UMANESIMO E RINASCIMENTO

NASCITA E SVILUPPO DELLA MODERNA CULTURA BORGHESE


LA FORMAZIONE DELLE SIGNORIE

Agnolo Bronzino, Ritratto di Lorenzo il Magnifico, Firenze, Galleria degli Uffizi

Il tramonto della potenza imperiale che fece seguito alla morte di Federico II, diede vigore alle tendenze espansionistiche delle più potenti città-stato, che si avviavano a estendere il loro potere su interi territori regionali. Tale processo si accompagnò col generale declino della forma di governo repubblicano-comunale, cui si sostituì il dominio personale di un signore e della sua famiglia. Questa trasformazione istituzionale fu resa inevitabile dal fatto che l'alta borghesia, pervenuta al governo delle città, non era stata capace di garantire né la giustizia sociale (poche famiglie borghesi si spartivano l'autorità, le proprietà e i profitti), né la stabilità politica (per i contrasti tra popolo “grasso” e “minuto” e per le rivalità all'interno dello stesso ceto borghese), né la pace civile (per le rivalità intercomunali). In modo particolare il popolo minuto e gli abitanti del contado erano stati troppo a lungo sacrificati agli interessi delle città.

Condizioni determinanti che avviarono in Italia un rapido e definitivo tramonto dell'istituzione comunale, furono:

1) espansione progressiva delle più potenti città dell'Italia centro-nord, che miravano a estendere la loro sovranità su centri economici concorrenti e su importanti vie di comunicazione (ad es. Milano allarga i propri territori fino a Como, Venezia sino a Ferrara, Pisa sino ad Amalfi, ecc.);

2) tendenza delle borghesie cittadine a delegare l'esercizio del potere a un “podestà”, ritenendo così di tutelare più efficacemente la propria egemonia economica e politica;

3) consenso accordato dai ceti popolari urbani e rurali ad un esponente politico (o militare) ritenuto capace di governare in modo imparziale (ad es. il capitano del popolo).

La figura del podestà appare nella prima metà del XIII sec. E' un magistrato unico, del ceto aristocratico, non coinvolto nelle lotte tra le fazioni cittadine perché forestiero, nominato a tempo determinato (da 6 mesi a 2 anni), è vincolato al parere e al voto degli altri organi comunali, però detiene i poteri giudiziari ed esecutivi. Al podestà i ceti subalterni oppongono la figura del capitano del popolo, anch'esso temporaneo, dotato di una propria milizia. Li misure antiaristocratiche del popolo minuto generalmente fallirono, poiché esso non giunse mai a governare.

Il passaggio dal podestà al signore avviene nella seconda metà del XIII sec., allorché la borghesia più forte decide di delegare poteri sempre più ampi al podestà o all'esponente più autorevole di una famiglia prestigiosa.

Il governo personale di un signore venne assestandosi entro ordinamenti statali unitari e accentrati (le signorie), esprimendo così, su base regionale, la generale tendenza dell'epoca (europea) verso la formazione di Stati monarchici e assoluti (come in Spagna, Portogallo, Francia e Inghilterra). Questo processo di unificazione politico-amministrativa finirà con l'ottenere il riconoscimento dell'imperatore o del papa (nelle terre pontificie o feudi papali), i quali, elevando il signore al rango di “principe”, cioè conferendogli il “vicariato”, per cui il signore veniva a rappresentare nella città l'autorità dell'imperatore o del papa, ne riconosceranno ereditaria la dignità, sottraendola, di diritto, ad ogni forma d'investitura e di controllo popolare. Questo determinerà la trasformazione della Signoria in Principato. (Tra le famiglie da ricordare: Visconti a Milano, Scaligeri a Verona, Medici a Firenze, Estensi a Ferrara, Da Polenta a Ravenna, Malatesta a Rimini e Cesena).

La crisi del '300. Questa trasformazione si verifica anche nel corso del XV sec. Tuttavia, già verso la metà del sec. XIV la crisi economica era netta, a causa di:

1) carestie provocate dalle distruzioni di raccolti in conseguenza soprattutto della guerra dei Cento anni (tra Francia e Inghilterra), che devasterà gran parte della Francia. Correlata a questa guerra vi è il fallimento dei maggiori mercanti-banchieri d'Italia (Firenze) che non riuscirono a farsi restituire dalla corona inglese i propri crediti.

