STORIA LOCALE DELLA ROMAGNA
Ravenna - Forlì-Cesena - Rimini


L'ECCIDIO DI CESENA

Giovanni Acuto

Roberto di Ginevra (antipapa Clemente VII)

Il noto avvocato cesenate Andrea Sirotti Gaudenzi ha dato alle stampe un fondamentale contributo di storia locale, intitolato L'eccidio di Cesena (ed. Invictus, Cesena 2013), il cui sottotitolo è stato sicuramente messo a scopi editoriali: "La più grande strage del Medioevo", ma se si fossero aggiunte le parole: "compiuta in Romagna", non si sarebbe andati molto lontani dalla verità.

Pur con qualche variante autobiografica, il testo è monografico, zeppo di citazioni, per cui è venuto a colmare una lacuna poco spiegabile nella storiografia locale, limitatasi, fino ad ora, a trattare l'argomento in articoli di riviste o in opere più generali dedicate alla storia della città.

Sul tragico evento è impossibile fare piena luce, non solo perché avvenuto nel lontano 1377, ma anche perché le fonti a disposizione sono tra loro molto discordanti, come peraltro spesso succede in un paese come il nostro, dove, già dal Mille, il clero aveva dovuto ripartire il monopolio della cultura con una nuova classe sociale: la borghesia, le cui idee apparivano di gran lunga più progressive. Sicché è del tutto naturale trovare fonti che minimizzano e altre che esagerano. Sirotti Gaudenzi, tuttavia, ha cercato anzitutto di focalizzare l'attenzione sulla gravità eccezionale del fatto in sé, limitandosi, per quanto riguarda le fonti, a tracciare i debiti paralleli, lasciando facoltà al lettore di farsi un'opinione personale.

I personaggi principali non sono tantissimi, ma la vicenda va collocata in un contesto di più ampio respiro. Si era infatti alla fine della cosiddetta "cattività avignonese" (1305-77), con cui il re francese Filippo IV il Bello aveva posto fine alla teocrazia pontificia in Europa, inaugurando quel cesaropapismo (in quei settant'anni tutti i papi saranno francesi) cui invano avevano aspirato gli imperatori tedeschi.

Praticamente l'eccidio venne a coincidere con la fine della cattività, e non si può escludere che alla decisione pontificia di riportare la sede a Roma abbia contribuito anche la necessità d'impedire che i cardinali legati, inviati da Avignone per ripristinare l'autorità del papa nello Stato della chiesa e nelle città che non lo riconoscevano, compissero imperdonabili abusi. In effetti, se in Francia il papato non aveva potuto spadroneggiare come ai tempi di Innocenzo III e Bonifacio VIII, in un'Italia divisa in tante Signorie la cosa sembrava ancora abbastanza facile, nonostante che alcune di queste, con a capo Firenze, avessero pensato di unirsi proprio in funzione antiteocratica, dando vita alla cosiddetta "guerra degli otto santi": così infatti vennero chiamati gli otto magistrati fiorentini scomunicati da papa Gregorio XI.

Firenze trovò alleate Milano, Siena, Pisa, Lucca, Perugia, Bologna, Ascoli..., ma non Cesena. Forse perché era la più clericale? No, al contrario. Cesena era stata una città ghibellina sin dai tempi di Federico Barbarossa, e praticamente lo era rimasta sino al 1357, quando i pontifici di Egidio Albornoz ebbero la meglio su Cia degli Ubaldini, moglie del ghibellino forlivese Francesco II Ordelaffi, la quale era venuta a difendere il castello di Cesena. E come non ricordare fra Michele da Cesena, ministro generale dei francescani che, insieme a Marsilio da Padova e Guglielmo di Occam, si oppose strenuamente al papato avignonese?

A partire dal 1357 il guelfo gonfaloniere Galeotto Malatesta di Rimini, ansioso di ottenere una definitiva e prestigiosa investitura da parte del papa, aveva preso a governare la città, pur senza scontentarne gli abitanti.

I fatti però presero una piega molto particolare quando i bolognesi, nel 1376, cacciarono il cardinale di Bologna, Guglielmo di Noellet, suscitando l'immediata reazione di Gregorio XI, che affidò al cardinale Roberto di Ginevra un esercito di mercenari stranieri (bretoni e inglesi) per assediare la città, che però si difese così bene da indurre la soldataglia a svernare in Romagna.

