LA RIVOLUZIONE D'OTTOBRE
dall'esordio al crollo


LO SCIOGLIMENTO DELL'ASSEMBLEA COSTITUENTE

Non c'è manuale scolastico di storia che non giudichi negativamente la decisione di Lenin di chiudere l'Assemblea costituente. Nessun autore vuol tener conto delle motivazioni che ne diede lui stesso, pubblicate sulla “Pravda” del 26 dicembre 1917. Eppure esse sono molto puntuali e condivisibili, e non è possibile certo sostenere che, così facendo, Lenin aveva posto le basi per il futuro successo dello stalinismo. Altre giustificazioni si trovano nel libro La rivoluzione proletaria e il rinnegato Kausty.

La preparazione alle elezioni per questa Assemblea, ivi inclusa la legge elettorale per convocarla, erano state decise mentre era ancora in vi­ta il governo provvisorio di Kerenskij, primo ministro ad interim. Ma quando si decise di convocarla, l'insurrezione bolscevica era già stata fatta (25 ottobre 1917).

Pur sapendo bene che i cadetti, i socialisti rivoluzionari, i men­scevichi e tutti i controrivoluzionari sperava­no di potersene servire per abbattere il potere sovietico, il governo rivoluzionario decise ugualmente di convocarla, ri­tenendo che il popolo, sulla base della propria esperienza, si sarebbe convinto da solo dell’inconcilia­bilità dell’Assemblea col potere sovietico.

Le elezioni ebbero luogo sulla base delle liste dei candidati già compilate sotto il governo provvisorio. In quel periodo nelle campagne una parte con­siderevole di contadini credeva ancora ai so­cialisti rivoluzionari, e questi non si erano ancora scissi in una destra conservatrice e in una sinistra favorevole alla rivoluzione.

Alle elezioni si presentarono quattro differenti liste prevalenti: bolscevichi, menscevichi, cadetti e socialisti rivoluzionari, più altre componenti.

Le elezioni si svolsero a suffragio universale, ma ciò non evitò un forte astensionismo e non mancarono brogli e falsificazioni: i voti risultarono inferiori al 50% degli aventi diritto. Nell'esito prevalsero i socialisti rivoluzionari col 58%, seguirono i bolscevichi col 25%, i cadetti a quota 14% e infine i menscevichi col 4%. Dei 715 deputati eletti 370 erano socialisti rivoluzionari, 175 bolscevichi, 40 socialisti rivoluzionari di sinistra (corrente fuoriuscita dai socialisti rivoluzionari), 16 menscevichi, 17 cadetti, 86 rappresentanti di gruppi nazionali.

La rilevanza politica dei socialisti rivoluzionari va ricercata – come già detto – nel loro controllo dei soviet dei contadini nelle campagne. I bolscevichi raggiungevano invece nelle grandi città e al fronte (in comitati militari rivoluzionari) risultati fino al 40%, mentre si consolidava la loro fiducia nel soviet di Pietroburgo (di cui presidente era Trockij, menscevico, poi bolscevico dal luglio 1917), raggiungendo picchi di consenso fino al 60%.

I ri­sultati non corrispondevano più ai radicali muta­menti avvenuti nell’ottobre-novembre 1917. Lenin infatti aveva detto non solo che una Repubblica dei soviet dei deputati degli operai, dei soldati e dei contadini era una forma di istituzione democratica di tipo più elevato di quella della Repubblica borghese avente una propria Assemblea costituente, dovendo i soviet garantire una democrazia diretta, al fine di superare lo Stato borghese tradizionale, ma aveva anche detto che un'Assemblea del genere non poteva più corrispondere alla volontà popolare, e questo per almeno tre ragioni: la prima era che la rivoluzione, nei mesi di novembre e dicembre, aveva già rinnovato tutti i vecchi organi politici e militari superiori, per cui lo schieramento delle forze di classe non era più lo stesso; la seconda la offrivano gli stessi socialisti rivoluzionari, i quali si erano scissi dopo le elezioni dei candidati e prima della convocazione dell'Assemblea; la terza la offrivano i reazionari che volevano, con l'uso delle armi, riportare la Russia al capitalismo, contro i quali l'Assemblea costituente non avrebbe potuto far nulla.

Il 5 gennaio 1918 si era ufficializzata in via definitiva l'apertura dell'Assemblea (da notare che il 1° gennaio Lenin aveva subìto un attentato mentre era in macchina con la sorella M. Uljanova e il rivoluzionario svizzero F. Platten, rimanendo illeso fortunosamente).

