LA RIFORMA PROTESTANTE

Dalla riforma della chiesa
alla nascita del capitalismo


CATTOLICI E PROTESTANTI A CONFRONTO

Lutero brucia la bolla di Leone X

Si dice che il protestantesimo abbia una concezione individualistica dell'essere umano: in realtà il cattolicesimo non gli è da meno.

La differenza sta in questo, che i cattolici racchiudono quella che per loro è l'impotenza umana a compiere il bene nella sfera nella subordinazione politica al papato, mentre i protestanti, rinunciando all'ideale di perfezione socio-religiosa che il cristianesimo ha sempre predicato (cioè la società tutta cristiana), si disperdono nella vita della società borghese, affrontando o con angoscia (se onesti) o con incredibile superficialità i loro problemi esistenziali. Un protestante, essendo un individualista, è sempre un anarchico con tendenze estremiste (quando non è acquiescente alla volontà dello Stato, che per lui in un certo senso sostituisce la chiesa).

I cattolici credono in un ideale assoluto e, pur sapendo di non poterlo realizzare (poiché, secondo loro, il "paradiso" è solo "nei cieli"), si affidano, come pecore, all'autorità del loro supremo pastore; i più fanatici attendono con impazienza i segni dell'apocalisse; la maggioranza, di fatto, vive come i protestanti, cioè in modo conforme all'ideologia borghese, benché sul piano sociale i cattolici siano meno individualisti o meno statalisti dei protestanti, i quali appaiono, di primo acchito, più organizzati e disciplinati dei cattolici semplicemente perché hanno sacrificato una parte del loro individualismo alle esigenze dello statalismo: essi non riescono a concepire l'adesione a una chiesa in funzione antistatalista, come invece accade nei cattolici, specie nelle frange integraliste.

Ormai l'unico simbolo rappresentativo della religione cattolica ufficiale è rimasto il papato. In lui si realizza, maxime, la concezione individualistica che i cattolici hanno dell'essere umano.

In effetti, è una peculiarità tipica dei cattolici quella di vivere socialmente la religione (si pensi alla vita parrocchiale, all'associazionismo giovanile, al volontariato, al movimento cooperativo, al folclore, alle feste paesane…) e di avere nello stesso tempo un culto individualistico ancora così forte per una persona che assomiglia a un monarca, autoritario e addirittura infallibile. Normalmente l'autoritarismo è figlio dell'individualismo e in effetti i cattolici sono individualisti sul piano politico, cioè credono nella superiorità della gerarchia, subordinano il concilio al papato, il vescovo domina nella diocesi ecc.

I cattolici sono medievali sul piano politico e non riescono a essere moderni (cioè individualisti) come i protestanti sul piano sociale, anche se oggi si può dire che i cattolici siano sempre più protestanti sul piano sociale e sempre meno cattolici su quello politico. Questo è frutto di una competizione impari tra capitalismo e cattolicesimo romano.

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Una contraddizione insostenibile della chiesa cattolica, quella per cui, in ultima istanza, è nato il protestantesimo, è rappresentata dalla seguente domanda: se la natura umana è necessariamente incline al male, al causa del peccato d'origine, come potrebbe essa restare fedele a un ideale assoluto, oggettivo, teologicamente perfetto e immutabile?

"Non può" - questa la risposta dei protestanti, i quali hanno aggiunto che la salvezza dell'uomo, stando le cose in termini così drammatici, dipende solo da dio, mentre sul piano pratico ogni azione umana, nei limiti del buon senso (che è ovviamente elastico), è lecita.

I cattolici invece insistono nel sostenere che l'uomo, benché condizionato da quel peccato, può ugualmente essere perfetto: gli è sufficiente obbedire alla gerarchia ecclesiastica e, soprattutto, al papato, vero deus ex-machina. Essi cioè hanno risolto in maniera politico-autoritaria un problema che non sono riusciti a risolvere in maniera socio-democratica.

Come si può notare, i protestanti non sono un'alternativa convincente alla limitata soluzione cattolica, poiché, invece di affrontare il problema ponendo un nuovo criterio per vivere i rapporti sociali, si rifugiano nell'interiorità della loro coscienza, accettando la prassi sociale dominante, che è quella borghese, e, siccome questa crea più problemi di quanti ne risolva, si affidano ingenuamente all'autoritarismo statale (la fiducia in questo tipo di autoritarismo è tanto più forte quanto più forti sono gli antagonismi sociali).

La posizione protestantica, in ultima istanza, vanifica completamente il primato della coscienza interiore, che in origine si era voluto porre in contrasto al formalismo e all'autoritarismo della prassi cattolico-romana. I protestanti hanno puntato la loro attenzione sulla libertà individuale e sono diventati i più conformisti di tutti.

Tuttavia, se il protestantesimo ormai non ha più niente da dire al mondo moderno, il cattolicesimo occidentale si pone ancor più fuori della storia. Da un lato infatti si ostina a non concedere alcuna autonomia di pensiero al laicato cattolico; dall'altro invece è costretto a constatare che nell'ambito della società civile esso viene rifiutato per motivi non solo di ordine politico, ma anche di ordine etico, in quanto il cittadino chiede una separazione non solo istituzionale (fra Stato e chiesa), ma anche morale (fra dogmi religiosi e concezione laica della vita).

L'unica speranza di sopravvivenza del cattolicesimo sta nella Teologia della liberazione del Terzo Mondo. Ma questa teologia, portata alle sue logiche conseguenze, è destinata a trasformarsi in una forma di socialismo democratico.