La prima città che saccheggiarono orrendamente fu Faenza (4000 morti), poi, a novembre del 1376 il cardinale Roberto pensò bene di chiedere ospitalità a Cesena, visto ch'essa non aveva aderito alla lega antipontificia ed era economicamente florida.

I militari ovviamente se ne stavano fuori dalle mura e venivano regolarmente rifocillati dai cesenati. Stando ad alcune fonti, probabilmente l'esercito era composto da 4000 cavalieri e 6000 fanti: un numero considerevole, ma si deve pensare che il loro obiettivo principale era la conquista di Firenze.

Tuttavia a Cesena arrivarono solo i bretoni, comandati dal capitano di ventura Jean de Malestroit; gli inglesi, capeggiati da John Hawkwood (Giovanni Acuto) e da Alberico da Barbiano, erano rimasti a Faenza. Stranamente Galeotto Malatesta, appena vide l'arrivo del cardinale, lasciò la città e si diresse a Rimini, forse perché mal sopportava la presenza arrogante dei bretoni.

Quest'ultimi, col passare dei mesi, cominciarono a vessare i contadini dell'entroterra, finché, ad un certo punto, pretesero di entrare in città. All'inizio si lamentavano di non poter comprare i generi alimentari a un prezzo di molto inferiore a quello di mercato, poi iniziarono a requisirli senza pagarli affatto. La cosa andò avanti sino al 1 febbraio 1377, quando la popolazione reagì bruscamente, eliminando un centinaio di bretoni (alcune fonti parlano anche di 800) e obbligando gli altri a rifugiarsi nella murata che vent'anni prima aveva cercato di difendere Cia degli Ordelaffi.

Il cardinale rassicurò le autorità che non ci sarebbero state ritorsioni, ma in gran segreto mandò a chiamare le truppe inglesi dell'Acuto, che, il 3 febbraio, riuscirono a entrare da una delle porte della città.

A quel tempo Cesena, all'interno delle mura, aveva circa 8000 abitanti. In meno di una settimana non esisteva più nessuno: le fonti infatti parlano di 5000 morti (nessuna meno di 2000), mentre i restanti fuggirono o a Rimini o a Cervia. Si dovette praticamente ricostruire tutto, tanto che di quel periodo sono rimaste pochissime tracce.

Un grave errore di valutazione fu fatto dai nobili cesenati, i quali, sperando in un immediato ritorno in città di Galeotto Malatesta, rifiutarono l'offerta di aiuto militare da parte degli ordelaffiani di Forlì e dei dapolentani di Ravenna.

In seguito a quell'eccidio il papato, tornato a Roma, consegnerà la città a Galeotto Malatesta (4 giugno 1378), che si darà molto da fare per riedificarla e ripopolarla.

Giovanni Acuto si mise, subito dopo, a difendere Firenze contro il papato e, grazie alla sua abilità militare, essa, finché lui rimarrà in vita (1394), non verrà mai conquistata dai pontifici (fu sepolto con grandi onori in Duomo). Nel 1381 il re inglese Riccardo II lo nominò dapprima baronetto e poi ambasciatore presso la Santa Sede, e quando chiese la salma del condottiero inglese, i fiorentini gliela concessero.

Jean de Malestroit rimase invece fedele a Roberto di Ginevra, il quale, opponendosi come antipapa francese al papa italiano Urbano VI, diede vita al grande scisma d'Occidente (1378-1417), cui seguì il piccolo scisma del 1431-49, coi quali i concili di Costanza e Basilea cercarono inutilmente di far valere le tesi conciliariste su quelle papiste, finché poi si arriverà alla traumatica rottura della riforma protestante.

Insomma, le Signorie italiane s'erano illuse che il papato sarebbe rimasto sempre ad Avignone o che, nel caso in cui fosse tornato, avrebbe rinunciato (dopo quella schiavitù dorata) a esercitare funzioni politiche esplicite o esplicitamente aggressive su tutta la penisola, e anche quando si convinsero ch'esso non aveva intenzione di cedere proprio nulla del proprio glorioso passato, non furono all'altezza di coordinare in maniera strategica le loro forze armate. Quanto alla Francia, essa era del tutto presa a fronteggiare una devastante guerra contro gli inglesi per poter impedire lo svolgimento di questi avvenimenti. Anzi, s'era sfruttata la sua debolezza militare, molto visibile all'inizio della guerra dei Cent'anni, per trasferire la sede pontificia a Roma.


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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia
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Aggiornamento: 23/12/2013