi baltici potrebbero cominciare a schierare autonomamente le loro forze in Ucraina, se Kiev non riceverà garanzie reali di sicurezza.

Non bastava Stoltenberg a minacciare la Russia, ora ci si mette anche chi l’ha preceduto nel suo vergognoso ruolo. Ormai siamo alla resa dei conti. Le prossime settimane determineranno il futuro non solo dell’Ucraina, ma dell’intero sistema di sicurezza in Europa. Andando avanti di questo passo, è evidente che la Russia andrà a prendersi non solo l’Ucraina ma anche i Paesi baltici e la Polonia, tornando così a uno degli esiti della seconda guerra mondiale.

Si comincia effettivamente come Europa ad aver paura della Russia. Solo che la paura, invece d’incentivare intenzioni pacifiche, incentiva quelle ancora più bellicose. È come se si aspettasse che l’Ucraina finisca con l’attuale controffensiva tutti i propri militari, nella convinzione che in questa maniera i russi saranno notevolmente sfiancati. Ancora non si è capito che più si va avanti in questa guerra, più i russi si rafforzano, acquisendo sempre più capacità offensive e difensive, producendo sempre più mezzi militari e sempre più sofisticati, aumentando sempre più le forze armate in qualità e quantità.

Tutte queste cose in occidente le vede chiunque, meno chi davvero dovrebbe farlo. Gli statisti e i militari non vedono l’ora di far entrare l’Ucraina nella NATO per poter avvalersi del famigerato art. 5, quello che scatena in automatico una guerra mondiale. All’interno della NATO gli unici due Paesi che possono impedire un tale svolgimento degli eventi sono Turchia e Ungheria.

 

Siamo indubbiamente servi

 

A partire dal 12 giugno e per 10 giorni la NATO effettuerà le più grandi manovre delle sue forze aeree in Europa mai realizzate nella storia dell’alleanza. L’esercitazione Air Defender 23 sarà guidata dalla Germania, perché si svolgerà soprattutto in questo territorio, ma anche in Cekia, Estonia e Lettonia, con la partecipazione di circa 220 aerei militari provenienti da 25 Paesi membri della NATO e dai loro alleati.

L’addestramento ha lo scopo di inviare un chiaro messaggio alla Russia. Lo stesso generale dell’aeronautica tedesca, Ingo Gerhartz, ha detto che l’Air Defender è stata concepita nel 2018 anche come risposta alla riunificazione della penisola di Crimea con la Russia.

Rebus sic stantibus, ha ancora senso definire la NATO “un’alleanza difensiva”? Comportamenti del genere stanno a indicare quanto la UE sia del tutto dipendente da decisioni prese negli USA. Una così esplicita sudditanza coloniale è inedita. Ricordiamo tutti quando nel novembre del 2019 Macron, sull’utilità della NATO, la giudicava in stato comatoso. Ma ancora più singolare è la supina e subitanea accettazione del ruolo servile da parte di quasi tutti gli statisti europei.

 

Ti rendo nemico anche se non vuoi

 

Il governo del Regno Unito ha introdotto un nuovo pacchetto di sanzioni contro la Bielorussia, limitando l’importazione e l’esportazione di determinate merci.

La UE considera la Bielorussia parte attiva in questo scontro tra Occidente collettivo e Federazione Russa, quando in realtà i militari di quel Paese non sono mai entrati in territorio ucraino, non hanno mai violato la sua integrità territoriale. Al massimo Lukashenko offre un supporto logistico ai militari russi, la disponibilità ad accettare basi nucleari, ma nient’altro.

È quindi evidente che se la NATO pone la Bielorussia sullo stesso piano della Russia, non fa altro che incentivare la sua discesa in campo.

 

[10] Il wishful thinking della riscossa ucraina

 

La controffensiva ucraina non serve a niente. I combattimenti sono duri ma non c’è sfondamento.

Lungo i vari fronti a volte l’esercito ucraino fa piccoli guadagni, ma poi i russi riconquistano i territori perduti dopo intensi bombardamenti. Le principali linee di difesa russe tengono egregiamente.

Le forze ucraine cercano di spazzar via le mine dal terreno prima dell’attacco, ma hanno solo un paio di veicoli di sminamento. Questo rallenta la marcia dei veicoli corazzati, che avanzano in una colonna, diventando un facile bersaglio per i mezzi anticarro russi.

In un certo senso ciò ricorda le colonne armate russe all’inizio della guerra, colonne che hanno sofferto perdite catastrofiche a causa delle armi anticarro ucraine. Che senso ha ripetere il medesimo errore?

Il problema maggiore che gli ucraini non riescono a risolvere è che non hanno alcuna superiorità aerea e di artiglieria con cui proteggere le operazioni di sminamento e le concentrazioni di truppe. Non riescono assolutamente a distruggere le strutture di comando e gli snodi logistici dei russi, che hanno grandi riserve e una difesa in profondità.

Nelle condizioni attuali non sono in grado di realizzare delle sorprese strategiche come nell’offensiva di Kharkiv dello scorso autunno. I russi sono capaci d’imparare dalle proprie sconfitte. Gli ucraini no.

Al momento una controffensiva potrebbe conseguire risultati significativi se: 1) le armi occidentali fossero davvero molto superiori a quelle russe, 2) i soldati addestrati in occidente fossero molto superiori ai soldati russi e 3) il morale russo fosse basso.

Di fatto neanche una di queste condizioni esiste sul campo. La resistenza russa è ininterrotta e le forze ucraine subiscono pesanti perdite sia di soldati che di veicoli. Se queste forze avanzano di 6-8 km, poi si fermano lì, in una zona grigia che non serve a niente: non hanno più la forza per proseguire.

Ha senso ottenere piccole conquiste territoriali a costi spaventosi?

 

Forse è meglio tornare alle urne

 

L’Unione Europea non sta intraprendendo un’azione diplomatica sufficiente per risolvere il conflitto in Ucraina. L’ha detto l’ex ministro per le Politiche giovanili e la famiglia, Andrea Riccardi.

Cioè in sostanza ha fatto capire che il governo della Meloni sta affrontando il conflitto in Ucraina come se fosse un confronto bellico tra NATO e Russia, quando in realtà esso ha ripercussioni sul mondo intero. Questa miopia strategica (condivisa da altri statisti europei) sta diventando pericolosa per le sorti della UE, dell’Italia e dell’intera umanità.

Il governo della Meloni si sta concentrando sul problema di come vincere una guerra contro la Russia, quando ormai il conflitto in atto, a 16 mesi dal suo inizio, sta destabilizzando l’intero pianeta e sta riducendo enormemente l’influenza globale degli USA e della stessa UE.

I veri problemi per l’Occidente collettivo, ma in realtà per le sorti di quella parte di territori vincolati a questo Occidente, stanno diventando, a causa delle sanzioni, la mancanza del grano e dei fertilizzanti (per non parlare di tanti altri minerali o metalli d’importanza vitale, come alluminio, cobalto, rame, nichel, palladio, titanio, ferro, acciaio, platino, uranio, argento… di cui la Russia è grande produttrice), la crescita incontrollata dell’inflazione (cui le banche centrali rispondono solo con l’aumento del costo del denaro, che però deprime lo sviluppo produttivo e incentiva la speculazione finanziaria), l’astronomico debito pubblico dei Paesi occidentali, la fine del primato delle monete occidentali e l’ideazione di un meccanismo alternativo allo SWIFT, il successo incredibile dell’organizzazione BRICS rispetto al progressivo declino delle organizzazioni economico-finanziarie occidentali, le incessanti migrazioni dei popoli dai Paesi più poveri...

Il governo della Meloni non ha la più pallida idea di come affrontare questi problemi: non è in grado di organizzare attorno ad essi alcuna discussione. È addirittura convinto ch’essi saranno risolti da una vittoria militare sul campo. Non solo, ma non viene neppure discussa la proposta di pace avanzata dalla Cina.

Questo governo non è all’altezza della situazione e deve andare a casa il più presto possibile. L’Europa ha bisogno di gettare le basi per accordi futuri sia con la Russia che con la Cina, altrimenti uscirà dalla storia.

La politica non può prescindere dalla geografia, ha aggiunto Riccardi.

 

Un governo cieco ci sta portando al baratro

 

Sulla guerra tra Occidente collettivo e Federazione Russa il governo della Meloni sta sostenendo una posizione contraria agli interessi nazionali al 100% e dovrà presto rispondere di questa assoluta cecità.

Insiste nel dire che:

1) se l’Ucraina perde la guerra, la Russia occuperà altre nazioni europee. In realtà tutte le nazioni europee confinanti con la Russia appartengono alla NATO. Se ne occupasse una, scatterebbe l’art. 5 dello Statuto che farebbe scoppiare immediatamente una guerra mondiale. In ogni caso il Patto di Varsavia è stato smantellato nel 1991. Semmai è la NATO a essersi estesa a 30 nazioni europee.

2) Se l’Ucraina perde, perderà il diritto internazionale, in quanto si dovrà ammettere che la forza è superiore al diritto. Ora, a parte che questa accusa dovrebbe essere rivolta anzitutto agli USA, che a partire dalla guerra in Jugoslavia hanno soltanto destabilizzato il mondo, ciò che la Meloni non vuole assolutamente comprendere è che esiste il diritto all’autodeterminazione dei popoli, che è superiore all’integrità territoriale delle nazioni. La Russia sta soltanto difendendo questo principio, che in Ucraina riguarda milioni di russofoni discriminati e perseguitati nel Donbass. L’operazione militare speciale voluta dal governo moscovita, in tal senso, ha già raggiunto il suo obiettivo.

3) Tuttavia il governo della Meloni è deficitario su un terzo aspetto non meno grave degli altri due: non capisce i termini della sicurezza geostrategica tra gli Stati. La Russia non può essere circondata da basi NATO che minacciano costantemente la sua sopravvivenza. Gli USA non sono circondati da basi russe. È del tutto assurdo sostenere che la pace in Europa non può essere basata sul negoziato ma solo sulle armi. Quando si parla di sicurezza, deve esistere reciprocità. O, se si preferisce, equivalenza nella deterrenza.

 

I giorni contati di Zelensky

 

La lunga serie di presenze di Zelensky sui palcoscenici mondiali potrebbe essere giunta al termine: l’India non lo inviterà al G20 che sta organizzando per il prossimo settembre. Il subcontinente dice no alle ingerenze del presidente ucraino e limita la lista degli invitati ai membri del gruppo dei 20 Paesi più industrializzati e in via di sviluppo, di cui l’Ucraina non fa parte (anche perché è ora uno Stato completamente fallito sul piano economico).

Kiev è indignata per questa decisione e sta preparando un appello ai Paesi occidentali per boicottare l’incontro.

In realtà non è solo il governo indiano a essersi stancato di Zelensky. Fonti ucraine riferiscono che Washington ha posto richieste categoriche al governo di Kiev: prima dell’inizio del vertice NATO di luglio a Vilnius, i neonazisti devono avanzare di almeno 10 km nella regione di Zaporozhye.

Se ciò non accade, Zelensky non solo dovrà lasciare la sua poltrona, ma sarà ritenuto responsabile di tutti gli attacchi terroristici che i neonazisti hanno commesso.

Probabilmente gli USA si stanno rendendo conto che questa guerra sta avendo dei costi economici insostenibili e che l’isolamento della UE dalla Russia può essere considerato un obiettivo sufficiente.

Ricordiamo che il debito nazionale degli Stati Uniti è aumentato di 359 miliardi di dollari nel primo giorno dopo la sospensione del suo limite. Ora l’astronomica cifra raggiunge i 31,83 trilioni di dollari.

Inoltre gli USA stanno perdendo tutta la loro indiscutibile influenza in Medio Oriente, in Sudamerica e in Africa. I processi in atto stanno procedendo con una velocità del tutto inaspettata.

In Medio Oriente si sta addirittura formando un’alleanza marittima e militare tra Iran, Arabia Saudita, Emirati, Siria e altri Stati che fino a un anno fa sarebbe stata impensabile.

 

[11] Beato qualunquismo

 

Agli occhi degli USA, in questa guerra russo-ucraina, qualsiasi esito è vincente, proprio perché loro non sono coinvolti direttamente nel tritacarne dei militari uccisi: si limitano a fornire armi e soldi, per il resto osservano la guerra da lontano. Certo, ci saranno istruttori della NATO, mercenari americani o persino truppe della NATO in incognito, sotto mentite spoglie, ma ancora non si vedono combattere gli statunitensi. Ufficialmente la NATO non è in guerra, in quanto si limita soltanto a fornire supporti di varia natura.

Quanto potrà durare questa finzione non si sa. È facile immaginare come sarebbe finita se al posto di Putin vi fosse stato un presidente più sbrigativo: una guerra totale, con tanto di uso del nucleare, sarebbe stata inevitabile.

D’altra parte nella UE nessuno sembra essere in grado di scongiurare un ingresso esplicito della NATO in questa guerra. Solo 20 anni fa si andava in 200.000 a Roma per la Palestina e contro i massacri del regime fascista israeliano. Oggi che siamo tecnicamente in guerra e che abbiamo non meno di 100 testate nucleari puntate sul nostro territorio e che si paventa l’invio di truppe di terra (cioè una dichiarazione di guerra stricto sensu), nessun partito o sindacato ha la forza di portare 500 persone in piazza.

Pensiamo che le cose si possano risolvere da sole, guardandole alla televisione.

 

Abbiamo bisogno di persone così

 

Elena Kolbasnikova, cittadina ucraina nata a Dnipro e residente a Colonia, è stata condannata a pagare una multa di circa 900 euro per aver esternato, durante una protesta tenutasi l’anno scorso, dei commenti a sostegno dell’operazione militare speciale avviata dalla Russia per denazificare e smilitarizzare il regime di Kiev.

È un volto di spicco tra i sostenitori di Putin in Germania. Siccome aveva affermato in un canale televisivo che l’operazione in Ucraina era “necessaria” e che “la Russia non è un aggressore”, e quindi aveva “appoggiato e sostenuto” la guerra russa “in modo percepibile da altri”, ora viene considerata “una minaccia per la pace pubblica”. In pratica il tribunale di Colonia l’ha condannata per le sue opinioni. La Germania mostra di avere paura di soggetti individuali, armati solo della parola.

Il giudice avrebbe potuto comminarle una pena detentiva fino a tre anni, ma ha preferito multarla in considerazione del fatto che è madre di due figli e disoccupata (solo il marito lavora).

La Kolbasnikova ha detto di essere pronta a essere punita se questo porterà alla “liberazione dell’Ucraina dai nazisti”. Naturalmente impugnerà la sentenza. Intanto ha chiesto la cittadinanza russa.

Fino ad oggi nessuno in Germania ha difeso il suo diritto di esprimere opinioni personali sulla guerra in corso.

Questi sono fatti molto gravi, che indicano quanto sia falsa la democrazia occidentale. Si ha sempre più l’impressione che questa guerra serva all’occidente per trasformare, al proprio interno, la democrazia formale in un’aperta dittatura presidenziale o militare, in cui tutto diventa obbligatorio.

Qui non è più importante vincere la guerra contro la Russia, ma approfittare della guerra per imporre la dittatura di un capitale che a livello internazionale arranca di fronte ai successi sconvolgenti del capitalismo asiatico.

 

[12] Liberarci di un peso

 

Quando un Paese è sull’orlo della bancarotta finanziaria (e gli USA lo sono) ed è pieno di armi, molto potenti, molto pericolose, con le quali è in grado di controllare quasi tutti i mari del mondo, gli stretti strategici per il commercio, come pensate che reagirà per impedire il proprio crollo?

Gli USA rappresentano la quintessenza del capitalismo finanziario nel mondo. Se fino agli anni ’70 hanno costituito un modello per lo sviluppo industriale del pianeta, a partire dagli anni ’80, col reaganismo, hanno puntato decisamente sullo sviluppo finanziario, cioè sul debito pubblico e sui servizi monetari di varia natura (assicurazioni, crediti agevolati a imprese e famiglie, emissioni di banconote e titoli di stato in grandi quantità, speculazioni borsistiche e valutarie, banche mondiali per i Paesi emergenti ecc.). Si guadagnava di più e più facilmente. Il petrodollaro poi, sganciato dall’oro, costituiva una trovata geniale. Praticamente gli USA vivevano di rendita e gli Stati che non accettavano questo primato finanziario venivano fatti fuori (Iraq, Libia... e ora anche la UE, che con la sua produzione e moneta era diventata troppo competitiva).

A cosa servono le guerre agli USA? Solo per fare un favore all’industria militare? No, servono anche per far capire al mondo intero che l’unico capitalismo che comanda è quello privatistico delle oligarchie o lobbies finanziarie americane. Sono loro che decidono i destini dell’umanità. È come se ci dicessero: “Volete il web per farvi conoscere? Volete i farmaci che curano epidemie? Volete le armi per difendervi? Volete dei crediti facili o alti interessi sui vostri prestiti? Volete dei circuiti finanziari mondiali? Volete fare investimenti in tutte le borse del mondo stando seduti a casa vostra? Volete film e documentari e format televisivi per il vostro tempo libero? Volete in sostanza che le idee del libero mercato, della democrazia rappresentativa e dei diritti umani continuino a sussistere? Bene, allora rassegnatevi ad accettare come un dato di fatto che l’unica nazione al mondo che comanda come vuole sono gli USA. Tutte le altre non contano niente. Possono essere spazzate via molto facilmente”.

In effetti i crolli finanziari che han subìto gli USA negli ultimi 20 anni sono serviti soltanto a rendere il potere esecutivo sempre più arrogante. Da quando è implosa l’URSS, gli USA spadroneggiano indisturbati.

Per fermare una potenza del genere, che sembra una balena incapace di orientarsi o un potente robot fuori controllo, è difficile pensare che la Russia possa farcela da sola. Però se i grandi Paesi asiatici si alleano militarmente tra loro e se i Paesi africani e sudamericani non si lasciano intimidire da minacce o ricatti di varia natura, né allettare da promesse mirabolanti, allora forse abbiamo una possibilità di liberarci per sempre di questo peso insostenibile per l’umanità.

 

La resilienza economica della Russia

 

Lungo articolo economico di Giacomo Gabellini per l’AntiDiplomatico. Ne riassumiamo il meglio, dividendolo in due parti.

Anzitutto spiega perché la Russia ha resistito egregiamente alle pesantissime sanzioni economiche e finanziarie dell’occidente, smentendo tutte le previsioni catastrofiste degli analisti.

I motivi sono tre: il debito pubblico della Russia, rispetto al PIL, è ridicolo: solo il 12,5%; la posizione finanziaria, nonostante il furto dei 300 miliardi di dollari da parte delle banche occidentali, è sicura; le riserve auree hanno raggiunto le 2.300 tonnellate.

In secondo luogo la Russia resta produttrice di primissimo piano per beni fondamentali alla stessa economia occidentale: dal petrolio al gas, dall’alluminio al cobalto, dal rame al nichel, dal palladio al titanio, dal ferro all’acciaio, dal platino ai cereali, dal legname all’uranio, dal carbone all’argento, dai mangimi ai fertilizzanti.

