L'OTTOCENTO ITALIANO ED EUROPEO
DAL CONGRESSO DI VIENNA
ALLA VIGILIA DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE


LE RADICI DEL COMUNISMO IN ROMAGNA

di Davide Spagnoli

L’Emilia-Romagna, come è noto, è la regione “rossa” per eccellenza, tanto che lo stesso Togliatti ne ha analizzato la sua importanza politica nella vita nazionale in numerosi scritti e discorsi.

Certo l’influenza della Resistenza, che qui ha avuto un vero carattere di massa, ha lasciato il segno ma la lotta contro il nazifascismo ha potuto contare su un tessuto sociale già orientato a sinistra. Può quindi essere interessante risalire alle radici del nostro sentire comune.

Pochi sanno che il cuore rosso della nostra regione nasce in Romagna, e gli artefici di questo parto sono l’imolese Andrea Costa e le masse dei braccianti romagnoli della fine del XIX secolo che, insieme, danno vita al Partito Socialista Rivoluzionario di Romagna.

Andrea Costa

Nel 1879 Andrea Costa esce dalle carceri francesi e ripara a Lugano, e fa pubblicare sull’organo della Federazione Alta Italia dell’Associazione Internazionale dei Lavoratori, La Plebe, la lettera intitolata Ai miei amici di Romagna dove Costa indica la necessità di una svolta tattica del socialismo, che deve passare dalla «propaganda per mezzo dei fatti» - che ha prodotto da un lato l'incarcerazione e l'esilio di molti compagni, e dall'altro la perdita di contatto con le quotidiane esigenze proletarie – a un lento lavoro di diffusione dei principi, senza rinnegare il passato.

Secondo Costa, l’insurrezione è lo sbocco inevitabile visto che la borghesia non rinuncerà mai spontaneamente al proprio dominio. Ma tra rivoluzione e colpo di mano improvvisato corre una profonda linea di demarcazione. È necessario prepararsi allo scontro coinvolgendo sia il popolo, sia quegli strati non proletari (giovani, intellettuali, donne) che al popolo sono assimilabili tanto per idealità che per condizioni oggettive di vita.

Anche se può sembrare strano, Costa non frequenta gli scritti di Marx ed Engels – il Manifesto sarà tradotto in italiano solo nel 1889 - , ma ha contatti diretti con l’altra gamba su cui nasce e si sviluppa l’idea comunista a partire dal 1830: i comunisti francesi.

Secondo Costa è necessario costruire un Partito socialista rivoluzionario, che porti alla costruzione di una nuova società che, invece di opprimere gli uomini con il lavoro, li liberi dai bisogni.

"...Camminando, camminando avanti giungiamo a concepire uno stato sociale in cui gli uomini, producendo più assai di quel che loro abbisogni, possano consumare quanto loro fa d'uopo senza nuocersi a vicenda; in cui i lavori più grossolani e penosi essendo eseguiti dalle macchine, l'uomo non agisca se non come forza direttrice; in cui le leggi della produzione e della consumazione essendo statisticamente constatate e rese accessibili a tutti, ciascuno vi si uniformi come si uniforma oggi alle leggi di gravità, ove non voglia cadere. Questo è lo stato di cose che noi vagheggiamo; o per meglio dire questo è lo stato di cose verso il quale le condizioni attuali inevitabilmente ci spingono."

Ma perché proprio un PSR? È lo stesso Costa che ce lo spiega: "Essendo [...] socialisti e rivoluzionari e il nostro oggetto comune essendo la Rivoluzione sociale, il nome che meglio di ogni altro conviene al nostro Partito, che riassume meglio di ogni altro le nostre idee e la nostra condotta generale ed è un vincolo di unione fra noi e tutti i socialisti è questo: PARTITO SOCIALISTA RIVOLUZIONARIO".

Il ragionamento di Costa fa breccia tra i braccianti della Romagna, che una ristrutturazione capitalista dell’agricoltura ne fa ingrossare ogni giorno le fila.

Il 24 luglio 1881, un congresso clandestino, a cui partecipano 38 delegati di cui uno proveniente dalle Marche, tenuto a Rimini sancisce la nascita del Partito Socialista Rivoluzionario di Romagna.

"Se il nostro fine, se l'oggetto che ci sentiamo capaci di compiere noi stessi, è appunto l'atterramento di questi ostacoli per mezzo della rivoluzione sociale [...], e se la rivoluzione non si può compiere senza la dittatura popolare, cioè senza l'accumulazione di tutte le forze sociali nelle mani delle classi lavoratrici insorte, all'oggetto di trionfare della resistenza dei nemici e d'instaurare il nuovo ordine sociale, perché non ci chiameremmo noi dal compito speciale che il secolo ci addita?"

