STORIA DEL MEDIOEVO
Feudalesimo e Cristianesimo medievale


IL MILLE NEI MANUALI SCOLASTICI

Borghesi di epoca medievale

I manuali scolastici di storia medievale presentano sempre il Mille come uno spartiacque tra alto e basso Medioevo, come un'improvvisa rinascita dei Comuni, dello sviluppo economico, demografico e persino tecnologico, in quanto si passa all'aratro pesante, alla ferratura degli zoccoli, al collare di spalla, alla rotazione triennale, ai mulini ecc.

Si guarda il passato con gli occhi del presente. Si dice che fu una "rinascita generale", quando invece fu soprattutto una "rinascita borghese", che permise sì a molti contadini di emanciparsi dal servaggio, ma solo per entrare nella schiavitù salariata della manodopera a contratto.

Sembra essere un'epoca di felicità, quando in realtà, nello stesso periodo, si forma quella nefasta riforma ecclesiastica di Gregorio VII che porterà alla teocrazia pontificia, nascono i primi movimenti ereticali pauperistici contro la chiesa corrotta e la borghesia amorale e avida di lavoro altrui, e poi s'inaugurano quelle sanguinosissime crociate anti-islamiche e anti-bizantine.

Pur in presenza della "democrazia comunale", si assiste a un imbarbarimento dei costumi, dei valori, dei rapporti umani. La povertà non è più vista come un male endemico, inevitabile, cui bisogna provvedere con la carità, ma come un "peccato" del fannullone, del parassita, un "vizio" di chi vuole campare sulle spalle altrui. Inevitabilmente i conflitti sociali si acuiscono, non solo tra città e campagna, ma anche tra il primo proletariato urbano e i ceti imprenditoriali.

Tuttavia i manuali non vogliono vedere gli aspetti negativi di questo periodo, proprio perché in fondo siamo tutti figli del Mille; preferiscono sottolineare gli aspetti che più somigliano al nostro stile di vita, considerando tutto il resto come una sorta di incidente di percorso. Quando si arriva al capitolo dedicato al Mille è come se, dopo aver attraversato una lunga galleria buia, si giungesse improvvisamente all'aperto, accecati da un sole che illumina e riscalda tutto l'ambiente.

Questo modo di fare storiografia medievale è semplicemente mitologico. Anzitutto perché non si spiega come sia potuto avvenire che dall'autoconsumo si sia passati al mercato, ovvero dal primato della campagna sulla città a quello della città sulla campagna. Da dove venga fuori la figura del borghese in una società composta prevalentemente di contadini, non è dato sapere. Il borghese è un individualista, uno che s'arricchisce per conto proprio, gabbando gli ingenui, mentendo sistematicamente, fingendo di rispettare i contratti firmati, un soggetto che non si fa scrupolo di ricorrere a tutti i mezzi per i raggiungere i propri obiettivi.

Com'è potuto venir fuori un elemento del genere dal collettivismo delle antiche comunità di villaggio? Da quale feudo poteva mai emergere una persona così anomala rispetto agli standard conosciuti? Poteva venir fuori dall'aristocrazia, abituata a vivere di rendita? Essere mercante significava, almeno all'inizio, rischiare di perdere tutto, accettare viaggi molto lunghi e faticosi, carichi di insidie e pericoli d'ogni genere. Gli aristocratici disprezzavano l'attività mercantile. Si sentivano "signori di nascita", "nobili di sangue", abituati a essere mantenuti, a non dover lavorare. Al massimo svolgevano lavori politici, amministrativi, giudiziari o diplomatici, oppure praticavano l'arte militare, in cui eccellevano.

I cadetti, cioè quelli che non ereditavano i patrimoni dei padri, potevano comunque ambire a cariche prestigiose (laiche o ecclesiastiche), che li avrebbero messi al riparo da necessità economiche. Nel peggiore dei casi diventavano soldati mercenari al servizio di qualche signore o andavano a combattere nelle crociate. Sarebbe stato difficile, anche se non impossibile, che un cadetto diventasse borghese: semmai ai borghesi prestavano protezione, oppure li rapinavano.

Neppure dal clero poteva venir fuori il borghese, poiché il clero era come intruppato militarmente e molto vicino, come stile di vita, a quello aristocratico. I rapporti gerarchici impedivano una piena libertà di movimento, di cui invece il borghese, per arricchirsi, aveva assolutamente bisogno.

Il borghese non può venir fuori neppure dal semplice contadino, abituato a obbedire al suo signore e al prelato della sua parrocchia o della sua diocesi. Il contadino inoltre era troppo vincolato alla sua terra, alla sua famiglia, al suo parentado per potersene andare, ed era troppo ignorante e sprovveduto per avventurarsi in terre lontane, straniere, sconosciute, per fare fortuna.

Il borghese invece era un uomo di buona cultura, di molte conoscenze concrete, capace di diplomazia e sicuramente poliglotta... un vero "uomo di mondo", capace di valutare le cose sul piano materiale, economico, capace di tenere la contabilità delle sue finanze.