A ciò vanno aggiunti i beni incorporati dopo il riconoscimento del Donbass come territorio russo: giacimenti di carbone, ferro, titanio, manganese, mercurio, nichel, cobalto, uranio, terre rare di vario genere e idrocarburi non convenzionali. I prezzi di questi beni, proprio a seguito dell’embargo, sono notevolmente aumentati.

La Russia potrà non essere un’economia di avanguardia per quanto riguarda il settore terziario (p.es.  servizi finanziari e assicurativi, consulenze, nuovi sistemi di comunicazione e design…), ma ha punte di eccellenza in campo nucleare, aerospaziale, informatico e militare.

Si noti inoltre che, se per quanto riguarda il PIL nominale, l’economia russa (1.779 miliardi di dollari nel 2022) risulta paragonabile per dimensioni a quella italiana (2.108 miliardi), viceversa sotto il profilo della parità di potere d’acquisto (4.808 miliardi, contro i 2.741 dell’Italia) tende ad avvicinarsi a quella tedesca (4.848 miliardi).

L’economia russa, pur avendo una popolazione universitaria di 2,2 volte inferiore rispetto a quella degli Stati Uniti, forma il 30% di ingegneri in più, poiché dà più importanza ai beni tangibili.

 

La resilienza militare della Russia

 

Gli statisti occidentali – scrive Giacomo Gabellini per l’AntiDiplomatico – non riescono a capacitarsi di come la Russia riesca a produrre così tante armi e proiettili per la guerra in Ucraina.

Dopo un anno dall’inizio l’occidente collettivo tra fondi finanziari e materiale bellico aveva elargito a Kiev qualcosa come 120 miliardi di dollari. Ma gli arsenali militari di molti Paesi NATO si erano praticamente svuotati inutilmente, tanto che il Ministero della Difesa tedesco aveva ammesso che, qualora la Germania si fosse trovata a combattere una guerra ad alta intensità come quella russo-ucraina, avrebbe esaurito le munizioni nell’arco di appena due giorni. Stesso discorso vale per Francia e Gran Bretagna.

Alla fine del 2022 il Dipartimento della Difesa statunitense aveva ceduto all’Ucraina circa 1/3 delle riserve di missili anticarro Javelin e di quelli antiaerei Stinger: ripianare tali scorte richiederà rispettivamente 5 e 13 anni. Per quanto concerne le munizioni dei lanciarazzi Himars, a fronte di una produzione di 9.000 razzi all’anno, le forze armate ucraine ne consumano almeno 5.000 al mese.

Washington è stata costretta a rivolgersi alla Corea del Sud, per avere in prestito 500.000 proiettili di artiglieria da 155mm e rimpinguare le proprie scorte.

La Russia in sostanza è riuscita a sparare fino a 50.000-60.000 proiettili d’artiglieria al giorno a fronte dei 5.000-6.000 esplosi dall’Ucraina. Ha prodotto nel 2022 circa 1,7 milioni di munizioni, contro le 180.000 fabbricate dagli USA. Segno di una capacità industriale notevolissima, supportata da catene di approvvigionamento di materiali critici e componentistica solide e perfettamente funzionanti.

Non solo, ma le spese militari sostenute da Mosca nel corso del primo anno di guerra hanno assorbito circa 67 miliardi di dollari, pari ad appena il 3% del PIL russo: una percentuale modesta rispetto al 61% della seconda guerra mondiale.

Come mai questo successo? 1) solo l’occidente collettivo ha aderito alle sanzioni; 2) sono stati nazionalizzati gli asset delle multinazionali occidentali che hanno lasciato la Federazione; 3) le aziende cinesi hanno colmato il vuoto lasciato dalle imprese occidentali.

Insomma l’occidente ha fatto un errore di calcolo d’importanza capitale.

Fonte: lantidiplomatico.it

 

[13] Una persona intelligente

 

Alla domanda: “La NATO s’impegnerà in un conflitto militare con la Russia?”, Seymour Hersh (giornalista e scrittore statunitense) ha risposto così.

“Probabilmente lo sta già facendo. Intendo dire addestramento e consigli. Ci sono così tanti gruppi eterogenei nell’esercito ucraino. Qualcuno ha detto, a proposito di questa controffensiva, che il motivo per cui sembra inevitabilmente condannata è che è come 15 gruppi di danza diversi che hanno provato separatamente per molto tempo. E se li riunite in una grande sala e dite: avete un’ora o un giorno o tre giorni per organizzare insieme un lavoro coerente, non ne verrà fuori niente. E questo è esattamente ciò che sta accadendo. Per quanto ne so, mi sembra che questo sia un altro massacro dell’esercito ucraino, il che significa che è un massacro anche per la NATO. Questa è probabilmente l’operazione più importante che la NATO abbia mai condotto. Non so cosa accadrà alla NATO nel lungo termine, ma non c’è nulla di buono per l’Ucraina, e nemmeno la NATO si aspetta nulla di buono per se stessa, e non ci sarà nulla di buono per l’amministrazione Biden. Questo è ciò che sta accadendo ora, secondo me”.

Sono queste persone che impediscono all’uomo comune di fare differenza tra popolo americano e poteri forti.

 

Borrell ha le visioni

 

L’Alto Rappresentante della UE per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza sostiene che Putin sta forse aspettando che si svolgano le elezioni negli Stati Uniti, contando sul fatto che Trump porrà fine a questa guerra. Cioè Borrell è convinto che l’esito di questa guerra dipenderà dalla volontà politica del prossimo presidente americano e non dalla sconfitta definitiva dell’Ucraina e quindi indirettamente della NATO.

Avesse almeno detto che la pace sarebbe dipesa dalla volontà negoziale della UE, avremmo potuto apprezzarlo. Invece così il suo carattere servile nei confronti degli USA lo rende particolarmente spregevole.

Borrell sostiene inoltre che Putin credeva che in 15 giorni avrebbe potuto occupare Kiev e sottomettere l’Ucraina a causa dello squilibrio delle forze in campo, cioè ha sottovalutato la capacità di resistenza dell’Ucraina.

Questo povero essere, privo di qualunque forma di etica, finge di non sapere che Putin non ha mai dichiarato guerra all’Ucraina, ma si è limitato a intervenire per impedire il genocidio dei russofoni del Donbass. Finge di non sapere che a causa delle profonde parentele tra russi e ucraini, l’esercito russo aveva l’obbligo di usare molta cautela nell’uso delle armi. Ma soprattutto finge di non sapere che questo conflitto è stato e continua a essere assolutamente disastroso per l’Ucraina, e proprio per colpa dell’Occidente collettivo.

Questo pseudo-diplomatico ha anche detto che Putin ha sottovalutato la capacità di unione degli europei, che credeva di tenere in pugno col gas; ha sottovalutato l’unione tra Stati Uniti ed Europa.

In realtà è stato l’occidente collettivo a sottovalutare la capacità di resistenza della Russia a qualunque sanzione economica e finanziaria.

Ma quel che è peggio è che l’Europa non ha minimamente reagito alla pretesa americana di trasformarla in una propria colonia.

Questo “basso” rappresentante della diplomazia europea pretende che la Russia restituisca tutti i territori “occupati”. In realtà i territori sono stati “liberati” dalla presenza neonazista. La controffensiva ucraina si sta rivelando l’ennesima catastrofe.

Ormai la resa incondizionata di Kiev è alle porte. E anche il ruolo di Borrell ha i mesi contati. La NATO non potrà mai dichiarare guerra a un Paese che dispone di 6.000 testate nucleari. La stessa UE e la stessa NATO rischiano di saltare per aria.

 

L’Ucraina nella NATO?

 

Il principale ostacolo sul percorso dell’Ucraina verso la NATO non è l’Ungheria, e neppure l’Ucraina o il tacito “veto” della Russia, ma una discussione interna all’Alleanza.

L’ha detto il capo del ministero degli Esteri e presidente eletto della Lettonia, Edgars Rinkevics, in un’intervista al Parlamento europeo.

“Il motivo è che ora i membri della NATO non hanno una chiara comprensione di cosa fare con la situazione quando uno Stato belligerante si unisce all’Alleanza, e cosa significa nel contesto dell’articolo 5. È su questa domanda che molti Stati membri non possono dare una risposta”, ha affermato.

Avrebbe però dovuto aggiungere, l’ipocrita, che lo stesso statuto della NATO vieta di accettare domande di adesione da parte di uno Stato che si trova in una situazione belligerante.

Quindi non ci sarebbe proprio niente da discutere. Prima vanno stabilite le trattative di pace. Cosa che la NATO, al momento, è lontanissima dal pensare. È troppo presa da questa guerra per procura.

 

[14] Una guerra pedagogica

 

Questa guerra, se i russi avessero preso a bombardare a tappeto le grandi città ucraine, sarebbe finita da un pezzo. Invece così costringe tutti ad assumersi delle responsabilità.

È una guerra non solo per tutelare una minoranza che ha diritto di esistere in maniera dignitosa, ma anche per sconfiggere il rinato nazismo coi suoi atteggiamenti russofobici, ampiamente sostenuti dalla falsa democrazia dell’occidente collettivo.

È una guerra che sta sconvolgendo l’intero pianeta, le relazioni internazionali, la geopolitica delle grandi nazioni, l’idea stessa di globalismo unipolare. È una guerra totale, da cui per forza qualcuno dovrà uscire sconfitto.

Persino l’Africa come continente pretende di assumere un ruolo più attivo, non condizionato dai legami coloniali con l’occidente.

È evidente infatti che questa guerra sta destabilizzando anche i Paesi africani più poveri, privati delle risorse alimentari provenienti da Russia e Ucraina, grandi fornitori di cereali.

Ecco perché una missione di pace di un certo numero di Paesi africani è pronta ad andare in Russia e Ucraina per partecipare alla risoluzione del conflitto.

Quando il cibo manca si formano colpi di stato militari, rivoluzioni popolari, frange ideologicamente estremistiche, dedite al terrorismo, e soprattutto imponenti fenomeni migratori.

Solo degli statisti europei affetti da cecità assoluta possono non accorgersi del diluvio universale che sta arrivando dal continente nero, dove vivono più di 1,43 miliardi di persone e dove gli Stati sono sempre più interessati ai BRICS e sempre meno al dollaro.

 

L’insopportabile arroganza occidentale

 

Fa venire un certo nervoso vedere con quanta arroganza l’occidente abbia rifiutato, nel passato, tutte le proposte di pace e di collaborazione economica di Putin.

Il suo discorso tenuto in tedesco nel 2001 al Bundestag di Berlino venne accolto con lunghi applausi da parte dei 650 deputati alzatisi in piedi. Lui considerava la guerra fredda morta e sepolta e parlava di “casa comune europea” come Gorbaciov. Era convinto che l’Europa avrebbe accettato la riunificazione della Germania, concedendo in cambio che la NATO non avrebbe oltrepassato la linea dell’Elba. Ma le promesse occidentali non sono mai state mantenute.

Poi nel 2007 ci fu la svolta. Alla Conferenza di Monaco sulla sicurezza Putin fece chiaramente capire che l’allargamento della NATO a est veniva considerato dalla Russia come una provocazione.

D’altra parte questa sua disillusione era inevitabile: dopo l’implosione del 1991, nel passaggio dall’URSS alla Federazione Russa, si erano persi circa 5 milioni di kmq di territori. Come poteva Putin sopportare tranquillamente l’allargamento della NATO, già nel 1999, a Polonia, Ungheria, Cekia, e nel 2004 a Bulgaria, Romania, Paesi Baltici, Slovenia e Slovacchia?

Nel 2008 la NATO, che non ha mai avuto nulla di difensivo, era già pronta ad accogliere Ucraina e Georgia. A quel tempo la NATO considerava il potenziale militare dell’Ucraina superiore a quello della Germania.

La guerra in corso rispecchia il principio hegeliano secondo cui una serie successiva di determinazioni quantitative arriva ad un certo punto a formare una nuova qualità.

 

Un esempio di paraculismo

 

Annalena Baerbock, ministra degli esteri tedesca, ha chiesto espressamente ai giornalisti di non accostare la parola “tedeschi” ai Leopard. Per lei non ha importanza dove il tank è stato prodotto o chi l’ha fornito a Kiev.

“Non dici del tuo iPhone che è americano o di Tim Cook. Dici che è tuo. È lo stesso coi carri armati tedeschi in Germania. Quello che fanno gli ucraini coi Leopard, non ha niente a che fare con noi”. Così ha detto.

Perché questa guerrafondaia al massimo grado si esprime così? È semplice: perché i Leopard tedeschi vengono continuamente distrutti da parte dell’esercito russo, quello che combatteva con le pale secondo “Repubblica”. I Leopard non hanno nemmeno il tempo di arrivare al fronte che subito diventano macerie.

La Baerbock ha mandato in guerra la Germania condannandola a un disastro economico di portata immensa e non vuole prendersi la responsabilità politica di tutto ciò. Questo si chiama paraculismo, che proiettato in politica, diventa un suicidio collettivo, perché a pagare il prezzo di scelte sciagurate sono soltanto i cittadini tedeschi.

 

Finalmente uno controcorrente

 

Scrivo a tutta la comunità per assumermi la responsabilità di una scelta, evidentemente controcorrente, in occasione della scomparsa di Silvio Berlusconi.

Di fronte a questa notizia naturalmente non si può provare alcuna gioia, anzi la tristezza che si prova di fronte ad ogni morte. Ma il giudizio, quello sì, è necessario: perché è vero che Berlusconi ha segnato la storia, ma lo ha fatto lasciando il mondo e l’Italia assai peggiori di come li aveva trovati. Dalla P2 ai rapporti con la mafia via Dell’Utri, dal disprezzo della giustizia alla mercificazione di tutto (a partire dal corpo delle donne, nelle sue tv), dal fiero sdoganamento dei fascisti al governo alla menzogna come metodo sistematico, dall’interesse personale come unico metro alla speculazione edilizia come distruzione della natura. In questo, e in moltissimo altro, Berlusconi è stato il contrario esatto di uno statista, anzi il rovesciamento grottesco del progetto della Costituzione. Nessun odio, ma nessuna santificazione ipocrita. Ricordare chi è stato, è oggi un dovere civile.

Per queste ragioni, nonostante che la Presidenza del Consiglio abbia disposto le bandiere a mezz’asta su tutti gli edifici pubblici da oggi a mercoledì (giorno dei funerali di Stato e lutto nazionale), mi assumo personalmente la responsabilità di disporre che le bandiere di Unistrasi non scendano.

Ognuno obbedisce infine alla propria coscienza, e una università che si inchini a una storia come quella non è una università.

Tomaso Montanari

Professore ordinario di Storia dell’arte moderna

Rettore dell’Università per Stranieri di Siena

 

p.s. Naturalmente per questa sua posizione rischia tre mesi di carcere o un’ammenda fino a 200 euro, essendo prevista la bandiera a mezz’asta per il funerale di stato dalle disposizioni della Presidenza del Consiglio.

 

*

 

Durante l’incontro tra Stati Uniti e Arabia Saudita, cioè tra l’erede al trono saudita Mohammed bin Salman e il segretario di Stato americano, Blinken, non è stata posta la bandiera americana dietro quest’ultimo. È la prima volta in assoluto che succede una cosa del genere. I sauditi sembrano quasi voler dire che a Washington c’è un’amministrazione fantasma priva di poteri.

 

[15] Putin rassicurante (1)

 

La Russia prevede di ritirarsi dall’accordo sul grano, poiché il corridoio del Mar Nero viene utilizzato dalle formazioni ucraine per attaccare le navi russe. Putin quindi discuterà delle forniture gratuite di grano direttamente coi leader di alcuni Paesi africani che visiteranno la Russia i prossimi giorni.

L’ha detto, tra molte altre cose non meno importanti (che diremo in altri tre post), in un incontro coi corrispondenti militari.

Cosa risponderà l’occidente? Che vuole usare il cibo come arma di ricatto, perché sta subendo la controffensiva in maniera devastante. È il solito ridicolo ritornello.

Peccato che nello stesso incontro abbia detto che i tank Bradley e i Leopard bruciano magnificamente! E che se gli ucraini useranno armi all’uranio impoverito, lo faranno anche i russi.

Putin ha giudicato la controffensiva molto debole, in quanto le forze armate ucraine consumano 5-6.000 proiettili da 155 mm al giorno, mentre gli Stati Uniti ne producono 15.000 al mese. La superiorità della Russia è schiacciante e, nonostante ciò, continua a colpire obiettivi militari in modo selettivo, senza attaccare aree residenziali, come invece fanno i neonazisti.

L’offensiva russa avverrà quando sarà finita quella ucraina e fino a quando non sarà finita l’offensiva russa, qualunque trattativa sarà impossibile. I territori già acquisiti non potranno mai essere restituiti, poiché fanno parte della storia della Russia.

Anzi, se stiamo a sentire Tsekov, membro della Commissione per gli affari internazionali del Consiglio della Federazione Russa e senatore della Crimea, l’Ucraina dovrebbe essere pronta a consegnare le regioni di Nikolaev, Odessa e Kharkiv per i negoziati con la Russia.

 

I territori storici della Russia (2)

 

Nell’incontro suddetto Putin ha fatto una dichiarazione un po’ enigmatica, che nessun media occidentale ha riportato. Ha detto che “L’Ucraina non dovrebbe esistere a spese della Federazione Russa e sui territori storici russi, se non si costruiscono relazioni normali.”

Che cosa voleva dire? Probabilmente che se al potere di Kiev ci fosse stato uno come Yanukovich, non ci sarebbe mai stato alcun intervento armato. Una soluzione pacifica al problema del Donbass si sarebbe sicuramente trovata. Anzi prima del 2014 non c’era nessun problema di sopravvivenza nel Donbass.

Purtroppo la Russia ha a che fare con dei neonazisti, che la stanno obbligando a tornare agli anni ’40, e questo non può tollerarlo in alcuna maniera, in quanto, per colpa del sostegno della NATO, è in gioco la sua stessa integrità territoriale.

Ma forse voleva dire anche un’altra cosa, che in effetti ha in parte lasciato capire. Apparentemente Putin non sembra essere contrario all’ingresso dell’Ucraina nella NATO, a condizione però che vengano restituiti alla Russia i territori che storicamente le appartengono. Cioè praticamente l’Ucraina a ovest del Dnper potrebbe anche far parte della NATO, ma a condizione di rinunciare a tutti i territori che stanno a est del fiume, Odessa inclusa. Se vogliamo, anche Kiev, culla dell’ortodossia russa, non potrebbe o non dovrebbe far parte della futura Ucraina.

Difficile dargli torto. Qui è evidente a tutti che non si sta parlando di territori appartenenti alla Russia mezzo millennio fa, che un’evoluzione sfavorevole della storia è riuscita a sottrarle. Qui il tempo trascorso è solo di poche decine di anni. Questi sono territori in cui si parla la stessa lingua di Mosca, si apprende la medesima cultura, si rivendicano analoghe tradizioni culturali.

I russi (che siano della Federazione o della stessa Ucraina) stanno difendendo delle radici storiche che ancora sentono come proprie. È difficile pensare che potranno accettare una trattativa di pace prima di aver concluso vittoriosamente questa guerra. È come se Putin avesse detto al governo di Zelensky: “Vuoi entrare nella NATO e nella UE? Fallo, ma con quello che avevi prima di entrare nell’URSS”. Per come è adesso, l’Ucraina è stata creata da Lenin e, in parte, dalla seconda guerra mondiale. È una terra di confine, soggetta a influenze straniere che l’hanno snaturata.