Non deve stupire la precocità con cui temi che diverranno portanti per la storia del Movimento operaio mondiale, come, appunto, la dittatura del proletariato, vengono affrontati dal PSRR, perché tutta la sua storia è percorsa da un’analisi anticipatoria. A volte leggendo Lenin e i socialisti rivoluzionari romagnoli, sembra di stare scorrendo le stesse pagine.

È molto difficile che Lenin abbia mai letto i socialisti rivoluzionari di Romagna, se non altro per il problema linguistico, ma è straordinario come questi temi abbiano percorso l’intero movimento socialista rivoluzionario.

Andrea Costa sul Catilina del 10 luglio 1881, così definisce la questione della dittatura del proletariato: "Essa avrà per oggetto di abbattere gli ostacoli, che il vecchio ordine di cose oppone alla rivoluzione, di difendere, di provocare, di propagare la rivoluzione medesima di eseguire l'espropriazione dei privati, di stabilire la proprietà collettiva, l'ordinamento sociale del lavoro. La dittatura è imposta dalla natura stessa delle cose; e può essere esercitata, vuoi dal popolo in massa, vuoi da un potere esecutivo eletto dal popolo. Finito il periodo rivoluzionario, la dittatura cederà il luogo allo svolgimento nor-male delle forze sociali".

Il PSRR si pone però anche il problema del governo concreto ed immediato, individuando nelle municipalità un obiettivo da conquistare per indirizzare i lavori pubblici in favore delle associazioni di braccianti che nel frattempo vengono costituite in tutta la regione.

L’influenza del PSRR si estende dalla Romagna all’Emilia, alla Toscana, alle Marche, a Napoli, a parti della bassa Lombardia e basso Piemonte, al Veneto.

Andrea Costa viene eletto deputato, ed è il primo deputato socialista del Parlamento italiano, e, dopo una serrata discussione interna al partito, partecipa ai lavori parlamentari.

Dopo alcuni cambiamenti di nome e di prospettiva politica, nel 1892 il PSRR diventa Partito dei Lavoratori che adotta come proprio simbolo la falce e il martello incrociati.

Nel 1893 gli ex-socialisti rivoluzionari confluiscono nel PSI del quale ne costituiscono l’anima rivoluzionaria, che viene definita ‘massimalista’.

Quest’ala avrà un’importanza determinante nella formazione e nascita del PCd’I nel 1921. Infatti il convegno preparatorio della frazione comunista si tiene a Imola nel novembre 1920.

Spesso si è insistito sull’importanza della componente dell’Ordine Nuovo, o di quella di Bordiga, sulla formazione del neonato partito comunista, ma si è sottovalutato l’enorme contributo portato a questa causa da parte degli ex-socialisti rivoluzionari, tanto in termini numerici – la federazioni dell’Emilia-Romagna, dove più forte era stato il PSRR, costituiscono il 22 % del totale degli iscritti al PCd’I nel 1921 e il 21 % nel 1922, con Forlì e Ravenna che nel 1921 sono rispettivamente la terza e sesta federazione d’Italia – quanto in termini di quadri forniti, e tanto più di elaborazione politica, basta pensare alla ‘Circolare Marabini-Graziadei’. Lo stesso Marabini, nel 1892, è stato membro del Partito dei Lavoratori.

Ma anche all’estero i nostri emigrati hanno portato nella valigia l’esperienza e la passione della militanza nel PSRR, che alla prima occasione è riemersa con forza: basti pensare agli scioperi del 1905 – durati due mesi – scoppiati nelle miniere del nord-est della Francia. O alla forza che in breve tempo il neonato partito comunista ha assunto in queste zone e che ancora oggi ha: per esempio il piccolo comune di Hussigny, nella Meurthe-et-Moselle, il prossimo anno festeggerà i 60 anni di ininterrotto governo da parte dei comunisti. I suoi abitanti sono quasi tutti di origine italiana, e moltissimi provenienti dalla Romagna e dalle Marche.

Dunque le radici profonde di questo nostro sentire, vanno ricercate nella socializzazione alla politica dei nostri avi operata dal PSRR, che ha ridato dignità e speranza a chi viveva della propria fatica.


Fonte: Calendario del popolo, Giugno 2006


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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia - Moderna
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Aggiornamento: 12/02/2016