Un soggetto del genere non poteva arricchirsi restando entro il perimetro del feudo ma neppure allontanandosene solo un po': la sua patria era il mondo e accettava i rapporti di dipendenza personale solo quel tanto che gli bastava per fare affari.

Di sicuro non poteva nascere in un contesto in cui l'autoconsumo, il valore d'uso, i rapporti collettivistici la facevano da padroni. Doveva per forza esserci qualcuno disposto a comprare le sue costose merci, proveniente da mondi di cui si favoleggiavano i lussi e le ricchezze.

Il borghese non può essere nato neppure dall'artigiano, poiché la separazione dell'artigianato dall'agricoltura è soltanto una conseguenza dello sviluppo dei rapporti mercantili. Quando il contadino smette di fare l'artigiano di se stesso e inizia a diventarlo per gli altri, la città esisteva già, ed è infatti qui che va a vivere. Ma si tratta sempre di una minoranza insignificante rispetto alla totalità degli agricoltori. Certo, anche nell'alto Medioevo poteva esistere un fabbro che non fosse contadino, ma le competenze che aveva erano relative soltanto al suo mestiere. Un borghese invece doveva avere conoscenze su tutti i mestieri da cui potesse ricavare un guadagno.

Neppure dall'usuraio può essere nato il borghese, poiché là dove domina l'autoconsumo e quindi un livello di vita basato sulla semplice sussistenza, l'usura non ha senso o comunque durerebbe molto poco. In genere l'usuraio è un borghese invecchiato, che s'è ritirato a vita privata, che ha smesso di fare affari in maniera produttiva e vuole farli solo in maniera finanziaria. L'usura non fa mai sviluppare un'economia mercantile, ma semmai la manda in rovina, tant'è che contro questa piaga nel Medioevo inventarono prima i Monti di pietà e poi le Banche.

La figura del borghese non poteva essere che una figura esterna alla società feudale, una persona dotata di molta intelligenza, di buona cultura, di fiuto per gli affari, di senso del rischio, di spregiudicatezza nel modo di gestire i valori umani. Una figura del genere nel Medioevo è rintracciabile solo tra gli ebrei, cioè tra coloro che la comunità di villaggio teneva ai margini a causa della loro religione e dei pregiudizi che su di loro coltivava la chiesa romana.

Un individuo che si vede interdette molte mansioni pubbliche di prestigio o comunque lucrative, per motivi meramente ideologici, che cosa deve fare per riscattarsi socialmente? Certo, molti ebrei vivevano di artigianato, molti svolgevano professioni private in campo medico; alcuni, essendo straordinariamente colti, svolgevano mansioni qualificate presso le corti europee. Ma non è da escludere che qualcuno abbia voluto intraprendere lunghi viaggi in oriente per portare in Europa delle cose che potevano solleticare l'interesse dell'aristocrazia: p.es. le spezie, le pellicce, le pietre preziose, i cristalli, i tessuti o i tappeti pregiati ecc.

Gli ebrei facevano tutti i mestieri considerati con disprezzo dai cristiani: non solo cambiamonete, prestasoldi, ma anche commercianti di schiavi. L'usura la praticavano perché per loro non era proibito prestare denaro dietro un interesse a un non ebreo. I cristiani invece non potevano "vendere il tempo", che per loro era di dio.

Inizialmente il commercio degli ebrei poteva essere solo quello sulle lunghe distanze e con una periodicità annuale: un commercio di lusso, rivolto esclusivamente alle classi agiate. Solo col tempo, quando questa attività mercantile fu intrapresa anche dai cattolici, essa si diffuse molto rapidamente, facendo in modo che la frequenza ai mercati diventasse semestrale, mensile, settimanale, giornaliera, con la partecipazione di larghe masse, desiderose di avere le stesse cose (o quasi) dei nobili, a prezzi molto più contenuti.

Erano stati gli ebrei a insegnare ai cattolici il modo come diventare "borghesi", con la differenza che mentre per gli ebrei era normale raggirare chi professava una religione diversa dalla loro, i mercanti cattolici invece dovevano elaborare una cultura che permettesse loro di considerare come un "estraneo" il loro stesso compagno di fede. A tale scopo il contributo della chiesa romana sarà notevole, e ancor più, in maniera decisiva e irreversibile, quello della chiesa protestante.

Bisognava far diventare lecita un'attività notoriamente ritenuta truffaldina (infatti nessuno poteva sapere quanto l'ebreo avesse pagato in origine la propria merce). Per questa ragione occorreva una cultura superiore a quella ebraica: l'unica a disposizione in quel momento era la religione cristiana, che riuscì a trovare nella variante cattolico-romana l'occasione per dare una svolta ai rapporti sociali e ai valori umani.

Bisognava far diventare il borghese una persona onesta, rispettabile, la cui attività, di per sé, non apparisse in contrasto coi principi del cristianesimo. Di questo compito s'incaricherà la teologia Scolastica.


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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia - Storia medievale
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Aggiornamento: 01/05/2015