2) Terribile ondata della peste nel 1348-56, portata in Europa dai mercanti italiani che commerciavano con il lontano oriente. Essa sterminerà circa 30 milioni di persone: 1/3 della popolazione europea. Assumerà dopo il '56 ritmi decennali per scomparire come malattia endemica nel sec. XVIII.

3) Carestie causate sia dall'esaurimento della fertilità del suolo, sia da una repentina variazione climatica, con inverni glaciali ed estati aride.

4) Concentrazione della ricchezza nelle mani delle classi più agiate. Peggioramento in campagna dello sfruttamento dei contadini ad opera dei grandi proprietari. L'aristocrazia trasforma le colture in allevamenti e pascoli, impone maggiori tasse, ripristina con la forza il servaggio, espelle i contadini affidando molte terre ad affittuari... A ciò vanno aggiunti i bassi salari, il rialzo dei prezzi alimentari e del costo degli affitti urbani (la domanda era molto più alta dell'offerta).

Alla crisi del '300 i contadini reagiranno con molte e sanguinose rivolte, soprattutto in Francia, Inghilterra e Fiandre. In Italia la maggiore è quella dei Ciompi a Firenze (operai tessili). Le rivolte saranno tutte represse con i nuovi eserciti di professione (le Compagnie di Ventura). Le compagnie di ventura erano formazioni di mercenari specializzati nel garantire l'ordine pubblico, tenuti in costante addestramento, al servizio di un condottiero (in genere piccolo nobile caduto in rovina). Queste compagnie costituivano soprattutto un'alternativa all'esercito comunale: le oligarchie infatti temevano di affidare ai cittadini delle armi che potevano essere utilizzate, eventualmente, per rovesciare il governo in carica. I mercenari venivano reclutati tra le popolazioni contadine più povere, che vedevano nel saccheggio e nel terrore il modo più facile per arricchirsi.

In pratica nel '400 si viene affermando una classe sociale borghese poco numerosa, estremamente privilegiata, assai prudente nelle speculazioni (pensa soprattutto agli investimenti immobiliari: palazzi urbani e ville extraurbane, o all'usura, e tralascia gli investimenti produttivi), è disponibile al compromesso con l'aristocrazia feudale... Questa classe borghese è in sostanza quella che meglio si adegua alla realtà del Principato.

In Italia i centri economici principali diventano Firenze, Genova, Milano e Venezia, con un'attività commerciale ridotta a causa del protezionismo degli Stati europei, che intendevano favorire le proprie borghesie nazionali: di qui l'acuirsi delle rivalità regionali tra le varie signorie e principati, e l'esigenza di sfruttare di più il mercato interno. I complessi finanziari delle monarchie nazionali francesi e inglesi e degli Asburgo nel centro-Europa, saranno in forte concorrenza con le banche italiane.

In sintesi: il Principato è la creazione di una formazione politica intercittadina, che tende a configurarsi come uno Stato regionale, emarginando la comunità cittadina (fondamento della democrazia comunale) da tutte le funzioni di governo. Il principe unifica nella sua persona le signorie di più città. Agli organi elettivi si sostituisce una burocrazia di emanazione del principe. Guerre, paci e conquiste divengono fatti personali del principe e dell'oligarchia che lo appoggia. Il principe governa come un sovrano assoluto, dispone di soldati mercenari e forma alla propria Corte un corpo di diplomatici assai competenti. La lotta politica degrada a intrighi di palazzo, restando chiusa nei confini dell'oligarchia dominante.

DALLE SIGNORIE AI PRINCIPATI

I Comuni nascono borghesi con l’appoggio della piccola nobiltà e della chiesa, contro gli imperatori e la grande nobiltà. Queste città-stato tendono a imporsi sui contadi limitrofi, trasformando i contadini in operai salariati e urbanizzati o in mezzadri-affittuari nelle campagne.