 

Ultime dichiarazioni di Putin? (3)

 

Sembra che Putin stia rilasciando dichiarazioni che hanno un tono ultimativo. Sembrano le dichiarazioni di uno che se ne vuole andare, cioè di uno che non si ricandiderà alle prossime elezioni. Di uno che si sente autorizzato a rilasciarle proprio perché sa che sono condivise dalla stragrande maggioranza dei russi. In esse vi sono obiettivi da perseguire che nessuno mette più in discussione. La sua lungimiranza, il suo acume politico, la sua strategia geopolitica hanno avuto la meglio, per cui non c’è più bisogno che lui resti al potere. Non ama essere idolatrato come Stalin.

All’incontro coi responsabili militari della Federazione ha fatto capire che per occupare Kiev occorre una nuova mobilitazione, poiché ora la capitale è difesa dalla NATO, ma nelle condizioni disastrose in cui si trova l’esercito ucraino, non è necessaria una nuova mobilitazione. Per ottenere una resa è necessario bloccare la controffensiva ucraina, occupando poi tutto il Donbass. A quel punto, se non vorranno che anche Kiev venga occupata, dovranno scendere a trattative.

Nelle condizioni definitive della pace, se Kiev vorrà entrare nella NATO, dovrà per forza esserci un’ampia zona che funga da cuscinetto tra la Federazione Russa e la futura Ucraina.

Con ciò Putin dimostra che la Russia non ha intenzione di occupare l’intera Ucraina. Anzi, è arrivato a dire che la Russia non rivendica alcunché nei confronti dei Paesi che un tempo appartenevano all’URSS.

Ha ricordato che la stessa Russia aveva fatto richiesta di entrare nella NATO, ma gli USA non gliel’hanno permesso. Questo vuol dire che, nonostante la russofobia mostrata dall’occidente, la Russia si mantiene distaccata da questi atteggiamenti di odio ed è disposta a riprendere delle relazioni normali.

 

Lo stupore di Putin (4)

 

Sembra che Putin stia cercando di giustificarsi agli occhi del mondo, perché vuol uscire dalla storia a testa alta.

E mostra il suo stupore. Prima di tutto nei confronti dell’Europa, che evidentemente ama o ha amato, da cittadino europeo, perché così lui si sente, non da suddito della volontà guerrafondaia degli USA.

L’ha detto e ripetuto: dal 2014 al 2022 la Russia non ha mosso un dito sul piano militare per difendere i russofoni perseguitati del Donbass. Si è fidata, in tutta sincerità, delle proposte collaborative della UE, smentite poi dai fatti.

Si stupisce che un ebreo come Zelensky abbia aderito così platealmente alle posizioni neonaziste di buona parte dell’Ucraina.

Si è molto meravigliato che gli ucraini abbiano “buttato via” tutti gli accordi raggiunti nel marzo 2022 dopo il ritiro delle truppe russe da Kiev.

Si stupisce che le statue di Lenin, fondatore dell’Ucraina, vengano sostituite con quelle del fascista Bandera, elevato al rango di eroe nazionale. E assicura che la Russia non potrà mai accettare una cosa del genere, e non perché difende il socialismo statale ma perché non può sentirsi di nuovo minacciata dal nazifascismo.

Per questa ragione ha assicurato che presto il complesso militare-industriale dell’Ucraina cesserà di esistere, poiché viene usato in maniera particolarmente aggressiva nei confronti della Russia.

 

[16] Tanto peggio tanto meglio

 

Il sottosegretario generale delle Nazioni Unite per gli affari umanitari, Martin Griffiths, avrebbe detto che dietro la catastrofe della diga di Kakhovskaya vi sono 700.000 persone, “sia sulla sponda ucraina che su quella russa del fiume”, rimaste prive di acqua potabile.

Poi però, quando si è trattato di tradurre in varie lingue la sua intervista, la parola “russi” è scomparsa. Nel senso che gli unici a restare senz’acqua potabile sarebbero stati gli ucraini o comunque non anche gli abitanti del Donbass.

Perché questo intenzionale travisamento dei fatti? Le ragioni sono duplici: 1) più gli ucraini soffrono, più è urgente ricevere denaro dall’occidente; 2) se solo gli ucraini sono rimasti senz’acqua potabile, allora sono stati i russi a far saltare in aria la diga, proprio come hanno sabotato il Nord Stream, bombardata la centrale nucleare di Zaporozhye e cose simili.

Ormai l’impudenza nel dire falsità del genere sembra non trovare alcun limite. Persino il mainstream occidentale è fermo nella convinzione che i russi siano affetti da masochismo irriducibile. Nel migliore dei casi si arriva a dire che la diga è esplosa da sola. D’altra parte anche dei gasdotti si arrivò a dire la stessa cosa.

Certo è che se i nostri quotidiani non ricevessero fondi statali, è difficile pensare che, al cospetto di così tante menzogne, riuscirebbero a sopravvivere. I nostri media non riescono a credere che ormai per Kiev nessuna catastrofe è, potenzialmente, un ostacolo: per i neonazisti vige il principio del tanto peggio tanto meglio. Più danni vengono fatti, anche alla stessa Europa, maggiori sono i motivi per incolpare la Russia di tutto.

 

Intenzioni genocidarie

 

Un alto funzionario dell’ufficio di Zelensky ha rivelato le intenzioni criminali del regime di Kiev. Ha detto che le forze armate ucraine non stanno conducendo una controffensiva vera e propria, ma solo “testando” la difesa russa col compito di “massimizzare la distruzione dei russi”, civili o militari che siano.

Questa è una conferma che sin dal 2014 il progetto politico che aveva il governo golpista di Kiev nei confronti dei russofoni e filorussi del Donbass era di tipo genocidario.

L’occidente sta difendendo un crimine internazionale, riconosciuto come tale dalla Convenzione delle Nazioni Unite del 1948.

Che poi il governo di Kiev stia davvero comportandosi così è tutto un altro discorso, non perché non ne abbia le intenzioni, ma perché la difesa russa è invalicabile: mezzi e uomini ucraini vengono eliminati piuttosto facilmente. I russi han dimostrato d’essere nettamente superiori non solo quando attaccano ma anche quando si difendono. Ormai solo il governo di Kiev, supportato dalla NATO e dal mainstream occidentale, non vuole ammettere un’evidenza del genere.

Quello che più stupisce è che la stessa popolazione ucraina (quella rimasta in patria, ridotta a circa 20 milioni di persone) sembra essere rassegnata a questo destino autodistruttivo.

Non solo, ma se l’ONU continua a ignorare la natura neonazista del regime di Kiev, farà sicuramente la stessa fine della precedente Società delle Nazioni, che venne liquidata perché non seppe impedire la diffusione del fascismo e la seconda guerra mondiale.

A questo punto è chiaro che, con o senza l’aiuto dell’ONU, il governo di Kiev, una volta conclusa l’operazione speciale, dovrà essere processato come i criminali di guerra della Germania nazista ai processi di Norimberga nel 1945.

 

Arrampicarsi sugli specchi

 

Un’inchiesta congiunta della televisione pubblica olandese NOS, il suo programma “Nieuwsuur”, e dei media tedeschi “Die Zeit” e ARD, ha rivelato che il comandante in capo delle forze armate ucraine, il generale Valery Zaluzhny, è direttamente responsabile del sabotaggio dei gasdotti del Nord Stream.

Questo scaricabarile (sostenuto anche dal “Washington Post”) lascia pensare che Zaluzhny sia morto o comunque non sia nelle condizioni di dire che tutta la responsabilità dell’atto terroristico ricade interamente sugli Stati Uniti, principali beneficiari della riorganizzazione del mercato energetico europeo.

Addirittura nell’inchiesta si è arrivati a dire che il servizio segreto militare olandese, appena venuto a conoscenza dei piani ucraini, aveva avvisato la CIA e l’intelligence di diversi Paesi europei, tra cui la Germania, nella speranza di poter prevenire l’attacco. Ovviamente la Germania andava allertata, in quanto avrebbe subìto i danni maggiori.

Queste sono tutte menzogne che anche un bambino riconoscerebbe come tali. Per preparare un attentato del genere ci vogliono mesi di studi di fattibilità, personale particolarmente specializzato e potenti mezzi tecnici. Tutte cose che non potevano certo riguardare l’Ucraina, tant’è che nell’indagine farlocca si è stati costretti a dire che una piccola squadra di sommozzatori avrebbe effettuato il sabotaggio da una barca a vela a 73 metri di profondità!

Semmai a tutti dovrebbe apparire stranissimo che i migliori servizi di intelligence del mondo, pur avendo avuto tutto il tempo necessario, non siano riusciti a scongiurare una catastrofe del genere, il più grave attentato dinamitardo dalla fine della seconda guerra mondiale ad oggi, di cui naturalmente Zelensky non era a conoscenza (si è stati costretti a precisare quest’altra stupidaggine perché lui è ancora vivo!).

È triste vedere persone intelligenti arrampicarsi sugli specchi solo perché un interesse sbagliato glielo impone, un pregiudizio ideologico lo esige.

Qui l’unica cosa certa è che i Paesi occidentali continuano a opporre una resistenza accanita a un’indagine internazionale trasparente e obiettiva sotto l’egida del Consiglio di Sicurezza dell’ONU.

Fonte: lantidiplomatico.it

 

Di fronte alla verità non si scappa

 

Il 14 giugno si è tenuta la riunione plenaria del Foro di Cooperazione per la Sicurezza dell’OSCE (quell’organizzazione inutile che avrebbe dovuto scongiurare la guerra civile condotta da Kiev contro il Donbass per 8 anni).

Per la prima volta nella sua storia il rappresentante della Russia ha presentato i frammenti delle munizioni per i complessi missilistici statunitensi HIMARS, che vengono usati dagli ucraini contro la popolazione civile nel Donbass, come prova dei crimini di Kiev sponsorizzati dagli Stati Uniti.

Ma quando la Russia ha mostrato questi frammenti delle munizioni degli HIMARS, le delegazioni degli Stati-membri dell’OSCE hanno abbandonato la sala. Questo dimostra che i Paesi occidentali non riescono neppure a sopportare l’idea di ascoltare e vedere fatti reali che confermano il coinvolgimento dell’Occidente nei crimini di guerra dell’Ucraina.

Durante la dimostrazione delle prove Konstantin Gavrilov, capo della delegazione russa, ha posto questa domanda diretta: “Come reagirebbero i colleghi occidentali se qualcosa di simile fosse fatto contro, diciamo, gli inglesi in Irlanda, i francesi in Belgio, gli italiani in Svizzera, gli svedesi in Finlandia? Cosa direbbero se gli Stati Uniti armassero forze terroristiche contro questi cittadini e sostenessero slogan disumani sulla necessità di eliminarli?”

Insomma questa situazione conferma che i Paesi dell’Occidente non sono solo sponsor, ma complici dell’illegalità perpetrata da Kiev per nove anni nel Donbass.

Fonte: lantidiplomatico.it

 

Non c’è scampo per gli illusi

 

L’analista militare e senior fellow dell’US Foreign Policy Research Institute, Rob Lee, ha detto all’agenzia Reuters che l’esercito ucraino, nell’attuale offensiva, potrebbe esaurire completamente il suo potenziale bellico senza che neppure la prima linea di difesa militare russa venga sfondata. Ha inoltre aggiunto che in uno scenario di conflitto di logoramento prolungato, Kiev perderebbe inevitabilmente.

Allo stesso tempo, secondo l’editorialista Jamie Dettmer, Washington richiede che Kiev compia seri progressi nell’imminente offensiva per ricevere ulteriore sostegno militare e finanziario.

L’edizione canadese del “Toronto Star” ha pubblicato un articolo contenente interviste a militari ucraini che ammettono che il loro morale si è indebolito e che il rapporto dei soldati semplici coi loro comandanti è diventato molto problematico. Questo perché mancano soldati esperti negli attacchi, armati di armi adeguate, sicché molti ucraini, dopo essere stati feriti,  non vogliono tornare al fronte.

Insomma è il mainstream occidentale, che raccontando i fatti in tutt’altra maniera, sta portando l’Ucraina alla catastrofe, cioè la sta facendo scomparire come Stato indipendente. Pretende che questa guerra proceda a oltranza sino all’ultimo soldato.

Non solo, ma l’occidente si sta svenando sul piano finanziario. Anche Robert Kennedy Jr., nipote dell’ex presidente John F. Kennedy, l’ha detto: “Se prendessimo i soldi che diamo all’Ucraina, potremmo pagare tutti i buoni pasto di tutti gli statunitensi senza alcun taglio”. A causa di decisioni sbagliate gli statunitensi vengono “fatti morire di fame”.

 

[17] Come autodistruggersi e vivere infelici

 

La quota del dollaro USA nelle riserve valutarie mondiali è scesa dal 73% al 58% negli ultimi due decenni. Secondo il quotidiano giapponese “Nihon Keizai”, nel 2022 la quota del dollaro nelle riserve valutarie mondiali è diminuita 10 volte più velocemente rispetto alla media degli ultimi 20 anni.

Il giornale prosegue scrivendo che le società giapponesi coinvolte nei progetti energetici a Sakhalin sono passate dal dollaro allo yuan per il pagamento dei dividendi. Questo perché la Russia non opera più i pagamenti in dollari e ha creato un nuovo canale di rimesse in yuan.

Insomma la de-dollarizzazione globale è un processo che negli ultimi due anni ha guadagnato un enorme slancio. Gli Stati Uniti stanno lottando per frenarlo, aumentando sempre più i tassi di interessi. Ma la cosa non potrà durare a lungo.

E pensare che Putin non ha mai detto che la Federazione Russa ha come obiettivo quello di dedollarizzare la propria economia o quella mondiale: sono gli Stati Uniti che, usando il dollaro come strumento di predominio e di lotta armata, ne minano la credibilità, fanno sorgere dubbi sull’affidabilità di questa valuta sia come strumento di regolamentazione nel commercio mondiale sia come mezzo di risparmio. Così ha detto nella recente sessione plenaria del Forum Economico di San Pietroburgo.

In altre parole: è per colpa degli USA se le riserve dei Paesi con grandi economie in dollari diminuiscono di anno in anno; se crescono i regolamenti in valute nazionali: per es. in yuan e in alcune valute dei Paesi arabi. In connessione con gli eventi che si svolgono in Europa, stanno emergendo progetti in America Latina per creare proprie valute. Non è un caso che nel mondo arabo si parli da tempo di creare una propria moneta unica; in Asia se ne parla. Se i produttori di petrolio dei principali Paesi arabi si dicono pronti a pagare il loro petrolio in yuan, la Russia non c’entra assolutamente nulla in questa decisione.

Anche il Presidente del Kenya, William Ruto, durante un discorso al parlamento di Gibuti, ha esortato le nazioni africane ad abbandonare il dollaro a favore delle monete locali. Il dollaro deve servire solo per comprare merci americane, per il resto bastano le monete nazionali. Le delegazioni presenti hanno applaudito con molto entusiasmo. È quindi probabile che anche questi Paesi potrebbero, fra non molto, aderire ufficialmente ai BRICS.

Morale della favola: se vuoi vivere infelice, prova ad autodistruggerti.

 

Missione africana fallita in Ucraina

 

Zelensky ha rifiutato decisamente l’offerta dell’Unione africana di mediare la fine del conflitto, insistendo sul fatto che non possono esserci negoziati con la Russia. Ora la delegazione di alto rango, guidata dal presidente sudafricano Cyril Ramaphosa, si dirigerà a Mosca.

Non solo, ma Zelensky non ha mancato di dire un’altra menzogna delle sue, e cioè che è solo l’Ucraina che aiuta le nazioni africane sul piano alimentare, mentre la Russia usa la fame e l’instabilità sociale come strumento di pressione politica.

Come se questo ipocrita all’ennesima potenza non sapesse che il grano di Kiev è andato per la maggior parte nella UE come mangime per animali. Come se non sapesse che l’ONU non è riuscita a sbloccare l’esportazione di cibo e fertilizzanti russi in Africa, che rappresentava una quota molto maggiore del fabbisogno del continente. Putin ha già detto che, siccome l’esercito ucraino sta approfittando dell’accordo sul grano per colpire coi droni le navi russe, discuterà direttamente con quella delegazione su come risolvere il problema della fornitura gratuita di cereali all’Africa.

La missione dell’Unione Africana ha avuto un inizio infausto già a Varsavia, quando le autorità polacche hanno polemizzato con Ramaphosa sulla questione della sicurezza. A Kiev invece è stato detto alla delegazione di mettersi al riparo dai “missili russi” in arrivo, che però non si vedevano da nessuna parte né si sentivano esplosioni, come poi ha detto il portavoce di Ramaphosa.

È evidente che gli africani han bisogno di cereali, solo che questi non riescono a ottenerli senza la pace. Il governo di Kiev non vuole però alcuna trattativa che non preveda il ritiro della Russia dal Donbass e dalla Crimea. Incontrare Zelensky è tutto tempo perso: se n’è accorto anche il cardinale Matteo Zuppi, inviato dal papa.

Mosca ha già liquidato come delirante la “formula di pace” ucraina e ha affermato che qualsiasi colloquio di pace sarà con i “marionettisti” di Zelensky in occidente, piuttosto che col loro burattino.

 

[18] Firmare un accordo è importante

 

La delegazione africana ha presentato a Putin un accordo di pace basato su 10 punti, ma non è stato rivelato, perché non ancora messo per iscritto.

In compenso Putin ha mostrato alla delegazione la bozza di accordo che i diplomatici ucraini avevano sottoscritto nell’incontro organizzato dalla Turchia. Quel Trattato sulla neutralità permanente e le garanzie di sicurezza dell’Ucraina, composto di 18 articoli, era stato firmato dal capo del gruppo negoziale di Kiev.

Ha detto che i russi non erano d’accordo con la parte ucraina di tenerlo riservato, anche se poi fino adesso l’hanno fatto. Ha poi aggiunto che nell’accordo era previsto il ritiro delle truppe russe da Kiev. I russi rispettarono subito questa condizione; gli ucraini invece, influenzati dalle intenzioni degli anglo-americani, fecero saltare quel trattato, rinunciando alla propria sicurezza.

Putin non ha detto altro, se non il fatto che al momento è impossibile dialogare con Kiev, in quanto Zelensky ha firmato un decreto che vieta di negoziare con Mosca.

Tuttavia a chiunque sarà venuto in mente che neanche i nazisti tedeschi rispettarono il famoso patto firmato coi sovietici nel 1939.

 

In linea con l’ONU

 

Putin ha spiegato alla delegazione africana giunta a Mosca per discutere di pace e di cereali, che tutte le azioni della Russia nei confronti del Donbass erano in linea con la Carta delle Nazioni Unite.

Ha detto che la Federazione Russa aveva il diritto di riconoscere l’indipendenza delle due repubbliche del Donbass, poiché ciò non sarebbe stato contrario ai princìpi dell’ONU, che, ai sensi dell’art. 51, parlando di autodifesa, prevedono il diritto di fornire assistenza. Un diritto che per i russi era già un dovere, avendo firmato un trattato di amicizia e cooperazione con loro. Diversamente dal regime di Kiev, che invece stava cercando di risolvere con la forza delle armi il problema dell’autonomia di quelle due repubbliche.