Il giorno stesso dell'apertura dell'Assemblea vi fu un'insurrezione armata dei socialisti rivoluzionari di destra e del sindaco della città di Pietrogrado, Schreider. La rivolta era stata organizzata dal partito cadetto, il quale svolgeva la funzione di stato maggiore politico di tutte le organizzazioni controrivoluzionarie di Kaledin, di Dutov e dei nazionalisti ucraini. Non a caso perorava la parola d'ordine “Tutto il potere all'Assemblea costituente”. Esso era forte della potenza economica della borghesia, si era politicamente addestrato nell'ambito della monarchia zarista ed era legato ai quadri dell'apparato statale. Per tutta la guerra civile il soprannome di “cadetto” verrà dato ai partigiani di Krasnov, Denikin, Kolčak e Wrangel.

La corrente politica dei socialisti rivoluzionari di sinistra, proprio nei giorni della convocazione dell'Assemblea, decise di unirsi ai bolscevichi: scelta che portò all'unione tra il Comitato esecutivo dei Soviet contadini (socialista rivoluzionario di sinistra) e il Comitato esecutivo dei Soviet degli operai e dei soldati (bolscevico), dando vita a quello che viene conosciuto come Comitato esecutivo centrale panrusso (VCIK).

L’atteggiamento controrivoluzionario della maggioranza si ma­nifestò sin dalla prima seduta, quando essa si rifiutò di discutere la Dichiarazione dei diritti del po­polo lavoratore e sfruttato, cioè dell'atto costituzionale più importante dello Stato sovietico, già promulgato il 3 gennaio dal Cec panrusso dei soviet, che esplicitava gli scopi principali del potere sovietico: l'eliminazione dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo; la rimozione delle cause della divisione in classi della società; l'edificazione di una società socialista. Anzi, l'Assemblea volle addirittura proclamare se stessa quale unica autorità suprema di tutta Russia, non riconoscendo il potere dei soviet dei lavoratori (operai, contadini e soldati).

I bolscevichi e i socialisti rivoluzionari di sinistra chiesero all'Assemblea di ratificare tutti gli atti e i decreti emessi dai Commissari del popolo (bolscevichi) riguardo al decreto sulla terra per la distribuzione delle terre ai contadini, l'apertura immediata di trattative per una pace con i paesi belligeranti, la completa separazione tra Stato e chiesa, l'introduzione del matrimonio civile con uguali diritti per entrambi i coniugi, il libero divorzio, totale parità di diritti della donna rispetto all'uomo, l'introduzione della giornata lavorativa di otto ore, l'abbattimento delle differenze di trattamento fra soldati e ufficiali nell'esercito, le nazionalizzazioni dell'economia e della finanza.

L'area di destra dell'Assemblea (partito cadetto e parte dei menscevichi) e i socialisti rivoluzionari di destra rifiutarono la richiesta, sicché in segno di protesta i bolscevichi abbandonarono l'aula. Era quindi evi­dente che la stessa esistenza dell'Assemblea era in con­traddizione con gli obiettivi e i compiti della rivoluzione socialista.

Fu in quel momento che i socialisti rivoluzionari di sinistra proposero di discutere la risoluzione del governo sovietico riguardante la politica di pace con gli altri paesi europei (Lenin infatti aveva pubblicato i trattati segreti del governo zarista e aveva intenzione di concludere immediatamente la pace con la Germania, oltre che con gli altri paesi europei, senza annessioni né indennità). Solo quando la destra rifiutò di discutere anche questa proposta, perché intenzionata a proseguire la guerra, i socialisti di sinistra si decisero ad abbandonare la sala. L'Assemblea non era neppure disposta ad accettare nuove elezioni per i propri candidati né il diritto del popolo ad eleggere nuovi deputati in qualsiasi momento.

Fu nella notte tra il 6 e il 7 gennaio che il Comitato Esecutivo centrale panrusso (VCIK), il cui presidente era Sverdlov, decretò a maggioranza lo scioglimento dell'Assemblea costituente, e come alternativa ad essa furono convocati, il 10 gennaio, a Pietrogrado, il III Congresso panrusso dei deputati operai e soldati (delegati di 370 soviet e di 116 comitati militari) e, il 13 gennaio, il III Congresso panrusso dei deputati contadini (delegati di 340 soviet provinciali, distrettuali e di 129 comitati militari). Questi due Congressi, unificati, approvarono il pieno scioglimento dell'Assemblea costituente e la Dichiarazione dei diritti dei lavoratori (che costituì il fondamento della prima Costituzione sovietica), nonché la relazione di Lenin sull’attività del governo sovietico e la relazione del presidente Sverdlov, e anche la risoluzione di Stalin sulle istituzioni federative della Repubblica russa.


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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia - Storia contemporanea
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Aggiornamento: 25/01/2015