Man mano che aumentano le ricchezze e le contraddizioni sociali dovute allo sviluppo del proto-capitalismo (la maggior rivolta è quella dei Ciompi a Firenze nel 1378), la parte più ricca della borghesia, per non perdere i privilegi acquisiti, si allea con la grande nobiltà, mirando a trasformare il Comune in una Signoria, cioè il governo repubblicano in un dominio personale di un signore, al fine di tutelare i grandi patrimoni.

Le Signorie tendono a imporsi dopo lunghe lotte tra fazioni avverse, che generalmente si suddividono in Guelfi (pontifici) e Ghibellini (imperiali). Tendenzialmente la grande nobiltà è ghibellina quando la borghesia è alleata con la chiesa e con gli Angioini (capi nazionali dei Guelfi), fatti venire in Italia dal papato, alla fine del Duecento per eliminare gli eredi Svevi nel Mezzogiorno dopo la fine dei Normanni.

Nella prima metà del XIII sec. s’impone la figura del podestà:è un magistrato unico, del ceto aristocratico, non coinvolto nelle lotte tra le fazioni cittadine perché forestiero, nominato a tempo determinato (da 6 mesi a 2 anni), è vincolato al parere e al voto degli altri organi comunali, però detiene i poteri giudiziari ed esecutivi. Al podestà i ceti subalterni oppongono la figura del capitano del popolo, anch'esso temporaneo, dotato di una propria milizia.

Il passaggio dal podestà al signore avviene nella seconda metà del XIII sec., allorché la borghesia più forte decide di delegare poteri sempre più ampi al podestà o all'esponente più autorevole di una famiglia prestigiosa. In pratica si viene affermando una classe sociale borghese poco numerosa, estremamente privilegiata, dedita agli investimenti immobiliari o all'usura, senza fare investimenti produttivi, disponibile al compromesso con l'aristocrazia feudale... Questa classe borghese è quella che meglio si adegua alla realtà del Principato.

Il governo personale di un signore rispecchia, su base regionale, una tendenza dell’epoca che in Europa si sta realizzando a livello nazionale: enti statali unitari e accentrati verso la formazione di monarchie assolute (in Spagna, Portogallo, Francia e Inghilterra). Le Signorie infatti iniziano a espandersi anche al di fuori del proprio contado, a danno di Signorie limitrofe.

La crisi del Trecento favorisce la concentrazione del potere nelle mani dei Signori, in quanto i ceti popolari, nonostante le loro rivolte, non riescono a realizzare una democrazia comunale. La stessa aristocrazia fondiaria tende a diventare borghese, trasformando le colture in allevamenti e pascoli, affidando molte terre ad affittuari...

Questo processo di unificazione politico-amministrativa finirà con l'ottenere, in Italia, il riconoscimento dell'imperatore o del papa, i quali, elevando il signore al rango di “principe” (duca o marchese), cioè conferendogli il “vicariato” (nel senso che il signore veniva a rappresentare nella città l'autorità dell'imperatore o del papa), ne riconosceranno ereditaria la dignità, sottraendola, di diritto, ad ogni forma d'investitura e di controllo popolare

Questo determinerà la trasformazione della Signoria in Principato. Il Principato è dunque la creazione di una formazione politica che tende a configurarsi come uno Stato regionale, emarginando la comunità cittadina (fondamento della democrazia comunale) da tutte le funzioni di governo. Il principe unifica nella sua persona le signorie di più città. Agli organi elettivi si sostituisce una burocrazia di emanazione del principe. Guerre, paci e conquiste divengono fatti personali del principe e dell'oligarchia che lo appoggia. Il principe governa come un sovrano assoluto, dispone di soldati mercenari e forma alla propria Corte un corpo di diplomatici competenti. La lotta politica degrada a intrighi di palazzo, restando chiusa nei confini dell'oligarchia dominante.

Tra le famiglie maggiori: Visconti e Sforza a Milano, Scaligeri a Verona, Medici a Firenze, Estensi a Ferrara, Gonzaga a Mantova, i Dogi a Venezia, Doria a Genova, Da Polenta a Ravenna, Malatesta a Rimini e Cesena.


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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia - Moderna
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Aggiornamento: 14/09/2014