LA RIVOLUZIONE D'OTTOBRE
dall'esordio al crollo


LA RIVOLTA DI KRONSTADT

Il 28 febbraio 1921 scoppiò in Russia la rivolta controrivoluzionaria di Kronštadt, preparata dagli sforzi congiunti della controrivoluzione interna e degli imperialisti stranieri. A metà maggio del 1919 la flotta inglese del Baltico aveva già iniziato ad appoggiare l’avanzata di uno dei principali leader della controrivoluzione nella Russia nord-occidentale, il generale Nikolaj Judenič, che, dopo aver rotto il fronte della VII Armata Rossa, puntava su Pietrogrado.

La squadra dell’ammiraglio inglese Cohen, formata da 12 incrociatori, 20 torpediniere, 12 sommergibili e da altre navi da guerra e ausiliarie, era penetrata nelle acque territoriali sovietiche.

Il pericolo per la neonata Repubblica sovietica era ancor più grave, perché nei reparti della VII Armata, sulle navi della flotta del Baltico, a Kronstadt e nella stessa Pietrogrado vi erano molte spie straniere e cospiratori.

Mentre infuriavano le battaglie, gli agenti degli imperialisti provocarono rivolte nei forti “Krasnaja gorka” e “Seraja lošad”. Nei quartieri borghesi di Pietrogrado gli ex-possidenti, i capitalisti, migliaia di ufficiali “bianchi” aspettavano soltanto il segnale per scatenare l’insurrezione armata.

Si era in piena guerra civile e, nonostante le vittorie dell’Armata Rossa contro i Bianchi e le truppe di Stati Uniti, Francia e Inghilterra, ancora molto restava da fare, soprattutto nella Russia asiatica.

La disfatta delle armate di Aleksandr V. Kolčak e lo svilupparsi di un forte movimento partigiano, avevano obbligato gli imperialisti stranieri, nell’aprile 1920, a spostarsi verso la Siberia e l’Estremo oriente, dove erano penetrati in Russia anche gli aggressori nipponici.

Alla fine del 1920 le guardie bianche sembravano irrimediabilmente sconfitte, ma con l’aiuto dei giapponesi si riorganizzarono in Mongolia, dove con un’armata di 10.000 soldati al comando del barone Roman N. von Ungern-Sternberg speravano d’invadere il territorio del Bajkal, separando la Repubblica dell’Estremo oriente (uno Stato cuscinetto creato dai bolscevichi per evitare la guerra contro il Giappone) dalla Russia sovietica. Ma l’Armata Rossa e l’Esercito popolare mongolo ebbero la meglio nell’estate del 1921, sicché l’armata bianca del generale Viktorin M. Molchanov, sostenuto dai giapponesi, tentò l’ultima sortita, nel novembre successivo, contro la Repubblica dell’Estremo oriente. In due grandi battaglie, nel febbraio del 1922 (a Volociaevsk) e nell’ottobre successivo (a Spassk), non solo vennero fatti fuori i Bianchi ma anche i giapponesi che li aiutavano, sicché i bolscevichi poterono definitivamente liberare i territori litoranei, concludendo la guerra civile.

Nel bel mezzo di questa guerra civile scoppiò l’insurrezione dei marinai a Kronstadt. I giornali francesi, precedendo gli avvenimenti, avevano dato notizia dell’insurrezione contro il potere sovietico a Kronstadt ben due settimane prima ch’essa iniziasse.

Un ruolo attivo nella preparazione della rivolta l'avevano avuto gli emigrati controrivoluzionari. Infatti nel gennaio 1921 si era tenuta a Parigi una riunione di ex-membri dell’Assemblea costituente con la partecipazione d’inveterati nemici del potere sovietico, come Miljukov, Konovalov, Rodičev, Kerenskij e altri. Nel corso di questa riunione venne creato un “blocco di senza partito” per preparare linsurrezione controrivoluzionaria e venne elaborata la tattica del prossimo attacco.

Agli inizi della rivolta giunsero in Estonia e in Finlandia folti gruppi di Guardie Bianche, assieme al capo dei controrivoluzionari, Černov.