Insomma è proprio il caso di dire che per un punto Martin perse la cappa, cioè per colpa di un errore, che si sarebbe potuto risolvere facilmente, l’abate Martino, per decisione pontificia, perse la gestione del monastero di Asello.

 

Imperativo n. 1: mandare a casa il governo Meloni

 

Fin dal suo insediamento il governo della Meloni ha proseguito l’attuazione dell’agenda Draghi, portando più a fondo tutte le “riforme” già iniziate o annunciate.

Da un lato quindi si è peggiorata la sottomissione dell’Italia alla NATO, trascinandola nella partecipazione alla guerra contro la Federazione Russa e nel sostegno incondizionato al governo ucraino (invio di armi, addestramento di soldati, uso del territorio italiano per esercitazioni e manovre militari, ecc.).

Dall’altro si è aumentata la precarietà del lavoro, proseguendo lo smantellamento della sanità, della scuola e dell’università pubbliche, ma anche picconando le misure introdotte dal governo Conte 1 che davano “una boccata d’ossigeno” alla parte più povera, precaria e ricattabile della popolazione. L’abolizione del Reddito di Cittadinanza (un ostacolo ai salari da fame) ne è un esempio: la prima misura economica a favore delle masse popolari introdotta nel nostro Paese dopo un quarantennio di ininterrotta eliminazione delle conquiste politiche, economiche, sociali ottenute con le lotte condotte dal dopoguerra fino alla metà degli anni ‘70.

Di fronte a tutto ciò il governo non ha incontrato nessuna opposizione significativa né in campo politico, né in campo sindacale.

È normale una situazione del genere?

L’unica vera opposizione al governo è stata messa in campo dagli organismi operai e popolari che hanno promosso la mobilitazione contro la guerra e il traffico di armi nei porti italiani, che hanno lottato contro l’abolizione del Reddito di Cittadinanza, contro le delocalizzazioni delle aziende, contro la devastazione ambientale, contro l’abbandono di intere popolazioni colpite dalle emergenze alluvionali.

 

[19] Shock monetario e geopolitico in vista

 

La nuova valuta dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) avrà l’effetto di una bomba nelle fondamenta del sistema finanziario globale. L’occidente collettivo, ancora convinto di poter campare di rendita grazie alla propria forza militare, subirà uno shock monetario e geopolitico di portata epocale.

Il prossimo 22 agosto verrà svelato lo sviluppo più significativo della finanza internazionale dal 1971. Inevitabilmente la nuova valuta (sostenuta dall’oro, dai metalli delle terre rare e dalle altre risorse naturali dei Paesi membri) indebolirà il ruolo del dollaro e alla fine potrà anche sostituirlo come principale moneta nei pagamenti e transazioni internazionali e come valuta di riserva globale.

Questo potrebbe accadere in pochi anni, in un processo storico senza precedenti, i cui effetti potranno anche essere drammatici e imprevedibili. Si pensi per es. che se l’Arabia Saudita riuscirà ad essere accettata, i BRICS avranno due (l’altro è la Russia) dei tre maggiori produttori mondiali di energia.

Altro esempio eclatante: Russia, Cina, Brasile e India sono 4 dei 7 Paesi più grandi del mondo, poiché possiedono il 30% della Terra. In questo momento loro stessi sono già 4 dei 9 Paesi più popolosi del pianeta: 3,2 miliardi di persone, pari al 40% della popolazione mondiale.

Se a queste 4 nazioni si aggiungesse l’Arabia Saudita, i BRICS avrebbero il 28% del PIL mondiale nominale, e se si utilizzasse, per misurare il PIL, il parametro della parità del potere d’acquisto, la quota sarebbe superiore al 54%.

I BRICS han quasi il 50% della produzione mondiale di grano e riso e il 15% delle riserve auree mondiali. E stanno sviluppando un sistema di telecomunicazioni in fibra ottica sottomarino, chiamato BRICS Cable, che collegherà tutti i Paesi membri.

Attualmente sono 8 le nazioni che hanno presentato ufficialmente domanda di adesione (Algeria, Argentina, Bahrein, Egitto, Indonesia, Iran, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti) e altre 17 hanno espresso interesse ad aderire (Afghanistan, Bangladesh, Bielorussia, Kazakistan, Messico, Nicaragua, Nigeria, Pakistan, Senegal, Sudan, Siria, Tailandia, Tunisia, Turchia, Uruguay, Venezuela e Zimbabwe).

In questo elenco si sarà facilmente notato che la Turchia è un Paese della NATO: uno di quelli che si è rifiutato di sanzionare la Russia. Se la Turchia verrà accettata, sarà difficile che l’altro Paese della NATO, l’Ungheria, non si comporti nella stessa maniera. Cosa farà la NATO? Espellerà dal proprio seno le due mine vaganti? Cercherà di eliminare i due presidenti che le governano? O lascerà che la loro decisione influenzi il comportamento di altri membri dell’Alleanza?

Se Mosca chiederà a Kiev la resa incondizionata, la NATO si scioglierà come neve al sole. E quando ciò avverrà, la Cina si riprenderà Taiwan, la Serbia il Kosovo, la Siria toglierà di mezzo la base americana dal proprio territorio e Israele comincerà a tremare.

 

Africa contro Europa?

 

Ha detto il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa dopo i colloqui con Putin a San Pietroburgo: “Crediamo fermamente che questa guerra debba finire. Il conflitto deve essere risolto attraverso negoziati e attraverso la diplomazia. La guerra non può continuare in eterno. Tutte le guerre devono finire prima o poi. E siamo qui per darvi un messaggio chiaro che vogliamo che questa guerra finisca. Lo dico perché la guerra ha conseguenze negative per il continente africano e per altri Paesi”.

Ha indubbiamente ragione, ma bisognerebbe spiegargli che la pace o è frutto di un negoziato tra i contendenti o è stabilita dalla resa da parte di una delle parti in gioco. Ora, parlare di trattativa con un governo come quello di Kiev, che non vuol saperne in alcuna maniera, è solo tempo perso. Neppure l’occidente collettivo che lo sostiene sta parlando di pace, altrimenti non svuoterebbe i propri arsenali per far vincere i neonazisti.

Quindi non resta che la resa incondizionata dovuta allo scontro militare vero e proprio. Ma se è così, che intenzioni hanno i Paesi africani? Quelli che accompagnavano Ramaphosa erano Zambia, Comore, Congo, Egitto, Senegal e Uganda. Ebbene questi Stati sono disposti a entrare in guerra? Se sì, a fianco di chi? A Mosca han detto di aver capito le ragioni dei russi. E poi il Sudafrica fa parte dei BRICS, mentre Egitto e Senegal han chiesto di entrarvi (più altri ancora in Africa, come Nigeria, Sudan, Tunisia, Zimbabwe, Algeria...).

L’Africa non può pretendere che la guerra finisca solo perché ha bisogno dei cereali russi. Se davvero ha fame, deve essere disposta anche a entrare in guerra, e deve farlo mettendosi dalla parte di chi vuole la pace. Il governo di Kiev ha stracciato l’accordo che aveva già firmato coi russi all’inizio del conflitto e Zelensky ha dichiarato per iscritto che non vuol fare alcuna trattativa con Putin.

È dunque pronta l’Africa a entrare in guerra contro l’Europa? O preferisce continuare a mandarci i propri disperati nella speranza che diventino come noi?

 

[20] Shor fuorilegge

 

La Corte Costituzionale moldava ha dichiarato “incostituzionale” il partito di opposizione Shor, considerato filorusso. È la prima messa al bando di un partito politico nella storia del Paese dal 1991, quando fu messo al bando il Partito comunista.

Secondo la presidente Maia Sandu, Shor “rappresenta un pericolo per l’ordine costituzionale della Moldavia”, perché finanziato da un Paese straniero che vuole impedire l’ingresso nella UE e nella NATO. Non ha però specificato quale Paese, altrimenti avrebbe dovuto esibire le prove.

Siamo a livello di dittatura. Shor è il principale partito di opposizione: paga la colpa d’aver  guidato le proteste anti-governative contro la presidente filo-occidentale Maia Sandu. In questo momento sta chiedendo le sue dimissioni, oltre che quelle del governo guidato da Dorin Recean e del Parlamento.

Solo poche settimane fa un esponente di Shor, Evgenija Gutsul, ha vinto le elezioni per la carica di “Bashkan” (Governatore) della regione autonoma di Gagauzija, superando al secondo turno un altro candidato filo-russo, il socialista Grigorij Uzun. Vi sono già stati vari tentativi di invalidare queste elezioni e non si esclude una soluzione di forza.

I deputati del partito Shor rimarranno in carica solamente come “indipendenti”, senza poter aderire ad altri gruppi parlamentari.

La vice presidente del partito, Marina Tauber, ha dichiarato che la decisione della Corte Costituzionale verrà portata di fronte alla Corte europea per i diritti dell’uomo.

Si badi che il partito Shor non ha nulla di rivoluzionario, ma è evidente che quando scoppiano delle guerre, e l’occidente pretende di schierarsi come se fossimo in presenza di una crociata, basta poco per essere giudicati dei pericolosi estremisti.

In realtà il partito è stato fondato da un miliardario, Ilan Shor, ora in esilio e incluso nelle liste “sanzionatorie” americane. Almeno da un anno il partito organizza manifestazioni contro la politica governativa che, nella scia dei dettami UE e FMI, opera scelte tariffarie e sociali che stanno drasticamente peggiorando le condizioni di vita dei cittadini: vi sono stati forti aumenti dei generi alimentari e un’inflazione che, per la prima volta dagli anni ’90, ha raggiunto il 30%. Inoltre vi è il crollo dei prezzi di taluni prodotti agricoli, causato dai prodotti ucraini a basso costo, importati senza dazi.

Solo un anno fa il governo escluse dalle elezioni a sindaco della maggiore città moldava, Balti, la vice presidente di Shor, Marina Tauber, che al primo turno aveva raccolto il 47% ed era favoritissima. Lo scorso 2 maggio la Tauber è stata nuovamente posta agli arresti domiciliari e lo stesso trattamento è stato riservato ad altri rappresentanti dei partiti di opposizione, in particolare per le manifestazioni contro i passaggi di convogli carichi di mezzi militari diretti verso Kiev, a dispetto della neutralità proclamata dalla Costituzione.

Spinta dagli USA, la Moldavia ha scelto la strada dell’Ucraina. Il secondo passo sarà l’occupazione militare della Transnistria? E gli statisti europei dicono qualcosa di questa svolta autoritaria? Nulla.

 

Un Paese spopolato

 

La Moldavia è oggi uno dei Paesi europei con più forte emigrazione, in particolare giovanile, in cerca di lavoro. In 30 anni d’indipendenza dall’URSS se ne sono andate almeno un milione di persone, cioè poco meno di 1/3 della popolazione. Secondo l’ufficio nazionale di statistica al 1 gennaio 2022 la popolazione moldava contava 2,6 milioni di abitanti (“The World Factbook”, della CIA, parla invece di 3,2 milioni nel 2023), di cui 1/4 costituito da giovani di 14-34 anni.

Motivi dell’emigrazione i bassi salari, i favoritismi e il rifiuto dei padroni di assumere personale con poca esperienza. Moltissimi hanno parenti già da anni emigrati in Occidente. Non è un caso che proprio nelle aree della capitale in cui sono concentrati Istituti superiori e Università, abbiano sede anche molte agenzie per l’organizzazione di viaggi in Europa e negli USA per giovani e studenti. La stessa ambasciata americana dispone di un programma, Work and Travel, che prevede permanenze lavorative negli States di 2-3 mesi.

Per rimediare allo spopolamento quella sciagurata della presidente Sandu ha in mente due soluzioni: occupare la Transnistria, sfruttando l’aiuto militare del governo di Kiev, e trasformare la Moldavia in una regione della Romania, così farebbe subito parte sia della UE che della NATO.

Ormai è chiaro che ogni Stato, per ottenere democrazia, deve prima versare lacrime e sangue. In caso contrario bisogna rassegnarsi ad accettare la dittatura.

Ora però bisogna limitarsi a porre questa semplice domanda: la Russia sarebbe in grado di fornire effettiva assistenza alla Transnistria in caso di operazioni militari?

 

Wikipedia ha smesso d’essere indipendente

 

I giorni scorsi “Il Fatto Quotidiano” si era accorto che un analista della NATO aveva modificato la pagina del docente pacifista della LUISS, Alessandro Orsini, infangandone la reputazione. Questo a dimostrazione che ormai Wikipedia è controllata da poteri occulti che ne fanno uno strumento dell’occidente (atlantismo, sionismo, americanismo...), salvo poi vantarsi di non avere sponsor pubblicitari e di basarsi su contributi volontari in denaro e lavoro.

Ora Orsini ha chiesto ai suoi legali di diffidare Wikipedia-Italia, minacciando di denunciarla. Per tutta risposta la redazione ha deciso di oscurare la sua biografia, riconoscendo, in tal modo, le sue buone ragioni.

Tuttavia in questa maniera la pagina non esiste più e non si conosce il nome del manipolatore.

Che tristezza Wikipedia! All’inizio sembrava la migliore alternativa alla Treccani, alla De Agostini, alla Motta, all’Encarta della Microsoft (tant’è che dovette chiudere nel 2009), un’alternativa a tante enciclopedie cartacee e digitali, a pagamento e gratuite. Si vantava d’essere interattiva, di permettere a chiunque d’essere redattore (fatta salva la citazione delle fonti e i controlli reciproci interredazionali), di essere obiettiva, imparziale, politicamente non schierata a favore di questo o quel partito.

Oggi invece è diventata un’altra vergogna dell’umanità, soprattutto a partire dal momento in cui ha modificato la versione dei fatti della strage di Odessa compiuta dai neonazisti ucraini, i cui responsabili non sono mai stati processati.

Purtroppo al momento non esistono alternative a Wikipedia, anche perché i motori, quando si fanno ricerche, la mettono nella prima pagina del loro report.

Sapere.it, gestita dalla De Agostini, potrebbe essere un’alternativa? Sul piano della quantità dei contenuti no di sicuro. Ma anche su quello della qualità lascia molto a desiderare, in quanto si è posta decisamente dalla parte di Kiev.

Non resta quindi che la Treccani.it, sempre molto paludata e “politicamente corretta”. Infatti anche Knol, gestita da Google, nel 2012 ha chiuso.

 

Appello militare

 

Non voglio più perdere sangue

la Terra non è più capace di berlo

Non voglio essere redento

dal sangue degli altri

non voglio né martiri né carnefici

non mi accontento di promesse per l’aldilà

voglio adesso una vita senza sangue

Chiedo a tutti coloro che hanno versato sangue

o l’hanno fatto versare

di dare all’umanità sorgenti di acqua viva

Se non volete farlo per voi

fatelo per i vostri figli

e per i figli dei vostri figli

fatelo per l’umanità intera

Io faccio autocritica

e chiedo perdono delle mie colpe

qualunque esse siano

d’ora in poi non farò nulla

per chi chiede di versare sangue

Nudi siamo entrati su questa Terra

e nudi ne usciremo

Non voglio più perdere sangue

la Terra non è più capace di berlo

 

[21] Divide et impera non funziona più

 

Gli Stati Uniti stanno parlando di sicurezza con Cina e India alle spalle della Russia. Cioè stanno cercando di minare i BRICS e l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai dall’interno.

La politica estera americana, se non vuole uscire sconfitta dal confronto con quella russa, deve assolutamente impiegare l’intero arsenale di tecniche di guerra ibrida per sedurre o sottomettere Brasile, India, Indonesia, Arabia Saudita, Sudafrica e Turchia.

Non è un caso che tre di questi siano membri dei BRICS (Brasile, India e Sudafrica) e che gli altri tre (Indonesia, Arabia Saudita e Turchia) siano i primi candidati all’inevitabile espansione (BRICS+), già discussa e in procinto d’iniziare durante il prossimo vertice dei BRICS in agosto in Sudafrica.

Le tattiche americane restano prevedibili: il classico divide et impera; i tentativi di minare i BRICS dall’interno attraverso operazioni di pubbliche relazioni e una vasta quinta colonna; e se tutto va male, i tentativi di rivoluzione colorata e di cambio di regime.

Di recente però queste tattiche hanno miseramente fallito sia contro la Turchia che contro l’Arabia Saudita, e stanno fallendo anche in termini di provocazione di disordini all’interno del trio chiave dei BRICS: Russia-India-Cina.

La narrazione dell’intelligence americana sarebbe più o meno la seguente: abbiamo bisogno di una strategia di uscita più o meno urgente dalla guerra in Ucraina, poiché le armi convenzionali sono quasi finite. Perciò facciamo in modo che l’intelligence cinese convinca i russi a congelare il campo di battaglia così com’è: una sorta di cessate il fuoco. Poi potremo armare di nuovo Kiev e fare un altro tentativo in un secondo momento, quando avremo più armi a disposizione.

È una strategia fallimentare, poiché nessun Paese BRICS in questo momento si metterà mai contro la Russia, né sul piano militare né su quello finanziario.

Pechino può avere il suo piano di pace in 12 punti, che Mosca rispetta. Ma i fatti sul campo, imposti dall’arroganza degli Stati Uniti, della NATO e del governo di Kiev impongono tutt’altre soluzioni. Il piano cinese è ottimo in tempo di pace non di guerra. E comunque se per i cinesi Taiwan fa parte, da sempre, delle proprie ancestrali tradizioni, anche i russi possono dire la stessa cosa del Donbass, della Transnistria e di Odessa.

E poi c’è la questione davvero fondamentale: quando e come la Russia deciderà di attraversare il Dnepr. Solo allora Mosca sarà disposta a discutere di una possibile “pace”, e solo alle sue condizioni.

Per il resto sia Mosca che Pechino sono pienamente consapevoli che la guerra per procura degli Stati Uniti e della NATO in Ucraina è una prova generale inserita nella cronaca in corso di una guerra annunciata: quella vera, prossimamente, contro la Cina, con Taiwan come pretesto.

In effetti non è la Cina che minaccia guerra per Taiwan, ma sono gli Stati Uniti che usano Taiwan come un’Ucraina rimescolata, costringendo Pechino a perdere la sua pazienza taoista.

 

Serve un governo anti-cinese?

 

Il ministro degli Esteri taiwanese Joseph Wu ha visitato Polonia, Belgio e Italia la scorsa settimana. In Italia perché a Milano Taiwan dovrebbe aprire un secondo ufficio di rappresentanza permanente (l’altro è a Roma).

Qui ha incontrato il leghista Paolo Formentini, vicepresidente della Commissione Esteri della Camera.

Wu ha elogiato l’avventurismo bellicista anti-cinese del nostro governo, che ha deciso d’inviare navi da guerra nell’Indo-Pacifico, fino al Mar Cinese Meridionale, e che invierà, a cavallo tra il 2023 e il 2024, la portaerei Cavour, con un cacciatorpediniere, una fregata e una nave da rifornimento. Non ci basta l’Ucraina, vogliamo di più. Anche spendere di più: circa 7,5 milioni di euro al giorno.

Seguendo l’agenda americana, che per i nostri interessi nazionali è mortale, vogliamo assicurarci l’uscita dell’Italia dalla Via della Seta, a cui partecipano 149 Paesi. Ci piacciono di più i chip taiwanesi.

