LA GUERRA CONTADINA IN GERMANIA (1524-25)

TRA RIFORMA LUTERANA E INTERPRETAZIONE MARXISTA


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Rivoluzione possibile nella Germania della guerra contadina

Contadini insorti. Incisione di un frontespizio del manifesto dei Dodici articoli
Contadini insorti. Incisione di un frontespizio del manifesto dei Dodici articoli

Nei primi decenni del sec. XVI il movimento insurrezionale delle città tedesche (soprattutto sud-occidentali) collaborava fattivamente con quello antifeudale della campagna, al punto che all'ordine del giorno vi era l'obiettivo di abbattere gli Stati feudali e di costituire un'unica nazione, i cui poteri sarebbero stati democraticamente divisi tra contadini e plebei (i ceti urbani più poveri).

Queste ovviamente erano le posizioni più radicali, poiché i ceti mercantili e artigiani si limitavano a chiedere maggiore equità (soprattutto fiscale) e democrazia politica all'interno delle singole città.

Diciamo che mentre nell'area meridionale della Germania il movimento insurrezionale aveva più un carattere rurale, man mano che si diffondeva lungo il medio e basso Reno assumeva un carattere sempre più urbano e quindi borghese, al punto che oggi gli storici preferiscono parlare, in luogo di "guerra contadina", di "rivoluzione dell'uomo comune", mescolando così arbitrariamente le rivendicazioni radicali dei ceti più oppressi con quelle moderate dei ceti benestanti.

La questione dell'unificazione nazionale in Germania non era di poco conto, poiché se è vero che fin quando domina il regime feudale essa ha un'importanza alquanto relativa, essendo l'economia basata sull'autoconsumo, viceversa in una società in cui tendono ad affermarsi i rapporti mercantili, ad un certo punto le strade diventano due: o si forma un unico mercato interno, oppure ci vuole una svolta politica reazionaria, che arresti lo sviluppo economico e che anzi riporti indietro l'orologio della storia.

La storiografia marxista qui non ha dubbi nel sostenere le difese della borghesia e quindi dell'unificazione nazionale, dando per scontato che questa fosse comunque l'unica alternativa praticabile di fronte allo sfacelo dei rapporti tardo-feudali. Non a caso detta storiografia si preoccupa di esaltare solo quelle rivendicazioni rurali che avevano nel loro programma anche questo fondamentale obiettivo "borghese".

Infatti, finché non nasce la moderna industria non può neppure nascere il moderno proletariato. E in ogni caso nella Germania del XVI sec. gli elementi "progressisti" della borghesia erano quelli che appoggiavano le battaglie antifeudali per l'unificazione nazionale, fossero esse condotte in città o nelle campagne.

Questi elementi erano una minoranza, in quanto - come vedremo - la maggioranza si limitò a una lotta radicale contro i privilegi del clero, fino alla rottura definitiva con le istituzioni del cattolicesimo romano. In questa maggioranza va visto anche il ceto dei cavalieri, che per il resto invece si proponeva quale baluardo degli interessi dell'impero, seppur frammentato in tanti lander. Detti cavalieri (la piccola nobiltà) si ribellarono ai grandi feudatari laici e ecclesiastici negli anni 1521-23.


Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia - Moderna
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