La situazione economica della Russia era in sfacelo. All’inizio del 1921 la produzione della grande industria era cinque volte inferiore rispetto all’inizio della guerra: il numero degli operai era sceso da 2.555.000 nel 1913 a 1.400.000. L’inattività dei grandi stabilimenti e la fame spingevano gli operai nelle campagne.

Erano stati distrutti i settori industriali dei combustibili, della metallurgia, della meccanica. La produzione dei tessuti di cotone era diminuita di 20 volte, di 12 volte quella dello zucchero, di 3,5 volte l’estrazione del sale… La produzione agricola non raggiungeva il 60% di quella anteguerra. I contadini rappresentavano ancora l’80% dei lavoratori del paese, ma erano liberi e proprietari delle loro terre grazie alla rivoluzione. Il numero delle aziende dei kulak (contadini ricchi) era diminuito di tre volte. Circa 2.000.000 di latifondisti e capitalisti agrari erano emigrati all’estero.

Tuttavia i contadini rimasti in patria mal sopportavano i prelevamenti delle eccedenze alimentari a causa della guerra civile: volevano disporre del surplus per scambiarlo con prodotti industriali, anche perché nel 1920 c’era stata una forte carestia.

Di questo malcontento generale approfittarono subito i menscevichi, il partito dei cadetti, i socialisti-rivoluzionari, i capi delle guardie bianche rifugiatisi all’estero. E cominciarono a organizzare delle rivolte in varie parti del Paese, tra cui appunto Kronstadt, la fortezza della marina da guerra vicino a Pietrogrado. Gli anarchici giocarono un ruolo decisivo nel promuovere la rivolta e nel disegnare i tratti del programma dei rivoltosi, ma nel Soviet di Kronstadt essi erano minoritari, poiché la maggioranza era nelle mani dei socialisti rivoluzionari massimalisti e dei menscevichi internazionalisti.

Il carattere non pienamente anarchico della rivolta si legge nei 15 punti del proclama dei rivoltosi, secondo i quali s’intendeva realizzare una forma di governo che, sia pur improntata al trasferimento del potere verso il basso, alla democrazia diretta ed al federalismo, non conteneva alcun riferimento esplicito a forme di socializzazione della produzione e della vita civile, che è un tratto caratteristico di una costruzione pienamente anarchica.

I rivoltosi di Kronstadt, aiutati dalla borghesia russa e straniera, dai menscevichi e dai socialisti-rivoluzionari, non osarono chiedere apertamente l’abbattimento del potere sovietico: essi comprendevano che le masse lavoratrici consideravano i soviet organi veramente popolari e non sarebbero andati contro di loro. Miravano invece a destabilizzare il potere sovietico dall’interno, rivolgendo l’attacco contro la forza dirigente dello Stato sovietico, il partito comunista. La loro parola d’ordine “Il potere ai soviet e non ai partiti!” era stata formulata anch’essa nella riunione di Parigi.

Che Kronštadt fosse nel mirino dei Bianchi è testimoniato anche da un segretissimo Memorandum sulla organizzazione di una rivolta a Kronštadt, frutto dell’attività del Centro Nazionale dell’emigrazione russa con sede a Parigi. E’ in questo Memorandum che la borghesia scalzata dal potere riponeva, per la primavera del 1921, le speranza di un’imminente rivolta dei marinai da sostenere con tutti i mezzi, affinché si estendesse a Pietrogrado e a tutta la Russia, ponendo fine al potere bolscevico.

Sembra che i marinai di Kronštadt non fossero in collegamento con l’emigrazione russa e tanto meno con i Bianchi, almeno non prima della rivolta, ma è certo che il maggior esponente del Comitato Rivoluzionario Provvisorio, il sottufficiale S. M. Petrichenko, ucraino, oltre a fuggire in Finlandia all’ultimo minuto, lasciando soli gli insorti, in seguito pensò che un rivoluzionario vero come lui era perfetto per arruolarsi come volontario tra le Armate Bianche del Generale Wrangel. (Successivamente verrà assunto dalla GPU di Stalin e sarà uno dei suoi agenti fino al 1944, quando fu arrestato dalle autorità della Finlandia. L’anno dopo morì in un campo di concentramento finlandese).