Come se non sapessimo che la maggioranza dei taiwanesi è favorevole a un dialogo fruttuoso con la Cina, senza alcuna pretesa secessionista. L’han dimostrato le elezioni del 26 novembre scorso, allorché il Partito democratico progressista – di cui Joseph Wu è membro – ha perso pressoché ovunque, mentre il KMT ha ottenuto una grande vittoria.

Non riusciamo a metterci in testa che Taiwan non è uno Stato ma solo un Territorio, ed è parte integrante della Cina. Persino gli USA l’hanno ufficialmente riconosciuto, benché se ne servano in funzione anti-cinese.

Formentini ha fatto addirittura un’interrogazione parlamentare per sostenere la partecipazione di Taiwan ai lavori dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, senza neppure rendersi conto che Taiwan, non essendo uno Stato, non può essere membro di organizzazioni internazionali.

Non è ridicolo che, mentre Macron e Scholz cercano di recuperare le relazioni economiche con Pechino, il governo Meloni stia facendo esattamente il contrario per compiacere Washington? No, non è ridicolo, è tragico.

 

[22] L’Ucraina non fa più notizia?

 

Il massacro degli ucraini che si sta consumando al fronte, con quella pseudo controffensiva, non interessa più né al “Washington Post” né al “New York Times”.

Nel mainstream americano si sta ripetendo quanto già accaduto durante la guerra afghana, quando dopo 20 anni cominciarono a emergere le falsità sui grandi successi degli americani. Quando l’esercito afghano, costruito dagli Stati Uniti a suon di dollari, è collassato in pochissimo tempo e Kabul è caduta in mano ai talebani, i media han smesso di parlare dell’Afghanistan.

In questo momento le perdite subite dalle forze ucraine, di uomini e mezzi, sono talmente elevate che han costretto Kiev e i suoi sponsor a pensare a nuove strategie, quanto meno per non confondere i propri sogni con la realtà, come di solito fa Stoltenberg.

Anche le incursioni in territorio russo dei cosiddetti ribelli anti-Putin, che tanto avevano entusiasmato i nostri media, sono già finite in una bolla di sapone.

Per questi motivi la NATO sta pensando a qualcosa di clamoroso, che possa essere presentato come un successo, anche di immagine (magari simile al crollo della diga di Kakhovka, di cui sono stati incolpati, assurdamente, i russi).

Probabilmente tutto si deciderà al prossimo vertice dell’11 e 12 luglio a Vilnius. È probabile che alcune truppe NATO, capofila la Polonia, scenderanno in campo, anche perché l’esercito di Kiev rischia di non avere più forze sufficienti neanche a reggere il fronte. E se i russi oltrepassano il Dnper è finita.

Varsavia, che ha già sul campo di battaglia molti “volontari” nelle cosiddette brigate internazionali, sembra pronta a spezzare il fragile tabù del non intervento occidentale.

Per polacchi, baltici, anglo-americani e Zelensky vincere è distruggere la potenza militare russa, mettendola fuori gioco per molti anni, con la conseguente eliminazione di Putin dalla scena politica.

Insomma si ha sempre più l’impressione che dalle cartine geografiche non sarà solo l’Ucraina a scomparire ma anche la Polonia. D’altra parte questi due Paesi, per come sono stati costruiti nella storia, sono del tutto artificiali, con una estensione geografica assolutamente sproporzionata rispetto alla loro effettiva importanza politica ed economica.

 

I guasti dei temnik

 

Il tanto osannato Henry Kissinger in occidente, il pensionato onorario e centenario, a quanto si può giudicare dai suoi ultimi commenti sull’attuale agenda internazionale, sta lentamente ma inesorabilmente scivolando nell’abisso della demenza.

Sulla questione ucraina è infatti molto incoerente. Vediamo le sue differenti versioni.

Maggio 2022 - “L’Ucraina dovrebbe raggiungere uno status neutrale e diventare un ponte tra la Russia e l’Europa”.

Dicembre 2022 - “La prospettiva di una neutrale” indipendenza “ha perso la sua rilevanza, dal momento che il fallito Stato ucraino, grazie all’Occidente, avrebbe iniziato ad avere un esercito potente e ben addestrato e, quindi, i resti ucraini dovrebbero essere parte del contorno occidentale”.

Gennaio 2023 - “L’unica soluzione al conflitto militare russo-ucraino è la neutralità di Kiev”.

Maggio 2023 - “Abbiamo urgente bisogno di accettare il sub-Stato ucraino nella NATO per il bene della sicurezza dell’Europa e la risoluzione del conflitto”.

Questa è una dimostrazione diretta di come puoi degradare in un anno se leggi solo i temnik del Comitato regionale di Washington a colazione, pranzo e cena.

Dire una frase del genere: “Accetta l’Ucraina dentro la NATO per la sicurezza dell’Europa”, è come dire, in pieno stile orwelliano: “la guerra è pace”, “la verità è una bugia” ecc. L’Ucraina infatti è un “Paese 404”, cioè inesistente. E con la NATO non si può certo parlare di sicurezza, né per l’Europa né per il mondo intero.

Ma cos’è un “temnik” nel linguaggio russo? In gergo giornalistico indica un’istruzione da parte delle autorità (in genere politiche), diffusa tra i media. Un temnik dice quali temi trattare e quali no, quali positivamente e quali negativamente. Non è censura in senso tradizionale ma la consapevolezza (che deve avere chi fa comunicazione) di quali sono le linee-guida entro cui ci si può muovere liberamente.

Per es. in tutti i nostri TG è vietato dire che la controffensiva ucraina è un fiasco: è solo più lenta del previsto ma efficace. È d’obbligo dire che le armi russe uccidono ogni giorno dei civili e possibilmente dei bambini. Si deve inoltre paventare sempre l’ipotesi che Mosca voglia usare il nucleare o bombardare la centrale nucleare di Zaporozhizhe.

Le falsità sono come la pillola quotidiana per la pressione, che però deve servire per mantenere alto il livello dell’odio nei confronti di tutto ciò che è russo.

 

Cuba come base militare cinese?

 

Da giorni si parla della possibilità d’installazione di una base militare cinese di addestramento congiunta a Cuba, con un accordo ormai in fase di finalizzazione. Già da molti anni la Cina porta avanti operazioni di spionaggio nei confronti degli Stati Uniti da un’installazione collocata proprio a Cuba. Ora si vuol fare un passo avanti.

Gli USA sono ovviamente in agitazione come al tempo della crisi dei missili sovietici del 1962. Per loro l’isola è una linea rossa.

Nel 1970 il tentativo di costruire una base per sottomarini (anche nucleari) sovietici nella Baia di Cienfuegos, causò una risposta simile a quella del 1962. Kissinger – come racconta nelle sue memorie – spiegò chiaramente all’ambasciatore Dobrinin che l’azione sarebbe stata considerata una violazione degli accordi del 1962, e che la risposta americana sarebbe stata la medesima.

La marina sovietica, che nel 1970 – come quella cinese oggi – sotto la guida dell’Ammiraglio Gorshkov puntava a contendere gli oceani (o almeno alcuni mari) a quella statunitense, scelse di rinunciare in nome della distensione che in quegli anni prendeva forma.

Altre azioni però non furono considerate inaccettabili dagli USA, che tacitamente acconsentirono al rifornimento dei bombardieri strategici sovietici Tupolev nell’isola, e alla fornitura di sottomarini e caccia a Cuba, che, a causa dell’embargo, non aveva altro modo di difendersi.

Bisogna quindi vedere fin dove si spingeranno i cinesi e i cubani. Di sicuro l’America Latina di oggi non è quella degli anni ’60 e ’70, controllata in gran parte da giunte filo-americane, dove gli USA potevano operare liberamente e godere di ampio supporto.

Intanto Matt Gaetz, deputato repubblicano della Florida alla Camera dei rappresentanti, ha chiesto a Biden di rimuovere le basi cinesi da Cuba per prevenire la guerra.

Loro invece possono armare Taiwan e Ucraina fino ai denti: è la democrazia che lo esige.

 

[23] Gli errori si pagano

 

L’ambasciatore cinese presso le Nazioni Unite, Geng Shuang, ha appoggiato la rivendicazione dell’Argentina sulle isole Falkland e ha invitato i Paesi ad abbandonare il “pensiero coloniale”, avvertendo delle gravi implicazioni per l’ordine internazionale.

Le isole – che distano circa 600 km dalla costa argentina – sono state conquistate illegalmente e definitivamente dalla Gran Bretagna nel 1833, anche se essa vanta un proprio possesso sin dal 1765. In effetti le isole sono passate in varie mani europee: portoghesi, inglesi, francesi e spagnole. Gli inglesi sono stati appunto gli ultimi. E lo fecero cacciando tutti dalle isole.

La disputa secolare è sfociata in una guerra di due mesi tra Regno Unito e Argentina nel 1982, vinta dagli inglesi, che han dato piena cittadinanza britannica agli isolani.

Nel marzo scorso, forte dell’appoggio cinese, il governo argentino ha rotto un accordo di cooperazione risalente al 2016, che riguardava questioni come energia, navigazione e pesca, e ha chiesto di tornare a negoziare sulla sovranità dell’arcipelago, anche se il referendum del 2013 si è concluso con un 99,8% di voti a favore della permanenza della Gran Bretagna. D’altra parte i 3.600 abitanti sono quasi tutti pastori e pescatori di origine scozzese. E il governo delle Falkland non può occuparsi né di difesa né di rapporti con l’estero.

Insomma i retaggi del vecchio colonialismo europeo stanno diventando ottime occasioni per convincere i Paesi colonizzati a considerare la Cina migliore di qualunque Paese occidentale.

Vivere di rendita, sfruttando la propria superiorità tecnologica e quindi militare sta diventando sempre più difficile per l’anglosfera.

Avessimo almeno diffuso una cultura o una civiltà davvero superiore! Invece niente: solo “chiacchiere e distintivo”. D’altra parte di quale superiore civiltà potremmo noi occidentali essere portatori se ciò che ci caratterizza è proprio l’incoerenza tra il dire e il fare?

Ormai quanto di peculiare abbiamo avuto sul piano dei diritti umani, della democrazia rappresentativa, delle libertà costituzionali è stato acquisito anche dai cinesi, i quali però stanno usando tutte queste cose contro noi stessi. Siamo diventati come i farisei, nei cui confronti i vangeli dicevano: “fate quello che vi dicono ma non comportatevi come loro”. Oggi persino quello che diciamo è diventato molto discutibile.

 

Deliri d’impotenza

 

I giorni scorsi Zelensky ne ha sparata un’altra delle sue, naturalmente per convincere i partner occidentali a inviare nuove armi e nuovi soldi. 

Ha detto: “La nostra intelligence ha ricevuto informazioni secondo cui la Russia sta considerando uno scenario di attacco terroristico alla centrale nucleare di Zaporizhzhia con dispersione di radiazioni. Ho dovuto ricordare ripetutamente che le radiazioni non hanno confini statali e chi colpirà è determinato solo dalla direzione del vento. Abbiamo tutte le prove. Europa, America, Cina, Brasile, India, mondo arabo, Africa: tutti i Paesi, assolutamente tutti, dovrebbero saperlo.[3]

Non dovrebbero mai esserci attacchi terroristici contro centrali nucleari da nessuna parte. Questa volta non dovrebbe essere come con Kakhovka: il mondo è stato avvertito, quindi il mondo può e deve agire”.

A sentire queste baggianate vien da chiedersi se sia proprio lui a inventarsele o se non siano i servizi segreti occidentali, che però sembrano a corto di munizioni mediatiche.

Infatti si sta nuovamente sostenendo che Putin, preso da impeto masochistico, dopo aver fatto saltare in aria i propri gasdotti, i propri ponti e la diga, ora farà saltare in aria una centrale nucleare che “in base alla direzione del vento” potrebbe tranquillamente colpire un qualunque Paese del mondo.

In questa dichiarazione di realistica c’è solo una cosa: Kiev ha intenzione di bombardare la suddetta centrale nucleare, perché sa benissimo che la sua controffensiva è fallita al 100%. Si sta solo chiedendo come farlo: se con un missile a lunga gittata o con un aereo o con un sabotaggio, con un’arma convenzionale o nucleare. Qui siamo in presenza di autentici criminali nei cui confronti non ha senso avere dei riguardi.

 

La Cina nemico n. 1

 

In un sondaggio condotto da Gallup a intervalli regolari dal 2005 ad oggi, il 50% degli americani intervistati ritiene, in questo momento, che il loro nemico n. 1 sia la Cina, mentre la Russia è al secondo posto al 32%.

Cinque anni fa il colpevole era la Corea del Nord (51%), per le sue capacità missilistiche a lungo raggio, ma quest’anno il Paese si è assestato al terzo posto. Ricordiamo tutti quando il presidente Trump minacciò di “distruggere totalmente” la Corea del Nord in un discorso alle Nazioni Unite. Le tensioni però si attenuarono negli anni successivi, dopo due vertici molto pubblicizzati tra i due leader a Singapore nel giugno 2018 e ad Hanoi nel febbraio 2019.

Nel 2020 il sondaggio venne condotto subito dopo l’uccisione del generale Qasem Soleimani, sicché il 19% degli intervistati statunitensi indicò l’Iran come il principale nemico del Paese. Quest’anno il numero è sceso al 2%. All’1% invece vi è l’Iraq, che ha avuto un crollo totale d’interesse dal 2011 ad oggi.

Come si può notare, quel che gli americani pensano del mondo viene deciso quasi esclusivamente dai mass-media. In questi sondaggi non viene neppure contemplata l’ipotesi che il peggior nemico dell’umanità siano proprio gli Stati Uniti e che il peggior nemico del popolo americano sia il loro stesso governo. Ma si sa: i sondaggi americani influenzano le opinioni, non servono a raccoglierle.

Ci si può chiedere tuttavia perché considerino i cinesi più pericolosi dei russi. In questo momento dovrebbe essere il contrario. Secondo me è perché sanno benissimo che le capacità commerciali e imprenditoriali dei cinesi sono mortali per l’economia americana, e lo sono senza aver bisogno di ricorrere alla forza militare. I cinesi ti tolgono la terra sotto i piedi senza che neanche tu te ne accorga. Il loro segreto sta nel fatto che lavorano come muli, in condizioni precarie, vendendo le loro merci a prezzi imbattibili. Il tutto condito con una disciplina ferrea. Sono una razza superiore.

 

[24] Le intenzioni non contano

 

Lenin lo diceva sempre: non contano le proprie intenzioni personali, ma come possono essere interpretate dagli altri.

Il capo della Wagner, Prigozhin, entrando a Rostov-sul-Don con 25.000 uomini, ha subito voluto precisare che non voleva compiere un golpe militare ma solo fare “una marcia della giustizia”.

Tuttavia l’occidente ha pensato il contrario. Sappiamo tutti che da mesi Prigozhin inveisce contro Shoigu, ministro della Difesa, incolpandolo della carneficina di soldati russi sul campo e dei mancati progressi dell’offensiva in Ucraina. Ma Shoigu obbedisce agli ordini di Putin, che si avvale anche dei generali sul campo e dell’intelligence come fonte d’informazione. Se e quando deciderà di sostituire Shoigu con un altro ministro, non sarà certo perché glielo avrà chiesto un capo di soldati mercenari.

Semmai è Prigozhin che deve stare attento a non permettere che le sue esternazioni fuori luogo vengano strumentalizzate dal nemico.

A Kiev si sono sfregati le mani quando han potuto attribuirgli frasi come: Shoigu è stato accusato di aver scatenato la guerra solo per ambizioni personali (voleva diventare maresciallo) e manie di ricchezza. Né l’Ucraina né tantomeno la NATO rappresentavano una minaccia per la Russia prima dell’inizio dell’operazione militare speciale. Shoigu avrebbe ingannato Putin e il popolo russo. La folle aggressione alla Russia da parte di Kiev e della NATO non è mai esistita. Il 24 febbraio (del 2022) non stava accadendo nulla di straordinario. Il generale Gerasimov, capo dello Stato Maggiore, ha ordinato di aprire il fuoco aereo sui convogli della Wagner, mescolati a veicoli civili, ma i piloti non avrebbero eseguito l’ordine.

Queste sono tutte stupidaggini, offerte, un tanto al chilo, da vari canali di Telegram e di Twitter vicini alle posizioni neonaziste. Lo stesso Putin più volte ha detto di essersi pentito di non aver promosso l’operazione speciale quando i russofoni del Donbass gliela chiedevano. Ci sarebbero forse stati 14.000 morti in meno. Ma per otto anni ha avuto fiducia negli Accordi di Minsk.

A Kiev possono pensare ciò che vogliono, possono manipolare quanto vogliono le parole di Prigozhin, che di politica non capisce nulla, ma una cosa resta sicura: l’Ucraina va denazificata e smilitarizzata. Non può assolutamente entrare nella NATO, poiché costituirebbe una minaccia insopportabile per Mosca. Non è fattibile neppure la soluzione coreana, che porterebbe a una nuova guerra tra qualche anno. E neppure ha senso parlare di un cessate il fuoco che non sia il preludio di una resa incondizionata. Se l’Ucraina vuole sopravvivere come Stato indipendente, deve arrendersi e basta. Altrimenti finirà con l’essere inglobata come una regione della Federazione Russa.

Per fortuna che nel frattempo ha prevalso il buon senso. Tramite la mediazione del presidente bielorusso Lukashenko, Prigozhin ha desistito dal compiere qualunque azione di cui si sarebbe facilmente pentito e si è rifugiato in Bielorussia.

Lasciamo che sia soltanto il nostro ministro della Difesa, Crosetto, a credere che il capo della Wagner “abbia aperto una ferita nella narrativa russa, squarciando un velo di omertà e di disinformazione”. La narrativa russa è mille volte più ragionevole di quella euroamericana che, quanto a ipocrisia, non ha eguali.

 

Prigozhin uscito di testa

 

Prigozhin è la dimostrazione che le grandi guerre, come quella tra Russia e Occidente collettivo non possono essere condotte da truppe mercenarie che si muovono autonomamente, senza lasciarsi inquadrare nell’esercito regolare. Guerre del genere sono complesse, molto ibride, dove la politica, la diplomazia e il ruolo dei media giocano un ruolo centrale. Non basta essere molto capaci sul piano militare. La Wagner non sa nulla di tutti i retroscena di questa guerra. Non può pensare di combattere contro la NATO così come combatte in Africa contro le formazioni terroristiche sulla base di contratti a tempo determinato coi governi in carica. Prigozhin andrebbe arrestato, perché inevitabilmente finisce col fare il gioco della NATO, anche se lui dice di avercela solo con Shoigu, ministro della Difesa.

Che stesse preparando un golpe, solo degli illusi come gli statisti, i giornalisti e gli analisti occidentali potevano pensarlo. Con 25.000 mercenari non si va da nessuna parte, meno che mai in un territorio dove un esercito regolare può essere composto, previo addestramento, da 20 milioni di uomini. Neppure la NATO ha qualche speranza di vincere la Federazione Russa: si mettano pure il cuore in pace.

