STORIA DEL MEDIOEVO
Feudalesimo e Cristianesimo medievale


FINE DELL'IMPERO ROMANO D'OCCIDENTE

Fine dell'impero romano d'occidente (clicca per ingrandire)

Il crollo dell’impero romano d’occidente solo formalmente si fa risalire al 476, allorché Odoacre, capo tribù degli Sciri, divenne re dei Germani in Italia, deponendo l’ultimo imperatore romano dell’area occidentale dell’impero.

Quest’area s’era condannata da sé all’inevitabile sconfitta nei confronti delle tribù barbare, sia a motivo delle fortissime contraddizioni interne, causate da uno sviluppo forsennato dello schiavismo e del conseguente autoritarismo politico-militare e fiscalismo statale, sia a motivo del fatto che non aveva mai accettato l’esautoramento progressivo della propria influenza a partire dal trasferimento della capitale politica e religiosa a Bisanzio.

L’ultimo periodo dell’impero romano è, nell’area occidentale, particolarmente disastroso, proprio perché le classi egemoni non volevano saperne di sottostare a un imperatore di ideologia cristiana, che doveva in un certo senso convivere, quasi alla pari, con un nuovo potere che, seppur privo di organi politico-istituzionali, risultava comunque molto forte sul piano etico, sociale e culturale: il potere della chiesa cristiana, che non accettava più di buon grado, come il paganesimo, i meccanismi schiavili dello sfruttamento padronale.

Prima di diventare marionette di varie tribù barbariche, gli imperatori romani d’occidente lo erano diventati delle potenti oligarchie della capitale, che non volevano farsi dominare da nessuno. Furono queste stesse oligarchie a ostacolare i tentativi di Bisanzio di difendere l’Italia dalle pressioni e ad un certo punto dalle invasioni delle tribù barbariche.

Ecco perché l’imperatore d’oriente Zenone preferì scendere a patti con una di queste tribù, gli Ostrogoti, permettendo loro nel 493 di occupare l’Italia in qualità di "federati", cioè in nome della stessa Bisanzio: il loro capo infatti, Teodorico, vi entrava col titolo di "patrizio" e di comandante delle forze armate imperiali.

Quando Bisanzio, con Giustiniano, si sentì in grado di riconquistare l’Italia, nel 553, gli Ostrogoti dovettero arrendersi.

Ma la vittoria bizantina non incontrò i favori sperati nella penisola italica, che infatti, restando divisa, non riuscì a impedire ai Longobardi, nel 568, di occuparla nella parte centro-settentrionale e, coi ducati di Spoleto e Benevento, anche in quella meridionale.

Nonostante la durezza della conquista e l’esproprio di tante terre, l’Italia continuava a restare divisa e la chiesa romana non faceva nulla per ricompattare le fila permettendo ai bizantini di cacciare anche i Longobardi. Anzi, la chiesa romana si trovò addirittura alleata con quest'ultimi nel permettere l’occupazione dell’Esarcato di Ravenna, il più importante avamposto bizantino nell’Italia centrale.

Era talmente forte l’odio che la curia pontificia provava per il basileus e per la sede ecclesiastica di Costantinopoli (a motivo del fatto che le si impediva di acquisire un potere politico alternativo a quello imperiale, con cui poter spadroneggiare impunemente in Italia), che i papi decisero addirittura di affidarsi ai Franchi di Carlo Magno per cacciare i Longobardi, che nei loro due secoli di dominio non si erano mai piegati alla volontà egemonica del papato, neppure quando avevano deciso di passare dall’arianesimo al cattolicesimo.

E così Carlo Magno, dopo averli sconfitti nel 774, si fece incoronare dal papa, nell’800, a insaputa del basileus, col titolo illegittimo di “imperatore del sacro romano impero”. La rottura politica con Bisanzio s’era compiuta. Quella ideologica era già avvenuta con l’introduzione del Filioque nel Credo e quella ecclesiastica avverrà nel 1054.

Il pieno trionfo del feudalesimo in Italia avvenne soltanto dopo la conquista franca e nel Meridione con l’invasione normanna.


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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia - Storia medievale
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Aggiornamento: 01/05/2015