Wrangel, dopo la sconfitta di Crimea del novembre 1920, era fuggito in Turchia con svariate migliaia di combattenti bianchi, esperti veterani della guerra civile, e da lì a poco avrebbe fondato l'Unione Militare di tutte le Russie, un'organizzazione finanziata da Francia e Gran Bretagna, che aveva l'obiettivo esplicito di infiltrarsi in Unione Sovietica per riavviare la guerra civile.

Se, approfittando della confusione susseguente alla rivolta, un corpo di spedizione bianco fosse riuscito a creare una testa di ponte a Kronstadt, collegandosi con le sacche di resistenza bianche ancora in piedi, allora la guerra civile sarebbe durata ancora molto a lungo, con ulteriori grandi sofferenze per la popolazione civile in tutto il Paese.

L’ex primo ministro zarista e ministro delle finanze e, una volta emigrato, direttore della Banca di Russia a Parigi, Kokovzev, trasferì 225.000 franchi ai ribelli di Kronstadt. La banca russoasiatica trasferì 200.000 franchi. Il primo ministro francese, Briand, durante l’incontro con l’ex ambasciatore del governo Kerensky, Malachov, promise “qualunque aiuto che fosse necessario a Kronstadt”.

I controrivoluzionari miravano ad attirare dalla loro parte molti marinai di Kronstadt, compresi gli equipaggi delle navi “Petropavlovsk” e “Sebastopoli”. La flotta del Baltico contava allora oltre 100 mila uomini di equipaggio e 690 navi da combattimento e ausiliarie.

In questo periodo la composizione sociale della flotta del Baltico era mutata. La massa principale degli operai era formata da ex-contadini e in molti di essi si rifletteva il malcontento per la politica del comunismo di guerra. Numerosi marinai di Kronstadt raccontarono di essersi uniti alla rivolta perché scandalizzati dalle condizioni di miseria assoluta in cui versavano le loro famiglie e le loro città, quando tornavano a casa per periodi di licenza.

L’organizzazione bolscevica di Kronstadt era comunque debole, le sue forze migliori erano cadute nelle battaglie della rivoluzione: non dimentichiamo che il soviet di Kronstadt era stato rappresentato da I. P. Flerovskij presso il Comitato Centrale che preparò l’insurrezione armata dei bolscevichi contro il Palazzo d’Inverno nell’Ottobre 1917. La maggioranza dei marinai era stata pronta a sostenere decisamente gli operai della capitale. Ora invece fra i marinai vi erano molti socialrivoluzionari e menscevichi, che svolgevano attività sovversiva.

Appena iniziata la ribellione, i rivoltosi elessero un “Comitato rivoluzionario” presieduto dal socialrivoluzionario di sinistra Petričenko, ma chi comandava di fatto a Kronstadt era il responsabile dell’artiglieria, lex-generale zarista Kozlovskij. Kronštadt chiedeva liberi soviet, libertà di parola e di stampa per i rivoluzionari di tutti i colori, libertà per i contadini sulle loro terre come per gli artigiani senza salariati, rilascio dei prigionieri politici socialisti, riduzione drastica del potere della Čeka, fine degli sbarramenti, delle razioni per gli operai e fine del “terribile” taylorismo. Senza concedere nulla ai liberi Soviet senza partiti, i bolscevichi tolsero gli sbarramenti a Pietrogrado e aumentarono le razioni per gli operai, ma Kronštadt le prese per elemosina e dichiarò guerra al governo.

Se si leggono le loro “Izvestija”, quello che colpisce non sono le loro modestissime richieste, lamentele e proteste, ma la pressoché assoluta mancanza di comprensione per le attenuanti che avrebbero dovuto riconoscere ai bolscevichi. Tutto il male della Russia viene scaricato sul partito bolscevico, praticamente senza alcun accenno alle Armate Bianche e agli eserciti dell’Intesa che l’avevano invasa per schiacciare la rivoluzione.