Le intemperanze di Prigozhin sono inammissibili in una guerra dove la disciplina è fondamentale (non basta lo spirito di sacrificio, il coraggio personale, l’abilità sul campo). Il comando generale di tutte le operazioni va tenuto unificato nelle mani di pochissimi generali, che devono coordinare l’intervento delle forze di terra, di cielo e di mare. Questa non è una guerra partigiana, del mordi e fuggi, e non può certo essere vinta limitandosi a conquistare singole città, come per es. Bakhmut. Per molti versi è una guerra di trincea, di posizione, somigliante alla prima guerra mondiale. È una guerra che di sicuro Kiev perderà, perché al mondo non c’è nessuno che sappia combattere meglio dei russi. Se la NATO ricorrerà al nucleare, di sicuro l’intera Europa sarà ridotta in macerie e anche gli USA subiranno danni colossali, senza precedenti.

Quindi o la Wagner accetta di lasciarsi inquadrare come i ceceni, o è meglio che se ne torni in Africa.

Si può anche essere d’accordo con Prigozhin sul fatto che la Russia dovrebbe premere l’acceleratore nel pretendere la resa incondizionata di Kiev, ma è tradimento imbracciare le armi contro lo Stato russo per perseguire questa agenda. Come d’altra parte è assurdo sostenere che, senza la suddetta accelerazione, si deve dare per scontato che in una trattativa dedicata alla risoluzione del conflitto, la Russia non potrà che essere troppo accondiscendente nei confronti delle pretese occidentali.

 

Prigozhin e le stalle di Augia

 

Dopo l’annuncio di Prigozhin sull’inversione delle colonne, la domanda principale dei moscoviti è stata: “Il giorno non lavorativo previsto per lunedì è davvero cancellato?” Questo fine umorismo ci fa capire solo una cosa: i russi non sono isterici come gli occidentali.

Laura Ruggeri ha scritto sul suo canale Telegram: “la Russia di oggi è uno Stato, un Paese e una nazione in grado di resistere a un’insurrezione militare, risolverla in modo relativamente incruento, continuare a perseguire con successo una grande guerra e mantenere la coerenza di intenti e la coesione: tutto in un solo giorno.”

Un altro Stato avrebbe potuto agire in maniera molto sbrigativa di fronte a un ammutinamento militare nel bel mezzo della guerra. Pensiamo solo a come reagirebbe Washington se il Texas si staccasse dal governo centrale.

La Russia può essere distrutta soltanto dalle proprie discordie interne. Anche Putin, minacciando seriamente Prigozhin, l’ha detto: non vogliamo che si ripeta una controrivoluzione come quella del 1917, che, come noto, fu sostenuta da ben 11 Paesi occidentali, incluso il Giappone.

In questo momento i membri del gruppo Wagner stanno tornando ai loro “campi”; l’insurrezione demenziale e suicida di Prigozhin è stata annullata. Putin e Lukashenko hanno concordato di mediare congiuntamente sulla situazione per evitare spargimenti di sangue e scontri interni: le accuse penali contro Prigozhin saranno ritirate e lui si trasferirà in Bielorussia col suo gruppo più irriducibile all’inquadramento nell’esercito regolare. Nessuno sa cosa farà lì. Che si metta ad abbaiare contro il governo neofascista della Polonia!

La Ruggeri è convinta che la Wagner cesserà di esistere in Russia e che agli eserciti privati non sarà più consentito operare all’interno della Federazione e che alcune teste rotoleranno, perché le stalle di Augia devono essere ripulite.

In effetti è dalla battaglia di Bakhmut che il Ministero della Difesa ha imposto a tutte le compagnie militari private di firmare un contratto col Ministero: cosa che Prigozhin ha rifiutato categoricamente. Il problema è che “se non c’è un contratto con lo Stato, non ci sono basi legali per ricevere garanzie sociali dallo Stato”. Peraltro la legge vieta di diffamare le forze armate russe, soprattutto quando è in corso una guerra.

 

[25] In mezzo al guado

 

Fa un po’ specie sentir dire dagli statisti occidentali che la NATO non è in guerra con la Russia, ovvero che noi forniamo soldi e armi agli ucraini soltanto perché si liberino della presenza militare russa dal loro territorio.

Dopo 16 mesi di guerra per procura, dopo aver svuotato i propri arsenali militari, dopo aver stabilito ben 11 pacchetti di sanzioni economiche che son come una dichiarazione di guerra, dopo aver organizzato atti di terrorismo di una gravità inaudita, dopo aver spiccato mandati di cattura internazionali contro Putin, dopo aver compiuto un’operazione mediatica di mistificazione senza precedenti, ancora vi sono statisti, analisti, politici e giornalisti pronti a sostenere che, a motivo del fatto che non abbiamo inviato a combattere le nostre truppe, noi non siamo in guerra. Questo perché noi non faremmo mai la guerra a un Paese dotato di 6.000 armi atomiche che potrebbero colpire il nostro continente (più ovviamente il Nordamerica) nel giro di pochi minuti, provocando effetti così devastanti che potrebbero durare per un tempo indefinito.

Noi occidentali non siamo pazzi. Noi siamo per il diritto internazionale. Noi facciamo la guerra soltanto quando ci pare giusta e non possiamo permettere che uno Stato occupi un altro Stato senza il nostro permesso. Se useremo le armi di distruzione di massa, sarà perché la Russia ci avrà costretto a farlo. Non possono esserci trattative con uno Stato che non rinuncia al ruolo di aggressore che ha assunto. L’autodeterminazione dei popoli (nella fattispecie quella dei russofoni del Donbass) non può essere un principio più importante dell’integrità territoriale di uno Stato indipendente.

Ora, chiunque capisce che se i termini del confronto ideologico sono a tali livelli d’ipocrisia, è letteralmente impossibile scongiurare un terzo conflitto mondiale.

È impossibile dar torto a Putin quando, nel suo discorso contro l’ammutinamento armato di Prigozhin e di alcuni reparti della Wagner, ha affermato le seguenti parole: “La Russia oggi sta combattendo una dura battaglia per il suo futuro, respingendo l’aggressione dei neonazisti e dei loro padroni. Praticamente l’intera macchina militare, economica e informativa dell’Occidente è diretta contro di noi. Stiamo combattendo per la vita e la sicurezza del nostro popolo, per la nostra sovranità e indipendenza, per il diritto di essere e rimanere Russia, uno Stato con una storia millenaria”.

Di fronte a parole del genere non si può stare in mezzo al guado.

 

Socialismo o patriottismo?

 

Sinceramente parlando non ho capito molto le parole che Putin ha detto contro Prigozhin, quando ha fatto capire che un ammutinamento armato è l’anticamera di un colpo di stato e quindi di una guerra civile che potrebbe portare l’occidente collettivo ad approfittarne per occupare la Russia.

Ad un certo punto infatti ha detto: “Questo è esattamente il colpo inferto alla Russia nel 1917, quando il Paese combatteva la prima guerra mondiale. Ma la vittoria le è stata rubata. Intrighi, litigi, politica dietro le spalle dell’esercito e del popolo hanno provocato il più grande shock, la distruzione dell’esercito e la disintegrazione dello Stato, la perdita di vasti territori. Il risultato fu la tragedia della guerra civile. I russi hanno ucciso i russi, i fratelli hanno ucciso i loro fratelli e gli interessi lucrativi sono stati raccolti da tutti i tipi di avventurieri politici e forze straniere che hanno diviso il Paese e l’hanno fatto a pezzi.”

Di preciso a cosa si riferiva? Alla rivoluzione bolscevica, che ha impedito alla Russia di vincere la prima guerra mondiale, o alla reazione degli agrari e della borghesia, con l’appoggio dell’occidente, contro quella rivoluzione?

Propendo per la prima ipotesi. Putin sta di nuovo ponendo l’idea di patriottismo al di sopra di quella di socialismo. Ancora non ha capito che l’idea avuta da Lenin di trasformare la guerra imperialista condotta dalla Russia in una guerra civile era assolutamente giusta, poiché l’obiettivo di realizzare il socialismo democratico è superiore a qualunque idea di patriottismo (che Putin peraltro associa alle tradizioni ortodosse del Paese).

Il fatto che poi, sotto lo stalinismo, l’idea leninista di socialismo sia stata distorta in maniera autoritaria e, in fondo, caricaturale, non va certo attribuito ai bolscevichi che fecero la rivoluzione.

Putin ha tutte le ragioni di questo mondo contro quell’irresponsabile di Prigozhin e contro l’imperialismo occidentale, ma deve smettere di addebitare al leninismo le origini delle disgrazie della Russia.

La rivoluzione bolscevica non è stata un golpe, non è avvenuta alle spalle del popolo e dell’esercito. Milioni di persone han difeso un territorio che stava per essere smembrato dall’interventismo militare di ben 11 nazioni straniere. La rivoluzione, proprio per la grande forza popolare che la sosteneva, è avvenuta senza spargimento di sangue. La successiva, efferata, controrivoluzione non può certo essere addebitata ai bolscevichi.

Quella è stata la più grande rivoluzione della storia, la prima che ha mandato al potere le classi sociali più sfruttate, prive di qualunque diritto.

Noi occidentali saremo sicuramente una vergogna dell’umanità, ma il putinismo non può aspirare a entrare nella storia con questa retorica patriottica. Anche perché alla fine rischia di parteggiare per lo stalinismo, ch’era un’altra forma di zarismo.

 

Ci stiamo impoverendo sempre più

 

Da dicembre 2022 a marzo 2023 il saldo totale dei conti correnti di famiglie e imprese è calato di oltre 50 miliardi. Lo dice la Federazione autonoma bancari italiani.

Come mai? Sono i continui rialzi del costo del denaro della BCE che ci stanno impoverendo progressivamente, oltre ovviamente alla crescente inflazione causata dalla guerra in corso, che con tutte le sue sanzioni antirusse c’impedisce di acquistare a prezzi agevolati ciò di cui la nostra economia ha più bisogno. La ricchezza accumulata nel corso di anni sta andando in fumo in tempi sempre più brevi.

Peraltro alle banche non interessa minimamente premiare chi  deposita la propria liquidità nei conti correnti, ormai ritenuti sempre più un servizio e non una forma di risparmio. Le banche investono, speculano e premiano al massimo gli azionisti coi dividendi.

Gli italiani non sono più in grado di risparmiare e le risorse finanziarie da devolvere agli investimenti sono sempre meno. La deriva del capitalismo finanziario sembra inarrestabile. La crisi del 2008 non è servita a nulla.

 

[26] Meglio tardi che mai

 

Le Nazioni Unite hanno finalmente registrato un aumento significativo delle violazioni della legge da parte delle forze di sicurezza ucraine, secondo un rapporto dell’Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani.

Il documento rileva che decine di detenuti sono stati torturati in centri di detenzione segreti ucraini, per essere costretti a confessare o a fare dichiarazioni compromettenti. Si parla anche di civili ucraini arrestati informalmente perché coinvolti nella distribuzione di aiuti umanitari nei territori controllati dalla Russia.

Sono stati documentati 75 casi di detenzione arbitraria di civili (17 donne, 57 uomini e 1 ragazzo), “alcuni dei quali costituivano anche sparizioni forzate, commesse principalmente dalle forze dell’ordine o dalle forze armate dell’Ucraina”.

In realtà si tratta solo della punta dell’iceberg: infatti basta dare un’occhiata a come vengono rastrellati i civili dall’SBU. Persino la stampa ucraina non fa altro che parlarne.

Inoltre il suddetto Ufficio ha registrato l’uso di almeno 29 luoghi di detenzione non ufficiali, inclusi appartamenti, case di cura, scantinati di edifici abbandonati, stazioni di polizia e uffici amministrativi dei dipartimenti locali del Servizio di sicurezza dell’Ucraina (SBU) per periodi che vanno da alcune ore a 4-5 mesi, durante i quali sono stati spesso tenuti in condizione di incomunicabilità.

Da notare che questa cosa viene denunciata dai russi sin dal 2014. I neonazisti ucraini dei servizi di sicurezza han creato un vero e proprio inferno. Forse questo spiega anche un altro fatto inquietante: molti soldati russi non vogliono essere catturati vivi dalle forze armate ucraine, perché sanno che verranno torturati.

Anche il giornalista e scrittore ucraino Jan Taksyur, di 71 anni, è stato torturato e in seguito rilasciato nell’ambito di una procedura di scambio coi prigionieri di guerra ucraini. Motivo? Aveva pubblicamente sostenuto l’unificazione con la Chiesa ortodossa russa e nelle sue poesie parlava di amore per la Russia, condannando le azioni dei neonazisti che avevano preso il potere nel golpe di Maidan.

Già il tenente generale Andreas Marlow, comandante del Centro multinazionale di addestramento speciale, dal febbraio 2023 si era accorto che i soldati ucraini addestrati nelle basi di Wildflecken e Hummelburg possedevano video in cui mostravano di torturare i soldati russi o di compiere massacri di prigionieri.

 

Il peccato originale americano

 

Secondo un’indagine della Reuters almeno 1/5 dei membri del Congresso americano sono discendenti diretti di antenati che han ridotto in schiavitù i neri. Pochi sono disposti a parlarne, temendo di perdere consensi elettorali. Ma sono coinvolti anche i presidenti viventi, i giudici della Corte Suprema e i governatori degli Stati federali.

Non si fa molta differenza tra democratici e repubblicani: infatti tra i politici più influenti degli USA vi sono i senatori repubblicani Mitch McConnell, Lindsey Graham, Tom Cotton e James Lankford, e i democratici Elizabeth Warren, Tammy Duckworth, Jeanne Shaheen e Maggie Hassan.

Il presidente Biden e tutti gli ex presidenti degli Stati Uniti viventi – eccetto Trump, i cui antenati sono arrivati dopo l’abolizione della schiavitù – sono discendenti diretti di schiavisti: Jimmy Carter, George W. Bush, Bill Clinton e – per parte di sua madre bianca – Barack Obama.

Due dei nove giudici della Corte Suprema degli Stati Uniti in carica (Amy Coney Barrett e Neil Gorsuch) hanno antenati diretti che hanno ridotto in schiavitù le persone.

Nel 2022 i governatori di 11 dei 50 Stati federali erano discendenti di schiavisti.

Nell’ultimo Congresso la preponderanza dei repubblicani con un passato assai poco edificante riflette la forza del partito nel sud, dove si concentrava la schiavitù. Infatti, sebbene anche i bianchi schiavizzassero i neri negli Stati del nord, alla vigilia della guerra civile la schiavitù era quasi interamente un’impresa del sud.

Oltre ai leader politici identificati dalla Reuters, ci sono anche milioni di americani che discendono dagli schiavisti. E poi ci meravigliamo del trattamento riservato ancora oggi dalla polizia ai neri.

Nel maggio 2022 un consorzio di gruppi di attivisti ha esortato il presidente Biden a creare una commissione federale per studiare delle proposte di riparazione per gli afroamericani. Si ipotizzano risarcimenti per migliaia di miliardi di dollari. Ma non sarà facile quantificare il danno, poiché prima del 1870 i censitori americani non registravano quasi mai i nomi degli schiavi, limitandosi all’età e al sesso. Bisognerebbe consultare, se fossero resi pubblici, i documenti delle famiglie bianche, come testamenti, registri di piantagioni ecc. Secondo la Reuters, negli Stati federali in cui la schiavitù era legale esisteva almeno un proprietario di schiavi ogni quattro famiglie nel 1860.

Su questo comunque non si è preso ancora alcun provvedimento. Biden è troppo impegnato a finanziare i neonazisti di Kiev.

Fonte: reuters.com

 

[27] Nonostante la von der Leyen

 

Con 13 Stati che hanno presentato domanda di adesione e 20 che hanno espresso interesse, i BRICS stanno guadagnando sempre più popolarità. L’attrattiva risiede nell’essere un’organizzazione multipolare che si oppone alle guerre per procura, avvantaggia le nazioni più povere, offre sostegno alle diverse esigenze regionali e sostiene le risoluzioni pacifiche. Il gruppo mira anche a ridurre la dipendenza dal dollaro americano, prendendo in considerazione le valute locali e la potenziale creazione di una nuova valuta BRICS. Le organizzazioni guidate dagli Stati Uniti “hanno perso la loro credibilità”.

Tutte cose dette dal professor sudafricano Fulufhelo Netswera della Durban University of Technology.

Ma vediamo nel dettaglio i rapporti commerciali dell’Italia con la Russia. Nonostante le sanzioni, nel 2022 l’Italia era diventata il settimo fornitore della Federazione Russa e il quinto mercato di destinazione dell’export russo con quote, rispettivamente, del 3,3% e del 4,8%. L’interscambio commerciale era stato di 33 miliardi di euro nel 2022, con un aumento del 25,4% rispetto all’anno precedente.

Il crollo del 70% dello scambio commerciale è avvenuto solo nel primo trimestre 2023.

Considerando l’aumento dei settori sanzionati, oggi esportiamo principalmente macchinari, abbigliamento, mobili e calzature. In questo momento, nonostante la russofobia della von der Leyen, ancora 660 imprese italiane operano in Russia in vari settori: agroalimentare, energetico, automobilistico e telecomunicativo, con 39.200 addetti e un fatturato di 8,8 miliardi di euro.

Fonte: italiabrics.it

 

Il vero volto dietro la maschera

 

L’ex presidente Barack Obama, intervistato dalla Cnn, ha sostenuto che gli USA non poterono opporsi alla “annessione” russa della Crimea nel 2014, poiché la penisola era piena di abitanti che parlavano russo e c’era una certa simpatia per le posizioni rappresentate dalla Russia. Poi ha aggiunto che, in risposta all’annessione illegale, gli alleati occidentali vararono una campagna di sanzioni, senza però fornire nessun aiuto materiale a Kiev per combattere la Russia.

Di questo mancato sostegno si è pentito, ma l’ha giustificato dicendo che l’Ucraina di quella volta non era quella di oggi, anche perché non tutti gli Stati europei volevano porre sanzioni alla Russia.

Questo grandissimo ipocrita ha naturalmente omesso di parlare sia del golpe di Maidan, organizzato col suo consenso, sia del fatto che in Crimea ci fu un referendum in cui gli abitanti chiedevano, quasi al 100%, di passare sotto la Russia, rifiutandosi di riconoscere i neonazisti di Kiev.

In compenso ha precisato che di tutti gli statisti europei era soprattutto la Merkel a voler imporre le sanzioni.

Naturalmente Mykhailo Podolyak, consigliere di Zelensky, ne ha approfittato per dire che se Obama fosse stato più risoluto, non ci sarebbe stata l’occupazione russa del Donbass.

Insomma questi neonazisti ucraini rappresentano soltanto il vero volto esistente dietro la maschera della pseudo democrazia occidentale. Rappresentano la condizione di chi non sta navigando nell’oro e che può permettersi di essere ambiguo, ma la condizione di chi vuole arricchirsi il più velocemente possibile, e che, per questa ragione, non può guardare in faccia a niente e a nessuno.

 

[28] Documentari trash della BBC

 

La nuova serie di documentari della BBC britannica dal titolo sensazionalistico “Putin contro l’Occidente”, andata in onda nel febbraio scorso, è un esempio estremamente rivelatore di manipolazione mediatica. L’ha detto l’Ambasciata della Federazione Russa in Italia il 28 giugno. (Ricordiamocelo quando la tradurranno in italiano.)