PROTESTANTESIMO E CAPITALISMO

Il protestantesimo era l'ideale per il capitalismo del XVI secolo. Togliendo all'uomo il senso "oggettivo" del peccato,
esso ha fatto del dio assoluto del mondo cattolico (coi suoi dogmi, tradizioni, concili, gerarchia, papato...) una proiezione soggettiva del singolo credente.

All'inizio il protestantesimo ha potuto affermare, a buon diritto, il valore della coscienza soggettiva del peccato, di
fronte al formalismo di una religione (quella cattolica) che presumeva di togliere ogni peccato attraverso l'espiazione
della colpa (pena e penitenza) o addirittura attraverso la compravendita delle indulgenze. Ma subito dopo questa intelligente protesta, la Riforma è caduta nell'arbitrio, non tanto per aver negato valore normativo a qualunque mediazione ecclesiale che non fosse l'esperienza settaria messa in piedi dallo spontaneismo più estremo, quanto per aver indotto i credenti ad accettare nel loro individualismo i criteri di vita della prassi borghese, al punto che per impedire proteste e rivoluzioni sociali in direzione del socialismo (anzitutto agrario) si è stati costretti ad usare fortissime repressioni.

La fede di questo credente post-feudale, dovrebbe restare, in teoria, "angosciata" fino al giorno della sua morte, poiché egli non può sapere con sicurezza se dio lo salverà. Anzi, di più: non solo le "opere" non potrebbero servire a giustificare la coscienza del credente protestante, ma, in definitiva, neppure la sua "fede", perché senza la "grazia divina" la fede è impotente (qui sta il passaggio dal luteranesimo al calvinismo, che è la vera religione del capitalismo). L'uomo dunque è predestinato o alla salvezza o alla condanna. Se non ha fede, di sicuro è condannato; se ce l'ha può solo sperare d'essere salvato.

Il protestantesimo prima ha privatizzato la fede, abolendo il valore giustificativo delle opere (esso infatti afferma che si
possono compiere "opere buone" con una "coscienza cattiva", allo scopo appunto di dimostrare agli altri che si è apparentemente "buoni"); poi ha permesso l'agire individuale più anti-religioso, col pretesto che nessuno può sindacare le intenzioni della coscienza. Se infatti le "opere" non contano, poiché conta solo la fede nella grazia divina, allora opere e fede marciano separate, al punto che, nei limiti della fede, ogni opera è permessa.

Nei limiti di una fede individuale, necessariamente fragile, incoerente, debole, le opere non religiose che di fatto si compiono sono molte di più. La religione non è più un ostacolo alla prassi borghese di vita. In questo senso il protestantesimo rappresenta un progresso verso la laicizzazione dei costumi e verso l'ideologia ateo-scientifica, ma solo in questo senso, poiché nella scelta a favore dell'individualismo esso non può superare i limiti della religione.

Non si può dire però, con Weber, che il protestantesimo abbia determinato o condizionato o promosso, in prima istanza, l'agire borghese. Si deve piuttosto dire che se il sistema borghese aveva bisogno di una religione per affermarsi socialmente, questa non poteva essere che il protestantesimo e che questo, affermandosi, ha indubbiamente favorito il capitalismo. Cioè da un lato il protestantesimo è stata la religione che meglio si è adeguata all'agire borghese (Marx nel Capitale parla di "corrispondenza", "conformazione", salvaguardando il primato, in ultima istanza, dei rapporti sociali produttivi); dall'altro il protestantesimo, con la propria ideologia, ha permesso al capitalismo di svilupparsi in maniera molto più spedita, senza le riserve feudali della chiesa romana.

Come già detto, la soluzione dell'individualismo religioso era diventata, col tempo, così insostenibile (impraticabile) per il credente protestante, che ad un certo punto si avvertì la necessità di delegare ampi poteri allo Stato. Nelle società borghesi di religione protestante, la coscienza laica (quella che separa le opere dalla fede) ha permesso di affidare allo Stato poteri incomparabilmente maggiori rispetto a quelli della Chiesa cattolica. La nascita delle monarchie nazionali e dell'imperialismo di queste monarchie può essere letto come il tentativo di far sopravvivere il protestantesimo con l'appoggio dello Stato. Le uniche due eccezioni, in tal senso, sono rappresentate da Spagna e Portogallo che optarono per l'imperialismo soltanto per non soccombere all'avanzare dei paesi protestanti e che in questo tentativo, non avendo maturato una mentalità protestante (l'unica veramente adatta per il profitto capitalistico), fallirono miseramente. Come fallì l'Italia sotto il fascismo.

In Italia il protestantesimo non si è sviluppato come in Germania, Inghilterra, Svizzera, Paesi Scandinavi, Stati Uniti..., semplicemente perché la borghesia, essendo divisa in tanti principati e signorie, cercò subito (nel XVI secolo) un compromesso con la chiesa cattolica. Da noi la borghesia era ricca e divisa, e anche se sostanzialmente agnostica o deistica, in materia di religione, i suoi interessi erano meno radicali che nel resto d'Europa. Ecco perché la nostra borghesia è stata protestante nella prassi e cattolica nell'ideologia, seppur senza convinzione. Ecco perché allo Stato borghese si è sempre contrapposta in Italia una forte chiesa cattolica.


Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia - Moderna
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Aggiornamento: 09/01/2013