La rivolta di Kronstadt e altre azioni controrivoluzionarie generarono titubanze tra gli elementi instabili del partito. Trotzki, ad esempio, profetizzò la fine del potere sovietico, dichiarando che “il cuculo ha già cantato”, anche se poi ammise, in forma autocritica, che se la NEP fosse stata introdotta qualche mese prima e le requisizioni alimentari fossero terminate prima, forse la rivolta di Kronstadt non vi sarebbe stata.

Il governo sovietico voleva evitare uno spargimento di sangue e invitò a Kronstadt il presidente del Comitato Esecutivo Centrale, Kalinin. Il 1° marzo egli parlò a un comizio convocato sulla piazza della nave Ancora e cercò di spiegare ai marinai che erano stati ingannati. Ma i marinai, fuorviati dalla propaganda ostile, non ascoltarono l’appello del governo sovietico e del partito comunista.

A dir il vero all'interno di Kronstadt dominavano scontri tra i vecchi marinai rivoluzionari e le nuove reclute che venivano dalla campagna e dalle famiglie piccolo borghesi: lo conferma il fatto che alcune navi dichiararono la loro neutralità, mentre altre si mossero contro i ribelli. Non solo, ma parecchi marinai ribelli e soldati, che volevano passare dalla parte dei bolscevichi, non lo fecero per paura dei loro comandanti.

Da notare che il vero comando dei ribelli era concentrato non nel soviet di Kronstadt, ma nel cosiddetto “Consiglio per la difesa della fortezza di Kronstadt”. Uno dei suoi leader era l’ammiraglio S. H. Dmitriev (che fu ucciso per esecuzione dopo la caduta della fortezza); l’altro era il generale A. H. Koslowsky, che scappò in Finlandia. Entrambi questi alti ufficiali erano molto lontani dall’avere una qualche simpatia per il socialismo “con i bolscevichi” o “senza bolscevichi”.

Il governo sovietico ad un certo punto ordinò all’Armata Rossa di liquidare il movimento controrivoluzionario di Kronstadt. All’assalto della fortezza parteciparono i reparti dell’Armata Rossa al comando di M. Tukhacevskij e 300 delegati del X congresso del partito, diretti da Vorošilov.

Ben presto fu evidente che gli organizzatori della rivolta non avevano una solida base: i marinai a poco a poco capirono che erano stati ingannati dai controrivoluzionari e cominciarono a passare dalla parte del potere sovietico. Durante l’attacco i lavoratori della città si mossero contro i ribelli e liberarono la città anche prima che le forza principali dell’Armata Rossa arrivassero. Quindi in realtà quel che successe non fu una ribellione dei lavoratori e dei marinai contro il bolscevismo, ma un’insurrezione dei lavoratori e dei marinai contro i “ribelli”!

Il 16 marzo l’Armata Rossa conquistò d’assalto i forti di Kronstadt e il 18 s’impossessò dell’intera fortezza e della città. Per domare Kronštadt i bolscevichi furono costretti a muoversi sul ghiaccio del golfo di Finlandia, tra bombe e spari che lo aprivano inghiottendosene parecchi. Per conquistarla, tra morti e feriti, caddero circa 10.000 rossi, compresi una quindicina di delegati del X Congresso. Dalla parte degli insorti morirono 600 persone, oltre un migliaio furono i feriti, e circa 2500 i prigionieri massacrati poi in massa, tre mesi dopo, a tragedia finita, nelle prigioni di Pietrogrado (anche quelli che fin da subito si arresero all'Armata Rossa).

La rivolta comunque affrettò la decisione di passare a una Nuova Politica Economica, di cui Lenin fu il principale artefice.

Fonti

Questo testo si è avvalso di due contributi fondamentali, di Lorenzo Mortara e di Riccardo Achilli, apparsi qui:


Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia - Storia contemporanea
 - Stampa pagina
Aggiornamento: 20/11/2012