La propaganda occidentale (e inglese per antonomasia) è stata trasformata in uno strumento russofobico di lotta ideologica. Sulla base di una rete di eventi apparentemente plausibili, accompagnati da filmati di alta qualità e da citazioni di “autorità” occidentali, viene abilmente creata una capovolta sequenza semantica.

Gli autori di questa serie televisiva hanno capito bene che il loro compito era quello di smentire le argomentazioni della Russia, considerate giuste dalla maggior parte dei Paesi del mondo, secondo cui è stato l’Occidente a perseguire per decenni la strada dell’approfondimento dello scontro con la Russia. Cosa che è stata fatta ignorando tutte le proposte russe di attuare il principio dell’indivisibilità della sicurezza in Europa e di costruire uno spazio economico e umanitario comune nel continente dall’Atlantico agli Urali, evitando di spostare sistematicamente le capacità militari e tecniche della NATO verso i confini russi.

Oggi la Russia è quasi circondata da Paesi ostili. Anche l’Ucraina è stata trasformata a ritmo accelerato in un terreno fertile per il neonazismo e la russofobia, in un avamposto del militarismo occidentale e in un “attore per procura” gonfio di denaro e armi occidentali, il cui governo distrugge il proprio Paese per realizzare gli obiettivi strategici di Washington, Londra e della UE.

Naturalmente nei documentari non si parla dei motivi che hanno spinto gli Stati Uniti e la UE a ignorare per decenni la politica di discriminazione etnica contro i russi nei Paesi Baltici, e che hanno stimolato il regime di Kiev a reprimere i diritti della popolazione russofona dell’Ucraina e poi a distruggere fisicamente i “non umani” nel Donbass. Non viene citata la presenza sul Maidan di Kiev, nell’inverno 2013, di “animatori” di alto livello provenienti dalla Casa Bianca e dalle istituzioni europee con sede a Bruxelles. Non si parla del generoso sostegno finanziario con cui è stato organizzato il colpo di Stato del 2014. Gli autori evitano anche le sgradevoli scene dei barbari bombardamenti sul Donbass organizzati dai militari di Kiev e le fiaccolate dei nazisti ucraini nelle strade di Kiev.

In compenso fingono di essere democratici riportando stralci di discorsi e interviste a funzionari russi estrapolati dal contesto, o presentati in un’interpretazione estremamente distorta da funzionari occidentali, molti dei quali (come Grybauskaitė, Sikorski e McFaul) non hanno mai nascosto i loro personali pregiudizi anti-russi.

Fonte: bbc.co.uk

 

Il giudice Aitala è ricercato in tutto il mondo

 

Il ministero dell’Interno russo ha inserito nella lista dei ricercati da Mosca il giudice italiano della Corte Penale Internazionale Rosario Salvatore Aitala.

Come noto il giudice è stato uno di quelli che si è permesso di compiere indagini su crimini di Vladimir Putin, emettendo il 17 marzo scorso un mandato di arresto internazionale nei suoi confronti (che vede coinvolta anche la commissaria russa per i diritti dei bambini, Maria Lvova-Belova, entrambi accusati di deportazione illegale di bambini ucraini in Russia). Cioè questo giudice ha mostrato di non sapere una delle regole fondamentali del diritto internazionale, quella secondo cui non si può attaccare un funzionario governativo straniero che detiene lo status di persona protetta a livello internazionale. Cioè in conformità con la Convenzione sulla prevenzione e la repressione dei crimini contro le persone protette a livello internazionale del 14.12.1973, i capi di stato godono dell’assoluta immunità dalla giurisdizione degli Stati stranieri, proprio perché le relazioni internazionali non possono essere complicate in questa maniera.

Peraltro secondo il Codice penale russo è vietato imputare a una persona palesemente innocente una responsabilità penale, accusandola inoltre illegalmente di aver commesso un crimine grave o particolarmente grave.

Meno che mai ha senso emettere una sentenza del genere da parte di una Corte non riconosciuta da parte di Mosca.

Questo giudice non solo non sa nulla del diritto internazionale, ma neppure sa nulla della reale questione dei fatti. I bambini sono stati tratti in salvo dalla guerra, non sottratti ai loro genitori: infatti restano a disposizione in qualunque momento ai genitori che li richiedono.

 

[29] Prove di regime

 

Quando nel Big Brother di George Orwell suonava la campanellina c’erano i due minuti d’odio, dove dai teleschermi appariva la faccia del Grande Nemico, responsabile di ogni sciagura e sofferenza: Emmanuel Goldstein. Ecco, con IT-alert, il sistema di allarme pubblico della Protezione Civile (ieri sperimentato in Toscana ma presto in tutte le Regioni), abbiamo avuto le nostre “prove di regime”. Magari al posto dei due surreali minuti d’odio avremo due concreti minuti di terrore. Il post del cellulare servirà a ricordarci che c’è un governo (qualunque governo, poiché ciò che conta è l’apparato, non chi pro-tempore occupa la poltrona del front office) che lavora per noi, che ci protegge da ogni catastrofe e calamità.

Ovunque noi siamo, anche se non abbiamo attivato la geolocalizzazione, qualcuno è in grado d’intercettarci. E lo farà con un’app nascosta, installata a nostra insaputa, che non si può disinstallare ma solo disattivare. Proprio perché non ha bisogno di usare il nostro numero telefonico: gli basta agganciarsi alle celle broadcast dei ripetitori di telefonia mobile.

Le emergenze a cui si fa riferimento sono: maremoto generato da sisma, collasso di una diga, attività vulcanica, emergenza pubblica in uno stabilimento industriale, alluvione e, udite udite, incidente nucleare. Ma come, l’Italia non è un Paese denuclearizzato? Si riferisce per caso alle basi NATO, che in caso di guerra sarebbero le prime a essere colpite dal nemico?

In effetti, pensiamo solo per un momento a cosa potrebbe voler dire tutto questo se la NATO decidesse di entrare in guerra contro un Paese enorme che dispone di 6.000 testate nucleari. Aspettiamoci messaggi unidirezionali relativi ai comportamenti da tenere per non fare la fine di Hiroshima e Nagasaki.

Naturalmente la Protezione civile smentisce che sia una forma di controllo. Però sarebbero meglio due cose: 1) che il servizio fosse su richiesta e non obbligatorio; 2) che fosse gestito dal Comune di residenza e non dallo Stato e tanto meno dalla UE.

 

La russofobia genera mostri

 

“I russi che vivono in Occidente – in quanto cittadini di un Paese che conduce una guerra aggressiva – dovrebbero essere attentamente monitorati dai servizi di sicurezza”, ha dichiarato il presidente ceco Petr Pavel il 14 giugno a Radio Free Europe/Radio Liberty, emittente fondata e finanziata dagli USA.

In che senso “monitorare”? Nel senso di “controllare” o addirittura di “internare”. Questo perché “sono in grado di causare danni”.

Ex presidente del Comitato militare della NATO ed ex capo dello Stato maggiore dell’esercito ceco, Pavel ha ricordato il trattamento riservato dal governo americano ai discendenti giapponesi che vivevano negli Stati Uniti durante la seconda guerra mondiale. In quel periodo, infatti, 120.000 giapponesi furono internati in campi di concentramento per tenerli sotto controllo, in quanto, ipoteticamente, avrebbero potuto svolgere funzioni di spionaggio o terroristiche o di quinte colonne.

Ha detto, come un novello inquisitore: “quando c’è una guerra in corso, le misure di sicurezza relative ai cittadini russi dovrebbero essere più severe che in tempi normali”.

Ha dato quindi per scontato che i russi vanno sempre tenuti sotto controllo, anche in tempi di pace. Per lui non conta niente che centinaia di migliaia di russi siano fuggiti dal loro Paese dall’inizio del conflitto, cercando di evitare una mobilitazione militare. Anzi, questo è un motivo in più per sospettare di loro, in quanto costituiscono un numero potenzialmente pericoloso. I controlli capillari sono “semplicemente il costo della guerra”, ha detto.

Ormai nei confronti dei russi la presunzione di colpevolezza sostituisce completamente quella d’innocenza. Come nel Medioevo nei confronti dei cosiddetti “eretici”.

Dopo hai voglia a precisare – come ha fatto la portavoce di Pavel – che non aveva intenzione di proporre la costruzione di lager politici e che le sue parole non si riferivano a ogni individuo russo ma solo a “quelli che presentano fattori di rischio”.

La frittata l’hai fatta. Ora prova anche solo lontanamente a realizzare il tuo obiettivo, poi vedi che fine farà il tuo Paese.

A proposito di lager per nipponici, con tanto di filo spinato e di soldati statunitensi a fare la guardia. Finita la guerra non solo il governo degli Stati Uniti si dovette scusare, ma dovette pagare risarcimenti per oltre 1,6 miliardi di dollari.

Fonte: rferl.org

 

[30] Si può giocare alla roulette russa?

 

Più volte Putin ha detto che le armi nucleari sono un deterrente e le condizioni per il loro utilizzo sono definite in una dottrina ufficiale, che la Russia non ha modificato dai tempi della Guerra Fredda. In teoria esiste la possibilità di utilizzarle, ma per il momento non è necessario farlo.

Tuttavia il fatto che il nucleare possa essere usato come deterrente per dissuadere la NATO da un coinvolgimento diretto in Ucraina, non ha finora impedito una crescente escalation. La deterrenza nucleare si è rivelata un’arma spuntata.

Cioè sembra che la NATO si sia posta il compito – impensabile durante la Guerra Fredda – di tentare di sconfiggere una superpotenza nucleare in una regione strategicamente importante, senza ricorrere alle armi atomiche, ma limitandosi ad armare e controllare un Paese terzo. Di qui i vari tentativi di testare le risposte di Mosca alla fornitura di armi sempre più potenti e pericolose.

La NATO è convinta che la leadership russa non oserà usare armi nucleari, e che i suoi riferimenti all’arsenale nucleare di cui dispone non siano altro che un bluff. Il che però non ha impedito ai russi di dispiegare armi nucleari non strategiche in Bielorussia. Dunque possiamo dire con sicurezza che in Europa è scomparsa la paura della bomba atomica, ch’era ben presente nella seconda metà del XX sec.?

In effetti bisogna ammettere che finora la risposta russa al bombardamento del Nord Stream, l’attacco dei droni alla base aerea strategica di Engels, l’ingresso di sabotatori armati occidentali nella regione di Belgorod e molte altre azioni più o meno terroristiche è stata piuttosto contenuta.

Putin ha già detto che la Russia è in grado di distruggere qualsiasi edificio a Kiev, ma non si abbasserà ai metodi del terrore usati dal nemico. Tuttavia ha aggiunto di riservarsi una reazione specifica all’uso degli F-16 e dei missili a lungo raggio. D’altronde la NATO dovrà per forza ricevere un segnale inequivocabile che Mosca non giocherà secondo le regole stabilite dall’avversario. La possibilità di utilizzare armi nucleari nell’attuale conflitto non deve essere tenuta nascosta.

Ormai stiamo arrivando a uno scontro armato diretto tra Russia e NATO. In tal caso la guerra, se si estende all’Europa occidentale, diventerà quasi inevitabilmente nucleare. E dopo qualche tempo porterà a uno scambio di colpi tra Russia e Stati Uniti.

Insomma, da un lato si esclude una conclusione catastrofica del conflitto in corso; dall’altro però sembra che ci si stia rassegnando a subirla.

 

Servi, arroganti e illusi

 

La nuova strategia di sicurezza nazionale della Germania, presentata a Berlino il 15 giugno, definisce la Russia come “la più grande minaccia alla pace e alla sicurezza nell’area euro-atlantica per il prossimo futuro. La guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina è una palese violazione della Carta delle Nazioni Unite e dell’ordine di sicurezza cooperativo europeo… La Russia sta deliberatamente cercando di destabilizzare le società democratiche europee.”

Il documento strategico non è così aggressivo nei confronti della Cina, ma nemmeno amichevole: “La Cina è un partner, un concorrente e un rivale sistemico… Gli elementi di rivalità e competizione sono aumentati negli ultimi anni… La Cina sta deliberatamente usando il potere economico per raggiungere obiettivi politici e ignora i diritti umani”. Tuttavia “la Cina rimane un partner senza il quale molte sfide e crisi globali non possono essere risolte.”

In Germania esistono due strategie diverse nei confronti della Cina: il cancelliere Scholz  vuole evitare l’escalation e mantenere una cooperazione economica, mentre il ministro degli Esteri, Annalena Baerbock, segue una politica aggressiva, fatta di provocazioni e accuse.

I leader cinesi sono piuttosto preoccupati. Si stupiscono che la Germania consideri gli altri Paesi come rivali o addirittura avversari, trasformando la normale cooperazione in una questione di sicurezza. Una tale politica estera non farà altro che peggiorare le relazioni internazionali.

È quindi evidente che la Germania non sta agendo autonomamente ma sotto una forte pressione da parte degli USA. Questa guerra in Ucraina ha rivelato la vera natura etico-politica della UE: il servilismo nei confronti di chi considera più forte e l’arroganza nei confronti di chi considera più debole.

Tra questi due atteggiamenti ve n’è un terzo ancora più evidente: l’illusione di poter vincere la Russia sul piano militare grazie alla NATO.


Conclusione

 

 

 

 

USA, NATO e UE non solo continuano ad armare le forze di Kiev, ma si stanno preparando a trasformare l’Europa in un teatro di scontro con la Russia destinato a durare per molto tempo, almeno finché la Russia, per un motivo o per un altro, non crollerà.

Vi sono vari indizi che lo lasciano pensare:

1) si sta pensando a come ricostruire economicamente l’Ucraina prima ancora che finisca la guerra, cioè dando per scontato che la Russia non vincerà e che una qualunque trattativa sarà possibile solo dopo che sarà andata via dal Donbass;

2) nel caso in cui al momento la controffensiva ucraina non ottenga risultati significativi, si sta pensando di creare una linea di demarcazione demilitarizzata, come quella che da 70 anni divide la penisola coreana, in virtù di un armistizio provvisorio con Mosca;

3) sia come sia, si dà per scontato l’ingresso dell’Ucraina sia nella UE che nella NATO, fatto salvo il rispetto di alcuni requisiti, cioè si dà per scontato che la NATO sia destinata ad allargarsi sempre di più, circondando in una morsa mortale l’intera Federazione Russa;

4) nel caso in cui l’ingresso dell’Ucraina nella NATO non sia fattibile per l’opposizione di alcuni Paesi aderenti alla stessa alleanza, si può sempre pensare di porre il Paese “sotto tutela” della Polonia, che, su richiesta formale di Kiev, vi dislocherebbe in permanenza proprie forze militari, possibilmente insieme a quelle delle tre repubbliche baltiche e di altri Paesi della NATO.

Insomma l’occidente collettivo non ha alcuna fretta di finire questa guerra. È convinto di avere risorse sufficienti per continuarla per un tempo indefinito, contando anche sul fatto che, in ultima istanza, gli resta sempre l’opzione nucleare.

Tuttavia, considerando che l’Ucraina è un Paese fallito economicamente e che almeno la metà dei suoi abitanti è, in quanto profughi, già a carico della UE, e che per la sua ricostruzione occorreranno come minimo 400-500 miliardi di euro (ma già si parla di 1.000), è evidente che la UE, con tutte queste risorse sottratte alle esigenze sociali degli europei, si appresta a combattere una lunga guerra contro i propri stessi cittadini.

La guerra in Ucraina sta diventando un’occasione d’oro per imporre regimi autoritari nella stessa “democratica” Europa. Le dittature si reggeranno in piedi proprio contando su una narrativa in cui la Russia apparirà come una minaccia incombente in qualunque momento. In questa maniera sarà facile portare la popolazione europea alla esasperazione, cioè a quella condizione ideale per dichiarare esplicitamente guerra alla Russia.

Alla fine la Russia pretenderà la resa incondizionata non solo a Kiev ma anche a tutte le capitali europee.


Bibliografia su Amazon

 

 

Attualità:

La resa (marzo-giugno 2023)

La linea rossa (dicembre 2022-marzo 2023)

Multipolare 2022 (luglio-dicembre 2022)

La guerra totale (maggio-giugno 2022)

Il signore del gas (aprile-maggio 2022)

La truffa ucraina (gennaio-marzo 2022)

Diario di Facebook (2017-2020)

Diario di Facebook (gen-mar 2021)

Diario di Facebook (apr-dic 2021)

Memorie:

Sopravvissuto. Memorie di un ex

Grido ad Manghinot. Politica e Turismo a Riccione (1859-1967)

Storia:

L’impero romano. I. Dalla monarchia alla repubblica

L’impero romano: II. Dalla repubblica al principato

Homo primitivus. Le ultime tracce di socialismo

Cristianesimo medievale

Dal feudalesimo all’umanesimo. Quadro storico-culturale di una transizione

Protagonisti dell’Umanesimo e del Rinascimento

Storia dell’Inghilterra. Dai Normanni alla rivoluzione inglese

Scoperta e conquista dell’America

Storia della Spagna

Il potere dei senzadio. Rivoluzione francese e questione religiosa

Cenni di storiografia

Herbis non verbis. Introduzione alla fitoterapia

Arte:

Arte da amare

La svolta di Giotto. La nascita borghese dell’arte moderna

Letteratura-Linguaggi:

Letterati italiani

Letterati stranieri

Pagine di letteratura

Pazìnzia e distèin in Walter Galli

Dante laico e cattolico

Grammatica e Scrittura. Dalle astrazioni dei manuali scolastici alla scrittura creativa

Contro Ulisse

Poesie:

Nato vecchio; La fine; Prof e Stud; Natura; Poesie in strada; Esistenza in vita; Un amore sognato

Filosofia:

La filosofia ingenua

Laicismo medievale

Ideologia della chiesa latina

l’impossibile Nietzsche

Da Cartesio a Rousseau

Rousseau e l’arcantropia

Il Trattato di Wittgenstein

Preve disincantato

Critica laica

Le ragioni della laicità

Che cos’è la coscienza? Pagine di diario

Che cos’è la verità? Pagine di diario

Scienza e Natura. Per un’apologia della materia

Spazio e Tempo: nei filosofi e nella vita quotidiana

La scienza nel Seicento

Linguaggio e comunicazione

Interviste e Dialoghi

Antropologia:

La scienza del colonialismo. Critica dell’antropologia culturale

Ribaltare i miti: miti e fiabe destrutturati

Economia:

Esegeti di Marx

Maledetto capitale

Marx economista

Il meglio di Marx

Etica ed economia. Per una teoria dell’umanesimo laico

Le teorie economiche di Giuseppe Mazzini

Politica:

Lenin e la guerra imperialista

L’idealista Gorbaciov. Le forme del socialismo democratico

Il grande Lenin

Cinico Engels. Oltre l’Anti-Dühring

L’aquila Rosa. Critica della Luxemburg

Società ecologica e democrazia diretta

Stato di diritto e ideologia della violenza

Democrazia socialista e terzomondiale

La dittatura della democrazia. Come uscire dal sistema

Dialogo a distanza sui massimi sistemi

Diritto:

Siae contro Homolaicus

Diritto laico

Psicologia:

Psicologia generale

La colpa originaria. Analisi della caduta

In principio era il due

Sesso e amore

Didattica:

Per una riforma della scuola

Zetesis. Dalle conoscenze e abilità alle competenze nella didattica della storia

Ateismo:

Cristo in Facebook

Diario su Cristo

Studi laici sull’Antico Testamento

L’Apocalisse di Giovanni

Johannes. Il discepolo anonimo, prediletto e tradito

Pescatori di uomini. Le mistificazioni nel vangelo di Marco

Contro Luca. Moralismo e opportunismo nel terzo vangelo

Metodologia dell’esegesi laica. Per una quarta ricerca

Protagonisti dell’esegesi laica. Per una quarta ricerca

Ombra delle cose future. Esegesi laica delle lettere paoline

Umano e Politico. Biografia demistificata del Cristo

Le diatribe del Cristo. Veri e falsi problemi nei vangeli

Ateo e sovversivo. I lati oscuri della mistificazione cristologica

Risorto o Scomparso? Dal giudizio di fatto a quello di valore

Cristianesimo primitivo. Dalle origini alla svolta costantiniana

Guarigioni e Parabole: fatti improbabili e parole ambigue

Gli apostoli traditori. Sviluppi del Cristo impolitico


Indice

 

Premessa...................................................................................... 5

Marzo............................................................................................... 6

[24] Ucraina e uranio impoverito................................................ 6

ONU e uranio impoverito............................................................ 7

NATO e uranio impoverito......................................................... 7

Falluja e l’uranio impoverito....................................................... 9

Chi è Annabel Goldie?................................................................ 9

[25] Una mente malata.............................................................. 10

Kaliningrad prossimo bersaglio................................................. 11

Mire polacche............................................................................ 12

La iena d’Europa....................................................................... 13

[26] Una volontà cieca e irrazionale.......................................... 13

Il guaio è fatto............................................................................ 14

Dalla parte dell’aggredito.......................................................... 15

[27] Il vaso della deterrenza si sta colmando............................ 16

Quando il cubo diventa una palla.............................................. 17

Il grande reset............................................................................ 18

[28] Fino a quando loro si immolano........................................ 19

Il legno verde e quello secco..................................................... 20

Quale atteggiamento verso il nucleare?..................................... 21

Quali diritti umani?.................................................................... 21

[29] Il profeta Patrushev............................................................ 22

Meglio parlare in positivo......................................................... 23

Che cos’è l’amore?.................................................................... 24

[30] No nuke.............................................................................. 25

Meritiamo una lezione............................................................... 26

Il giornalismo deve pagare........................................................ 27

Una guerra di civiltà?................................................................ 27

[31] L’anomalia trumpiana........................................................ 28

Come passare il proprio tempo.................................................. 29

Problemi collaterali................................................................... 30

Aprile............................................................................................. 31

[1] Perché non possiamo che perdere........................................ 31

Can che abbaia, non morde....................................................... 32

Ecologia farlocca....................................................................... 33

[2] Guerra e pace....................................................................... 34

Voglio essere ottimista.............................................................. 35

Un comico irresponsabile.......................................................... 36

[3] Opporsi a un ordine criminale è un dovere.......................... 36

Basta la legittima difesa?........................................................... 37

L’ipocrisia occidentale.............................................................. 38

Le cose dovranno cambiare per forza........................................ 39

Bakhmut e Tatarsky................................................................... 40

[4] Rifare il diritto dall’ABC..................................................... 40

La proporzionalità ci porterà al nucleare................................... 42

Arroganza e falsità..................................................................... 43

Conserviamo memoria degli errori compiuti............................ 43

Forza muscolare e debolezza politica........................................ 45

Nona sinfonia stonata................................................................ 46

[5] Verità e libertà..................................................................... 46

A che serve la sofferenza?......................................................... 47

Questioni finanziarie ignote...................................................... 48

Il sogno dei polacchi.................................................................. 49

[6] Storia del socialismo in nuce............................................... 49

Ma perché i russi non ci odiano?............................................... 51

La geopolitica della Russia........................................................ 51

Un novello Lenin?..................................................................... 52

Certe cose non le capisco.......................................................... 54

Il destino dei bambini ucraini.................................................... 55

[7] Svolte epocali non pervenute............................................... 55

Inutili cambi di guardia............................................................. 56

Facciamo una botta di conti....................................................... 57

Morti invisibili........................................................................... 58

[8] Come pedine in una scacchiera............................................ 58

Non ti riconosco più.................................................................. 59

[9] Un rapporto di lunga data.................................................... 60

Ancora una goccia…................................................................. 60

Dammi una prova del tuo amore............................................... 61

Quali segreti dietro i documenti segreti?................................... 62

[10] Ukropolit............................................................................ 62

Prima di tutto un golpe.............................................................. 63

Tutto il mondo è paese.............................................................. 63

Sulla schiena del buratello......................................................... 64

La Cina nel mirino..................................................................... 65

[11] Eseguivo soltanto gli ordini............................................... 66

Finlandia già alle corde............................................................. 66

Incapaci di fare affari................................................................. 67

[12] Che cos’è il Consiglio Artico?........................................... 68

L’inutile controffensiva ucraina................................................ 70

Il fuoco della Geenna................................................................. 70

[13] Europei alla riscossa!......................................................... 71

Una transizione epocale............................................................. 72

Una linea di continuità sull’uranio impoverito.......................... 73

[14] Lo scontro delle interpretazioni......................................... 74

Non facciamoci illusioni............................................................ 75

Il peggio di Fukushima è in arrivo............................................ 76

Finlandia irriconoscibile............................................................ 76

Memoria storica cancellata........................................................ 77

Il Mar Baltico lago della NATO................................................ 78

[15] Quale stabilità internazionale?........................................... 78

Almeno un insegnamento.......................................................... 79

Sul filo del rasoio....................................................................... 80

Fake news a gogò...................................................................... 81

Quello strano eroismo slavo...................................................... 81

Due dichiarazioni che fanno pensare......................................... 83

Analisti fastidiosi....................................................................... 83

[16] L’importanza di chiamarsi Mainstream............................. 84

Un gesto estremo....................................................................... 85

Un esperimento statuale fallito.................................................. 86

Minoranze risvegliate................................................................ 87

Sudan nel caos........................................................................... 87

[17] Wanted, dead or alive........................................................ 88

Musica cambiata........................................................................ 89

Quel famigerato accordo sul grano............................................ 90

[18] Lo scempio della verità...................................................... 91

Il problema dei denti storti........................................................ 92

Botte piena o moglie ubriaca?................................................... 93

Il fanatico Bolton straparla........................................................ 93

[19] La resa dei conti................................................................. 95

Se io fossi Xi Jinping................................................................. 95

C’è del marcio in Vaticano........................................................ 96

[20] Chi agisce al di fuori dei propri confini?........................... 98

Il tempo della frustrazione......................................................... 98

Nucleare ad portas!.................................................................... 99

[21] Sempre dittatura è............................................................ 100

Abolire le frontiere.................................................................. 101

Dove vanno gli USA?.............................................................. 102

[22] Diplomazia e guerra......................................................... 103

Possibile neanche una frase vera?........................................... 104

Fine della neutralità in Svizzera.............................................. 105

[23] A chi appartiene il nostro destino?.................................. 105

Il canarino nella miniera.......................................................... 106

Noi occidentali......................................................................... 107

Senza NATO non si vince....................................................... 108

[24] In che senso una guerra può essere giusta?...................... 109

Origine della doppiezza........................................................... 110

Il potere logora che s’illude di averlo...................................... 111

Il fascismo taglia le lingue....................................................... 111

Tucker Carlson si è dimesso.................................................... 112

[25] Critica dell’inconciliabile................................................ 113

Dai politici ai militari.............................................................. 114

Atti di fede............................................................................... 115

Che bel ministro dell’Istruzione!............................................. 116

Ci vorrà una generazione......................................................... 117

[26] Che cos’è la Russia?........................................................ 117

ONU sospesa........................................................................... 119

L’ambiguità delle parole......................................................... 119

[27] Basta la denazificazione?................................................. 120

Ma perché venite da noi?......................................................... 121

Sindrome psicopatologica....................................................... 122

Colpi di coda............................................................................ 123

[28] La fine degli Stati nazionali............................................. 124

I media serbi vanno censurati.................................................. 125

Ergastolo per alto tradimento.................................................. 125

Ci vuole una lezione................................................................ 126

Siamo amici e alleati per sempre!........................................... 127

[29] Chi è sovrano in casa propria........................................... 127

Tra Polonia e Ucraina matrimonio possibile?......................... 128

Maggio......................................................................................... 130

[1] Prossimo obiettivo: la Polonia........................................... 130

Una resa senza condizioni....................................................... 130

[2] Gli industriali danesi si lamentano ma non sanno che....... 131

Resteranno poche banche e avranno tutto............................... 131

Il destino non c’entra............................................................... 132

Dario Fabbri non lo capisco.................................................... 132

Bambini e adulti contro l’arte.................................................. 133

[3] Corriamo corriamo ma verso dove?................................... 133

Ci stiamo distraendo................................................................ 134

Cos’è il rushismo?................................................................... 134

[4] Non basta sostituire le persone.......................................... 135

Una svolta nel XXI secolo....................................................... 136

Fischi per fiaschi...................................................................... 136

Anche la Svizzera nella NATO?............................................. 137

[5] Lo zerbino degli americani................................................ 138

Le uova e la gallina.................................................................. 139

[6] Le esternazioni di Prigozhin andrebbero evitate............... 139

[7] Le cause dell’inflazione..................................................... 141

È l’ora dell’India...................................................................... 142

[8] Una de-globalizzazione irreversibile................................. 143

Buone notizie dal fronte orientale........................................... 143

I banderisti come nemici dei polacchi..................................... 144

[9] La Polonia e i suoi ossimori............................................... 144

Un altro tipo di decolonizzazione............................................ 145

Quand’è che si è terroristi?...................................................... 146

Quale discrimine per un’azione terroristica?........................... 147

[10] Smettiamola di perdere tempo......................................... 147

Guerra civile in Pakistan......................................................... 148

Colpi di coda............................................................................ 149

Banche USA sull’orlo dell’abisso........................................... 150

Il debito estero......................................................................... 150

[11] Anche se la Russia perdesse............................................ 150

Un aspetto sottovalutato.......................................................... 151

Il FMI sta silurando l’Ucraina................................................. 152

Elezioni imminenti in Slovacchia............................................ 152

[12] Neonazismo europeo in crescita...................................... 153

[13] Dalla paura alla paralisi................................................... 154

Il bluff della Società delle Nazioni.......................................... 155

Il mondo intero va ricostruito.................................................. 156

[14] Un nuovo articolo 11....................................................... 157

Manca poco alla resa dei conti................................................ 157

Il debito pubblico americano................................................... 158

[15] La Turchia a una svolta.................................................... 158

Generali della NATO in controtendenza................................. 159

Un’indegna medaglia............................................................... 161

[16] Repetita non iuvant.......................................................... 161

Orsini il grande........................................................................ 162

[17] Moldavia = Ucraina bis.................................................... 163

Che cos’è il Digital Services Act?........................................... 163

Algoritmi decisi dalla UE........................................................ 164

[18] Soggetti a un golpe mediatico.......................................... 165

Il “Guardian” ha le traveggole................................................. 165

Sempre più in pericolo Assange.............................................. 166

Il Canada si sta suicidando...................................................... 167

[19] L’Ucraina è un Paese 404................................................ 167

Quale genocidio?..................................................................... 168

Cinismo allo stato puro............................................................ 169

[20] Nucleare inevitabile?....................................................... 169

Maggiore diplomazia non guasterebbe.................................... 170

[21] Liberata la città chiave del Donbass................................ 171

Ucraina ed Emilia-Romagna................................................... 172

[22] Che fine ha fatto Zaluzhny?............................................. 173

Musei da chiudere.................................................................... 173

Chi la fa, l’aspetti.................................................................... 174

Il club dei cuori solitari............................................................ 175

[23] Il concetto di democrazia................................................. 176

Occidente disorientato............................................................. 177

100 km a partire da dove?....................................................... 178

Sergio Romano dice che la NATO va sciolta.......................... 179

[24] Fare chiarezza è la prima cosa......................................... 180

Specchi deformanti.................................................................. 181

Questo non è un wargame....................................................... 182

[25] Fino a che punto la pace?................................................. 183

La Polonia deve risarcire la Russia......................................... 184

Se lo dice lui............................................................................ 185

Beato lui che crede alle favole................................................ 185

Cinque rubli............................................................................. 186

[26] Il registro delle riparazioni............................................... 187

C’è bomba e bomba................................................................. 187

[27] Basta con questo Kissinger.............................................. 188

Minacciosa la portaerei nucleare Ford.................................... 189

In una simulazione gli USA perdono...................................... 189

[28] Una locomotiva impazzita............................................... 190

Un regolamento di conti a suon di missili............................... 191

Da T.S.O.................................................................................. 191

Falso che Iran e Afghanistan siano in guerra.......................... 193

[30] Arabia felix...................................................................... 194

Sic semper tyrannis.................................................................. 195

Kosovo esplosivo..................................................................... 196

[31] Ma quanto siamo distopici!.............................................. 196

Sarà un assassino ma è intelligente......................................... 197

Giugno......................................................................................... 199

[1] Scenario apocalittico in vista............................................. 199

Erdoğan ha davvero vinto?...................................................... 199

Biden accusato di corruzione................................................... 201

[2] Dio li fa e poi li accoppia................................................... 201

Borrell non si smentisce mai................................................... 202

Una mela avvelenata................................................................ 202

Corrotti e sessuomani.............................................................. 203

[3] Cosa fare dell’Ucraina che rimarrà?.................................. 203

Il neocolonialismo inglese in Africa....................................... 204

L’importante è non avere scrupoli........................................... 205

[4] Piano di pace indonesiano.................................................. 206

Siamo appesi a un filo............................................................. 207

[5] Davvero il Montenegro è uno Stato indipendente?........... 207

Credibilità delle info made in USA......................................... 208

Il nuovo mondo islamico......................................................... 209

In quanti sono pronti a combattere in Russia?........................ 209

[6] Sono bastati nove anni....................................................... 210

Il ruolo di Tafazzi.................................................................... 211

Sono più saggi di noi............................................................... 211

[7] La lingua russa................................................................... 212

Gli USA predatori.................................................................... 212

Il canto delle sirene e il toner esaurito..................................... 213

Altro inutile atto di terrorismo................................................. 214

[8] Meglio tardi che mai.......................................................... 214

I limiti di Dugin....................................................................... 215

Scrive così Mauro Ammirati................................................... 216

Deve rimanere solo il grande capitale..................................... 217

[9] Una parola sola: Vincere!.................................................. 218

La resa dei conti....................................................................... 219

Siamo indubbiamente servi..................................................... 220

Ti rendo nemico anche se non vuoi......................................... 220

[10] Il wishful thinking della riscossa ucraina........................ 220

Forse è meglio tornare alle urne.............................................. 221

Un governo cieco ci sta portando al baratro............................ 222

I giorni contati di Zelensky...................................................... 223

[11] Beato qualunquismo........................................................ 224

Abbiamo bisogno di persone così............................................ 224

[12] Liberarci di un peso......................................................... 225

La resilienza economica della Russia...................................... 226

[13] Una persona intelligente.................................................. 228

Borrell ha le visioni................................................................. 228

L’Ucraina nella NATO?.......................................................... 229

[14] Una guerra pedagogica.................................................... 230

L’insopportabile arroganza occidentale.................................. 230

Un esempio di paraculismo..................................................... 231

Finalmente uno controcorrente................................................ 232

[15] Putin rassicurante (1)....................................................... 233

I territori storici della Russia (2)............................................. 233

Ultime dichiarazioni di Putin? (3)........................................... 234

Lo stupore di Putin (4)............................................................. 235

[16] Tanto peggio tanto meglio............................................... 236

Intenzioni genocidarie............................................................. 236

Arrampicarsi sugli specchi...................................................... 237

Di fronte alla verità non si scappa........................................... 238

Non c’è scampo per gli illusi................................................... 239

[17] Come autodistruggersi e vivere infelici........................... 239

Missione africana fallita in Ucraina........................................ 240

[18] Firmare un accordo è importante..................................... 241

In linea con l’ONU.................................................................. 242

Imperativo n. 1: mandare a casa il governo Meloni................ 242

[19] Shock monetario e geopolitico in vista............................ 243

Africa contro Europa?............................................................. 244

[20] Shor fuorilegge................................................................ 245

Un Paese spopolato.................................................................. 246

Wikipedia ha smesso d’essere indipendente........................... 247

Appello militare....................................................................... 248

[21] Divide et impera non funziona più.................................. 248

Serve un governo anti-cinese?................................................. 249

[22] L’Ucraina non fa più notizia?.......................................... 250

I guasti dei temnik.................................................................... 251

Cuba come base militare cinese?............................................. 252

[23] Gli errori si pagano.......................................................... 253

Deliri d’impotenza................................................................... 254

La Cina nemico n. 1................................................................. 255

[24] Le intenzioni non contano................................................ 256

Prigozhin uscito di testa........................................................... 257

Prigozhin e le stalle di Augia.................................................. 258

[25] In mezzo al guado............................................................ 259

Socialismo o patriottismo?...................................................... 260

Ci stiamo impoverendo sempre più......................................... 261

[26] Meglio tardi che mai........................................................ 261

Il peccato originale americano................................................ 262

[27] Nonostante la von der Leyen........................................... 263

Il vero volto dietro la maschera............................................... 264

[28] Documentari trash della BBC.......................................... 265

Il giudice Aitala è ricercato in tutto il mondo......................... 266

[29] Prove di regime................................................................ 267

La russofobia genera mostri.................................................... 267

[30] Si può giocare alla roulette russa?................................... 268

Servi, arroganti e illusi............................................................ 269

Conclusione............................................................................. 271

Bibliografia su Amazon........................................................... 273

 

 



[1] Forse è bene ricordare che, quando fu istituita, la NATO contava ai suoi vertici non pochi ufficiali ex nazisti. Presidente del Comitato militare della NATO divennero: Adolf Heusinger (1961-64) e Johann Steinhof (1971-74). Tra i comandanti della NATO per l’Europa Centrale si annoverano: Hans Speidel (1957-1963); Johann von Kleimansegg (1967-68); Ernst Ferber (1973-75); Carl Schnel (1975-77); Franz Josef Schulze (1977-79); Ferdinand von Senger und Etterlin (1979-83).

[2] L’errore 404, o Not Found (in italiano “Non Trovato”), è un codice di stato standard del protocollo http. Con esso viene indicato che il client è in grado di comunicare col server, ma quest’ultimo non ha trovato ciò che è stato richiesto oppure è stato configurato in modo tale da non poter completare la richiesta.

[3] Si noti la citazione dei Paesi del BRICS e/o di quei territori ove sta aumentando di molto l’influenza sino-russa.

Ricerca nel file usando CTRL+F


Libri di Homolaicus




| Home | Storia | Economia | Politica | Linguaggi | Letteratura | Teoria | Teorici | Scienza | Diritto | Arte | Uomo-Donna | Religioni | Formazione | Antropologia

| Info | Quora | Telegram | Twitter | Youtube | Meteo | Utility | Play | Note legali | Contatto

La truffa ucraina - Il signore del gas - La guerra totale - Multipolare 2022 - La linea rossa - La resa - La catastrofe